rossi, ma di vergogna - Il Giornale D`Italia
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rossi, ma di vergogna - Il Giornale D`Italia
Anno III - Numero 267 - Domenica 16 novembre 2014 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Sovranità Periferie Immigrazione Forza Italia chiama i guru del no-euro Roma si riprende i suoi spazi Troppi rifugiati, il paese “chiude” A pag. 2 A pag. 7 A pag. 10 A SINISTRA LA QUESTIONE MORALE NON È PIÙ ARGOMENTO DA TRATTARE di Roberto Buonasorte è un imbarazzo incredibile a sinistra in queste settimane, e non parliamo solo della questione che a pohi giorni dalle primarie ha visto coinvolti gli esponenti del PD emiliano, la regione più importante per gli eredi del vecchio PCI. Così come sorvoliamo, per ora, sulle accuse che vengono mosse agli uomini più vicini a Debora Serracchiani nell'esercizio delle loro funzioni nella Regione Friuli Venezia Giulia. No, ce ne sono altre e ben più gravi. Quelle che vedono coinvolti gli uomini del Nazzareno, uomini di primo piano, divenuti improvvisamente renziani più per convenienza che per convinzione, così come accadeva nella più tradizionale delle giravolte registrate nella Prima Repubblica. Questa domenica vogliamo tentare, con le poche battute a disposizione, di capire cosa sta succedendo al sindaco di Roma Ignazio Marino, al deputato Marco Di Stefano e al sindaco di Salerno Vincenzo De Luca e del perché c'è tanto silenzio intorno a queste vicende. Cominciamo dall'ultimo citato: vorrebbe candidarsi alle primarie per guidare la Regione Campania che la prossima primavera andrà al voto. Peccato che proprio la settimana scorsa sia stato rinviato a giudizio C’ ero presidente della Commissione Urbanistica. Senz'altro simpatico D'Annibale, carattere molto deciso invece quello di Di Stefano, ma mai avrei potuto immaginare di avere accanto uomini del genere se le accuse che emergeranno dalle indagini dovessero risultare vere. Poi c'è il primo cittadino della Capitale. Il paradosso è che mentre De Luca e Di Stefano potrebbero rimanere impuniti ai loro posti, chi rischia di saltare, e non per tangenti ma per alcune multe non pagate, sarebbe proprio Marino. Il barbuto sindaco di Roma ne ha combinate davvero di tutti i colori: dalla celebrazione delle nozze gay alla sistematica fuga dalla città in tutti i momenti in cui scattava qualche emergenza. Per non parlare poi della pazzia di dedicarsi più alla pedonalizzazione del Centro storico che alla cura delle periferie che nel frattempo scoppiavano. Marino è la stessa persona che ha nominato assessore la deputata Marta Leonori, che dimettendosi ha consentito a Di Stefano di entrare in Parlamento che così, oltre a ricevere l'indennità ha avuto anche l'immunità. E Marino tace, così come tace tutto il PD (ma anche il centrodestra, ad eccezione di Storace). Non solo, ad eccezione di Libero anche tutti i giornaloni sembrano già aver dimenticato la vicenda dei due palazzoni affittati a peso d'oro. Tutti muti. Rossi, ma di vergogna... ROSSI, MA DI VERGOGNA Marino, Di Stefano, De Luca, affari e gaffes nel silenzio della grande stampa con le accuse di falso ideologico, abuso d’ufficio e lottizzazione abusiva nell’ambito delle indagini sulle presunte irregolarità nella realizzazione del Crescent, il complesso urbanistico a forma di mezzaluna progettato dall’architetto catalano Riccardo Bofill. Vincenzo De Luca comparirà davanti ai giudici il prossimo 23 dicembre. Nel Lazio invece c'è sicuramente la situazione più grave. Da una parte è scoppiato il caso del deputato PD Marco Di Stefano che gli inquirenti individuano come il probabile destinatario di una maxi tangente da due milioni di euro nell'affare di due palazzi af- fittati dalla regione a peso d'oro e che vedrebbe il coinvolgimento di un altro uomo del PD, Tonino D'Annibale che era il Direttore generale della società regionale conduttore dell'immobile. Ho avuto modo di conoscere entrambi, eravamo colleghi in consiglio regionale nel periodo in cui LA NUOVA PERTURBAZIONE HA GETTATO NEL PANICO IL NORD. UN DISPERSO IN LIGURIA, ESONDAZIONI E FRANE Liguria, Piemonte e Milano in ginocchio di Barbara Fruch poco più di un mese dalla terribile alluvione che ha devastato Genova e a meno di una settimana dal violento nubifragio che ha allagato Chiavari, provocando due morti, la Liguria è nuovamente messa in ginocchio per il maltempo. Le piogge torrenziali hanno flagellato soprattutto il capoluogo ligure e il ponente della regione, provocando l’esondazione di decine di rivi e torrenti e centinaia di frane che hanno isolato molte piccole frazioni e mandato letteralmente in tilt la circolazione stradale e ferroviaria. Ritardi e cancellazioni anche all’aeroporto di Genova. In questo quadro anche il bilancio delle vittime potrebbe aggravarsi: Luciano Balestrero, 67 anni, risulta infatti dispersa dopo che la sua auto è stata travolta dal torrente Riccò. A dare l’allarme è stata una donna che si trovava nell’auto ed è riuscita a mettersi in salvo L’uomo, commesso comunale in pensione, è residente a Genova Voltri ma risulta domiciliato a Serra Riccò. A Voltri, a causa di una frana, si è verificato il parziale crollo di una casa, le persone che si trovavano in casa sono uscite subito in strada. La Protezione Civile della Regione ha deciso A di prorogare l'Allerta 2 fino a stamane. Situazione sempre più problematica in Piemonte. Dopo l'Orba, il rio Lovassina e il Grue, in provincia di Alessandria esonda anche il Lemme a causa delle forti piogge. Preoccupa anche il Bormida: il fiume ha superato di oltre due metri la soglia di pericolo. Tre persone sono state salvate dai vigili del fuoco quando l’acqua stava per sommergere l’auto in cui si trovavano, tra Villa del Foro e Oviglio, alle porte di Alessandria. Per soccorrerle lungo la strada ormai allagata, i vigili del fuoco sono intervenuti con un mezzo anfibio. Disagi anche a Milano dove sono esondati il fiume Seveso, all’altezza di Niguarda e il Lambro, nella zona di via Camaldoli, invadendo le strade del capoluogo lombardo e provocando la chiusura delle alcune stazioni metro. Preoccupazione anche nella provincia di Monza e Brianza: il Lambro è straripato in zona San Rocco e anche nell’area vicino a via Filzi, mentre ci sono stati numerosi black out elettrici in varie zone della Brianza. Nel varesotto è scattata l’emergenza laghi, con il Lago Maggiore, esondato nei giorni scorsi, che è tornato a salire. A Mantova e a Cremona si teme un nuovo rialzo delle acque del Po, ma la piena preoccupa anche in Emilia Romagna, dove il sindaco di Ferrara ha ordinato ad alcune persone che abitano in zone a rischio di lasciare la propria abitazione. Oggi il maltempo si allenterà e concederà una relativa tregua. Tempo ancora instabile ed ombrelli a portata di mano su Nord Est e Tirreniche, al mattino anche su Levante Ligure e Lombardia. Meglio al Sud e al Nord Ovest, salvo fenomeni sulla Puglia. Peggiora su Campania e Nord Calabria con temporali. Domani arriverà l'ennesima perturbazione che porterà un altro carico di piogge ancora una volta al Nord e sulle Tirreniche. 2 Domenica 16 novembre 2014 Attualità MERCOLEDÌ A ROMA UN CONVEGNO CON I MASSIMI ECONOMISTI TRA I CRITICI DELLA DIVISA UNICA Uscire dall’euro? Per Forza Italia non è tabù Raffaele Fitto chiama a raccolta i guru anti-Ue. Il professor Antonio Rinaldi: “C’è da costruire una classe dirigente che sappia gestire il caos che deriverà dall’implosione dell’area monetaria” di Robert Vignola guru del no all’euro chiamati a raccolta da Forza Italia: sembra proprio essere questo uno dei primi e significativi effetti della “pax” firmata tra Berlusconi e Raffaele Fitto, con quest’ultimo che potrebbe quindi aver avuto carta bianca per incoraggiare un dibattito senza tabù e condizionamenti sulle scelte non solo economiche, ma finanche di politica monetaria grazie alle quali uscire dalla crisi. La notizia nuda e cruda dice che mercoledì prossimo, alla Sala del Refettorio in Palazzo San Macuto, a Roma, dalle 14.45 alle 18 si terrà il dibattito: “Oltre questa Europa. Sì al sogno europeo, no alla gabbia dell’austerità. Verso un nuovo Trattato?”. Il titolo, manco a dirlo, è ambizioso. Ad organizzarlo è proprio Fitto, che in poche righe di presentazione della sua iniziativa tratteggia gli ampi margini del tema: “Sarà l’occa- I sione per mettere in discussione un sistema di vincoli e di regole che hanno contribuito a bloccare l’economia europea, e rischiano di inchiodare un Continente intero alla non-crescita ancora per molti anni”. È quando il programma va a chi terrà le relazioni introduttive che balza agli occhi il livello dell’iniziativa: saranno nell’ordine Luciano Barra Caracciolo (Presidente di Sezione del Consiglio di Stato) , Antonio Rinaldi (Docente di Programmazione economica e finanziaria, Economia internazionale, Finanza aziendale) e Paolo Savona (Professore emerito di Politica economica e Presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, già Ministro dell'Industria) a introdurre l’argomento. È proprio Antonio Rinaldi a confermare la sua stessa sorpresa. “Ci hanno chiamato per dire la nostra, pur sapendo che tutti e tre abbiamo posizioni piuttosto nette. Mi sono meravigliato, d’altronde l’unica tessera che ho avuto in vita mia è quella del Club Amici del Toscano…” Sicuramente non amici dell’euro… “No, assolutamente: in questi ultimi giorni l’ho ribadito sia a Verona, dove mi hanno chiamato a far da contraltare a un professore prodiano, che a L’Aquila, dove ho spiegato come i vincoli europei DIETROLOGI SCATENATI SULLO SCAMBIO DI BATTUTE TRA I DUE LEADER hanno ucciso la ricostruzione”. Ora Forza Italia: un caso o una speranza in più? “Il fatto che all’interno di Forza Italia ci sia una componente fortemente critica rispetto all’euro mi fa piacere. Ma staremo a vedere. Certamente, occorre fare delle scelte, in un tempo in cui l’Italia è governata da un esecutivo completamente supino. Basti pensare che non ha saputo sfruttare neanche l’occasione di prendere le distanze sui vincoli sul solco della Francia. Invece rimaniamo col bilancino del farmacista a pesare il 3%, mentre la Spagna è al 5,5%, il Portogallo all’8,5% e la Francia potrebbe persino arrivare al 6%”. Quel 3% è il vero Muro da abbattere, 25 anni dopo? “Nel 2003 fu la stessa Germania a sforare il 3%, c’era il “semestre italiano” e noi ci voltammo dall’altra parte. Oggi quel vincolo è il mezzo coercitivo per dirci cosa dobbiamo fare. E non nel nostro interesse”. Come uscirne? “Non con i governi di Prodi, Monti o Letta, che ci hanno portato sin qui. Non sono stati capaci di gestire il piano A per rimanere nell’euro, come possono gestire il piano B per uscirne? Ripeto, è il momento delle decisioni, come hanno in parte capito Lega e Movimento Cinque Stelle occupando uno spazio politico. Ma c’è soprattutto una classe politica da costruire per quando scoppierà il caos, perché l’euro imploderà da solo”. Fiducia, quindi, in un nuovo corso di Forza Italia? “Guardi, la presenza di Paolo Savona è la garanzia che non ci sarà il minimo condizionamento, perché diciamo ciò che pensiamo. E voglio anche andare oltre, dicendo da subito che oggi il principale nemico dell’Europa è proprio chi sostiene la moneta unica, principale elemento disgregatore del nostro continente. Che invece ha bisogno di pace e cooperazione: un ruolo che non andava attribuito a una moneta, per giunta sbagliata”. I PALETTI DI BERLUSCONI SULLA LEGGE ELETTORALE Quei tweet tra Fini e Storace Il Cav “copre” Renzi che fanno troppo rumore ma chiama Alfano D C avvero strano il mondo degli osservatori politici. Pronti a montare un caso (addirittura un “giallo”) anche davanti a una serie di battute che vengono scambiate alla luce del sole. Il sole del caso è quello dei social network, anzi di Twitter, che ha ospitato un nuovo dialogo tra Francesco Storace e Gianfranco Fini. Tutta colpa di un utente che chiede a colui che fu il leader di An: “L’errore più grave che ha commesso la destra negli ultimi anni e il suo errore più evidente?”. Gianfranco Fini, chiamato in causa, usa la correttezza di rispondere: “Il mio? Ne ho fatti tanti. Uno su tutti sciogliere Alleanza Nazionale”. Ovviamente c’è da restare colpiti. E tra i primi a dimostrarsi tali c’è Francesco Storace, che cinguetta: “Peccato avere ragione tanti anni dopo”. Fini è pronto a controbattere “Meglio tardi che mai” e ne nasce ancora qualche scambio, con colui che fu il delfino di Almirante che invita il leader de La Destra a ricostruire un dialogo partendo dalla Fondazione An e quest’ultimo che realisticamente cita i suoi “mille dubbi” e i “troppi veti e controveti” (confermati peraltro da un’incursione, nella conversazione, di un Maurizio Gasparri che è piuttosto netto nello sbarrare la strada ad un rientro in politica a Fini. Nulla di nuovo, se non la conversazione, per i lettori de Il Giornale d’Italia che seguono attentamente le vicissitudini dei mille rivoli che ha intrapreso la destra italiana, ma lo scambio non passa inosservato e ieri pomeriggio conquista le “headlines” (titoli di testa) di alcuni portali web, in vista e meno, del panorama dell’informazione nazionale on line. Alla fine, a interrompere il crescere di dietrologie e pressapochismi è stato proprio Storace. “Il "giallo" sui tweet con Gianfranco Fini è davvero patetico. Si parla in trasparenza tra persone civili con idee ancora diverse. E allora?”