morfometria
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PARTE II LA CIRCOLAZIONE IDRICA La acque di precipitazione atmosferica che giungono al suolo scorrono in superficie o penetrano in profondità dando origine alla circolazione, la quale subisce l’influenza di molti fattori i principali dei quali sono: la gravità, la forma della superficie terrestre, la natura e l’entità delle precipitazioni (afflusso idrometeorico), la natura e lo stato del suolo, del soprassuolo e del sottosuolo, il materiale solido trascinato dall'acqua (afflusso stereometeorico). 6. RICHIAMI DI MORFOMETRIA La conoscenza della forma della superficie terrestre si ha per mezzo delle carte topografiche che costituiscono la rappresentazione convenzionale ottenuta con proiezione orizzontale degli elementi esistenti sul terreno (strade, corsi d'acqua, ecc.) e dei caratteri altimetrici a mezzo delle quote (altitudine sul livello medio del mare) di punti singolari e di curve di livello (isoipse) luogo dei punti del terreno aventi uguale quota. Si chiama equidistanza (e) la differenza di quota fra una curva di livello e quella adiacente: normalmente per e si assume il valore ottenuto dividendo il denominatore della scala della carta per 1000 (in una tavoletta in scala l:25000 l'equidistanza è di 25 metri). Le carte topografiche più usate nella pratica delle sistemazioni idraulico-forestali sono: i “fogli” in scala 1:100000, i “quadranti” l:50000, le “tavolette” l:25000, della Carta d'Italia dell'Istituto Geografico Militare. In calce alle carte sono riportati in apposita legenda i segni convenzionali adottati per rappresentare graficamente i diversi elementi esistenti sul terreno. Per molte zone sono disponibili anche carte altimetriche in scala maggiore (1:10.000) realizzate da Regioni, Province, Comuni ed altri enti. È frequente, ed a volte indispensabile, l'uso delle “mappe” catastali (in scala l:2000 e simili) le quali però non riportano l'altimetria ma soltanto i confini particellari. Carte tematiche: geologiche, idrografiche, stradali, pedologiche, ed altre, vengono per lo più impiegate per gli usi specifici per cui sono state preparate ma a volte possono risultare utili anche per lo studio della sistemazione dei bacini montani. Quando occorre una rappresentazione molto dettagliata di una ristretta porzione di terreno, si. dovrà procedere al rilevamento diretto con i metodi topografici. 6.1. Punti e linee singolari Alcuni punti e linee caratteristici del terreno sono individuabili con facilità sulle carte altimetriche. Un punto di vetta è contornato da curve di livello chiuse di quota decrescente allontanandosi dal punto stesso: un piano orizzontale passante per il punto starebbe al di sopra di tutti i punti del terreno circostante. Un punto di conca (quasi sempre nascosto da un lago) è contornato da curve di livello chiuse di quota crescente allontanandosi da esso: un piano orizzontale passante per esso lascia tutti i punti del terreno circostante al di sopra. Un punto di sella ha caratteristiche intermedie fra i due punti precedenti. La pendenza del terreno fra due punti, aventi quote conosciute, è data dal rapporto fra il loro dislivello e la loro distanza I = ∆h / D = tang α (fig. 16). ©Dispense del corso di "Ingegneria Forestale"-A.A. 2003-2004, I edizione, 19/02/2004. 53 Linea di massima pendenza passante da un punto (M) è quella che taglia perpendicolarmente le curve di livello: la pendenza è data dal rapporto fra l'equidistanza (e) e la minima distanza (D’) fra il punto e la curva di livello vicina. Lungo le linee di massima si muove normalmente l’acqua che scorre sul terreno. La linea di cresta è una linea di massima pendenza passante per i punti di vetta e di sella: fisicamente essa funziona da spartiacque o displuvio. Linea di valle è anch’essa una linea di massima pendenza in cui confluiscono le linee di massima pendenza del terreno circostante: fisicamente costituisce un compluvio in cui ha sede un corso d’acqua. 6.2. Bacino imbrifero Si definisce bacino imbrifero, relativo ad una prefissata sezione di un corso d'acqua, 1a porzione di territorio, supposta impermeabile e nella quale, in occasione di un evento meteorico, l'acqua scorre in superficie e fluisce attraverso la sezione data. In altre parole, e con le limitazioni fatte, l'acqua caduta in un qualunque punto del bacino finisce sempre per passare attraverso la sezione fissata. Si è supposto il terreno impermeabile in quanto la frazione d'acqua che si infiltra nel terreno può trovare nel sottosuolo una disposizione stratigrafica tale da condurla, attraverso falde e vene sotterranee, in un altro bacino idrografico. L’individuazione dei punti e delle linee caratteristiche