Il Chimico Italiano - Consiglio Nazionale dei Chimici

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Il Chimico Italiano - Consiglio Nazionale dei Chimici
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB - Roma
Anno XVII • n.2 • aprile/maggio/giugno 2006
Il Chimico Italiano
Periodico di informazione dei Chimici d’Italia
n.
2
3° CONGRESSO INTERREGIONALE
DEI DOTTORI CHIMICI DEL PIEMONTE
E VALLE D’AOSTA
Torino - Villa Gualino
Programma indicativo
(Il Congresso è aperto a tutti i Chimici d'Italia,
le quote di partecipazione saranno
comunicate successivamente)
VENERDÌ 3 NOVEMBRE 2006
Destinatari:
tutti i professionisti e/o responsabili aziendali
Crediti FCC per gli Iscritti all’Ordine dei Chimici
GIOVEDÌ 2 NOVEMBRE 2006
MATTINA
I SESSIONE
9.15 – 10.45 Storia della Chimica nell’industria
10.45 – 11.00 Coffee break
II SESSIONE
11.00 – 12.30 La Chimica nell’industria
12.30 – 13.00 Dibattito
13.00 – 14.15 Lunch
POMERIGGIO
I SESSIONE
14.15 – 15.45 Il Chimico Forense
15.45 – 16.00 Coffee break
II SESSIONE
16.00 – 17.30 Il Chimico come CTU
17.30 – 18.00 Dibattito
Cena di Gala
MATTINA
I SESSIONE
9.15 – 10.45 L’accreditamento del professionista
10.45 – 11.00 Coffee break
II SESSIONE
11.00 – 12.30 Il Chimico nei Sistemi Qualità
12.30 – 13.00 Dibattito
13.00 – 14.15 Lunch
POMERIGGIO
I SESSIONE
14.15 – 15.45 Il Chimico nell’investigazione
incendi
15.45 – 16.15 Dibattito
16.15 – 16.30 Chiusura lavori e saluto
ai congressisti
16.30 – 17.00 Degustazione prodotti tipici locali
17.00 – 19.30 Consiglio Nazionale
SABATO 4 NOVEMBRE 2006
9.30 – 13.00 Assemblea dei Presidenti
(presso la sede dell’Ordine dei
Chimici del Piemonte e
Valle d’Aosta)
Lunch e saluti
Anno XVII • n.2 • aprile/maggio/giugno 2006
Il Chimico
Italiano
Bimestrale di informazioni giuridiche, economiche, professionali e
tecniche dei Chimici d’Italia
sommario
n.
2
»EDITORIALE
• Fare comunicazione, ovvero l’arte di farsi ascoltare
2
»DAL C.N.C.
• Consiglio Nazionale dei Chimici - Delibera Nazionale dei Chimici
4
»DAGLI ORDINI
• Ciao, Saverio
» D A L L’ U N I V E R S I T À - D I P L O M I
7
7
»DAGLI ISCRITTI
• Il Demone nascosto nelle Terre Rare
• La paglia quieta il fulmine?
• Chimica e mistero nelle vernici degli antichi liutai cremonesi
8
11
13
»CONGRESSI E CONVEGNI
• Programma provvisorio su GIOVANI E PROFESSIONI
Spedizione in abb. postale
Art. 2, comma 20/C - legge 662/96
Filiale di Roma
Editore
CONSIGLIO NAZIONALE DEI CHIMICI
Direzione, redazione e amministrazione
P.zza S. Bernardo, 106 - 00187 Roma
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Direttore responsabile
ARMANDO ZINGALES
Direttore editoriale
ANTONIO RIBEZZO
Revisori di Bozze
ANTONIO DE PACE - CARLO BRESCIANI
DANIELA BIANCARDI - SERGIO CARNINI
Redazione
BIANCARDI DANIELA - BRESCIANI CARLO
CALABRESE ELIO - CARNINI SERGIO
DE PACE ANTONIO - FACCHETTI SERGIO
MAURIZI FERNANDO - MENCARELLI DOMENICO
MUNARI TOMASO - OCCHIPINTI CARMELA
RIBEZZO ANTONIO - RICCIO GIUSEPPE
SCANAVINI LUCA - TAU FRANCO
ZINGALES ARMANDO
"Gli articoli e le note firmate esprimono soltanto
l'opinione dell'Autore e non impegnano il Consiglio
Nazionale dei Chimici né il Comitato di Redazione (CdR).
L'accettazione per la stampa dei contributi originali di interesse scientifico e professionale nel campo della chimica è
subordinato all'approvazione del CdR, previa revisione di
tre Referee, scelti dal CdR tra gli esperti del settore. Quanto
pubblicato nel Bollettino raccoglie gli atti ufficiali del
Consiglio Nazionale dei Chimici".
Coordinamento editoriale e stampa
Just in Time - Tel. 06.88522032
Autorizzazione del Tribunale di Roma
n. 0032 del 18 gennaio 1990
ASSOCIATO ALL’USPI
UNIONE STAMPA
PERIODICA ITALIANA
16
»FECS
• Order Form: Environmental Science and Pollution Research (ESPR)
Special Subscription Rates EuCheMS (formerly FECS) - ESPR 2006
To personale members of the National Environmental Chemistry
Divisions of EuCheMS - Member Societies
(European Association for Chemical and Molecular Sciences - EuCheMs)
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» A S S O C I A Z I O N I E S I N D A C AT I
• Contributi previdenziali
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»DAI CONSIGLIERI
• Principio di precauzione tra Cautela e Ragionevolezza.
Un richiamo alla responsabilità per i tecnici.
• Presentazione di alcune novità introdotte dal T.U.
nella parte IV relativa ai rifiuti
• Norme in materia ambientale
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»CHIMICI ANTIDOPING
• Un’atleta negativo ai controlli antidoping è sempre sicuramente pulito?
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»CONGRESSI E SEMINARI
• Inquinamento atmosferico e beni culturali. Protezione e
conservazione del patrimonio culturale
30
»DAL CHIMICO FORENSE
• 1° caso: Interventi degli iscritti
• Considerazione del responsabile della rubrica
• 2° caso
» N O T I Z I E D A L L’ E U R O PA
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34
Ai sensi dell’art. 10 della Legge n. 675/1996, informiamo i lettori che i loro dati sono conservati nel nostro archivio informatico e saranno utilizzati da
questa redazione e da enti e società esterne collegati solo per l’invio della rivista “IL CHIMICO ITALIANO” e di materiale promozionale relativo alla
professione di chimico. Informiamo inoltre che, ai sensi dell’art. 13 della succitata Legge, i destinatari di “IL CHIMICO ITALIANO” hanno la facoltà
di chiedere, oltre che l’aggiornamento dei propri dati, la cancellazione del proprio nominativo dall’elenco in nostro possesso, mediante comunicazione scritta a “IL CHIMICO ITALIANO” c/o Consiglio Nazionale dei Chimici - P.zza S. Bernardo, 106 - 00187 Roma
2
»EDITORIALE
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Fare comunicazione,
ovvero l’arte di farsi ascoltare
di ANTONIO RIBEZZO
L’
esperienza insegna che per quanto si faccia a favore della categoria, poco trapela, almeno stando alle richieste che pervengono o a quanto si legge e si sente nei media.
