La tendenza all`internazionalizzazione
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La tendenza all`internazionalizzazione
La tendenza all’internazionalizzazione Accanto al processo di consolidamento interno mediante la concentrazione industriale e finanziaria, l’i ndustria statunitense degli armamenti ha sviluppato, sin dai primi anni Ottanta, strategie di internazionalizzazione finalizzate ad accrescere la presenza sui mercati mondiali, realizzare economie di scala consistenti e mantenere elevati i fatturati ed i profitti. Nella fase di contrazione della domanda interna l’ internazionalizzazione delle attività, spinta soprattutto dalle richieste di accordi di compensazione industriale1 avanzate dagli stati acquirenti dei sistemi d’ arma statunitensi, è stata considerata come un a strategia necessaria per sviluppare piani produttivi che la domanda interna, e le risorse delle imprese, non avrebbero potuto sostenere appieno. Alla fine del 2003 paiono profilarsi all’ori zzonte, assieme alle incertezze della campagna elettorale, i problemi del deficit del bilancio federale, spinto alle stelle dall’au mento delle spese militari, e dei costi crescenti delle operazioni militari in Iraq e Afghanistan, che già minacciano gli investimenti in ricerca e sviluppo e mezzi. Per tali ragioni, nonostante i buoni risultati dell’ annata i mercati finanziari hanno mostrato un certo scetticismo – soprattutto tra l’ottobre ed il dicembre 2003 – nei confronti delle prospettive del settore militareindustriale, eccezion fatta per il comparto dell’ Information Technology, sostenuto da una serie di fusioni che tuttavia avranno ripercussioni negative sulla liquidità e sulla situazione debitoria delle imprese. Persino nell’ ipotesi migliore per le aziende, ossia di una sostanziale stabilità se non di un’ ulteriore crescita degli investimenti per lo sviluppo e l’acq uisizione di armamenti2, si dovranno affrontare nuovi costi e nuovi problemi industriali associati al ciclo di ricapitalizzazione del Pentagono ormai avviato, che porterà alla sostituzione di tutti i sistemi d’arma progettati negli anni Ottanta. La sopravvivenza o il rapido proseguimento di programmi decisivi per il futuro come il JSF, lo scudo spaziale e il Future Combat Systems, non appaiono politicamente scontati. Una possibile soluzione a questi problemi potrebbe giungere dall’i nternazionalizzazione delle attività realizzando nuove simbiosi tra l’ aumento delle esportazioni e l’ampliamento delle collaborazioni con società estere, funzionali alla condivisione dei costi, allettando i partner con la prospettiva di accedere alle commesse del Pentagono. I mezzi sinora impiegati per allargare la presenza delle imprese statunitensi sui mercati mondiali sono: • Apertura di succursali all’e stero nei paesi in cui è consentita la presenza di aziende del settore militare controllate completamente da capitali stranieri (strategia che evita la gestione assai complessa e rischiosa degli accordi di collaborazione con le imprese ed i governi stranieri); • Acquisizioni3 e fusioni con imprese estere; alleanze per lo sviluppo di particolari sistemi 1 La sostanza di molti degli accordi riguarda la produzione su licenza del sistema, lo svolgimento di quote di lavorazione nel paese acquirente e investimenti in settori industriali e commerciali da parte dell’esportatore. 2 Alcuni analisti stimano che, nel caso in cui il modello di conflittualità del futuro sia quello affermatosi negli ultimi tre anni, le spese per l’acquisizione di armamenti, lo sviluppo e la manutenzione delle strutture logistiche subiranno un incremento del 15-20% rispetto al livello della fine degli anni Novanta. 3 Il Carlyle Group si è impegnato ripetutamente in una serie di acquisizioni di aziende aerospaziali e della difesa sia negli Usa che in Europa, dove ha assunto il controllo tra l’altro della svedese Bofors, e nel luglio 2003 del 70% della Fiat Avio tramite la costituzione della Avio Holding, partecipata al 30% da Finmeccanica; cfr. “Acquisitions d’arma; Family of Weapons: divisione internazionale del lavoro nella quale ogni impresa sviluppa un sistema d’ arma per poi permettere ai partner di fabbricarlo. Si tratta di accordi frequenti in ambito NATO; • Joint Ventures: accordi di collaborazione con imprese straniere (generalmente controllate dagli stati) che portano alla nascita di nuove società per la gestione di stabilimenti produttivi, servizi di manutenzione, commercializzazione ed assistenza, in un paese che non ammette la presenza di filiali di imprese straniere; • Subcontracting: affidamento della produzione di parti di sistemi d’arma ad una impresa straniera; Risk Sharing: accordi per la realizzazione di sistemi e/o per la loro commercializzazione nei quali ogni azienda partecipa investendo nel settore di sua competenza e accettando di dividere con le altre i rischi ed i benefici dell’ operazione; assemblaggio su licenza; accordi per lo scambio di personale e conoscenze tecniche; produzione su licenza; coproduzione; • Partecipazione ai programmi di produzione di sistemi d’arma stabiliti sulla base di accordi con i governi e le aziende loro fornitrici. All’interno della National Defense Industrial Association (NDIA), network industriale al quale aderiscono 9.000 imprese del settore con estese ramificazioni nel mondo politico e nell’ammini strazione, è attivo un International Committee la cui funzione è proprio quella di promuovere le esportazioni di armi e le strategie di globalizzazione della produzione. Se si analizza lo stato dell’ arte (aggiornate all’ago sto 2003) delle politiche di internazionalizzazione adottate dai tre maggiori oligopoli militariindustriali statunitensi (Lockheed Martin, Boeing e Northropa Grumman) emerge un panorama assi composito. La Lockheed Martin (cfr. Quadro 1), ha sviluppato e sta sviluppando soprattutto joint ventures e accordi in più di trenta stati, mantenendo uffici che seguono il marketing estero (le esportazioni coprono circa il 17% del fatturato 2002) in cinquantasei paesi. Il programma attualmente più efficace nel promuovere le strategie globali dell’az ienda è certamente la produzione e l’ag giornamento del caccia F16 e dei suoi subsistemi d’ arma. Il velivolo è schierato da venticinque aviazioni militari in Europa, America Latina, Asia e Medio Oriente. Si tratta tuttavia di una linea di produzione già ‘matura’, e per il futuro si punta su una politica di sostituzione con il JSF. Quest’ultimo è già il progetto guida per la politica internazionale della Lockheed Martin, che ha già scelto di puntare soprattutto sulla collaborazione con l’indu stria militare britannica (BAE Systems in primo luogo) per lo sviluppo di un’amp ia gamma di sistemi di nuova generazione. In questa tendenza si percepisce un tentativo di mediazione tra la visione multilaterale della presenza militareindustriale Usa nel mondo e quella egemonica. La Gran Bretagna, pur essendo inserita nel contesto europeo, è ancora in grado di offrire alcune garanzie politiche ed economicoindustriali di fedeltà verso la leadership di Washington. Quadro 1 Elaborazione A. Lodovisi su dati defencedata.com Monthly”, lug. 2003, p. 59. La Lockheed Martin ‘globale’ (attività legate al s ettore militare) Succursali estere LM Gmbh, collabora con le società tedesche Blohm & Voss, HDW e STN all’ aggiornamento delle navi della marina tedesca Joint Ventures AREA EUROPANATO Lockheed Martin Alenia Tactical Transport Systems (Usa/I) al 50% con Alenia per la realizzazione dell’ aereo tattico da trasporto C27; Team SIKA International al 50% con BAE Systems (GB) per la realizzazione del veicolo da ricognizione Tracer; KongsbergLockheed Martin (Usa/N), installazione e gestione di stazioni satellitari basate a terra; Euro Rocket System GmbH, con Diehl Company (D) per la commercializzazione di lanciarazzi multipli MLRS; MLRS Europaische Produktion GmbH (Usa/D/I/F/GB), con Diehl, BPD (I), Matra Bae Dynamics (F), INSYS (GB), per la produzione su licenza dell’ MLRS; GLVS Gmbh (Usa/D/F/E) con EADS (D/F/E) per la coproduzione e la commercializzazione del missile PAC3 ai paesi che schieramo la versione precedente del Patriot; EuroArt Radar Technology GmbH (Usa/D/F), con Siemens (D) e Thales (F) per produrre il radar COBRA. AREA MEDIO ORIENTE TAI (Usa/T) con TASUS 45% (T) per l’a ssemblaggio in Turchia del caccia F16. AREA ESTREMO ORIENTE RLM Holdings (Usa/As) al 50% con Tenix Group (As) per la realizzazione di diversi programmi; LM Aeronautic Services Taiwan, con società governo Taiwan per la manutenzione dei caccia F16 e Mirage 2000. Accordi AREA EUROPANATO Joint Strike Fighter (JSF) (Usa/GB/NL/Is, F/D), con BAE Systems, Northrop Grumman (Usa), RollsRoyce (GB), Fokker (NL), Airbus Industrie (D/F), Elbit Systems (Is), National Aerospace Labopratory (NL) per la realizzazione del caccia d’ attacco JSF; MLRS Launcher Systems (Usa/Den), con la Kvaerner Eureka (Den) per la coproduzione dei sistemi di lancio dell’ MLRS; Medium Extended Air Defence System (MEADS) (Usa/D/I/GB/F/E), con EADS al 28% e Alenia Marconi Systems (I/GB) al 17% per la realizzazione di un sistema di difesa aerea a medio raggio; Watchkeeper (Usa/GB), con INSYS e QinetiQ (GB) per lo sviluppo di un velivolo da ricognizione senza pilota (UAV); Advanced Frigate Consortium (Usa/N/E), con IZAR (E), Kongsberg Defence (N), Aerospace AS (N), Bath Iron Works (General Dynamic, Usa) e Mjellum & Karlsen (N) per la realizzazione di una fregata di n uova generazione; F16 Participating Governments (EPG) accordi con le industrie dei paesi europei che hanno acquisito i caccia F16 per la produzione di componenti e la manutenzione in loco: in Belgio con la SABCA e SONACA per la realizzazione di parti dell’airframe, con Techspace Aero nel settore motoristico e MBLE per la realizzazione del radar di bordo; in Olanda con la Stork Aviation per l’asse mblaggio dei velivoli, con Hollandisk Signaal e Dutch Research Laboratory per la coproduzione del computer multimissione installato nella versione aggiornata dell’F 16; in Norvegia con Nordisk Aluminium per la produzione dei serbatoi di carburante, con Kongsberg per la produzione di sistemi per la gestione dei magazzini e di display, con NERA per la realizzazione di componenti per i missili; Combined Arms Team Trainer (Usa/GB/I), appaltatore diretto in cooperazione con Alenia Marconi Systems per la realizzazione del nuovo sistema di addestramento integrato per la Gran Bretagna; EH101 Merlin ASW Helicopter (Usa/UK/I), appaltatore diretto in cooperazione con Agusta Westland per la realizzazione dell’ elicottero antisommergibile EH101 destinato alla Gran Bretagna; EH101 Transport Helicopter (Usa/GB/I), accordo per commercializzare e probabilmente coprodurre la versione da trasporto dell’ EH 101 per i mercati civili e militari statunitensi; Ground Base Air Defence (Usa/GB), contratto con il governo britannico per lo studio di un sistema di difesa aerea basato a terra; Light Forces AntTank Guided Weapon Requirement (Usa/GB), in collaborazione con Raytheon (Usa) per la fornitura all’ esercito britannico del missile anticarro Javelin; C130J Hercules Offset (Usa/GB), produzione del 20% dei componenti dell’ areo da trasporto acquistato dalla Gran Bretagna da parte di un consorzio di 50 aziende britanniche; Highly efficient vehicles (Usa/Cz/D), con SKODA ELCAR Ejpovice (Cz/D) e BAT International (Usa) per lo sviluppo di veicoli per il trasporto truppe e da combattimento di nuova generazione e con nuovi sistemi di propulsione; Nuova generazione di sistemi e processi per la progettazione e lo sviluppo degli aerei mediante computer (Usa/F), accordo di cooperazione pluriennale con IBM (Usa) e Dassault Systemes (F); Future Aircraft Carrier (Usa/GB/F), con Thales (F) come appaltatore diretto, Raytheon, Devenport Management Ltd. (GB), ALSTOM (GB), QinetiQ e BMT Defence Services Ltd. (GB), per la progettazione e realizzazione della nuova portaerei britannica; Studio per un sistema di difesa antimissile di teatro della NATO (Usa/Europa) in collaborazione con Northrop Grumman, Aerospatiale Matra Missiles (F), Alenia Marconi Systems, Astrium (F/D), BAE Systems, EADS, Stork Aviation, LFK (GB) e Matra Bae Dynamics (GB/F); Armoured Fighting Vehicle Training Service (Usa/GB/I), in collaborazione con Alenia Marconi Systems e Vosper Thorneycroft (GB) per fornire addestramento all’es ercito britannico. AREA MEDIO ORIENTE Popeye Missiles (Usa/Is), licenza di produzione negli Usa del sistema missilistico AGM142 Popeye ottenuta dalla israeliana Rafael Armaments. Un contratto del genere è in fase di perfezionamento qualora il Pentagono decida di acquistare il missile israeliano ariaaria Python4; F16 Offset in Israele (Usa/Is), accordi per investimenti della Lockheed Martin in attività industrialemilitari sviluppate in Israele con la Israel Aircraft Industries, Rafael Armaments, Israeli Military Industries, Elbit Systems. AREA ESTREMO ORIENTE F2 support fighter (Usa/J), con Mitsubishi Heavy Industries (J), Fuji Heavy Industries (J) e Kawasaki Heavy Industries per lo sviluppo e la produzione dell’ aereo da combattimento; MLRS (Usa/J), concessione della licenza di produzione dell’ MLRS alla Nissan Aerospace (J); Advanced Signal Processor (Usa/J), con NEC (J) per la produzione di un sistema vanzato di elaborazione dei segnali per l’ae reo da ricognizione P3Orion; F16 production (Usa/SK), concessione della licenza di produzione dei caccia F16 acquisiti dalla Corea del Sud alla Korea Aerospace Industries (KAI); T50/A50 Golden Eagle (Usa/SK), progettazione e coproduzione di un aereo da addestramento. Legenda: As = Australia, Cz = Rep. Ceca, Den = Danimarca, D = Germania, E = Spagna, F = Francia, GB = Gran Bretagna, I = Italia, Is = Israele, N = Norvegia, NL = Olanda, SE = Svezia, SK (Corea del Sud), T = Turchia Nel caso della Boeing (cfr. Quadro 2) il processo di internazionalizzazione ha ricevuto un notevole impulso in seguito all’ac quisizione, a metà degli anni Novanta, della attività della Rockwell. In tal modo l’azienda ha assunto la gestione di tredici stabilimenti produttivi e centri per la ricerca e sviluppo in Australia, strutture che costituiscono la testa di ponte per promuovere la presenza della Boeing soprattutto in Asia e nell’ area del Pacifico, regione sulla quale si è puntato molto anche per quanto riguarda il settore militare. Le attività internazionali si sono inoltre focalizzate sulla costituzione di società e l’impianto di strutture produttive dedicate all’ assistenza, all’ addestramento ed alla manutenzione dei sistemi d’ arma realizzati dall’az ienda. Unica tra le grandi aziende a produzione militare, la Boeing ha sviluppato un’att ività finanziaria, gestita dalla Boeing Capital Corporation, volta a garantire prestiti ai clienti esteri e a coprire le operazioni di leasing, con investimenti complessivi superiori ai 7 miliardi di dollari. Questa attività sta provocando notevoli problemi al bilancio dell’azien da, infatti si stimano perdite per 1,5 miliardi di dollari nel 2003 e per 2 miliardi di dollari nel 2004. Contrariamente alla Lockheed Martin, la Boeing non ha creato legami strategici solo con l’i ndustria britannica, anche se Londra è un punto di riferimento per programmi importanti come la costruzione su licenza dell’ AH 64D Longbow Apache e dell’aereo a decollo verticale AV8B Harrier II. Quadro 2 Elaborazione A. Lodovisi su dati defencedata.com La Boeing ‘globale’ (attività legate al settore militare) Succursali estere Boieng Australia Ltd. (gestisce numerosi programmi di manutenzione, addestramento, supporto logistico e commerciale), AeroSpace Technologies of Australia Ltd., Hawker de Havilland (As). Joint Ventures Inspire Corp. (Usa/J) società per la progettazione e la produzione di brevetti; Aviation Training International Ltd. (Usa/GB/I) 50% con Agusta Westland Helicopters per addestramento all’ impiego dell’ elicottero AH 64; Aero Vodochody (Usa/rep. Ceca), aerei addestratori, 65% governo ceco, 35% Boeing Ceska4; Tanker Transport Support Company (Usa/GB) con