5 rischio sismico - Terre di Pianura

Transcript

5 rischio sismico - Terre di Pianura
PIANO DI EMERGENZA
INTERCOMUNALE
ALLEGATO 5
SCENARIO DI RISCHIO INTERCOMUNALE
CARTA RISCHIO SISMICO
Comuni di:
Baricella - Budrio - Granarolo dell’Emilia - Minerbio
PREMESSA
La Terra è un sistema dinamico e in continua evoluzione, composto al suo interno da rocce
disomogenee per pressione e temperatura cui sono sottoposte, densità e caratteristiche dei
materiali. Questa elevata disomogeneità interna provoca lo sviluppo di forze negli strati più
superficiali, che tendono a riequilibrare il sistema spingendo le masse rocciose le une contro le
altre, deformandole. I terremoti sono un’espressione e una conseguenza di questa continua
evoluzione, che avviene in centinaia di migliaia e, in alcuni casi, di milioni di anni.
Il terremoto si manifesta come un rapido e violento scuotimento del terreno e avviene in modo
inaspettato, senza preavviso. L’energia liberata nel sottosuolo viaggia attraverso la terra sotto
forma di onde che, giunte in superficie, si manifestano come movimenti rapidi del terreno che
investono le persone, le costruzioni e il territorio. Un terremoto, soprattutto se forte, è
caratterizzato da una sequenza di scosse chiamate periodo sismico, che talvolta precedono e
quasi sempre seguono la scossa principale. Le oscillazioni provocate dal passaggio delle onde
sismiche determinano spinte orizzontali sulle costruzioni e causano gravi danni o addirittura il
crollo, se gli edifici non sono costruiti con criteri antisismici. Il terremoto genera inoltre effetti indotti
o secondari, come frane, maremoti, liquefazione dei terreni, incendi, a volte più dannosi dello
scuotimento stesso. A parità di distanza dalla faglia in cui si è generato il terremoto (ipocentro), lo
scuotimento degli edifici dipende dalle condizioni locali del territorio, in particolare dal tipo di terreni
in superficie e dalla forma del paesaggio. Per definire la forza di un terremoto sono utilizzate due
grandezze differenti: la magnitudo e l’intensità macrosismica. La magnitudo è l’unità di misura che
permette di esprimere l’energia rilasciata dal terremoto attraverso un valore numerico della scala
Richter. L’intensità macrosismica è l’unità di misura degli effetti provocati da un terremoto,
espressa con i gradi della scala Mercalli. Per ridurre gli effetti del terremoto, l’azione dello Stato si
è concentrata sulla classificazione del territorio, in base all’intensità e frequenza dei terremoti del
passato, e sull’applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone classificate sismiche.
La legislazione antisismica italiana, allineata alle più moderne normative a livello internazionale
prescrive norme tecniche in base alle quali un edificio debba sopportare senza gravi danni i
terremoti meno forti e senza crollare i terremoti più forti, salvaguardando prima di tutto le vite
umane. Sino al 2003 il territorio nazionale era classificato in tre categorie sismiche a diversa
severità. I Decreti Ministeriali emanati dal Ministero dei Lavori Pubblici tra il 1981 ed il 1984
avevano classificato complessivamente 2.965 comuni italiani su di un totale di 8.102, che
corrispondono al 45% della superficie del territorio nazionale, nel quale risiede il 40% della
popolazione.
Nel 2003 sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale, basati
sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia
sull’analisi della probabilità che il territorio venga interessato in un certo intervallo di tempo
(generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo.
Il provvedimento detta i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato
l’adozione della classificazione sismica del territorio (Decreto Legislativo n. 112 del 1998 e Decreto
del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 - "Testo Unico delle Norme per l’Edilizia”), hanno
compilato l’elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle quattro zone, a pericolosità
decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale.
Zona 1 - E’ la zona più pericolosa. Possono verificarsi fortissimi terremoti
Zona 2 - In questa zona possono verificarsi forti terremoti
Zona 3 - In questa zona possono verificarsi forti terremoti ma rari
Zona 4 - E’ la zona meno pericolosa. I terremoti sono rari
La classificazione sismica (zona sismica di appartenenza del comune) rimane utile solo per la
gestione della pianificazione e per il controllo del territorio da parte degli enti preposti (Regione,
Genio civile, ecc.).