Tutti noi stiamo avvertendo, negli ultimi tempi, sempre più l’esigenza di comunicare, informare, notificare ai vari soggetti in
modo più sistematico quello che facciamo.
Stiamo realizzando l’idea che veicolare la propria opinione insieme ai fatti conviene sempre.
Comunicazione ed informazione interna, verso gli iscritti e gli Ordini territoriali, ed esterna, rivolta ai diversi pubblici, è però
un’attività che non si può inventare.
Non si può, ad esempio, instaurare un dialogo con i media sulla base di relazioni personali bensì basandosi sulla professionalità e conoscenza degli strumenti di comunicazione.
Ciò perché una cosa è stabilire rapporti di conoscenza e stima,o fiducia,con chi può agevolare la comprensione reciproca,altra cosa
è credere che comunicare equivalga a tessere una rete di rapporti clientelari retti da un professionista abile in relazioni pubbliche.
Un ufficio stampa è una struttura preposta alla gestione dei rapporti con i media; esso non organizza soltanto le informazioni per i media ma interpreta anche i segnali che provengono da essi.
Anche noi Chimici abbiamo questa esigenza.
Alla luce dell’evoluzione dei sistemi di informazione si dovebbe costituire un Ufficio Media più che un Ufficio Stampa.
L’obiettivo di fondo, nel nostro caso, è anche quello di favorire l’organizzazione Ordinistica nel raggiungimento della sua missione, ovvero dei suoi fini istituzionali, e di diffondere e migliorare la posizione del Chimico nella società.
Ciò si realizza se ci si organizza al fine di contribuire ad aumentare l’influenza, o rafforzare il prestigio del Chimico, a costruire
un’immagine positiva legata agli aspetti, e benefici, della nostra professione.
L’ufficio operativo, stampa o media, dei Chimici deve essere sentito come un’esigenza da noi tutti.
Esso deve diventare il punto di riferimento per quanto concerne l’informazione sia nei giornali che nel mondo della comunicazione in generale.
Con la convinzione di dover agire in tal senso, occorre preliminarmente selezionare il target, ovvero i diversi pubblici cui l’informazione è veicolata attraverso i quotidiani, i periodici di settore, la radio e la televisione, le agenzie di stampa, internet, e-mail.
Ritengo utile spendere qualche parola sulle agenzie di stampa poiché esse rappresentano il primo anello della catena dei media.
Ad esse attingono i quotidiani poiché formano un filtro selettivo efficace di notizie operando, al tempo stesso, un severo lavoro di sintesi: ricavano dieci righi da comunicati di due pagine!
Occorre tenere presente che ottenere il lancio di una notizia da una agenzia significa avere una immediata e grande diffusione.
Magari non verrà pubblicata dai giornali, ma sicuramente la notizia trasmessa arriva sul tavolo dei redattori e capiservizio!
Ed insistendo, qualcosa viene pubblicato se si è tempestivi e si sa farsi ascoltare, ovvero se la notizia è appetibile.
Per quanto riguarda internet, esso ha un pubblico piuttosto eterogeneo.
Ciò è importante poiché in internet, e-mail a parte, non si invia nulla ma si mette a disposizione del possibile lettore il materiale informativo.
Anche qui occorre distinguere con precisione ciò che può da ciò che non deve o non può essere comunicato proprio perché
l’interesse di un pubblico allargato è vario.
Al fine di migliorare il rapporto fra noi chimici e la tempestività dell’informazione, ritengo molto utile il possesso dell’e-mail
personale avente il dominio chimici.it.
Quanto fin qui evidenziato ci permette di dire che l’espressione arte di comunicare deve essere corretta in arte di farsi ascoltare .
In altre parole occorre trasformare il processo della comunicazione da spontaneo a sistematico ed orientato al risultato che
vogliamo raggiungere.
Occorre tenere presente sempre che comunicare bene è molto più difficile di quanto non si creda, che compito primario della
buona comunicazione è quello di informare in modo chiaro attraverso canali appropriati, al tempo stesso cercando di centrare il target, ovvero coloro che rappresentano i destinatari del messaggio.
Ciò perché l’eccesso di informazioni e messaggi a cui siamo sottoposti evidenzia la necessità di far pervenire il messaggio giusto alla persona, o gruppo, giusto.
Cari Colleghi, occorre comunicare scientificamente con l’obiettivo cosciente di farsi ascoltare e tenendo costantemente presente che tanti sono gli uomini ed altrettante le diverse opinioni.
Per concludere, per quanto ci riguarda, basta osservare che così come il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra, ma
dalla linea dell’arco che esse formano, anche l’informazione e la comunicazione è alimentata e sostenuta da ognuno di noi
che, a vario livello, partecipa a diffondere, difendere e accrescere la cultura ed il lavoro del Chimico nella società.
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
DAL C.N.C.«
"Il Consiglio Nazionale dei Chimici nel rendere pubblica la notizia relativa al premio assegnato al Collega Stelio Munari, già
Consigliere Nazionale dei Chimici, si complimenta per il prestigioso riconoscimento ottenuto e ricorda il Collega Stelio per la
costanza e professionalità dimostrata anche nell'assolvimento delle sue funzioni in seno al nostro Consiglio".
3
4
»DAL C.N.C.
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Consiglio Nazionale dei Chimici
Delibera Nazionale dei Chimici
l Consiglio Nazionale dei Chimici premesso che ha già individuato un logo
di cui ha provveduto alla registrazione,
- ritiene opportuno ed utile la diffusione del logo aderendo anche a specifiche richieste pervenute da Ordini
Territoriali e da Iscritti,
- delibera di adottare per la concessione d’utilizzo del logo da parte degli
Ordini territoriali e da parte degli
iscritti le seguenti norme che sono
parte integrante del manuale di
immagine del logo stesso articolato
nelle tre sezioni: manuale d’immagine CNC, manuale d’immagine Ordini
Territoriali, manuale d’immagine
iscritti.
I
» Norme per l’utilizzo del
logo Chimici
Il logo chimici, costituito da una lettera
C stilizzata, è il segno distintivo unico
della professione di Chimico.
