FIR2006-11(3) - Centro della Famiglia

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FIR2006-11(3) - Centro della Famiglia
SEZIONE DOCUMENTI:
Strumenti di valutazione familiare (10)
Continuiamo questa specifica sezione di “documenti” dedicata alla presentazione degli
strumenti di valutazione di variabili familiari, messi a punto in particolare presso il Centro
Interdipartimentale di Ricerca sulla Famiglia dell’Università di Padova. Si tratta in gran
parte di strumenti non pubblicati e quindi riservati, ma che compaiono in molte ricerche
degli ultimi decenni e che, pertanto, hanno a giustificazione dei risultati di ricerca
consolidati. Una copia del materiale diagnostico che verrà illustrato via via in questa
sezione, è depositato presso la biblioteca interdipartimentale di psicologia “Fabio Metelli”
dell’Università di Padova (via Venezia, 10) e può essere consultata da ricercatori, studenti e
operatori secondo il regolamento della biblioteca stessa. Salvo ulteriori precisazioni, la
proprietà di questi strumenti è del CIRF e l’eventuale utilizzo a scopo di ricerca e/o
formativo-clinico va concordato direttamente con il Centro.
QUESTIONARIO DI ATTACCAMENTO FRA ADULTI
(Q.A.A.)
Walter Colesso, Michela Barbon, Mario Cusinato
Viene presentato l’iter di costruzione del questionario di attaccamento per lo studio di adulti italiani,
basato sul modello di attaccamento di Bartholomew. La rassegna è articolata in tre parti: (a) la costruzione dello strumento e la valutazione della sua attendibilità attraverso la somministrazione ad un campione di 196 soggetti; (b) uno studio di validità concorrente con il modello Selfhood di L’Abate condotto su un campione di 200 soggetti, e (c) un secondo studio su un campione di 120 soggetti.
Parole chiave: attaccamento adulti, modello selfhood, tecnica di valutazione, test di attendibilità e validità.
Questionario Attaccamento Adulti (QAA; Adult Attachment Questionnaire). The step-by-step construction of an attachment questionnaire for Italian adults, based on Bartholomew’s adult attachment
model, is outlined. The study is developed in three parts: (a) the construction of the “Questionario Attaccamento Adulti [QAA; Adult Attachment Questionnaire]” and the evaluation of its reliability after
administration to a sample of 196 participants; (b) a correlation study with L’AbatÉs Selfhood Model
on a sample of 200 individuals and (c) a second study on 120 participants.
Key Words: adult attachment, selfhood model, evaluation technique, test reliability and validity.
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Strumenti di valutazione familiare
Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 267
Il Questionario di Attaccamento fra Adulti (Salvo, 1998) nasce nell’ambito della ricerca sulla
operazionalizzazione di modelli descrittivi di caratteristiche individuali utili per la comprensione delle dinamiche familiari e di coppia per il contesto italiano, ove già troviamo alcuni lavori
(Bonanno, 1993; Carli, Castaldi e Mantovani, 1995; Carli e Trafficante, 1997, Lorenzini, Mancini e Sassaroli, 1985). Le variabili che lo strumento si propone di definire e valutare sono quelle relative “all’attaccamento fra adulti”: indici qualitativi e quantitativi del particolare tipo di
legame che ogni individuo stabilisce con le persone significative, considerate “base sicura” e
“rifugio”, nonché “la fiducia o la sfiducia di una persona che una figura di attaccamento, attualmente assente, sarà comunque disponibile, cioè accessibile e capace di rispondere in modo adeguato, nel momento del bisogno” (Bowlby, 1973, pp. 261). Tali legami spingerebbero quindi l’individuo a ricercare e mantenere la vicinanza fisica nei confronti di tali
figure (Van Ijzendoorn, 1992).
La nozione di “attaccamento” è stata l’oggetto di studio di molti ricercatori, primo tra
tutti Bowlby che ha tracciato un filone di ricerche molto fecondo.
La nozione di attaccamento
La teoria dell’attaccamento di Bowlby (1969, 1973, 1980), che si rifà soprattutto a studi di orientamento etologico, ma anche psicoanalitico e sistemico, teorizza la tendenza degli
esseri umani a stringere legami affettivi preferenziali con gli altri individui lungo tutto l’arco
della vita, sulla base di un modello fornito dalle relazioni precoci tra il bambino e il genitore
(Ainsworth, 1982; Bowlby, 1969, 1973, 1980). Questa relazione precoce si basa inizialmente su ciò che un neonato esperisce rispetto alle proprie figure genitoriali: il loro modo di
tenerlo in braccio, l’odore e il calore della loro pelle, il loro modo di guardarlo, ossia quel
modo unico e speciale di essergli accanto, di tenerlo vicino, di nutrirlo fisicamente e psicologicamente. Spesso i genitori rispondono quasi inconsapevolmente alle esigenze pressanti di
vicinanza del proprio bambino e nel loro modo di sintonizzarsi in questa danza di affetti e bisogni reciproci: essi rispondono ad una motivazione primaria di attaccamento. Secondo
Bowlby i bambini nei primi anni di vita, partendo dalle proprie esperienze relazionali precoci,
costruiscono dei modelli operativi interni o “working model” di sé stessi e dei loro principali compagni nelle interazioni sociali. Si tratta di strutture cognitive che guidano le aspettative e le interpretazioni circa le relazioni, agendo spesso al di fuori del controllo cosciente e che sono in grado di modellare la percezione sociale e il comportamento. Le aspettative incorporate in questi modelli sono una delle più importanti fonti di continuità tra passato
e presente, rispetto a sentimenti e comportamenti: continuità dovuta alla persistenza dei modelli mentali interrelati del sé e della vita sociale, sviluppati nel contesto di una famiglia stabile. Queste rappresentazioni interne tendono a persistere nel tempo, sebbene sia possibile che
nuove esperienze contraddicano i modelli stabiliti così che questi possono modificarsi (Vaughn, Egeland, Sroufe e Waters, 1979).
Se Bowlby ci ha proposto un nuovo modo di pensare il legame madre-bambino, nonché l’effetto drammatico della separazione precoce su tale legame, Ainsworth è riuscita non
solo a tradurre i fondamentali cardini della teoria in scoperte empiriche, bensì anche ad espandere la teoria stessa. A lei si deve il concetto delle figure di attaccamento – caregiver –
come base sicura (Bretherton, 1991) dalla quale i bambini esplorano il mondo, così come
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Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 268
pure il concetto di sensibilità materna. I suoi studi mettono infatti in evidenza come un bambino di un anno, la cui madre è disponibile, sensibile e comprensiva nei suoi confronti,
stia già sviluppando un certo grado di fiducia in sé e nella madre e sottolineano il ruolo fondamentale che tale componente gioca nello sviluppo dei pattern di attaccamento che si stabiliscono tra madre e bambino. L’autrice sostiene inoltre che l’attaccamento verso le figure
secondarie (padre, fratelli, ecc.) si sviluppa più tardi rispetto alla figura primaria (madre o figura
materna) e che più è insicuro l’attaccamento verso le figure primarie tanto più il bambino
sarà inibito nello sviluppare attaccamento per altre figure.
Ainsworth per prima individuò tre distinti pattern di attaccamento attraverso la
“Strange Situation”: situazione di laboratorio, ideata appositamente per attivare e intensificare il comportamento di attaccamento del bambino. Le prime osservazioni compiute dall’autrice (Ainsworth, Blehar, Waters e Wall, 1978) mostrarono come questa procedura enfatizzasse le differenze individuali dei bambini nel fare fronte a tale situazione e le permisero di identificare tre categorie principali o modalità di attaccamento in grado di chiarire la maniera in cui
si può organizzare l’attaccamento fra madre e bambino:
(a) attaccamento sicuro: una volta che la madre ritorna, dopo un breve periodo di sconforto, il
bambino si lascia consolare, si riorganizza abbastanza velocemente e riprende il proprio gioco;
(b) attaccamento insicuro-evitante: al rientro della madre il bambino mostra un notevole
evitamento della prossimità o dell’interazione con lei, la ignora o la saluta in modo quasi
casuale, oppure le si avvicina mescolando il suo saluto a risposte di evitamento (si volta, si allontana, distoglie lo sguardo). In generale non si stringe alla mamma, appare distaccato e/o
tende a concentrarsi sul gioco;
(c) attaccamento insicuro-ambivalente o ansioso-resistente: il bambino appare inconsolabile, continua a piangere e presenta un atteggiamento ambivalente tra il “bisogno di contatto” e “l’ostilità”. Il bambino non ritorna sereno dopo il rientro della madre, come accade invece
al bambino sicuro.
