LA PIANIFICAZIONE AMMINISTRATIVA DELLA RISORSA IDRICA

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LA PIANIFICAZIONE AMMINISTRATIVA DELLA RISORSA IDRICA
LA PIANIFICAZIONE AMMINISTRATIVA
DELLA RISORSA IDRICA
Silvia Pellizzari
SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. Il sistema di pianificazione amministrativa
delle risorse idriche: obiettivi, strumenti e complessità. - 3. (Segue) Gli strumenti di pianificazione. - 4. I meccanismi a garanzia della coerenza del
sistema di pianificazione delle risorse idriche. - 5. Considerazioni conclusive.
1. Introduzione
Come è generalmente riconosciuto, la pianificazione amministrativa ha storicamente rappresentato il passaggio da una amministrazione di natura puntuale delle risorse idriche, spesso considerate quali
beni e risorse da sfruttare, al governo strategico delle stesse2.
1
1
In materia cfr. M.S. GIANNINI, Ambiente: saggio sui diversi suoi aspetti giuridici,
in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, pp. 48 ss.; G. SCIULLO, Pianificazioni ambientali e
pianificazioni territoriali nello Stato delle autonomie, in Riv. giur. urb., 2000, pp. 94
ss.; P. URBANI, La pianificazione per la tutela dell’ambiente, delle acque e per la difesa
del suolo, in Riv. giur. amb., 2001, 2, pp. 199 ss.; G. GARZIA, La pianificazione delle
acque nel sistema dei piani regionali e locali, in Foro amm., 2006, 1, pp. 298 ss.
2
Sul punto si veda G. GUIDARELLI, Pianificazione e Programmazione in materia di
risorse idriche, in N. LUGARESI, F. MASTRAGOSTINO (a cura di), La disciplina giuridica
delle risorse idriche, Bologna, 2003, pp. 241 ss. Con riferimento al ruolo degli strumenti di pianificazione e programmazione quali elementi giuridici fondanti il “governo” globale delle risorse idriche ai fini di una loro tutela integrata di tipo quantitativo e
qualitativo, già M. COLUCCI, F.C. RAMPULLA, A.R. MAJNARDI, Piani e provvedimenti
nel passaggio dall’amministrazione al governo delle acque, in Riv. trim. dir. pubbl.,
1974, pp. 1284 ss. Tra i primi interventi di pianificazione amministrativa vanno ricordati il Piano orientativo ai fini di una sistematica regolazione delle acque di cui alla legge
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L’aggettivo “amministrativa” accentua il ruolo dei pubblici poteri e delle amministrazioni pubbliche che, attraverso la redazione di
piani e programmi, definiscono le linee di governo – e oggi anche di
vera e propria gestione – che diventano la base per la predisposizione di
strumenti puntuali e di azioni positive.
A tal proposito basti richiamare quanto già previsto nella Carta
Europea dell’Acqua adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo il 6
maggio del 1968 la quale al punto 8 precisa che «la buona gestione
dell’acqua deve essere materia di pianificazione da parte delle autorità
competenti».
Il principio appena espresso si collega alla considerazione che
«l’acqua è una risorsa preziosa» e di conseguenza deve essere oggetto
«di una razionale gestione secondo un piano che concili nello stesso
tempo i bisogni a breve e a lungo termine»; «una vera e propria politica si impone nel settore delle risorse idriche, che richiedono numerosi
interventi in vista della loro conservazione, della loro regolamentazione e della loro distribuzione. la conservazione della qualità e quantità
dell’acqua richiede inoltre lo sviluppo e il perfezionamento delle tecniche di utilizzazione, di recupero e di depurazione».
Già dai contenuti della Carta Europea dell’Acqua emerge quindi l’indiscutibile centralità e complessità delle funzioni, dei contenuti e
degli obiettivi che si collegano alla emanazione di piani e programmi
diretti alla tutela e gestione delle risorse idriche tanto che, come emergerà nei paragrafi successivi, gli interventi di pianificazione amministrativa in materia di acque finiscono per vincolare e condizionare altri
livelli e altre forme di pianificazione, come nel caso della pianificazione territoriale ed economica.
Infine, la comparazione giuridica dimostra che l’attribuzione ai
pubblici poteri delle scelte pianificatorie in materia di risorse idriche è
n. 184 del 1952 e il Piano regolatore generale degli acquedotti di cui alla legge n. 129
del 1963.
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una costante in molti ordinamenti europei e non3. Se ci sono eccezioni,
questo sono più di forma che di sostanza: talvolta, infatti, dove vi è la
gestione privata dei servizi idrici vi possono essere piani e programmi
redatti da società private in materia di bilancio e risparmio idrico4.
2. Il sistema di pianificazione amministrativa delle risorse idriche:
obiettivi, strumenti e complessità
Se dall’idea generale di pianificazione amministrativa della risorsa idrica si passa all’analisi dei maggiori strumenti pianificatori
previsti nel nostro ordinamento e, in particolare nel d.lgs. 3 aprile 2006,
n. 152 («Norme in materia di ambiente») – di qui in avanti Codice
dell’ambiente – ciò che risulta con maggiore evidenza è la forte complessità che li caratterizza in termini di obiettivi posti, interessi tutelati,
contenuti e soggetti, pubblici e privati, coinvolti.
Per quanto riguarda il concetto di risorsa idrica che è sotteso
agli interventi di pianificazione occorre dire che essa è intesa almeno in
tre significati fondamentali, vale a dire come: i) elemento naturale
inserito in un determinato territorio; ii) bene scarso che va tutelato sia
da un punto di vista quantitativo che qualitativo per le generazioni
presenti e future5; iii) risorsa economicamente rilevante.
Di qui i molteplici obiettivi cui tendono le misure contenute
degli atti di pianificazione (ma anche spesso di programmazione o di
3
Nell’ordinamento statunitense, per esempio, le competenze in materia di Water
management planning sono affidate alla Environmental Protection Acency e ai suoi
organi decentrati territorialmente.