Il logo chimici è di proprietà esclusiva
del Consiglio Nazionale dei Chimici,
che stabilisce le norme d’uso, le integrazioni e varianti ritenute necessarie.
Il logo chimici per la sua natura distintiva può essere utilizzato da parte del
Consiglio Nazionale dei Chimici e dagli
Ordini Territoriali su tutti i supporti realizzati per attività di natura istituzionale
della professione e di quelli rappresentativi della professione.
Il Consiglio Nazione dei Chimici concede l’utilizzo del logo chimici nella
variante iscritti anche agli iscritti
nell’Albo che ne fanno richiesta.
Il logo chimici si presenta in quattro
varianti:
- logo chimici solo immagine,
- logo chimici Consiglio Nazionale se
accompagnato dall’emblema della
Repubblica Italiana e dalla ragione
CONSIGLIO NAZIONALE DEI CHIMICI
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
- logo chimici Ordini Territoriali se
accompagnato dalla ragione dell’Ordine Territoriale, ad esempio ORDINE
DEI CHIMICI DI __________ ),
- logo chimici iscritti se accompagnato
in modo inscindibile e non modificabile dalla indicazione di iscrizione
nell’Albo dell’Ordine Territoriale dei
Chimici seguito dal numero e sezione, ad esempio ALBO DEI CHIMICI DI
_______ N 000/A (oppure N 000/B)
Concessione d’utilizzo del logo chimici Ordini Territoriali
A richiesta scritta il Consiglio Nazionale
dei Chimici concede agli Ordini
Territoriali dei Chimici l’utilizzo a titolo
gratuito del logo chimici Ordini.
A richiesta scritta il Consiglio Nazionale
dei Chimici concede l’utilizzo del logo
chimici iscritti agli iscritti nell’Albo professionale con il solo concorso spese
come diritti di segreteria.
Le norme d’uso riportate nel manuale
operativo d’immagine devono essere
tassativamente rispettate e fanno parte
integrante delle concessioni d’utilizzo
del logo chimici rilasciate agli Ordini
Territoriali o agli iscritti nell’Albo.
Il CNC si riserva ogni azione di tutela
del logo nel caso di impiego indecoroso e disdicevole a unico giudizio insindacabile del CNC stesso, nel caso di
impiego indebito da parte di soggetti
non espressamente autorizzati, oppure
nel caso di utilizzo difforme dalle
norme d’uso, in particolare con colori,
caratteri, dimensioni e grafica diversi
da quelli autorizzati.
La concessione d’utilizzo consiste sempre in un documento scritto rilasciato
dal Consiglio Nazionale.
La richiesta di utilizzo da parte degli
Ordini Territoriali dei Chimici viene formalizzata al Consiglio Nazionale dei
Chimici utilizzando il modello seguente.
Al Presidente del Consiglio Nazionale
dei Chimici
Piazza San Bernardo, 106 - 00187 ROMA
Oggetto = richiesta di concessione d’utilizzo
del LOGO CHIMICI.
Il sottoscritto…………………… Presidente
dell’Ordine dei Chimici di ……………………
con la presente chiede di poter utilizzare il
logo chimici nella documentazione istituzionale dell’Ordine, ( chiede la concessione specifica per poter utilizzare il logo chimici come
segue…………….), (chiede concessione specifica per poter utilizzare il logo chimici unitamente ad altri loghi e scritture secondo il progetto grafico allegato), si impegna ad attenersi scrupolosamente alle norme d’uso generali,
ivi compreso il colore, il carattere di stampa ed
i formati, e speciali che il Consiglio Nazionale
dei Chimici imporrà nel dispositivo di concessione, accettando sin da ora le disposizioni per
l’uso che potranno essere stabilite successivamente e tutte le decisioni del Consiglio
Nazionale dei Chimici, si impegna a trasmettere al CNC, a richiesta dello stesso, copia dei
modelli realizzati e informazioni sull’utilizzo
fatto dall’Ordine del logo chimici.
Luogo, data, firma del Presidente
Il Consiglio Nazionale dei Chimici previa istruttoria rilascia concessione scritta d’utilizzo con le osservazioni e prescrizioni che ritiene opportuno allegando manuale operativo d’immagine
in forma elettronica.
Concessione d’utilizzo del logo chimici
iscritti
La concessione di utilizzo del logo chimici iscritti si attiene alle seguenti linee
guida che divengono parte integrante
della concessione d’utilizzo.
il Chimico iscritto nell’Albo dispone già
di un contrassegno professionale specifico, il timbro formato sigillo professionale regolamentato dal Codice
deontologico. L’uso del timbro sigillo è
riservato esclusivamente agli atti della
professione di Chimico, come perizie,
consulenze, studi, progetti, certificazioni per analisi chimiche, prodotti e
impianti effettuati direttamente dal
Chimico o sotto la propria completa
responsabilità professionale.
Il timbro sigillo professionale conferisce al documento sottoscritto dal
Chimico un carattere distintivo, significando che il Chimico iscritto nell’Albo
professionale nello svolgimento della
prestazione professionale si è attenuto
a scienza e coscienza nel rispetto delle
norme di legge e delle norme di etica e
DAL C.N.C.«
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
deontologiche per l’esercizio della professione di Chimico e pratica la formazione professionale continua;
b) il logo chimici iscritti non è alternativo al timbro sigillo, ma integra sul
piano della immagine e della identificazione verso terzi la presenza qualificante del Chimico professionista
attraverso i documenti che riportano
il logo stesso;
c) il logo chimici iscritti concesso in utilizzo agli iscritti nell’Albo è costituito
dal simbolo C stilizzato accompagnato in modo inscindibile e non
modificabile dalla indicazione di
iscrizione nell’Albo dell’Ordine
Territoriale dei Chimici seguito dal
numero e sezione, ad esempio ALBO
DEI CHIMICI DI _________ N 000/A
(oppure N 000/B);
d) il logo chimici iscritti può essere utilizzato dal Chimico iscritto nell’Albo
sulla propria carta intestata, sui propri biglietti da visita e simili isolatamente oppure unitamente ad altri
contrassegni e sta a significare che
quel professionista - ben individuato
con nome e cognome e qualifica
professionale e estremi di iscrizione
nell’Albo - è iscritto nell’Albo dei
Chimici e gode della pienezza professionale;
e) nel caso di utilizzo assieme ad altri
simboli e contrassegni è indispensabile che il logo chimici iscritti sia riprodotto in dimensioni e visibilità non
inferiore agli altri simboli e contrassegni; sia inoltre riprodotto in colore
esatto oppure in tonalità di nero-grigio stabilite nel manuale d’immagine soltanto se anche tutti gli altri
simboli e contrassegni e scritte sono
in nero-grigio;
f ) il logo chimici iscritti può essere utilizzato anche sulla carta intestata di
ditte, società, istituzioni soltanto in
relazione al nome cognome e qualifica professionale di un chimico iscritto che in quella struttura ha funzioni
direttive e/o di responsabilità professionale.
