Immigrati, risorsa per Milano e l`Europa?
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Immigrati, risorsa per Milano e l`Europa?
per il ciclo L’altro è un bene Migrazioni e cittadinanza a Milano “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” Intervengono Prof Gian Carlo Blangiardo, demografo, docente all’Università degli Studi di Milano-Bicocca Francesco Wu, Presidente Unione imprenditori Italia-Cina Mahmoud Asfa, Direttore della Casa della Cultura Islamica Coordina Giorgio Paolucci Sala Alessi – Palazzo Marino, Piazza della Scala 2 Mercoledì 3 febbraio 2016, ore 18,15 Largo Corsia dei Servi 4 – 20122 Milano tel. 0286455162-68 fax 0286455169 www.centroculturaledimilano.it Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” CAMILLO FORNASIERI: Apriamo questo primo incontro del ciclo «L’altro è un bene: immigrazione e cittadinanza a Milano», che è svolto come proseguimento e in collaborazione con «I dialoghi di vita buona», a cui ci ha invitato l’arcivescovo di Milano, Scola: il primo era dedicato al tema dell’immigrazione, e quindi anche ai luoghi dove la destinazione avviene, o momentanea o permanente. Dunque Milano, e la sua esperienza di questo, mettiamo a tema oggi. Ringrazio molto l’Amministrazione comunale nella figura del Consiglio comunale della città, che ha inteso dare appoggio e significato a questo nostro ritrovarci, destinando la sala Alessi per questo momento di incontro e dialogo. L’iniziativa ha delle adesioni, cercate non tanto numericamente, perché sono tantissime le associazioni, le comunità e le realtà che lavorano sul tema della prima accoglienza, dell’integrazione, del dialogo, della cultura insieme, ma radunate per contiguità, per amicizia, per un lavoro comune, partendo dal mensile-settimanale Vita, legato a non profit, all’associazione Nocetum, a Expo dei Popoli, a La casa della cultura musulmana, al Progetto Arca, che insieme con Avsi ha avviato la prima accoglienza con un patto con l’Amministrazione in questa città, e I dialoghi di vita buona, che ho già nominato. Chiedo adesso al consigliere Matteo Forte di iniziare questo incontro a nome del Comune. Poi seguiranno i nostri ospiti, che saranno presentati da Giorgio Paolucci, giornalista noto di Avvenire, che continua la sua attività su diversi campi e che ha curato questo ciclo di incontri, di cui ci parlerà. Grazie. MATTEO FORTE: Carissimi, è con molto piacere che vi do il benvenuto nella prestigiosa sala Alessi e porto il saluto del Presidente del Consiglio Comunale Basiglio Rizzo. «L’altro è un bene», in questi cinque anni di esperienza nel Consiglio Comunale di Milano, il titolo dell’incontro di oggi non ha costituito tanto un’affermazione di principio quanto una scoperta da conquistare. Dalla vittoria, nel mio caso, dell’avversario alle elezioni per il governo della città, alle cosiddette questioni di biopolitica, che pure in questa consigliatura abbiamo affrontato, all’emergenza profughi che vive la Stazione centrale, fino al cosiddetto «Piano moschee» proposto dall’attuale Amministrazione. Tante sono state le vicende che la politica milanese ha affrontato in questi ultimi anni e che hanno posto il titolo di questo incontro più in termini di domanda: «l’altro è un bene?». Scrive il cardinal Scola: «società civile significa quindi essenzialmente dialogo, reciproca narrazione della propria soggettività ad un tempo personale e sociale, a partire da ciò che inevitabilmente si ha in comune come beni di carattere materiale e spirituale» (La speranza del Redentore ci dona una nuova laicità, 17 luglio 2005). Tuttavia sappiamo che il dialogo e la reciproca narrazione, con la stessa presenza di stranieri e di fedi differenti, «non è sempre bene accolto, in parte poiché delle forme distorte di religione, come il settarismo e il fondamentalismo, possono mostrarsi esse stesse causa di seri problemi sociali» (Benedetto XVI, Incontro con le autorità civili del Regno Unito, 19 settembre 2010). La definizione 03/02/2016 2 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” del Cardinale apre una domanda fondamentale: «cosa abbiamo in comune con l’altro in ultima istanza, e che abilita a un dialogo?». Non una cultura, né un sistema di valori, e questo ormai lo vediamo dai dibattiti di cronaca, da quella nera – per cui un padre uccide la propria figlia, perché veste all’occidentale – a quella politica – con l’introduzione per esempio della cosiddetta «norma anti-burqa» negli ospedali di Regione Lombardia –. Ciò che si ha in comune con l’altro è quell’umanità di cui una particolare cultura e un differente sistema di valori sono vessilli di risposta. Voglio esemplificare quanto appena descritto, raccontando un episodio che mi è capitato personalmente. Ho assistito in diretta alla notizia dell’uccisione in Somalia, da parte dei terroristi di Al-Shabaab, di Yusuf Ismail, un diplomatico musulmano che lavorava per la riconciliazione del suo Paese. Ero in compagnia di sua sorella Marian, che, come prima reazione, con gli occhi pieni di lacrime, ha avuto subito parole di pietà per suo fratello, ma anche per quei ragazzini arruolati con forza tra gli islamisti e costretti a eseguire quella mattanza in un albergo di Mogadiscio. «Me l’hanno ammazzato, ma loro non hanno colpa», mi ripeteva, finché non affiorò sulle sue labbra la preghiera che non prevalessero in lei sentimenti di odio e vendetta, perché altrimenti la catena non si spezza e il male viene perpetuato. L’amicizia con questa donna musulmana ha reso più familiare e meno estranea a me, moderno europeo, la dimensione autenticamente religiosa della vita, sottesa a ogni esperienza, nessuna esclusa. L’incontro e la reciproca narrazione con persone appartenenti a comunità straniere e minoranze religiose, allora, possono aprire crepe in quegli «edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio», com’è il mondo occidentale descritto nella geniale immagine che diede Benedetto XVI nel discorso al Reichstag di Berlino. Affinché queste aperture non siano ingenue da critiche – con tutte le conseguenze per la convivenza che sommariamente ho elencato all’inizio – oppure non producano per reazione un irrigidimento irrazionale che respinge l’altro tout court, occorre un processo che funziona in un doppio senso: se la presenza di comunità straniere e minoranze religiose contribuisce a spalancare le finestre e a far tornare a vedere la vastità del mondo – a «uscire», come continuamente invita Papa Francesco –, dall’altra parte il mondo della secolarità razionale esige di purificare la cultura religiosa da elementi di cristallizzazione ideologica e fanatismi. Alla luce di ciò, è interessante rileggere l’unico limite che, per esempio, il nostro ordinamento prevede alla libertà religiosa. Nell’interpretare l’articolo 19 della Costituzione – che garantisce il diritto di culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume – la Corte Costituzionale in una sentenza del 2000 sancisce: turba il buon costume ciò che turba «il comune sentimento della morale. Vale a dire, non soltanto ciò che è comune alle diverse morali del nostro tempo, ma anche alla pluralità delle concezioni etiche che convivono nella nostra società contemporanea (sent. 293/2000)». Chiude 03/02/2016 3 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” la sentenza: «tale contenuto minimo altro non è se non il rispetto della persona umana, valore che anima l’art. 2 della Costituzione». Motivo per cui certe pratiche, oggettivamente