Il rischio è espresso quantitativamente in funzione dei danni attesi a seguito di un terremoto, in
termini di perdite di vite umane e di costo economico dovuto ai danni alle costruzioni ed al blocco
delle attività produttive.
Esso è determinato da tre fattori: Pericolosità,Vulnerabilità,Esposizione.
Pericolosità:La pericolosità sismica di una zona, genericamente è determinata dalla frequenza
con cui avvengono i terremoti e dall’intensità che raggiungono, la pericolosità sismica, in senso
probabilistico, è la probabilità che un valore prefissato di pericolosità, espresso da un parametro
di moto del suolo, venga superato in un dato sito entro un fissato periodo di tempo.
Vulnerabilità: La vulnerabilità sismica rappresenta la propensione di una struttura a subire un
determinato livello di danno a fronte di un evento sismico di data intensità.
Esposizione:Il terzo fattore si riferisce alla quantità e qualità dei beni esposti.
Esso è quindi in qualche modo connesso al valore di quanto può essere distrutto dal terremoto.
Nella definizione di rischio intervengono dunque, oltre la alla pericolosità sismica (frequenza e
intensità dei terremoti), anche le caratteristiche del territorio. A parità di pericolosità, un’area
densamente popolata e caratterizzata da costruzioni poco resistenti al terremoto avrà un rischio
elevato, mentre un’area dove non ci sono edifici, né popolazione, né altri beni avrà rischio nullo.
Dunque elevata pericolosità sismica non significa necessariamente elevato rischio sismico.
VULNERABILITA’ TERRITORIALE
L’analisi storica sulla sismicità in provincia di Bologna non fornisce un quadro attendibile nonostante gli studi sui terremoti del passato - e nel complesso risulta essere ancora poco
conosciuta a causa della scarsa densità degli insediamenti nel medioevo; le informazioni
ricostruite tendono a riferirsi ai centri urbani principali distribuiti lungo la via Emilia (visione urbano
centrica) favorendo ampie zone d’ombra nell’area appenninica ed in pianura, dove si registra un
vero e proprio «silenzio delle fonti» (che è cosa diversa da zone sismogenetiche silenti)
soprattutto nel periodo 1100-1500.
I periodi sismici nella provincia di Bologna sono in genere molto lunghi, in particolare in pianura,
ma gli effetti registrati nel passato sono abbastanza contenuti; l’intensità massima ricostruita è
stata dell’VIII° (M.C.S.) negli eventi di Monte San Pietro (1929), Castel del Rio (1725) e tra il VII e
l’VIII grado a Vergato nel 1869.
Ampie zone del territorio provinciale risentono invece di eventi ad intensità maggiore con
epicentro fuori provincia; nello specifico possiamo considerare l’area compresa tra i comuni di
Malalbergo e Molinella interessati dei terremoti superficiali che insistono in provincia di Ferrara,
associati alla struttura compressiva della dorsale ferrarese, i comuni dell’alto Appennino che
risentono degli eventi della Garfagnana e del Mugello, le cui aree sismogenetiche possono
generare terremoti anche distruttivi ed i comuni dell’imolese che risentono nettamente dei forti
terremoti dell’area romagnola. La valle del Samoggia risente invece dei terremoti del modenese e
del reggiano.
L’area epicentrale della sequenza sismica emiliana del maggio-giugno 2012 ricade nella porzione
meridionale della Pianura Padana, circa 40 km a nord della catena Appenninica settentrionale.
La sequenza è stata caratterizzata da due forti scosse principali (stelle rosse in figura 1). La
prima, avvenuta il 20 maggio alle 04:03 ora italiana di magnitudo M 5.9 a una profondità di 6.3
km, ha colpito l’area tra Finale Emilia e San Felice sul Panaro; la seconda scossa, avvenuta il 29
maggio alle 09:00 ora italiana, con una magnitudo M 5.8 e profondità di 10.2 km, è stata
localizzata circa 12 km a sud-ovest della precedente. L’area delle repliche si è estesa in
direzione est-ovest per più di 50 km, ed è stata caratterizzata dall’occorrenza di cinque eventi di
magnitudo M ≥5.0 (stelle grigie in figura 1) e più di 1800 con magnitudo M >1.5 (cerchi verdi in
figura 1). I dati della sequenza indicano che si sono attivate due faglie inverse, facenti parte del
sistema tettonico compressivo dell’area (linee nere con barbette in figura 1), sepolte al di sotto di
una spessa copertura di sedimenti della piana del Po.