4
Tale meccanismo è piuttosto tipico nell’ordinamento britannico con riferimento ai
Water resources management plans.
5
Si ricorda che in base all’art. 144 comma 2 del Codice dell’ambiente le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà,
qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni
future a fruire di un integro patrimonio ambientale.
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direttiva e indirizzo): si va da dalla corretta utilizzazione delle acque
per la conservazione, difesa e valorizzazione del suolo (Piano di Bacino
distrettuale di cui all’art. 65 del Codice dell’ambiente; ma anche, per
certi versi, il Piano territoriale di coordinamento provinciale6 di cui
all’art. 20, comma 2, lett. c) del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 67), alla tutela
quantitativa e qualitativa della risorsa idrica (Piano di gestione del
distretto idrografico di cui all’art. 117 del Codice dell’ambiente; Piano
di tutela delle acque di cui all’art. 121 del Codice dell’ambiente; atti di
indirizzo e pianificazione aventi ad oggetto l’equilibrio del bilancio
idrico e la realizzazione del risparmio idrico ex artt. 95 e 98 del Codice
dell’ambiente), al governo della acque per scopi igienico - antropici
(oltre ai già menzionati atti di indirizzo e pianificazione aventi ad
oggetto l’equilibrio del bilancio idrico e la realizzazione del risparmio
idrico, rilevano a questi fini anche le norme e misure regionali volte a
razionalizzare i consumi e a ridurre gli sprechi di cui all’art. 146 del
Codice dell’ambiente e il Piano d’ambito di cui all’art. 149 del Codice
dell’ambiente). Infine non possono essere dimenticati gli strumenti di
pianificazione settoriali diretti a risolvere situazioni emergenziali o
comunque eventi straordinari (Piano stralcio per la tutela del rischio
idrogeologico e Piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più
elevato rischio idrogeologico di cui all’art. 67 del Codice dell’ambiente,
ma anche la recente pianificazione in materia di rischi di alluvioni di
cui all’art. 7 del d.lgs. 23 febbraio 2010, n. 49, «Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione a alla gestione dei rischi di
alluvioni»)7.
6
Si ricorda, inoltre, che l’art. 57 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 prevede la possibilità che le regioni con propria legge assegnino al Piano territoriale di coordinamento
provinciale il valore e gli effetti di piano di tutela nei settori della protezione della
natura, della tutela dell’ambiente, delle acque e della difesa del suolo e della tutela delle
bellezze naturali.
7
Interessante con riferimento a questi piani diretti a risolvere situazioni emergenziali la decisione del Trib. sup. acque, 09 novembre 2005, n. 134 secondo cui «nei
provvedimenti amministrativi extra ordinem (tra gli strumenti straordinari, il piano
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Occorre, tuttavia, considerare che spesso la distinzione in termini di obiettivi dei piani non è così netta e non mancano negli atti di
pianificazione esaminati sovrapposizioni di contenuto rispetto alle
finalità perseguite.
3. (Segue) Gli strumenti di pianificazione
Per quanto riguarda l’esame degli strumenti di pianificazione,
un ruolo centrale va assegnato al Piano di bacino distrettuale di competenza della Autorità di Bacino distrettuale, la cui disciplina è contenuta
nell’art. 65 del Codice dell’ambiente.
In materia di difesa del suolo e di lotta alla desertificazione, il
titolo I, sezione I, Parte III del Codice dell’ambiente detta alcuni principi generali contenuti in disposizioni di chiara natura programmatica8.
In questo senso gli artt. 53 e 56 del Codice dell’ambiente specificano che «le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad
assicurare la tutela e il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico dei territorio tramite la prevenzione di fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta
straordinario temporaneo – di competenza del Ministro, quale presidente del Comitato
istituzionale della competente autorità di bacino – ed il piano stralcio per l’assetto
idrogeologico l’uno precede in ordine logico e cronologico l’altro, perché diretto ad
individuare le zone a rischio molto elevato nell’ambito di quelle a più alto rischio
idrogeologico, onde stabilire le misure di salvaguardia) non tutte le carenze, insufficienze o contraddittorietà a livello istruttorio o motivazionale ridondano automaticamente e necessariamente in eccesso di potere, dovendo le scelte della pubblica amministrazione essere valutate in rapporto all’eccezionalità della situazione di emergenza,
nella quale il limite della discrezionalità è da rinvenirsi unicamente nella ragionevolezza della scelta e nella sua idoneità a raggiungere lo scopo per cui la potestà è conferita
dalla legge».
8
Le disposizioni di cui agli artt. 53 e 56 del Codice dell’ambiente sono commentate
da M. BROCCA, in N. LUGARESI, S. BERTAZZO, Nuovo codice dell’ambiente, con commento e giurisprudenza, Bologna, 2009, rispettivamente pp. 227 ss. e pp. 234 ss.
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alla desertificazione».
Interessante sul punto è quanto stabilito dal comma 2 dell’art.
53: «per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1 la pubblica
amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo,
di programmazione e pianificazione in conformità alle disposizioni che
seguono».
In base all’art. 56 le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi hanno, come contenuto minimo, la
sistemazione, la conservazione e il recupero del suolo nei bacini idrografici; la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d’acqua, dei
rami terminali dei fiumi, delle loro foci nel mare e delle zone umide; la
moderazione delle piene; la disciplina delle attività estrattive nei corsi
d’acqua, nei laghi, nelle lagune e in mare al fine di prevenire il dissesto
del territorio; la difesa e il consolidamento dei versanti, delle aree
instabili, degli abitati, delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le
valanghe e gli altri fenomeni di dissesto; la protezione delle coste e
degli abitati dall’invasione e erosione delle acque marine; la razionale
utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde; lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, navigazione interna e
gestione dei relativi impianti; la regolazione dei territori interessati
dagli interventi a difesa del suolo ai fini della loro tutela ambientale.