lesive della dignità della persona, devono essere vietate e punite nel nostro ordinamento, ancora oggi – per esempio le motivazioni genitali femminili, l’incitamento all’odio, l’antisemitismo. Quindi, il dialogo – e concludo –, perché sia reciproca narrazione, esige sempre due soggetti, ciascuno dei quali sia maturo della coscienza di sé. Perché si parli di incontro, è necessario che vengano mantenuti i due poli della relazione nella loro interezza, senza sacrificio dell’uno né dell’altro, cosicché entrambi siano in grado di argomentare in modo persuasivo i propri convincimenti per rispondere a quell’originaria esigenza di bene che identifica l’umanità di ciascuno, quello che appunto abbiamo in comune. Tale compito non è di chi amministra una città – visto che siamo qui dentro –, tanto meno di chi legifera. Questo compito spetta a ciascuno di noi e può essere alimentato da luoghi e momenti come quello di oggi. Alla politica spetta solo il ruolo di facilitatore. Vi ringrazio e buon lavoro. GIORGIO PAOLUCCI: Grazie. Benvenuti tutti a questo primo incontro di un ciclo proposto dal Centro Culturale di Milano, che ha un’intenzione molto semplice: non ha lo scopo di presentare l’ennesimo progetto sull’integrazione degli stranieri, elaborato a tavolino da qualche studioso, ma, molto più semplicemente, di scoprire, illuminare, valorizzare, incoraggiare e permettere che si incontrino dei luoghi, delle esperienze, delle persone e delle opere, che già stanno facendo un’esperienza di incontro tra diverse identità. Questo primo incontro vuole appunto aprire un percorso, che poi proseguirà anche con degli incontri diversi, che, per esempio, prendano a prestito i canali dell’arte, i canali della musica e i canali della pittura, per testimoniare che anche la bellezza può diventare uno strumento di incontro e di arricchimento tra identità diverse. Questo primo incontro si apre con una domanda: «gli immigrati sono una risorsa per Milano e per l’Europa?» Abbiamo tra noi persone che potranno rispondere a questo interrogativo da diversi punti di vista. Il primo è un punto di vista conoscitivo, e per questo abbiamo invitato il professore Gian Carlo Blangiardo, demografo, docente all’Università degli Studi di Milano Bicocca, che da tempo studia il tema delle immigrazioni, che ringraziamo e salutiamo. Poi due persone che sono protagoniste di questa dinamica d’incontro tra identità diverse, e direi anche leader a diverso titolo: Mahmoud Asfa, direttore della Casa della Cultura Islamica di via Padova a Milano, e Francesco Wu, imprenditore e presidente Unioni Imprenditori Italia-Cina, e ringraziamo anche loro di essere tra noi. Si parla molto in questo momento (non solo, ma da un po’ di mesi) di immigrazione, e soprattutto sul versante dell’emergenza. Le televisioni, i giornali, e anche le conversazioni tra le persone, sono riempiti da immagini e drammi che si consumano nel mare, che si consumano nei Balcani, e che 03/02/2016 4 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” raccontano di migliaia, di centinaia di migliaia di persone in fuga per vari motivi: in fuga dalle guerre, in fuga dalle dittature, in fuga dalla fame, da carestie, da mutamenti climatici e ambientali. Tutte persone che cercano luoghi dove poter star meglio. Questa dinamica, quest’ottica è molto importante, perché ovviamente morde l’attualità. Ma ce n’è un’altra, non meno importante, della considerazione che l’immigrazione non è fatta solo di emergenze, non è fatta solo di sensazionalismi, non è fatta solo di sbarchi, di arrivi e di morti, è fatta – grazie a Dio – anche di una permanenza, è fatta di persone e comunità che si sono radicate nella nostra città e che sono diventati i nuovi milanesi, che sono diventate persone sempre più importanti non solo dal punto di vista numerico, ma anche dal punto di vista della qualità della vita e della capacità di interloquire con i milanesi tradizionali. Ed è per questo che, andando oltre l’emergenza, abbiamo chiesto al professor Blangiardo di aiutarci a capire che cosa è successo in questi anni, come l’immigrazione ha cambiato il volto e ha cambiato il DNA della nostra città e in che maniera l’incontro con la città di Milano sta cambiando il volto e l’anima delle comunità migranti che hanno messo radici nella nostra città. GIAN CARLO BLANGIARDO: Ringrazio per l’invito. Il mio mestiere è quello di fare il demografo, lo statistico cioè quello che racconta i numeri. Credo che rispetto al fenomeno dell’immigrazione e della presenza degli stranieri, i numeri siano importanti, perché ci consentono di avere una dimensione oggettiva dei fenomeni, del cambiamento, di quanti sono, di quanti erano, di quanti saranno e di come saranno, in una maniera che cerca di essere oggettiva e al di fuori di quelli che sono i condizionamenti e le battaglie di natura ideologica. Comincio con un breve inquadramento della realtà italiana oggi, in cui ho messo i tratti sintetici della presenza straniera in Italia: sei milioni di persone, e non è poco su sessanta milioni di abitanti. Una buona parte hanno dimora abituale – residenza, tanto per capirci – quindi vuol dire che sono anche regolari: rappresentano il 9,5% di quella che, secondo la dimensione ISTAT, è la popolazione abitualmente residente in Italia. L’Italia è ormai diventato uno dei grandi Paesi di immigrazione: abbiamo praticamente il 14% degli immigrati che stanno in Europa e abbiamo, di fatto, solo il 12% della popolazione europea. Quindi abbiamo una presenza particolarmente importante e consistente, con un grosso peso demografico. Un terzo aspetto da considerare è un cambiamento: questa popolazione, questi 6 milioni di persone – che sono l’equivalente di una grande regione, come il Veneto, piuttosto che la Sicilia, quindi la ventunesima regione – hanno subìto nel tempo dei cambiamenti, dei processi di maturazione, che vanno di pari passo con un processo – come ha ricordato Paolucci prima – di radicamento sul territorio. Ci sono quattro punti, secondo me importanti, da tenere sotto controllo. Primo, il fatto che i lavoratori sono diventati popolazione, cioè famiglie. Spesso inizialmente erano persone sole, con un 03/02/2016 5 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” progetto lavorativo e gradualmente sono diventati sempre più una vera e propria popolazione: coniugi, coniugi con figli, figli spesso nati in Italia, con un progetto che, insomma, è verosimile che diventi un progetto di permanenza definitiva. Secondo, è cresciuta l’anzianità del soggiorno, della permanenza, quindi non sono più arrivati l’anno scorso, ma dieci, quindici anni fa, in misura sempre più consistente. Terzo, sono aumentate le seconde generazioni: ragazzi nati qui o arrivati qui da piccoli, quindi acculturati al nostro sistema. Quarto, anche quelli che una volta erano i temutissimi clandestini irregolari – che poi in realtà non erano criminali, ma gente che casualmente in quel momento non aveva un permesso di soggiorno –, poi, come abbiamo visto, successivamente hanno recuperato con le numerose sanatorie che si sono succedute. Oggi questa situazione di irregolarità è molto marginale, è quasi fisiologica. GRAFICO 1 Discorso famiglia: le coppie con figli sono particolarmente presenti, gli stranieri da questo punto di vista sono più radicati in termini familiari. 