Anna Maria Ortese e Paola Masino

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Anna Maria Ortese e Paola Masino
Lucia Stanziano
Anna Maria Ortese e Paola Masino:
due scrittrici d’avanguardia
di Lucia Stanziano
A partire dagli anni Trenta assistiamo in Italia all’aumento della produzione
letteraria femminile e tra le scrittrici protagoniste del panorama culturale del Novecento incontriamo Anna Maria Ortese e Paola Masino.
Contemporanee, quasi coetanee, la prima nata nel 1914 a Roma e morta nella
cittadina ligure di Rapallo nel marzo del 1998, la seconda nata nel 1908 a Pisa e
morta a Roma nel 1989 sono entrambe legate a Massimo Bontempelli ed entrambe,
purtroppo, oggi quasi dimenticate e ad alcuni completamente sconosciute.
Il primo incontro di Anna Maria Ortese con Massimo Bontempelli risale al
1936 ed avviene per via epistolare; il Bontempelli diventa suo amico e sostenitore
dei suoi scritti e senza dubbio, proprio l’amicizia e l’appoggio di quest’uomo hanno indotto la critica ad inquadrarla nell’ambito del realismo magico.
Ricordiamo che la formula “realismo magico” è stata coniata da Bontempelli
ed è apparsa per la prima volta su «Novecento»; è questo uno stile che introduce il
lettore in un mondo in cui il fantastico gioca la sua parte accanto al reale ed a volte
prende il sopravvento su di esso, immergendo il racconto in atmosfere quasi surreali.
Importante, forse primo importante intervento critico sull’opera della Ortese
è espresso proprio dall’amico comasco a proposito della raccolta di novelle Angelici dolori:
Angelici dolori, prima, primissima prova di un’autrice che suppongo molto
giovane, ha tutti i caratteri del miracolo e supera con molta felicità parecchie
distinzioni: distinzione tra narrativa e lirica, perché le più semplici trame di
racconto portano da sé rapidamente o facilmente ai più effusi effetti lirici; distinzione tra abilità ed estro, ché in questa prosa sempre gli effetti che diresti
più abili sono ottenuti da uno stato di innocenza.1
La Masino, invece, conosce Massimo diversi anni prima, esattamente nel 1927,
quando egli è già scrittore affermato, sposato e di trent’anni più vecchio di lei. I due
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Massimo BONTEMPELLI, Angelici dolori, «Gazzetta del popolo», 22 aprile 1937.
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si innamorano, la loro relazione fa molto discutere ed il loro rapporto oltre ad essere di tipo amoroso è un vera e propria collaborazione professionale.
Bontempelli, infatti, le permette di inserirsi nell’ambiente letterario, accogliendo sulla rivista «Novecento» alcune sue prose lirico-metafisiche dal gusto
surreale e filosofeggiante.
La Masino diventa sua amante, lo scandalo esplode e la giovane donna è costretta a riparare a Parigi, preceduta dalla fama di questo loro amore.
Quando rientra in Italia, nel 1931, i due decidono di andare a vivere insieme
nella città di Venezia e nella loro casa tra gli ospiti c’è Anna Maria Ortese.
Già compagna di Bontempelli, Paola Masino, infatti, ha la possibilità di entrare in contatto con Anna Maria Ortese divenendo sua grande amica. Come testimonianza della loro amicizia esiste un carteggio iniziato nel 1937, dopo un invito
presso la loro abitazione. L’anno seguente, la Ortese si stabilisce a Venezia dall’amica Paola e, grazie al suo aiuto, inizia a lavorare per «Il Gazzettino».