La funzione del Piano di bacino distrettuale9 – che è redatto in
conformità agli indirizzi, ai metodi e ai criteri fissati dalla Conferenza
Istituzionale Permanente – è quindi quella di inserire le acque nel
contesto territoriale di riferimento. Esso ha, quindi, valore di piano
territoriale di settore e rappresenta lo strumento conoscitivo, normativo
e tecnico operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le
azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla
9
Sui livelli di pianificazione del distretto idrogeografico e in particolare sul Piano
di bacino distrettuale, si veda M. BROCCA, Commento all’art. 65 del d.lgs. 3 aprile
2006, n. 152, in N. LUGARESI, S. BERTAZZO, op. cit., pp. 273 ss.
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valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione delle acque, sulla
base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.
In particolare, con riferimento alle risorse idriche il Piano contiene: il quadro conoscitivo organizzato e aggiornato del sistema fisico
e degli usi del territorio previsti dagli strumenti urbanistici comunali e
intercomunali; l’individuazione delle situazioni, in atto o potenziali, del
sistema fisico; le direttive alle quali deve uniformarsi l’utilizzazione
delle acque; la programmazione e l’utilizzazione delle risorse idriche;
gli interventi volti a regolare l’attività estrattiva dei materiali litoidi dal
demanio fluviale, lacuale e marittimo; l’indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli; le misure necessarie a contrastare i fenomeni di subsidenza e di desertificazione anche mediante programmi ed
interventi utili a garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica e il
riuso della stessa; il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto e il
piano per le possibili utilizzazioni future e le priorità degli interventi
(art. 65, comma 3).
Il ruolo centrale riconosciuto al Piano di bacino distrettuale trova conferma nella giurisprudenza che sottolinea, per esempio, come le
direttive e prescrizioni in esso contenuti si impongano alle scelte urbanistiche comunali10 e, più in generale agli altri soggetti pubblici e
privati variamente coinvolti nella tutela e gestione del territorio.
Quanto detto dipende dalla esigenza di garantire la finalità di
tutela del suolo che la normativa attribuisce al piano in funzione pre10
In questo senso Consiglio di Stato, sez. III, 17 marzo 2009, n. 611 secondo cui
«le scelte urbanistiche di carattere generale costituiscono scelte di merito e, come tali,
sono sottratte sia al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di
fatto, da illogicità ovvero irragionevolezza, che all’obbligo di motivazione essendo
sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di
modificazione del Piano regolatore. L’unico limite che incontra l’Ente locale nell’esercizio della funzione di pianificazione urbanistica è costituito dalle «direttive» contenute
nei piani territoriali di coordinamento e in quelli ad essi assimilati, ovvero dalle
prescrizioni contenute in strumenti speciali, quali ad esempio il piano predisposto
dall’Autorità di bacino».
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giudiziale e condizionante rispetto agli usi del territorio a fini urbanistici, civili, di sfruttamento dei materiali e di produzione11.
Parimenti al Piano di bacino distrettuale viene riconosciuta la
funzione di coordinamento dei diversi interessi settoriali coinvolti
dall’azione di tutela dell’ambiente12.
Nella direzione del collegamento e della sinergia tra razionale
uso delle acque e disciplina del territorio vanno anche altri strumenti di
pianificazione prima ricordati: non solo i Piani in materia di rischio
idrogeologico13 i quali, in particolare contengono l’individuazione delle
aree a rischio, la perimetrazione di quelle da sottoporre a misure di
salvaguardia e la determinazione di queste ultime, ma anche i Piani
provinciali territoriali di coordinamento che stabiliscono, a norma
dell’art. 20, comma 2, lett. c), «le linee di intervento per la sistemazione
idrica, idrogeologica ed idraulico – forestale e in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque».
Per quanto riguarda, invece, la tutela sia quantitativa che qualitativa delle acque14, due strumenti di pianificazione assumono oggi
particolare rilevanza: il Piano di gestione di competenza della autorità
11
TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 12 giugno 2008, n. 789.
Trib. sup. Acque, 2 febbraio 1995, n. 13: «non spetta all’autorità paesistica la
funzione di coordinamento dei vari interessi pubblici eterogenei afferenti alla materia
ambientale. Siffatta ampia funzione di coordinamento dei diversi interessi settoriali
coinvolti dall’azione di tutela dell’ambiente compete all’autorità di bacino in sede di
pianificazione ambientale per bacini di intervento».
13
M. BROCCA, Commento all’art. 67 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in N. LUGARESI, S. BERTAZZO, op. cit., pp. 283 ss.
14
In materia cfr. S. BERTAZZO, Profili qualitativi nella gestione delle risorse idriche, in N. LUGARESI, F. MASTRAGOSTINO, op. cit., pp. 127 ss. e A. DE MICHELE, La
tutela qualitativa delle risorse idriche, ivi, pp. 179 ss. La forte integrazione dei profili
inerenti la tutela quantitativa e qualitativa delle risorse idriche è messa in evidenza
anche da N. GRECO, P. BIONDINI, Integrazione tra aspetti qualitativi e quantitativi,
concorrenza d’usi, definizione di rischi e rimedi come oggetto di regolazione, in Studi
parlamentari di politica costituzionale, 2005, pp. 117 e ss. e precedentemente anche da
M. COLUCCI, F.C. RAMPULLA, A.R. MAJNARDI, op. cit., in particolare p. 1349.
12
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di bacino (art. 117)15 e il Piano di tutela delle acque di competenza
regionale (art. 121)16.
Tra questi il primo è uno strumento di recente previsione, dal
momento che l’introduzione nel nostro ordinamento è dovuta alla
Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23
ottobre 2000, la quale ha istituito un quadro per l’azione comunitaria in
materia di acque.
