QUALE METODO PER LA LECTIO DIVINA

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QUALE METODO PER LA LECTIO DIVINA
QUALE METODO PER LA LECTIO DIVINA?
Elide Siviero
UNA PREMESSA
Prima di tutto credo sia importante sottolineare la possibilità della lectio divina per ogni credente. Se
ci interroghiamo onestamente, spesso in noi soggiace il pensiero che la Parola di Dio sia riservata ai
dotti, ai biblisti, ai preti, a poche persone che la possono leggere e capire. Se è vero che «nessuna
lettura profetica va soggetta a privata interpretazione», come raccomanda Pietro (2Pt 1,20), è anche
vero che il cristiano può «santificare la propria vita solo con l’obbedienza alla verità… e stringendosi a
Cristo, pietra viva … viene impiegato come pietra viva per la costruzione di un edificio spirituale..» (cfr.
1Pt 1,22-2,5). Questo edificio spirituale è l’edificio, la costruzione, dello Spirito Santo che agisce nel
cuore dei credenti. È in virtù del nostro Battesimo che noi possiamo accostarci con fiducia al testo
sacro. L’inabitazione della Parola avviene sia nell’intimo della Chiesa, corpo e sposa del Verbo, sia nel
cuore del credente che con il Battesimo è unito indissolubilmente alla vita del suo Signore.
La Dei Verbum pone in evidenza l’assistenza dello Spirito nella comprensione spirituale della Parola
consegnata alla Chiesa.
Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito
Santo; cresce infatti la comprensione, tanto delle cose, quanto delle parole trasmesse, sia con la
contemplazione e la riflessione dei credenti, i quali la meditano in cuor loro (Lc 2,19.51), sia con
l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali, sia per la predicazione di
coloro i quali, con la successione episcopale, hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. La
Chiesa, cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché
in essa vengano a compimento le parole di Dio. (DV 8).
Scrive a commento di questo passo Marcello Brunini:
La comprensione profonda della parola di Dio progredisce nella Chiesa attraverso tre sentieri.
Il Concilio sottolinea innanzitutto la contemplazione del credente, che come Maria è chiamato a
serbare nel cuore e meditare la Parola. Come secondo sentiero viene evidenziata l’esperienza
delle realtà spirituali che permette di vedere al di là del velo, la parola vivente. Infine, al terzo
posto, viene sottolineata la comprensione della verità attraverso la predicazione del Vangelo
compiuta dai successori degli apostoli.
Questa successione è da brivido: al primo posto non ci sono i dotti o i vescovi, ma la contemplazione dei
credenti, la loro esperienza. «La terra in cui il seme della parola affonda le radici è quello della vita,
prima ancora che quello del ministero, anche se autorevole o gerarchico - scrive Magrassi – e l’obiettivo
finale di questa crescita è la pienezza della verità».
Il Concilio sottolinea con forza l’azione dello Spirito nel lettore della Scrittura sacra. Posto questo
principio, possiamo davvero credere di essere in grado di leggere e pregare ed essere nutriti dalla
Scrittura, sentendo questo come un nostro diritto e un nostro dovere, perché «ignorare le Scritture è
ignorare Cristo» (San Girolamo).
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UNO SCHEMA
Il metodo della Lectio divina ci deriva dalla tradizione monastica. Essa ci racconta di una lettura sotto
la guida dello Spirito di un testo sacro. È anche una lettura della Parola di Dio con la Parola di Dio.
La tradizione ha elencato quattro gradini per aiutare il credente a praticare questo “esercizio”: lectio,
meditatio, oratio, contemplatio. A questi, alcuni scrittori contemporanei associano altri gradini, quali: la
consolatio (la consolazione che deriva dalla Scrittura), la discretio (il discernimento sulla propria vita,
tramite la Scrittura), la deliberatio (l’atto interiore con cui la persona decide per le scelte secondo
Cristo), l’actio (il modo di vivere e agire secondo Cristo), ma anche la collatio (la condivisione con i
fratelli di alcuni punti della preghiera) e così via.