. E la partita è chiusa. Almeno fino ai commenti del prossimo tweet… R.V. onferenza milanese di Berlusconi dalle molte sfaccettature. La prima delle quali è però rivolta al patto del Nazareno, che è diventata la vera pietra angolare del leader di Forza Italia. Certo, la legge elettorale per il Cav non deve contenere premio di maggioranza al partito e soglie di sbarramento troppo basse. I paketti azzurri sono presto tracciati. “Se il premio di maggioranza del 55% va al partito che arriva per esempio al 33% - ha spiegato il leader di Fi - credo che sia al di là della Costituzione”. E penalizzerebbe il centro-destra, aspetto che Berlusconi non ha certo nascosto.“Andare a elezione con una maggioranza che va non alla coalizione ma al partito significa essere sconfitti, per questo ho detto di no”. Con Renzi però il numero uno di Forza Italia vuol continuare a ragionare. Sul Quirinale, ad esempio, che probabilmente sarà il perno delle manovre politiche dei prossimi mesi. Ma ci sono aperture anche verso altre parti del governo: il Nuovo Centro Destra in primis, proprio in quella prospettiva di elezioni che Berlusconi vorrebbe scacciare ma che non può essere certamente esclusa a priori. Perché riunire il centrodestra “è una necessità, un dovere e anche un mio augurio: dopo le divisioni personali si lavori tutti insieme per ragioni superiori. Speriamo che qualcuno arrivi a essere riconosciuto come leader maximo di tutti i partiti che possono fondersi assieme”. V. B. LO ZOO DI SPIDERITA Se il vecchio bradipo lumbard cala su Roma ladrona zione meramente elettoralistica quella del bradipo leghista Borghezio, che con un blitz romano, ha spudoratamente cercato di mettere a frutto quel serbatoio di voti di destra, che si è accaparrato alle europee nel collegio del centro, dato che da allora era sparito nonostante il suo lato b si fosse comodamente accasato in quel di Strasburgo. Ora in preda ad un razionale sussulto di responsabilità rinuncia alla visita a Tor Sapienza ergendosi a tutore dell’ordine pubblico, giusto lui che nel tempo, davvero tanto tempo vista l’anagrafe, ha costruito il suo consenso sull’estremismo incendiando animi e strumenta- A lizzando spesso l’altrui disagio. Certo, da quando il Capetto Salvini, che è riuscito attraverso una serie di spericolate manovre e l’abiura delle sue idee, nell’opera di lavanderia della Lega dopo le recenti cronache di corruzione, aveva rinunciato alla circoscrizione centrale fuggendo verso lidi più sicuri, Borghezio ne aveva assunto il comando, profittando di tutto quel popolo che ritrovandosi senza più punti di riferimento, e che rappresenta oggi il mondo della destra, si ritrovava deluso e migrante alla ricerca di un’identità perduta. E tra una promessa elettorale e l’altra l’hanno seguito in tanti, magari con il miraggio di poter anche loro rappresentare istituzionalmente una parte che non c’è più, logorata da diatribe interne e odi atavici, ma si sono ritrovati con solo delle mosche in mano giacché come al solito i posti erano pochi e sono scattati per i soliti dirigenti anziani di quella che fu la grande Padania. Certo qualche faccia è cambiata ma i lumbard son sempre gli stessi, sferrano raffiche di slogans, copiano e incollano lotte e battaglie di altri, tessono alleanze con le destre d’oltralpe, per convincere, attirare, carpire la buona fede di chi non si ritrova nel marasma politico di questi tempi moderni con uomini vecchi e stanchi. Stan- Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Direttore Generale Niccolò Accame Capo Redattore Igor Traboni Progetto grafico Raffaele Di Cintio Società editrice Amici del Giornale d’Italia chi forse anche, ma specialmente furbi, attenti a non ripetere vecchi gridi di battaglia al suono di Roma ladrona. Roma capitale d’Italia, emblema di un’intera nazione, una Patria che i leghisti hanno contrastato in nome del secessionismo, mentre per noi scelta valoriale e indissolubile. Diremmo oggi come si cambia per non morire… nei nostri pensieri Roma è, e rimarrà, nonostante tutto e tutti, sempre il centro della nostra bella Italia e diciamolo pure il più Belsito del mondo. Ogni riferimento a persone e fatti qui è puramente voluto. Una serena domenica a tutti! Spiderita. Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Domenica 16 novembre 2014 Attualità IL 29 NOVEMBRE MANIFESTAZIONI IN MOLTE CITTA'. GASPARRI: “IMPORREMO UNA SERIA REVISIONE DELLE IMPOSTE SUGLI IMMOBILI” Tasse sulla casa, Forza Italia scende in piazza di Giuseppe Giuffrida orza Italia alza gli scudi contro le tasse sulla casa e dà appuntamento al prossimo 29 novembre in tutte le principali piazze italiane per manifestare contro l’ennesimo colpo di mano del governo Renzi. Con una nota pubblicata sulla pagina Facebook “Basta tasse sulla casa”, il movimento di Silvio Berlusconi evidenzia come in un Paese dove il fisco è civile, “tassare la casa come avviene in Italia non sarebbe possibile perché la Costituzione lo impedisce. La Corte costituzionale federale tedesca –prosegue la nota-, ha infatti stabilito in una sentenza del 22 giugno 1995 che ‘il prelievo fiscale trova il proprio limite costituzionale nella capacità di reddito del patrimonio’. L’imposta sul patrimonio, F pertanto, può aggiungersi alle normali imposte sui redditi solo nella misura in cui il contribuente risulti in grado di far fronte con i proventi normalmente prevedibili e disponga ancora, dopo il pagamento dell’imposta, di una parte del proprio reddito”. Di fatto, si evince come non sia tassabile il “minimo vitale” per il contribuente e per la sua famiglia. Tuttavia, l’organizzazione dell’evento promosso da Forza Italia evidenzia come in Italia “il passaggio dall’Ici all’Imu prima – con il contestuale e spropositato aumento dei moltiplicatori catastali – e l’introduzione della Tasi poi, sono una patrimoniale sotto un altro nome, che in- fatti ha provocato un crollo del mercato immobiliare”. Dati alla mano, Confedilizia rileva che nel 2012 per raccogliere 24 miliardi di tasse è stata causata una L’ANALISI DEL GLOBAL GENDER GAP REPORT perdita di valore degli immobili da 1.000 a 2.000 miliardi di euro. In altre parole, si è persa una ricchezza nazionale pari a 40 o addirittura 80 volte il gettito ottenuto. “Un furto legalizzato” tuonano da Forza Italia, ricordando inoltre che “sono patrimoniali tutte quelle tasse che non colpiscono un reddito, ma un bene. Come appunto la casa, che in molti casi non produce alcun reddito, o addirittura è solo un costo. La casa –chiosa la nota-, da simbolo di sicurezza, sta diventando un incubo da cui fuggire”. Una drammatica situazione alla quale non si può più far fronte, e che ha indotto Forza Italia a scendere in piazza oltre che a dare battaglia in Parlamento. “Dobbiamo fare della tutela di questo bene essenziale per l’ottanta per cento delle famiglie italiane la priorità di Forza Italia nel dibattito sulla legge di stabilità –ha dichiarato il senatore forzista Maurizio Gasparri-. La politica del rigore ha fallito ma il governo Renzi si mostra incapace di autonomia, di rilanciare il paese e creare sviluppo. Contro questa politica che tartassa le famiglie –ha proseguito Gasparri- Forza Italia eserciterà in Parlamento e nel paese la sua opposizione, iniziando dall’imporre una seria revisione delle tasse sugli immobili con la mobilitazione nazionale per il ‘casa-day’. Dobbiamo riportare il prelievo fiscale dai trenta miliardi del governo Renzi ai dieci del governo Berlusconi. Si può fare, si deve fare”. A PAGARNE LE SPESE IMPIEGATI E MIDDLE MANAGEMENT Cuneo fiscale record: Parità di genere, Italia fanalino di coda d’Europa siamo i peggiori d’Europa L’ È ennesima bocciatura per l’Italia arriva dal Global Gender Gap Report, uno studio che prende in considerazione la partecipazione femminile alla vita economica e lavorativa in 142 Paesi. Ebbene, la Penisola resta in coda, oltre che per il fattore remunerativo. Proprio su quest’ultimo aspetto il Belpaese si piazza all’ultimo posto in Europa, 114esimo nella classifica generale, e 129esimo relativamente all’uguaglianza salariale a parità di mansioni. Nell’analizzare dove si trovano le maggiori differenze tra retribuzioni maschili e femminili, l’Osservatorio ha rilevato un divario del 7,2% per i salari medi, con gli uomini che guadagnano circa 2mila euro in più delle donne. Va peggio agli impiegati, la cui retribuzione delle donne arriva ad essere 3mila euro in meno rispetto a quella degli uomini. Lontana anni luce anche la parità di genere tra i dirigenti, dato che negli incarichi di maggiore responsabilità aziendale le donne incassano anche 8mila euro in meno rispetto ai colleghi maschi. Una quasi parità si trova solamente tra i quadri, dove si registra lo scostamento minore (5,4%). In generale, la disparità di genere in Italia non riguarda solo i salari ma anche le opportunità per le donne di arrivare in posizione di potere. Per avere un’idea in tal senso, basterebbe analizzare la composizione dei dirigenti, che per il 71% sono uomini e per il 29% donne. Analoga la situazione per i quadri e per gli operai, questi ultimi per il 64% uomini. Per individuare una massiccia presenza femminile bisogna analizzare i dati relativi gli impiegati, dove infatti nel 2013 risultavano esserci il 58% di donne e il 42% di uomini. Guardando complessivamente alla presenza femminile nel mondo del lavoro, tra il 2004 e il 2013 si nota un aumento di tre punti percentuali nel numero di donne occupate (42% nel 2004 e 45% nel 2013) e una diminuzione equivalente della percentuale degli occupati maschi (58% del 2004 contro 55% del 2013). G.G. sconcertante quanto emerso dall’analisi di Mercer, colosso della consulenza sul “capitale umano”, contenuta nell’Osservatorio sul costo del lavoro 2014, secondo cui il peso del cuneo fiscale sul lavoro stronca letteralmente le retribuzioni della classe media, che in Italia più che altrove, risulta essere fortemente penalizzata. Analizzando lo studio effettuato su aziende italiane e straniere (con filiali nella Penisola) mediamente grandi, si rileva infatti che nella differenza tra il costo del lavoro sostenuto dall’impresa e la effettiva retribuzione percepita dal dipendente, il nostro Paese è ai primi posti tra gli Stati europei occidentali industrializzati, soprattutto per le posizioni di “middle management” e dirigenti. In particolare, se in Italia quadri e dirigenti costano all’impresa quanto a Francia e Germania, il paragone con quanto effettivamente finisce in tasca al dipendente nostrano non regge il confronto con gli altri Stati. Di fatto, nel Belpaese il lavoratore percepisce la metà di quanto ha sborsato l’azienda per cui lavora. Una situazione, questa, che determina inevitabilmente un crollo del potere d’acquisto tale da essere superati da Spagna e Polonia. Stesso discorso per gli operai, che in Germania arrivano ad avere in busta paga ben 10mila euro in più rispetto alla Francia o all’Italia. Ad aggravare ulteriormente la situazione della classe media, evidenzia ancora Mercer, è il mancato adeguamento dei salari a fronte dell’aumento del costo della vita. Secondo gli analisti, infatti, solo operai e dirigenti hanno visto un adeguamento delle loro retribuzioni, mentre impiegati e i middle management hanno registrato un incremento salariare ben al di sotto dell’inflazione. Per l’amministratore delegato di Mercer Italia, Marco Valerio Morelli, “la pesantezza dell’attuale sistema di tassazione e di contribuzione fiscale rende il nostro Paese poco competitivo, soprattutto se lo confrontiamo con lo scacchiere internazionale. Un aspetto su cui occorre riflettere per rilanciare l'economia e il mercato del lavoro in Italia”. G.G. LA COMMISSIONE DÀ L’OK DEFINITIVO, MA ENTRAMBE LE COMPAGNIE DOVRANNO CEDERE ALCUNI SLOT SULLA TRATTA ROMA-BELGRADO Alitalia-Etihad, arriva il sì condizionato dell’Ue D opo mesi di estenuanti trattative, arriva l’atteso sì della Commissione europea all’ingresso di Etihad nel capitale di Alitalia. A renderlo noto è la Direzione generale Concorrenza della Commissione Ue, che in una nota recita: “La Commissione europea ha autorizzato, ai sensi del regolamento Ue sulle concentrazioni, la proposta di acquisizione del controllo comune di New Alitalia (Italia) da parte di Alitalia Compagnia Aerea Italiana ed Etihad Airways. New Alitalia - prosegue il comunicato - rileverà le attività aeronautiche di Alitalia Cai”. Di fatto, il matrimonio può essere definitivamente portato a termine. Ma ad un patto, però: entrambe le compagnie aeree dovranno cedere alcuni slot a nuovi operatori sulla tratta Roma Fiumicino-Belgrado. Se, infatti, i tecnici di Bruxelles non hanno rilevato complessiva- mente gravi preoccupazioni in materia di concorrenza, l’unico neo riguarda solo la rotta RomaBelgrado, per cui proprio Alitalia ed Air Serbia (controllata in parte da Etihad) sono gli unici vettori ad offrire voli diretti. A tal riguardo, “la Commissione temeva che il monopolio generato dall’operazione sulla rotta Roma-Belgrado avrebbe potuto comportare un aumento dei prezzi e una minore qualità del servizio per i passeggeri”, e dunque, ha invitato entrambe le società a cedere parte