L’art. 13 della Direttiva prevede che per ciascun distretto idrografico interamente compreso nel territorio di uno Stato membro,
quest’ultimo deve provvedere a far predisporre un Piano di gestione
con i contenuti di cui all’allegato VII della direttiva medesima17.
Nelle previsioni del Codice dell’ambiente il Piano di gestione è
concepito come articolazione interna (Piano stralcio) del Piano di
bacino18. Per quanto riguarda i contenuti, che si legano all’ampio concetto di gestione come inteso nell’accezione inglese di management,
l’art. 117 rinvia alla parte A dell’allegato 4 alla Parte III del Codice. Si
prevede, quindi, che i Piani di gestione debbano contenere i seguenti
elementi: la descrizione generale delle caratteristiche del distretto
idrografico; la sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitate dalle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sotterranee; la specificazione delle aree protette; la mappa delle reti di monito15
Sul punto sia consentito rinviare a S. PELLIZZARI, Commento all’art. 117 del
d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in N. LUGARESI, S. BERTAZZO (a cura di), op. cit., pp. 461
ss.
16
Sul punto sia consentito rinviare a S. PELLIZZARI, Commento agli artt. 121, 122 e
123 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in N. LUGARESI, S. BERTAZZO (a cura di), op. cit.,
pp. 470 ss.
17
Sui profili comunitari della disciplina delle risorse idriche si veda P. URBANI, Il
recepimento della direttiva comunitaria sulle acque: profili istituzionali di un nuovo
governo delle acque, in Riv. giur. amb., 2004, pp. 209 ss. e G. CORDINI, La tutela
dell’ambiente idrico in Italia e nell’Unione europea, ivi, 2005, pp. 699 ss.
18
In relazione a questo ambito territoriale il piano di gestione è stato concepito dal
legislatore comunitario come strumento generale e fondamentale per realizzare gli
obiettivi di tutela delle acque. In questo senso G. GARZIA, op. cit., p. 298.
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raggio; l’elenco degli obiettivi ambientali fissati per acque superficiali,
acque sotterranee e aree protette; la sintesi dell’analisi economica sull’utilizzo idrico, del programma o programmi di misure adottati compresi i modi in cui realizzare gli obiettivi; la previsione di eventuali
piani di gestione più dettagliati relativi a parti del bacino idrografico;
infine la sintesi delle misure adottate e dei risultati ottenuti in materia di
informazione e consultazione pubblica, oltre che l’elenco delle autorità
competenti all’interno di ciascun distretto19.
Tra tali previsioni, non dissimili da quelle dei Piani di tutela regionali, particolarmente interessante si rivela quella riguardante l’analisi economica sull’utilizzo idrico la quale si collega a quanto previsto
dall’art. 119 del Codice dell’ambiente che prescrive, ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità delle risorse, l’applicazione del
principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa secondo il noto meccanismo del “chi
inquina paga”.
L’idea per cui la tutela qualitativa delle risorse idriche sia un
obiettivo cui concorre la disciplina economica e quantitativa delle
19
I piani di gestione sono soggetti a valutazione ambientale strategica (VAS) in
sede statale in quanto costituiscono, ai sensi dell’art. 117 del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152 e s.m.i., piani stralcio del piano di bacino che, a norma dell’art. 66 del
medesimo decreto legislativo, è sottoposto a VAS statale. Le autorità di bacino nazionali, in qualità di autorità Procedenti, elaborano un rapporto preliminare sui possibili
impatti ambientali significativi del piano di gestione. Entro un termine di novanta giorni
dalla data di presentazione del rapporto preliminare, le autorità competenti in materia
ambientale consultano le autorità procedenti ed esprimono osservazioni e contributi al
documento al fine di definire la portata e il dettaglio delle informazioni da includere nel
rapporto ambientale. Quest’ultimo viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e sottoposto a consultazione pubblica a decorrere dalla data di pubblicazione dello stesso. Al
termine della fase di consultazione pubblica, della durata di sessanta giorni, dopo aver
acquisito e valutato la documentazione presentata, le eventuali osservazioni, obiezioni e
suggerimenti, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in
qualità di autorità competente, di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, esprime un parere motivato sul rapporto ambientale, entro il termine di
novanta giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
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stesse è confermato anche dalla disposizione di cui all’art. 95 del Codice riguardante la pianificazione in materia di equilibrio del bilancio
idrico il quale deve essere definito anch’esso dalle Autorità di bacino –
in un separato atto di indirizzo, piano, ma anche, si potrebbe sostenere,
nello stesso Piano di gestione – tenendo conto del fabbisogni, delle
disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d’uso della risorsa compatibili con le
relative caratteristiche qualitative e quantitative20.
Proprio sulla base degli obiettivi stabiliti su scala di distretto
dal Piano di gestione o da altri strumenti e atti di indirizzo21 (art. 121,
comma 2) vanno emanati i Piani di tutela delle acque di competenza
regionale (art. 121).
Nel quadro del Codice, al Piano di tutela delle acque regionale
è assegnata la finalità di preservare le acque dall’inquinamento, secondo una concezione complessiva delle attività in grado di pregiudicare la
qualità delle acque, graduando gli interventi di prevenzione, di tutela e
di risanamento sulle esigenze qualitative e quantitative del corpo idrico
di riferimento in base alla classificazione qualitativa delle risorse che il
Codice prevede in attuazione di quanto contenuto nella Direttiva europea 2000/60/CE.
In sintesi, quindi, il Piano di tutela contiene la disciplina degli
interventi volti a garantire, sulla base di un bilanciamento di interessi, il
raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità del sistema
idrico22.