Anche in questi casi è indispensabile
che il logo chimici iscritti sia riprodotto
in dimensioni e visibilità non inferiore
agli altri simboli e contrassegni; sia
inoltre riprodotto in colore esatto
oppure in tonalità di nero-grigio stabilite nel manuale d’immagine soltanto
se anche tutti gli altri simboli e contrassegni e scritte sono in nero-grigio;
Il Chimico iscritto - dipendente o con
rapporti professionali con una ditta,
società, istituzione le quali utilizzino
sulla propria carta intestata il logo chimici iscritti concesso in utilizzo al Chimico
iscritto - è responsabile dell’utilizzo e
deve segnalare all’Ordine Territoriale ed
al Consiglio Nazionale gli eventuali
abusi nell’utilizzo del logo chimici iscritti
di cui ha la concessione d’utilizzo;
anche nel caso di utilizzo del logo chimici iscritti su carta intestata di ditta,
società, istituzione la concessione d’utilizzo viene rilasciata esclusivamente al
Chimico iscritto che ne faccia richiesta
secondo il modello allegato;
Il logo chimici iscritti non può essere utilizzato in modo da creare equivoci su
persone e organizzazioni così da trasferire indebitamente la funzione della
immagine professionale di Chimico a
soggetti e attività che non ricadono
sotto la direzione e responsabilità del
Chimico iscritto titolare della concessione d’utilizzo e che non ricadono
sotto la giurisdizione dell’Ordine e del
Consiglio Nazionale dei Chimici;
le norme d’uso riportate nel manuale
operativo d’immagine sezione logo chimici iscritti devono essere tassativamente rispettate e fanno parte integrante della concessione d’uso rilasciata al richiedente;
la concessione d’utilizzo consiste sempre
in un documento scritto rilasciato in
unico esemplare dal Consiglio Nazionale;
la concessione può essere disdetta in
qualsiasi momento dall’interessato,
può essere revocata o sospesa a discrezione del Consiglio Nazionale dei
Chimici con atto scritto e motivato;
il CNC si riserva ogni azione di tutela
del logo chimici iscritti nel caso di
impiego indecoroso e disdicevole a
unico giudizio insindacabile del CNC
stesso, oppure nel caso di impiego
indebito da parte di soggetti non
espressamente autorizzati, oppure nel
caso di utilizzo difforme dalle norme
d’uso, in particolare con colori, caratteri, dimensioni e grafica diversi da quelli
autorizzati;
La domanda di concessione d’utilizzo
deve essere formalizzata con lettera
raccomandata secondo il seguente
modello.
Al Presidente dell’Ordine dei Chimici di…. Via
………………………...…. Città ……………
Oggetto = richiesta di concessione d’utilizzo
del logo chimici iscritti.
Il sottoscritto………………. iscritto nell’Albo
dei Chimici dell’Ordine dei Chimici di………
con il numero…………, codice fiscale ……,
esercente (non esercente) attività di libera professione di chimico, partita IVA …………,
iscritto (non iscritto) all’EPAP con matricola…………………… dal………………….,
con la presente
a) chiede l’inoltro al Consiglio Nazionale dei
Chimici della domanda
- per poter utilizzare il logo chimici nella propria documentazione professionale,
(di concessione specifica per poter utilizzare il
logo chimici come segue………),
(di concessione specifica per poter utilizzare il
logo chimici unitamente ad altri loghi e scritture secondo il progetto grafico allegato), (di
concessione specifica per poter utilizzare il
logo sulla carta intestata della ditta, società,
istituzione ……….......………… via…......…
città…….. nella cui organizzazione ha la
seguente funzione professionale………….),
b) si impegna ad attenersi scrupolosamente
alle norme d’uso generali,ivi compreso il colore,
il carattere di stampa ed i formati, e alle norme
speciali che il Consiglio Nazionale dei Chimici
imporrà nel dispositivo di concessione,
Luogo, data, firma
Il Presidente dell’Ordine Territoriale
verifica la rispondenza dei dati riportati nella domanda e trasmette al Consiglio Nazionale una dichiarazione
come da schema seguente.
Al Presidente del Consiglio Nazionale dei
Chimici
Piazza San Bernardo, 106 - 00187 ROMA
Oggetto = richiesta di concessione d’utilizzo
del logo chimici iscritti da parte di iscritto
nell’Albo..
Il sottoscritto……………………………….
Presidente dell’Ordine dei Chimici di ………....
vista la domanda (allegata in copia) per la
concessione d’utilizzo del logo chimici presentata dall’iscritto chimico dottor ……………...
in data ………………. per
- poter utilizzare il logo chimici nella propria
5
6
»DAL C.N.C.
documentazione professionale, (concessione
specifica per poter utilizzare il logo chimici
come segue…………….), (concessione specifica per poter utilizzare il logo chimici unitamente ad altri loghi e scritture secondo il progetto grafico allegato), (concessione specifica
per poter utilizzare il logo sulla carta intestata
della ditta, società, istituzione ……………
nella cui organizzazione ha la seguente funzione professionale…………………..............),
attesta che il Chimico dottor……….nato a
………………………….. il………………….
è iscritto al numero ………… nell’Albo tenuto
da questo Ordine, la cui esatta intestazione è
“ORDINE DEI CHIMICI …………”
svolge attività abituale di libero professionista
(di dipendente dalla ditta/ente …………
Via….città……………con funzioni di ……),
si impegna
- ad esercitare il controllo del corretto impiego
secondo le norme d’uso generali, ivi compreso
il colore, il carattere di stampa ed i formati, e
norme speciali che il Consiglio Nazionale dei
Chimici imporrà nel dispositivo di concessione,
- a trasmettere al CNC tutte le osservazioni del
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
caso relativamente all’utilizzo del logo chimici
concesso,
Luogo, data, firma
il Consiglio Nazionale dei Chimici ricevuta la domanda con la dichiarazione
del Presidente dell’Ordine Territoriale
attiva apposita istruttoria della stessa
in esito alla quale rilascia concessione
scritta d’utilizzo con le osservazioni e
prescrizioni che ritiene opportuno allegando manuale operativo d’uso in
forma elettronica;
Per la concessione d’utilizzo l’interessato anticipa al Consiglio Nazionale dei
Chimici un diritto di segreteria quale
concorso spese dell’importo stabilito
dal Consiglio stesso.
q) Copia della concessione d’utilizzo
viene inviata al Presidente dell’Ordine Territoriale al quale spetta la
sorveglianza sugli iscritti nel loro iter
deontologico.
r) Ogni due anni l’iscritto cui è stato
concesso l’utilizzo del logo deve
attestare al proprio Ordine Territoriale il corretto uso dello logo e
altresì deve comunicare al CNC, pena
la decadenza della concessione, la
volontà a proseguire nell’utilizzo del
logo, nonché dare dimostrazione di
aver ottemperato al regolamento
per la formazione continua del
Chimico ( in corso di emanazione
conformemente alle norme).
s) La decadenza della concessione, per
disdetta dell’interessato o per revoca
o per sospensione oppure per decadenza, è sempre notificata dal
Consiglio Nazionale dei Chimici sia
all’interessato che all’Ordine Territoriale.
t) Nel caso che l’iscritto concessionario
del logo venga iscritto in altro Albo
dei Chimici le incombenze di controllo vengono assunte dall’Ordine
Territoriale di nuova iscrizione.