Le informazioni storiche rivelano che l’area epicentrale del 2012 ricade in una regione a sismicità
relativamente moderata (gli eventi storici sono indicati con quadrati blu in figura 1), con terremoti
che hanno prodotto effetti sino all’VIII grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg. Questi effetti
sono stati osservati nel 1570 a causa di un terremoto che ha colpito la provincia di Ferrara, a soli
35 km di distanza dagli epicentri del 2012. L’evento storico ha avuto origine lungo il
prolungamento orientale del sistema di faglie inverse responsabili della sequenza del 2012.
Alcuni dei paesi colpiti dagli eventi recenti erano già stati scossi dal terremoto del 1570. I dati
storici evidenziano anche che, analogamente al 2012, la sequenza sismica del 1570 è durata
molto tempo (circa due anni) ed è stata caratterizzata da scosse principali multiple. Inoltre anche
in questo caso, i terremoti hanno causato fenomeni di liquefazione in diverse località, oltre che
fratture del terreno e cambiamenti del regime delle acque di superficie. La memoria storica
riporta tracce di un terremoto nel 1346 a Ferrara, ma le informazioni a disposizione sono poche e
le incertezze nella localizzazione sono molto elevate. Il settore settentrionale della provincia di
Modena è stato scenario di eventi sismici di magnitudo medio-bassa nel 1986 (M 4.6) e nel 1987
(M 4.7) (cerchi celesti in figura 1). Più frequente, invece, è la sismicità con eventi di magnitudo
moderata al limite occidentale dell’area del 2012. Questa zona nel 1996 è stata colpita da un
terremoto di magnitudo M 5.4 (cerchio celeste in figura 1) che ha prodotto effetti molto estesi,
principalmente nei paesi di Bagnolo in Piano e Correggio, fino ad interessare anche le zone
danneggiate nel 2012. Un terremoto comparabile all’evento del 1996 è avvenuto circa 10 km più
a nord nel 1806 (non in figura 1) danneggiando Correggio (VII grado MCS), e altre località colpite
anche nel 2012, quali Reggiolo e Carpi (VI-VII grado MCS).
SCENARI DI RISCHIO IPOTIZZABILI
Per scenario si intende la valutazione preventiva del danno relativo a popolazione, strutture
abitative e produttive, infrastrutture, patrimonio ambientale e culturale, al verificarsi dell’evento di
riferimento.
La valutazione dello scenario comprende:
• L’individuazione dell’evento di riferimento, cioè l’evento sismico corrispondente al massimo
storico, che può interessare il territorio;
• Lo studio degli effetti locali, ovvero delle condizioni geologiche e geomorfologiche che
possono far variare notevolmente i parametri del terremoto al sito (a causa di effetti di
amplificazione locale dovuta ai terreni) o indurre fenomeni di instabilità.
• La valutazione della vulnerabilità dei beni esposti e la conoscenza dell’esposizione.