del terreno consente di delimitare il bacino imbrifero, o fluviale, o idrografico, o idro-erosivo, di superficie riferito ad una prefissata sezione di corso d'acqua. Con altra terminologia si può definire bacino imbrifero quella superficie comprendente tutti i punti del terreno da cui partono linee di massima pendenza che incontrano la linea di valle a monte della sezione fissata. In base a questa definizione si identifica il bacino imbrifero sulle carte topografiche altimetriche; il suo perimetro, infatti, è una linea di massima pendenza che passa per punti di vetta e per punti di sella e s’incontra nella linea di displuvio passante per la sezione di chiusura (fig. 17) (una goccia d’acqua che cade esattamente su tale linea verrebbe divisa in due parti, una delle quali resta all’interno del bacino, l’altra ne resta fuori). ©Dispense del corso di "Ingegneria Forestale"-A.A. 2003-2004, I edizione, 19/02/2004. 54 Fig.17, bacino idrografico del Fosso delle Rave (Stazzema, LU). 6.3. Caratteristiche di un bacino imbrifero Sono tutti gli elementi che ne condizionano il comportamento nei riguardi del deflusso. Le principali di tipo morfometrico sono l’area, la forma, la lunghezza massima di corrivazione, l’altezza media e la pendenza media; le principali condizioni di tipo fisico sono la costituzione geologica (in particolare la permeabilità delle rocce), la copertura vegetale, la natura, l'uso e lo stato del suolo, la natura e l’entità delle precipitazioni. Precisato che per area del bacino imbrifero si intende quella della sua proiezione orizzontale ricavabile dalle carte topografiche, essa si può determinare con l’uso dì un planimetro polare (integratore meccanico) o con un reticolo che può essere costituito, ad esempio, da un foglio di carta millimetrata trasparente oppure mediante elaborazione elettronica effettuata con programmi di grafica vettoriale (spesso sono usati i G.I.S o i C.A.D. rispettivamente Geografic Information System e Computer Aided Design). Per altezza media del bacino (Hm) si intende la media dei dislivelli di tutti i suoi punti rispetto alla quota minima dell'intera area, coincidente con la sezione di chiusura. Per calcolare l’altezza media occorre passare attraverso la determinazione dell’altitudine media hm (detta anche quota media qm) intesa come media delle quote di tutti i punti del bacino: essa si calcola, con metodo esemplificato ma sufficiente alle applicazioni correnti, come media ponderata riferita a porzioni di bacino alle quali può venire attribuita la stessa quota. Il procedimento è il seguente: si misurano le aree (Ai) comprese fra due curve di livello successive (interne al perimetro del bacino) la cui quota sia ©Dispense del corso di "Ingegneria Forestale"-A.A. 2003-2004, I edizione, 19/02/2004. 55 rispettivamente qi+1 e qi-1 quindi si attribuisce a tutta la striscia la quota media qi = (qi+1 + qi-1)/2; si moltiplica qi per l’area Ai, la somma di tutti questi si prodotti si divide per l’area totale del bacino A: (66) hm= ∑q A i i A Sottraendo dall’ altitudine media la quota della sezione di chiusura hmin del bacino si trova l’altezza media: (67) H m = hm − hmin Fig.18, suddivisione del bacino in aree parziali per il calcolo dell’altitudine media. L’altitudine media e l’altezza media di un bacino si possono ricavare con un metodo grafico che conduce alla costruzione della curva ipsometrica o ipsografica: in un diagramma (fíg.18) a coordinate cartesiane si riportano in ascisse le aree, comprese fra coppie di curve di livello, sommandole progressivamente, in ordinate le quote di tali curve; unendo fra loro i punti cosi determinati si ottiene la curva ipsometrica. La linea che rappresenta l’altezza di un rettangolo avente la stessa area contenuta fra la curva e l’asse delle ascisse, individua l’altitudine media dalla quale si passa, per differenza, all’altezza media del bacino. ©Dispense del corso di "Ingegneria Forestale"-A.A. 2003-2004, I edizione, 19/02/2004. 56 1080 980 880 Quota m s.l.m. 780 680 580 480 380 280 0.00 0.30 0.60 0.90 1.20 1.50 1.80 2.10 2 Superficie cumulata ( km ) Hmedia (643 m) Hmediana (626 m) Fig. 18, curva ipsografica del Canale della Radice (Stazzema, LU). L’altitudine mediana è invece la quota corrispondente a metà superficie del bacino. La pendenza media di un bacino imbrifero è un dato che, come l’altezza media, può servire ad esprimere la declività dei versanti. La pendenza di una striscia di terreno contenuta fra due curve di livello (fig.19) aventi equidistanza e, può ottenersi dal rapporto fra l’area della proiezione verticale e l’area della proiezione orizzontale = e li / Ai, dove li è la lunghezza di una delle due curve di livello (può essere presa