Riscossione contributo 2006 al Consiglio Nazionale
Il presente avviso, pubblicato sul bollettino ufficiale del Consiglio Nazionale dei Chimici e sul
sito www.chimici.it costituisce notifica agli iscritti a sensi di legge.
Il Consiglio Nazionale ha avviato le procedure per la riscossione del contributo dovuto dagli iscritti.
Nel prossimo mese di settembre perverrà agli iscritti l’avviso di riscossione con scadenza 15 ottobre 2006.
L’importo da versare per il 2006 è di 50,00 Euro, comprensivo di diritti di segreteria e rimborsi spese di esazione. Per i pagamenti
effettuati dopo il 15 ottobre 2006 è dovuta, in aggiunta, la penale per ritardato pagamento, pari a 10,00 Euro.
Chi non è in regola con i pagamenti per gli anni precedenti riceverà un bollettino comprensivo dei contributi non pagati e delle
penalità per ritardato pagamento.
Il pagamento può avvenire secondo una delle seguenti modalità:
1. Versamento su CC Postale mediante bollettino premarcato allegato all’avviso di pagamento.
2. Versamento in CC Postale compilando un bollettino in bianco: (CCP n. 42064022 – Consiglio Nazionale dei Chimici, Roma)
3. Pagamento con Carta di Credito (Salvo Buon Fine) inviando al CNC, anche mediante FAX il modulo di addebito allegato all’avviso
di pagamento, ovvero inserendo i propri dati nel modulo disponibile on-line sul sito www.chimici.it
4. Versamento o bonifico (anche telematico) su:
a. CC bancario del CNC presso la Banca Nazionale del Lavoro, Agenzia Bissolati, via Bissolati, 2 – Roma (CIN: N; ABI: 01005;
CAB: 03200; cc: 000000048431)
b. ovvero sul Conto Bancoposta sopra indicato (CIN: R; ABI: 07601; CAB: 03200; CC 000042064022).
Al momento del pagamento bisogna aver cura di rendere certa l’identificazione dell’iscritto (attraverso i suoi dati anagrafici, oltre al
codice iscritto riportato sopra l’indirizzo nell’avviso di riscossione ed il codice fiscale) e l’anno di riferimento (contributo 2006)
Raccomandiamo a tutti la puntualità nell’adempimento: l’attività del Consiglio Nazionale dipende dalla disponibilità delle risorse
necessarie.
Per informazioni sul tributo e possibile rivolgersi al Consiglio Nazionale dei Chimici: responsabile del procedimento è la signora Bruna
Peri, Capo Ufficio Segreteria del CNC.
Ai sensi dell’art. 7 L. 7.7.2000 n. 212 avverso il presente Atto è possibile proporre istanza di riesame al Consiglio Nazionale dei Chimici
entro 30 giorni dalla notifica.
DAGLI ORDINI«
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Ciao, Saverio
di MICHELE SCAPICCHIO
I
l prof. dott. Saverio Buffa, per molti
anni Presidente dell’Ordine dei
Chimici della Provincia di Foggia, non
c’è più. Figura di grande spessore, come
docente, come professionista e soprattutto come uomo, ha incarnato alla perfezione il ruolo del chimico, trasmettendo sempre la sua verve, la sua positività
e il suo entusiasmo contagiosi.
Originario della Sicilia, nacque a
Castellammare del Golfo (TP) nel 1922,
si laureò in chimica giovanissimo, con il
massimo dei voti, presso l’Università di
Palermo.
Trasferitosi a Foggia, divenne subito
docente di ruolo di Chimica e
Merceologia presso l’Istituto Tecnico
Commerciale ad indirizzo mercantile,
presso cui ha svolto tutta la sua carriera
scolastica. Conscio della importanza
della esistenza di un laboratorio per l’insegnamento della chimica, si impegnò
strenuamente affinchè il suo Istituto
fosse dotato di una sala per l’analisi
qualitativa, una per l’analisi quantitativa
ed una per l’analisi merceologica; alla
realizzazione del laboratorio ogni alunno disponeva del suo posto di lavoro:
conquista, per l’epoca, eccezionale.
Ma questo risultato era per Saverio solo
l’inizio; infatti, con grande impegno e
abnegazione, riuscì, coinvolgendo non
solo la struttura scolastica, ma anche
altri enti ed istituzioni, ad acquistare
nuove e più moderne attrezzature, portando il laboratorio ad essere operativo
anche per analisi conto terzi. Questa
operatività fu poi riconosciuta sia dall’allora Ministero della Pubblica Istruzione sia da quello dell’Agricoltura,
attraverso la concessione delle autorizzazioni al rilascio di certificazioni chimiche e merceologiche valide sia sul territorio nazionale che comunitario.
E’ proprio nell’ambito di questo laboratorio che ebbi la fortuna di conoscere il
Prof. Buffa; io giovane laureato in chimica, insegnante presso un altro istituto,
fui convinto da lui a trasferirmi presso la
sua scuola e a collaborare nel laboratorio dell’Istituto. Abbiamo lavorato fianco
a fianco, tutti i giorni, fino a sera tarda,
per offrire un servizio al mondo imprenditoriale agricolo e vitivinicolo, condividendo gioie, fatica, speranze, difficoltà.
Ed è stato in quei lunghi e meravigliosi
anni che è nata la stima, presto trasformatasi in amicizia, affetto, ammirazione
per il professionista e per l’uomo.
Egli sapeva ascoltare la voce di tutti,
sapeva cogliere il meglio da tutti e, grazie alla sua alta capacità di sintesi, arrivava a conclusioni condivise da tutti.