degli slot ad altre compagnie. Condizione a parte, i soggetti coinvolti nell’accordo gongolano e salutano con gioia la decisione dell’Ue. Il numero uno di Etihad, James Hogan, si dichiara “lieto di poter andare avanti in questo processo”, dichiarandosi “fortemente intenzionato a raggiungere la positiva conclusione dell’operazione con Alitalia”. “Una partecipazione azio- naria in Alitalia –spiega ancora Hogan- garantirà vantaggi non solo alle due Compagnie aeree, ma, cosa ancora più importante, darà maggiore scelta e più ampie opportunità di viaggio a chi vola per affari o per turismo da e per l’Italia”. Fortemente entusiasta anche l’amministratore delegato dell’ex compagnia di bandiera, Gabriele Del Torchio, convinto che “questo investimento consentirà stabilità finanziaria e solide fondamenta per una crescita notevole e a lungo termine per la Compagnia e per l’industria dei viaggi e del turismo in Italia, di cui Alitalia è un asset fondamentale”. Un plauso alla decisione dell’Ue arriva anche dal ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, che si è detto certo fin dall’inizio che “l’Italia aveva rispettato fino in fondo le norme ed i parametri imposti da Bruxelles”. G.G. 4 Domenica 16 novembre 2014 Storia IL CANTO DEL CIGNO DI UN ORGOGLIO ITAL IANO Muore il Corpo Militare CRI e lo si celebra con una mostra di Gianandrea Cancani ennesimo scempio a danno di un’eccellenza nazionale, che tutto il mondo ci invidia: il Corpo Militare della Croce rossa italiana (150 anni di storia gloriosa) che presto verrà, di fatto, soppresso. E’ una realtà poco conosciuta, composta da circa 20.000 volontari che, accettando la severa disciplina di chi indossa le stellette, lavorano gratis. Tra questi, più di 2500, fra medici e infermieri, cui si aggiungono farmacisti, psicologi, logisti, tecnici, commissari, autieri etc. Persone che svolgono le loro professioni nella vita civile e che, essendo state precedentemente addestrate dagli 11 Centri di Mobilitazione sparsi in tutta Italia, non appena richiamate in servizio, vengono inquadrate nell’efficienza della catena di comando militare. Possono così prodigarsi – senza prendere un euro - in operazioni di protezione e difesa civile e in attività di assistenza sanitaria per tutte le Forze Armate. Sempre presenti, dall’Iraq al terremoto dell’Aquila, dall’Afghanistan all’ultima emergenza neve e a Lampedusa, i militari di questo corpo ausiliario lavorano in silenzio e non fanno molto parlare di sé. Tutta la struttura andrà però a pallino – proprio nel centenario della Grande Guerra - perché il decreto legislativo L’ n. 178 del 2012 voluto dal governo Monti ha disposto la riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce Rossa, in pratica, privatizzandola. Appena 900 militari in servizio effettivo (quindi stabili e stipendiati), che servono a mantenere efficiente la struttura e alla manutenzione delle attrezzature, verranno messi in congedo ovvero, «in mobilità non protetta. Ma questo avrà conseguenze nefaste: un organismo militare non può prendere ordini dai privati civili, e dunque senza un’aliquota di militari effettivi, i 20.000 volontari non saranno utilizzabili. L’intera struttura verrà resa inerte e di fatto soppressa. Con il virus Ebola alle porte, l’emergenza immigrazione, i terremoti e i disastri alluvionali causati dal dissesto idrogeologico, la burocrazia italiana distrugge questo corpo che è in assoluto il più adatto a intervenire, poiché unisce volontarietà, competenze sanitarie e militarietà. Una follia, in tempi di risparmi obbligati dato che, quando le Forze Armate non disporranno più di personale sanitario non retribuito come quello del Cm CRI, (di cui negli ultimi anni hanno fatto uso sempre più massiccio) dovranno pagare enti privati. La spesa per l’erario sarà quindi molto superiore a quella per poche centinaia di stipendi. (Uno sti- pendio medio di un effettivo del Cm CRI è di circa 1200 euro al mese). Per uno di quei tipici paradossi italiani, l’imponente mostra che ha aperto ieri i battenti presso il Complesso del S. Spirito (l’ospedale più antico del mondo), suona, quindi, come un sontuoso canto del cigno. L’esposizione si intitola “Soccorso umanitario ed evoluzione dell’arte sanitaria” ed espone mezzi, uniformi, cimeli e documenti dalla Terza Guerra d’Indipendenza ai giorni nostri. (Tra questi, le barelle ippotrainate ottocentesche e l’ambulanza che servì a trasportare Mussolini dopo il suo arresto). I pezzi vengono illustrati al pubblico da militari riservisti (richiamati per l’occasione) che, indossando uniformi di varie epoche illustrano al pubblico italiano e straniero il percorso dell’allestimento. Anche loro svolgono il lavoro per puro spirito di servizio alla Patria e Il Caporal Maggiore carrista Giovanni Pucciotti, di 95 anni, reduce di El Alamein, posa accanto a un'ambulanza del Cm CRI degli anni '30 al Corpo, senza percepire un euro. Tra i visitatori, ha fatto spontaneamente capolino, in uniforme e decorazioni, il Caporal maggiore carrista Giovanni Pucciotti: 95 anni portati con disinvoltura, Pucciotti è tra i pochi reduci di El Alamein rimasti in vita e recentemente ha partecipato alla manifestazioni per la presa di Porta Pia (sfilando proprio su un mezzo VM del Corpo Militare CRI): “Io stesso, nel 1941, sono stato ricoverato a Tripoli, presso un ospedale della CRI. Avevo la febbre, e dopo il tramonto non riuscivo più a vedere, a causa della carenza di vitamine. Nell’ospedale, stracolmo di feriti, il personale militare CRI ci trattava benis- simo. Apprendo con sgomento quello che riguarda il futuro del Corpo militare. E’ una cosa orribile e vergognosa perché questo è un Corpo storico, composto da persone davvero speciali”. Per risolvere la situazione basterebbe poco. Il governo Renzi potrebbe risolvere il problema con un semplice emendamento al decreto Balduzzi, e inserire il Corpo Militare nel comparto Difesa e Sicurezza. Da diversi mesi, molti e ripetuti sono stati gli appelli provenienti dai vertici del Cm CRI ai ministri della Difesa Pinotti e della Salute Lorenzin. Da dicasteri non è giunta ancora alcuna risposta. TRA STORIA E MISTERO, ATMOSFERE DANNUNZIANE IN UN LUOGO E CCE Z IONAL ME NT E E VOCAT IVO San Pelagio, viaggio nel tempo a caccia di fantasmi I Ghost Hunter Padova raccontano in anteprima al Giornale d'Italia la loro indagine nel Castello da cui il Vate partì verso Vienna di Emma Moriconi n viaggio nel tempo a San Pelagio, il Castello da cui Gabriele D'Annunzio partì per il "folle" volo su Vienna del 1918. È qui che ci conducono oggi i ragazzi di Ghost Hunter Padova, in missione alla ricerca di "presenze". Un Castello abitato da oltre trecento anni dalla famiglia dei Conti Zaborra, oggi sede di un Museo ma anche di un Ristorante, meta di tanti turisti ed appassionati. Nelle stanze che furono del Vate, nulla è cambiato da allora: l'atmosfera è unica e coinvolgente, estremamente suggestiva. U Era il 9 agosto del 1918 quando Gabriele D'Annunzio partì dal campo di volo 9 di San Pelagio, a Padova, con la squadriglia La Serenissima, e lanciò su Vienna volantini tricolori, azione epocale, unica nella storia. Azione al termine della quale il poeta disse: "Non siamo venuti se non per la gioia dell'arditezza". Un giro a San Pelagio, insomma, è un'occasione per visitare i luoghi in cui il poeta visse nel periodo in cui firmò una delle imprese che consegnarono alla storia questo straordinario personaggio, gli anni tra il 1917 e il 1919. Ed ecco che il Castello di San Pelagio, in omaggio al Vate ma anche al volo dell'uomo, "che - si legge sul sito - affonda le radici nel mito di Icaro e che ha prodotto un'incredibile serie di strane macchine volanti prima di arrivare agli aerei moderni". Un vero e proprio Museo dell'Aria, insomma, nato dal restauro operato nella struttura nei primi anni Settanta e inaugurato nel 1980, grazie all'impegno della proprietà e di Maria Fede Caproni. Ma non solo: il Parco del Castello è altrettanto suggestivo, con i suoi labirinti, il giardino segreto, il prato dei cento passi, la ghiacciaia, il laghetto, il giardino delle rose. Ci sono poi sale dedicate a vari personaggi della storia, come Leonardo, i Montgolfier, i Wright, Ferrarin, Lindbergh, Nobile, Gagarin, Armstrong e al grande Italo Balbo. È in questo eccezionale contesto che i nostri "acchiappafantasmi" si sono recati di recente per svolgere un'indagine. I Ghost Hunter Padova sono una "vecchia conoscenza" del Giornale d'Italia: di loro abbiamo parlato lo scorso anno a proposito della loro indagine a Villa Carpena, la dimora della famiglia Mussolini, nei pressi di Predappio. Il Giornale d'Italia li ha raggiunti per raccontare ai suoi lettori i risultati dell'interessante indagine. Risultati che possiamo riferire in anteprima ma solo parzialmente: per conoscere i dettagli bisognerà attendere infatti la relazione ufficiale sul sito dell'organizzazione no profit dei giovani padovani. Ecco qui, dunque, alcuni stralci della "Relazione su sopralluogo ed indagine appartamenti abitati da Gabriele D'Annunzio c/o Castello di San Pelagio - Museo dell'Aria - Due Carrare (Pd)". All'indagine, svoltasi il 23 agosto scorso, hanno partecipato Orazio Daniele, Andrea Pugliese, Erica Turetta, Alessio Pezzin, Rodolfo Bortoletto. Ed ecco foto, verifiche strumentali come il controllo della temperatura, rilevamenti dei campi elettromagnetici per evitare disturbi nel corso della sperimentazione, in una pre-indagine appassionante e coinvolgente. E se tutto ciò che riguarda l'occulto può lasciare perplessi o suscitare scetticismo, l'ambientazione di San Pelagio già da sola è sufficiente ad appassionare, a prescindere da fenomenologie di ogni sorta. Come pure è indubbiamente affascinante osservare dei giovani al lavoro mentre predispongono l'indagine notturna, con i loro registratori digitali che vengono posizionati nella stanza del Vate. Intorno a loro sembra ancora aleggiare lo spirito del poeta: l'atmosfera è tale che non lo si può negare, indipendentemente da qualsiasi ipotesi paranormale. "La strumentazione per l’acquisizione di registrazioni audio - dice la relazione - è rimasta all’interno delle mura a monitorare gli ambienti dalle ore 19:20 alle ore 21:45 senza la presenza di alcuno all’interno del maniero, evitando dunque possibili interferenze di suoni o rumori provocati da noi con conseguente inquinamento del risultato". L'indagine notturna è iniziata alle 21.45 e si è protratta fino alla mezzanotte. Qualche sorpresa, il Castello di San Pelagio l'ha riservata, ai nostri cacciatori di fantasmi: lì dentro - dice Orazio - qualcosa si muove, "una figura maschile seduta sul bordo del letto, stanca, con la schiena curva" ... e non è la sola. L'esperimento si è svolto con le modalità che il protocollo prevede in questi casi: la relazione, dettagliatissima, spiega tutti i procedimenti adottati. Ma per conoscerne gli esatti contenuti, tra cotte di maglia e balestre che affiorano dalle nebbie del passato, i nostri lettori dovranno pazientare ancora un po'. [email protected] 5 Domenica 16 novembre 2014 Grande Guerra /17 LA NEUTRALITÀ COME UNA "CAMICIA DI NESSO", DELLA QUALE IL FUTURO DUCE SCEGLIE DI LIBERARSI PER NON RESTARNE AVVELENATO Il Popolo d’Italia, la “novella istoria” di Mussolini Quel giornale, "il più accarezzato dei suoi ideali sino dai giorni della prima giovinezza" di Emma Moriconi 28 ottobre 1914: l'Austria chiede all'Italia l'estradizione di Cesare Battisti, "colpevole - dice - del delitto di truffa continuata". Della vicenda di Battisti abbiamo già parlato in una puntata precedente di questo nostro speciale, e torneremo a parlarne ancora. Giova qui solo richiamare il caso, al fine di incastrare le vicende in termini cronologici e di contesto. In quegli stessi giorni, Benito Mussolini parla ai socialisti, accolto da fischi: "Parlerò senza reticenze e senza sottintesi - dice all'ostile platea - è indubitabile che, di fronte al conflitto europeo, la compattezza del nostro Partito non esiste. La maggioranza, tuttavia, è per la neutralità. Ma la neutralità è come una camicia di Nesso; ed io me ne sono liberato, per sentirmi più libero. Anche il mio amico Gustavo Hervé, che un giorno voleva piantare la bandiera sul letamaio, oggi la difende da arrabbiato nazionalista. La Nazione, cari compagni, rappresenta una tappa del progresso umano...". Ed ecco che per inquadrare la neutralità, il maestro elementare, ardente rivoluzionario, prende in prestito un mito classico: la neutralità è come una camicia di Nesso, intrisa di veleno a tradimento, della quale vuole liberarsi per non restarne mortalmente avvelenato. "L'intervento non ci deve far paura! - tuona alla platea fi- schiante - Intervenendo nella guerra, non valorizzeremo il militarismo. E neppure provocheremo la soppressione della lotta di classe. Il nostro intervento potrà, inoltre, troncare ed abbreviare la guerra, risparmiando così un grande numero di vittime". È lo strappo definitivo. "Avrò ben presto un altro mezzo per esprimere il mio pensiero - tuona l'ex direttore de L'Avanti! - Il mio nuovo giornale mi permetterà di parlare tutti i giorni". Comincia così quella che Rino Alessi chiama "la novella istoria di Benito Mussolini, destinata a resistere fino al 25 luglio 1943, cioè sino alla morte del