BAE Systems, Spectrum Capital e Serco per sviluppare l’ aereo cisterna strategico per l’a viazione britannica. Accordi AREA EUROPANATO Con BAE Systems (GB) per lo sviluppo di un nuovo tipo di missile per l’Es ercito; Meteor BVRAAM sviluppo di un sistema missilistico ariaaria per il mercato Usa in collaborazione con MBDA (GB/I/F) e altri paesi europei (D/E/SE); Brimstone sviluppo di un missile anticarro a partire dal sistema Hellfire in collaborazione con MBDA; AV8B Harrier II produzione di velivoli destinati al Corpo dei Marines Usa in collaborazione con BAE Systems; T45 Gowhawk, produzione di velivoli destinati alla Marina Usa in collaborazione con BAE Systems; AH 64D Longbow Apache, licenza per produzione in Gran Bretagna alla AgustaWestland (GB/I); Precision Guided Munition , con MBDA e INSYS (GB) per commercializzare la bomba a guida GPS JDAM; NATO AWACS (Usa/Consorzio internazionale) la Boeing Operations International segue i sistemi di avvistamento preoce aerotrasportati della NATO in collaborazione con EADS (D/F/E), Air France (F), BAE Systems; F/A 18 Hornet con Patria Finavitec (Fin) per assemblaggio in Finlandia; Italian Tanker trasformazione e manutenzione di un aereo cisterna 767 in collaborazione con Finmeccanica; Ballistic Missile Defence, cooperazione per lo scudo spaziale con BAE Systems, EADS e Finmeccanica. AREA MEDIO ORIENTE Arrow sistema antimissile, accordo commerciale in via di definizione con la IAI (Israele) per la fabbricazione negli Usa del sistema destinato all’e sportazione; Turkish Airborne Early Warning & Control, con Northrop Grumman (Usa), Havelsan (T), Turkish Airlines (T) e Turkish Aerospace Industries (T) per la realizzazione di un sistema AWACS. AREA ESTREMO ORIENTE Produzione su licenza elicottero CH47, in collaborazione con Agusta (I) e Kawasaki Heavy Industries (J); Produzione su licenza elicottero CH46, in collaborazione con Agusta (I) e Kawasaki Heavy Industries (J); Produzione su licenza elicottero OH6, in collaborazione con Agusta (I), Korea Air (SK) e RACA (Ar); Produzione su licenza aereo F15, in collaborazione con Mitsubishi (J); 767 Air Refuelling Tanker, fornitura aereo cisterna in collaborazione con Itouchu (J). Legenda: Ar = Argentina, As = Australia, D = Germania, E = Spagna, Fin = Finlandia, F = Francia, GB = Gran Bretagna, I = Italia, SE = Svezia, SK (Corea del Sud), T = Turchia Il processo di internazionalizzazione delle attività della Northrop Grumman è in una fase più arretrata rispetto alla Lockheed Martin e alla Boeing (cfr. Quadro 3). Del resto l’ azienda ha concluso da poco il consolidamento e le acquisizioni sul mercato interno ed ora potrebbe puntare ad estendere la sua presenza nel mondo. Le basi di partenza sono costituite dalla presenza commerciale in diverse aree del mondo (le esportazioni rappresentano però solo l’8% del fatturato 2002) e dalle attività di assistenza alla clientela concentrate in otto paesi (Australia, Belgio, Egitto, Israele, Giappone, Taiwan e 4 Recentemente le autorità di Praga hanno rifiutato la richiesta della Boeing di cedere la loro quota di partecipazione alla società; cfr. www.janes.com/defence/air_forces, 17 dic. 2003. Singapore). Le prospettive più concrete sono legate ai programmi dei paesi della NATO nel settore della sorveglianza radar aerotrasportata e dei sistemi per la guerra elettronica. La Northrop potrà giocare un ruolo determinante in veste di ‘integratore’ di diverse piattaforme armate, partecipando come partner decisivo a programmi impegnativi come la realizzazione della nuova portaerei britannica. Quadro 3 Elaborazione A. Lodovisi su dati defencedata.com La Northrop Grumman ‘globale’ (attività legate al settore militare) Succursali estere Northrop Grumman IT Europe Ltd. (con sede in Gran Bretagna); Northrop Grumman Norvegia; Northrop Grumman Mission Systems Austria; Northrop Grumman Space Technology Giappone. Joint Ventures EADS Airframe Service (Usa/F/D), partecipazione del 19%; Tiger Century Aircraft (Usa/Taiwan), con Torrence (Usa) e AIDC (Taiwan) per l’a mmodernamento dei caccia F5 schierati da Taiwan. Accordi AREA EUROPANATO Watchkeeper (Usa/GB), con Logicon (Usa/GB), Smith Group (GB) e Ultra Electronics (GB) per lo sviluppo di un velivolo da ricognizione senza pilota (UAV); High Altitude UAV (Usa/D/F/E) in collaborazione con EADS (D/F/E) per lo studio di fattibilità del Global Hawk UAV; NATO Transatlantic Advanced Radar Project – NATAR – (Usa/Be/Ca/Den/Lux/N), la Northrop Grumman guida il consorzio denominato Transatlantic Industrial Proposal Solution con la Galileo (I) e la EADS Airbus (D/F/E) come partner principali e industrie dei 19 paesi aderenti alla NATO. Obiettivo del progetto è la realizzazione di sistemi radar avanzati; Future Organic Airborne Early Warning – FOAEW (Usa/GB), con BAE Systems per la progettazione di sistemi di allarme precoce installati su piattaforme aeree per le forze armate britanniche; Future Aircraft Carrier (Usa/GB/F), con BAE Systems, RollsRoyce (GB), Alenia Marconi Systems (GB/I), Vosper Thornycroft (GB), Harland & Wolf (GB), per la progettazione e realizzazione della nuova portaerei britannica; EW Systems (Usa/Den), con Terma A/S (Den) per la realizzazione di sistemi per la guerra elettronica. Legenda: Be = Belgio, Ca = Canada, D = Germania, Den = Danimarca, E = Spagna, F = Francia, GB = Gran Bretagna, I = Italia, N = Norvegia. Nonostante la forza con cui il processo di globalizzazione ha investito gli oligopoli statunitensi, il loro grado di apertura verso le collaborazioni industriali e i mercati esteri è oggi inferiore rispetto a quello delle maggiori aziende europee del settore. La minore propensione all’ internazionalizzazione è dovuta sia a motivi politici che tecnicoeconomici. Politicamente le aziende Usa scontano la concezione che fa del complesso militareindustriale uno degli strumenti principali a disposizione della politica estera, impiegato non solo per sostenere le avventure e la presenza militare nel mondo, ma anche per modellare i rapporti con i paesi alleati. Per tali ragioni un processo come quello dell’internazion alizzazione genera parecchi problemi. La globalizzazione, facendo emergere pochi grandi produttori di armi in grado di trasferire tecnologie (ricorrendo sempre più di frequente ad accordi tra imprese piuttosto che a intese intergovernative) e fabbricare armi in diversi paesi, attiva nuovi poli di progettazione e produzione di armamenti nel mondo; centri che a loro volta sono in grado di trasferire tecnologie militari o a uso duale. L’effetto ‘collaterale’ più evidente di questo processo è rappresentato dalla graduale ma diffusa perdita di controllo da parte degli apparati statali sulle dinamiche del settore. Le aziende, infatti, vedono di buon occhio la rimozione delle limitazioni di tipo politico alle esportazioni ed ai trasferimenti. Le pressioni del settore industriale hanno prodotto la riorganizzazione degli organismi del Dipartimento di Stato deputati alla regolamentazione e sorveglianza delle esportazioni di armi all’interno del Center for Defense Trade, dove prevale un approccio più commerciale. Un esempio per tutti può contribuire a chiarire quanto è avvenuto: dalle statistiche ufficiali pubblicate annualmente dal Congressional Research Office degli Stati Uniti sul commercio di armamenti sono scomparsi, a partire dal 2000, i dati relativi alle esportazioni effettivamente svolte dalle aziende Usa che avevano chiesto le licenze di fornitura sotto la classificazione di commercial export. In concreto, gli uffici governativi non sono in grado di seguire l’iter di queste licenze, non è quindi possibile conoscere quando e dove i materiali d’ armamento sono giunti a destinazione. Tali strategie hanno ricevuto e continuano a ricevere un appoggio non trascurabile anche dai governi dei paesi acquirenti, interessati ad ottenere forniture d’ armi a condizioni politiche ed economiche vantaggiose. L’ incremento delle esportazioni viene sovente presentato come una garanzia per la salvaguardia