03/02/2016 6 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” GRAFICO 2 Anzianità di soggiorno: la metà delle persone in Italia sono qui da prima del 2003, più di dieci anni, quindi hanno titolo per chiedere la cittadinanza italiana. I numeri delle nuove cittadinanze sono cresciuti in maniera decisa negli ultimi anni e cresceranno ulteriormente successivamente. GRAFICO 3 Per quanto riguarda le seconde generazioni: tra i bambinetti, quelli nati in Italia sono circa il 90%, e anche tra quelli di sedici-diciassette anni, quelli nati in Italia sono quasi la metà. Abbiamo, quindi, 03/02/2016 7 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” un numero consistente di soggetti che sono nati qui o sono arrivati da piccoli, si sono formati qui e che sono gli italiani del futuro, inevitabilmente. GRAFICO 4 Prendiamo ora in considerazione un altro aspetto. Qui c’è un gioco di parole: più cittadini che clandestini. Prendiamo gli ultimi due anni, il 2013 e il 2014. In Italia, in quei due anni, ci sono state più persone che sono “sbarcate” alla cittadinanza italiana, che sono diventati italiani, rispetto al numero di persone che sono sbarcate sulle coste; però, noi sentiamo parlare di quelli che sbarcano sulle coste e non sentiamo parlare più di tanto di quelli che sbarcano nella cittadinanza. Se questo conto lo andiamo a fare negli ultimi dieci anni, i numeri sono ancora più esagerati: sono circa 700.000 quelli che sono diventati cittadini, contro 500.000 circa che sono sbarcati con la barca. Ora, è chiaro che c’è un processo di maturazione alla cittadinanza che sta progredendo in maniera continua, e che più andiamo avanti più continuerà a crescere, perché, col passare del tempo, il serbatoio di coloro che con la legge attuale hanno maturato i dieci anni famosi che sono richiesti – per chi non è neocomunitario o comunque comunitario – crescerà continuamente. E aggiungo un particolare: anche perché un quarto di queste persone che sono diventati italiane sono bambini, persone con meno di quindici anni, e la legge attuale – la legge che non ci piace – prevede che se babbo o mamma diventano italiani, i bambini diventano italiani anche loro – è un altro aspetto che va tenuto a conto. 03/02/2016 8 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” GRAFICO 5 Poi naturalmente c’è l’emergenza, gli sbarchi. Qui avete per ogni mese del 2014-2015, il confronto degli sbarcati: 170.000 nel 2014, 155.000 circa nel 2015. Quindi è chiaro che il fenomeno è importante: ne conosciamo le cause, è problematico e va gestito, va seguito con attenzione. E qui aggiungo una cosa, per chiudere il discorso dello scenario, prima di andare su Milano: quando si parla di sbarchi e d’immigrati, di emergenze oggi, bisogna avere sempre presente anche questi dati. Sono il domani, perché noi siamo abituati a parlare della Siria, dell’Iraq, o quantomeno dei siriani e degli iracheni, degli afghani, cioè delle provenienze che scappano da una guerra, da situazioni problematiche, e non immaginiamo che c’è dietro un mondo, un mondo importante, che scappa e scapperà – probabilmente in futuro sempre di più – dalla miseria, dalla fame, per la necessità di sopravvivere. Questo mondo è formato da milioni di persone. 03/02/2016 9 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” GRAFICO 6 Questi numeri, 962 milioni, sono gli abitanti dell’Africa subsahariana – quelli oggi più problematici, e probabilmente anche in prospettiva: i 900 milioni, quasi un miliardo, diventeranno un miliardo e mezzo fra vent’anni, e tra questi le persone che sono tra i venti e i trentanove anni – quindi, gente giovane, vivace, pronta in qualche modo a provarci – oggi sono 300 milioni, e diventeranno 500 milioni, cioè 200 milioni di potenziali emigranti che scappano da qualcosa che non è necessariamente la guerra. È evidente che non siamo in grado di accogliere 200 milioni di persone, siamo però in grado di dare una mano a far sì che 200 milioni di persone non scappino, e questo quindi apre la dimensione d’intervento che dovrebbe essere attenta al futuro e attenta anche a questa realtà che si va evolvendo. Rimbocchiamoci le maniche e troviamo il modo. Si può fare, non è impossibile, bisogna però volerlo fare. 03/02/2016 10 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” GRAFICO 7 GRAFICO 8 Milano. In questo mondo, in questa Italia, in questa dinamica che caratterizza il fenomeno migratorio qual è la realtà milanese? La prima osservazione è la crescita. Abbiamo meno di 100.000 immigrati presenti nel ‘98, che non è tanto tempo fa, e oggi siamo oltre 250.000. Gran parte sono residenti. C’è poi la fetta di quelli “cattivi”, cioè gli irregolari, i clandestini. Ci sono state delle punte poi arrivava la sanatoria. C’è stato l’effetto dell’intervento Bossi-Fini del 2002-2004 e poi un su e 03/02/2016 11 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” giù. Adesso siamo, pur in presenza di numeri molto più grandi, in termini percentuali, su percentuali decisamente più basse. Non è che il fenomeno sia finito, però è sotto controllo. E questo è un altro degli aspetti importanti di cui tenere conto. Sono cambiate le provenienze, cioè la Milano degli anni ’90 aveva una forte presenza africana che oggi è più ridimensionata, soprattutto quelli che qui sono indicati come “altri-Africa”, i Senegalesi per capirci. Una volta erano molto appariscenti, molto presenti. In termini relativi rispetto ad altre provenienze hanno perso rilievo: non è che non ci siano, ma sono meno rilevanti. Naturalmente è aumentata in modo considerevole la presenza est-europea e anche la presenza latino-americana. GRAFICO 9 Quindi c’è stato un cambiamento rispetto alle provenienze così come ci sono stati altri cambiamenti: l’anno di arrivo in Italia, il titolo di studio, cioè abbiamo una popolazione di cui il 40% ‒ sono dati ISTAT ‒ hanno il diploma e una laurea o un dottorato addirittura. Quindi è una presenza qualificata. Poi magari il lavoro non qualifica ‒ uno ha la laurea e fa altre cose ‒ però dal punto di vista della possibilità, della potenzialità, della ricchezza di questo patrimonio demografico, beh effettivamente questa ricchezza c’è. 03/02/2016 12 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” GRAFICO 10 Vado anche su cose apparentemente meno immediate, però è lo stesso discorso di prima: quelli che sono nati in Italia, quelli che sono arrivati più o meno da giovani. Vedete che anche a Milano, come accadeva per l’Italia, se andiamo a prendere i bambini, da zero a cinque piuttosto che da sei a diciassette, quindi minorenni, una quota consistente è nata in loco. GRAFICO 11 03/02/2016 13 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” GRAFICO 12 Lo stesso discorso vale per le famiglie: le coppie con figli hanno anche nella realtà milanese un peso importante e anche un peso crescente. Quindi questo processo di trasformazione da individui a gruppi famigliari, che è uno dei fenomeni che favorisce l’integrazione sempre di più e il radicamento sul territorio, anche sulla realtà milanese va crescendo. Quindi c’è anche questa ricchezza, lo vediamo per le diverse nazionalità, chi più chi meno. C’è questa ricchezza che deriva dalla presenza di tipo familiare, che è una ricchezza di cui dobbiamo tenere conto e che contribuisce a rendere l’immigrazione sempre più integrata. 