indifferentemente l’una o l’altra) ed Ai è l’area della striscia. La misura della lunghezza delle curve di livello è facilitata dall’uso di un curvimetro. La pendenza media può ottenersi come media ponderata dalle pendenze medie delle singole strisce di terreno in cui risulterà diviso il bacino ∑ el (68) Im = i Ai A Ai = ∑ el A i = e ∑ li A Con questo metodo (detto di Peucker-Finsterwalder) la pendenza media si ricava come prodotto dell’equidistanza della carta topografica adottata moltiplicata per il rapporto fra la lunghezza totale delle curve di livello contenute entro il perimetro del bacino e l’area del bacino stesso. Le precedenti caratteristiche del bacino possono essere ottenute per via vettoriale (come già detto) o tramite elaborazioni di matrici. L’ottenimento delle informazioni richieste necessità preliminarmente della costruzione del Modello Digitale del Terreno (D.T.M) il quale identifica un modello matriciale del terreno sul quale viene indicata cella per cella una data proprietà del terreno. Qualora l’informazione memorizzata sia la quota, si parla di D.E.M (digital elevation model). Da quest’ultimo è possibile ottenere in maniera automatica il raster o matrice (ossia griglia a maglia regolare in cui ciascuna cella è caratterizzata da un valore di posizione come, per es., le coordinate ©Dispense del corso di "Ingegneria Forestale"-A.A. 2003-2004, I edizione, 19/02/2004. 57 topografiche ed un altro valore relativo alla caratteristica ricercata: quota, pendenza, etc,) delle quote, pendenze, esposizioni. Il modello digitale del terreno costituisce anche la base per il calcolo in automatico dell’area sottesa ad una sezione di chiusura scelta (es. modello AlTo in uso presso la Regione Toscana) e per la modellazione idraulica. 1,1 350 1,2 337 -- -- -- 1,m 438 2,1 362 -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- n,1 597 -- -- -- -- n,m 570 Fig. 19, es. di dato in forma di matrice quadrata n x m (n. righe) x (n. colonne) in cui ciascuna cella è identificata dal n. di riga e di colonna e memorizza un dato aggiuntivo (quota). Le dimensioni del lato delle celle determinano la maggiore o minore precisione di localizzazione spaziale del dato contenutovi. Un’altra caratteristica del bacino imbrifero che può avere un certo interesse in relazione col comportamento idraulico è il fattore di forma che rappresenta la distribuzione planimetrica della superficie. Una espressione, tra le più usate, deriva il fattore di forma come rapporto fra la lunghezza L del bacino e il diametro di un cerchio avente area uguale al bacino dato: (69) F = L / 4 A / π = 0,89 L/ A Quanto più questo fattore è vicino ad uno e tanto più raccolta è la forma del bacino. 6.4. Tempo di corrivazione. Si prenda in considerazione una particella C di pioggia caduta in un punto qualsiasi del bacino (fig.20): essa si muoverà sotto l’azione della gravità percorrendo una linea di massima pendenza (salvo le interferenze di ostacoli, di asperità e di difformità del terreno). In base alla definizione data in precedenza, questa particella d’acqua finirà per passare dalla sezione di chiusura. Il tempo impiegato a compiere l'intero percorso si definisce “tempo di corrivazione elementare” ed è diverso da punto a punto. Il massimo fra tutti i tempi di corrivazione elementari viene assunto come “tempo di corrivazione del bacino” (TC) e si fa in pratica corrispondere con quello del punto più lontano della sezione di chiusura del bacino e il cui percorso di corrivazione coincide con la via d’acqua più lunga (in realtà idraulicamente il tempo di corrivazione rappresenta il tempo massimo che una particella di acqua impiega per giungere alla sezione di chiusura). Il tempo TC rappresenta un dato fondamentale per l’interpretazione e la quantificazione dei processi di deflusso di piena da un bacino. ©Dispense del corso di "Ingegneria Forestale"-A.A. 2003-2004, I edizione, 19/02/2004. 58 Una delle formule più adottate, e particolarmente adatta ai bacini montani, è quella del Giandotti che fornisce il tempo di corrivazione del bacino in base alle suo caratteristiche morfometriche: assunta l'area del bacino, A in km2, la lunghezza massima di corrivazione L in km e l’altezza media Hm in metri, il tempo di corrivazione (TC), espresso in ore risulta dalla relazione (70) TC = 4 A + 1,5 L 0,8 H m Con altro procedimento speditivo, ed abbastanza attendibile, il tempo di corrivazione può essere ricavato dal rapporto fra la lunghezza massima dell’asta principale e la velocità di deflusso dell’acqua che in prima approssimazione e per pendici molto declivi, può assumersi fra 1 e 2 m/s. ©Dispense del corso di "Ingegneria Forestale"-A.A. 2003-2004, I edizione, 19/02/2004. 59