Ghirri, il mondo alla rovescia

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Ghirri, il mondo alla rovescia
La Stampa
D
venerdì 7 maggio 2010
pagina 36-37
A sin. Luigi Ghirri al lavoro (1990). Sotto e in basso
due sue fotografie: Brest (1972) e Via Emilia (1985)
GIANNI CELATI
L
uigi Ghirri è nato a Scandiano, in provincia di Reggio
Emilia, nel 1943, ed è morto
a Roncocesi, nel 1992, all’età di 49 anni… Era nato in
campagna e ha vissuto in campagna fino a diciott’anni… Di quell’epoca ricordava i film proiettati alla sera contro
un muro, da un camion che girava per
i cortili. Ricordava i quadri d’un suo
zio pittore, che una volta lo aveva ritratto come angelo. Ricordava una
nonna dalle lunghe sottane, con cui andava a raccogliere argilla per fare mattoni con lo stampino. Ricordava un
grande caseggiato settecentesco, dove s’erano rifugiate altre famiglie di
sfollati, come la sua. Ricordava i libri illustrati, la sua fascinazione a guardare
immagini di luoghi lontani…
Nel 1960 è andato ad abitare in città, a Modena. Quelli a Modena sono
stati gli anni più difficili… Verso il 1968
lavorava per una società immobiliare,
in uno di quei nuovi palazzoni di vetro
che gli facevano orrore. Mentre era al
lavoro spesso si chiudeva nel gabinetto a leggere: «Ghirri, venga fuori, lo
sappiamo che sta leggendo!». Era già
l uomo distratto che poi è sempre stato. Certi suoi atti di distrazione sono rimasti leggendari. Ma soprattutto leggeva, leggeva… le pagine dei suoi libri
sono piene di orecchie, nei punti che
gli interessavano. Finché, nel 1972, abbandona il lavoro di geometra, apre
uno studio grafico, e si dedica alla fotografia. Una prima mostra, quasi casuale, nella saletta di un albergo a Modena… Passa di lì un critico con gli occhi
aperti, Massimo Mussini, e scopre le
prime foto di Ghirri… foto diverse da
tutte quelle in circolazione. Ne parla
con Arturo Carlo Quintavalle, subito
entusiasta della scoperta.
NELL’OBIETTIVO
Il riflesso ribaltato della realtà
che i contadini vedevano
nei fossi, nei pozzi, nelle ombre
Ghirri, ventitreenne, ancora chiuso
in sé, infagottato in abiti cittadini che
mostrano il suo spaesamento, trova i
primi interlocutori. Alcuni anni dopo,
Quintavalle, assieme a Mussini, organizzerà una rassegna del suo lavoro,
con 700 foto, e un memorabile catalogo
pubblicato dall’editore Feltrinelli. Fotografava cose a cui nessuno bada. Fotografava le strade che percorreva per
andare al lavoro. Oppure fotografava
quello che aveva in casa, i propri libri,
gli atlanti, le cose più a portata di mano. Per lui la foto doveva ridare dignità
alle cose… doveva sottrarle agli schemi, ai giudizi sbrigativi di chi non guarda mai niente.
Fin dalle prime mostre, comincia a
scrivere le presentazioni dei propri cataloghi. E qui viene fuori un altro aspetto di questo strano uomo… cioè un uomo normale, ma pensante… Ben pochi
fotografi e artisti hanno avuto una così
spiccata tendenza a pensare e ripensare tutto. Pochi si sono lanciati in una così ardita riflessione teorica… Questo
l ha portato a riformulare tutto il senso, l’uso e le funzioni della fotografia.
Ghirri parlava d’un modo di abitare il
mondo diverso da quello urbano. Il
mondo urbano è frettoloso, disattento
alle cose… Le sue prime fotografie erano sorprendenti perché mostravano
un’attenzione alle cose che è quella di
un abitante delle campagne. Ritagli di
cieli, oleografie casalinghe, altri oggetti
senza importanza… ma in quelle foto
spuntava un modo di guardare che era,
per noi e per molti, una rivelazione.
Quello che l’aveva ispirato, fin dall’inizio, più di qualsiasi altra cosa, era l’en-
Da domani a Reggio Emilia
A Reggio Emilia si apre domani il Festival Fotografia Europea, curato
da Elio Grazioli e dedicato quest’anno al tema dell’«incanto». Fino
al 13 giugno sono in programma mostre, incontri, workshop e spettacoli.
In cartellone tra l’altro esposizioni di Man Ray, Mark Borthwick, Michael
Kenna, Francesco Jodice, Alessandra Spranzi, Richard Wentworth.
Sempre nell’ambito del festival, a cura della Biennale del Paesaggio
(www.biennaledelpaesaggio.it), domani alle 19, al cinema Corso, verrà
presentato il volume Lezioni di fotografia di Luigi Ghirri (ed. Quodlibet,
pp. 164, € 22, in libreria dal 19 maggio), curato da Giulio Bizzarri e Paolo
Barbaro, con una postfazione di Gianni Celati di cui anticipiamo una parte.
Ghirri, il mondo
alla rovescia
Le Lezioni del grande fotografo che ridava dignità alle cose
sottraendole ai giudizi sbrigativi di chi non guarda niente
Il narratore
delle pianure
Gianni Celati, l’autore del saggio
pubblicato in questa pagina,
scrittore e critico letterario, è nato
a Sondrio 73 anni fa. Tra i suoi libri
Comiche (1971), Narratori delle
pianure (1985), Fata Morgana (2005)
tusiasmante scoperta della fotografia
americana… soprattutto la scoperta delle foto di Walker Evans. [...]