20
Sul punto S. MANICA, Commento all’art. 95 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in
N. LUGARESI, S. BERTAZZO (a cura di), op. cit., pp. 359 ss.
21
La nozione di atto di indirizzo non è sempre facilmente definibile. Tradizionalmente alla funzione di indirizzo e coordinamento si ricollegano esigenze unitarie
insuscettibili di frazionamento o di localizzazione territoriale. Su tale tipologia di atti, si
veda A. ORSI BATTAGLINI, E. GIZZI, La funzione di indirizzo e coordinamento, Milano,
1989.
22
Interessante in materia di Piani di tutela regionale è la decisione del Consiglio di
Stato, sez. VI, 4 giugno 2009, n. 6 dove viene affermato che l’assenza dell’emanazione
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Così si prevede che il Piano23 contenga i risultati della attività
conoscitiva; l’individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per
specifica destinazione; l’elenco dei corpi idrici a specifica destinazione
e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento, le misure di tutela qualitative e quantitative
tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico; la cadenza temporale, i programmi di verifica degli interventi e i risultati della analisi
economica per dare opportuna attuazione al principio del recupero dei
costi già richiamato.
Sul punto l’art. 119 del Codice precisa che i Piani di tutela regionali devono riportare le fasi previste per garantire il necessario
raggiungimento degli obiettivi di qualità. La determinazione dei prezzi
dei servizi deve essere idonea a incentivare adeguatamente gli utenti ad
usare le risorse idriche in modo efficiente e a tenere in considerazione
le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei
suddetti costi, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della
regione o delle regioni in questione.
Rimangono, infine, da considerare i profili inerenti la gestione
economica delle risorse idriche e del servizio idrico integrato24, inteso
come l’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque
reflue, oltre che a usi industriali gestiti nell’ambito del servizio idrico
integrato (art. 141 ss). Qui appare evidente come la tutela dell’amdel Piano di tutela non costituisce di per sé ragione ostativa alla valutazione del rischio
idrogeologico e quindi all’eventuale autorizzazione della realizzazione di una centrale,
ma determina che il rischio debba essere in concreto valutato in relazione allo specifico
intervento da assentire.
23
Sui contenuti dei Piani di tutela si veda anche per ulteriori riflessioni,
P. DELL’ANNO, La tutela delle acque dall’inquinamento. Commento al d.lgs. 11
maggio 1999, n. 152, Rimini, 2000, pp. 142 ss.
24
Sul servizio idrico integrato si rinvia a G. PIPERATA, Il servizio idrico integrato
tra monopolio e concorrenza, in N. LUGARESI, F. MASTRAGOSTINO (a cura di), op. cit.,
pp. 289 ss.
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biente debba essere bilanciata con altri interessi fondamentali quali la
concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
del servizio idrico integrato. Perciò la gestione del servizio idrico deve
ispirarsi ai principi di efficienza, efficacia ed economicità nel rispetto
delle norme nazionali e comunitarie.
Sul punto è piuttosto interessante quanto previsto dall’art. 144,
commi 2, 3 e 4, in materia di tutela e uso delle risorse idriche secondo
cui: «le acque costituiscono una risorsa che va tutelata e utilizzata
secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di
un integro patrimonio ambientale. La disciplina degli usi delle acque è
finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi
e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio
idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la piscicoltura, la
fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri
idrologici. Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti
nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne
pregiudichino la qualità».
Anche in questo settore gli strumenti pianificatori25 sono molteplici: l’Autorità di bacino è competente a emanare misure che pianifichino e programmino l’economia idrica in funzione degli usi cui sono
destinate le risorse idriche assicurando l’equilibrio del bilancio idrico,
la disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell’area di riferimento e
i fabbisogni per i diversi usi nel rispetto degli obiettivi di cui all’art.
144.
Le regioni, sentita l’autorità di vigilanza sulle risorse idriche e
sui rifiuti (Commissione nazionale di vigilanza sulle risorse idriche) nel
rispetto della legislazione statale, adottano norme e misure, spesso
contenute in Programmi, volte a razionalizzare i consumi e eliminare
25
Sul punto F.C. RAMPULLA, Il governo e la gestione del ciclo integrato delle acque, in Riv. giur. amb., 2009, 2, pp. 255 ss.
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gli sprechi e, quindi, in sintesi a realizzare gli obiettivi di risparmio
idrico (art. 98).
Infine l’art. 149 del Codice prevede che l’Autorità d’ambito
predisponga un Piano d’ambito contenente la ricognizione delle infrastrutture e del loro stato il programma degli interventi, il modello
gestionale ed organizzativo e il piano economico finanziario nel rispetto
dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione.
Come è ormai noto, la legge n. 42 del 2010 ha provveduto con
decorrenza dal 27 marzo 2011 alla soppressione delle Autorità d’ambito. La legge ha tuttavia provveduto alla abrogazione del solo art. 148
del Codice dell’ambiente e ha conservato tutte le altre disposizioni
contenute nel titolo II, sezione III, parte III, del Codice, tra cui l’art.
149 che regola il Piano d’ambito.
Da ciò dovrebbe conseguire il passaggio della competenza in
materia di pianificazione d’ambito a quei soggetti cui le regioni attribuiranno le funzioni già esercitate dalle Autorità d’ambito, nel rispetto
dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza entro un
anno dalla data di entrata in vigore della legge n. 42 del 201026.
4. I meccanismi a garanzia della coerenza del sistema di pianificazione
delle risorse idriche
Da quanto sin qui detto emerge con una certa chiarezza la complessità del sistema di pianificazione e programmazione delle risorse
idriche. Molteplici sono infatti, gli interessi e gli obiettivi perseguiti, le
nozioni del bene idrico sottese alle scelte di pianificazione, i soggetti
titolari delle funzioni e i rispettivi “contesti territoriali” di riferimento.