Queste aggiunte mi paiono puramente esplicative: nei quattro gradini suggeriti dal monaco Guigo il
Certosino troviamo tutto quello che serve per la preghiera con la Sacra Scrittura.: si cerca con la
lettura, si comprende con la meditazione, si prega con l’orazione e si sosta in silenzio con la
contemplazione.
UNA DISTINZIONE
Credo sia importante chiarire a noi stessi la distinzione che c’è fra una lectio personale e una lectio da
preparare per un gruppo o per una comunità. Do per scontato che prima di tenere un incontro per gli
altri uno sia in grado di aver fatto la lectio personalmente. Ma dobbiamo anche tenere presente una
differenza sostanziale, sia nella preparazione che nell’esperienza personale, fra una lectio per se stessi
e un incontro di lectio preparato per gli altri.
Il fine della lectio non è l’erudizione, né lo studio, non è nemmeno andare avanti con il testo per finirlo:
è quello di incontrare Cristo, di stare con Lui, di conoscerlo per annodare legami di amore, di fiducia, di
tenerezza, di confidenza, di fede, con il nostro Signore. È un incontro d’amore. Se il fine è quello di
rinsaldare una relazione per operare sempre una conversione, mentre leggo il testo personalmente, sarò
vigile a cogliere i moti interiori, gli appuntamenti di grazia per me, che quel testo oggi mi propone.
Questo non vuol dire fare del personalismo o piegare ai propri sentimenti il testo sacro, ma essere
attenti a quello che lo Spirito vuole suggerire alla mia vita con quel brano, in quel momento.
Nella lectio personale i quattro gradini non sono separati, ma interagiscono fra loro: quando prego posso
passare agevolmente dalla lettura alla contemplazione, dall’orazione alla meditazione.
Per una lectio da tenere ad un gruppo, il lavoro è più ampio e articolato: bisogna mettere da parte le
proprie esigenze ed aprirsi ad uno sguardo più largo. La preparazione avviene sempre in un clima di
preghiera e di raccoglimento, ma il fine non è solo quello della mia unione con Cristo, ma anche quello di
essere un canale che può portare ai fratelli acque vive e nuove.
Se con la lectio personale veniamo abbeverati dalla Scrittura lentamente e a volte con poche gocce per
non morire di sete, nella lectio per gli altri dobbiamo trasformarci in canali che conducono torrenti
d’acqua viva. Ecco perché ci vuole una scrupolosa preparazione e una diuturna frequentazione con il
testo prima di comunicarlo agli altri.
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COME PROCEDERE CON UN GRUPPO
Teniamo presente prima di tutto che la Bibbia ci arriva tradotta. Pochi sono in grado di leggerla nel
testo originale e raramente qualcuno di noi è un linguista in grado di cogliere le sfumature della lingua
ebraica o greca.
Una cosa saggia è quindi quella di leggere il testo più volte, in più traduzioni, perché ogni traduzione è
un cammino verso l’opera, un avvicinamento al senso vero del testo originale.
Chi può è bene lo legga in greco, non per tradurlo da se stesso, ma per cogliere quelle assonanze, quei
ritmi, quelle sfumature linguistiche intraducibili.
Con i brani più frequentati questo lavoro deve essere minuzioso, per non cadere nello scontato: sillabare
le parole, spezzarle, per poter trarne la luce sigillata dall’abitudine.
La lettura sia poi supportata da un commento o da più commenti biblici, per una fedeltà al senso
esegetico, al significato proprio dei vari versetti.
È bene anche inquadrare il contesto, il genere letterario, l’epoca storica: diversa una lectio su un testo
del Primo Testamento da una sul Nuovo Testamento.
Dopo questa lettura “scientifica” tocca all’anima dell’orante trovare le assonanze: è il momento di
ascoltare dentro di sé i richiami, le concordanze, i paralleli che gettano luce su quel testo preciso. È
leggere la parola di Dio con la parola di Dio.
