Untitled - Heliodromos

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Le tombe dei re al tempo del Terrore
Nell’Introduzione a Rivolta contro il mondo moderno, Evola fa giustamente notare che
«dovunque si sia manifestata o si manifesterà una civiltà che ha per centro e sostanza
l’elemento temporale, là si avrà un risorgere, in forma più o meno diversa, degli stessi
atteggiamenti, degli stessi valori e delle stesse forze che hanno determinato l’epoca moderna
nel senso proprio di questo termine»; dove, al di là dell’attenzione rivolta nello specifico al
tempo e al divenire, emerge l’idea di ricorrenti “segni”, che marchiano determinate epoche e
determinate manifestazioni politiche e sociali. E, continuando la stessa citazione evoliana, sarà
il caso di ribadire che «mentre dal punto di vista della “scienza” si dà valore al mito per quel che
esso può fornire di storia, dal nostro, si dà invece valore alla stessa storia per quel che essa
può fornire di mito, o per quei miti che s’insinuano nelle sue trame, quali integrazioni di “senso”
della storia stessa». Anche se, nel caso di cui ci andiamo a occupare, si ha a che fare con miti
negativi e oscure manifestazioni, propri dei tempi ultimi.
Nel processo sovversivo, che ha condotto l’umanità all’indegno stato attuale, la Rivoluzione che
devastò la Francia nel 1792, autentica infezione dello spirito, rappresenta da un lato un punto di
arrivo, e dall’altro un punto di partenza, verso ulteriori accelerazioni del medesimo processo.
Tradotta e curata da Renzo Giorgetti, quest’opera dello storico Max Billard, volutamente
dimessa nella forma e nella veste grafica (per un’intelligente scelta editoriale che intende
riprodurre i canoni propri delle pubblicazioni di inizio Novecento, essendo a suo tempo l’opera
stata stampata a Parigi nel 1906), ci presenta la documentazione dettagliata e puntuale di un
ambito particolare in cui la follia partorita dalla Rivoluzione Francese si esercitò, con insolito
zelo e inusuale dedizione: la distruzione e la profanazione delle sepolture reali della basilica di
Saint-Denis, in spregio alla monarchia e alla sua consacrazione da parte della Chiesa, «un
resoconto esatto di una delle pagine più pungenti di quella epoca oscura nella quale la
profanazione non rispettò nemmeno le dimore dei morti». Un metodico lavoro svolto da
apposite maestranze stipendiate, scrupolosamente registrato con minuziosi elenchi, e
sviluppatosi nel tempo, senza neppure la giustificazione dell’episodio straordinario legato ai
moti incontrollati della piazza e alla massa inferocita aizzata da odi e rancori a lungo covati.
Dice Billard che «il vento di follia che passava sulla Francia aveva alterato così tanto il senso
morale che si facevano giocare i bambini al boia, si vendevano piccole ghigliottine» come
giocattoli, e il 21 gennaio 1793 si «decapitava, nella persona di Luigi XVI, otto secoli di
monarchia». Il trionfo della ghigliottina faceva sì che si tagliassero anche le teste delle statue di
pietra, e «tutti gli atri mutilati delle cattedrali ricordano ancora questo vandalismo rivoluzionario
che aveva bruciato gli archivi, saccheggiato le biblioteche e i magazzini e a cui non rimaneva
altro, per completare la sua opera di distruzione, che violare la dimora dei morti».
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La basilica gotica di Saint-Denis, sorta sul luogo in cui venne martirizzato l’apostolo dei Galli, il
vescovo di Lutezia (oggi Parigi) San Dionigi, ospita in una galleria sotterranea il cimitero dei
Borboni, da DAgoberto a Pipino, da Carlo Martello a Clodoveo II e Carlo il Calvo, fino ai
regnanti più recenti e giunti a ridosso della Rivoluzione; oltre alle tombe di numerosi personaggi
illustri, degni per il valore dimostrato verso la Chiesa o verso il loro re. La Convenzione, in una
seduta del 31 luglio 1793 presieduta da Danton, per celebrare l’anniversario della fine della
monarchia, decise che «le tombe e i mausolei dei vecchi sovrani, eretti nella chiesa di
Saint-Denis, nelle chiese e in altri luoghi, in tutto il territorio della Repubblica, saranno distrutti il
prossimo 10 agosto». I “lavori” ebbero inizio il 6 agosto, e in tre giorni si distrusse l’opera di
dodici secoli. I monumenti che ornavano le tombe vennero, in gran parte, distrutti, e quelli in
metallo fusi, per riutilizzare il rame e il bronzo e «farne delle bocche da fuoco destinate a
fulminare i nemici della Repubblica», mentre i resti di alcune tombe formarono davanti al portale
della chiesa una montagna simbolica, sulla cui cima fu posta una statua della Libertà.