Più recentemente Main e Solomon (1990) hanno introdotto una quarta categoria, relativa ai bambini con attaccamento disorganizzato/disorientato. La sua caratteristica complessiva più evidente è la contraddittorietà di alcuni movimenti osservati, che lascia pensare ad
una sottostante contraddittorietà nelle intenzioni o nei piani comportamentali del bambino
(disorganizzazione), oppure al fatto che il bambino abbia una perdita di orientamento nell’ambiente circostante (attaccamento disorientato).
Queste differenze di comportamento infantile furono interpretate e validate sulla
base di numerose osservazioni longitudinali (home observations), raccolte sugli stessi soggetti
e misero in luce una chiara continuità tra i pattern comportamentali esibiti a casa ed i corrispondenti pattern dello stile materno. Ainsworth evidenziò che le madri dei bambini sicuri
tendono a dare adeguate risposte ai segnali dei loro bambini; le madri dei bambini evitanti
tenderebbero invece ad essere fredde e poco accoglienti, mentre le madri dei bambini ansiosi
tenderebbero ad essere inadeguate nelle risposte.
Se fino alla fine degli anni ‘70 il paradigma bowlbiano sull’attaccamento è stato utilizzato fondamentalmente nell’ambito dell’età evolutiva, con l’inizio degli anni ‘80 i modelli
derivati dalla procedura sperimentale di Ainsworth, Blehar, Waters e Wall (1978), relativi alla
Strange Situation, hanno stimolato un produttivo filone di studi che legò il concetto di attacca-
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Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 269
mento alla sfera delle relazioni adulte a partire dalla seguente ipotesi: i modelli operativi relativi alle figure di attaccamento, che gli individui sviluppano nei primi anni di vita, si costituiscono in base alle esperienze reali che i bambini hanno circa il comportamento di tali figure
(Bowlby, 1973), che i bambini interiorizzano e che divengono il paradigma delle relazioni
successive anche nell’età adulta.
Attaccamento nelle relazioni adulte
Hazan e Shaver (1987) hanno adottato la prospettiva dell’attaccamento nello studio
delle cosiddette “relazioni amorose”, mentre Main, Kaplan e Cassidy (1985) hanno studiato la trasmissione intergenerazionale delle modalità di attaccamento tra genitori e figli. Come
nota Weiss (1982), esistono differenze rilevanti tra l’attaccamento adulto e quello dei bambini. In primo luogo gli attaccamenti dell’infanzia sono complementari perché la figura di attaccamento offre cure ma non ne riceve, mentre il bambino cerca, ma non offre sicurezza. Al
contrario, l’attaccamento adulto dovrebbe essere tipicamente reciproco: entrambi i partner
danno e ricevono protezione. Una seconda differenza consiste nel fatto che, nell’età adulta, la
figura di attaccamento è un pari e, nelle relazioni amorose, è implicata la sfera sessuale. La
forma più tipica di attaccamento adulto implica quindi l’integrazione di tre diversi sistemi
comportamentali: l’attaccamento, il fornire e ricevere cure e l’integrazione sessuale. Infine,
nell’età adulta, il sistema di esplorazione non è sotto il controllo completo del sistema di
attaccamento, come avviene nell’infanzia, sebbene nei periodi di lutto o di rottura di una relazione, anche gli adulti trovino difficile non pensare alle questioni inerenti l’attaccamento
e la perdita e diventino incapaci di concentrarsi o di lavorare efficacemente.
Le relazioni amorose sono forse le relazioni di attaccamento più importanti della
vita adulta; esse, inoltre, sembrano giocare un ruolo terapeutico nel mitigare gli effetti di precoci relazioni di attaccamento difficoltose (Brown e Harris, 1978; Quinton, Rutter e Liddle,
1984). In particolare Hazan e Shaver (1987) formulano l’ipotesi che nell’età adulta l’amore
sia simile al sentimento provato dal bambino per la madre, in particolare per quanto riguarda
la ricerca e il mantenimento della vicinanza fisica, la fiducia nella disponibilità continua del
partner, la richiesta di conforto rivolta al partner, così come il disagio provato a causa di separazioni o minacce alla stabilità della relazione. Ipotizzano inoltre che i tre pattern di attaccamento infantile possano essere ritrovati anche nella analisi dei sentimenti, pensieri e comportamenti che gli adulti manifestano all’interno delle relazioni intime. Infine suppongono che,
nell’attaccamento adulto, le differenze individuali siano legate alle differenti modalità con
cui i soggetti si rappresentano le relazioni di attaccamento stabilite con i genitori nell’infanzia. Per verificare queste ipotesi hanno costruito un questionario di auto valutazione traducendo i tre pattern di attaccamento infantile nei termini appropriati a descrivere l’attaccamento di coppia tra adulti. Agli intervistati veniva chiesto di leggere le tre descrizioni traducendo degli stili di attaccamento e di scegliere quella che meglio riproduceva i sentimenti che
provavano nelle loro relazioni di coppia. La descrizione dello stile sicuro è caratterizzata
dalla fiducia negli altri e dalla capacità di entrare in confidenza; quella dello stile ambivalente
dal desiderio di fondersi col partner, associato alla paura di non essere sufficientemente amato,
mentre la descrizione dello stile evitante è caratterizzata dalla riluttanza ad aver fiducia nel
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Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 270
partner e a mantenere un distacco emotivo.
George, Kaplan e Main (1987), sulla base delle tre configurazioni fondamentali di
attaccamento riscontrabili nella Strange Situation di Ainsworth e sulla base della nozione di
Bowlby secondo cui le persone con un attaccamento sicuro integrano informazioni provenienti
dalla memoria semantica e da quella episodica, hanno ipotizzato la possibilità di differenziare i
soggetti adulti. Per la verifica di questa ipotesi hanno sviluppato una modalità di intervista, la
Adult Attachment Interview. Per mezzo di questo strumento sono riusciti a definire tre modelli rappresentativi interni del sé e delle figure di attaccamento in età adulta e conseguentemente proporre una classificazione degli adulti in quattro categorie:
(a) Adulti Sicuri: sono soggetti che forniscono valutazioni coerenti nella narrazione delle loro
esperienze, anche se possono aver avuto un’infanzia difficile o segnata da eventi traumatici. Dimostrano di aver libero accesso ai ricordi dell’infanzia, non hanno pregiudizi e non operano una selezione di quello che viene riferito. Presentano consapevolezza del passato, raccontano facilmente anche le cose imperfette, nei loro racconti non vi è negazione degli eventi spiacevoli.
(b) Adulti Distanzianti: sono soggetti che tendono a fornire descrizioni generalizzate dei
propri genitori come “eccellenti” o “molto affettuosi” salvo poi non riuscire a supportare
tali definizioni con ricordi specifici o contraddicendosi; se è presente il ricordo di un’esperienza difficile, a questa viene attribuito scarso o nessun peso nella vita del soggetto.
Hanno uno stile narrativo economico e scarno, forniscono immagini incoerenti dei propri
genitori e delle loro esperienze infantili e dai loro racconti è difficile individuare le emozioni
sottostanti. Sono dunque persone dotate di scarsa “coerenza mentale”. Fanno esplicite affermazioni relative alla propria forza e autonomia.
(c) Adulti Preoccupati: sono soggetti ancora catturati dai ricordi delle esperienze precoci con
i propri genitori che descrivono estensivamente benché con modalità incoerente, confusa e confusiva. Dai loro racconti del passato emerge l’esigenza di un’inversione di ruolo con i propri
genitori che non costituiscono pertanto una base sicura. Presentano una seria difficoltà a definire i propri sentimenti.
(d) Adulti Irrisolti: sono soggetti che non hanno risolto le esperienze traumatiche legate all’attaccamento, possono rivelarsi coerenti nei loro racconti, ma fanno affermazioni decisamente non plausibili a proposito delle cause e delle conseguenze di eventi traumatici, quali
la perdita di una figura di attaccamento.
Un ulteriore approfondimento delle rappresentazioni di attaccamento fu compiuto
da Bartholomew.
I prototipi degli stili di attaccamento per adulti di Bartholomew
Bartholomew (1990) mise in evidenza l’importanza di considerare l’effetto dell’immagine interna che ciascuno ha di sé e degli altri sulle rappresentazioni di attaccamento, in
linea con i suggerimenti di Bowlby (1973) rispetto al fatto che i modelli operativi interni differiscono proprio in termini di immagine di sé e degli altri. Nessuno studio fino a quel momento aveva ancora considerato le quattro categorie derivanti dalla combinazione logica dei
due livelli di immagine di sé (positiva e negativa) con i due livelli di immagine degli altri
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Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 271
(positiva e negativa). Bartholomew poté definire un nuovo quadro comprendente quattro modalità prototipiche di attaccamento derivanti dalla intersezione delle due dimensioni sottostanti:
positività/negatività del modello di sé e positività/negatività del modello degli altri (Figura 1).