Popolo d'Italia, la creatura che ora si accingeva a mettere al mondo mentre intorno a lui infierivano la cattiveria irrefrenabile e la slealtà dei nemici sconfitti". Il 15 novembre le nebbie milanesi sono squarciate dall'annuncio: "Il Popolo d'Italia!" Dieci giorni dopo i socialisti convocano l'assemblea al Teatro del Popolo di Milano: la priorità dei socialisti italiani è punire il "ribelle". Espulsione per "indegnità morale". Mussolini non se ne adonta: "La mia ricompensa l'avrò più tardi. Quella gente che mi ha espulso mi ha nel sangue e mi ama. Mi ha demolito perché non mi ha compreso. Ma essa mi dirà, un giorno: 'Voi siete stato un pioniere e un precursore'". Ancora Alessi, compagno di scuola di Benito ai tempi di Forlimpopoli, scrive: "Posse- dere un giornale nel senso di poterne disporre a seconda delle proprie ispirazioni e dei propri disegni era stato il più accarezzato dei suoi ideali sino dai giorni della prima giovinezza. Ma aveva egli la preparazione amministrativa indispensabile per dare allo strumento della sua battaglia una base sicura e duratura? Chi lo avrebbe potuto consigliare e aiutare nella creazione di un'azienda tra le cui difficoltà non si era mai avventurato? Mussolini non aveva il senso del denaro. Era il più potente uomo politico d'Italia e per i bisogni del vivere quotidiano della famiglia, nonostante le eroiche economie di Rachele, l' 'arzdora' romagnola che sapeva risparmiare anche le briciole dei pasti, secondo la tradizione delle donne di casa di una volta, doveva ricorrere ai prestiti del capitan Giulietti, il capo dei sindacati dei lavoratori portuali di Genova. Egli aveva imparato presto il rispetto del denaro altrui; e coloro che per antico odio mai digerito gli negano questa virtù commettono la più sleale delle ingiustizie. Benito Mussolini era nato galantuomo, come suo padre, sua madre e gli altri della sua casata. Aveva sempre avuto il culto del denaro del partito, non aveva mai avanzato richieste [...] Dare una base editoriale al Popolo d'Italia: ecco il problema che doveva risolvere ben sapendo che la consorteria riformista gli sarebbe stata alle costole per spiare ogni sua mossa, ogni suo pensiero. Uno solo possedeva un suo fiuto ed una certa esperienza in materia avendo avuto rapporti professionali con l'ingegner Pontremoli, consigliere delegato della Società Editoriale Italiana, proprietaria del Secolo e del Messaggero e del Giornale del Mattino, ed ora impiegato presso le 'Messaggerie Italiane' appena sorte ad ini- ziativa di Gioulio Calabi, israelita bolognese, il cui programma era la diffusione della stampa periodica italiana, il suo nome era allora pressoché ignoto; e oggi ancora lo si ricorda di rado anche nelle storie mussoliniane più in voga. Si chiamava Manlio Morgagni". Quando il libro di Alessi viene dato alle stampe è il 1970. Morgagni ancora oggi è quasi uno sconosciuto, i libri di storia raramente parlano di lui. Eppure fu un fidatissimo collaboratore di Mussolini. A lui Il Giornale d'Italia ha dedicato di recente un breve "ritratto". Qui basterà ricordare come il 25 luglio 1943, dopo la caduta di Mussolini, si sparò un colpo di rivoltella, preferendo la morte ad un'Italia senza Mussolini. [email protected] LA STORIA DI DUE FRATELLI INGLESI CHE, DURANTE LA GRANDE GUERRA, SI SCHIERARONO SU FRONTI OPPOSTI L’ufficiale e il pacifista: chi è l’eroe? Un chiaroscuro familiare che, nel rispetto delle convinzioni di ciascuno, induce a riflettere di Cristina Di Giorgi P hilip è un giovane ufficiale inglese che, insieme ai suoi uomini, si trova in Francia, sui campi di battaglia della Prima Guerra mondiale. Bert, suo fratello, è invece un obiettore di coscienza, che ha rifiutato di combattere. L'uno sta per affrontare le mitragliatrici tedesche, l'altro è stato condannato come traditore. Entrambi si trovano a dover guardare in faccia la morte, ma mentre Philip, avendo risposto alla chiamata patriottica contro i nemici del suo Paese, lo sta facendo in divisa, Bert ha scelto diversamente, aggrappandosi ad una fede religiosa che, come lui stesso dice, gli impedisce di uccidere altri figli di Dio. I due fratelli, pur non condividendo l'uno le decisioni dell'altro, si rispettano profondamente. Philip e Bert si incontrano nelle Fiandre. Uno attende la battaglia, l'altro è un prigioniero pacifista che sta per essere giu- dicato dalla Corte marziale. Come Bert in Inghilterra ce ne sono poco più di sedicimila, a volte compresi più spesso puniti e incarcerati perché rifiutano di combattere. Condannano lo sforzo bellico e non vogliono in alcun modo parteciparvi. I più radicali non accettano nemmeno di entrare a far parte dei Corpi non combattenti, destinati a progetti non militari: non vogliono nemmeno pelare patate se sono destinate ad alimentare i soldati. Anche se tra chi è sotto le armi ci sono amici e familiari. Anche se la loro opera è utile ad assistere le migliaia di feriti provenienti dalle trincee dei campi di battaglia. Alcuni obiettori (tra cui Bert) vengono costretti a partire per la Francia: tecnicamente si sarebbero trovati sul campo di battaglia, e la pena per la disobbedienza in quel caso era la morte. E' in quel momento che i due fratelli si incontrano: i loro visi si illuminano e riescono a parlare per un po', pensando che forse quella era l'ultima volta che si vedevano. Poi le loro strade si separano di nuovo: il fratello in divisa torna tra i suoi uomini ed affronta i tedeschi; quello pacifista fronteggia insulti e provocazioni, di fronte alle quali riesce a non reagire, incoraggiando sé stesso ed i suoi compagni a resistere appoggiandosi sulla forza spirituale e sulla fede: “possono portarmi dove vogliono, anche nelle trincee di prima linea – dice Bert – ma non potranno mai farmi alzare le mani contro i miei simili”. Philip e Bert si salvano entrambi: l'uno dal massacro dei campi di battaglia, l'altro dalla condanna e dalla prigione. La loro storia, raccontata dal giornalista Will Ellsworth-Jones in un libro sugli obiettori di coscienza inglesi nella Grande Guerra, si conclude con una domanda: quale fratello fu il più coraggioso, Philip per aver combattuto, o Bert per aver detto no? 6 Domenica 16 novembre 2014 Esteri I GRANDI DEL MONDO RIUNITI A BRISBANE, MA LA VIA PER LA DIPLOMAZIA SI FA IN SALITA Al G20 impegno per la crescita. Della tensione… L’importante è aggredire la Russia, la crisi economica finisce in secondo piano Obama provoca Putin, che minaccia di abbandonare il tavolo. Renzi ai margini di Barbara Fruch olitica e economia si intrecciano (come sempre) al G20 di Brisbane in Australia. E non mancano le tensioni tra Occidente e Russia sulla guerra in Ucraina. Il presidente russo Vlamidir Putin, “pressato” da Usa e Germania sulla questione Kiev, prima ha fatto filtrare di voler abbandonare il vertice anzitempo, poi il Cremlino ha ufficializzato che il leader di Mosca è intenzionato a rimanere fino alla fine dei lavori, anche se gli attriti rimangono. Angela Merkel ha denunciato che “l’attuale situazione” in Ucraina “è del tutto insoddisfacente”, aggiungendo che “al momento l’aggiunta di altre personalità russe” alla lista di quelle già colpite da sanzioni Ue “è sull’agenda” dell’incontro di lunedì 17 a Bruxelles. L’attacco più deciso è arrivato da Barack Obama, che ha definito l’aggressione russa “una minaccia per il mondo”. Obama ha spiegato che gli Stati Uniti guidano,come sola superpotenza mondiale, l'opposizione della comunità internazionale “all'aggressione russa contro Kiev che rappresenta una minaccia al mondo, come abbiamo visto nello sconvolgente abbattimento dell'MH17”. Decisa la risposta del leader russo che nel P suo incontro (al termine del G20) con la cancelliera e il neopresidente della commissione europea Jean-Claude Juncker, in riferimento proprio alla crisi ucraina, “ha spiegato dettagliatamente, sin nelle sfumature, l'approccio russo”. Putin ha voluto far presente che le sanzioni occidentali contro il settore bancario russo stanno minando indirettamente l'economia ucraina perché le banche russe hanno accordato un prestito di 25 miliardi di dollari a Kiev. “Se i nostri partner in Europa e negli Usa vogliono aiutare l'Ucraina, come possono minare la nostra base finanziaria limitando l'accesso ai mercati internazionali dei capitali per le nostre istituzioni finanziarie? Vogliono rovinare le nostre banche? Ma in questo caso rovineranno anche l'Ucraina”, ha detto in una intervista all'emittente tv tedesca Ard di cui le agenzie russe hanno anticipato alcuni stralci. “Ma capiscono quello che stanno facendo o no? O la politica oscura loro gli occhi? Gli occhi, come noto, sono una parte periferica del cervello. Gli si è staccato forse qualcosa nel cervello?”, ha aggiunto. Putin ha anche ammonito che Mosca non consentirà che il governo ucraino “distrugga i suoi avversari politici e i suoi oppositori”. “Il punto principale è non vedere questo problema solo da un lato”, ha spiegato. Il leader del Cremlino ha criticato Kiev per la sua nuova offensiva militare nell'est del paese. “Volete che il governo ucraino distrugga tutti i suoi avversari politici e i suoi oppositori lì? Noi no. E non lasceremo che accada”. Non solo la questione ucraina, al vertice anche le tanti crisi che il mondo sta vivendo. I leader hanno tra i loro principali obiettivi quello di rafforzare gli impegni per la crescita, mettendo almeno 2mila miliardi di dollari in riforme politiche, in modo da generale milioni di nuovi posti di lavoro. L'economia Usa finalmente ha ripreso a tirare, ma restano presenti criticità in Europa, in Cina e in Giappone. “Negli ultimi anni gli Usa hanno riportato al lavoro più persone di tutte le altre economie avanzate messe assieme” ha spiegato Obama. Puntare sulla crescita, è stata invece la parola d’ordine di Renzi. “L'Europa deve cambiare gioco e puntare di più su crescita e occupazione: dobbiamo cambiare strategia come eurozona, come ci hanno suggerito Barack Obama e David Cameron” ha detto il presidente del Consiglio. Chissà chi lo ha ascoltato… DALLO SCACCHIERE UCRAINO AL BALTICO, SI MOLTIPLICANO LE OPERAZIONI Esercitazioni nell’Est, la Nato punta Mosca di Giuliano Castellino esito delle elezioni ha ulteriormente spaccato l'Ucraina: ad Ovest hanno stravinto i nazionalisti filo occidentali, ad Est è stato un plebiscito per i ribelli russofoni. Tutto lascia presagire la nascita di nuove Crimea, che stanno mandando su tutte le furie la banda Soros. Che non è riuscita a completare il suo piano, quello di far intervenire la Russia nel conflitto. Ed oggi si trova mezza Ucraina filo Mosca senza un carro armato russo al di qua del confine. Quindi si torna col solito teorema. “La Nato è pronta a difendere l'Ucraina dall'aggressione militare russa”. Ed ecco che i toni dell’Alleanza Atlantica si sono fatti improvvisamente più aggressivi ed espliciti, riprendendo le accuse non dimostrate rilanciate nei giorni scorsi dal regime di Kiev a proposito di una presunta invasione militare russa nell’Est Ucraina. Il copione è sempre lo stesso, con i responsabili della giunta golpista ucraina L’ che parlano di "convogli di mezzi militari senza insegne" avvistati nelle zone di confine con la Russia nella regione di Donetsk e i responsabili della Nato che alzano la voce contro Mosca senza una foto, un video o prove di altro tipo. Una mancanza così totale di riscontri che la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Jen Psaki, è stata costretta ieri a dichiarare che Washington non dispone in merito informazioni tali da poter essere rese pubbliche. Il che è tutto dire... Ma l'intervento del capo della Nato è esplicito: "L'Alleanza Atlantica sostiene e sosterrà la piena integrità e sovranità dell'Ucraina”. E siccome un pezzo di Ucraina non vuole proprio saperne di rientrare sotto il controllo dei nazionalisti di Kiev e sta accelerando rispetto alla creazione di uno stato indipendente nei territori sudorientali abitati da popolazioni russofone, sembra chiaro a tutti che la posizione della Nato implichi un sostegno alla campagna militare che il regime di Kiev sta conducendo contro i ribelli delle Repubbliche Popolari ormai da molti mesi e che ha provocato più di 4000 morti, migliaia di feriti, la distruzione di intere città e la fuga nella vicina Russia di quasi un milione di civili. Un vero e proprio genocidio, intere regioni bombardate e rase al suolo, nella più totale indifferenza dei media occidentali, delle organizzazioni umanitarie e pacifiste. Quelle di Stoltenberg non sono solo semplici parole, sono vere dichiarazioni di guerra e lo stesso capo della Nato ci tiene a chiarire che “le operazioni e attività di controllo” dell’Alleanza Atlantica sono “quintuplicate rispetto al 2013”: "Nella regione baltica è stato accresciuto il dispositivo di aerei e truppe imperniato sulla base di Lask, in Polonia. E abbiamo dispiegato più navi nel Mar Nero, più truppe nell'Est Europa. Abbiamo poi rafforzato il nostro gruppo di azione rapida, che oggi è al livello più alto dai tempi della Guerra Fredda, in grado di intervenire ovunque con breve preavviso". Proprio in questi giorni la Nato sta svolgendo in Estonia le sue manovre militari soprannominate «Tri¬dent Junc¬ture», ini¬ziate il 9 novembre e previste fino al 17 a ridosso dei confini russi. Il