03/02/2016 14 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” GRAFICO 13 Proviamo a leggere ancora due o tre osservazioni: come si colloca il capitale umano immigrato rispetto ai milanesi doc, chiamiamoli così, i cittadini italiani di fatto? Tra il 2001-2014 gli Italiani presenti a Milano sono scesi da un totale di un milione e cento sessantamila abbondante a poco più di un milione a cui si aggiungono gli stranieri. Abbiamo la dimensione demografica di una città di un milione e trecentomila abitanti e ricordo che negli ’70 Milano aveva un milione e settecentomila abitanti, oggi ne ha un milione e tre, ma se ne ha un milione e tre è ancora grazie alla componente straniera, se no punteremmo drasticamente verso il milione di abitanti, che di per sé non è male, uno pensa che in fondo si stia più larghi, ma fate attenzione perché un milione di abitanti con una componente anziana come quella che va prospettandosi, cioè il 40% di anziani, sì stiamo più larghi, ma forse siamo un pochino meno vivaci e dinamici e quindi forse meno efficienti da un certo punto di vista. 03/02/2016 15 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” GRAFICO 14 Un’altra cosa su cui riflettere: le nascite. È qualche giorno che sto dicendo in giro per l’Italia che il 2015 sarà l’anno dei record. È l’anno della natalità più bassa di sempre; è l’anno della mortalità più alta rispetto agli anni precedenti, con un aumento che non c’è mai stato se non nel ’15-’18 e nel ’43; è l’anno in cui la popolazione italiana diminuisce, cosa che non è mai successa dai tempi dell’unità nazionale e tra questi record, diamo un’occhiata alle curve delle nascite di Milano. I nati nei diversi mesi nel 2007, prima della crisi, hanno la curva gialla che è sempre più alta quasi in tutti i mesi. La curva più scura è il 2014, sempre a Milano, e vedete che è più bassa, ma comunque superiore a quella del 2015, quella rossa. Quindi rendiamoci conto, lo scopriremo tra poco nei dati ufficiali, che Milano nel 2015 ha avuto un ulteriore abbassamento delle nascite. 03/02/2016 16 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” GRAFICO 15 Ora in questa realtà il saldo naturale, che è la differenza nati meno morti, distinto in Italiani e stranieri. Questi sono gli Italiani. Il saldo naturale, nati meno morti, per la popolazione italiana milanese è sempre sotto rispetto alla linea dello zero, per la popolazione straniera è sempre sopra. GRAFICO 16 Quindi quando si chiede quale sia il contributo che ha dato l’immigrazione, ce lo abbiamo sotto gli occhi. È naturale, viene istintivo immaginare che per una popolazione che voglia continuare ad 03/02/2016 17 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” esistere, l’immissione di forze fresche è vitale. Gli italiani non ce la fanno più, il contributo dell’immigrazione è fondamentale. Qui vedete nati stranieri, la curva è questa. Nati italiani, la curva è questa. Siamo quasi arrivati agli stessi livelli, questo non vuol dire che non ci siano le difficoltà che incontrano le famiglie, perché vedete che anche gli stranieri negli ultimi tempi hanno avuto una diminuzione, quindi è difficile mettere al mondo dei figli per tutti, per gli italiani, così come per gli stranieri. Rimane il fatto, però, che il contributo che dà la componente straniera è essenziale, senza la quale noi avremmo che a Milano nascono ottomila bambini e ne nascevano quindicimila non molto tempo fa. GRAFICO 17 Vado a concludere: il futuro. Dietro a tutti questi numeri e dinamiche, cosa potrà succedere in prospettiva? Bene, queste sono stime fatte dal settore statistica del comune di Milano, 2015-2035, un orizzonte di venti anni, senza esagerare. Questa è la popolazione italiana milanese oggi, continuerà ad andare in questa direzione e arriveremo al milione e ventimila. Nello stesso tempo, questa è la componente straniera, la scala è di qua, i 250.000 di oggi sono destinati ad arrivare a 400.000, tenendo conto anche delle acquisizioni di cittadinanze. Quindi è inevitabile che Milano sarà sempre più una città in cui la componente straniera avrà un peso importante. Quindi, non immaginiamo che sia un fenomeno da contrastare, è un fenomeno da valorizzare. In questo senso, prendendo atto di queste cose, di queste dinamiche, di questi numeri, io credo che il messaggio sia molto semplice: siamo di fronte ad un fenomeno che è inserito, radicato nella nostra società che ha molti elementi positivi favorevoli, dà dei contributi. Certo, ci sono anche elementi critici, non nascondiamolo, intendiamoci. 03/02/2016 18 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” Però dà parecchi contributi, noi dobbiamo essere in grado di valorizzare questi contributi, di continuare a gestire e a convivere in maniera positiva con questo fenomeno, per fare in modo che questo patrimonio diventi una vera ricchezza per la comunità e per la città di Milano. Grazie. G. PAOLUCCI: Grazie al professor Blangiardo che, con una bella scorpacciata di numeri, forse ha messo al tappeto qualcuno, ma è molto interessante perché credo che faccia un’operazione di verità anche rispetto, devo dirlo da appartenente alla categoria, ad alcuni stereotipi, luoghi comuni, deformazioni spesso interessate da entrambe le prospettive che in media i giornalisti fanno. Quindi questo sguardo ravvicinato, corroborato da numeri, diciamo ufficiali, ci aiuta davvero a capire che cosa vuol dire che la componente straniera è un fenomeno vitale, con cui dobbiamo fare i conti, piaccia o non piaccia. Se vogliamo farci i conti, la cosa interessante è ascoltare l’esperienza e la testimonianza chi da immigrato, da ex-immigrato ormai, fa i conti con l’Italia, fa i conti con la città di Milano, fa i conti con i problemi e fa i conti con le risorse che in questo paese ha trovato, si parlava prima appunto di un arricchimento reciproco che è l’obiettivo su cui lavorare. Allora sentiamo da due punti di vista diversi, l’esperienza di Francesco Wu, che è un imprenditore che ha dato vita a una rete di imprenditori e che ha fatto questa esperienza da più di vent’anni credo, e che magari ci aiuta a capire come guardare una comunità che spesso viene dipinta, e forse in parte lo è, come una comunità piuttosto chiusa e autoreferenziale, piuttosto che una comunità aperta ad un incontro con la città. Prego. FRANCESCO WU: Buonasera a tutti. Allora, quando il professore dava i numeri, io tra me e me dicevo: «Ma quanti ne arrivano ancora?». È una cosa che ha fatto impressione anche a me, poi mi sono un po’ guardato dentro me stesso e mi sono detto: «ma io sono uno di quelli che è arrivato, perché devo avere paura?». Ero un po’ impressionato anche io dei numeri, milanesi, mica milanesi eccetera. Quindi penso che un po’ di timore, un po’ di paura verso lo straniero, che è una cultura diversa, che ha un aspetto diverso, questo penso che sia normale, come prima impatto. Quello che mi preme dire stasera, che è il tema a cui, secondo me, tutti siamo interessati, è il tema dell’integrazione. Arrivano tutte queste persone, quindi: «Saranno integrate? Come conviveremo?». Io vi racconto un po’ quello che è successo a me e rispetto alla mia esperienza cerco di dare delle idee e un giudizio alla mia esperienza. La parola che in questo momento mi piace di più usare e che ce l’ho lì da un po’, secondo me è non c’è integrazione se non c’è amicizia. Questa è la parola chiave perché solo dall’amicizia, che non è un termine filosofico, bello, ma è un rapporto tra persone. I rapporti tra persone che vivono nella stessa città avvengono in modo naturale, ad esempio adesso ci sono tantissimi bar a gestione cinese, il signore che scende dal quinto piano e va a bere il caffè ad un certo 03/02/2016 19 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” punto