dei posti di lavoro nell’i ndustria bellica; al contrario, i dati disponibili relativi al numero di addetti nel settore negli Usa attestano una diminuzione drastica degli occupati. Il fenomeno è favorito dal meccanismo delle compensazioni. Per accettare la transazione il paese acquirente chiede una contropartita finanziaria, commerciale o industriale. Tra le richieste che vanno per la maggiore figura quella di ottenere investimenti produttivi nel paese acquirente da parte dell’indu stria esportatrice, che si impegna a realizzare fasi della lavorazione o l’ assemblaggio del sistema d’arma in loco, o a coinvolgere imprese dei settori civili in altri tipi d’ attività. In un rapporto rilasciato 18 dicembre 1998 l’ United States General Accounting Office ha sottolineato come i primi 6 gruppi industriali fornitori del Pentagono ricorrano sovente alle compensazioni, procurando danni economici ed occupazionali di rilievo. Tra il 1993 ed il 1996 il valore stimato di tali contratti è stato di 15,1 miliardi di dollari, a fronte di forniture di armi per un ammontare complessivo di 29,1 miliardi di dollari. Si è in presenza anche di un sistema estremamente ramificato che finisce per legare lo sviluppo dei settori commerciali ed industriali nei paesi importatori – più deboli dal punto di vista tecnologico e finanziario – all’importazion e e alla produzione di armamenti. Quando il partner commerciale ha un buon livello tecnologico ed industriale, questa strategia si trasforma in una sorta di boomerang, offrendo proprio alla concorrenza nuove opportunità. Le industrie europee, titolari di più del 70% degli accordi internazionali siglati da aziende statunitensi, hanno sovente utilizzato le nuove collaborazioni per rafforzare le loro posizioni sui mercati mondiali. I sostenitori dell’app roccio multilaterale sono disponibili ad affrontare queste sfide, magari rafforzando i controlli dello stato sulle esportazioni di knowhow e produzioni strategicamente determinanti per il mantenimento della superiorità Usa in alcuni settori chiave. L’i nternazionalizzazione, orientata anche verso paesi diversi dalla Gran Bretagna e ottenuta rendendo meno stringenti o abolendo i limiti imposti dal Buy American Act5, favorirebbe la razionalizzazione economica, il contenimento dei costi grazie ad una maggiore concorrenza, la standardizzazione degli armamenti e l’interopera bilità delle forze. Chi si oppone a questa visione (egemonisti e nazionalisti) ne evidenzia i rischi e i limiti, associti alla 5 Legge che impone ai principali fornitori del Pentagono di fabbricare negli Stati Uniti i sistemi d’arma venduti alle forze armate Usa. delicata questione della reciprocità. Il multilateralismo minaccerebbe la leadership tecnologica statunitense e quindi la possibilità di sviluppare in piena autonomia la politica estera. Metterebbe inoltre a repentaglio il diritto d’ac cesso privilegiato per le imprese Usa alle miliardarie commesse del Pentagono e, di conseguenza, la tenuta del complesso militareindustriale e dell’occupazione in diversi Stati dell’Union e importanti dal punto di vista elettorale. Le aziende europee e giapponesi potrebbero poi lanciare una campagna in grande stile di acquisizioni di imprese americane per meglio posizionarsi sul mercato, questo mentre le barriere all’ingre sso delle società Usa in Europa e in Giappone verrebbero mantenute6. Già oggi europei e giapponesi, per aggirare la politica protezionistica del buy american, stanno cercando con sempre maggior frequenza di concludere accordi di produzione su licenza con le imprese americane. Tra gli ostacoli tecnicoeconomici che incontra l’i nternazionalizzazione delle attività delle industrie Usa figurano le notevoli rigidità associate al rispetto degli standard tecnici e dalle norme per l’acqu isizione stabiliti dal Pentagono, rigidità che rendono assai problematica la realizzazione di programmi di cosviluppo e coproduzione di sistemi con aziende straniere. Ciononostante, le imprese statunitensi sono sempre più dipendenti dalle forniture europee e giapponesi di componenti fondamentali per i loro sistemi (microprocessori, radar, elettronica), sviluppati dalle aziende straniere anche per le applicazioni commerciali7. È opinione assai diffusa che la strategia adottata dalle imprese europee e giapponesi, molto attente a promuovere lo sviluppo delle tecnologie di punta a carattere duale (civile/militare) sia superiore a quella seguita negli Usa sin dagli anni Ottanta. Quest’ul tima è incentrata sul modello dello spinoff, ossia sulla convinzione che lo sviluppo delle tecnologie militari comporti automaticamente ricadute favorevoli per i mercati civili. Oligarchie rapaci, corruzione e collusioni Uno studio dell’United Nations Development Programme (UNDP), ha recentemente evidenziato come attorno alle transazioni che interessano beni e servizi di impiego militare si creino rapporti e meccanismi non ortodossi e poco trasparenti che alimentano la corruzione negli ambienti politici, militari, industriali e finanziari; circa la metà delle truffe scoperte negli Usa a partire dalla metà degli anni Novanta sono legate a contratti di fornitura per il Pentagono8. Già nel 1988 il Federal Bureau of Investigation (FBI), al termine di due anni di indagini, era giunto a conclusioni assai preoccupanti: il livello di corruzione e connivenza tra apparati legislativi e di governo e industrie a produzione militare era tale da far intravvedere un processo di ‘nazionalizzazione’ s trisciante dell’intero s ettore. La stessa commissione parlamentare incaricata dal presidente di svolgere un’ indagine sulla gestione del bilancio all’ interno del Pentagono (Commissione Packard) riconobbe l’urge nza di interventi per 6 Per un quadro dettagliato del delicato equilibrio tra opportunità e rischi del processo di globalizzazione delle imprese Usa si rimanda a M.A. Lorell et al., Going Global? U.S. Government Policy and the Defense Aerospace Industry, RAND Project Air Force, Santa Monica (Ca), 2002, pp. 131-133, 185-190. 7 Cfr. W.W. Keller, Arm in Arm. The political economy of the global arms trade, New York, 1995, p. 43. 8 UNDP, Human Development Report. 2002, New York 2002, p. 89. por freno alla corruzione dilagante. Per le aziende del settore, la certezza di potersi aggiudicare le commesse comporta dei vantaggi che vanno oltre i pur ragguardevoli margini di profitto e l’au mento del fatturato a breve termine. Ad esempio, la partecipazione allo scudo spaziale o alla realizzazione del JSF, consente alle industrie di presentare pubblicamente una nuova ricca serie di progetti che potrebbero generare un futuro cospicuo flusso di ricavi. L’annuncio spesso sortisce l’ effetto di attirare la manodopera super specializzata, altrimenti invogliata a preferire i settori commerciali ad alta tecnologia, e gli investitori. Si tenta inoltre di far dimenticare i frequenti casi di corruzione, aumento esorbitante dei costi e la cattiva gestione9. Per raggiungere i loro obiettivi i dirigenti delle società sono disposti a esercitare indebite pressioni non solo nei confronti del mondo politico, ma anche verso gli scienziati ed i tecnici impegnati nei progetti, ai quali viene chiesto di ‘aggiustare’ i risultati delle prove sperimentali per convincere il committente a finanziare il proseguimento dei lavori10. Negli assetti creatisi nel corso degli anni Novanta, dominati da una nuova enfasi apposta sul lavoro di squadra che coinvolge governo e industrie, le attività fraudolente non sono né diminuite, né scomparse. Al contrario, secondo l’I spettore Generale del ministero della Difesa Usa, Eleanor Hill, le attività di sorveglianza svolte hanno evidenziato casi significativi di frode, corruzione e peculato; tra il 1994 ed il 1996, in seguito alla scoperta di comportamenti illeciti, le aziende fornitrici del Pentagono sono state condannate a restituire al Governo federale più di 850 milioni di dollari11. I legami tra industria a produzione militare ed esponenti di primo piano del governo sono