E’ stato insegnante di varie generazioni
ed è sempre stato rispettato dagli alunni e dai colleghi, perché il suo lavoro
era caratterizzato da severità e giustizia
e perchè il suo modo di insegnare faceva trasparire in maniera chiarissima il
suo amore per la chimica.
Tutti i suoi alunni gli sono riconoscenti
perché non ha impartito ad essi solo
lezioni di chimica, ma è stato un esempio di moralità ed alto senso civico.
Moralità, senso civico, opera di servizio
sono stati anche i principi ispiratori
della sua esperienza di presidente
dell’Ordine. Egli credeva molto nella
funzione degli Ordini ed il suo impegno nell’affermazione della figura del
chimico è stato totale; è grazie a lui se
adesso il nostro Ordine provinciale ha
una sede, una struttura organizzativa,
una continua e specifica funzionalità. Il
suo operato è stato grandemente
apprezzato anche dal Consiglio Nazionale che lo nominò componente del
Collegio dei revisori dei conti.
Caro Saverio, tutti noi colleghi chimici
avremo sempre vivo il tuo ricordo, le tue
lezioni professionali e di vita, i tuoi consigli, la tua disponibilità, il tuo sorriso.
Abbiamo solo un modo per far sì che il
tuo operato non vada sciupato: continuare a credere nella nostra professione,
difendendola, come tu ci hai insegnato,
con lo studio, con la perseveranza, con la
capacità di ascolto, con la professionalità
e con l’orgoglio di essere chimici.
D A L L’ U N I V E R S I T À - D I P L O M I «
Si informa che sono in distribuzione presso l’ufficio Esami di Stato dell’Università di Roma “La Sapienza” i diplomi di abilitazione per l’esercizio delle professioni relativi anni 1999-2000-2001.
Dott.ssa A.Grandioso
Caposettore Esami di Stato
La Sapienza - Roma
7
8
»DAGLI ISCRITTI
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Il Demone nascosto
nelle Terre Rare
di MARCO FONTANIa - MARIAGRAZIA COSTAb
» Riassunto
Alla fine del XIX secolo, il celebre fisico
statunitense Henry A. Rowland volle
cimentarsi nello studio e nell’isolamento degli elementi delle terre rare. Per
via spettroscopica intravide quello che
a tutti gli effetti sembrava un nuovo
elemento e prematuramente ne pubblicò la scoperta. Nel riportare questo
annuncio egli propose per il nuovo elemento il nome demonium, in virtù
della tenacia con la quale questo corpo
semplice era intimamente legato alle
altre terre rare. Oggigiorno sappiamo
che il presunto elemento di Rowland
era in realtà una miscela di elementi
delle terre rare già noti.
Parole chiave: elementi, terre-rare, spettroscopia, storia della chimica
» Extended Abstract
At the end of the XIX century, the
famous American physicist, Henry A.
Rowland attempted the study and the
isolation of some rare-earths elements.
With the aid of spectroscopic analysis
he caught a glimpse of what, to all the
effects, seemed a new element.
Prematurely he published that discovery. In that announcement he proposed the name demonium for the new
element, in virtue of the tenacity with
which this simple body was intimately
linked to other rare-earths elements.
Nowadays we know that Rowland’s
presumed element was not new at all
but a mixture of rare-earths elements.
Keywords: elements, rare-earths, spectroscopy, history of chemistry.
While testifying as an expert witness in a
trial one day, Henry Rowland was asked
during cross-examination what qualified
him to serve as such a witness.“I am,” the
professor replied, “the greatest living
expert on the subject under discussion.”
Some time later a friend, well aware of
Rowland’s usual modest and unassuming manner, expressed his surprise at
this uncharacteristically grandiose
remark.“Well, what did you expect me to
do?” Rowland asked.“I was under oath1.
Del personaggio molto è stato detto e
ancor più scritto: l’americano Henry
Augustus III Rowland era famoso sia
per il suo talento di fisico sperimentale
che per la sua vita riservata e modesta.
Alquanto inusuale fu l’episodio sopra
citato, così come, unico nella sua brillante carriera, fu l’incidente al quale
andò incontro nelle vesti di improvvisato chimico.
» L’America provinciale va
stretta al grande fisico
Quando Henry Augustus III nacque il
27 novembre 1848, l’America non era
ancora il paese tecnologicamente all’avanguardia che oggi conosciamo: sia i
laboratori di ricerca che molti professori universitari peccavano di provincialismo e, al contrario di oggi, un uomo di
scienza che avesse voluto perfezionarsi
dopo la laurea avrebbe dovuto attraversare l’oceano Atlantico verso est, e
soggiornare nei famosi laboratori
RITRATTO DI HENRY A. ROWLAND
inglesi, francesi o tedeschi. Dal nome
poco fantasioso, ma di facile intuizione,
Henry Augustus III era figlio del reverendo Henry Augustus II (1804-1859) e
nipote di Henry Augustus I, anch’egli
teologo e figlio di un religioso.
Quest’ultimo univa alla fede più fervente un fanatismo politico anti-inglese fuori dal comune; sostenitore dell’indipendenza americana dalla corona
britannica, non risparmiò nemmeno il
pulpito dal quale predicava, per diffondere le sue idee.
Benché il piccolo Rowland avesse
seguito studi regolari, possedeva l’indole battagliera del bisnonno e mal
sopportava lo studio dei classici. Egli
era un fine sperimentatore elettrotecnico e desiderava studiare ingegneria; i
a
Dipartimento di Chimica Organica “U. Schiff” dell’Università di Firenze, via della Lastruccia, 13. (Firenze) 50019 Sesto Fiorentino. Telefono: 055-4573490; e-mail:
[email protected]
Laboratorio di Ricerca Educativa dell’Università di Firenze, via della Lastruccia, 3. (Firenze) 50019 Sesto Fiorentino.
1
Mentre era chiamato a testimoniare in qualità di esperto in un processo, nel contro interrogatorio fu chiesto a Henry Rowland che cosa lo qualificasse come testimone.“Sono senza dubbio” replicò il professore “il più grande esperto vivente nel settore”. Qualche tempo dopo un suo amico, conoscendo l’indole modesta di
Rowland espresse la sua sorpresa per la sua pomposa sottolineatura.“Allora, che cosa ti aspettavi che facessi” chiese Rowland “ero sotto giuramento”.
b
In relazione alle norme di pubblicazione di contributi di interesse scientifico-professionale su “Il Chimico Italiano” il presente articolo è stato ricevuto il 26 aprile
2006 ed è stato accettato per la pubblicazione il 15 maggio 2006.
DAGLI ISCRITTI«
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
genitori, che in un primo tempo avevano pensato di iscriverlo a Yale, si videro
costretti ad immatricolarlo all’Istituto
Tecnico Rensselaer (in seguito Politecnico), dove si laureò in ingegneria
civile nel 1870. Trascorse un anno in
Europa e soggiornò a lungo nel laboratorio di Hermann L. von Helmholtz
(1821-1894) a Berlino (ANONIMO, 1901a).