si trova davanti un barista cinese e si chiede perché. La prima volta non entra, poi la seconda no, poi la terza sotto casa va a prendere il caffè. Allora vede che il caffè è ancora Illy, quello di prima e constata che sono pure simpatici. Allora torna e quindi nascono dei rapporti, questi sono più superficiali. Ma possono nascere rapporti anche più profondi, di amicizia, magari tra colleghi di lavoro, adesso ci sono tanti giovani che hanno studiato e sono laureati, quindi sono inseriti nel mondo del lavoro e per forza avranno colleghi italiani o di origine straniera, quindi questo permette la nascita di rapporti di amicizia. Questo permette la nascita di rapporti di amicizia. Adesso, parlo per me: io mi ricordo benissimo appena arrivato in Italia andavo in questo doposcuola e c'erano dei volontari che prestavano il loro tempo libero a noi ragazzini, ai tempi erano tanti ragazzini meridionali e anche un ragazzino straniero. Io avevo chiesto a qualcuno di loro: «Ma quanto vi pagano per stare con noi?», perché per me era normale, anche se ero piccolo, nell'ottica cinese, come dire... E poi scopro che lo fanno in modo gratuito e quindi ho notato come queste siano cose che nella vita poi ti colpiscono, quindi il senso della gratuità. io ho imparato il senso della gratuità così forte venendo in Italia. Questo è stato il primo impatto. successivamente ho avuto, ad esempio la maestra delle elementari, che mi insegnava storia, geografia... che si vedeva che mi volesse bene. Quindi non c'è amicizia se non c'è affettività. È quello che lega. Durante la mia vita ho avuto tanti amici, alle superiori, e soprattutto all'università. Tutt'ora adesso che abito a Legnano ho tanti amici italiani. Facendo una battuta posso dire che se mi chiedessero di mettere una bomba a Milano io direi: «Col cavolo! Io ho tanti amici qui», visto che ora va un po' di moda quest’idea qui. Quest’ amicizia nasce tra persone, è un processo lento, naturale ma inarrestabile. Questo permette, nel medio/lungo periodo alle persone di vivere nello stesso posto rispettandosi, perché io ti rispetto se ti voglio anche bene perché altrimenti il rispetto è solo a parole. Questo posso dirlo dopo sette-otto anni che mi occupo di immigrazione, di integrazione della comunità cinese, e sono giunto a questa conclusione. L'altro aspetto importante è che secondo me non è che la parte piccola si omologa alla parte grande, l'integrazione è sicuramente il rispetto delle regole, ma dal punto di vista culturale, è cercare di capire che una cultura nuova, io parlo per la comunità cinese, da un valore aggiunto a Milano. Facendo degli esempi concreti, adesso a Milano sono nate tantissime attività con gestione cinese, tantissimi bar, ristoranti e tanti si chiedono: «Ma come mai è così? Da dove vengono tutti questi soldi?». Queste sono le domande che mi fanno quindi credo siano domande che ci sono in giro. La maggior parte delle persone pensa subito a tre cose: «La leggenda metropolitana dice che il governo aiuti la popolazione che emigra dando 200mila euro ad ogni famiglia». Io ogni volta rispondo: «Cavoli, se fosse veramente così tutti i cinesi scapperebbero dalla Cina invadendo tutto il mondo». E soprattutto sommando tutte le famiglie, 300milioni di famiglie cinesi moltiplicato per 200 mila euro verrebbe fuori una cifra spropositata, quasi il PIL mondiale. Quindi facendo due calcoli, 03/02/2016 20 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” per una persona come me abituata a fare i conti con i numeri, si possono sfatare facilmente queste teorie. L'altra cosa che generalmente si pensa è che, ad esempio, il governo cinese abbia degli accordi particolari con il governo italiano per la detassazione degli imprenditori cinesi per i primi tre anni. Sono tutte cose non vere. Basta chiedere a qualsiasi commercialista e ti dirà lo stesso. La terza di queste ipotesi è che i soldi vengano dalla mafia cinese. Su questo aspetto dico semplicemente che se la mafia facesse crescere così il PIL così dinamicamente avremmo il sud ricchissimo, per fare una battuta. Dove voglio arrivare? La comunità cinese, ad esempio a Milano, dal punto di vista economico è molto vivace, perché ha dei valori che si porta dietro. Ad esempio la gran voglia di lavorare, la capacità di sacrificarsi, il che vuol dire che io in alcuni anni, no per l'intera vita ovviamente, mi sacrifico per un bene maggiore. L'altra cosa molto importante, sempre all'interno della comunità cinese, è l'importanza della parola data, che favorisce il prestito a tasso zero, ad esempio i miei zii, quando io ho aperto un'attività mi hanno prestato i soldi a tasso zero. Una solidarietà interna insieme all'importanza della famiglia in senso ampio, sono valori che hanno reso forte l'Italia nel dopo guerra e sono quelli che hanno permesso la nascita di 4 milioni e mezzo di piccole imprese, in altre parole il boom economico italiano. Questo però probabilmente si è perso negli anni, soprattutto negli ultimi 3-4 decenni. La comunità cinese sta dimostrando, anche lungo il periodo di crisi, che è ancora possibile lavorare. È il valore aggiunto di cui parlavo prima. E quando ho la possibilità di farlo racconto tutto questo perché delle volte noi possiamo trovare le ragioni più disparate della dinamicità della comunità cinese, come quelle elencate prima, quando invece possiamo trovarle a casa nostra. Guardando un altro aspetto, io quattro anni fa, insieme ad alcuni colleghi ho fondato un'associazione di giovani imprenditori. Questo, da parte mia, più che per un amore al vero è un amore al giusto perché ascoltando tutte le cose non vere sulla comunità cinese mi sono detto "Io ho studiato qui, perché non mettere a disposizione quello che vedo, quello che so, a dispetto di tutti, cinesi e italiani, per cercare di fare da ponte. Ma questo amore al vero e al giusto, sono cose che io ho assimilato stando con amici italiani, quindi non è una cosa propriamente cinese, è una cosa di tutti gli uomini, ma è una sensibilità che io ho fatto maturare di più qui in Italia. E l'ho usata per portare avanti una battaglia per il diritto al lavoro, carico scarico delle merci, per la comunità cinese. Prendo valori di sensibilità italiana e intraprendenza e concretezza cinese e porto avanti dei progetti. Per me l'integrazione è questa. Però non mi sono accorto di questa cosa in quel momento stesso ma dopo, quando alcuni amici mi hanno fatto notare che io avevo dei modi di fare molto italiani ma che ero anche molto concreto come i cinesi. Rispetto alla comunità cinese posso dire un’ultima cosa che è una comunità molto vivace, moltissimi giovani studiano in università con una percentuale pari a quella italiana. Questo dato mi ha stupito perché alcuni anni fa ho letto un articolo su La Repubblica in cui si diceva che i cinesi in Italia non fanno andare i figli a scuola. È una comunità che rimane 03/02/2016 21 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” molto attaccata alle proprie radici culturali, non tanto nazionali anche se però in alcuni casi, come in America, in cui si sentono totalmente americani e integrati e quindi non c'è una connotazione etniconazionale ma più una connotazione culturale che non è una cosa per forza negativa. Ad esempio il confucianesimo, che ha molta influenza sulla cultura cinese, con tanti aspetti che riguardano l'importanza della famiglia, dei genitori, del rispetto degli anziani, riguarda tutta una serie di valori positivi che possiamo