MODELLO DI SE’
(Ansietà)
A
L
T
R
O
(Evitamento)
Negativo (Alto)
Positivo (Basso)
D
E
L
L’
Positivo (Basso)
Sicuro
Preoccupato
Negativo (Alto)
M
O
D
E
L
L
O
Evitante
Impaurito
Figura 1. Le modalità prototipiche di Bartholomew
II livello di positività di sé è associato al livello di indipendenza emotiva dagli altri, per cui
il modello di sé positivo può essere concettualizzato come senso interiorizzato del proprio valore
indipendentemente dalla validazione esterna contingente. La positività del modello altrui riflette le
aspettative di disponibilità e di capacità di sostegno da parte degli altri; un modello negativo
dell’altro porta ad evitare l’intimità e il sostegno. I quattro prototipi di stili di attaccamento che
Bartholomew (1991, 1993, 1997) ricava sono i seguenti: sicuro, preoccupato, distaccato/svalutante e timoroso.
(a) Prototipo Sicuro: indica la combinazione equilibrata dell’intimità e dell’autonomia. I soggetti
sicuri affrontano l’argomento delle relazioni con facilità in quanto in essi pare combinarsi la sensazione di essere amabili (immagine positiva di sé) con l’idea che le persone sono in genere ben disposte e sensibili.
(b) Prototipo Preoccupato: indica livelli di preoccupazione elevati per le relazioni. I soggetti preoccupati tendono ad essere estremamente bisognosi di sostegno e di attenzione; a livello comportamentale ed emotivo sono instabili e ipersensibili. Inoltre sono portati a svalutarsi e ad essere
eccessivamente dipendenti dall’approvazione altrui, tendendo ad idealizzare gli altri.
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(c) Prototipo Distaccato/Svalutante: indica la negazione del bisogno di intimità. I soggetti
evitanti di tipo distaccato/svalutante esprimono esageratamente indipendenza e invulnerabilità; hanno una visione negativa degli altri rispetto ad una percezione positiva di se stessi. Per
mantenere questa immagine positiva si distanziano emotivamente dagli altri e, con il tempo,
sono portati a vedersi come pienamente autonomi. Pertanto essi raggiungono l’autonomia e il
sentimento di autoimportanza a spese dell’intimità. “Sebbene questa categoria non sia stata
presa in considerazione dalle ricerche precedenti sull’attaccamento adulto, essa coincide parzialmente con lo stile evitante descritto da Hazan e Shaver (1987)” (Bartholomew e Horowitz,
1995, p. 233).
(d) Prototipo Timoroso: indica la paura dell’intimità. I soggetti timorosi hanno una visione
negativa sia di se stessi, sia degli altri; desiderano il contatto sociale e l’intimità, ma non si
fidano degli altri e ne temono il rifiuto, per cui evitano le situazioni sociali.
Ciascuna delle quattro modalità di attaccamento, identificate dal modello, è concettualizzata da Bartholomew come un prototipo a cui gli individui possono avvicinarsi in
vari gradi. In effetti, la maggior parte degli individui mostra elementi di più modalità di attaccamento, per cui è necessario prendere in considerazione i loro profili nelle quattro modalità per
poter valutare adeguatamente i sentimenti, le aspettative e i comportamenti nell’ambito dell’attaccamento. Inoltre, sebbene le quattro categorie siano basate sull’intersezione delle due dimensioni sottostanti, le procedure di valutazione avanzate da Bartholomew non misurano
direttamente le due dimensioni sottostanti: esse possono essere derivate dalle combinazioni
lineari delle valutazioni dei quattro prototipi (Griffin e Bartholomew, 1994).
Per la costruzione e verifica di questo modello, Bartholomew (1993) creò il Relationship Scale Questionnaire, strumento che si propone di valutare il tipo di stile di attaccamento nell’adulto. Comprende trenta item derivati dalle ricerche sull’attaccamento adulto di Hazan e Shaver (1987), dal Relationship Questionnaire (RQ) di Bartholomew e Horowitz (1991) e dalla Adult Attachment Scale di Collins e Read (1990).
Questo modello e il relativo questionario di Bartholomew furono il punto di partenza
per il lavoro realizzato da Salvo.
Costruzione del Questionario di Attaccamento per Adulti (Q.A.A.)
Al fine di studiare le relazioni di attaccamento fra adulti di cultura italiana, Salvo
(1996) si impegnò a modificare e adattare il Relationship Scale Questionnaire di Griffin e Bartholmew (1994), mantenendo come costrutto teorico di riferimento il modello dei prototipi degli
stili di attaccamento adulto di Bartholomew (1991, 1993) con i quattro prototipi di attaccamento adulto: Prototipo Sicuro, Prototipo Preoccupato, Prototipo Evitante e Prototipo Impaurito.
Il questionario originale di Griffin e Bartholomew (1994) è costituito da trenta item e
al soggetto viene chiesto di valutare, su una scala a cinque intervalli tipo Likert, quanto ciascun item corrisponda al suo modo di sentire. Dal primo studio di validazione della versione
originale canadese risulta che la consistenza interna delle scale va da α .41 a α .70: è la subscala Secure la più debole, con una consistenza interna di α .41 (Griffin e Batholomew, 1994).
Per la versione italiana non sembrava pertanto sufficiente una semplice traduzione
degli item, ma era necessaria una rielaborazione. Il numero degli item della prima versione
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del Q.A.A. fu portato a 84 al fine di procedere ad una selezione dei più consistenti, conservando la suddivisione nelle quattro subscale: Sicuri, Preoccupati, Distaccati/Svalutanti e Timorosi.
I nuovi item furono creati cercando di rispecchiare, per ogni subscala, le relative dimensioni sottostanti legate al modello di sé e dell’altro usato da Bartholomew (1990) per definire i prototipi degli stili di attaccamento adulto. Fu preso inoltre in considerazione uno studio di Bartholomew e Horowitz (1991) in cui erano state rilevate chiare correlazioni fra alcuni
problemi interpersonali e i prototipi di attaccamento insicuro.
La prima versione italiana del questionario fu somministrata a 196 soggetti provenienti
da Veneto e Lombardia, con età compresa fra i 16 e gli 80 anni (età media = 36.6 anni; DS =
13.04): 88 uomini (età media = 37.6 anni; DS = 14.03) e 108 donne (età media = 35.8 anni;
DS = 12.2). I risultati furono così sottoposti ad analisi fattoriale (rotazione ortogonale degli
assi Varimax) al fine di verificare l’emergenza dei quattro fattori previsti dal modello di Bartholomew. Da tale analisi si estrassero, anche sulla base dello scree test, quattro fattori che
spiegano complessivamente il 24.5 % della varianza totale.
I quattro fattori descrivono una struttura congruente con il modello dei prototipi degli
stili di attaccamento adulto di Bartholomew: il primo fattore spiega l’11.3 % di varianza ed
esprime una “preoccupazione per le relazioni” (Preoccupati); è caratterizzato da un senso di
svalutazione del sé, da estrema dipendenza dall’approvazione dell’altro e dal desiderio di
iper-coinvolgimento affettivo. Il secondo fattore spiega il 5.1% di varianza ed esprime il
“timore dell’intimità e evitamento sociale”: ben rappresenta il prototipo di attaccamento
Impaurito/Timoroso. Il terzo fattore spiega il 4.3% di varianza ed esprime la “possibilità di
vivere positivamente la dipendenza e l’intimità”: rappresenta il prototipo di attaccamento Sicuro. Il quarto fattore spiega il 3.7% di varianza ed illustra, a livello qualitativo, la “negazione del bisogno di intimità” (Evitanti). É interessante notare come, nel secondo fattore,
convergano alcuni item della scala Evitante che esprimono diffidenza verso gli altri ed evitamento sociale. A questo proposito, è importante notare che Bartholomew (1990) identifica i
prototipi Impaurito ed Evitante come rappresentativi entrambi di una modalità di evitamento
dell’intimità, sebbene caratterizzati da due diversi modelli di sé e da una diversa consapevolezza del bisogno degli altri.
Successivamente Salvo ha proceduto all’item analysis, tramite l’applicazione del Rating Scale Model (Andrich, 1978; metodica che permette di stimare i parametri per gli item
indipendentemente dalle caratteristiche della distribuzione dei soggetti), cercando di ottenere
un numero di item omogenei e sufficienti per ciascuna delle quattro subscale, eliminando progressivamente ad ogni analisi l’item con probabilità associata inferiore a .05. Sono state ottenute così tre scale (sicuri, preoccupati, distaccati) costituite ciascuna da 14 item (Tabelle 1, 2,
3) ed una scala (impauriti) costituita da 13 item (Tabella 4).