È in questo modo che Paola Masino parla della Ortese in una lettera ai genitori:
Sono perfino contenta di avere qui la Ortese perché in quei rari momenti che la
vedo mi sorprende con le sue stranezze. Non fa che dormire, ha una paura morbosa di ogni rumore, la notte ci obbliga a stare alzati fino alle tre o alle quattro
perché se non ci sente muovere e non vede la luce attraverso la sua porta è presa
da un terrore così gagliardo che cade in una specie di catalessi: le poche ore che
rimangono libere dal sonno e dagli incubi le passa al bagno. Da otto giorni che è
qui non ha ancora detto che questo: che vuol trovarsi un impiego; e non siamo
riusciti che a trascinarla una volta fino in piazza S. Marco dove però si è rifiutata
di guardare il palazzo ducale perché dice che non la interessa.2
In realtà Anna Maria Ortese non è interessata all’arte ma alla vita come testimoniano i suoi scritti, tra questi il racconto Città inimmaginabile composto un
mese dopo la lettera della Masino e in cui la stessa Ortese scrive di fare molta fatica
ad addormentarsi la sera e di tremare ad ogni rumore.
Condividono una passione comune che è quella per la musica e l’ultima traccia di questo interesse della Ortese risale al luglio 1959 quando la Masino la intravede tra gli spettatori di un concerto a Spoleto. Anna Maria sa suonare il pianoforte, le
piacciono la musica classica e le canzoni popolari.
Il carteggio diminuisce negli anni della guerra, per farsi più sostenuto negli
anni Cinquanta e poi continuare, se pur con larghi intervalli, fino al 1975, che costituisce l’anno in cui è datata l’ultima lettera della Ortese. Da allora le due donne non
si sono mai più incontrate e la Ortese ricorda di essere stata lei la causa del loro
allontanamento e di aver in seguito tentato, invano, una pacificazione.
Il 1975 è anche l’anno della pubblicazione del Porto di Toledo, nonché l’anno in
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Lettera di Paola Masino ai genitori, 1937.
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cui la scrittrice insieme alla sorella maggiore Maria si trasferisce a Rapallo e vi resta fino
alla fine dei suoi giorni. Tra numerose difficoltà e problemi le due sorelle riescono finalmente ad acquistare una casa e questo grazie alla legge Bacchelli; il Consiglio dei Ministri approva, infatti, un disegno di legge che istituisce un vitalizio a carico dello Stato per
italiani illustri che si trovano a vivere in condizioni di particolare necessità
Come Anna Maria Ortese, anche Paola Masino è una donna fuori dal comune e forse si sono intese anche per questo. È di sei anni più grande ed ha la stessa
determinazione e la stessa voglia di indipendenza di Anna Maria.
Sono giovani, belle, indipendenti ed intelligenti; entrambe si allontanano dalla
propria terra d’origine, che per la Masino è Pisa, per la Ortese è Napoli, ma anche
Roma e Milano.
Esordiscono giovanissime: Paola Masino nel 1931 con i racconti Decadenza
della morte e il romanzo Monte Ignoso; Anna Maria Ortese nel 1933 con Manuele,
un trittico di poesie in ricordo del fratello marinaio morto nel largo della Martinica.
Entrambe, nelle loro opere, raccontano sia il bene che il male: la Masino guarda
alla tradizione del romanzo ottocentesco, condividendo con essa l’idea che la vocazione della letteratura sia di indagare il mistero del male; si riallaccia ai favolisti
latini, francesi e tedeschi che sono all’origine della sua idea di narrazione come configurazione di un destino; legge la Bibbia e i testi sacri occidentali e orientali da cui
deriva il senso dell’esistenza come caduta, mentre da Shakespeare e dagli elisabettiani
prende l’idea della vita come teatro.
L’idea del male nei testi di Anna Maria Ortese e la consapevolezza della sua
inevitabile presenza sulla terra, nella natura e nella storia, il male inteso come sofferenza, dolore e infelicità avvicina la nostra scrittrice al pensiero di Leopardi e Victor
Hugo, due autori molto amati ed apprezzati dalla Ortese. Costituiscono modelli
letterari e punti di riferimento importanti anche Elsa Morante, Sciascia e Pier Paolo
Pasolini tra gli italiani, Emily Dickinson, Katherine Mansfield e Virginia Woolf tra
le rappresentanti della letteratura straniera. Tra i grandi scrittori del passato anche
la Ortese, come la Masino, legge Shakespeare.