condividere anche qui. Con questo credo di aver terminato, se mi verrà in mente qualche altra cosa da dire dopo lo farò. G. PAOLUCCI: Ringraziamo Francesco Wu. Raccolgo due osservazioni dal suo intervento che mi piace sottolineare e rilanciare: «Non c'è integrazione se non c'è amicizia». L'integrazione viene spesso interpretata dagli studiosi come qualche cosa che appartiene all'accademia, invece lui ci ha fatto capire che l'integrazione appartiene all'esperienza prima che all'accademia e che quindi è molto importante capire, incontrare, scoprire e valorizzare le dinamiche che si muovono nella base della società, prima ancora che sui libri, perché spesso i libri non raccontano quello che si muove nella società ma raccontano i risultati di elaborazioni teoriche. Non sempre ma purtroppo questo è un limite come è un limite anche il modo in cui i media danno informazioni sulla vita delle comunità. L'altra cosa che mi piace sottolineare è «Ho imparato l'Amore al vero e al giusto, che è una cosa che è all'interno di ogni uomo, ma che io ho imparato qui in Italia». È interessante sottolineare come la dinamica della migrazione portando l'incontro tra persone, permette di riscoprire valori, esperienze e modalità di essere uomini che magari uno ha nel cuore ma non ancora scoperto finché non la vede incarnata nella persona che incontra. Adesso diamo la parola a Mahamoud Asfa. F. WU: Mi sono dimenticato di dire una cosa molto importante. Qui siamo ospiti nel comune di Milano in una sala a valenza politica. Rispetto appunto a questo direi che l'integrazione è una cosa che avviene già nella società civile e la politica stessa non deve far altro che cercare di non ostacolare questo corso naturale, ma cercare di favorirlo. Spesso purtroppo vediamo che non è così, si fanno delle regole che la ostacolano. Si deve stare attenti a vedere e capire un processo che è già in atto e cercare di non ostacolare una cosa che avviene già tutti i giorni. G. PAOLUCCI: Sui libri questo viene definito sussidiarietà, cioè il fatto che l’istituzione pubblica non solo non deve ostacolare, ma deve aiutare quello già ha nella società. Diamo adesso la parola a Mahmoud Asfa, che fa il direttore della Casa della Cultura Islamica, che è una delle istituzioni fra le più antiche della comunità islamica a Milano, architetto proveniente dalla Giordania, che ha famiglia e figli da molto tempo integrati nella nostra città, e che rappresenta uno dei leader, uno dei portavoce 03/02/2016 22 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” più interessanti di una comunità che conta 120.000 persone circa nella nostra città ma che è molto variegata, non solo perché è formata da decine di comunità etniche nazionali, ma anche perché al suo interno, come sapete, ci sono tendenze e anime diverse, modi diversi anche di interpretare l’appartenenza alla grande tradizione che è dentro la Umma, la comunità islamica. Adesso diamo la parola a lui, che ci racconta un po’ questa dinamica di incontro e di valorizzazione e a volte anche di problematizzazione reciproca tra la comunità islamica e la citta di Milano. M. ASFA: Buonasera, vorrei ringraziare il Centro Culturale di Milano, che mi ha permesso di partecipare a questo incontro. Ringrazio anche il comune di Milano che ha ospitato questo incontro. Vi racconterò un po’ dell’esperienza della vita della nostra comunità a Milano. Ma prima farò una premessa dicendo che il fenomeno dell’immigrazione non si è mai fermato e non si fermerà mai. Questo ce lo racconta la storia, che è piena degli spostamenti dell’uomo per necessità. Addirittura i grandi profeti hanno fatto questo fenomeno di immigrazione, come Abramo, Mosè, Gesù, il profeta Muhammad, che Dio li abbia in gloria tutti quanti. Quindi il fenomeno dell’immigrazione non è nuovo o recente, per il quale noi dobbiamo avere problemi, sospetti o paura, si emigra per diversi motivi, come per migliorare la vita, per trovare una qualità di vita migliore, per lo studio o la ricerca, per esprimere la propria opinione, per scappare dalla povertà o dalla morte, oggigiorno vediamo quante miglia di persone scappano dalla morte. Quindi l’immigrazione è un fenomeno di continuo successo, l’uomo si sposta di continuo da una parte all’altra. La cosa peggiore di questo fenomeno è la fuga dalla morte. Oggi vediamo che il Mar Mediterraneo è diventato un grande cimitero, come ha detto una volta il presidente della Repubblica Mattarella. Quando prima il Mar Mediterraneo era un palcoscenico di un grandioso teatro storico e umano, sede del pensiero, della riflessione e un immenso campo dove convergono miti, leggende e dove si sperimentarono gli strumenti intellettivi per discernere la verità dall’immaginario. Per capire se l’immigrazione è un bene, oppure potrebbe essere una risorsa per la società, per rispondere a questa domanda bisogna vedere come ci comportiamo, come gestiamo questo fenomeno di immigrazione. Io credo che se noi la gestiamo in un modo adeguato, questa migrazione è certo una risorsa, una ricchezza, come la storia ci dimostra. L’incontro delle diverse culture, diverse persone, diverse etnie aiuta la crescita. Gli Stati Uniti sono un paese di immigrati, non c’è una nazione che si chiama effettivamente Stati Uniti. È fatta da diversi paesi, diverse etnie, diverse culture, diverse comunità. È diventato il paese più grande del mondo, a prescindere dalle critiche o dai problemi che sono nati, ma rimane un grande stato che ha portato tanto benessere all’umanità. Quindi bisogna trovare il modo di gestire questo fenomeno. Per entrare nello specifico parlando della comunità mussulmana milanese, è una comunità che, come ha detto Giorgio Paulucci, conta 120.000 musulmani a Milano. Vengono 03/02/2016 23 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” da diversi paesi, quindi da diverse culture, diverse etnie. Come gestire questo fenomeno all’interno di questa comunità? È chiaro che ci sono dei grossi problemi, ma credo che la comunità nel globale contribuisca e abbia contribuito allo sviluppo di questa città: al mondo del lavoro, al mondo della scuola, nel mondo delle famiglie, portando anche valori, perché questi immigrati che vengono da diversi paesi non sono persone che non hanno la loro cultura, non hanno da portare qualcosa, o da imparare anche dal paese dove vivono e risiedono. Quindi questi immigrati diventano una risorsa se viene gestito bene questo fenomeno. Io vorrei dire che noi all’interno della nostra comunità viviamo e affrontiamo tantissimi problemi. So che l’italiano con questa crisi ha dei grossi problemi, ma lo straniero ha gli stessi problemi dell’italiano e in più deve organizzarsi, trovare un modo di vivere, trovare casa, trovare lavoro, come comprendere questo nuovo ambiente, una nuova cultura. Sono grossi problemi che lo straniero affronta in questa società. Per esempio, parliamo dei primi immigrati, la prima generazione di immigrati - perché l’immigrazione ha anche avuto delle tappe. I primi immigrati di origine straniera che hanno mantenuto la cittadinanza originaria si considerano, tuttavia, come i veri e propri cittadini del loro nuovo paese e hanno definitivamente stabilito la loro presenza e la loro residenza. In alcuni paesi, in Olanda ad esempio, hanno per fino potuto ottenere il diritto al voto amministrativo. Per quanto riguarda la seconda e la terza generazione che è in Italia sono a tutti gli effetti cittadini italiani, godono della cittadinanza del paese