E' necessario individuare gli eventi che siano "critici" rispetto alla gestione dell' emergenza,
considerando non soltanto eventi storici, ma tutte le possibili situazioni in termini di intensità
desunte per il territorio in esame e di pericolosità. Si potranno ipotizzare danni agli edifici, alle
infrastrutture, interruzione di servizi, incendi, fuoriuscite di gas, allagamenti, danni alla
popolazione residente e non, decessi, ferimenti, persone disperse, inagibilità di alloggi e luoghi
di lavoro
LINEAMENTI DI INTERVENTO
Gli obiettivi prioritari da perseguire immediatamente dopo il verificarsi dell’evento sismico, sotto il
coordinamento del referente del SIPC o del COR sono:
• Direzione e coordinamento di tutti gli interventi di soccorso: da attuarsi in una sede
adeguata, individuata in una struttura antisismica;
• Raggiungimento delle aree di attesa da parte della popolazione: con l’ausilio di
squadre composte da volontari di Protezione Civile e pattuglie della Polizia Locale;
Informazione costante alla popolazione: presso le aree di attesa in merito sia
all’evoluzione del fenomeno in atto e delle conseguenze sul territorio
comunale/comunitario sia all’attività di soccorso in corso di svolgimento. Saranno forniti
anche gli indirizzi operativi e comportamentali conseguentiall’evolversi della situazione;
• Assistenza alla popolazione confluita nelle aree di attesa: attraverso l’invio immediato
di un primo gruppo di volontari, polizia locale, personale sanitario, per individuare la
situazione ed impostare i primi interventi.
• Organizzazione del pronto intervento sanitario: assicurato dal gruppo composto da
vigili del fuoco, personale medico e volontari;
• Ispezione e verifica di agibilità delle strade: per consentire, nell’immediato,
l’organizzazione complessiva dei soccorsi.
• Assistenza ai feriti: assicurata da personale medico-infermieristico al fine di prestare le
prime cure possibili, effettuaare le prime valutazioni diagnostiche insieme alla
stabilizzazione dei pazienti da smistare, secondo le esigenze mediche, verso i più vicini
nosocomi;
• Assistenza a persone anziane, bambini e soggetti portatori di handicap: troveranno
ospitalità e prima accoglienza presso l’area di ricovero già precedentemente segnalata
alla popolazione anche con iniziative di formazione ed informazione.
• Riattivazione delle telecomunicazioni e/o installazione di una rete alternativa: che
dovrà essere immediatamente garantita per gli uffici pubblici e per i Centri Operativi e le
strutture sanitarie dislocate nell’area colpita attraverso l’impiego necessario di ogni mezzo
o sistema .
Successivamente si dovrà provvedere a:
• Ispezionare gli edifici: al fine di appurare l’agibilità e quindi accelerare, ove possibile, il
rientro della popolazione.
• Ispezionare e verificare le condizioni delle aree soggette a fenomeni di instabilità
dei terreni: con particolare riguardo a quelle che insistono su centri abitati, sistemi a rete,
etc; anche in questo caso, dovranno essere eseguiti da parte dell’Autorità competente gli
interventi urgenti (eventualmente provvisori) atti ad evitare danni a persone e a cose o a
ridurre il progredire dei fenomeni di instabilità
• Ripristinare la funzionalità dei Servizi Essenziali: al fine di assicurare l’erogazione di
acqua, elettricità,gas e servizi telefonici, oltre a garantire lo smaltimento dei rifiuti e dei
reflui. Tutto quanto sopra va effettuato sia provvedendo a riparazioni urgenti e provvisorie,
sia mediante l’utilizzo di apparecchiature d’emergenza (per es. gruppi elettrogeni,
autoclavi, etc.), sia provvedendo con mezzi alternativi di erogazione (per es. autobotti).
• Garantire il mantenimento dell’attività degli uffici: (anagrafe, ufficio tecnico, polizia
locale) provvedendo con immediatezza ad assicurare i collegamenti con la Regione, la
Prefettura e la Provincia;
•
Censimento e tutela dei beni culturali: predisponendo specifiche squadre di tecnici per
la messa in sicurezza di reperti, o altri beni artistici, in aree sicure, facendo riferimento alle
competenti Sovrintendenze e ove necessario al Comando di Tutela del Patrimonio
Artistico dell’Arma dei Carabinieri.
ATTIVAZIONE DEL SERVIZIO INTERCOMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE
Il Servizio intercomunale ha il compito di ausilio ai Sindaci, ai Referenti Comunali di Protezione
Civile e alle strutture comunali in genere, investite delle competenze previste dal modello
“Augustus”, al fine di fronteggiare l’emergenza, coordinando gli interventi e razionalizzando le
risorse, sia umane, sia strumentali, fornendo supporto tecnico e logistico alle strutture operative
comunali .