Dopo la pubblicazione di Monte Ignoso a Paola Masino sarà conferito il “Premio Viareggio”, lo stesso che diversi anni dopo, esattamente nel 1953, sarà dato
anche all’Ortese per il bellissimo testo intitolato Il mare non bagna Napoli: questo
per Anna Maria costituisce solo uno dei tanti riconoscimenti ricevuti nel corso della sua carriera letteraria.
La Masino, diversamente dalla Ortese, non ha una visione negativa dell’unione matrimoniale e a confermarlo è proprio il suo matrimonio con Massimo
Bontempelli; l’altra invece pur essendo legata per lungo tempo ad un uomo di
nome Marcello Venturi, ricordato in alcuni romanzi strettamente autobiografici,
come Poveri e semplici e Il cappello piumato, non si sposerà mai, ritenendo il
matrimonio come un qualcosa che comporta tagli alla propria vita, al proprio
tempo e alla propria immaginazione. Anche del sesso, secondo lei, si può fare a
meno nel momento in cui si decide di non riprodursi e allora la mente può essere
impiegata in altre attività.
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Anche il ricordo della famiglia d’origine, alla quale Anna Maria resta legata
fino alla fine, senza pensare alla possibilità di crearne una propria, riaffiora continuamente nelle pagine autobiografiche.
La prima impressione che la Ortese ha della Masino non è del tutto positiva,
infatti le sembra una donna elegante e scettica e le incute soggezione.
Il ricordo che Anna Maria conserva di Paola è quello di un’amica buona e generosa, che l’ha aiutata in circostanze difficili della sua vita e quando pensa a lei la scrittrice
pensa ad una persona della sua famiglia, definendola “qualcosa della mia vita”.
Ciò che secondo la Ortese resterà dei libri della Masino sono la stravaganza
del discorso, l’ardire e la malinconia di fondo, propria di chi vede quello che gli altri
non vedono e sfugge all’occhio comune.
In un’intervista a Luca Clerici la Ortese sostiene che “Paola sapeva che la vita
è sempre più in là, e in fondo, e da tutte le parti. Questa sensazione o emozione
formava il tumulo o il gelo o la dolcezza di tante sue pagine”.
Sia Anna Maria Ortese che Paola Masino collaborano a riviste e giornali,
vivono il dramma della modernità e avvertono la grande crisi di valori che sta trasformando il panorama culturale, politico e sociale, mandando in rovina la nostra
società.
Tra le riviste per le quali lavora la Masino ricordiamo «Novecento», «Il Gazzettino», «Il tempo» e «La Gazzetta del popolo»; anche Anna Maria collabora a «Il
tempo» e «Il Gazzettino», tra le altre riviste ci sono «L’Italia letteraria», «Domus»,
«Omnibus» ed altre ancora.
A volte, la Ortese, assume il ruolo di una cronista disillusa di un’amara sconfitta epocale, sente che il progresso e l’innovazione hanno distrutto l’equilibrio del
nostro Paese e si arrende a tale degrado; questo è ciò che percepiamo attraverso una
lettura attenta e scrupolosa del libro Il mare non bagna Napoli, pubblicato nel 1953.
Nel corso degli anni Trenta, due donne, che come la Ortese e la Masino,
viaggiano e vogliono scrivere per professione, sono figure davvero singolari all’interno di una società letteraria costituita da un universo esclusivamente maschile. La
letteratura è considerata un’attività poco adatta a una donna e per questo è molto
difficile riuscire ad affermarsi e farsi apprezzare dal pubblico e dalla critica. Pensiamo, a proposito di questo, che Anna Maria era derisa e presa in giro dai suoi stessi
familiari, le prime persone che avrebbero dovuto sostenerla ed incoraggiarla ed è
per questo che la scrittrice, dopo le prime pubblicazioni, ha chiesto di pubblicare
con il falso nome di “Franca Nicosi”.