diventati ancora più solidi all’interno dell’attuale amministrazione. Secondo un accurato studio del World Policy Institute12, 32 tra i 100 esponenti politici di rilievo del governo avevano significativi legami finanziari e d’affari con aziende del settore prima del loro ingresso nello staff presidenziale. Il peso dell’ industria militare è persino superiore a quello del comparto dell’energia, che conta 21 uomini – tra ex dirigenti, azionisti, funzionari di rango elevato – nel governo. A parere di molti osservatori, l’ammontare del bilancio del Pentagono per il 2003 (379 miliardi di dollari) e le richieste avanzate dal segretario alla difesa degli Stati Uniti Rumsfeld per il 2004 (più di 400 miliardi di dollari) rappresentano la vittoria completa del cosiddetto Iron Triangle, un gruppo di potere formato dal complesso militareindustriale finanziario, parlamentari e funzionari del Pentagono. Tra i fattori cementanti di questa alleanza, che rappresenta l’evoluz ione attuale del complesso militare 9 Ad esempio, la Lockheed Martin, capo commessa del sistema antimissile PAC-3, i cui costi di sviluppo hanno oltrepassato del 30% le disponibilità di bilancio, ha dovuto pagare allo stato 70 milioni di dollari per coprire parte degli oneri aggiuntivi; cfr. W.D. Hartung, M. Ciarrocca, Nuclear Missile Deception: Corruption and Conflicts of Interest in National Missile Defense (NMD) Test Program, 17 lug. 2000, consultabile sul sito internet www.worldpolicy.org/projects/arms. 10 Un episodio del genere è stato pubblicamente denunciato da uno scienziato impiegato dalla TRW, azienda statunitense impegnata nelle prove del sistema di difesa antimissile assorbita dalla Northrop Grumman; cfr. W.J. Broad, Ex Employee Says Contractor Faked Results of Missile Tests, “New York Times”, 7 mar. 2000. 11 12 Dati resi noti dal Project on Government Oversight (POGO). W.D. Hartung, J. Reingold, About face: The Role of the Arms Lobby In the Bush Administration’s Radical Reversal of Two Decades of U.S. Nuclear Policy, “World Policy Institute Special Report”, mag. 2002, consultabile sul sito internet www.worldpolicy.org/projects/arms. Per ulteriori approfondimenti si rimanda anche al sito ufficiale dell’Amministrazione (www.whitehouse.gov) e al rapporto The Bush 100: Snapshot of Professional and Economic Interests Reveals Close Ties Between Government, Business, disponidible sul sito internet www.publicintegrity.org. industriale, vanno considerate le ingenti contribuzioni che le industrie militari elargiscono ai loro lobbisti all’i nterno del Congresso (90 milioni di dollari nel solo 2001); questi ultimi traggono inoltre consistenti vantaggi in termini di consensi elettorali appoggiando quei programmi d’ armamento ultradecennali che si svolgono in diverse sedi produttive negli stati dell’ Unione – in alcuni casi in 40 stati diversi – che formano il cosiddetto gunbelt13. I legami tra i vertici dell’ammini strazione Bush e le industrie militari sono molto forti. La moglie del vice presidente Cheney, Lynne, ha ricoperto incarichi dirigenziali nella Lockheed Martin sino al gennaio 2001, lo stesso segretario di stato Colin Powell era azionista di spicco della General Dynamics (più di un mione di dollari in titoli). Il segretario all’aviaz ione militare James G. Roche è l’ex presidente delle società del colosso Northrop Grumman che fabbricano sensori elettronici e sistemistica militare; Peter B. Teets, sottosegretario all’ aviazione militare, era uno dei massimi dirigenti operativi della Lockheed, società che conta su una vera e propria taskforce all’i nterno dell’ammini strazione: Otto Reich, attuale sottosegretario per gli affari dell’America Latina, era un lobbista stipendiato dalla società, Norman Mineta e Michael Jackson – rispettivamente segretario e sottosegretario ai trasporti – sono stati entrambi vice presidenti della Lockheed Martin, mentre Everet Beckner, già direttore della divisione dell’azien da che ha collaborato al programma nucleare britannico, è l’attuale amministratore delegato dei programmi per la difesa (nucleari) all’ interno del Dipartimento dell’Energia st atunitense. Nelson F. Gibbs, anch’ egli esponente di rilievo del settore dell’amminist razione che si occupa dell’aviaz ione militare, è stato dirigente di spicco della Northrop Grumman, società alla quale erano legati da rapporti di consulenza il vice di Rumsfeld Paul Wolfowitz, il supervisore del Pentagono Dov Zakheim, il sottosegretario alla difesa Douglas Feith e il capo dello staff di Cheney Lewis Libby (tutti ‘santoni’ del p ensiero neoconservatore); infine Michael W. Wynne e Gordon E. England, entrambi ex vice presidenti della General Dynamics, occupano attualmente posizioni di rilievo all’interno del Pentagono in qualità di sottosegretari. I rischi associati ad un’inva siva presenza di potenziali situazioni di conflitto d’ interessi all’interno del governo Usa sono aumentati non solo a causa della massiccia presenza, in posti chiave dei dicasteri della difesa e degli esteri, di uomini che hanno avuto legami molto stretti con il complesso militare industriale, ma anche in seguito alla adozione della nuova ‘filosofia’ amministrativa imposta dall’attuale s egretario alla difesa Rumsfeld. Nella nuova visione, l’i deologia ed i metodi della gestione aziendale tipici della grandi corporations, sono stati trasferiti in toto nella macchina pubblica 14. È stato 13 Regione geografica nella quale si concentra la produzione bellica. All’inizio degli anni Novanta gli stati dell’Unione maggiormente dipendenti dagli stanziamenti del Pentagono erano: New England, New York, il distretto di Washington e la Florida sulla costa orientale, gli stati centrali dal Missouri all’Utah, Texas, Arizona, California e Washington nel sud e sulla costa occidentale (cfr. P. Hall e A.R. Markusen, The Pentagon and the Gunbelt, in Aa.Vv., “The Pentagon and the Cities”, Urban Affairs Annual Reviews, vol. 40, 1992, pp. 53-76). Oggi la situazione è rimasta pressoché invariata con la sola eccezione dell’ingresso della Georgia tra gli stati fortemente dipendenti dagli stanziamenti per la produzione militare. 14 Già nel 1992, B. L. Schwartz, all’epoca CEO della Loral Corporation (importante azienda del settore dell’elettronica militare), sosteneva la necessità di una nuova partnership tra il Pentagono, il Congresso e l’industria per creare un blocco compatto capace di mantenere la base industriale-militare e il primato tecnologico Usa, entrambi ‘minacciati’ dalla riduzione delle spese militari e dalla concorrenza di europei e giapponesi. A tal scopo Schwartz proponeva un’evoluzione dell’atteggiamento della macchina amministrativa del Pentagono da una costituito un Senior Executive Committee, che agisce alla stregua di un consiglio di amministrazione gestendo la ricerca e sviluppo e le commesse secondo la logica della deregulation15. Del Comitato fanno parte lo stesso Rumsfeld, Paul Wolfowitz, il sotto segretario incaricato delle politiche di acquisizione dei mezzi, della logistica e dell’innov azione tecnologica Edward Aldridge, Thomas E. White16, Gordon R. England e James E. Roche. L’azione del comitato cerca di rafforzare le s inergie tra l’ammini strazione pubblica e il capitale di rischio privato, al quale si chiede di investire sulla commercializzazione nel settore civile di brevetti militari e viceversa17. Attorno a questa oligarchia politica gravitano una serie di personaggi, recentemente definiti power broker. Richard Perle è un esponente di questa nuova casta. Da poche settimane dimessosi dalla presidenza del Defence Policy Board (un influente gruppo di consiglieri del Pentagono istituito nel 1985 ed i cui atti non sono pubblici), ma pur sempre molto legato a Wolfowitz e a Cheney, egli è da tempo manager della Trireme Partners L.P., una società d’investi mento nata nel novembre 2001 interessata a tutte le attività che hanno a che fare con la sicurezza interna e la difesa. Ultimamente la Trireme ha preso contatto con due affaristi sauditi Khashoggi