Gli aneddoti sulla sua vita e carriera
scientifica, sono numerosi come quello
che lo vede nel tentativo di pubblicare
su una rivista americana il suo primo
lavoro di fisica che venne respinto. Fu
presto chiaro che la società scientifica
americana era ancora di vedute ristrette, ma Rowland era guidato da una
considerazione di sé piuttosto ingombrante che non lo fece demordere.
Spedì il lavoro all’allora maggiorente
della fisica mondiale, James C. Maxwell
(1831-1879), il quale si affrettò a mandarlo alle stampe. Nel 1876 Henry
Augustus III divenne professore alla
Johns Hopkins University, forse la più
prestigiosa università americana del
tempo, dove rimase fino alla morte
(ANONIMO, 1901b). Trascorse qualche
anno e, nel 1883, in riconoscimento
all’invenzione del reticolo di diffrazione
omonimo, fu eletto membro della
Società per l’avanzamento delle
Scienze e ricevette il Rumford Prize.
Anche da quelle posizioni privilegiate
Rowland sentì l’angoscia di non potersi
muovere liberamente, soggiogato da
una scienza incapace di apprezzare a
pieno il suo genio. I suoi colleghi finirono presto per considerarlo una figura
ostile e intollerante.
Sebbene sia autore di quasi 100 brevetti, il maggior contributo di Rowland
alla scienza fu la messa a punto del reticolo di diffrazione concavo (ROWLAND H.
A., 1884), capace di migliorare grandemente il potere di risoluzione degli
spettrografi in uso alla fine del XIX
secolo. Questi strumenti furono di fondamentale importanza per gli spettroscopisti suoi contemporanei e anche
per quelli della generazione successiva.
All’inizio degli anni trenta, Emilio G.
Segré (1905-1989) riferì di aver osservato che, nel laboratorio del premio
Nobel Pieter Zeeman (1865-1943), il
reticolo di Rowland fosse lo strumento
più prezioso (SEGRÉ E. G., 1995).
2
3
IMMAGINE DELL’ORIGINALE RETICOLO DI DIFFRAZIONE DI ROWLAND
» Il figlio di un Pastore
protestante scopre il
Demonium
Egli fu un abile ingegnere e inventore
(ANONIMO, 1901a), versatile fisico e astrofisico (ROWLAND H. A., 1895); tuttavia
rimane poco conosciuto il lato chimico
della poliedrica figura di Rowland. Nel
1894, al termine di alcuni anni di un
ambizioso e sistematico progetto di
separazione e studio spettroscopico
delle terre rare, egli pubblicò i risultati
ai quali era giunto (ROWLAND H. A., 1894).
Questo gruppo di 14 elementi, dalle
proprietà chimiche così simili tra loro, è
stato un vero rompicapo per chimici
prima e fisici poi: il loro completo isolamento ed inquadramento ha richiesto
ben 113 anni di lavoro.
Partendo da scoperte assodate, Rowland si propose di studiare lo spettro di
tutti gli elementi delle terre rare con il
reticolo di diffrazione di sua invenzione. Così facendo egli credette di mettere la parola fine all’annosa questione
delle terre rare, vera terra incognita per
la comprensione della tavola periodica.
Purtroppo per lui, sebbene utilizzasse
uno strumento di indagine ben superiore a chi lo avesse mai preceduto, al
pari di altri famosi colleghi incorse
nelle insidie rappresentate dalla separazione chimica di questi elementi e,
inevitabilmente, si trovò coinvolto nell’annuncio di una falsa scoperta.
Per lo studio e la caratterizzazione delle
terre rare egli si avvalse del materiale
Con scarsa accuratezza egli le chiamò “ingredienti”.
In questo caso sarebbe stato più corretto il termine costituente.
fornitogli dal chimico Oliver Wolcott
Gibbs (1822-1908) e dal mineralogista
Frank Wigglesworth Clark (1847-1931)
(CLARK F. W., 1902), mentre per l’identificazione del nuovo elemento ricorse ad
un campione di ittrio impuro dono del
professor G. Krüss di Monaco di Baviera.
Il fisico statunitense al pari di una
minoranza di scienziati suoi contemporanei credeva che alcune terre rare non
fossero sostanze elementari. Seguendo
questo pensiero Rowland ritenne che
l’erbio, l’ittrio e il cerio, fossero in realtà
una miscela di sostanze elementari
ancora da isolare; per usare i termini di
Rowland, diremo che egli scisse l’erbio
nei suoi presunti costituenti e lo stesso
fece con l’ittrio e con il cerio: le “sostanze costitutive2” furono indicate con le
lettere a, b, i, d, h, n, c, k.
Questo arbitrario sistema di classificazione unito al fatto che la pubblicazione apparve sulle Chemical News dirette
da sir William Crookes (1832-1919), epigono della fallace teoria dei meta elementi, può far supporre che Rowland
credesse in tutto ciò.Tuttavia risulta più
attendibile l’ipotesi secondo la quale
Rowland ritenesse ogni sostanza indicata con le lettere minuscole a, b, i, d, h,
n, c, k un nuovo elemento delle terre
rare (sebbene non lo indichi mai chiaramente) mentre l’erbio, il cerio e l’ittrio
da lui esaminati risulterebbero miscele
di elementi sconosciuti, (da cui il poco
appropriato nome di “ingredienti”3 dell’erbio affidato alle sostanze b, i e d;
“ingredienti” del cerio affidato alle
sostanze n, k e c; mentre per i l’ittrio egli
sarebbe stato in grado di trovarvi soltanto un nuovo componente, a.
Henry Rowland al pari di molti altri
investigatori iniziò il frazionamento
delle terre rare partendo dai seguenti
minerali: Samarskite, (Y,Fe3+,U)(Nb,Ta)5O4;
Yttrialite: (Y,Th)2Si2O7; Gadolintite:
Y2Fe2+Be2Si2O10 e Cerite: (La,Ce,Ca)9
(Mg,Fe3+)(SiO4)6[SiO3(OH)](OH)3.