capo del Dipartimento per la cooperazione militare del Ministero della Difesa russo, Sergei Koshelev, ha già fatto notare che si tratta di esercitazioni esplicitamente dirette a minacciare e colpire il suo paese. Circostanza confermata dal generale tedesco Hans Lothar Domröse, comandante delle forze alleate della Nato in Europa , che ha dichiarato: "Le esercitazioni sono concepite come risposta alle azioni di Mosca". D’altronde la Nato ha già annunciato che svolgerà nel 2015 un totale di duecento manovre ed esercitazioni militari e sta preparando una maxi esercitazione ai confini russi con la partecipazione di un numero enorme di soldati, da 25 a 40mila. Una minaccia militare diretta nei confronti della Russia che più esplicita di così non poteva essere. L'avvio di un’escalation le cui conseguenze potrebbero sfuggire di mano ed essere gravissime. Del resto, affermano i capi della Nato, anche se l’Ucraina non fa ancora parte del dispositivo militare al servizio degli interessi di Stati Uniti e Unione Europea la sua integrazione è solo questione di mesi, o al massimo pochi anni. E intanto i meccanismi di cooperazione tra truppe della Nato ed esercito ucraino si rafforzano. Non è un segreto che consiglieri militari di alcuni paesi dell’Alleanza sono presenti ormai da mesi a Kiev e che sul suolo ucraino l’estate scorsa si sono tenute esercitazioni militari alla presenza di migliaia di soldati e mezzi militari provenienti alcuni paesi dell’Europa e dagli Stati Uniti. Nel frattempo i bombardamenti dell’artiglieria ucraina contro Donetsk e altre città assediate continuano, e aumenta il tragico conteggio dei civili uccisi o feriti. La tregua sembra ormai saltata e dopo le elezioni ucraine e quelle americane dove hanno visto uscire Obama ed i mondialisti sconfitti dalla volontà popolare, i padroni del mondo, invece di rispettare la loro sventolata democrazia, hanno messo il piede sull'acceleratore per rilanciare la dittatura del nuovo ordine mondiale. RAGGIUNTI I LIVELLI DEL 1988. L’ALLARME DELL’AIE: SCENDERÀ ANCORA Crolla il mercato del petrolio: lo Shale Oil rischia l’implosione di Giuseppe Giuffrida l mercato del petrolio continua a crollare in maniera esponenziale, raggiungendo addirittura i livelli del 1988. Secondo quanto rileva il Sole 24 ore, il Brent ha messo in fila ben otto settimane consecutive di ribasso, passando in soli quattro I mesi da un picco di oltre 115 dollari al barile a metà giugno a poco più di 76 dollari. E probabilmente, è destinato a scendere ancora. Sono molti, infatti, gli analisti convinti che le quotazioni subiranno ulteriori ribassi, e persino l’Agenzia internazionale per l’energia ha avvertito che “la pressione al ribasso potrebbe aumentare nella prima metà del 2015. È sempre più chiaro –ha aggiunto l’organismo dell’Ocse- che è iniziato un nuovo capitolo nella storia dei mercati petroliferi”. In sostanza, l’offerta del greggio è nettamente superiore alla domanda. Tra i fattori scatenanti di tale situazione, oltre ad un’economia ancora a rilento, c’è l’esplosione dello Shale Oil americano, cioè la produzione di greggio attraverso la frantumazione (fracking) delle rocce argillose. Questa tecnica ha letteralmente messo il turbo all’industria petrolifera degli Stati Uniti, che ormai è nelle condizioni di fronteggiare la competizione che arriva dai colossi dell’Arabia Saudita e della Russia. Di per sé, il boom dello Shale Oil non è una cattiva notizia, visto che fa crescere l'offerta mondiale di oro nero. Tuttavia, l’investimento per mettere all’opera l’estrazione di petrolio dalle rocce richiede molti investimenti, sostenibili solo quando le quotazioni del greggio sono molto alte. Ad oggi, il rischio è esattamente l’opposto, e qualora la situazione dovesse perdurare, molte aziende statunitensi potrebbero finire letteralmente a gambe all’aria. Proprio per questa ragione che gli esponenti della comunità finanziaria sono preoccupati temendo che, prima o poi, l’incantesimo si rompa e che sullo Shale Oil scoppi una bolla speculativa, con una lunga sfilza di aziende costrette a naufragare nei debiti. 7 Domenica 16 novembre 2014 Roma I MILITANTI VOGLIONO IL RECUPERO SOCIALE DI UNO STABILE PUBBLICO, ABBANDONATO DAL 2008 Campozero: su le maniche contro il degrado Occupato ieri con un blitz l’ex Cral del Poligrafico sul lungotevere dell’Acqua Acetosa “non può diventare l’ennesimo tugurio, sia aperto alla gente e utilizzato dai romani” L’ ex Cral del Poligrafico è tornato ad essere abitato. E non da umanità senza alcuna prospettiva che lo renderà tugurio e cassa di risonanza del già assordante degrado che colpisce Roma. È infatti scattata ieri l’occupazione dello stabilimento su Lun- gotevere dell’Acqua Acetosa, ai piedi del quartiere Parioli. L’iniziativa è stata assunta ieri mattina dai militanti dell’organizzazione Campozero. “A volte, per scoprire i nostri sogni, copriamo i nostri volti e alle catene ed ai lucchetti della speculazione preferiamo l’irruenza della libertà. Per questo non possiamo tollerare che sulle sponde del Tevere uno spazio come l'ex Cral del Poligrafico muoia nel degrado e nell'abbandono, lasciato alla mercé di appalti o bandi pilotati. E nemmeno che diventi una favelas, un campo rom, o un insediamento per immigrati e clandestini. Per questo abbiamo deciso di agire. Malaffare e politicanti stanno affamando il nostro popolo e stanno depredando la nostra città”. “Prima che tutta Roma diventi come Tor Sapienza o Corcolle, rispondiamo con la militanza sociale. E non dimentichiamo che la povera signora Reggiani venne barbaramente assassinata da un immigrato proprio al di là del Tevere in mezzo al completo degrado”. Parole chiare quelle della nota che ha dato notizia del- l’occupazione, che a scanso di equivoci aggiunge anche il significato sociale della battaglia che sta portando avanti. “Caste, palazzinari, banchieri, speculatori, perbenisti, benpensanti, radical-chic, terzomondisti e tutti quelli che per anni hanno favorito le politiche a favore dell’immigrazione oggi chiedono repressione e manganelli contro i romani, noi rispondiamo reclamando e difendendo il diritto a riprenderci la nostra Città, iniziando da quegli spazi ingiustificatamente abbandonati. Le sponde del Tevere sono del Demanio, gestite dalla Regione Lazio (Ardis, Agenzia Regionale Difesa del Suolo), quindi sono del popolo. Il contratto di locazione del Poligrafico è scaduto nel 2008, per questo l'ex Cral del Poligrafico deve tornare alla comunità. Lasciarlo chiuso e farlo “morire” è un crimine. Una truffa ai danni del popolo. Per questo abbiamo deciso di dar vita a Campozero, uno spazio libero, sociale e popolare. Un centro contro la crisi economica e culturale. Uno spazio autogestito, che riqualificheremo a nostre spese”. Il progetto è di farne un centro di aggregazione con spazi dedicati alla cultura, allo sport e a numerose altre attività. Ma niente arroganze: i militanti di Campozero hanno già annunciato di voler uscire anche subito dallo status di occupanti e pagare un affitto sociale della struttura, oltre a provvedere alla ristrutturazione e pulizia degli stabili. Robert Vignola TOR SAPIENZA E DINTORNI: MARINO IL BERSAGLIO DI QUANTI IERI POMERIGGIO SONO SCESI PER LE STRADE La Marcia delle periferie non fa sconti U na Marcia delle periferie partecipata e senza quell’ombra di razzismo che molti le hanno voluto attribuire ha sfilato ieri per le strade di Roma. In testa alla manifestazione uno striscione con la scritta "Ora basta, Marino vattene". A sorreggerlo sono alcuni rappresentanti dei quartieri simbolo della periferia romana, da Tor Bella Monaca a Tor Sapienza, la zona al centro delle cronache di questi giorni per le violente proteste anti immigrati, dove ieri sera il Sindaco Marino è stato duramente contestato, i cui delegati sono stati accolti con lunghi applausi, mentre dal camioncino in testa al corteo si sentiva il messaggio: "Siete stati straordinari, avete difeso la nostra città. Noi siamo con voi". Al centro del corteo un lungo Tricolore, al quale fanno da cornice decine e decine di bandiere sventolate in aria. Alla manifestazione rappresentanti e cittadini di tutte le periferie romane, da Settecamini a Torre Angela, ma non mancano anche delegazioni del centro come quella del quartiere Prati. C'è stato anche un episodio significativo, con un ragazzo immigrato di colore che è stato chiamato dagli organizzatori ad intonare l'Inno di Mameli. "Vediamo se anche questo lo tagliate", hanno detto i promotori dell’iniziativa, assiepati sul “quartier generale” del camioncino che guida la manifestazione, rivolgendosi alle telecamere che inquadravano la scena. Gli slogan sono stati comunque tutti contro Marino: "Zingari, immigrati, criminalità, cacciamo Marino dalla città" o anche "Marino lascia la Panda e compra un pattino". E meno male, per i partecipanti alla Marcia, che il diluvio su Roma è sceso solo quando il corteo si era ormai sciolto. Dalle voci raccolte in piazza, ad esempio da romacapitalenews, il senso di impotenza che ha spinto molti a scendere in strada. "Ci sentiamo come degli stranieri in casa nostra, siamo circondati da immigrati, nomadi, trans, russi e altre persone di tutte le altre etnie. Ci sentiamo come gli apache". A dirlo è Tullio, un imprenditore che abita nella parte storica di Tor Sapienza e che oggi ha raggiunto gli abitanti di viale Giorgio Morandi, alla periferia di Roma, protagonisti delle accese proteste degli ultimi giorni contro il centro di accoglienza per rifugiati. "C'è da ammirare queste persone che sono scese in piazza per rivendicare i propri diritti - aggiunge - prima Tor Sapienza era la migliore borgata di Roma ora invece fa paura. Recentemente ho chiesto di riavere il porto d'armi che mi serviva quando andavo in giro per affari di lavoro". Con lui anche un altro cittadino della parte storica del quartiere, Guido, che ha sottolineato: "siamo venuti qui per elogiare questi abitanti, hanno reagito bene. Qui siamo Bruno Rossi saturi, non si vive più". 8 Domenica 16 novembre 2014 Da Roma e dal Lazio ORMAI LA CRISI È APERTA IN CAMPIDOGLIO: VOCI INSISTENTI DI VOTO IN PRIMAVERA Il Pd pronto ad avventarsi su Marino Partito intenzionato a chiedere l’azzeramento della giunta, o un sostanzioso rimpasto Nel mirino gli esponenti del “cerchio magico” del sindaco: traballa Alessandra Cattoi edde rationem? L’aria è quella. Certamente il fatto che un incontro sia stato calendarizzato dopo i silenzi e gli imbarazzi di una settimana da tregenda per la maggioranza che governa Roma la dice lunga. E le voci di voto a primavera prendono corpo di pari passo che i bisbigli degli inquilini del Campidoglio s’intrecciano da un fronte all’altro della politica roma. Di sicuro c’è che l’atteso faccia a faccia tra il gruppo capitolino del Pd e Ignazio Marino, si terrà martedì. Un appuntamento che arriva dopo l’ultimatum piombato sulla scrivania del primo cittadino dalla direzione romana del partito, che ha chiesto senza mezzi termini un cambio di passo, e di squadra, o in alternativa il voto anticipato già nel 2015. Inizialmente il rendez-vous era stato fissato per domani, perché avrebbe dovuto affrontare solo la questione delle multe, ma dopo il veloce susseguirsi di fronti d’attacco a un Marino sempre più debole (e non solo per Tor Sapienza), la riunione è stata spostata di un giorno. Restano congelate, almeno per il momento, ipotesi di dimissioni e voci sui nomi dei possibili aspiranti alla successione di Marino. Ma gli argomenti sono tema di discussione ricorrente, soprattutto a centro-sinistra. Segno R che questa volta il sindaco, fiaccato da un mese di polemiche e attacchi continui, con il rumoroso silenzio causato da parte degli esponenti della sua stessa maggioranza causato dai troppi imbarazzati provocati, cederà alle richieste del partito democratico. Su quale versante, difficile dirlo. I pochi che sono rimasti vicini al chirurgo lo hanno trovato però assai poco allegro. Tanti per dire, ieri è rimasto alla larga da luoghi pubblici. Chissà che non abbia già cercato di ricucire, per li- mitare al massimo gli inevitabili danni di martedì. Come sempre in questi casi, la voce che rimbalza è quella di un possibile rimpasto. All’interno del Pd si discute su due ipotesi: il Nazareno spinge per un segnale forte, voci accreditate dicono che l’azzeramento è ormai l’unica via per salvare la consiliatura. La linea del Pd Roma, ed in particolare del segretario Lionello Cosentino, “è quella di un forte rimpasto partendo dai singoli assessori che non hanno dato risultati alla città”. Figuriamoci, c’è l’imbarazzo della scelta. Qualche assessore, infatti, ha già ordinato le scatole per sloggiare dalla giunta: sempre i bene informati parlano di Estella Marino e Rita Cutini pronte all’addio, come Luca Pancalli. Paolo Masini invece potrebbe cambiare deleghe, giacché le sue periferie restano il tallone d’achille dell’azione amministrativa, insieme alla situazione ambientale, per la quale pagherà pedaggio l’assessore omo- nima del sindaco. Ma il Pd ormai punta con forza al “cerchio magico” di Marino, tanto che è accreditata come certa la richiesta della testa di Alessandra Cattoi. Evidente il tentativo di piazzare nel cordone sanitario attorno al sindaco marziano qualche uomo d’apparato. C’è