26
Si precisa, poi, che le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201 del Codice sono
efficaci in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di
cui al periodo precedente e che i medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un
anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
370
LA PIANIFICAZIONE AMMINISTRATIVA DELLA RISORSA IDRICA
In generale, su questi profili, di particolare interesse è la decisione della Corte costituzionale, n. 254 del 30 luglio 2009, relativa a un
giudizio di legittimità costituzionale promosso da alcune regioni avente
ad oggetto diversi aspetti del sistema di pianificazione amministrativa
delle risorse idriche così come delineato dal Codice dell’ambiente.
La Corte conferma che gli istituti di pianificazione rispondono
a diverse finalità, ovvero, per un verso, alla prevenzione e riduzione
dell’inquinamento, al risanamento dei corpi idrici inquinati e al miglioramento dello stato delle acque; per altro verso, al perseguimento di usi
sostenibili e durevoli della risorsa idrica, alla mitigazione degli effetti
delle inondazioni e delle siccità, al miglioramento dello stato degli ecosistemi acquatici e terrestri e alla tutela dei livelli qualitativi e quantitativi delle risorse.
Per quanto riguarda gli ambiti territoriali cui gli strumenti pianificatori si riferiscono, poi, pare opportuno riflettere sul fatto che la
gestione e la tutela delle risorse idriche vadano innanzitutto inquadrate
nel contesto naturale in cui queste sono inserite piuttosto che entro i
confini politici e amministrativi. Principio che è del resto fatto proprio
anche dalla Direttiva 2000/60/CE.
In questo senso si hanno, quindi, i distretti idrogeografici, i bacini o sottobacini, il territorio regionale su cui possono insistere più
bacini e più distretti (ma anche provinciale quando al Piano territoriale
di coordinamento siano riconosciuti effetti di tutela ambientale) e gli
ambiti territoriali ottimali.
Di fronte a questa complessità sorge quindi l’esigenza di trovare dei meccanismi per tentare di dare un ordine razionale al sistema di
pianificazione amministrativa delle risorse idriche.
Sul punto la tradizionale risposta dell’ordinamento è nel senso
di sistemare i livelli di pianificazione attraverso strumenti di raccordo
che esprimono essenzialmente un accentramento e una convergenza
verso l’alto delle funzioni.
371
SILVIA PELLIZZARI
Richiamando anche su questo punto la sentenza della Corte costituzionale n. 254 del 2009, il sistema ideato dal legislatore concepisce,
infatti, il distretto idrografico come principale unità per la gestione dei
bacini idrografici.
Per garantire la funzionalità del sistema di pianificazione ed
evitare elementi di frammentazione, il Piano di Bacino e il Piano di
gestione – che costituisce piano stralcio del primo – si pongono quale
sede privilegiata per le scelte relative al governo delle acque mentre il
Piano di tutela – così come gli altri strumenti di pianificazione settoriale
– si pone in posizione subordinata e non paritaria.
In questa direzione va anche l’accentuazione di altri istituti disciplinati dalla legislazione nazionale che prevedono forme di controllo
e verifica degli strumenti di pianificazione da parte di soggetti pubblici
appartenenti alla amministrazione centrale coinvolti più in generale nel
governo delle risorse idriche. Occorre, al riguardo ricordare che alcuni
di questi meccanismi, collocandosi nell’ambito dei rapporti tra competenze amministrative centrali e autonomia regionale, hanno finito per
superare indenni in più occasioni il vaglio di costituzionalità; non solo
ciò è avvenuto con la sentenza del 2009 sopra citata in merito al potere
di verifica dei Piani di tutela regionali da parte del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma anche con la più recente decisione del 23 aprile 2010 n. 142 riguardante il controllo esercitato
dal Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche sui Piani
d’ambito.
Si tratta quindi di una risposta che volge il suo sguardo verso
l’alto in una dinamica essenzialmente verticale e non priva, talvolta, di
possibili contraddizioni. Basti pensare al fatto che nella prassi i primi
Piani di gestione non hanno certo condizionato i Piani di tutela regionale ma sono, invece, stati elaborati e formati sulla base di questi ultimi.
Non si può, inoltre, sottovalutare che così operando finiscono
per essere sottovalutati altri profili della pianificazione amministrativa
372
LA PIANIFICAZIONE AMMINISTRATIVA DELLA RISORSA IDRICA
dotati di maggiore flessibilità e legati a una logica di collaborazione e
coordinamento tra istituzioni pubbliche e tra queste e i privati.
Innanzitutto vi è la raccolta, la conservazione, ma soprattutto lo
scambio tra le istituzioni coinvolte di informazioni ambientali nell’ambito della attività conoscitiva che dovrebbe essere alla base della redazione dei piani e dovrebbe essere considerata decisiva per l’individuazione e la predisposizione degli strumenti di tutela dei corpi idrici.
Inoltre non manca la previsione di istituti di vero e proprio
coordinamento necessari ad assicurare la coerenza tra i vari strumenti di
pianificazione.
A tal proposito l’art. 56 del Codice dell’ambiente stabilisce che
le attività di pianificazione siano svolte secondo criteri, metodi e standard nonché mediante modalità di coordinamento e di collaborazione
tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati tra l’altro a
garantire omogeneità delle condizioni di salvaguardia della vita umana
e del territorio e delle modalità di utilizzazione e di gestione delle
risorse.
Parimenti l’art. 117, comma 1, del Codice prevede che le Autorità di bacino, ai fini della formazione e predisposizione dei Piani di
gestione, garantiscano la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali
competenti nello specifico settore.
Altrettanto decisiva si potrebbe rivelare, inoltre, l’effettiva attuazione di quelle iniziative che garantiscono e promuovono nei procedimenti di redazione, riesame e aggiornamento dei piani l’informazione
e la partecipazione di tutte le parti private interessate le quali avrebbero
così la possibilità di intervenire nel processo di redazione del piano27.