Le profanazioni proseguirono per mesi, nella bovina euforia generale della plebaglia per la tanto
agognata rivincita contro i «tiranni del passato». Non ci si fermò davanti a nulla, le bare vennero
aperte e i poveri resti in esse conservati furono rovistati e derubati di tutto quello che poteva
essere separato dalle polveri, dalle ossa e dalle poltiglie fangose. Il corpo di Enrico IV, per
esempio, che si era mirabilmente conservato e sembrava dormire, fu messo «in piedi su una
pietra: una donna, dalla figura odiosa, volle sfidare il cadavere, che era là, addossato a un
pilastro, con la sua barba grigia, pallido e con i suoi denti serrati. Avanzò con il pugno teso
verso il volto del re e lo schiaffeggiò facendolo cadere per terra. Uno dei presenti non temette di
togliere due denti al cadavere raggrinzito, un altro di strappare una manica della sua camicia e
di sventolarla per la chiesa, fiero come un soldato che ha conquistato uno stendardo». L’Autore,
attingendo a documenti dell’epoca e a relazioni di testimoni oculari, ci mette a conoscenza del
progressivo slittamento delle coscienze, dove scompare ogni traccia di pietà compassione e
rispetto, man mano che i singoli sepolcri vengono violati. Ogni nuova tomba aperta è occasione
per un altro giro nella spirale verso il basso.
Billard giustamente annota, nelle righe conclusive della sua opera, che «quegli uomini
abominevoli, che violarono l’asilo dei morti, hanno commesso un crimine e una mostruosa
assurdità, come se la violazione dei sepolcri fosse utile alla causa della libertà, come se le
passioni degli uomini avessero il diritto di frugare nelle tombe». Ma proprio questo è il punto che
ci interessa maggiormente evidenziare di questa oscura pagina di storia. Tornando alle
considerazioni di Evola poste in apertura del presente scritto, esistono, come dicevamo, dei
“segni” e delle “manifestazioni” che marchiano indelebilmente certi uomini e le società da loro
animate, rendendoli partecipi di un comune filone antiumano e malefico, dove l’elemento
principale ricorrente è quello della matta bestialità. E seguendo il sentiero prima indicato da
Evola di risalire dal fatto storico al mito, dal frutto all’albero, non sarà difficile individuare sotto
quali influenze si sia sviluppata la nostra epoca, e a quali poteri reali essa sia soggetta. 3/4
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Tale “marchio” lo si ritrova puntuale in tanti altri eventi storici: dalla Rivoluzione d’Ottobre in
Russia, alla Guerra civile spagnola; dalla Cambogia di Pol Pot alla rivoluzione culturale cinese;
dai massacri delle popolazioni Pellerossa in America, al quotidiano e silenzioso sterminio del
popolo palestinese da parte dei sionisti. Una catena ininterrotta del male e della perfidia, che
porta direttamente all’attuale, ultima manifestazione dello stesso potere, rappresentato dalla
follia iconoclasta e omicida che serpeggia in ogni gesto e in ogni azione del sedicente Stato
Islamico.
La «matta bestialitade» che, seguendo Aristotele, Dante associa a incontinenza e malizia ne «le
tre disposizion che ‘l ciel non vole», rimanda a una consuetudine e assuefazione al male tale da
annullare ogni contenuto di umanità, producendo comportamenti e inclinazioni degni delle
bestie, perché in essi è del tutto assente la ragione. Da qui i comportamenti illogici e irrazionali,
le crudeltà inutili e gratuite, l’atteggiamento malvagio e stolto. Tutti elementi che ritroviamo,
appunto, negli eventi storici prima ricordati. E che, purtroppo, secondo le leggi cicliche, non
potranno che aumentare e moltiplicarsi sempre più nel prossimo futuro. Max Billard, Le tombe dei re al tempo del Terrore, Edizioni Saecula, Zermeghedo 2014, pp.
104, € 10,00.
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