chi vocifera di Fabrizio Panecaldo e Mirko Coratti pronti a catapultarsi nelle stanze dei bottoni del Campidoglio. Vedremo. Secondo l’agenzia Dire, “il segnale che Marino deve dare ai piani alti del Nazareno, infatti, questa volta è quello di una nuova collaborazione. O ancora meglio di "un cambiamento radicale dell’asse politico della squadra di governo" come chiede il partito principale azionista della maggioranza capitolina. Perché il Pd chiede soprattutto questo: "La dimostrazione di un passo di buona volontà da parte del primo cittadino". Il puntellamento della giunta, però, servirà soprattutto per sostenere quello che nel Partito democratico chiede con ancora più forza: il cambiamento dell’agenda del Campidoglio. Con una rinnovata attenzione per il sociale, le periferie, il decoro e la pulizia”. Ovviamente, sotto traccia, c’è una ridda di posizioni da rimescolare. Roma brucia, e questi ballano il valzer delle poltrone… Robert Vignola L’INTERVENTO Quell’assordante silenzio sul caso Di Stefano Storace: “Ma quali multe e quali Panda rosse: la vicenda Lazio Service è inquietante” l Pd romano fa i conti con un fallimento. Quello di Ignazio Marino, per cui la settimana che si è chiusa è stata probabilmente la peggiore dall’inizio del suo mandato, che peraltro è stato tutt’altri che costellato da successi. L’immagine del sindaco solo e del partito I che lo ha sponsorizzato che lo guarda ormai con malcelato imbarazzo è una fotografia del momento, ma all’ombra del Cupolone la sinistra farebbe bene ad interessarsi anche all’altro versante, quello giudiziario, dal quale è arrivato lo scossone. E che continua, con le rive- lazioni che quotidianamente aggiornano l’affaire Di Stefano, ad ingrossarsi. Ad aprire una riflessione su questo aspetto è Francesco Storace. Il leader de La Destra, in particolare, invita l’opinione pubblica a non guardare solo il dito della Panda rossa del sindaco, ma a rivolgere l’attenzione più oltre, alla luna di uno spaccato sul malaffare che, qualora venisse confermato in tribunale, avrebbe dell’inquietante. "Le multe di Marino e le contestazioni al sindaco preoccupano giustamente il Pd. Che tace sulla presunta maxitangente a PERIFERIA VIOLENTA Cinecittà: tunisino seduce e abusa di una quattrordicenne L e accuse per lui sono di violenza sessuale e sequestro di persona: per questo è stato arrestato dai carabinieri della Stazione di Roma Cinecittà un tunisino di 31 anni. La vittima dell’abuso è una ragazza di 16 anni, nata a Roma da genitori del Bangladesh. Secondo la ricostruzione degli inquirenti l'uomo ha circuito la ragazza, quindi l’ha condotta in casa sua dove, dopo aver sbarrato la porta con una scrivania, l'ha costretta ad un rapporto sessuale. Fortunatamente la minore ha avuto la forza di reagire e denunciare il fatto alle forze dell’ordine ed è stata quindi sottoposta subito al protocollo sanitario presso il Policlinico Casilino dove è stata riscontrata la violenza sessuale subita. I militari hanno perquisito i luoghi dove è avvenuta la violenza, trovando sul posto rilevanti elementi di prova a suffragio dell'accaduto. Al termine delle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma, il Gip presso il Tribunale di Roma ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere ed è stato condotto presso il carcere di Regina Coeli. Marco Di Stefano. La vicenda Lazio Service infatti sembra non interessare al partito che lo ha fatto entrare in Parlamento grazie alle dimissioni di una deputata, la Leonori, nominata assessore della giunta Marino. Ogni giorno questa storia assume contorni sempre più inquie- tanti, ma il Pd sta zitto. E, ovviamente, anche il sindaco di Roma. Che cosa teme il partito di Renzi? Rivelazioni di Di Stefano? Mi chiedo perché si taccia anche nel centrodestra, ed è ancora più inquietante, quasi che ci siano altri, ulteriori timori. Per finire, ma secondo me per sottovalutazione e voglio sperare non per paura, silenti anche i grillini. Forse il matto sono io che non mi occupo solo delle multe di Marino...", conclude Storace. R. V. LANCIATO L’ALLARME DAL FAI Certosa di Trisulti, si fermi il degrado Il monastero di Collepardo cade a pezzi antica Certosa di Trisulti, fiore all’occhiello della Ciociaria e del turismo religioso italiano rischia di sgretolarsi come neve al sole se non si corre al più presto ai ripari. Questo l’ultimo allarme lanciato dal Fai, Fondo per l’ambiente italiano, rispetto al monastero in provincia di Frosinone. I fondi non ci sono e così l’ente ha cercato di trovare un escamotage facendo entrare la struttura religiosa e la sua farmacia settecentesca tra i «Luoghi del Cuore» 2014. Eppure il sito, immerso in un verde incantato, ogni anno lo fanno cinquantamila turisti L’ da tutto il mondo che arrivano a Collepardo, nel cuore dei monti Ernici, per ammirare il complesso fondato nel 1204 per volontà di papa Innocenzo II. Oggi nel monastero, monumento nazionale, vivono quattro monaci cistercensi (tre dei quali oltre gli ottant’anni), che cercano in ogni modo di preservare o quindicimila metri quadrati della struttura. Per evitare problemi, alcune aree della Certosa sono già vietate ai visitatori. Il sindaco di Collepardo, Mauro Bussiglieri, è preoccupato: “Chiedo l’intervento del ministro Dario Franceschini – dice - per salvare uno dei luoghi d’arte più conosciuti del centro Italia. La Certosa è un bene da tutelare e il governo faccia tutto il possibile per assicurare i fondi necessari alle opere di restauro”. Pensando al futuro il primo cittadino aggiunge: “Il Comune è pronto ad assumere la responsabilità del complesso”. F.Ce. 9 Domenica 16 novembre 2014 Dall’Italia UN’ALTRA AZIENDA VITTIMA DELLA CRISI IN EMILIA-ROMAGNA Parmacotto a rischio fallimento Chiesto un concordato sulla riduzione del debito: si ipotizza anche la vendita uono, genuino, ma in crisi. Lo storico marchio italiano di insaccati fondato a Parma nel 1978 rischia di chiudere i battenti dopo la contrazione di un forte debito con le banche difficile da fronteggiare. Ad oggi è Unicredit ad avere in mano la situazione, con un pegno del 51% delle azioni e degli investimenti fatti negli ultimi anni per realizzare uno stabilimento all’avanguardia nel parmense e esportare il brand all’estero: l’apertura a New York di due ristoranti ha pesato e non poco sul bilancio dell’azienda. Cinque anni fa si inaugurava nel parmense uno stabilimento avveniristico costato 26 milioni di euro per ottenere sei linee di affettamento che consentissero un’innovazione nel processo di produzione riscontrabile sulla qualità del prodotto finale. E nel frattempo il tentativo di conquistare la Grande Mela portava a stringere un’alleanza con Simest, la banca d’affari parapubblica che oggi ha in pegno il 15,6% della società (mentre ben il 51% è in pegno a Unicredit) e entro il 2016 avrebbe dovuto finanziare l’apertura di uno stabilimento per la B produzione di preaffettati tra il New Jersey e la Pennsylvania Intanto il patron Mario Rosi ha chiesto al tribunale un concordato per la riduzione del debito. Nel prossimo fu- turo potrebbe esserci anche una vendita, o meglio svendita, del marchio. Scelte manageriali che negli ultimi anni sono state forse troppo avventate e che non hanno permesso di con- trollare la situazione soprattutto rispetto alla concorrenza. Rosi, titolare della holding Cofirm che controlla il marchio, al momento non sembra arrendersi, nonostante la criticità della situazione: ci sarebbe ancora speranza per i duecento dipendenti dell’azienda. Si aspetta infatti la risposta del tribunale di Parma rispetto a un concordato preventivo per avviare una ristrutturazione patrimoniale e finanziaria che garantirebbe una gestione controllata delle difficoltà economiche, tutelando i creditori (tra loro anche Mps e Banco Popolare con ipoteche su immobili a garanzia dei mutui) e al tempo stesso chiedendo loro la riduzione del debito, avvalendosi dell’ex articolo 161 della legge fallimentare. Il Tribunale, chiamato a esprimersi in merito al concordato, potrebbe nominare un commissario giudiziale per rassicurare i creditori: sono molti i nomi che circolano, avvolti ancora in un alone di mistero. La manna dal cielo però potrebbe essere straniera: diversi i nomi che vengono fatti negli ultimi tempi. Da Giacomo Amadori, Grandi Salumifici Italiani, Beretta e Aia, che avrebbero tutto l’interesse a conquistare un marchio di appeal come Parmacotto a prezzo di saldo. Francesca Ceccarelli LA DEPRESSIONE ECONOMICA COLPISCE LO STORICO PASTIFICIO PALERMITANO Tomasello, licenziati 56 dipendenti Produzione ridotta in attesa di trovare un partner on ce n’è per nessuno: la crisi tocca pure il pastificio Tomasello, una delle aziende storiche che dal 1910 ha la sua sede sul lungomare di Casteldaccia. Scattata la mobilità per i 56 dipendenti in attesa che i proprietari del marchio trovino dei partner commerciali. Per ora i lavoratori continuato la loro attività, mentre la pros- N sima settimana verranno diminuite le linee di produzione. Alla base della crisi il rialzo del prezzo del grano: “E' triplicato - spiegano alcuni rappresentanti dei lavoratori - mentre il crac del gruppo Ferdico ha sicuramente influito sulla distribuzione e gli introiti dell'azienda. Manca invece una politica regionale a sostegno del comparto alimentare. I vertici dell'azienda ci hanno assicurato che stanno cercando un partner - dicono e che ci sono trattative in corso con almeno un big della distribuzione alimentare. Questo fatto fa sperare in una ripresa dell'attività a pieno ritmo". Ma a Palermo quella della Tomasello non è l’unica realtà in crisi: anche gli operai dell'AnsaldoBreda hanno manifestato in centro nei giorni scorsi per portare l’attenzione sulla situazione catastrofica che sta vivendo il comparto: “La mafia si combatte soprattutto col lavoro: è questo l'appello che rivolgiamo ai politici oggi qui riuniti, dal momento che a Palermo lo storico stabilimento di AnsaldoBreda rischia seriamente di chiudere", avevano dichiarato i rappresentanti delle Rsu della fabbrica. "Si è confermato l'impegno, sot- toscritto con i verbali di gennaio e marzo 2014, di continuità produttiva dello stabilimento di Carini in relazione alle commesse acquisite, fino al 31 dicembre 2015", rende noto Linda Vancheri, assessore alle Attività produttive della Regione siciliana. "A breve si terrà un ulteriore incontro - conclude Vancheri - con l'azienda circa le prospettive del sito di Carini nel medio-lungo periodo". Sul piede di guerra anche i lavoratori di Accenture: un centinaio dei 262 operatori sono stati messi in mobilità lo scorso 30 ottobre, molti dei quali hanno manifestato all'altezza del ponte di via Belgio, bloccando il traffico all'ingresso dell'autostrada Palermo-Catania nei giorni scorsi. Oggi al prefetto di Palermo Francesca Cannizzo i sindacati chiedono di favorire la convocazione al ministero del Lavoro di un tavolo con Bt e tutti i soggetti coinvolti e di intervenire incisivamente affinchè l'azienda affinchè non venga smantellata. F.Ce. SE IL CENTRO STORICO SI DESERTIFICA Modena, piena di locali, tutti vuoti Confcommercio: “Servono misure urgenti: cinque anni di esenzione tasse per nuove aperture e Imu più leggera” Emilia-Romagna si trova ormai a fare i conti con la crisi, basta guardare i dati che riguardano le attività commerciali dei maggiori centri cittadini, la maggior parte sull’orlo della chiusura. In modo particolare è stato fatto no studio a Modena dove Confcommercio ha raccolto i numeri, sempre più impietosi: “Sono oltre 120 i locali commerciali e artigianali vuoti in centro storico, distribuiti ormai in modo omogeneo sull'intera area del centro stesso. La crisi economica con il conseguente calo dei potere d'acquisto delle famiglie ha avuto un ruolo pesante, ma sulla redditività delle imprese, sul numero di cessazioni e sulle possibilità di attrarre chi voglia investire in centro storico L’ incidono in modo considerevole costi degli affitti abnormi: per un locale di 60-70 metri quadrati si possono arrivare a pagare fino a 5 mila euro al mese”. Sui dati interviene direttamente il presidente di Modena, Massimo Malpighi: “Tante chiusure non rappresentano un bel biglietto da visita - commenta Massimo Malpighi, presidente Confcommercio città di Modena - ma deve fare riflettere anche il progressivo impoverimento del mix merceologico che dura da anni, incominciato ben prima che la crisi cominciasse a dispiegare i propri effetti devastanti”. “Bisogna invertire il trend e far tornare vivo ed ancora più attrattivo il nostro centro storico - prosegue Malpighi - e per questo pensiamo da tempo servano azioni mirate, utili ad aumentare il mix merceologico e ad incentivare aperture di commercio e artigianato di qualità, capaci di innovare e dare nuovo appeal alla rete commerciale e di fungere da nuovi catalizzatori”. “Ci rendiamo perfettamente conto - precisa il presidente cittadino di Confcommercio - che le risorse pubbliche sono limitate, ma crediamo che serva un salto di qualità nelle politiche dell'Amministrazione Comunale, a cui chiederemo di esentare per cinque anni dal pagamento di tributi locali le nuove aperture in centro storico, che rispondano a criteri che definiremo assieme”. “Si tratta in sostanza - conclude Confcommercio - di