27
Sul tema della partecipazione ai processi decisionali generali in materia ambientale vanno ricordati i noti principi espresso dalla Convezione di Aarhus sull’accesso alle
informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla
giustizia in materia ambientale, del 25 giugno 1990, approvata dalla Comunità europea
con decisione del Consiglio 17 febbraio 2005, 2005/370/CE, e ratificata dall’Italia con
la legge n. 108/2001. In dottrina si invia a M. CAFAGNO, Principi e strumenti di tutela
373
SILVIA PELLIZZARI
Si pensi all’art. 66 comma 7 del Codice che per il Piano di Bacino dà il compito alle Autorità di bacino di promuovere la partecipazione di tutte le parti interessate alla elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei Piani di bacino.
Per ciascun distretto idrografico, a tal fine, vanno pubblicati e
resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli
utenti, il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del
Piano, la valutazione globale provvisoria dei principali problemi di
gestione delle acque e copia del progetto del Piano di bacino.
Non dissimili sono le previsioni di cui agli art. 117 comma 2 e
122 del Codice rispettivamente con riferimento al Piani di gestione e al
Piano di tutela.
Per il primo opera il rinvio alla parte A dell’allegato 4 alla Parte
III del Codice la quale prevede che il Piano debba contenere la sintesi
delle misure adottate in materia di informazione e consultazione pubblica con i relativi risultati; nel secondo caso le regioni hanno il compito di promuovere la partecipazione attiva di tutte le parti interessate
all’attuazione della parte terza del codice e in particolare alla elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei Piani di tutela. Su richiesta
motivata, inoltre, le regioni autorizzano l’accesso ai documenti di
riferimento e alle informazioni in base ai quali è stato elaborato il
progetto di Piano.
dell’ambiente come sistema complesso, adattativo, comune, Torino, 2007, pp. 312 ss.,
R. MONTANARO, La partecipazione ai procedimenti in materia ambientale, in M.P.
VIPIANA (a cura di), Il diritto all’ambiente salubre, Padova, 2005, pp. 191 ss., E. CROCI,
La convenzione di Aarhus: verso un nuovo modello di governance ambientale, in
Economia fonti energia e ambiente, 2003, pp. 107 ss. e F. CORTESE, La partecipazione
procedimentale e la legittimazione processuale in materia ambientale, in Giorn. dir.
amm., 2010, 5, pp. 498 ss.
374
LA PIANIFICAZIONE AMMINISTRATIVA DELLA RISORSA IDRICA
5. Considerazioni conclusive
L’analisi svolta nei precedenti paragrafi permette ora di proporre alcune brevi considerazioni di carattere conclusivo.
Innanzitutto l’ambito di applicazione della indagine, che è stato
in questa sede limitato agli strumenti di pianificazione e programmazione così come disciplinati dal Codice dell’ambiente e dalla più recente legislazione speciale, ha dimostrato quanto sia improprio parlare in
modo univoco di “pianificazione amministrativa della risorsa idrica”
dal momento che l’interprete si deve oggi in concreto confrontare con
più strumenti di pianificazione, diversi tra loro quanto a forma, finalità
e contenuti, e con più significati della risorsa idrica che quest’ultima
assume nell’ambito degli interventi amministrativi di natura pianificatoria o programmatoria.
Certo, un discorso generale sulla pianificazione amministrativa
come strumento di governo della risorsa idrica è sicuramente possibile
e, inevitabilmente, conduce a valorizzare l’importanza di questo strumento, anche dal punto di vista storico.
Il ricorso agli atti amministrativi generali di pianificazione,
programmazione e indirizzo manifestano, infatti, la consapevolezza dell’ordinamento circa l’esigenza di una tutela “globale” e razionale del
bene ambientale inteso come bene “comunitario” e comune su cui insistono molteplici interessi da coordinare tra loro sia di natura pubblica
che di natura privata28.
Questo passaggio determina del resto un cambiamento nel modello di amministrazione del settore e nel ruolo assegnato agli atti
28
In questo senso già M. COLUCCI, F.C. RAMPULLA, A.R. MAJNARDI, op. cit.,
p. 1285 dove si afferma che : «il porsi del problema della tutela globale di una indispensabile risorsa naturale importa, oltre l’ovvia esigenza di una disciplina pubblicistica atta a sottrarre al gioco degli interessi particolari la disponibilità del bene, anche
quella di appropriati livelli e modi di governo che guidino le attività del ‘pubblico’ e
del ‘privato’ legate alla fruizione del bene stesso».
375
SILVIA PELLIZZARI
provvedimentali di amministrazione puntuale29.
Tuttavia il ricorso ai processi di pianificazione e programmazione non è privo di conseguenze problematiche, basti riflettere sulla
difficoltà, spesso avvertita in dottrina, di ricostruire in termini omogenei la categoria degli atti amministrativi generali cui i piani e programmi vengono generalmente ricondotti30. Questa tipologia di atti amministrativi non ha, infatti, destinatari determinati né determinabili nella
loro individualità, ma si rivolge a un gruppo indeterminato di individui31.
Nonostante sia stato a lungo dibattuto il rapporto tra atti norma29
Ancora M. COLUCCI, F.C. RAMPULLA, A.R. MAJNARDI, op. cit., p. 1287 secondo
cui l’introduzione di un livello di pianificazione amministrativa per la disciplina e
gestione di un particolare settore dove rilevante è la presenza di beni comunitari o
comuni determina una inevitabile rivisitazione del modello tradizionale di amministrazione presente nello Stato liberale. In sintesi, mentre in quest’ultimo il ruolo della
amministrazione è quello di concretizzare con atti e decisioni puntuali il progetto di
sviluppo economico contenuto nella legge e frutto della razionalità astratta del legislatore, nel modello per atti amministrativi generali, la pubblica amministrazione assume
un ruolo di “governo” del settore in quanto «protagonista della determinazione, per
fattispecie concrete tra loro ordinate, della politica disciplinatoria del settore e postula
[..] un diverso rapporto con la comunità e con i soggetti le cui posizioni siano coinvolte
nel piano. Il riflesso poi sulla disciplina dei provvedimenti attuativi del piano è quasi
ovvio, in quanto la legge oltre a prevederli altro non fa, rinviando poi al piano per la
determinazione dei contenuti dei parametri causali di giudizio e dei limiti discrezionali,
e solo eventualmente prefigurando i ristretti aspetti entro cui l’atto puntuale conserva
alcune marginali capacità di conformazione delle posizioni e la potestà di costituirle in
capo a soggetti determinati» (p. 1361).