dove risiedono e rimarranno per sempre. Sono con tutti i diritti civili, non dobbiamo pensare che questi qui sono stranieri. I mussulmani oggi sono parte integrante della società civile, come gli appartenenti a qualsiasi altra confessione, in quanto tali partecipano a pieno titolo alla crescita economica culturale e sociale del paese in cui vivono. Nonostante la presenza di una cultura prevalente in ogni società europea, queste società sono ormai diventate multiculturali, multi-religiose, multietnica, anche il principio che divide il potere della religione dal potere dello stato rende la questione religiosa un fatto strettamente personale. Dobbiamo anche capire che queste società, questi nuovi cittadini all’interno delle loro comunità, hanno dei problemi e bisogna sempre aprirsi nei loro confronti per capire come dobbiamo comportarci. Ad esempio, quando una volta raccontavo questo episodio a Giorgio, lui mi ha detto: «Mi piacerebbe che tu raccontassi questo episodio alla gente che viene ad ascoltarti». Riguarda il conflitto generazionale. C’erano dei genitori che frequentavano la nostra sede, il luogo di culto, il centro culturale nella nostra piccola “moschea” ‒ tra virgolette perché sono praticamente moschee-garage, ecco ‒ venivano questi dieci genitori a dirmi: «noi abbiamo grossi problemi con i nostri figli». E io gli rispondo: «Cosa c’è?» Sono dieci persone di cui ognuno di loro ha due o tre, quattro figli. Tutte queste dieci persone hanno grossi problemi con i propri figli. Cominciamo a capire qual è il problema: «Non ci rispettano, non rispondono all’ordine, ci prendono in giro perché noi parliamo l’italiano in modo… ‒ perché quando 03/02/2016 24 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” uno impara l’italiano trova delle difficolta, invece, loro nati e cresciuti in Italia sono a tutti gli effetti italiani e li prendevano in giro anche quando discutevano in italiano a casa». «Portate questi vostri figli e vediamo qual è il problema tra voi e loro». Un giorno vennero trenta ragazzi di sedici, diciotto, vent’anni e comincio a parlare con loro. Alla fine scopro che il problema non è dei figli, il problema è dei genitori. Allora chiamo i genitori di nuovo e dico: «Guardate non ho bisogno di parlare con i vostri figli, avrei bisogno di parlare con voi». Perché il modo di educare i figli era totalmente sbagliato. Sbagliato perché questi genitori sono nati e cresciuti in diversi paesi: Egitto, Giordania, Marocco e hanno avuto un’educazione completamente diversa da quella che i bambini pretendono di avere dai loro genitori. Quindi i genitori pretendono di educare i loro propri figli come sono stati educati loro stessi. Non prendono in considerazione l’ambiente, la cultura, la storia del paese. Questi bambini, se veramente voi pretendete di educarli come voi siete stati educati dai vostri genitori, sbagliate perché l’ambiente influenza, la cultura, la storia, la scuola, è tutto diverso. Non dovete pretendere di educare i vostri figli; dovete aprire i vostri cervelli, dovete aprirvi alla società dove vivete e cominciare a capire come educare i vostri figli. Io citavo sempre questo esempio, dicevo a qualcuno di loro: «Quando vivevi in Egitto, in Giordania, quando avevi dieci anni, quando il tuo papà ti chiamava per chiederti qualcosa, cosa rispondevi? Quando diceva: “Oh Mohamed vieni qua” tu scatti subito senza neanche pensare, vai, è un ordine. Qui non puoi utilizzare questo modo, devi dire: “Mohamed puoi venire per favore?” Questo è un modo diverso. Anche un islamico nonostante l’ambiente diverso deve incominciare ad educare i figli in questo modo, non puoi pretendere di obbligare tuo figlio a venire, a ricevere ordini. Tu devi dialogare, devi aprire un dialogo, devi educarlo al rispetto, al creare questo tipo di rapporto tra il padre e i propri figli. Noi abbiamo, non solo il conflitto generazionale tra gli italiani stessi, ma anche all’interno delle comunità. Quindi un altro episodio ‒ perché parlo dei problemi all’interno della comunità, ma anche dei problemi tra la comunità e la società. Mia figlia era nella prima superiore. Nata e cresciuta in Italia, italiana a tutti gli effetti, parla milanese e qualche volta mi prende in giro quando parliamo in italiano, con tanta simpatia non con mancanza di rispetto. Una volta è nata una discussione tra mia figlia e una sua compagna di scuola che diceva: «Tu non sei italiana, tu sei straniera». Mia figlia rispondeva: «No, io sono italiana, sono nata e cresciuta in Italia». È nata questa discussione: sei italiana o non sei italiana. Poi mia figlia diceva: «Io sono nata a Milano, tu sei nata a Reggio Calabria, quindi sono più milanese di te». Continua questo tipo di discussione e arrivano a partecipare anche i compagni, una parte con mia figlia e l’altra con l’altra ragazza finché interviene un insegnante dicendo: «Basta smettete di dire queste cose». Il giorno dopo succede che la ragazza italiana viene a chiedere scusa a mia figlia dicendo: «Ti chiedo scusa perché magari ti ho insultato, ho alzato la voce. Ti chiedo scusa per questo ma rimango convinta del fatto che non sei italiana». Questo problema tra 03/02/2016 25 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” la società e la comunità è un problema non più della comunità. Ormai questi sono cittadini, sono italiani, sono i futuri cittadini di questo paese che partecipano allo sviluppo, si sentono italiani. Se ci sono dei problemi dobbiamo cercare di risolverli tutti quanti. Noi come responsabili di una comunità cerchiamo di educare queste nuove generazioni al rispetto. All’interno della nostra comunità quasi tre o quattro volte spieghiamo la costituzione italiana. Io ho fatto un libro ‒ spero che i prossimi giorni sia stampato ‒ riguardo questi concetti: L’islam, nelle sfide della città moderna, i problemi di questi ragazzi nati e cresciuti in questo paese, in questa società, che sono italiani a tutti gli effetti, con questa apertura di questo mondo, con quello che è accaduto a Parigi e in altri paesi. Il problema purtroppo quando succede qualcosa del genere è che si parla di “terrorismo islamico”, “Islam”, ma questo è un problema delle società, non dell’Islam o della religione. Io sono certo che tutte le religioni sono religioni di pace, di dialogo e di rispetto reciproco, non può essere una religione rivelata da Dio per creare problemi. Quando un mussulmano commette un crimine non si può parlare di “terrorismo islamico”, si dice che è un delinquente, un terrorista. Qui i mass-media insistono a dare un’impronta religiosa: perché quando un cristiano o un ebreo commette questo tipo di attentato non si dice “terrorismo cristiano”? Non c’è un terrorismo di religioni, c’è un terrorismo di delinquenza di gente che non rispetta la religione stessa. Noi dobbiamo, di fronte a questo fenomeno di immigrazione, sederci tutti quanti, mussulmani, cinesi, cristiani, ebrei, quando c’è un problema dobbiamo sederci tutti quanti attorno a un tavolo e trovare una soluzione a questi problemi. Per esempio, riguardo a quello che è accaduto a Parigi, andiamo nelle periferie a vedere come vivono questi ragazzi francesi. Addirittura sono arrivati alla quarta o quinta generazione. Sono a tutti gli effetti francesi, però vivono nei ghetti, nella miseria, vengono considerati cittadini di serie B. Questo crea problemi e meno male che l’Italia ha questa grande fortuna di non avere questi ghetti; qui questi conflitti non esistono. Nonostante