Si può dire che le foto di Walker
Evans siano state, per lui, una salvezza,
un punto di ancoraggio, una filosofia di
vita, e anche un modo per riflettere sugli
aspetti urbani e campagnoli che convivono nella storia della fotografia. A Fontanellato, nel castello, c’è una camera oscu-
ra, come quella che abbiamo nelle nostre
macchine fotografiche, ma grande da
contenere cinque o sei persone. Probabilmente questa camera oscura risale al
Seicento. Nel muro c’è un foro: la luce
passa attraverso un obiettivo e proietta
su uno schermo l’immagine della piazza
ribaltata. Ghirri tornava spesso in questo luogo, e diceva che era come entrare
in una macchina fotografica. Diceva che
non c’e niente di nuovo nella fotografia,
perché gli uomini hanno sempre conosciuto questo modo di guardare il mondo… questo modo di vedere il mondo attraverso le sue ombre ribaltate contro
una parete… Diceva che una foto è solo
un’immagine vaga del mondo, come
l’ombra d’una macchina che passa e si
proietta su un muro.
In una intervista diceva: «Tutti i marchingegni per ridurre e fissare la visione
non potevano sorgere che in una civiltà
urbana… È la civiltà urbana che ha bisogno di vedere un mondo alla rovescia, come il doppio del mondo visto… Nella civiltà contadina nessuno sentiva il bisogno
di creare un mondo alla rovescia, perché
in campagna tutti lo vedevano dovunque… Lo vedevano nei fossi, nei pozzi, negli stagni, nelle ombre». Diceva che il
mondo alla rovescia – cioè quel riflesso ri-
baltato che noi vediamo dentro l’obietti- che lui va in una direzione opposta, con la
vo fotografico – era parte del comune sua piccola Olympus Pen, 18x24. Gli intemodo di vedere nella vita di campagna. ressava tutto quello che è parziale, framEra come la luna riflessa in un pozzo, co- mentario… Tutto quello che mostrava
me una figura che vediamo nelle nuvo- l’infinita diversità dei punti nello spazio…
le… Cioè era l’altro mondo, che è sempre Tutto quello che sfuggiva all’uniformaziocon noi e attorno a noi, nelle ombre e nel- ne attraverso le immagini del mondo…
Ghirri era un uomo molto distratto,
le visioni della mente. Per cui non c’era
bisogno di inventarlo o di crearlo come come se fosse sempre assorto nelle sue
un doppio del mondo reale. Non c’era bi- fantasie. Per anni ha viaggiato su
sogno di tutto questo illusionismo, a cui Volkswagen scassate, di seconda mano,
che morivano regolarmente per strada…
si corre dietro nella vita cittadina.
Ha sempre detto che il suo punto di a volte piantandolo su un’autostrada
partenza è stata la prima foto della Terra straniera, senza un soldo in tasca… In
mezzo a una confuscattata dalla Luna…
la foto del nostro piaI SUOI INTERESSI sione di debiti, di pignoramenti, si dineta visto dalla naviTutto
ciò
che
era
parziale,
menticava di pagare
cella spaziale, nel
1969. Qui, per la pri- frammentario, che sfuggiva le multe… Gli portaall’uniformazione vano via la macchima volta, l’uomo vena, non se ne accordeva l’immagine della globalità del mondo. Ma, in realtà, dice- geva neanche… Le sue multe mai pagate,
va Ghirri, quella foto non aveva niente di dimenticate subito, continuano ad arriintelligibile. L’immagine della Terra vi- vare a casa sua ancora adesso. Ma era
sta dalla Luna era l’immagine della globa- anche un uomo pratico e ostinato. Una
lità. Ma per Ghirri rappresentava anche volta l’hanno chiuso in manicomio per
l’idea d’una duplicazione totale del mon- un giorno. I dottori volevano che divendo, attraverso le immagini. E questo ci fa tasse matto, ma lui se l’è cavata… Ha
credere che il mondo sia già tutto cono- cambiato vita, ha cambiato mestiere. Ha
sciuto, tutto catalogato, uniformato… Og- fondato una casa editrice per pubblicare
gi lo chiamano globalismo. Ecco allora libri fotografici, assieme a Paola Borgon-
zoni, Claude Nori e Giovanni Chiaramonte… Immediatamente subissato dai debiti… Un direttore di banca un giorno gli
ha detto: «O lei torna con sua moglie, o le
chiudo il fido bancario». Ha continuato,
ha pubblicato il suo primo libro, Kodachrome, nel 1978. [...]
È morto improvvisamente, in un’alba d’inverno, dopo che un dottore gli
aveva detto che stava benissimo. Forse
è morto soltanto di stanchezza, perché
negli ultimi tempi ne faceva troppe. Anche lui, come Alberto Giacometti, è morto a forza di lavorare, di pensare, di ricercare, senza risparmio. Infine… Lo ricordo in una serata primaverile, nel
1988, a Venezia. Camminava per una calle assieme al grande fotografo americano William Eggleston. Eggleston molto
alto, magro, elegante, con la dignità del
gentiluomo americano del Sud. Vicino a
lui Ghirri, che gli arrivava alla spalla, vestito nel modo più casuale… calzoni di
velluto, giacca un po’ sformata… Ricordo come si parlavano, ognuno con la sua
postura, senza cercare l’attenzione dell’altro. Si parlavano come due vecchi
compagni di strada. Forse entrambi feriti dall’aria del nostro tempo… Loro due,
grandi contemplatori… Uomini disarmati, come sospesi nella loro aria.