Riportiamo una testimonianza della scrittrice che afferma:
Non avevo mestieri, non avevo denaro, né una famiglia che potesse servirmi da
appoggio materiale. Ho potuto fare una sola cosa: scrivere. Non è stato facile.
Per un uomo, essere scrittore, negli anni in cui ho iniziato io, era un modo di
vivere di tutto rispetto. Per una donna era diverso [...].3
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Silvia SERENI, Storia straordinaria di un best-seller, «Epoca», 27 luglio 1993, p. 93.
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Anna Maria è convinta che le difficoltà siano maggiori al Sud ed infatti scrive:
Al Sud le ragazze pensavano tre cose: amore, famiglia, - il proprio matrimonio abiti. E chi non viveva secondo i dettami del denaro e della convenienza era considerato ciò che si dice un “diverso”, doveva, per sopravvivere, imparare la soggezione e il silenzio. La conoscenza - o ciò che significava mettere i libri al primo
posto - era poi il colmo dell’ “estraneo”, dico per una donna.4
Paola Masino resta accanto a Bontempelli fino alla fine della sua vita e dopo
la morte del suo compagno, inizia per lei un periodo, oserei dire di “apatia”, verso
i suoi lettori e la sua arte. La vena creatrice si assottiglia sempre più, dimostra pochissimo interesse per il pubblico, si chiude in una ristretta cerchia di amici, le collaborazioni ai giornali diminuiscono e poi cessano completamente e il suo unico
obiettivo è dedicarsi alla cura delle opere di Massimo Bontempelli.
Questa sorta di “apatia” e indifferenza che la circondano, non deve indurci a
pensare che la Masino non scriva più nulla, al contrario, ella lavora tenacemente
anche se in privato, affidando i suoi pensieri e le sue idee a lettere familiari, molte
delle quali inviate alla madre, alla sorella e al nipote, e soprattutto a diari personali,
nei quali la sua scrittura surreale, astratta ed inquietante, si confronta con la presenza della morte.
Anche Anna Maria Ortese nel corso dei suoi ottantaquattro anni ha spesso
scritto lettere ad amici e parenti, e i suoi pensieri più segreti sono stati conservati
fino alla fine, chiusi in un cassetto, da suo fratello.
Anna Maria e Paola vivono in prima persona la drammatica esperienza del
conflitto mondiale; negli anni fra le due guerre la letteratura si svolge nell’atmosfera
soffocante e tiranneggiante del fascismo, gran parte degli scrittori sono scrittori
d’opposizione, ma naturalmente in un siffatto ambiente diventa ancor più difficile
per le donne fare della scrittura un mestiere e la Ortese e la Masino, consapevoli dei
limiti del ruolo femminile e della situazione della donna, ne sono un esempio.
Quando scoppia la prima guerra mondiale, il padre di Anna Maria, che è
ufficiale d’artiglieria, è costretto a partire per il fronte, lasciando a casa la moglie e
cinque figli e tornerà soltanto a guerra finita. Dopo aver vissuto per qualche tempo
a Tripoli, la famiglia si stabilisce a Napoli, nel 1928, in un appartamento situato
nella zona portuale della città, zona distrutta dai bombardamenti. L’appartamento,
anch’esso distrutto, è descritto nel romanzo Il porto di Toledo.
L’inclinazione al fantastico è un elemento che accomuna le due scrittrici.
La Masino invia ai giornali una serie di racconti, successivamente raccolti da
Maria Vittoria Vittori nel volume Colloquio di notte, nei quali tenta di conciliare la
sua propensione per il fantastico con la necessità della testimonianza civile. Ed anche con il suo secondo romanzo, Periferia, scritto tra il 1932 e il 1933, attraverso il
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Anna Maria ORTESE, Se l’uomo è sperduto, «Paese Sera», 5 maggio 1976, p. 5
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racconto e la rappresentazione delle avventure e dei drammi di un gruppo di bambini, la Masino esprime la sua particolare concezione del fantastico.