il recente fenomeno dell’immigrazione ‒ l’immigrazione più consistente che l’Italia ha avuto dopo gli anni ’90, quando è stata fatta la legge per la regolarizzazione degli stranieri in Italia, la Legge Martelli; lì hanno cominciato ad arrivare tantissimi stranieri ‒ credo che, risolvendo questi problemi, facendo sentire questi ragazzi, che sono nati e cresciuti in Italia, italiani, a questo punto si possa creare un mondo migliore, una società sana, una società culturalmente diversa dove ognuno rispetta l’altro. Però se continuano a succedere episodi come sono successi all’interno della nostra comunità… Per esempio capita che un ragazzo laureato, nato e cresciuto in Italia, con la cittadinanza, chiami per fare un colloquio di lavoro e, quando la ditta lo chiama e chiede il nome, lui dica un nome sia arabo che italiano, Zaccaria per esempio. Fissa l’appuntamento, poi quando arriva a fare questo colloquio lo vedono di pelle diversa, allora dicono di aver già trovato lavoro. Peggio ancora quando una ragazza con il velo va a fare questo colloquio. Questi fenomeni danno un effetto negativo, perché il ragazzo è nato e cresciuto in Italia; ci si comporta con lui in questo modo e lui dice: «Io sono 03/02/2016 26 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” italiano» e la maggior parte dei nostri figli sono italiani, sanno pochissimo della cultura o della lingua del loro genitori, sono a tutti gli effetti italiani e dobbiamo comportarci con loro dandogli l’opportunità di farli sentire veramente italiani. Io mi fermo perché forse ho fatto troppo tardi. G. PAOLUCCI: Grazie Mahmoud Asfa per questo spaccato, veritiero e anche coraggioso della comunità islamica. Questa cosa che ci hai raccontato attorno al tema dell’educazione ‒ che cosa vuol dire educare, cosa vuol dire tramandare i valori attraverso un’esperienza e nello stesso tempo essere disponibili a mettersi in discussione di fronte alla libertà dei propri figli ‒ direi che è uno spaccato totalmente universale, non assolutamente islamico, è lo spaccato con cui chi ha figli fa quasi tutti i giorni i conti. Questa è la dimostrazione che abbiamo molto terreno in comune su cui lavorare. E a proposito del terreno in comune, prima di concludere e dare brevemente la parola ad alcuni rappresentanti delle comunità straniere che sono qui, mi piaceva dire che questo lavoro che stiamo facendo proseguirà il 22 febbraio alle 20:45 con la seconda puntata al Teatro Litta, Corso Magenta 24, dove vi invitiamo tutti ad ascoltare un concerto dei nostri amici del coro Elikya, che vuol dire speranza, fondato a Milano e diretto da Raymond Bahati. Cantanti e musicisti di dodici Paesi residenti in Italia eseguono le diverse tradizioni musicali. Il canto, la musica, l’arte sono la strada in cui si vede quella comune esperienza umana elementare che precede e genera la diversità. Sono la strada nella quale le migrazioni divengono cittadinanza. A questo proposito segnalo questo libro, realizzato da Gilberto Perego e Antonio Airò e promosso da don Giuseppe Zhang Zhe, il sacerdote della comunità di Milano di via Paolo Sarpi. Il libro si intitola Pionieri Italiani in Cina e il ricavato va per la costruzione già iniziata di una chiesa cattolica in Cina. Racconta le gesta di italiani che hanno contribuito a fare grande anche la Cina. È un esempio della nostra migrazione che ha arricchito la Cina. Saluto anche alcuni rappresentanti delle comunità o dei gruppi che sono qui presenti, in particolare le Suore di Carità dell’Assunzione di via Martinengo, don Giuseppe Zhang Zhe, Violeta Popescu del Centro Culturale Italo Romeno, Marika Zeloyaka della comunità ucraina, Raymond Bahati. Adesso diamo la parola brevemente per un saluto ad Hector Villanueva rappresentante di EXPO dei Popoli. HECTOR VILLANUEVA: Buona sera a tutti, per me è veramente un grande piacere essere qui con voi. Io sono arrivato nell’89 con tanti sogni e abbiamo creato la musica latina. Oggi non c’è un locale, un bar, ristorante o discoteca in cui non si faccia musica latina. Questo ha creato la nostra impresa, infatti oggi tanti hanno un lavoro grazie alla musica, al folklore, alle danze, perché noi abbiamo creato discoteche, pub e così via. L’abbiamo portata anche al mare dove facciamo l’animazione. Volevo dire due cose al professore dell’università (Gian Carlo Blangiardo) che nelle ultime ricerche che abbiamo 03/02/2016 27 Testi-CMC “Immigrati, risorsa per Milano e l’Europa?” fatto, con la Caritas, Fondazione Caritas, gli immigrati in Italia portano l’11.2% del PIL italiano e 620.000 pensionati, grazie ai contributi degli immigrati oggi percepiscono anche la pensione. L’EXPO per i Popoli è un progetto nato nel 2013 sotto l’egida di Papa Francesco e ha unificato 146 associazioni nei 5 continenti e serve per costruire un dialogo interculturale e interreligioso con la finalità di creare una grande Milano. Mi sun chi per lavurà perché Milan l’è proprio un gran Milan. Grazie . G. PAOLUCCI: Dopo questo esperimento di meneghino mescolato al peruviano noi concludiamo. Ricordiamo che poi ci sarà una terza tappa del nostro percorso che troverete sul sito che non abbiamo ancora temporizzato, ma sarà nel mese di marzo e si intitola L’arte è luogo di dialogo e identità e riproporremo un progetto molto interessante, coniato alla Pinacoteca di Brera che si chiama Brera è un’altra storia. Abbiamo qui la professoressa Grazia Massone che ci aiuterà a conoscere questo progetto. L’idea è quella di un gruppo di mediatori culturali stranieri che ci racconta come possono aiutare a far conoscere il patrimonio dell’arte e della pittura italiana avendo come filtro l’identità del loro paese di provenienza. Sarà una serata in cui ascolteremo com’è nato questo progetto, ma avremo anche la possibilità di una visita guidata breve insieme a questi mediatori culturali di varie nazionalità che racconteranno come il patrimonio artistico italiano viene filtrato dalla loro identità culturale. È una esperienza molto interessante a cui vi invitiamo; sarà nel mese di marzo e troverete presto notizie sul sito. Mi piace concludere ricordando una frase di uno straniero che vive in Italia, abbastanza importante, molto seguito, sempre vestito di bianco che si chiama Papa Francesco e viene da lontano, come lui spesso ama dire. Durante uno dei suoi viaggi, parlando del tema del dialogo ‒ veniva dal viaggio in Asia, in cui aveva incontrato i vescovi coreani e aveva fatto un lungo incontro con culture molto diverse che si erano incontrate e fecondate anche nell’incontro con il cristianesimo ‒lui ha detto questa frase che mi piace ricordare in chiusura a proposito del dialogo, che è una parola molto usata e forse anche abusata, perché a questa parola bisogna dare un contenuto. Stasera abbiamo cercato di dargli un contenuto attraverso le esperienze che abbiamo ascoltato. Diceva: «Al principio del dialogo c’è l’incontro. Da esso si genera la prima conoscenza dell’altro. Se si parte dal presupposto della comune appartenenza alla natura umana si possono superare i pregiudizi e le falsità e si può iniziare a comprendere l’altro secondo una prospettiva nuova».È il tentativo che abbiamo fatto questa sera. Io ringrazio il professor Blangiardo, Francesco Wu e Mahmoud Asfa. È il tentativo che continueremo a fare. È il tentativo che il Centro Culturale di Milano vuole offrire alla città per verificare nell’esperienza se è possibile e come è possibile incontrarsi e vivere insieme. Grazie. 03/02/2016 28