e Zuhair, noti quali intermediari nelle ricchissime transazioni relative all’acqui sto di sistemi per la sicurezza interna e armamenti da parte dell’ Arabia Saudita, proponendo loro di partecipare al possibile sviluppo di investimenti di rilievo, ai quali avrebbe già assicurato la disponibilità iniziale di 20 milioni di dollari la stessa Boeing. Per dare un’ idea della portata degli affari basti ricordare che il regime saudita ha investito più di un miliardo di dollari nella sola demarcazione e sorveglianza della frontiera con lo Yemen e che intende incrementare gli stanziamenti in progetti analoghi. Perle vanta un curriculum di tutto rispetto: nel 1983 è stato al centro di una inchiesta giornalistica relativa alla intermediazione da lui svolta per favorire l’ac quisto da parte del Pentagono di sistemi d’arma fabbricati da una società israeliana, dalla quale aveva ricevuto in precedenza un compenso di 50.000 dollari. Attualmente fa parte di numerosi consigli d’ammini strazione di importanti società tra le quali l’ inglese Autonomy Corporation, che recentemente si è aggiudicata un importante contratto di fornitura da parte del governo Usa nell’ambito del programma di difesa della sicurezza interna. Tra i suoi amici figura Douglas Feith, membro del gruppo che ha pianificato le operazioni militari in Afghanistan e in Iraq. Nel 1989, Feith fondò la International Advisors Incorporated, un gruppo lobbistico del quale Perle fu consigliere e il cui maggior cliente è stato il governo turco. I vantaggi associati agli intrecci affaristici tra produttori di armamenti, mondo della politica, alte sfere militari e mondo della finanza aumentano a dismisura nei periodi di conflitto e a beneficiarne è una categoria particolare dell’e stablishment, quella dei massimi dirigenti (CEO) delle aziende militari. postura ‘aggressiva’ nei confronti dell’industria, ad un atteggiamento di cooperazione soprattutto nel campo delle esportazioni di armamenti; cfr. B. L. Schwartz, The Future of the U.S. Defense Industrial Base, The Johns Hopkins Foreign Policy Institute, Washington 1992. 15 U.S. Department of Defense, Rumsfeld Creates Two New Management Councils, press release, 18 giu. 2001; “Washington Post”, 16 feb. 2002. 16 Sottosegretario all’esercito, dimessosi recentemente dall’incarico su pressione dello stesso Rumsfeld che lo considerava un oppositore interno. 17 Venture Capitalists Go To Sea As Navy Gears Up For New Century, “Agence France-Presse”, 6 feb. 2003 Secondo quanto emerso da una recente indagine del centro di ricerca indipendente di Boston denominato United for a Fair Economy, nel 2002 i CEO delle prime 37 società fornitrici del Pentagono hanno guadagnato complessivamente più di 418 milioni di dollari (11,3 milioni di dollari a testa in media), mentre dal 2000 ad oggi gli stessi personaggi hanno ottenuto compensi per un ammontare di 1,35 miliardi di dollari. Mediamente le retribuzioni dei dirigenti delle aziende militari sono molto superiori a quelle dei CEO delle imprese commerciali che pure superano di cinquecento volte e più il salario medio di un dipendente. Le guerre, gli aumenti delle spese militari e le commesse del Pentagono, la crescita delle esportazioni di armi e il meccanismo vorace delle acquisizioni18 rappresentano autentiche benedizioni per i CEO. I loro guadagni, infatti, sono direttamente legati all’anda mento del fatturato e dei profitti delle aziende anche mediante il meccanismo perverso delle stock options. Una parte dei compensi dei top manager è corrisposta sotto forma di pacchetti azionari che seguono l’andame nto delle quotazioni borsistiche. Questo meccanismo, per oliare il quale si ricorre a tutti i mezzi leciti ed illeciti, ha fatto sì che gli introiti del presidente della Lockheed Martin siano saliti da 5,8 milioni di dollari nel 2000 a 25,3 milioni nel 2002, alla General Dynamics si è passati da 5,7 milioni nel 2001 a ben 15,2 nel 2002, alla Honeywell (sistemi per gli aerei) i guadagni del CEO sono balzati da 12,9 a 45 milioni di dollari tra il 2000 ed il 2002. L’aumento riconosciuto al CEO della Northrop Grumman è di ‘soli’ 1,9 milioni di dollari tra il 2000 ed il 2002, mentre il suo collega della Alliant ha visto portare il proprio compenso da 1,4 milioni di dollari nel 2000 a 10,5 milioni nel 2002. L’ andamento registratosi alla Raytheon è particolarmente significativo: dagli 8 milioni di dollari percepiti dal CEO nel 2000 si è passati a 2,6 milioni nel 2001 per poi risalire a 8,9 milioni nel 2002, anno nel quale l’az ienda ha beneficiato di una serie di ordinativi davvero ragguardevole da parte del Pentagono, preoccupato di ricostituire le scorte di missili e bombe in previsione della guerra in Iraq. Scrivendo di questa nuova ‘aristocrazia industriale’, beneficiaria di redditi stratosferici e coinvolta in malversazioni, falsi in bilancio, episodi di insider trading e bancarotte, Marco Vitale19 ha osservato come, al pari della nobiltà feudale, i CEO praticano sistematicamente un prelievo di risorse assolutamente sproporzionato rispetto al valore delle loro prestazioni, ma contrariamente a quanto avveniva nel sistema feudale queste rapaci aristocrazie industriali non hanno nemmeno la ‘pretesa’ di ‘dirigere e proteggere la popolazione e le aziende, esse semplicemente intendono servirsene20 per riprodurre il proprio potere. Mentre nel settore civile può accadere che il meccanismo si inceppi, provocando tracolli come quello della Enron, della World Com o della Parmalat, nel comparto militare il funzionamento del meccanismo viene garantito mediante il ricorso al denaro pubblico e alla politica di riarmo e guerrafondaia. Ciononostante, il sistema non è certamente in equilibrio, infatti è cresciuta a dismisura la conflittualità 18 Nel settore militare l’amministrazione statale è intervenuta direttamente per sostenere i costi delle concentrazioni. Il caso più famoso è stato quello della fusione tra Lockheed e Martin Marietta, con l’elargizione, da parte dell’amministrazione Clinton, di un pacchetto finanziario di compensazione del valore di 2,9 milioni di dollari a Norman Augustine, CEO dell’assorbita Martin Marietta; cfr. J. Harris, op. cit., p. 16. 19 Uno dei fondatori della Arthur Andersen italiana. 20 M. Vitale, America punto e a capo, Milano 2002, p. 13. tra i grandi gruppi sino a giungere a scandali eclatanti come quello relativo allo spionaggio industriale messo in atto dalla Boeing ai danni dell’unica concorrente Lockheed Martin. Proprio le vicende associate a questo caso sono emblematiche di quanto si siano rafforzati i legami ed i condizionamenti reciproci esistenti tra governo e industria militare; infatti, commentando l’eve ntualità che la Boeing possa venir estromessa dalle gare d’appa lto del Pentagono e del governo Usa, molti osservatori hanno giudicato tale ipotesi molto remota in quanto “il Governo ha bisogno della Boeing tanto quanto la Boeing ha bisogno del Governo” 21. I successi raccolti dalla campagna di pressione svolta dalle lobby trasversali delle armi sono numerosi; restano lettera morta, ad esempio, le bellicose dichiarazioni di Rumsfeld contro l’inveterata abitudine dei vertici militari di chiedere autonomamente al Congresso, scavalcando i vertici civili del Pentagono, il finanziamento di progetti per la realizzazione e l’ammo dernamento di sistemi d’ arma e infrastrutture (ben 25 miliardi di dollari lo scorso anno, dei quali 3,8 approvati). Difficilmente potrebbe accadere il contrario; infatti circa l’80 % dei finanziamenti accordati su richiesta dei vertici militari e quelli aggiuntivi stanziati autonomamente dal Congresso (7,5 miliardi di dollari nel 2001) sono affluiti nei collegi elettorali dei componenti i comitati parlamentari che prendono le decisioni in materia. Del resto la ‘creatività contabile’ applicata ai bilanci del DoD fa impallidire, in quanto a spregiudicatezza e malversazioni, quella adottata dalla Enron e da altre grandi imprese statunitensi. Secondo un rapporto dell’I spettore generale del DoD ‘trilioni di dollari sono stati oggetto di insopportabili ‘aggiustamenti’ ed i libri contabili del ministero sono così in disordine da non consentire una verifica puntuale delle procedure22. Corruzione globale Il Transparency International Bribe Payers Index (TIBPI) è il rapporto più autorevole attualmente disponibile sulla diffusione della corruzione nelle relazioni tra mondo degli affari e dirigenti degli apparati statali. Il TIBPI si basa su sondaggi condotti dalla Gallup International Association tra alti dirigenti delle imprese, revisori dei conti, camere di commercio, banche e uffici commerciali in quindici stati23 che figurano tra i principali mercati nei quali agiscono – tramite i rapporti commerciali e gli investimenti diretti esteri – le società multinazionali con sede nei ventuno paesi più industrializzati al mondo24 . L’ult imo rapporto, pubblicato nel 200225, evidenzia quanto sia diffuso il ricorso a pratiche di corruzione nelle gare d’ appalto ed in genere nelle transazioni che riguardano il settore militare. Quest’ ultimo, dopo i lavori pubblici e le costruzioni, è il comparto nel quale la percezione della 21 “Sole 24 Ore”, 6 mag. 2003, p. 32. 