Si possono usare vari metodi: dalla lettura del testo strutturato, a quella che cerca di evidenziare gli
elementi portanti, cercando di cogliere nel testo i rilievi, in modo che un paesaggio che sembrava piatto
diventi più movimentato, una specie di panorama di montagna con pianure, colline, ruscelli, ecc. Questo
ci dà modo di evidenziare anche parole, termini, aggettivi che parevano secondari e che invece possono
acquistare un grande significato.
Questa ricchezza di spunti non serve a noi, ma al gruppo che ci ascolterà: è come se noi dovessimo
continuamente tenere in mente che dobbiamo essere canali: noi non sappiamo quale goccia raggiungerà
ogni singolo. Quello che a me può sembrare irrilevante, può essere fondamentale per il cammino di
grazia di un fratello; “noi non possiamo tacere”, proprio come i profeti…
Ci accorgeremo che questo inaugura in noi un nuovo cammino di grazia: si aprono orizzonti nuovi, porte
mai viste, comprensioni più profonde del testo: lo Spirito agisce in noi per nutrire i figli di Dio. È
un’esperienza di grazia che ognuno di voi credo abbia già provato e che descrive meravigliosamente San
Gregorio Magno:
So che molte cose che nella Sacra Scrittura da solo non riuscivo a comprendere, spesso le ho
capite quando mi sono trovato in mezzo ai miei fratelli… Così, con la grazia di Dio, avviene che
aumenti l’intelligenza e diminuisca la superbia, mentre per causa vostra imparo ciò che a voi
insegno: perché ve lo confesso candidamente, il più delle volte io con voi ascolto quello che a voi
dico» (Omelie su Ezechiele).
Quello che noi possiamo preparare è il primo gradino (lectio) e l’avvio al secondo (meditatio).
Se infatti la lectio è fermarsi a quello che dice la parola, la meditatio consiste nel chiedersi “cosa dice
la parola a me?”. L’animatore può dare degli spunti. Ma sarà il singolo a fare questo percorso: non
dobbiamo dare delle risposte, ma provocare delle domande che stimolino i fratelli a interrogarsi sulla
Parola. È come se noi facessimo per loro il primo lavoro di “sgrossatura” del testo, per permettere poi a
ciascuno di confrontarsi con esso e convertirsi sempre più a Cristo.
Ecco perché è importante il momento del silenzio, che dovrebbe essere abbastanza lungo. Sia almeno un
tempo di vero silenzio, senza musica, senza altre parole: lasciamo che ognuno si incontri (e si scontri)
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con la Parola, con la difficoltà di rimanere in ascolto, in silenzio, senza paura, casomai rassicurando i
partecipanti sulla validità anche di un silenzio disordinato scomposto, insofferente…
Per fare questo è opportuno creare un clima accogliente, non freddo, con la Bibbia messa in evidenza,
con dei fiori o delle immagini che aiutino a riflettere, a fermarsi. La chiesa, il salone, la stanza, la casa,
devono sembrare diverse dal solito…
In una lectio comunitaria può essere bello, se i partecipanti non sono molti, condividere poi il frutto
della propria riflessione: devono essere interventi brevi, meglio se in forma di preghiera. Se invece il
gruppo è ampio si possono suggerire delle litanie da dire insieme, delle intercessioni, o proporre un
gesto da fare insieme: questo rafforza il senso comunitario, “sposta” l’uditore che non si sente più solo
spettatore, ma partecipante. Sicuramente utile risulta il ripetere a voce alta una frase, un versetto,
che ci avessero particolarmente colpito e che possono essere portati con sé, come pane buono da
masticare.
Ricordiamoci di concludere sempre con la preghiera del Signore. Si può eseguire poi un canto finale,
oppure si può sciogliere in silenzio l’assemblea, per sottolineare il clima di raccoglimento che ognuno può
portarsi a casa (questo è un po’ più difficile, realizzabile solo con piccoli gruppi).
Se noi crediamo possibile la lectio divina per noi e per i nostri fratelli ci accorgeremo sempre più che il
testo sacro cammina con noi:
Nella Sacra Scrittura uno trova quello che egli diventa. Hai progredito fino alla vita attiva?