Il questionario nella sua forma finale sarà comunque costituito da quattro scale di 14
item, una per prototipo di stile di attaccamento adulto, per un totale di 56 item (Allegato A).
Sono stati calcolati gli α di Cronbach (1951) per ogni scala al fine di poter confrontare
i risultati con quelli di Bartholomew. In questo modo si è osservato che il modello rating è
congruente con i dati relativi a tre scale (p > .05). In particolare, l’attendibilità è risultata significativa rispetto ad entrambe le analisi per la subscala Preoccupati (p = .54, α = .74), per la
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Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 274
Tabella 1. Scala Sicuri: item risultati omogenei secondo la teoria dei tratti latenti.
N. item
p
δi
χ2
03
45
49
29
37
09
17
25
21
33
41
05
01
53
-.198
.086
-.163
-.294
.292
-.068
.155
.283
.160
-.411
.337
.106
-.598
.312
.521
.532
.713
.845
1.094
1.117
1.133
1.481
1.741
2.767
3.246
3.599
4.240
4.337
.764
.760
.692
.646
.567
.561
.556
.463
.403
.231
.176
.143
.097
.091
Tabella 3. Scala Evitanti: item risultati
omogenei secondo la teoria dei tratti
latenti.
N. item
p
δi
χ2
55
35
07
27
43
51
39
15
47
11
31
23
03
19
-.199
-.166
-.105
-.055
-.173
.186
.421
-.511
-.021
.364
-.265
.710
-.175
-.010
.225
.284
.332
.546
.692
1.023
1.226
1.258
1.609
1.714
2.641
2.664
2.798
4.247
.891
.880
.843
.755
.700
.589
.529
.521
.433
.409
.247
.244
.227
.096
Tabella 2. Scala Preoccupati: item risultati omogenei secondo la teoria dei tratti latenti.
N. item
02
13
54
10
30
06
22
42
46
38
18
26
50
34
δi
-.421
.289
.465
-.461
.120
-.299
.297
-.219
.030
.138
.327
-.097
-.151
-.081
χ2
.189
.357
.606
1.107
1.304
1.435
1.547
1.692
1.787
1.884
2.313
2.383
3.780
4.197
p
.907
.832
.732
.591
.508
.474
.447
.414
.393
.373
.296
.285
.128
.099
Tabella 4. Scala Impauriti: item risultati
omogenei secondo la teoria dei tratti latenti.
N. item
p
δi
χ2
04
32
16
12
40
36
48
28
44
56
52
24
20
.230
-.400
-.041
-.254
-.325
-.247
-.328
.202
-.002
.440
.662
-.087
.151
.087
.295
.438
.463
.595
1.111
1.120
1.995
2.560
3.189
3.546
3.975
4.855
.956
.859
.798
.788
.736
.562
.560
.352
.259
.182
.148
.114
.064
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Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 275
subscala Evitanti (p = .73, α = .65) e per la subscala Impauriti (p = .74, α = .71). Nel caso
della subscala Sicuri invece la consistenza è risultata soddisfacente solo rispetto al modello a
tratti latenti (p = .39) mentre è risultata piuttosto bassa rispetto al coefficiente di Cronbach (α
= .51).
La valutazione dell’effetto di alcune variabili indipendenti (sesso, età, titolo di studio
e tipo di relazione coinvolgente) sulle risposte alle quattro subscale del Q.A.A., per mezzo
dell’analisi della varianza, ha evidenziato che solo per la variabile età (suddivisa in tre gruppi:
16-40; 41-60; 61-80) è emersa una differenza significativa rispetto alla subscala Evitanti (F
= .01); in particolare il gruppo 41-60 anni è risultato più evitante del gruppo 16-40 anni.
L’applicazione del metodo split-half , ha permesso di stimare una prima forma di fedeltà dello strumento. Per costruire due forme parallele del questionario, ha cercato di inserire
in ognuna di esse un numero di item che avessero simili punteggi di probabilità rispetto al
modello di Rasch applicato alle scale; sono stati considerati inoltre i concetti simili a livello qualitativo. In tal modo si sono ottenute due forme parallele (allegato B), ognuna costituita da 28 item suddivisi in 7 item per ogni subscala. Le correlazioni tra le subscale delle due
forme sono risultate significative: subscala Sicuri, r = .24, p = .001; subscala Preoccupati, r
= .58, p = .001; subscala Distaccati, r = .57, p = .001; subscala Impauriti, r = .66, p = .001.
Terminata questa prima fase di costruzione dello strumento Q.A.A., Salvo (1998) ha
condotto due ricerche per studiare la validità concorrente/differenziante dello strumento con un
altro il cui costrutto fosse per certi versi congruente con il costrutto teorico del Q.A.A.
Contributi allo studio della validità concorrente del Q.A.A. con il Modello Selfhood
Il modello Selfhood
Il modello selfhood descrive i soggetti in base all’importanza che attribuiscono al proprio sé e agli altri significativi. Esso esprime il modo in cui qualità ed esperienze personali sono vissute come più o meno necessarie e/o importanti per la propria sopravvivenza e il proprio
benessere psicofisico (L’Abate, 2000). Si tratta di un processo cruciale per lo sviluppo e la formazione dell’identità personale (Cusinato, 1990, 1997a, 1997b). Tale senso di importanza è
soggetto a scambi continui lungo tutta la durata della vita, inizialmente trasmessa verbalmente
e/o non verbalmente dalla propria famiglia d’origine e, successivamente, nella famiglia procreativa e nelle relazioni interpersonali rilevanti. Quando tale attribuzione è positiva nei confronti
sia di sé, sia degli altri intimi, permette di raggiungere l’intimità, vale a dire emotivamente disponibili a sé e agli altri specialmente nel momento del bisogno, quando c’è più sofferenza o
paura di essere feriti in noi stessi o in coloro che si amano.
Gli individui possono quindi riconoscere o negare l’importanza delle proprie qualità
(sé) e delle proprie esperienze interpersonali (altri) per il proprio benessere esistenziale. A seconda di tali attribuzioni di importanza, si possono individuare quattro propensioni o inclinazioni della personalità (L’Abate, 2000): una pienamente funzionante, due semifunzionanti, una
disfunzionante.
La posizione self-ful rappresenta la persona pienamente funzionante. Il sé è visto come
un tutto interno, che non ha bisogno di risorse esterne per essere. Le proprie imperfezioni non
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Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 276
sono considerate come riducenti il valore dell’intero sé, ma come aspetto necessario di ogni
essere umano, che in quanto tale, è imperfetto. La perfezione del sé non è esagita per sentirsi
bene. L’altro, al pari del sé, è visto importante e ne è accettata l’imperfezione. Quando l’attribuzione di importanza è reciproca e positiva, gli scambi interpersonali sono intimi (condivisione di dolori e timori di essere feriti) con comportamenti di autentica mutualità. Il raggiungimento di questa posizione coincide con la crescita, la competenza, la soddisfazione e la piena
riuscita in quanto persona, coniuge, genitore e, secondo un modello formale, dovrebbe interessare al massimo il 25% degli adulti (L’Abate, 1995).
La posizione self-less rappresenta la persona auto svalutante, ossia il rifiuto dell’importanza di sé con la concomitante attribuzione di importanza dell’altro. La rassicurazione dell’importanza è ottenuta da elementi esterni a sé, quali beni materiali, cibo od altre sostanze. La
mancanza di auto definizione e il bisogno di essere completi e perfetti, spinge l’individuo a
prendere a prestito l’identità di un’altra persona, che è vista come un dio, un santo o comunque
un essere superiore per stato e importanza. Sebbene una parte di questa identificazione venga
presa a prestito o ne faccia le veci, l’altra parte del sé si considera vittima soprattutto se la parte
esterna è vista come il salvatore dall’imperfezione, dal vuoto e dall’incompletezza. Questi soggetti possono quindi produrre entrambe le polarità, presentandosi sel-fless e selfish allo stesso
tempo. La principale caratteristica della posizione self-less sta nell’incapacità di porre dei limiti per proteggere se stessi, per affermare se stessi, per limitare gli altri significativi. Diventano
così dipendenti dai loro genitori, dai loro figli e/o dai loro amici. L’incapacità di tracciare linee
di confine deriva da un senso di altruismo inteso come vuoto, e dall’incapacità di riempire validamente questo vuoto provato dentro (L’Abate, 2000).
La posizione selfish rappresenta la persona auto centrata, con attribuzione dell’importanza al sé, con concomitante negazione dell’importanza dell’altro. L’attribuzione di importanza ottenuta con auto indulgenza, auto gratificazione o auto esaltazione, avviene a spese di qualcun altro, normalmente chi si ama, ed è raggiunta mediante mezzi e fonti esterne. Questi soggetti possono auto gratificarsi con comportamenti socialmente accettati (esempio, superimpegno sul lavoro o nell’esercizio fisico) o comportamenti non legittimi che portano a condizioni
di dipendenza (alcol, droga, sesso, cibo, fumo, compere). Gli individui selfish sono essenzialmente impulsivi e dipendenti (L’Abate, 2000).