Al ricevimento della segnalazione il SIPC attiva le procedure preliminari per la verifica della
situazione in atto, disponendo:
• l’allertamento preventivo dei responsabili delle Associazioni di Volontariato;
• l’allertamento preventivo dei Referenti Comunali di Protezione Civile;
• l’esecuzione di sopralluoghi di verifica, mediante invio sul luogo della segnalazione di
personale (Polizia Municipale, Ufficio Tecnico, operatori delle Associazioni di
Volontariato);
• le comunicazioni ai Sindaci dei Comuni confinanti o comunque potenzialmente interessati
dall’evento
• Qualora, per intensità, estensione territoriale, gravità degli effetti , l’evento calamitoso si
configuri come “evento di tipo B”, il servizio associato garantisce l’assistenza logistica e
tecnica all’eventuale costituzione, da parte del Prefetto, del Centro Operativo Misto (COM)
presso la sede individuata .
• Allestimento della Sala Operativa Intercomunale per il coordinamento delle procedure in
caso di preallarme ed allarme
ALLESTIMENTO SALA OPERATIVA
All’attivazione della fase di preallarme o allarme, il SIPC dispone l’allestimento della sala
operativa intercomunale ubicata presso la sede dell’Unione Terre di Pianura sita in Granarolo
dell’Emilia. Nella sala operativa dovranno essere predisposte le attrezzature necessarie per le
comunicazioni e per il coordinamento delle risorse.
Per il coordinamento delle risorse del Volontariato il SIPC può chiedere l’assistenza alla
Consulta Provinciale del Volontariato o rivolgersi direttamente ai Responsabili delle locali
associazioni.
GESTIONE DELL’EMERGENZA
I Sindaci, per assicurare nell’ambito dei propri territori comunali la direzione ed il coordinamento
dei servizi di soccorso e di assistenza alla popolazione colpita, attivano il SIPC al fine di
organizzare gli interventi necessari dandone immediata comunicazione alla Regione (A.R.P.Civ.),
alla Prefettura ed alla Provincia.
Il SIPC predispone l’utilizzo dell’area maggiormente idonea ad accogliere mezzi pesanti e
quant’altro occorra in stato di emergenza.
All’interno della Sala Intercomunale di Protezione Civile viene individuata una “area decisionale”,
nella quale affluiscono i soggetti preposti a prendere decisioni.
La Sala Operativa vera e propria è strutturata in funzione di supporto ai settori comunali investiti
delle varie funzioni secondo il modello Augustus.
Il Referente del SIPC individua un operatore quale ausilio al coordinamento degli interventi dalla
Sala Operativa.
Il Sindaco o l’Assessore delegato, in relazione alle circostanze dell’evento, attiverà le funzioni di
supporto ritenute necessarie per la completa gestione dell’emergenza.
Ciascun Responsabile di Settore coordinerà, relativamente al proprio settore di competenza, tutti i
soggetti individuati dalla pianificazione che saranno impegnati nelle azioni volte al raggiungimento
degli obiettivi individuati nei lineamenti di intervento.