Essa cammina con te. Hai raggiunto una certa solidità di spirito? Essa si ferma con te. Sei
pervenuto, per grazia di Dio, fino alla vita contemplativa? Essa vola con te».
(Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele).
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Allegati
INDICAZIONI PRATICHE PER LA LECTIO DIVINA
Padre Fausti
PREPARAZIONE
a. Remota: coltivare le disposizioni del cuore: ricerca del “cuore contrito”, perdono delle offese,
esercitarsi nel desiderio di Dio, coltivare il raccoglimento e la purezza di cuore.
b. Prossima: prima del riposo o qualche ora prima durante il giorno, leggere il testo.
ESECUZIONE
Entrare lentamente nella preghiera:
1. Mettersi alla presenza di Dio
2. Preghiera preparatoria: chiedere nel nome di Gesù lo Spirito per pregare.
3. Richiamare la composizione del luogo, l’ambientazione dei fatti narrati nel testo sacro.
4. Chiedere ciò che voglio: voglio ciò che Lui mi vuole dare.
5. Meditazione sul brano usando:
intelligenza (facoltà di capire)
memoria (facoltà di ricordare)
fantasia (facoltà di immaginare)
volontà (facoltà di amare)
sensi (facoltà di sentire)
Così Dio agisce nel cuore con le mozioni che poi sono oggetto di discernimento.
Non molte cose, ma in profondità (non multa sed multum).
Sentire e gustare interiormente (fermarsi là dove si trova e si gusta qualcosa).
6. Dialogare e sostare in silenzio con il Signore
7. Concludere sempre con il Padre nostro.
VERIFICA
Dopo è opportuno ripensare alla preghiera, per vedere se ho seguito il metodo, valutando se io abbia
ricevuto frutto o no e perché.
ANIMATORE E BIBBIA: QUALE RAPPORTO?
«Ignorare le Scritture è ignorare Cristo» diceva un padre della Chiesa, ed è questa frase che dovrebbe
continuamente sollecitare un cristiano ad accostarsi alla Sacra Scrittura, a leggerla, meditarla, amarla,
per conoscerla ed apprezzarla. La consequenzialità dei verbi non è casuale: non si conosce la Scrittura
per amarla, ma al contrario è perché la si ama che si desidera conoscerla sempre più.
Il principio di questa “relazione” con il testo sacro sta nel fatto che noi crediamo “ispirato” quanto
leggiamo, cioè crediamo che lo Spirito Santo è stato il grande suggeritore che ha permesso alla parola
umana di parlare di Dio, di farci conoscere il suo messaggio, di tradurre l’amore eterno in concetti
comprensibili all’uomo. Se pensiamo che Cristo stesso è chiamato dal Vangelo di Giovanni “Parola”, cioè
un “testo” di carne, un corpo che significa ciò che sta oltre l’umano, comprendiamo come la parola di Dio
sia fondamentale per ogni credente: il Creatore l’ha presa così sul serio da volerla incarnare!
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Nonostante questo, però, accostarsi al testo sacro non è ancora diventato consueto per i cristiani, e
l’ignoranza delle Scritture continua ad essere un problema molto vivo. Credo che la prima cosa da fare
sia quella di risvegliare un interesse amoroso alla parola di Dio. Questo è il compito di ogni educatore
alla fede, di ogni catechista, di chiunque operi nell’annuncio della fede cristiana. È logico che per fare
questo un animatore deve avere un rapporto familiare con la Scrittura, perché solo così diventerà un
evangelizzatore credibile.
C’è un modo particolare di accostarsi alla Bibbia in quanto educatori? La risposta è contraddittoria: sì e
no… Sì, perché ogni annuncio di Cristo passerà attraverso la sua Parola, e quindi ci sarà una lettura e
una meditazione strumentale del testo sacro. No, perché anche l’educatore, prima di essere tale, è un
fedele, un cristiano, che medita e prega con la parola di Dio per seguire meglio il Signore.