22 “The American Prospect”, 11 mar. 2002, p. 15. 23 Argentina, Brasile, Colombia, Ungheria, India, Indonesia, Marocco, Messico, Nigeria, Filippine, Polonia, Russia, Sud Africa, Corea del Sud e Thailandia. 24 Usa, Francia, Giappone, Gran Bretagna, Cina, Russia, Germania, Spagna, Italia, Taiwan, Corea del Sud, Svizzera, Malaysia, Canada, Olanda, Singapore, Belgio, Australia, Austria, Hong Kong, Svezia. Come si può notare si tratta di un gruppo di paesi che da solo copre più dell’80% dell’offerta mondiale di armamenti e beni ad uso militare. 25 Reso pubblico il 14 maggio 2002, consultabile all’indirizzo internet http://www.transparency.org/cpi/2002/. presenza di pratiche illegali è più diffusa e si pagano le tangenti più elevate (38% del campione intervistato contro il 46% del settore lavori pubblici, segue il settore petrolifero con il 21%). La corruzione risulta essere strettamente correlata all’azion e di gruppi di pressione corporativi capaci di influenzare le scelte del potere esecutivo e la stessa linea politica dei partiti. Se si analizza la seconda parte dell’indagine nella quale vengono esaminate le risposte riguardanti i fattori che hanno contribuito a far crescere o a far regredire la corruttela , emerge quale fattore che contrasta il diffondersi del malaffare il controllo esercitato dall’opinion e pubblica e dagli organismi preposti a livello istituzionale, unito al miglioramento dei sistemi di governo delle imprese e a controlli più efficaci sul riciclaggio di denaro sporco. La necessità di tali strategie è evidentissima se si considera che la maggior parte di coloro che hanno risposto al questionario (68%) ritengono che alcuni governi (Usa primi fra tutti, seguiti a distanza da Francia, Gran Bretagna, Giappone, Cina e Russia) ricorrano a ricatti e pressioni indebite per favorire nelle gare d’appalto le imprese che hanno la sede principale nel loro paese. Tra le forme indebite di condizionamento è significativo notare che tra il 1999 ed il 2002 è aumentato il ricorso alle pressioni di carattere politico e diplomatico, alle pratiche commerciali e di fissazione dei prezzi ‘personalizzate’, ai condizionamenti di carattere finanziario. È infine aumentata una tendenza assai importante per la comprensione delle dinamiche attuali del mercato degli armamenti, ossia la pratica di legare l’ottenimen to di vantaggi impropri nelle gare di appalto alla eventualità di forniture e accordi nel settore della difesa e degli armamenti, intrecciando profondamente i settori civili con quelli militari e contribuendo così a rendere ancora più ambigue le transazioni (cfr. Tabella 4). Tabella 4 MEZZI E CONDIZIONAMENTI IMPIEGATI DAI GOVERNI PER OTTENERE VANTAGGI ILLECITI A FAVORE DELLE IMPRESE NAZIONALI Elaborazione A. Lodovisi da TIBPI 2002 TIPI DI MEZZI E CONDIZIONAMENTI Pressioni politiche e diplomatiche Pressioni finanziarie Pratiche commerciali e di fissazione dei prezzi ad hoc Legare la trattativa all’ottenimento di aiuti finanziari ed economici esteri Minaccia di ridurre gli aiuti finanziari ed economici esteri Legare la trattativa alla conclusione di contratti nel settore della difesa e degli armamenti Favori e doni ai funzionari dello stato in cui si svolgono le gare % di risposte affermative 2002 (1999) 66 (53) 66 (45) 66 (49) 54 (35) 46 (n.d.) 41 (28) 39 (36) PAESI CHE IMPIEGANO PRATICHE ILLECITE/DISONESTE % di risposte affermative Usa 58 Francia 26 Gran Bretagna 19 Giappone 18 Cina 16 Russia 13 Germania 11 Legare la trattativa alla conclusione di accordi nei settori della pubblica istruzione, della formazione e della sanità Altri mezzi Non dichiarati 22 (16) 8 (11) 5 (2) Spagna 9 Italia 5 Taiwan 5 La dimensione affaristica del terrore di massa Il nuovo pensiero strategico statunitense in campo nucleare (Nuclear Posture Review) è stato messo a punto nel dicembre 2001, in concomitanza con il ritiro dell’adesi one degli Usa al trattato di interdizione dei sistemi antimissile (ABM), concluso con l’Ur ss nel 1972, per spianare la strada al programma di difesa contro i vettori balistici denominato scudo spaziale. Per la prima volta sono stati elencati i paesi contro i quali Washington si riserva il diritto di firststrike (colpo preventivo) anche nucleare, nel caso di una minaccia di attacco diretto agli Usa condotto con armi di distruzione di massa: Russia, Cina, Iraq, Iran, Corea del Nord, Libia e Siria26. Il documento rilancia il ruolo del complesso scientifico e industriale nella messa a punto di armi atomiche tattiche miniaturizzate di nuova generazione27, rimuovendo così il divieto a svilupparle stabilito nel 1993 dal Congresso; tali armi dovrebbero sostituire quelle degli arsenali della Guerra Fredda, giudicate in parte inadatte ad affrontare i nuovi scenari di conflitto. Tra le aziende che traggono i maggiori benefici in termini di commesse dai nuovi programmi d’armame nto nucleare figura la Lockheed Martin, prime contractor per la progettazione e la realizzazione delle testate nucleari dei Sandia National Laboratories gestiti dal Dipartimento per l’ Energia. Oltre a fabbricare le testate nucleari, la Lockheed costruisce il missile balistico sottomarino Trident II, partecipa al programma di difesa antimissile dello scudo spaziale e collabora con il Nevada Test Site28, dove vengono condotti i test nucleari subcritici. Nel 1997, dopo cinque anni di sospensione, gli Usa hanno ripreso questi test, ai quali nel febbraio del 2002 ha partecipato per la prima volta la Gran Bretagna29. Un’alt ra grande multinazionale fortemente interessata ai programmi d’armame nto nucleare è la Becthel Corporation, una delle maggiori imprese mondiali nei settori dell’ impiantistica industriale, della produzione dell’energia e della progettazione ingeneristica. Una filiale del gruppo, la Bechtel Nevada, gestisce il Nevada Test Side, mentre un’alt ra sussidiaria – la Bechtel Bettis – collabora al programma per la propulsione nucleare della Marina militare statunitense e con il Dipartimento dell’Energia nella conduzione del Bettis Atomic Power 26 L’opzione del first strike era prevista anche nei documenti di riesame della politica nucleare adottati dall’amministrazione Clinton, che tuttavia non identificavano i paesi contro cui si intendeva avvalersene; cfr. IISS, Strategic Survey 2001/2002, Londra 2002, p. 22. 27 Le cosiddette low-yield nuclear weapons. 28 Si tratta di un sito vastissimo dedicato agli esperimenti per la messa a punto di ordigni nucleari, che occupa una superficie maggiore di quella dello stato del Rhode Island. 