Superare il lutto, la perdita di una persona cara

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Superare il lutto, la perdita di una persona cara
Scheda del Prof. Enrico Cheli, Gabriele Giacomelli e Chiara Parri
Superare il lutto, la perdita di una persona cara
Se avete deciso di leggere questa scheda forse qualcuno
che vi era caro vi ha lasciato (lutto vero e proprio), oppure
c'è il rischio che vi lasci (lutto anticipato).
Sappiamo che accettare la morte di una persona cara è
sempre molto difficile e doloroso, tuttavia non
impossibile, e vi sono vari strumenti che possono aiutare a
compiere questo percorso: dal counseling alla
psicoterapia fino anche alla lettura di testi come questo.
Il lutto vero e proprio
Le sensazioni che si susseguono dopo la perdita di una persona cara possono lasciarci sconcertati,
momenti di incredulità si alternano a sensazioni di rabbia, la nostra capacità di "farsi forza" sembra
svanire, lentamente, o in modo violento la depressione si impadronisce di noi e sui "vuoti" si
concentra la nostra attenzione, è come se di una musica non fossimo in grado di ascoltare che i
silenzi.
Nei momenti iniziali di un lutto prevale
una sorta di incredulità, come se stessimo
vivendo un brutto sogno; non ci sembra
possibile che quella persona stia per
morire o che se ne sia già andata. Poi,
accettata la realtà, subentra in molti un
senso di colpa, come di non soffrire
abbastanza; in altri invece la rabbia, nei
confronti delle persone più diverse, di se
stessi, talvolta persino della persona che
non c'è più. Alcuni, dopo una perdita
importante, sentono l'impulso di fermarsi,
di chiudersi, quasi di non esistere:
scivolano nella tristezza, nella incapacità di fare, nella depressione. Altri invece hanno la reazione
opposta e diventano iperattivi, cercando così di sfuggire il dolore immergendosi nel lavoro, negli
impegni, nel fare ossessivo.
Sono emozioni strane, apparentemente paradossali, eppure fanno parte della nostra natura umana e
dobbiamo imparare ad accettarle e a comprenderne il senso. Purtroppo nella nostra civiltà non
siamo minimamente preparati ad affrontare la morte e l'abbandono; si cerca di esorcizzarla in ogni
modo, di non pensarci, di ritenere che a noi o ai nostri cari non potrà mai accadere, e così evitiamo
di prepararci. Eppure la morte fa parte indissolubile della vita e tutti, prima o poi, dovremo
affrontarla, prima come morte di qualche persona cara, e poi in ultimo la nostra stessa morte.
Dunque perché non prepararsi in tempo?
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Ai tempi dei nostri progenitori, chi subiva un lutto era tenuto a vestirsi di nero e a isolarsi dalla vita
sociale per un certo tempo, dai sei mesi a un anno; era una usanza che aveva i suoi fondamenti,
perché nei primi tempi è importante stare con noi stessi, confrontarsi col dolore senza sfuggirlo,
riepilogare tutto quello che la persona scomparsa ha rappresentato per noi, nel bene e nel male: da
un lato riconciliarci dentro di noi con gli aspetti "negativi" della relazione con quella persona, le
ferite che ci ha inferto, quelle che noi abbiamo gli inferto (rimorsi) e i rimpianti per non aver fatto o
detto certe cose finché era in vita; dall'altro scoprire l'eredità positiva che ci ha lasciato, e cioè che
non tutto è andato perso e che l'essenza di quella persona è rimasta in noi come nuovi aspetti della
nostra personalità e come "semi" da coltivare. Poi, trascorso il periodo del lutto, la persona poteva
riaprirsi alla vita esteriore, e se aveva ben lavorato, il dolore e la ferita si erano risolti in una crescita e
la persona tornava arricchita nella sua umanità.
Oggi il lutto dura pochi giorni e poi tutto riprende, ma anche se ripristinassimo le antiche usanze,
purtroppo non basta vestirsi di nero o isolarsi: bisogna sapere cosa fare durante quell'isolamento,
come impiegare proficuamente quel tempo per riconciliarci. Per imparare possiamo partecipare a
corsi e seminari di preparazione alla morte, che varie associazioni stanno promuovendo da alcuni
anni a questa parte, oppure possiamo ricorrere all'aiuto di un counselor o di uno psicoterapeuta, che
può aiutarci a elaborare il lutto, a farcene una ragione e a tornare a vivere con una consapevolezza
arricchita.
Il lutto anticipato
Il dolore della perdita lo si prova
non solo in occasione della morte
di una persona cara, ma anche
prima, quando la morte si
annuncia, come nei casi di malattie
gravi, quali in primo luogo i
tumori. In tali casi possiamo
distinguere una prima fase di "lutto
anticipato", quando ci si prepara e
ci si confronta con quest'evento,
prefigurandolo, e una seconda fase
del lutto vero e proprio, quando la
morte ci ha ormai sottratto la
persona cara.
Durante l'evolversi della malattia verso la fase terminale c'è la crisi non solo del malato, ma anche dei
familiari. Tutti indistintamente sono messi alla prova: eventi critici e conflittuali esigono modalità di
comunicazione, adattamento e funzionamento nuove e diversificate.
Si devono affrontare problemi e cambiamenti su molti piani: non solo su quello fisico legato alla
perdita della salute e alle fatiche conseguenti di tutta la famiglia, ma anche su quello emotivo,
cognitivo, relazionale, pratico-organizzativo e soprattutto sul piano esistenziale e spirituale.
Spesso il singolo individuo presenta la tendenza a non darsi il tempo e lo spazio per il "lavoro del
lutto".
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Ma non vivere il dolore della perdita, arrivare a negarlo o a reprimerlo, come del resto vivere
esclusivamente in funzione del lutto, è fortemente negativo sul piano psichico e fisico.
Per consentirne l'elaborazione dobbiamo far affiorare
alla coscienza i vissuti della separazione, della perdita,
dell'abbandono, che portano con sé disorientamento,
rifiuto, panico, disperazione, rabbia, isolamento,
depressione e sensi di colpa.
In questo, l'aiuto di un bravo counselor o
psicoterapeuta, o anche la partecipazione a qualche
incontro di gruppo con problemi che hanno sofferto
casi analoghi, può essere di grande aiuto e conforto.
Letture consigliate
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Marie De Hennezel , La morte amica, Rizzoli 1996.
Marie De Hennezel - Leloup Y.J., Il passaggio luminoso, Rizzoli 1998.
Elizabeth Kubler-Ross, La morte e la vita dopo la morte, Roma, Edizioni Mediterranee, 1991.
Elizabeth Kubler-Ross, La morte e il morire, Assisi, Cittadella Editrice, 1992.
Stephen Levine , Il gusto della vita, Armenia 1998.
Raymond Moody, La vita oltre la vita, Mondadori.
Salvatore Natoli, L'esperienza del dolore, Milano, Edizioni Feltrinelli, 1986.
Sogyal Rinpoche, Il libro tibetano del vivere e del morire, Ubaldini 1994.
Louise Thouin, Canto di commiato, Amrita, Torino, 2003
Brian Weiss, Molte vite, molti maestri, Mondadori.
ESTRATTO DA : www.relazioniinarmonia.it
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