30
Sugli atti amministrativi generali di pianificazione e programmazione si veda per
tutti G. DELLA CANANEA, Gli atti amministrativi generali, Padova, 2000. Sul rapporto
tra pianificazione e programmazione, le quali spesso corrispondono a schemi del tutto
analoghi, G. MORBIDELLI, Il procedimento amministrativo, in AA.VV., Diritto amministrativo, Bologna, 2005, p. 745 e già M.S. GIANNINI, voce Pianificazione, in Enc. dir.,
XXXIII, Milano, 1993, p. 629.
31
Come spesso rilevato l’emanazione di atti amministrativi generali è un fenomeno
piuttosto frequente nel diritto amministrativo attuale dal momento che la legislazione
primaria di sovente rinvia alle pubbliche amministrazione per la determinazione dei
criteri generali relativi alla propria azione. Sul punto V. CERULLI IRELLI, Lineamenti del
diritto amministrativo, Torino, 2010, p. 443.
376
LA PIANIFICAZIONE AMMINISTRATIVA DELLA RISORSA IDRICA
tivi e atti amministrativi generali32, nella materia qui considerata gli atti
di pianificazione e di programmazione hanno spesso un contenuto normativo o comunque para - normativo.
Si pensi a quanto previsto dall‘art. 65, comma 1, del Codice
con riferimento al Piano di Bacino distrettuale, il quale è definito come
lo strumento «conoscitivo, normativo e tecnico mediante il quale sono
pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso» cui si accompagna poi l’inserimento di una pluralità di precetti riferiti a singoli soggetti (vincoli e prescrizioni) o a singole situazioni.
Ciò, ad avviso di chi scrive, porterebbe, più opportunamente, a
ricondurre gli atti di pianificazione e programmazione amministrativa
alla categoria, di derivazione tedesca, delle «decisioni amministrative
complesse»33, la quale si riferisce a momenti decisionali che si contraddistinguono, tra l’altro, per la dimensione plurale degli interessi coinvolti; e l’organizzazione del procedimento.
Un ulteriore profilo di particolare rilevanza – che si è cercato di
mettere in luce nelle pagine precedenti – è dato dalla spiccata vocazione
“polifonica” della pianificazione amministrativa in materia di risorse
idriche così come essa è concepita attualmente nel nostro ordinamento:
per un verso, infatti, ogni singolo strumento di pianificazione presenta
un’indubbia interrelazione fra i diversi e molteplici aspetti della regolazione delle acque, e tra i diversi usi e effetti che questi hanno rispetto ai
beni idrici e all’ambiente complessivamente inteso34. Per altro verso, il
medesimo oggetto di disciplina, quale può essere a titolo meramente
esemplificativo “la corretta utilizzazione delle acque”, può essere disci32
Così sempre V. CERULLI IRELLI, op. cit., p. 443: Vi è tuttavia uno spazio per gli
atti amministrativi a contenuto generale e non normativo che possono essere indicati
come quelli che «applicano ed eseguono, più o meno discrezionalmente, norme vigenti
anche se nei confronti di una pluralità di soggetti indeterminati, e magari – al limite –
indeterminabili, ma esaurendosi una tantum».
33
R. BIN, Atti normativi e norme programmatiche, Milano, 1988, pp. 232 ss.
34
A. PIOGGIA, Acqua e ambiente, in G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’ambiente, Torino, 2008, pp. 231 ss. e in particolare p. 249.
377
SILVIA PELLIZZARI
plinato in diversi atti e a diversi fini, seppure complementari tra loro
(nel Piano di bacino distrettuale per la conservazione, difesa e valorizzazione del suolo, ma anche nei Piani di tutela regionale o negli atti di
programmazione del bilancio idrico per integrare la tutela quantitativa e
sostenibile delle acque con quella qualitativa).
Di fronte a considerazioni di questo tipo, pare quindi necessario
individuare alcuni possibili meccanismi che siano in grado di riequilibrare tali indici di complessità. Due sono stati individuati nel precedente paragrafo: da un lato, gli istituti di collaborazione e coordinamento
tra le amministrazioni pubbliche cui sono attribuite funzioni di pianificazione e dall’altro l’attuazione di quelle iniziative che garantiscono e
promuovono la partecipazione delle parti private nei procedimenti di
redazione e aggiornamento dei piani.
Si potrebbe, in conclusione, aggiungere un altro meccanismo
dato dall’affinamento delle tecniche di redazione dei piani – peraltro in
qualche misura già presente nella disposizione di cui all’art. 119 (principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici) o nel riferimento
alla analisi economica che deve accompagnare la redazione sia dei
Piani di gestione che dei Piani di tutela a norma dell’allegato 4, parte A
e dell’allegato 10 alla parte III del Codice – valorizzando la parte
conoscitiva e previsionale degli stessi anche mediante il ricorso a
metodi più rigorosi e certi.
Questo aspetto è tanto più importante, infatti, se si pensa che
decisioni di questo tipo hanno come carattere peculiare quello di proiettare «le loro conseguenze anche (anzi, soprattutto) in un futuro non
immediato, introducendo il problema, molto serio e affascinante per le
implicazioni di filosofia morale, della considerazione degli interessi
delle c.d. generazioni future»35.
35
378
R. BIN, op. cit., p. 233.