La pala dell`Assunta in Santa Maria d`Ajello ad Afragola. L

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La pala dell`Assunta in Santa Maria d`Ajello ad Afragola. L
La pala dell’Assunta in Santa Maria d’Ajello ad Afragola.
L’Assunzione della Vergine, il racconto cioè del “rapimento” della Madonna in
anima e corpo tre giorni dopo la morte, benché non trovi basi nelle Sacre Scritture ma
soltanto negli scritti apocrifi del III e IV secolo e nella tradizione cristiana, e ancora,
per quanto sia stato proclamato articolo di fede da Pio XII soltanto nel 1950, da molti
secoli, è ritenuta e celebrata come una delle più importanti feste della Chiesa
cattolica. Sicché a partire dal XIII secolo, epoca in cui il culto per Maria fu
decisamente caldeggiato e trovò nella Legenda Aurea di Iacopo da Varazze, che
riprendeva
le
Scritture
apocrife, la fonte iconografica
prediletta dagli artisti, le
rappresentazioni del tema sono
piuttosto numerose e si
ritrovano naturalmente, com’è
ovvio attendersi, soprattutto
nelle chiese intitolate alla
Vergine. È il caso anche della
cinquecentesca pala d’altare
che, inserita fra due doppie
lesene che reggono un
frontone ad arco aperto,
sovrasta l’altare maggiore
della monumentale chiesa di
Santa Maria d’Ajello ad
Afragola.
Come
nelle
analoghe
e
coeve
composizioni, l’immagine si
struttura
in
tre
parti
sovrapposte. Attorno ad un
pesante sarcofago di marmo
scoperchiato e pieno di rose,
stanno gli Apostoli, tra i quali
si distinguono i soli, Pietro,
riconoscibile per la fluente
barba e la veste gialle, e
Giovanni,
identificabile,
invece, per l’età giovanile e il
mantello rosso. La parte
superiore del dipinto è
dominata dalla figura della
Madonna che su una nuvola,
contornata da angeli ascende
G. A. Criscuolo, Assunzione, Afragola,
al cielo; il terzo elemento della
Chiesa S. Maria d'Ajello.
struttura compositiva, separato però dalla tavola e realizzata in forma ovale, è
costituito dall’immagine della SS. Trinità che incorona la Vergine. Ritenuta dalle
fonti locali opera del pittore gaetano d’origine ma napoletano d’adozione, Giovanni
Angelo Criscuolo - in primis da quel Gaetano Puzio, l’economo curato della chiesa
che nel 1815 nel redigere una cronaca della stessa ebbe a scrivere come la tavola in
oggetto andasse ritenuta «…Produzione di un’eccellente scuola fiorentina, e
volentiesi del nostro Notajo Giovannangelo Criscuolo, allorquando divenne perito
pittore, dietro la scuola ricevuta dal rinomato Marco da Siena» - la tavola è stata più
recentemente attribuita dallo storico dell’arte Pierluigi Leone de Castris all’ancora
non bene definita personalità artistica rispondente al nome di Leonardo Castellano;
dopo che, peraltro, anche Catello Pasinetti, attento studioso dei beni culturali di
Afragola, in una pubblicazione edita in occasione dell’ottavo centenario della
fondazione della chiesa di Santa Maria d’Ajello, ne aveva confermato l’attribuzione
al pittore gaetano.
Di Leonardo Castellano, attivo a Napoli e in Campania dal secondo decennio fino
oltre la metà del XVI secolo, si conoscono, allo stato attuale degli studi sulla pittura
napoletana di quel periodo, solo pochi dipinti, peraltro d’incerta autografia; fra i quali
- giusto per citare le opere in cui la critica ha più definitivamente ravvisato la
possibilità di riconoscerne la mano - un Crocefisso in San Domenico Maggiore, una
Pietà in Santa Maria di Piedigrotta, una Deposizione in San Pietro ad Aram, la
Madonna delle Grazie in San Giovanni a Carbonara, il Martirio di san Luca a
Maranola, presso Formia e, ancora, una Madonna di Loreto e Santi in Santa Maria
della Consolazione ad Ajello, in Calabria. E però, accanto a queste opere, il de
Castris ha pure accostato all’attività di Leonardo Castellano alcuni disegni apparsi
recentemente sul mercato internazionale dell’antiquariato, nonché un altro piccolo
numero di dipinti, variamente attribuiti ad altri autori, quali la Trinità in San
Tommaso d’Aquino a Piedimonte Matese, la Pietà in Santa Marta Minore ad Aversa,
la Madonna delle Grazie a Torremaggiore (Foggia), la Cena in casa di Simone in San
Pietro a Somma Vesuviana, oltre che altre due opere nella stessa chiesa di Santa
Maria d’Aiello: la Madonna delle Grazie e la Madonna del Carmine e i santi
Giovanni e Gennaro, anch’esse ritenute fin qui del Criscuolo.
Franco Pezzella