La sua narrativa esplora il regno del mito, delle allegorie, delle allucinazioni e
dei sogni con l’intenzione di spezzare le linee di confine esistenti tra razionalità e
irrazionalità ed esporre le principali contraddizioni e limitazioni della realtà.
La scrittura di Paola Masino, nello stesso modo di quella della Ortese, è fortemente sperimentale, dal surrealismo al realismo magico, dall’assurdo al grottesco.
Una delle prime raccolte di Anna Maria Ortese, L’infanta sepolta, è attribuibile
al genere della narrativa fantastica.
La scrittura di Anna Maria è visionaria e trasfiguratrice, il suo percorso narrativo è rivolto ad una continua ed intensa sperimentazione delle poetiche del fantastico forse ancor più di quanto non lo sia per Paola Masino.
Il ciclo fantastico della produzione letteraria della Ortese è costituito da tre
romanzi: l’Iguana, Il Cardillo addolorato e Alonso e i visionari.
I tre racconti non realistici, testimoniano la visione della realtà propria dell’autrice, ossia una dimensione in cui non è possibile distinguere tra visibile ed invisibile, sogni e ricordi, fatti e invenzioni della mente. I romanzi fantastici servono
alla scrittrice per creare realtà immaginarie, soggettive ed immateriali, in cui ancora
esiste il dolore che diversamente da quello del mondo reale è più sopportabile.
Sarebbe un errore pensare che il mondo irreale caratteristico de l’Iguana, Il
Cardillo ed Alonso, è un completo rifugio, un’evasione nel sogno e nella fantasia da
parte della Ortese; è bensì una reazione ed un’alternativa al mondo reale.
La realtà è per lei un meccanismo delle cose che sorgono nel tempo e dal
tempo vengono distrutte. I suoi sentimenti nei confronti della realtà sono l’indignazione, l’insofferenza e l’intolleranza, alle quali ella risponde con il bisogno di
fuggire e nascondersi in un altrove favoloso e fantastico, fatto di sogni, visioni ed
incredulità, pur mantenendo sempre vivo il ricordo doloroso di ciò che è reale.
Quello che oggi è considerato il capolavoro di Paola Masino è Nascita e morte della massaia, romanzo tra il fantastico, il surreale, il fiabesco e l’onirico, ma con
chiare intenzioni polemiche.
In esso l’autrice si scaglia contro il ruolo che la famiglia e la società attribuisce alla donna e contro il ruolo della donna angelo del focolare che dall’infanzia
fino alla maturità segue la vita della massaia, figura tipica della condizione femminile, ossessionata dalla cura della casa.
La storia è quella di una ragazzina che assorta nelle sue fantasie, si estranea
dalla famiglia e trascorre l’infanzia all’interno di un baule che per lei è letto, armadio, credenza, tavola, stanza, tutto. All’età di diciotto anni decide di uscire dal baule
e conscia della disfatta morale alla quale va incontro si avvia verso la vita normale ed
ipocrita di tutte le fanciulle della sua età. Un suo vecchio zio le farà da marito e
anche se rifiuterà di diventare madre, metterà in pratica tutti gli insegnamenti ricevuti da sua madre che l’aveva educata a svolgere il ruolo di moglie sottomessa e di
brava donna di casa, fino al punto di leccare i pavimenti per assicurarsi che siano
davvero puliti.
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Il libro si conclude con la morte della massaia, che sarà vista uscire dalla cappella del cimitero per lucidare borchie e maniglie, perché anche la tomba deve essere ben pulita.
Avrà problemi con la censura e sgradito al regime fascista sarà pubblicato a
puntate sulla rivista «Il Tempo» e poi successivamente in volume.
Amore, vita e morte, maternità, la tragedia dell’uomo moderno sono temi
centrali nell’opera di Paola Masino; amore e morte sono temi importanti anche
nella Ortese, alla quale pure sono cari i motivi del viaggio, del mare e della casa.
La morte e la resurrezione o se vogliamo il ritorno dei morti sulla terra è un
tema tipico della letteratura fantastica e lo troviamo tanto in Nascita e morte della
massaia quanto in testi della Ortese come Il Cardillo addolorato, l’Iguana e Alonso
e i visionari.