La posizione no-self è disfunzionale ed è alla radice della maggior parte delle psicopatologie. Il comportamento delle persone no-self è caratterizzato da un lato da abuso fisico, verbale e sessuale, e dall’altro da apatia e abbandono. Entrambi coesistono in modo contraddittorio. Questi individui tendono a stabilire relazioni importanti (matrimonio, convivenza, amicizie) con persone che compensano lo stesso livello di abuso e apatia; quindi l’individuo apatico
ed eccessivamente dipendente ricercherà chi compie abusi (L’Abate, 2000).
Le inclinazioni self-fulness, selfishness, self-lessness e no-self definiscono i confini di
un campo che include la competenza relazionale come contigua e continua con le manifestazioni del suo livello di funzionamento. In linea generale è osservabile un livello di massimo
funzionamento della competenza relazionale in corrispondenza alla posizione self-ful e un livello di funzionamento minimo in corrispondenza della posizione no-self (L’Abate, 2000).
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Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 277
Corrispondenze tra il modello dei prototipi di attaccamento adulto e il modello selfhood
Se L’Abate ritiene che alla base della personalità lo spazio, inteso come regolazione
della distanza psicologica, giochi un ruolo fondamentale, proprio come avviene nella formazione degli attaccamenti fra genitori e figli, è facile comprendere l’affinità tra il modello selfhood e il modello di attaccamento adulto a quattro categorie di Bartholomew. Quest’ultima parla infatti di modello di sé e modello dell’altro occupandosi di rappresentazioni mentali fondamentali per la costituzione del senso di sé mentre L’Abate parla di importanza di sé
ed importanza dell’altro, focalizzandosi sull’effetto che tali rappresentazioni hanno sullo
stile relazionale che ciascun individuo adulto adotta all’interno della propria sfera di relazioni
intime. É infatti possibile individuare una certa corrispondenza fra le posizioni teorizzate da
L’Abate (Selful, Selfless, Selfish, No-Self) e la quattro categorie di attaccamento delineate da
Bartholomew (Sicuro, Preoccupato, Evitante, Impaurito). Più precisamente:
(a) il soggetto sicuro è capace di avvicinarsi emotivamente agli altri (intimità) e presenta
una dipendenza di tipo adulto, ossia un’autonomia affettiva, poiché non teme di essere rifiutato o non accettato e può permettersi di contare sugli altri; questo pattern di attaccamento
sembra corrispondere alla posizione self-ful.
(b) II soggetto preoccupato ha bisogno di essere completamente vicino agli altri e vive nel timore di essere rifiutato e non accettato; il suo bisogno di estremo coinvolgimento emotivo con
l’altro è determinato da un senso di sé fragile e precario e determina una necessaria idealizzazione dell’altro proprio come sembra avvenire nella posizione self-less.
(e) II soggetto evitante nega il proprio bisogno di intimità ed esprime esagerata indipendenza
ed invulnerabilità. Al fine di mantenere questo funzionamento svalorizza l’altro per riuscire
ad avere un’immagine di sé positiva; questo pattern di attaccamento può essere messo in
relazione alla posizione selfish.
(d) II soggetto impaurito, infine, teme l’intimità fino al punto di evitarla e non riesce a fidarsi
né di sé né degli altri; questa contemporanea svalorizzazione di sé e dell’altro ricorda quindi la posizione no-self.
I due modelli sembrano dunque basati su dimensioni affini e laddove Bartholomew si
muove chiaramente nella prospettiva di Bowlby, che considera il sistema relazionale per spiegare il funzionamento del comportamento d’attaccamento, come “un meccanismo interno
al bambino come individuo” (Ugazio, 1991, p. 21), L’Abate propone un modello più attento
agli esiti comportamentali di queste interiorizzazioni, intesi come scelta del partner, stili
relazionali e familiari.
A partire dalle riflessioni teoriche sopra citate si è scelto di indagare la similarità
dei due modelli attraverso l’accostamento dei due questionari nati dall’operazionalizzazione degli stessi. Nello specifico sono stati condotti due studi, identici per intenti, che prevedono nel primo (Studio A), l’utilizzo del Questionario di Attaccamento per Adulti in forma
ridotta (Forma A) assieme al Test di Relazione Diadica (Forma 4, per coniugi con figli in
età scolare) di Cusinato (1990), nel secondo (Studio B) l’utilizzo del Questionario di Attaccamento per Adulti (versione integrale) assieme al Test di Relazione Diadica (Forma 1, per
partner prossimi al matrimonio) di Cusinato (1997).
Le ipotesi di ricerca di ciascun studio prevedono delle correlazioni significative tra le
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Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 278
subscale del Questionario di Attaccamento per Adulti e le scale dei Test di Relazione Diadica. In particolare, ci si aspetta che le subscale Sicuri, Preoccupati, Evitanti ed Impauriti del Questionario siano correlate rispettivamente alle scale Self-ful, Self-less, Selfish e NoSelf del TRD. Inoltre è ipotizzabile che la subscala Sicuri correli in modo negativo principalmente con la scala No-Self e secondariamente, sempre in modo negativo, con le scale Selfish e Self-less. Analogamente, si ipotizza una correlazione negativa della subscala Self-ful
principalmente con la subscala Impauriti e secondariamente con quelle Evitanti e Preoccupati.
Si attende anche che la subscala Preoccupati correli positivamente con la subscala No-Self e
che, per analogia, la subscala Self-less correli positivamente con la subscala Impauriti. Infine si ipotizza una correlazione positiva anche tra le subscale Evitanti e No-Self e analogamente, tra le subscale Selfish ed Impauriti.
STUDIO A: Stili di Attaccamento e Stili Relazionali in Coppie con figli in Età Scolare
La ricerca (Salvo, 1998) è condotta su un campione di 100 coppie di genitori (N = 200),
residenti nella città di Molfetta (BA) con almeno un figlio in età scolare, ossia di età compresa
tra i 6 e 10 anni. Il campione ha un’età compresa tra i 29 e i 49 anni (età media = 38.29; DS =
4.0).
Ad ogni soggetto del campione sono somministrati il Questionario di Attaccamento
forma ridotta – forma A (allegato B) e il Test di Relazione Diadica, forma 4. L’analisi dei
dati raccolti evidenziato le correlazioni tra le subscale dei due strumenti, riportate nella
Tabella 5.
Tabella 5. Studio A: correlazioni tra le subscale del Q.A.A e le
subscale del T.R.D.
Sicuri
Preoccupati Evitanti Impauriti
Self-ful
Self-less
.12*
.10A
Selfish
-.19**
.15*
.27**
.18**
No-Self
-.23***
.27***
.25***
.30***
A
Legenda: p < .07; * = p <.05; ** = p <.01; *** = p <.001
Come si può osservare, le ipotesi relative alle possibili correlazioni tra le subscale del
Q.A.A. e quelle del T.R.D. sono state per lo più confermate, anche se non vengono riscontrate
tutte le correlazioni aspettate. Infatti, solo le subscale Evitanti e Impauriti correlano positivamente
con le rispettive subscale del T.R.D. Selfish e No-Self (r = .27, p < .001; r = .30, p < .001). Ciò significa che le persone con un modello positivo di sé e negativo dell’altro tendono ad avere uno stile interpersonale di tipo reattivo per cui possono auto gratificarsi attraverso mezzi esterni e
comportamenti socialmente accettati, come un superimpegno nel lavoro o l’esercizio fisico
(L’Abate, 1995). Invece le persone con un modello di sé e dell’altro negativo sono deficitarie
nell’attribuzione di importanza alle relazioni interpersonali.
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Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 279
Si può rilevare una correlazione significativa e negativa tra le subscale Sicuri e No-Self
(r = -.23, p < .001), e tra le subscale Sicuri e Selfish (r = -.19, p < .01). Le persone con un
modello di sé e dell’altro positivo non sono deficitarie nell’attribuzione di importanza
(No-Self) e non hanno bisogno di ricercare la propria sicurezza in fonti esterne (Selfish). Esse
costruiscono le interazioni con gli altri sulla base della reciprocità.
Si può rilevare ancora una correlazione positiva tra le subscale Preoccupati e NoSelf (r = .27, p < .001), ma non tra le subscale Self-less e Impauriti, per le quali c’è solo una
tendenza che si avvicina alla significatività (r = .10). Ciò indica che le persone con un modello negativo di sé e positivo dell’altro possono avere uno stile interpersonale caratterizzato da
forme simbiotiche di dipendenza dall’altro. Le persone self-less non sono capaci di affermare
se stesse e di stabilire un senso interno dell’importanza di sé; la tendenza alla correlazione indica che il loro stile di attaccamento può essere impaurito, il che implicherebbe un modello dell’altro negativo.