Partiamo da quest’ultima risposta per comprenderla. Un educatore è impegnato a conoscere la Bibbia
perché vuole conoscere Cristo: non ci sarà un modo “particolare” di leggerla. Il rischio altrimenti è
quello di cercare nel testo ciò che conferma il proprio messaggio (e non viceversa), o di
strumentalizzarlo, o di trarne immediatamente un’applicazione morale, un’etica di vita, una pia
raccomandazione.
Un educatore, come ogni cristiano, è chiamato a modellare la sua vita sull’esempio di Gesù e il suo primo
atteggiamento deve essere quello di accostarsi gratuitamente a ciò che è scritto, non cioè per
sfruttarlo a proprio vantaggio nell’educazione, ma per avvicinarsi con le mani aperte a Colui che lo potrà
nutrire proprio con la sua parola. A questo punto ognuno dovrebbe chiedersi: che posto occupa la Bibbia
nella mia preghiera?, nella mia vita di cristiano ? Come la uso, quanto la conosco? Queste domande sono
importanti, perché nella vita interiore di ciascuno tutto dovrebbe partire dalla parola di Dio e ritornare
alla Parola. Il processo è quasi semplicemente banale: si parte pregando la Parola, intessendo la propria
preghiera sulla Bibbia, si vive quanto si è meditato e pregato, per poi tornare nuovamente alla Parola
per celebrare o ringraziare. Questo ci dice che il rapporto con la parola di Dio non può mai avvenire al
di fuori del contesto contemplativo, della preghiera che deve essere la linfa di ogni apostolato. La
Bibbia diventa alleata della preghiera, sorgente inesauribile, aiuto nelle difficoltà. Facciamo un esempio:
siamo distratti e svogliati, ed ecco che la Scrittura si fa per noi preghiera, anche solo se noi la
leggiamo; oppure siamo preoccupati e angosciati, ed ecco i salmi con le loro suppliche che danno voce
alla nostra inquietudine… È proprio la Bibbia che ci salva dalle illusioni di una “pseudo-interiorità”,
radicando la nostra vita sul sentire di Dio e non sul nostro…
C’è anche poi un rapporto particolare che l’educatore deve avere con il testo sacro: sì, c’è un modo
particolare di leggere la Bibbia, proprio di un educatore alla fede.
È prima di tutto quello di chi si sente impegnato a formarsi, a studiare, a comprendere il testo sacro: un
educatore deve saper conoscere gli strumenti necessari per comprendere la parola di Dio, trovare i
mezzi per distinguere un racconto epico da un inno di lode, una narrazione apocalittica da una parabola.
Un educatore, per onestà nei confronti di coloro che è chiamato ad aiutare nel cammino di fede, deve
avvertire l’urgenza della formazione e della conoscenza.
Poi, è importante che egli verifichi continuamente il suo annuncio alla luce della Parola, che parta dal
testo sacro, e non dalle sue parole, per parlare di Dio e del Figlio suo Gesù.
Familiarità, confidenza, fiducia nella Bibbia dovrebbero essere le caratteristiche di ogni animatore che
dovrebbe perciò avere la propria Bibbia, sottolinearla, usarla, consumarla con la preghiera. La Bibbia
non va lasciata ai biblisti, o ai pochi eletti che osano accostarvisi: essa è per tutti, basta avere la
pazienza di leggerla con i sussidi giusti e con la dovuta pazienza.
I rabbini avvertivano che chi non legge la Bibbia per più di tre giorni, comincia a pensare come il mondo.
Comprendiamo così che se vogliamo essere “nel mondo ma non del mondo” come raccomandava Gesù (cfr.
Gv 17), è proprio nella Bibbia che troviamo il mezzo per vivere questo mandato: lectio divina, lettura
meditata, canto dei salmi, dovrebbero diventare consuetudini di ogni educatore.
Questo per vivere quanto esortava S. Gregorio Magno:
Impara a conoscere il cuore di Dio nella parola di Dio.
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