Nel Cardillo ad esempio, Ingmar, uno dei protagonisti della storia, si reca nel
cimitero per visitare le tombe dei defunti della famiglia Civile ed è a questo punto
della narrazione che ricompaiono il guantaio don Mariano Civile e la sua defunta
moglie donna Brigitta.
In Nascita e morte della massaia si mescolano vari tipi di scrittura: metafisica
e surrealista, onirica, fiabesca e realista e la stessa vena surreale domina anche nel
primo romanzo di Anna Maria Ortese, l’Iguana, in cui attraverso l’ironia, la fiaba,
l’allegoria e con apporti attinti al racconto gotico e alla rievocazione onirica, la scrittrice riflette sui rapporti tra classi e sessi e sul concetto di bene e male.
I temi trattati e la combinazione dei diversi tipi di scrittura sono i due principali motivi che determinano il fascino e l’interesse per romanzi come Nascita e
morte della massaia e l’Iguana.
Bisogna riconoscere a Paola Masino il coraggio per aver affrontato una
tematica problematica e delicata come il ruolo cui la donna è destinata dalla società
e dalla famiglia e per aver difeso la donna che non è soltanto brava moglie, brava
madre e perfetta casalinga.
Questa tematica la ritroviamo ancora in Le tre Marie, il dramma di tre donne, la madre, la sorella e la moglie di un uomo, che non appare mai in scena eppure
le tiene soggiogate.
La Masino e la Ortese condividono un’unica idea a proposito del sesso e del
ruolo, ovvero ritengono che non sia giusto far corrispondere il ruolo al sesso e che
anche le donne debbano avere le stesse opportunità degli uomini nel momento in
cui decidono ad esempio di scrivere per professione. Quest’idea è espressa da Anna
Maria Ortese attraverso la figura di Bettina, protagonista del suo romanzo Poveri e
semplici ed in particolar modo attraverso il racconto dei suoi viaggi, della sua carriera letteraria, dei successi e degli insuccessi.
Molte altre scrittrici, non solo italiane ma anche straniere come la londinese
Virginia Woolf, hanno affermato e difeso, con i loro scritti, l’androginia dell’arte e il
fatto che per creare una buona opera d’arte, degna di essere chiamata tale, non conta assolutamente appartenere all’uno o all’altro sesso.
Anna Maria Ortese e Paola Masino sono due importanti rappresentanti della
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letteratura novecentesca e ad esse va riconosciuto il coraggio per aver rivendicato la
libertà e la capacità di affermarsi come donne e come scrittrici: due grandi donne,
due grandi scrittrici che non bisogna assolutamente dimenticare, anzi rivalutare,
perché accanto a coloro che sono considerati i grandi della letteratura italiana c’è
una fitta schiera di voci minori, ma certamente non meno importanti e tra queste
voci ci sono appunto quella di Anna Maria Ortese e Paola Masino.
Concludo questa mia riflessione su Anna Maria Ortese e Paola Masino rifacendomi al titolo Anna Maria Ortese e Paola Masino: due scrittrici d’avanguardia e
spiegando che dopo uno studio puntiglioso della loro vita, delle loro opere, delle
loro idee e ambizioni, senza tralasciare le sofferenze vissute e considerando la determinazione e la voglia d’indipendenza che fin dall’inizio le ha guidate ed accompagnate, ho ritenuto appropriato l’appellativo “d’avanguardia” perché tali sono due
donne che come loro in quegli anni e in quel particolare clima culturale (esclusivamente maschile), storico e politico (non dimentichiamo la presenza del regime fascista) lottano, cercando di abbattere barriere e limiti, per affermarsi come donne e
come scrittrici.
Affermarsi come scrittrici significava affermarsi prima di tutto come donne
in una società basata sul loro silenzio e sulla loro sottomissione: Anna Maria Ortese
e Paola Masino hanno il merito di esserci riuscite.
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