Le attività specifiche da adottare sono:
1. mantenere e coordinare tutti i rapporti tra le varie componenti scientifiche e tecniche
(Servizio Tecnico di Bacino Reno, Servizio Geologico Sismico e dei Suoli della Regione
Emilia-Romagna, INGV, Dipartimento della Protezione Civile) cui è richiesta una analisi
conoscitiva dell’evento sismico e del rischio associato, con l’aggiornamento continuo dello
scenario sulla base dei dati acquisiti;
2. rendere disponibile presso la Sala Operativa Intercomunale la cartografia del territorio (di
base e tematica);
3. garantire il continuo scambio di dati per l’aggiornamento della cartografia con l’indicazione
dei danni, degli interventi di pronto intervento sul territorio intercomunale e dell’ubicazione
delle aree di accoglienza;
4. soccorso immediato ai feriti;
5. recupero e alla gestione delle salme;
6. gestione di pazienti ospitati in strutture ospedaliere danneggiate o in strutture sanitarie
campali;
7. fornitura di farmaci e presidi medico-chirurgici per la popolazione colpita;
8. assistenza sanitaria di base e specialistica;
9. vigilanza igienico-sanitaria;
10. controlli sulle acque potabili fino al ripristino della rete degli acquedotti;
11. disinfezione e disinfestazione;
12. controllo degli alimenti e distruzione e smaltimento degli alimenti avariati;
13. profilassi delle malattie infettive e parassitarie;
14. problematiche di natura igienico-sanitaria derivanti da attività produttive e da
15. discariche abusive;
16. smaltimento dei rifiuti speciali;
17. verifica e ripristino delle attività produttive;
18. assistenza psicologica e di assistenza sociale alla popolazione:
19. redigere un quadro sinottico delle risorse in termini di mezzi, materiali, uomini e
professionalità in relazione alla specificità delle attività svolte dalle organizzazioni locali di
volontariato, al fine di supportare le operazioni di soccorso ed assistenza alla popolazione;
20. predisporre e coordinare l’invio di squadre di volontari nelle aree di attesa per garantire la
prima assistenza alla popolazione, la preparazione e la distribuzione dei pasti;
21. verificare le esigenze e le disponibilità dei materiali e mezzi necessari all’assistenza alla
popolazione e disporre l’invio di tali materiali presso le aree di ricovero e coordinarne
l’impiego;
22. assicurare, in caso di necessità, la presenza dei rappresentanti degli Enti e delle Società
eroganti i servizi primari, al fine di provvedere alle necessità di natura contingente, come
l’approntamento della fornitura di erogazione elettrica ed idrica alle aree di accoglienza;
23. inviare sul territorio i tecnici per verificare la funzionalità e la messa in sicurezza delle reti
dei servizi comunali;
24. verificare l’ evacuazione delle scuole e predisporre le modalità di ricongiungimento della
popolazione scolastica con le relative famiglie nelle aree di ricovero;
25. informare la popolazione di ogni procedura in atto ed, in accordo con i coordinatori della
campagna di sopralluogo, della data delle visite di sopralluogo per il rilevamento dei danni;
26. provvedere alla redazione delle ordinanze di sgombero a firma dei Sindaci, in presenza di
inagibilità totali o parziali e agli eventuali interventi urgenti e provvisori;
27. raccogliere l’elenco degli edifici dichiarati inagibili, aggiungendo nell’elenco il numero degli
occupanti e dei nuclei familiari evacuati, la destinazione d’uso e il titolo con il quale i
residenti occupano l’unità immobiliare;
28. avvertire le Forze dell’Ordine per il controllo del territorio in funzione anti-sciacallaggio o di
vigilanza degli accessi interdetti delle aree inagibili;
SUPERAMENTO DELL’EMERGENZA
Al termine dell’intervento di messa in sicurezza o di rimozione del pericolo potenziale per la
cittadinanza, comunicato alla popolazione il cessato allarme,il Referente del Servizio dispone
l’intervento dei volontari della Protezione Civile per il ripristino delle condizioni di sicurezza dei
luoghi In particolare il personale si occuperà di rimuovere eventuali oggetti, macerie o altri.
Nel caso di precedente evacuazione di abitazioni, organizza le operazioni di rientro nelle case, con
particolare riguardo alla presenza di anziani o disabili.
In accordo con i competenti tecnici, dispone la diffusione di messaggi alla cittadinanza in merito ai
comportamenti da assumere nei giorni seguenti.
Al termine della fase di emergenza, il SIPC resta a disposizione per:
• proseguire l’assistenza alla cittadinanza;
• vigilare sulla gestione delle aree di accoglienza e di ricovero;
• organizzare le operazioni di rientro nelle abitazioni, con particolare riguardo alla presenza
di anziani o disabili;
• il censimento dei danni alle strutture, agli edifici in collaborazione con i tecnici preposti;
il SIPC al termine dell’emergenza, si accerta, mediante contatto con gli enti gestori, del corretto
ripristino dei servizi essenziali nell’area colpita dalla calamità (utenze elettriche, acqua potabile,
fognatura, approvvigionamento gas).
A conclusione dell’evento, il Referente del SIPC o il ROC redige un report dell’evento,
compilando apposito modello, i cui dati saranno utilizzati a fini statistici e per le successive
revisioni del Piano Intercomunale di Protezione Civile.