29 Cfr. D. Campbell, UK joins nuclear test in Nevada, “The Guardian”, 15 feb. 2002. Laboratory30. La Bechtel ha avuto e ha tuttora forti legami con l’establishment politico statunitense e con molti esponenti di rilievo dell’ attuale e delle passate amministrazioni; collabora inoltre con altre multinazionali nei settori dell’ene rgia e dello sfruttamento delle risorse idriche. Anche l’ IBM può trarre vantaggio dalla ripresa dei programmi d’armamento missilistico e nucleare. Infatti, i supercomputer RS/6000 SP, capaci di gestire 30 miliardi di operazioni al secondo31, sono in grado di simulare gli effetti di una esplosione di testate nucleari trasportate da missili balistici32. Nella lista delle grandi aziende coinvolte nella produzione di ordigni nucleari è compresa anche la Alliant Techsystems, produttrice del munizionamento ad uranio impoverito e degli ordigni convenzionali per l’attacco ai bunker sotterranei, oltre che dei motori per il Trident II. Il programma di difesa antimissile coinvolge invece la Boeing e la Northrop Grumman. Lo sviluppo delle nuove armi atomiche statunitensi potrebbe rappresentare un’ott ima occasione per acquisire contratti anche per le aziende britanniche (BAE Systems, produttrice di munizioni ad uranio impoverito e di sommergibili nucleari, e British Nuclear Fuels Limited, che realizza impianti per l’arr icchimento del combustibile nucleare), per la tedesca Siemens (tecnologie per la produzione di plutonio) e la giapponese Mitsubishi (grande produttrice di armamenti e titolare di attività nucleari ad uso duale civile/militare). Anche l’adoz ione del programma di ‘difesa’ biologica – deciso dopo i casi delle lettere all’an trace e mentre gli Usa si adoperavano per far fallire i negoziati per l’is tituzione di un segretariato tecnico incaricato di svolgere ispezioni su sfida e controlli nell’amb ito della Convenzione contro le armi batteriologiche (BWC) – gioverà agli interessi di grandi aziende del settore biotech come DynCorp, Porton International, SAIC e Corixa. Queste ultime sono le principali beneficiarie dei finanziamenti del Pentagono per i progetti legati alla biodifesa (BioShield) e dei programmi ‘antidroga’ basati sulla distruzione delle coltivazioni con ‘agenti’ bioch imici. Nel settembre 2003 è stata annunciata la realizzazione di due nuovi laboratori per la ricerca nel settore della biodifesa abilitati a trattare agenti patogeni estremamente virulenti (classificati BSL3 e BSL4) come il virus Ebola e quello del vaiolo. Ufficialmente questo provvedimento viene giustificato con la necessità di migliorare le ricerche, tuttavia le informazioni rilasciate al proposito sono lacunose. Infatti, non sono stati indicati tutti i tipi di microrganismi conservati nei laboratori, sui quali si condurrebbero esperienze che porterebbero alla produzione di agenti molto più virulenti dei ceppi originari, come del resto hanno riconosciuto le stesse autorità Usa33. Nel campo biomedico, i programmi militari rappresentano il settore di ricerca più importante dopo quello degli studi sui tumori e numerose istituzioni scientifiche, nonché le industrie del settore sono attratte dalla notevole mole di finanziamenti 30 Cfr. World Policy Institute, The Dirty Dozen. Partners in Mass Destruction, 2002, pp. 3-4, disponibile sul sito internet http://www.reachingcriticalwill.org/dd/. 31 Un computer disponibile per il mercato civile può effettuare, mediamente, un miliardo di operazioni al secondo. L’IBM ha venduto l’RS/6000 SP anche a Russia e Cina. 32 Secondo uno studio presentato dai dipartimenti al Commercio ed alla Difesa statunitensi, per simulare una esplosione nucleare è indispensabile disporre di un supercomputer capace di elaborare tra i 10 e i 21 miliardi di operazioni al secondo; cfr. World Policy Institute, The Dirty Dozen, op. cit., p. 13. 33 J. Yang, U.S. Biodefense Plans Worry Nonproliferation Advocates, “Arms Control Today”, set. 2003, consultabile all’indirizzo internet http://www.armscontrol.org/. resi disponibili dopo il 2001. Il Pentagono ha aumentato da 250 milioni a 2 miliardi di dollari (per l’anno 2003) gli stanziamenti annuali per la biodifesa34, cifra alla quale vanno aggiunti 5,6 miliardi di dollari per l’acq uisto da parte dello stato dei brevetti generati dai programmi di ricerca35. Le armi biologiche non letali – agenti per il controllo delle coltivazioni, batteri geneticamente modificati capaci di distruggere materie prime, cibo e asfalto – rappresentano forse il paradigma della natura pericolosissima e subdola di questa nuova generazione di ‘armamenti senza missili e cannoni’. Durante i negoziati sulla BWC, gli USA hanno tentato di escluderle dalla categoria delle armi biologiche in quanto ‘non letali’ suscitando la veemente opposizione dei paesi del Terzo Mondo. I progressi in campo microbiologico, farmaceutico e dell’ ingegneria genetica in futuro renderanno possibile la comprensione dei meccanismi basilari di azione e diffusione delle malattie, offrendo la possibilità di intervenire per modificarli a vantaggio della salute umana. D’ altro canto, però, tutto questo porterà ad acquisire la conoscenza dei metodi e dei mezzi necessari per ‘fabbricare’ ed impiegare a scopi offensivi una nuova – teoricamente illimitata – generazione di agenti patogeni e tossine. Jeremy Rifkin ha suggerito al riguardo un interessante parallelo storico: “L’at tuale ricerca in biotecnologia va di pari passo con le prime ricerche in campo nucleare degli anni Quaranta e Cinquanta. La banca dati che si è sviluppata dalla tecnologia nucleare era applicabile sia per scopi militari sia per scopi industriali. Allo stesso modo, la banca dati che si è sviluppata per l’ingegneria genetica commerciale nel campo dell’agricoltura, dell’allevame nto degli animali e della medicina è potenzialmente convertibile nello sviluppo di una vasta serie di nuovi agenti patogeni che possono attaccare le piante, gli animali e le popolazioni umane” 36. A differenza di quanto è avvenuto nello sviluppo delle conoscenze in campo nucleare, per l’ingeg neria genetica i costi della ricerca sono minori. Inoltre, i risultati degli studi sono contraddistinti da una notevole vastità e flessibilità d’impiego , che renderanno le eventuali applicazioni militari estremamente ‘mimetizzabili’, una caratteristica quasi assente in campo nucleare e meno pronunciata nel settore chimico. L’ individuazione delle sequenze dei geni e delle proteine, la messa a punto della tecnica del DNA ricombinante, la possibilità di alterare la struttura e le proprietà delle proteine, il miglioramento delle procedure per la produzione di grandi quantità di microrganismi e tossine, offrono la possibilità di produrre agenti per la guerra biologica capaci di rendere inefficaci gli attuali vaccini e i mezzi di difesa sinora conosciuti. La tecnologia che permette il design dei farmaci può essere dunque impiegata per scopi militari o per il controllo ‘non letale’ delle popolazioni, mettendo a punto agenti e sostanze che consentono di alterare 34 Lo stanziamento tiene evidentemente conto del notevole tasso di ritorno degli investimenti in ricerca e sviluppo che caratterizza il comparto industriale delle biotecnologie e farmaceutico. 35 Esistono poi molte perplessità sulla fondatezza della tesi secondo cui le conoscenze acquisite nel settore della biodifesa potranno essere applicate in campo civile per migliorare le terapie e la conoscenza delle malattie. La disponibilità di un ingente flusso di finanziamenti ha inoltre convinto molti responsabili delle strutture di ricerca ad abbandonare le attività in campo civile per dedicarsi a quelle militari, con gravi conseguenze per gli studi su patologie molto diffuse soprattutto tra le popolazioni povere quali malaria, dissenteria, tubercolosi, colera, AIDS; cfr. M. Goozner, Bioterror Brain Drain, “The American Prospect”, 30 ott. 2003, pp. 30-32. 36 J. Rifkin, Il secolo biotech, Milano, 1998, p. 154. l’umore, il comportamento, lo stato mentale e la temperatura corporea. Significativamente, il documento finale della quarta Conferenza di revisione della BWC, svoltasi nel novembredicembre 1996, ha sottolineato con forza come qualsiasi applicazione dei risultati della ricerca genetica alla guerra biologica ricada sotto il regime di proibizione stabilito dall’ articolo 1 della Convenzione.