potenziare l'incentivo introdotto nei mesi scorsi sulla Tosap anche agli altri tributi (come la Tassa sulla pubblicità e la Tari sui rifiuti), ma anche di ragionare sull'opportunità di prevedere un alleggerimento dell'Imu per i proprietari degli immobili che aderissero ad un accordo teso a calmierare i canoni di affitto”. Al riguardo si esprime anche il sindaco Muzzarelli è stato chiaro sul centro storico: “Quanto agli incentivi, abbiamo appena aumentato i ristori per le attività ostacolate dai lavori pubblici. Poi ovviamente nel bilancio ci saranno altre misure per la valorizzazione del centro, il turismo, expo 2015 e così via”. F.Ce. 10 Domenica 16 novembre 2014 Dall’Italia AREZZO – LA PROTESTA A BADIA PRATAGLIA Arrivano i profughi, il paese chiude Serrata dei commercianti e sit-in in prefettura per manifestare contro l’invio, nel centro montano di settecento anime, di cento stranieri errande abbassate e mezzo paese in piazza a protestare contro l’arrivo dei profughi. È quanto sta accadendo a Badia Prataglia, una frazione di Poppi (Arezzo) di 785 anime, di cui il 10% stranieri, dopo che un hotel ha dato la disponibilità a ospitarne cento. I residenti hanno così organizzato, per ieri mattina, un sit-in di protesta davanti alla Procura di Arezzo, oltre alla serrata dei negozi nella località montana. “Solidarietà sì: ma 100 sono troppi” è il tono generale di una protesta pacifica. “Uniti e determinati per un'equa ripartizione dei flussi migratori”, “Integrazione con proporzione e senza imposizione” si legge in alcuni cartelli. Autorizzata dalla questura, la manifestazione a cui hanno preso parte oltre cento persone si è chiusa poco prima delle 13, dopo aver preso il via intorno alle 10. S Intanto in paese quasi tutti i commercianti hanno aderito alla serrata indetta dalla Confcommercio. “Questo smistamento coatto di persone, deciso dall’alto senza interpellare la comunità, è quanto di più lontano si possa immaginare da una vera politica del- l’accoglienza” afferma il presidente di Confcommercio Casentino Adelmo Baracchi. “Non siamo contro l’arrivo di profughi, ma contro l’arrivo di cento persone, un numero troppo alto, sproporzionato per le dimensioni della nostra comunità – chiarisce Al- berto Marri, titolare a Badia della macelleria di famiglia – ci metterebbe in ginocchio tutti, residenti e commercianti, anche perché il nostro paese vive di turismo. Con la serrata vogliamo protestare contro le istituzioni, che affrontano il problema dei profughi gettandolo sulle spalle della popolazione locale, senza preoccuparsi di come verranno sconvolti i nostri equilibri sociali ed economici”. Fino a cento infatti gli stranieri che potrebbero arrivare nel piccolo paese. Come conferma ai quotidiani locali il proprietario della struttura in cui è stata data la disponibilità massima anche se il primo gruppo dovrebbe aggirarsi intorno ai 25 soggetti. “Siamo proprietari della Pensione Bellavista da 130 anni – racconta il titolare, Paolo Mulinacci – chiusa a fine 2013. In famiglia siamo in quattro senza lavoro, così ho colto al volo l’occasione mettendo a disposizione l’immobile per il quale mi pagheranno l’affitto. In paese? Molti mi hanno detto che al posto mio avrebbero fatto lo stesso. Nell’accordo prenderanno a lavorare mia moglie e i miei due figli”. La pensione ha dato solo “disponibilità dei locali”, ma non gestirà in proprio l’accoglienza demandata alla cooperativa che si è aggiudicata l’appalto. Sono ben 33,16 gli euro che gli saranno riconosciuti al giorno per ogni profugo ospitato. Tra l’altro la pensione è in fase di ristrutturazione e pare che questi lavori saranno direttamente sostenuti dalla stessa cooperativa. “La comunità badiana è generosa, accogliente, simpatica – sottolinea Carlo Toni, sindaco del comune di Poppi – ma capace di ospitare al massimo venti profughi non di più, se fossero anche quaranta sarebbe un problema”. Barbara Fruch MILANO – ESCORT DI LUSSO E TRAFFICANTE DI COCAINA Prostituzione e droga: arrestata la Dama Bianca La donna di origine albanese era evasa dagli arresti domiciliari nel Pavese per “lavorare” nel capoluogo lombardo. Non mancavano i viaggi a Roma par accompagnare i politici volgeva la propria attività nei quartieri alti della ”Milano bene”, e non solo: arrotondava il portafoglio trafficando cocaina tra la Lombardia e la Capitale. Si tratta di Eva Preka, 32 anni, di origine albanese, nota negli ambienti della criminalità come Princess Eva o Dama Bianca. I carabinieri di Vigevano (Pavia), coordinati dal capitano Rocco Pa- S paleo, l'hanno presa in un elegante appartamento in zona Porta Venezia, in centro a Milano, dove aveva ripreso a prostituirsi dopo essere evasa dai domiciliari a Tromello, nel Pavese, nel giugno del 2013, dove stava scontando una condanna definitiva a tre anni per traffici illeciti con la cocaina e per violazione delle norme sulla prostituzione. Recidiva dunque la don- na che spendeva poi i soldi per le vie del centro tra i lussuosi negozi di via Buenos Aires. Nel 2010 la escort era stata arrestata dai carabinieri a Sanremo, con 500 grammi di cocaina pura, nell'ambito di un'operazione su un traffico internazionale di stupefacenti tra l'Italia e i Paesi Bassi. Tutti gli introiti del traffico della Dama Bianca erano gestiti dal suo com- pagno, evidentemente accondiscende all’attività di maitresse. La Preka era fuggita da Tromello, per rifugiarsi a Milano sotto falsa identità. I militari hanno inoltre scoperto che la donna, durante la sua latitanza, aveva più volte fatto la spola tra Roma e Milano, facendo da accompagnatrice a numerosi dirigenti e politici, la cui identità teneva in gran segreto. La Dama Bianca, riferiscono i carabinieri, ha anche partecipato, in qualità di ospite, alle sfilate della Settimana della moda a Milano, dove non ha disdegnato di fare numerosi selfie con personaggi noti dello spettacolo e del jet set che poi pubblicava sui social network. Proprio i selfie l'hanno tradita: le foto pubblicate dalla escort sul web hanno permesso L’UOMO CHE HA RIVELATO IL PIANO DI MORTE PER DI MATTEO Vito Galatolo si pente: trema Cosa Nostra Anche lui sarà un collaboratore di giustizia I l boss Vito Galatolo, esponente di una delle più blasonate famiglie di Cosa nostra, è ufficialmente un pentito. Nelle ultime ore la formalizzazione della decisione con il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi e con il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari. La procura di Palermo, così come quella nissena, non commenta e non conferma: secondo quanto trapelato il nuovo collaboratore avrebbe fornito dettagliate informazioni sul piano di morte già pronto a diventare operativo nei confronti del pm Nino Di Matteo. Non si sa nulla di più, oltre il fatto del prelievo della moglie di Galatolo, che da due anni abitava a Mestre con i figli, presa in consegna dalla Dia per essere trasferita in una località protetta. La motivazione che ha spinto Galatolo a tale decisione è per ora ignota: resta il fatto che le rivelazioni del neo-pentito sembrano essere davvero sconcertanti. ”All’eliminazione del magistrato -avrebbe detto il pentito – sono interessate anche entità esterne”. Quali siano queste entità resta un mistero. Un duro colpo quindi per Cosa Nostra visto che da anni si ritiene che la famiglia Galatolo sia vicina ad ambienti “deviati” dei servizi segreti. Nel 1989, erano stati i Galatolo ad aver organizzato il fallito attentato all’Addaura a Giovanni Falcone. Dopo vent’anni i boss Vincenzo e Angelo Galatolo, zio e nipote, erano stati condannati come esecutori dell’attentato dell’Addaura, con sentenza definitiva dalla Cassazione. Lo scorso 20 febbraio, a seguito della maxi sequestro di beni del valore di 250 milioni di euro da parte della Dia, è emerso che la famiglia Galatolo aveva rimesso le mani sul Mercato Ortofrutticolo di Palermo, imponendo il prezzo dei beni in vendita a cui dovevano sottomettersi gli operatori del settore, ma anche attraverso il controllo del trasporto su gomma da e per la Sicilia occidentale. Anche Giovanna Galatolo, figlia di “Enzo” e sorella di Vito, ha deciso di collaborare da tempo con la giustizia: a “Non voglio più stare nella mafiaha dichiarato- perché ci dovrei stare? Solo perché mio padre è mafioso? No, non ci sto. Non voglio stare nell’ambito criminale. Né voglio trattare con persone indegne” . F. Ce ai segugi di Vigevano di mettersi sulle sue tracce. Dopo gli accertamenti nell’abitazione della donna, i carabinieri hanno scoperto il legame non reciso con la cocaina, dato che nel corso della perquisizione ne è stato trovato un piccolo quantitativo. La Dama Bianca al momento dell’irruzione degli agenti ha cercato di negare la propria identità fornendo documenti falsi: poi però, incalzata da un carabiniere ha ammesso: "Sono quella che stai cercando". E' stata quindi accompagnata nel carcere di Milano San Vittore, dove dovrà scontare il residuo della pena per cui era ricercata. F.Ce. TRAGEDIA SUL GRAN SASSO Maltempo: deceduti i due alpinisti dispersi ragico epilogo per due alpinisti pugliesi ritrovati morti sul Gran Sasso, in una zona impervia della Conca degli Invalidi, versante teramano. I decessi sono stati accertati dal medico del soccorso alpino del Cai. Al recupero delle salme ha provveduto l'elicottero del 118. Le operazioni di recupero sono state condotte con l’impiego di squadre cinofile e Tas (Topografia applicata al soccorso). Tre elicotteri – del 118, forestale e vigili del fuoco – hanno allestito un campo base a Campo Imperatore. I due giovani di 26 e 30 anni, in servizio attivo nella caserma alpini 'Pasquali' dell'Aquila, erano usciti ieri per un'escursione sulla vetta del Corno Grande, ma non erano rientrati in caserma nonostante il sopraggiungere della notte. “Un compagno che li aspettava, T non vedendoli arrivare, si è recato a Campo Imperatore, ha trovato la loro automobile e ha dato l’allarme”, ha riferito Antonio Crocetta, delegato regionale del Soccorso alpino. Secondo le ricostruzioni pare che i due alpini siano scivolati in un dirupo con diversi sbalzi di roccia per circa 200 metri, dalla via Normale direzione Valle dei Ginepri. Sembra inoltre che i due non fossero dotati di ramponi. E’ possibile che siano stati sorpresi dal maltempo, dato che nel pomeriggio di venerdi nella zona era calata una fitta nebbia e che si siano trovati in difficoltà anche per la neve e il ghiaccio presenti sulla cima del Corno. In particolare, tracce del loro passaggio sono state individuate in una zona impervia della conca degli invalidi, versante teramano del massiccio del Gran Sasso. F.Ce. 11 Domenica 16 novembre 2014 Arte IN PROGRAMMA A ROMA PRESSO LE SALE DI PAL AZ Z O BRAS CHI “Nino!”, il genio di Manfredi in una mostra universale Un’occasione per rendere omaggio al grande artista italiano di Francesca Ceccarelli n’imperdibile mostra racchiusa in una sola parola“Nino!”: questo il titolo per la rassegna multimediale dedicata a Nino Manfredi inaugurata al Museo di Roma Palazzo Braschi. Si tratta di un vero e proprio viaggio alla riscoperta del grande attore, in occasione del decennale della sua scomparsa: un’occasione per rendere omaggio ai momenti più significativi della vita dell’artista. L’iniziativa, proposta dalla famiglia Manfredi, intende ripercorrere, attraverso proiezioni, scatti inediti dei suoi film più significativi, musiche e un documentario diretto dal figlio Luca, i momenti della vita artistica, ma anche privata, di uno degli attori più emblematici e popolari del cinema italiano. “Nino!” è una manifestazione organizzata da Dalia Events, in collaborazione con Onni e con la famiglia Manfredi, che, attraverso mostre fotografiche ospitate in diverse città del mondo, vuole rendere omaggio all’attore ripercorrendo la sua vita di artista e di uomo. Il ciclo di appuntamenti dedicato a Manfredi é stato inaugurato lo scorso 9 maggio al Lin- U wood Dunn Theater di Los Angeles, in California, per poi spostarsi all’Auditorium della Conciliazione di Roma e quindi in provincia di Frosinone, a Castro dei Volsci, paese natale di Nino. Le tappe di quest’anno termineranno a Parigi per riprendere nel 2015 a San Paolo, Kuala Lampur, Bulgaria, sino a Buenos Aires. Un rilievo internazionale di cui si sono fatti promotori anche gli Istituti italiani di cultura in giro per il mondo, a dimostrazione di come Nino Manfredi sia stato attore stimato e conosciuto tanto in patria quanto anche fuori dai confini delle sua Italia. La mostra ha fatto tappa anche a New York, dove è stata ospitata dall’atelier Bulgari sulla Fifth Avenue. In quell’occasione è stato proiettato “Pane e Cioccolata” nella sua pellicola restaurata, in occasione del 40° anniversario del film diretto da Franco Brusati, che ha consacrato la fama internazionale del grande attore italiano. La galleria di immagini portate a New York, che ritraggono Manfredi in scatti tratti dai suoi film più famosi, è stata soltanto un assaggio della mostra vera e propria ospitata a Palazzo Braschi, dove rimarrà per due mesi con una esposizione multimediale che offre foto di set, di famiglia e altro, oltre a ricostruzioni di ambienti e caroselli a cui Manfredi ha fatto da testimonial. Nino Manfredi, all’anagrafe Saturnino Manfredi, è stato attore, regista, sceneggiatore, doppiatore, scrittore