Correlano positivamente le subscale Evitanti e No-Self (r = .25, p < .001) e le subscale
Selfish ed Impauriti (r = .18, p < .01). Questi risultati dicono che le persone con un modello positivo di sé e negativo dell’altro possono comunque avere difficoltà nell’attribuzione di valore a sé
stessi; alla fin fine il loro alto modello di sé potrebbe anche essere una strategia per colmare un
vuoto celato, ma pur sempre presente, nella definizione di sé e dell’altro.
Emergono, infine, due correlazioni particolarmente interessanti che disattendono le
aspettative: la subscala Preoccupati correla positivamente con la subscala Selfish (r = .15, p
< .05) e la subscala Evitanti correla positivamente con quella Self-less (r = .12, p < .05). La
prima correlazione può significare che le persone con un modello negativo di sé e positivo
dell’altro tendono ad attribuire importanza a se stessi e a negarla all’altro nel comportamento,
fino ad arrivare al risultato interpersonale “io vinco, tu perdi”. Bartholomew (1991) giunse ad
un risultato analogo a proposito dei problemi interpersonali legati a specifici pattern di attaccamento: i soggetti con stile di attaccamento preoccupato erano iper-espressivi e particolarmente dominanti nelle relazioni, mentre ci si aspettava che fossero passivi. Queste persone,
bisognose di essere rassicurate dal partner, tendono ad avere uno stile interpersonale dominante per mezzo del quale cercherebbero di ottenere conferma esterne del proprio valore.
La seconda correlazione indica che le persone con un modello positivo di sé e negativo
dell’altro possono stabilire rapporti interpersonali di dipendenza e sottomissione. Questo risultato può essere spiegato in due modi: a) le rappresentazioni delle persone evitanti circa l’attaccamento sono sostanzialmente una strategia, per difendersi dal timore del rifiuto e dell’abbandono, per cui se a livello di modelli mentali sembrano invulnerabili, di fatto a livello comportamentale sono incapaci di imporsi, b) a causa del modello negativo dell’altro, queste persone rifiutano il confronto con il partner, il quale non viene considerato sufficientemente
importante e degno di attenzione. Il risultato finale sarà solo apparentemente di sottomissione alle iniziative dell’altro.
Relativamente alle correlazioni tra le subscale del Questionario di Attaccamento fra
Adulti, i risultati sono riportati nella Tabella 6.
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Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 280
Tabella 6. Studio A: correlazioni tra le subscale del Q.A.A.
Sicuri
Sicuri
Preoccupati
Evitanti
Impauriti
1.00
-.34***
-.42***
-.54***
Preoccupati
1.00
Evitanti
.52***
1.00
Impauriti
.43***
1.00
Legenda: *** = p <001
L’ipotesi di correlazione negativa tra le subscale opposte del questionario viene
confermata solo in parte. Essa, infatti, emerge solo tra le subscale Sicuri ed Impauriti (r = .42, p < .001). Le due subscale sono quindi veramente opposte; mentre non si può dire lo
stesso per le subscale Preoccupati ed Evitanti, le quali, anzi, mostrano una tendenza lieve a
correlare positivamente (r = .14, p < .05).
Possiamo inoltre verificare una correlazione positiva tra le subscale adiacenti Preoccupati/Impauriti (r = .49, p < .001) ed Evitanti/Impauriti (r = .46, p < .00 1). Questi risultati
trovano la loro giustificazione nella esistenza delle due dimensioni sottostanti il modello di
Bartholomew; prototipi adiacenti sono infatti sottesi da una dimensione comune. Sebbene questo potrebbe essere applicabile, in linea di principio, anche ai prototipi Sicuro e Preoccupato, si
osserva tra le due subscale una correlazione negativa (r = -.47, p < .001): ciò fa supporre che
laddove esiste un senso di sé svalutato e fragile, pur esistendo un modello dell’altro positivo,
non vi può essere comunanza con un prototipo di persona capace di vivere serenamente le relazioni intime, senza la preoccupazione di essere ferito o svalutato.
Anche dall’analisi della varianza condotte sui punteggi delle quattro subscale del
Q.A.A. in rapporto alle variabili indipendenti sono emerse informazioni interessanti. Relativamente alla variabile “sesso” si evidenzia come, rispetto alle subscale del Q.A.A, le donne hanno in media punteggi significativamente maggiori nelle subscale Preoccupati (M = 16.41; DS
= 5.0, F = .003) ed Impauriti (M = 15.39; DS = 4.3, F = .04); gli uomini, invece, hanno
ottenuto punteggi significativamente maggiori nella subscala Evitanti. (M = 18.98; DS = 4.9, F
= .002).
Rispetto alla variabile “età”, nel campione si individuarono quattro fasce di età: primo
gruppo 29-34; secondo gruppo 35-39; terzo gruppo 40-44; quarto gruppo 45-49. Inoltre, per
tutte le fasce di età si sono tenuti distinti gli uomini dalle donne. Relativamente all’effetto di
questa variabile sulle subscale del Q.A.A emerge che gli uomini di età compresa tra i 40-49
anni, rispetto agli uomini del secondo gruppo (35-39), sono più preoccupati; quelli di età
compresa tra i 45-49 anni sono più evitanti degli uomini degli altri gruppi. Le donne di età
compresa tra i 35-39 anni sono più preoccupate delle donne del gruppo 29-34 anni.
Relativamente alla variabile “scolarità”, i livelli di istruzione definiti sono cinque.
Per quanto riguarda il Q.A.A, non emergono differenze significative fra i gruppi.
Si è voluto inoltre analizzare se il campione maschile si differenziasse da quello femminile rispetto alle dimensioni sottostanti il modello di Bartholomew che sono il Modello di
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Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 281
Sé e il Modello dell’Altro. Esse vengono misurate attraverso la somma lineare dei punteggi
ottenuti nelle quattro subscale (Griffin e Bartholomew, 1994). Da questa analisi emerge
che gli uomini ottengono in media punteggi significativamente maggiori delle donne nel
Modello di Sé mentre le donne ottengono punteggi significativamente maggiori rispetto al
loro Modello dell’Altro.
STUDIO B: Stili di Attaccamento e Stili Relazionali in Coppie di Fidanzati Prossimi al Matrimonio
Questo secondo studio (Salvo, 1998), nell’ambito della ricerca di validità concorrente/
differenziante del Q.A.A., ha lo scopo di verificare l’esistenza di congrue correlazioni fra il
Questionario di Attaccamento fra Adulti versione integrale e il Test di Relazione Diadica
(Forma 1, per partner prossimi al matrimonio) di Cusinato (1997), su un campione di coppie
in procinto di sposarsi.
I due strumenti furono somministrati nel 1998 a 60 coppie di fidanzati (N = 120)
che intendevano sposarsi nell’arco dei due anni, residenti nelle province di Padova, Treviso,
Mantova e Varese. L’età dei soggetti è compresa tra i 21 e i 39 anni (età media = 28.65; DS
= 3.11) con una media di 5.11 anni di fidanzamento (DS = 3.31).
Le correlazioni tra le subscale del Q.A.A. e T.R.D. sono riportate nella Tabella 3. É verificato il legame tra prototipo di attaccamento Sicuro e stile relazionale funzionale (posi-zione
Self-ful) così come sono stati verificati i legami tra prototipi di attaccamento insicuri e modalità relazionali disfunzionali (Preoccupato/Self-less, r = .26, p < .01; Evitante/Selfìsh, r = .47,
p < .001; Impaurito/No-Self, r = .39, p < .001). Inoltre sono presenti delle correlazioni negative, anche se non tutte significative, in accordo con le nostre previsioni. La subscala Selfish,
No-Self e Self-less correlano in modo negativo con la subscala Sicuri, mentre la subscala
Self-ful correla negativamente con la subscala Evitanti, Impauriti e Preoccupati.
Le correlazioni fra le subscale del Q.A.A. (Tabella 7) conferma nuovamente l’opposizione fra il prototipo sicuro e quelli insicuri nonché la correlazione positiva fra prototipi
che hanno almeno una dimensione sottostante in comune (Preoccupato/Impaurito ed
Evitante/Impaurito). La correlazione positiva fra Evitanti e Preoccupati si è confermata (r
= .08) sebbene in questo caso non sia assolutamente significativa. Questi risultati confermano
Tabella 7. Studio B: correlazioni tra le subscale del Q.A.A.e le subscale del T.R.D
Sicuri
Self-ful
Preoccupati
.23**
Self-less
Selfish
Evitanti
Impauriti
.-.20*
-.18*
.26**
-.18*
No-Self
.47***
.18*
.21**
Legenda: * = p < .05 ; ** = p< .01; *** = p< .001
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ulteriormente l’aderenza dello strumento al modello da cui deriva.
Tabella 8. Studio B: correlazioni tra le subscale del Q.A.A.
Sicuri
Sicuri
Preoccupati
Evitanti
Impauriti
1.00
-.34***
-.42***
-.54***
Preoccupati
1.00
Evitanti
.52***
1.00
Impauriti
.43***
1.00
Legenda: *** = p <001
In questa ricerca l’attendibilità delle quattro subscale del Q.A.A. è stata valutata nuovamente attraverso l’α di Cronbach, nonché l’effetto di ciascun item su tale indice: Scala
Sicuro, α = .51; Scala Preoccupati, α = .76; Scala Evitanti, α = .75; Scala Impauriti, α = .74
(Allegato C).
Anche in questa ricerca è stata valutata la capacità del Q.A.A. di differenziare i soggetti del campione rispetto le variabili indipendenti, attraverso l’analisi della varianza dei punteggi delle subscale. Rispetto alla variabile “sesso”, non emergono differenze significative sebbene gli uomini risultino più Preoccupati ed Evitanti delle donne.
Rispetto alla variabile “età” l’analisi è stata condotta separatamente per il sottocampione degli uomini e delle donne. Si può osservare che gli uomini, di fasce d’età diverse hanno
punteggi medi significativamente diversi nella subscala Preoccupati del Q.A.A.; gli uomini aventi un’età compresa tra i 21 e 27 anni, presentano mediamente punteggi statisticamente più bassi nella subscala Preoccupati rispetto agli uomini dai 28 ai 39 anni. Si rileva
inoltre una tendenza alla significatività (p = .07) per la scala Impauriti; i soggetti aventi un’età compresa tra i 21 e 27 anni sono meno impauriti dei soggetti aventi un’età compresa tra i
28 e 39 anni. Partendo da questi dati si potrebbe ipotizzare che con l’avanzare dell’età le rappresentazioni mentali degli uomini cambino, assumendo connotazioni che si discostano sempre di più da uno stile d’attaccamento Sicuro.
Relativamente alla “scolarità” sembrerebbe che, in questo campione, il livello di istruzione non influenzi i modelli di attaccamento.
Discussione
É stato illustrato il percorso di creazione, verifica della attendibilità e validazione concorrente/discriminante del Questionario di Attaccamento tra gli Adulti. Dalle analisi fino qui
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effettuate sembra di poter affermare che lo strumento rifletta adeguatamente il modello a quattro categorie di Bartholomew da cui deriva, sebbene la percentuale di varianza assorbita
complessivamente dai quattro fattori emersi non sia molto alta.
Lo strumento possiede una buona consistenza interna, rilevata tanto attraverso il metodo
classico del testing psicologico quanto attraverso il metodo a tratti latenti. La subscala Sicuri
mostra la consistenza interna più bassa, rispetto al coefficiente di Cronbach (α = .38). Nell’osservare gli item che saturano il 3° fattore, rappresentativo di questa scala, si evidenzia come vi sia una carenza di item che descrivano la capacità dei soggetti Sicuri di essere autonomi, a livello affettivo, oltre che a proprio agio con l’intimità e la dipendenza. Item di questo
tipo non erano presenti neppure nella versione originale del questionario (Griffin e Bartholomew, 1994), sebbene questa dimensione sia prevista dal modello, e questo può parzialmente spiegare la bassa consistenza interna della subscala, rilevata anche nello studio canadese, rispetto al coefficiente di Cronbach. È ipotizzabile anche che questa subscala, più delle
altre, risenta delle caratteristiche di un campione particolarmente variegato per età, grado di
scolarità e stato civile quale risulta essere il nostro. Ciò spigherebbe, almeno in parte, perché
la consistenza interna di questa subscala risulta invece soddisfacente rispetto al Rating
Scale Model che non risente della variabilità delle risposte espresse dai soggetti e quindi delle
caratteristiche del campione e della popolazione.
La fedeltà dello strumento, risulta abbastanza soddisfacente dato che le correlazioni tra
le due forme parallele, di ciascuna scala, sono risultate significative, sebbene la percentuale
comune di varianza spiegata dalle forme parallele sia migliore per le tre scale di attaccamento
insicuro rispetto a quelle della scala Sicuri.
Prove di validità del Q.A.A. sono emerse anche dall’accostamento dello strumento al
Test di Relazione Diadica che ha permesso di confermare la similarità ipotizzata tra il modello di Attaccamento Adulto di Bartholomew e il modello Selfhood di L’Abate.
I due modelli hanno in comune l’assunto fondamentale secondo cui le relazioni
intime di dipendenza sono basate sulla regolazione dello spazio interpersonale, inteso quale
desiderio di avvicinarci o allontanarci dalle persone che amiamo. In una evoluzione normale
un attaccamento infantile di tipo sicuro porta a legami di interdipendenza tra le persone legate da relazioni significative, mentre un attaccamento insicuro ha alla base una “regolazione
dello distanza psicologica” inconsistente o contraddittoria. I risultati dello studio B appaiono
sicuramente più netti e confermatori rispetto a quelli più parziali dello studio A. Questo può
essere spiegato in parte dall’aver utilizzato, nel secondo studio, la forma integrale del Q.A.A
con subscale composte da 14 item anziché 7 della forma ridotta (studio A). In questo modo
anche le subscale Sicuri e Preoccupati hanno ottenuto correlazioni positive e significative
con le posizioni Self-ful e Self-less, come era stato ipotizzato. È importante ricordare però
che nel secondo studio è stata utilizzata anche una forma rivisitata del T.R.D. (Falcetti,
1997), creata in modo da eliminare i limiti psicometrici rilevati nelle versioni antecedenti dello
strumento. Una migliore consistenza interna al T.R.D. ed una maggiore omogeneità degli item delle varie subscale può aver contribuito a rendere lo strumento più fedele rispetto al
modello originale, favorendo quindi una correlazione più precisa e puntuale con le subscale
del Q.A.A.
La differenza fra i due studi può essere letta anche alla luce dei campioni presi in ana-
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lisi. Il fatto che lo studio A prenda in considerazione coppie sposate con figli in età scolare e
con un’età media di 38,3 anni rispetto ad un campione di fidanzati, con età media pari a 28,7
anni, può far ipotizzare che laddove i partner non condividono il ménage della vita matrimoniale, in cui si impara forzatamente a mediare e negoziare le proprie esigenze con quelle
dell’altro, vi può essere una corrispondenza più puntuale tra modelli mentali di attaccamento
e lo stile relazionale adottato (output comportamentale) proprio perché le coppie più giovani,
prese in esame, possono essere più impulsive e direttive. Le persone con un’esperienza decennale di vita matrimoniale possono aver imparato ad adottare stili relazionali che non sempre
coincidono con i propri modelli interni. Una persona tendenzialmente poco sicura di sé e
bisognosa di continue conferme (attaccamento Preoccupato), per esempio, può, all’interno
di un rapporto stabile, avere la possibilità di adottare uno stile relazionale funzionale (“io
vinco - tu vinci”) oppure, per converso, uno stile disfunzionale del tipo “io vinco - tu perdi”.
Questa spiegazione troverebbe conferma nelle analisi che indagano (studio B) l’effetto dell’età sui modelli interni di attaccamento e di importanza di sé. Gli uomini meno giovani sembrano avere mediamente modelli di attaccamento più insicuri rispetto ai più giovani e ciò
nonostante i primi adottino, a livello comportamentale, modalità più selful degli altri nel loro
rapporto di coppia.
I risultati ottenuti, relativi all’accostamento dei due modelli, vanno letti anche quale
conferma di una buona validità concorrente del Questionario di Attaccamento fra Adulti.
Inoltre, sempre nell’ambito degli approfondimenti psicometrici, lo studio B mette in luce
una attendibilità delle subscale di questo questionario che conferma i risultati ottenuti nella
ricerca di costruzione del questionario evidenziando una maggiore consistenza interna della
subscala sicuri (α = .51) anche rispetto alla prospettiva classica di misurazione.
Conclusioni
Dalle analisi condotte è possibile affermare che il Questionario di Attaccamento fra
Adulti possiede una buona consistenza interna, rilevata tanto attraverso il metodo classico del
testing psicologico quanto attraverso il metodo a tratti latenti. In particolare, l’aver ripetuto
le analisi classiche per indagare la consistenza interna delle subscale del QAA nei due studi,
A e B, permette di affermare che il testing classico risente pesantemente delle caratteristiche di distribuzione del campione, dato che quanto più omogeneo questo è — per età,
scolarità e tipo di relazione sentimentale vissuta dai soggetti — tanto migliore è risultato essere il coefficiente α di Cronbach della subscala Sicuri. Anche la fedeltà dello strumento
risulta sufficientemente soddisfacente. È stato possibile anche mettere a punto una modalità
di scoring che permette di delineare il profilo dei prototipi emergenti per ciascun soggetto,
grazie alla trasformazione dei punteggi grezzi, per ciascuna subscala in punti T normalizzati
sulla base delle norme statistiche estratte dal campione (N = 196).