e cantante italiano. Interprete versatile e incisivo, tra i più validi del cinema italiano, nel corso della sua lunga car- riera ha alternato ruoli comici e drammatici con notevole efficacia, ottenendo numerosi riconoscimenti. Con Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni e Vittorio Gassman fu uno dei grandi protagonisti della commedia all’italiana. Rustico e popolano, fieramente ciociaro e orgoglioso delle sue origini contadine, schivo nel privato e poco interessato ai riflettori dello showbiz, ha sempre scelto di dare il massimo attraverso la recitazione con la quale si donava in tutto e per tutto al suo pubblico. Indimenticabile Nino, quello romano un appuntamento da non perdere. UN APPUNTAMENTO MOLTO ATTESO DAL PUBBL ICO Bresson, la vita in uno scatto La retrospettiva di fotografie all’Ara Pacis fino al 25 gennaio 2015 n evento che gli amanti della fotografia e non solo aspettavano da tempo: è sbarcata a Roma una delle mostre che sta riscuotendo moltissimo successo di pubblico e critica. Si tratta della retrospettiva Henri Cartier-Bresson a cura di Clément Chéroux. Presente nella Capitale fino al 25 gennaio 2015, presso il Museo dell’Ara Pacis, la grande esposizione, realizzata dal Centre Pompidou di Parigi in collaborazione con U la Fondazione Henri Cartier-Bresson, viene presentata a dieci anni esatti dalla morte di Henri Cartier-Bresson. “Il genio per la composizione, la straordinaria intuizione visiva, la capacità di cogliere al volo i momenti più fugaci come i più insignificanti”, fanno di Henri Cartier-Bresson (1908 – 2004) uno dei più grandi fotografi del ventesimo secolo. Nel corso della sua lunga carriera, percorrendo il mondo e posando lo sguardo sui grandi momenti della storia, Cartier-Bresson è riuscito a unire alla potenza della testimonianza la poesia. Tre sono i periodi fondamentali che scandiscono la sua opera: il primo, dal 1926 al 1935, durante il quale Cartier-Bresson frequenta i surrealisti, compie i primi passi in fotografia e affronta i suoi primi grandi viaggi; il secondo, dal 1936 al 1946, corrisponde al periodo del suo impegno politico, del lavoro per la stampa comunista e all’esperienza del cinema; il terzo periodo, dal 1947 al 1970, va dalla creazione della cooperativa Magnum Photos fino alla fine della sua attività di fotografo. Riduttivo sarebbe dunque individuare nella sola nozione di “istante decisivo” , che per lungo tempo è stata la chiave principale di lettura delle sue immagini, la sintesi del suo lavoro. Questa retrospettiva ripercorre cronologicamente il suo percorso, con l’ambizione di mostrare che non c’è stato un solo CartierBresson ma diversi. La mostra propone, infatti, una nuova lettura dell'immenso corpus d’immagini di Cartier-Bresson, coprendo l’intera vita professionale del fotografo. Saranno esposti oltre 500 opere tra fotografie, disegni, dipinti, film e documenti, riunendo le più importanti icone ma anche le immagini meno conosciute del grande maestro: 350 stampe vintage d’epoca, 100 documenti tra cui quotidiani, ritagli di giornali, riviste, libri manoscritti, film, dipinti e disegni. L’itinerario espositivo offre una doppia visione: rintraccia la storia dei lavori di Cartier-Bresson, per mostrare l’evoluzione del suo cammino artistico in tutta la sua complessità e varietà, e, al tempo stesso, raccoglie e ”rappresenta” la storia del Ventesimo secolo attraverso il suo sguardo di fotografo. Dal Surrealismo alla Guerra Fredda, dalla Guerra Civile Spagnola alla seconda Guerra Mondiale e alla decolonizzazione, CartierBresson è stato uno dei grandi testimoni della nostra storia; “l’occhio del secolo”, come giustamente è stato definito. Il percorso espositivo è diviso in nove parti. Dopo una Introduzione, le altre sezioni corrispondono alle diverse fasi della vita e del lavoro di Cartier-Bresson: 1- Prime fotografie: gli anni di apprendistato, i rapporti con gli americani a Parigi, le influenze fotografiche, il viaggio in Africa. 2- Viaggi fotografici: il Surrealismo, il “caso oggettivo”, le peregrinazioni fotografiche in Spagna, Italia, Germania, Polonia e Messico. 3- L’impegno politico: New York con Paul Strand e il Nykino group, Parigi con Jean Renoir e l’Associazione degli artisti e scrittori rivoluzionari (AEAR), la stampa comunista con Robert Capa e Louis Aragon. 4- Le guerre: il film sulla Guerra civile spagnola, l’attività durante la Seconda guerra mondiale (fotografo dell’esercito, prigioniero, fuggiasco, combattente della Resistenza) per documentare il ritorno dei prigionieri. 5- Il reporter: La fondazione dell’Agenzia Magnum Photos, i reportage in Cina e in India, i funerali di Gandhi. 6- Il reporter professionista: Il primo fotogiornalista a entrare in URSS dopo la morte di Stalin. E poi Cuba, “L’Uomo e la Macchina” e la serie Vive la France. 7- La fotografia dopo la fotografia: La fine dei reportage e una fotografia più contemplativa. Ricompare il disegno. 8- Ricognizione: il tempo della ricognizione, la riconsiderazione degli archivi (dai documenti al lavoro), mostre retrospettive e libri. La iconizzazione di Henri Cartier-Bresson. La mostra è accompagnata da un ampio ed esaustivo catalogo (pubblicato da Contrasto) con saggi di studiosi, esperti e testi inediti di Cartier-Bresson. 12 Domenica 16 novembre 2014 Cinema ANTEPRIMA ITALIANA AL FESTIVAL DEI POPOLI Smockings, mandare in fumo una lobby La storia di due fratelli e una piccola fabbrica di sigarette contro i colossi del tabacco opera prima di Michele Fornasero, smoKings, è la storia di due fratelli e della loro piccola fabbrica di sigarette contro i colossi del tabacco, in anteprima italiana al Festival dei Popoli, sezione Panorama, il prossimo 29 novembre. In uno stile da gangster movie, smoKings racconta la storia della Yesmoke attraverso gli occhi di due insiders della vendita di sigarette. Mentre in tutto il mondo si cerca di promuovere una nuova era “no-smoking", i fratelli Messina, proprietari di una piccola fabbrica di sigarette con sede a Settimo Torinese in Piemonte, combattono per vendere liberamente milioni di sigarette... Chi vincerà questa battaglia? L'impresa nasce con Yesmoke.com, sito web per la vendita di sigarette online con sede a Balerna in Svizzera e gestito da Mosca, dove i due italiani risiedevano nel 1999 e dove tutto ebbe inizio. Attraverso il sito ogni giorno migliaia di persone acquistavano stecche di Marlboro, Camel e Lucky Strike a un prezzo stracciato. Ben presto i due fratelli arrivarono a fatturare 100 milioni di dollari l’anno. Quando ormai erano convinti di aver creato un sistema di business innovativo e legale, Philip Morris decise di far loro L’ causa per concorrenza sleale, chiedendo un risarcimento di 550 milioni di dollari. I due fratelli inizialmente ignorarono il fatto e continuarono a soddisfare le ri- chieste dei loro clienti, fino a quando, nel 2004, grazie all’aiuto del governo americano, Philip Morris riuscì a fermare il loro business. Costretti a chiudere il sito, i due fratelli decisero di mettersi in proprio con l’obiettivo di farla pagare al gigante del tabacco. Nel 2007 fondarono in Italia Yesmoke, ma il loro modo di fare affari non piacque allo Stato Italiano e i due si ritrovarono nuovamente a lottare contro un sistema che li ostacolava. Decisero così di fare la guerra anche allo Stato, citandolo in giudizio… smoKings verrà presentato in anteprima italiana sabato 29 novembre al Festival dei Popoli nella sezione Panorama e concorrerà per aggiudicarsi il Premio "CG Home Video - cinemaitaliano.info" (distribuzione home video) e il Premio "Gli Imperdibili" (distribuzione nel circuito dei Cinema d’Essai della Toscana). Il documentario è stato presentato in anteprima mondiale in Svizzera al Visions du Réel International Film Festival, dove ha vinto il Premio della Giuria, e ha ricevuto un’ottima accoglienza anche in Spagna al Semana Internacional de Cine de Valladolid e in Croazia al Zagreb Film Festival. smoKings (Italia/Svizzera, 2014, 90') è un documentario di Michele Fornasero prodotto da Simone Catania. Una produzione Indyca in co-produzione con Ventura Film, in associazione con Majade Filmproduktions, realizzato con il sostegno di Media Development - Single Project e con il sostegno di Piemonte Doc Film Fund - Fondo Regionale per il Documentario. SI AVVICINA L’APPUNTAMENTO PIEMONTESE CON IL CINEMA Torino Film Fest: special guest Woody Allen Madrina della kermesse sarà l’attrice britannica Gemma Artenton arà la bellissima Gemma Arterton, inglese di nascita, ad aprire il Festival del Film di Torino il 21 novembre all’Auditorium del Lingotto con il film di Woody Allen “Magic in Moonlight”, con la coppia Colin Firth ed Emma Stone nella Francia Anni Venti, il Flaubert postmoderno di “Gemma Bovery” di Anne Fontaine, dal graphic novel di Posy Simmonds, con Fabrice Luchini. Nella rosa dei film in concorso nomi da far invidia a qualsiasi rassegna storica: oltre al lavoro di Allen “Wild” con Reeze Witherspoon, chiuderà il primo Torino Film Festival targato Emanuela Martini, il docu dra- S ma su Nick Cave “20.00 Days on Earth”, l’ultimo thriller con Noomi Rapace, “The Drop”, con il compianto James Gandolfini alla sua ultima apparizione. E poi il pezzo forte di Jim Mickle “Cold in July” dal romanzo di Joe Lansdale (i due faranno coppia fissa al Tff), e la versione integrale di “The Disappearance of Eleanor Rigby”, con James McAvoy e Jessica Chastain. Per la trentaduesima edizione ben 180 film da tutto il mondo, dei quali 16, di cui due italiani, nel concorso principale dedicato alle opere prime seconde. Il premio Gran Premio Torino, il 22 novembre, andrà a Julien Temple e verrà pro- iettato “The Filth and The Fury”,che narra la parabola dei Sex Pistols. Anche per Torino come Roma, a incidere molto il vento della crisi: sui 2 milioni e mezzo di budget quest’anno il Tff ha dovuto tagliare altri 150 mila euro L’ex direttore Paolo Virzì che quest’anno sarà guest star e curerà la sezione italiana “Dritti & Rovesci” all’interno di Antonietta De Lillo, Susanna Nicchiarelli, Wilma Labate Tra le novità della sezione by-night Afterhours troviamo “L’enlevement de Michel Houellebecq”. Ci sarà poi un omaggio a Giulio Questi nella seconda parte della retrospettiva sulla New Hollywood che prevede grandi classici come “Lo squalo”, “Il fantasma del palcoscenico”, “Il laureato” e la sezione Onde dedicata alla performer americana Josephine Decker, (che sarà pro- tagonista di una mostra in collaborazione con la Fondazione a Sandretto). SALE L’ATTESA A FIRENZE PER LA RASSEGNA INTERNAZIONALE “Sport, movie & tv”, l’agonismo sul grande schermo Proiettate gratuitamente opere provenienti da tutto il mondo Sport movies & tv”: è tutto pronto a Milano per una delle kermesse più attese della stagione in programma dal 3 all'8 dicembre. Un’edizione davvero tra le più prestigiose degli ultimi anni che vanta davvero numeri da record: le opere saranno 150, invece che 120 come inizialmente programmato. Prenderanno parte alla rassegna tutte le opere premiate nei 16 festival organizzati nei cinque continenti e, oltre ad esse, anche i titoli “ che - candidandosi - avranno superato le selezioni. A Milano dunque spetta l’onore di ospitare la fase finale della manifestazione. Nell’ambito del “Milano ficts festival” proporrà ben 25 anteprime assolute tra le quali spicca Spirit in motion , il film ufficiale dei recentissimi giochi paralimpici di Soci che, proprio in questi giorni, è in fase di montaggio: nel programma è compreso “Joyful rendezvous upon ice”, il filmato con cui Pechino si candida alle Olim- piadi invernali del 2022 con la quasi assoluta certezza dell'assegnazione. Molti i riconoscimenti per ogni sezione ai quali si aggiungerà un premio speciale a insindacabile giudizio della giuria che resterà top secret fino all'ultimo, per garantire la riservatezza dei giurati stessi. Tra gli ospiti d'eccezione ci saranno Franco Zeffirelli, la giovane e bella Cristiana Capotondi che, accanto alla sua carriera di attrice, è una calciatrice di grandi potenzialità. Non si esclude una passerella anche per un nome importantissimo del cinema italiano di ieri come Valentina Cortese. L’entrata per ogni tipo di appuntamento a Palazzo Giureconsulti, sarà gratis: nessuna tariffa d'ingresso per il pubblico delle cinque giornate che avrà l'occasione di assistere a spettacoli unici nel loro genere. Numerose le sezioni programmate. Da «Olympic games» a «Movies & tv football» in cui si segnala Football brazilians origin dedicato alla storia del calcio in Brasile. A questa nazione è rivolta particolare attenzione con Maracanazo: the football legend che racconta, con immagini di repertorio, la sconfitta mundial del 1950 ad opera dell'Uruguay, che innescò deliri di massa e suicidi per disperazione fra gli ospitanti brasiliani. Poi «Individual sport» sulle discipline estreme tanto di moda oggigiorno, affiancati da «Great champions», in cui è da non perdere Un siciliano a Parigi , che narra la storia e il trionfo di Vincenzo Nibali al Tour de France. Tra le chicche della videoteca dovrebbe esserci La grande Olimpiade - Roma 1960 restaurato in 4K, la nuova frontiera della videotecnologia per un filmato d'epoca. Un festival ricco di spunti, almeno stando ai progetti.