Lo strumento necessita comunque di un’ulteriore messa a punto nella scala Attaccamento Sicuro, la cui consistenza è confermata dal metodo dei tratti latenti, ma non dall’α di
Cronbach. Inoltre sono ancora necessarie ulteriori valutazioni correlative con strumenti provenienti da teorie diverse che ne permettano l’incremento dell’affidabilità, come fatto da
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Lindaver (1998) che ha condotto uno studio mettendo a confronto il modello Selfhood di
L’Abate, il modello di attaccamento adulto di Bartholomew e il modello circonflesso di Olson, attraverso i rispettivi strumenti: il Profilo Sé-Altri, Il QAA (Questionario di Attaccamento fra Adulti) e il FACES-III (Family Adaptibility Cohesion Evaluation Scale).
Lo strumento si presta inoltre come strumento di ricerca, come dimostrato da Salvo,
Falcetti e Caldironi (1998) che hanno utilizzato il QAA nell’ambito dell’handicap visivo per
confrontare i profili di attaccamento dei genitori con la classificazione dell’attaccamento
dei figli.
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ALLEGATO A:
Questionario di Attaccamento fra Adulti
Salvo, Gennaio 1994
II questionario riguarda l’esigenza di relazione con le persone che ognuno può avere in gradi diversi. Per rispondere completa nella tua mente l’espressione: rispetto al contenuto di
questa frase...(ogni frase del questionario) mi sento così... (una delle cinque risposte):
RISPOSTE POSSIBILI
No (1) Quasi mai (2) Non so (3) Quasi sempre (4)
Si (5)
01. Mi sento affettivamente vicino agli altri.
02. Temo di non essere importante per gli altri quanto loro lo sono per me.
03. Voglio essere economicamente autonomo per poter essere affettivamente libero da legami.
04. L’esperienza mi dice che non posso fidarmi né di me né degli altri.
05. Ho paura di restare solo/a
06. Gli altri non si avvicinano a me quanto io vorrei.
07. Preferisco evitare le relazioni emotive strette.
08. Quando qualche sconosciuto mi si avvicina, penso subito che voglia farmi del male.
09. Non ho difficoltà ad avvicinarmi agli altri e ad entrare in confidenza.
10. Il mio desiderio di rapporti coinvolgenti allontana la gente da me.
11. Il giudizio degli altri mi lascia indifferente.
12. Affidarmi emotivamente agli altri mi crea un senso di panico.
13. Sono preso/a dalla preoccupazione che il partner non voglia più stare con me.
14. Ho paura che gli altri non mi accettino.
15. Il sentirmi emotivamente autonomo/a è per me un’esigenza fondamentale.
16. Non trovo persone su cui fare affidamento.
17. Quando mi guardo allo specchio mi piace abbastanza ciò che vedo.
18. Per superare la paura di essere abbandonato/a ho bisogno che gli altri mi confermino
continuamente il loro amore.
19. Valgo molto più delle persone che mi stanno accanto.
20. Se qualcuno si dimostra particolarmente interessato alla mia compagnia, mi innervosisco.
21. Vivo con serenità le relazioni in cui dipendo affettivamente dagli altri.
22. Ho la sensazione di valere meno degli altri.
23. Io dipendo solo da me stesso/a.
24. Quando mi trovo in situazioni imbarazzanti di solito mi difendo con la fuga.
25. Sento di aver bisogno degli altri come gli altri hanno bisogno di me.
26. Gli altri mantengono una certa distanza da me nonostante il mio bisogno di sentirli vicini.
27. Non voglio che gli altri si appoggino psicologicamente a me.
28. Mi sembra che gli altri non si interessino alla mia amicizia.
29. Mi sento soddisfatto/a quando posso prendermi cura di qualcuno.
30. Temo di non poter meritare l’aiuto degli altri.
31. Evito in ogni modo che gli altri dipendano da me.
32. Fidarmi completamente delle persone che mi circondano significa per me rischiare troppo.
33. Sono certo/a che ci sarà sempre qualcuno quando ne avrò bisogno.
34. Vorrei “fondermi” completamente con le persone che mi piacciono.
35. Mi sento a mio agio solo in relazioni poco coinvolgenti
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36. Avvicinandomi emotivamente agli altri ho paura di restare ferito/a.
37. Non mi disturba dipendere affettivamente da qualcuno.
38. Gli altri rispondono con diffidenza al mio bisogno di amicizia.
39. Credo che gli altri mi considerino una persona emotivamente distaccata.
40. Mi agito se devo conoscere qualche persona nuova.
41. Non mi sento svalutato/a se dipendo dalle persone che amo.
42. Pur di sentirmi amato/a rinuncerei alla mia personalità.
43. Ho l’impressione che le persone tendano ad appiccicarsi a me.
44. Gli altri non fanno nulla per farmi sentire a mio agio quando siamo insieme.
45. Credo di essere importante per le perone che mi stanno accanto.
46. Mi sento importante solo quando gli altri me lo dicono.
47. Gli altri contano poco per me.
48. Le relazioni coinvolgenti mi creano ansia.
49. Mi reputo una persona sicura e socievole.
50. Pur di sentirmi amato/a rinuncerei ad ogni mia esigenza.
51. Non voglio affidarmi a nessuno.
52. Non mi so accettare né mi piacciono gli altri.
53. L’essere ferito/a proprio dalle persone che amo non mi fa perdere fiducia in loro.
54. Senza gli altri io non valgo proprio niente.
55. Se gli altri sono freddi con me rimango indifferente.
56. Mi spavento se qualcuno vuole entrare in confidenza con me.
ALLEGATO B:
FORME PARALLELE
Scala Sicuri
(r = .24, p < .001)
Scala Preoccupati
(r. = .58; p < .001)
Forma A: Item Forma B: Item Forma A: Item
Forma B: Item
Scala Evitanti
( r = 57, p< .001)
Scala Impauriti
(r = .66, p < .001)
Forma A: Item Forma B: Item Forma A: Item Forma B: Item
01
29
02
30
03
31
04
32
05
33
06
34
07
35
08
36
09
37
10
38
11
39
12
40
14
41
14
42
15
43
16
44
18
45
18
46
19
47
20
48
22
49
22
50
23
51
24
52
26
53
26
54
27
55
28
56
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Allegato C:
Studio B: Affidabilità totale delle subscale del Q.A.A.
Sicuri
Item
Alpha
Preoccupati
Item
con item elim.
Alpha
Evitanti
Item
con item elim.
Alpha
Impauriti
Item
con item elim.
Alpha
con item elim.
1
.50
2
.73
3
.73
4
.73
5
.51
6
.74
7
.74
8
.73
9
14
.49
.46
10
13
.75
.74
11
15
.75
.74
12
16
.72
.72
17
.47
18
.73
19
.73
20
.74
21
.47
22
.74
23
.72
24
.74
25
.50
26
.74
27
.74
28
.71
29
.51
30
.74
31
.74
32
.72
33
.51
34
.76
35
.74
36
.72
37
.50
38
.75
39
.74
40
.73
41
.52
42
.74
43
.74
44
.73
45
.49
46
.73
47
.74
48
.71
49
.47
50
.74
51
.72
52
.71
53
.52
54
.74
55
.75
56
.72
α . .51
α .76
α .75
α .74
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Allegato D:
NORME STATISTICHE DEL Q.A.A.
N = 196, età compresa fra i 16 e gli 80 anni (età media = 36.6 anni; DS = 13.04): 88 uomini (età media =
37.6 anni; DS = 14.03) e 108 donne (età media = 35.8 anni; DS = 12.2).
Punto
grezzo
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
T-Scala
Sicuri
23
26
28
29
30
32
33
35
36
T- Scala
Preoccupati
35
36
38
39
40
41
42
43
44
46
47
48
49
50
51
53
54
55
56
57
58
59
61
62
63
64
T-Scala
Evitanti
T- Scala
Impauriti
Punto
grezzo
T-Scala
Sicuri
T- Scala
Preoccupati
T-Scala
Evitanti
T-Scala
Impauriti
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
38
39
41
42
44
45
47
48
50
51
53
54
56
57
59
60
61
63
64
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70
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61
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70
66
31
32
33
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37
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Università di Padova
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Strumenti di valutazione familiare
Volume 11, Numero 3, 2006, pag. 292