Egli, con attacco acido, disciolse i quattro campioni mineralogici in modo da
ottenere una miscela di ossidi di La, Ce,
Pr, Nd, Th, nonché sette nuove sostanze
che indicò con le lettere a, b, i, d, h, n, c,
k. Rowland cercò di separare questi ultimi elementi seguendo il metodo della
cristallizzazione frazionata già comunemente impiegato per la separazione
delle terre ceriche da quelle ittriche. La
9
10
»DAGLI ISCRITTI
miscela costituita prevalentemente da
ossidi delle terre rare ed indicata genericamente come L2O3 (dove L = La, Ce,
Pr, Nd, a, b, i, d, h, n, c, k), fu disciolta in
una soluzione di acido nitrico e quindi
diluita con acqua. Dopo aver scaldato
la soluzione fu aggiunto del solfato di
sodio in dosi successive mantenendo la
soluzione sotto agitazione fino alla
completa scomparsa delle linee spettroscopiche del neodimio. Il precipitato
venne separato dalla soluzione delle
acque madri e trattato con potassa
(KOH) e la miscela di ossidi, derivante
da questa operazione (L2O3), venne sottoposta allo stesso ciclo di cristallizzazioni frazionate per una dozzina di
volte. In questo modo Rowland ritenne
di aver separato nelle prime frazioni gli
elementi a, b, i, d, mentre quelle successive andavano arricchendosi degli elementi d, n, c, k. Infine, le ultime erano ricche del componente h.
Tramite tecniche di cristallizzazione frazionata, Rowland riuscì ad isolare l’elemento a del quale riportò alcune proprietà dell’ossido e dell’ossalato, ma l’elemento al quale decise di dare un
nome fu (d), a causa della sua persistenza ed ubiquità nei preparati da lui
esaminati.
Il fisico americano osservò che nel
campione ittrico fornitogli da Krüss, la
presenza della nuova sostanza, chiamata d, era più elevata che altrove. Per via
spettroscopica Rowland osservò le
bande di assorbimento della sostanza
d anche in altri campioni di terre rare,
ma anche da questi campioni non fu in
grado di separarla dalle componenti b,
i, h, n, c. A causa dei problemi di ordine
chimico e, per il fatto che questa
sostanza (d) fosse ovunque presente,
Henry Augustus Rowland, suggerì di
4
5
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
chiamarla demonium4:
On account of the trouble caused by it
and its universal presence, I propose the
name demonium for it. Its principal spectrum line is at wave-length 4000,6 nearly.
Ironicamente potremmo dire che la
vita del demonium fu, fortunatamente,
breve. Con altrettanta ironia e con
apparente assenza di coerenza, William
Crookes, editore del giornale che aveva
accettato l’articolo di Rowland, pubblicò - quasi a giro posta e dalle pagine
della stessa rivista - una secca smentita
delle scoperte del fisico americano
(CROOKES W., 1894).
Rowland’s substances are already known
by accepted elements; the white yttrium
oxalate and oxide are - [ for chemists] far from novelties.
Dopo la battuta di arresto, rappresentata dal fallace annuncio della scoperta
del demonium e delle altre sei “sostanze”, Rowland non abbandonò completamente lo studio delle terre rare ed
ottenne ottimi spettri d’arco dei lantanidi (ROWLAND H. A., TATNALL R. R., 1895),
dello zirconio e del vanadio (ROWLAND
H. A., HARRISON C. N., 1897a) e di molti
altri elementi (ROWLAND H. A., HARRISON C.
N., 1897b).
» La tragica conclusione
Il 4 giugno 1890 Henry Augustus III si
sposò con Henrietta Harrison. La letizia
dell’evento fu però di breve durata: non
passò molto tempo che gli fu diagnosticata una grave forma di diabete,
all’epoca una malattia incurabile.
Sapendo di dover presto morire,
Rowland desiderò assicurare alla famiglia una futura agiatezza economica.
Egli trascorse l’ultimo decennio della
sua vita nell’affannosa ricerca di com-
mercializzare alcuni suoi brevetti, come
per esempio il telegrafo multiplo5, il
quale, sebbene fosse tecnicamente
valido, ebbe fortuna solo dopo la sua
morte. Tanto la sua salute deperiva,
quanto la sua fama di fisico andava
spandendosi al di fuori dei confini statunitensi: nel 1890 ricevette il Grand
Prix dell’esposizione universale di
Parigi; fu il primo americano a ricevere
(1895) la medaglia Matteucci della
Società Italiana delle Scienze e, nel
1899, fu eletto socio straniero della
Royal Society of London.
Henry Augustus III morì il 16 aprile
1901 a Baltimora. Per suo espresso
desiderio fu cremato e le sue ceneri
furono murate in una parete dello
scantinato di casa, dove aveva allestito
il laboratorio personale; solamente in
seguito esse trovarono la definitiva
sistemazione in una apposita nicchia
presso la John Hopkins University.
BIBLIOGRAFIA
ANONIMO. - Nature, vol. 64, (1901)a, p. 16
ANONIMO. - Science, vol. 36, (1901)b, p. 681
CLARK F. W. - Smithsonian Institution Archives, Record
Unit 7320 National Museum of Natural History,
Division of Mammals, Biographical File, 1860-1973
and undated, (1902), box 14, folder 24.
CROOKES W. - Chemical News, vol. 70, (1894), p. 81
ROWLAND H. A. - Phil. Mag., vol. 17, (1884), p. 25
ROWLAND H. A. - Chicago Astr.Journal, vol. 2, (1895), p.
117
ROWLAND H. A. - Chemical News, vol 70 (1894), p. 68
ROWLAND H. A., TATNALL R. R., - Chicago Astr. Journal,
vol. 2, (1895), p. 3
ROWLAND H. A., HARRISON C. N. - Chicago Astr. Journal,
vol. 7, (1897)a, p. 17
ROWLAND H. A., HARRISON C. N. - Chicago Astr. Journal,
vol. 7, (1897)b, p. 22
SEGRÉ E. G. – “Autobiografia di un fisico”, Ed. Il Mulino,
Bologna, I, (1995)
Probabilmente, se la scoperta fosse stata confermata, questo nome in italiano sarebbe stato demonio.
Nel 1906 durante l’eruzione del Vesuvio, il telegrafo multiplo di Rowland fu usato dal governo italiano per trasmettere i messaggi da Napoli al resto della penisola. Per un certo tempo, questi messaggi furono l’unico mezzo di collegamento tra la città partenopea e l’Italia.
DAGLI ISCRITTI«
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
La paglia quieta il fulmine?
Un’invenzione controversa di Alexandre Lapostolle (1749-1831)
di MARCO TADDIAa
» Riassunto
Il fisico francese Alexandre Lapostolle
(1749-1831), autore di un trattato sui
parafulmini e paragrandine (1820), tradotto in italiano da Antonio Bodei
(1821), sosteneva che la corda di paglia
era un’alternativa efficace ed economica
ai conduttori metallici posti a protezione degli edifici. Il suo suggerimento, ben
accolto dal pubblico ma criticato dagli
scienziati, desta curiosità e viene rivisto
sulla base di dati elettrici più attuali.
Parole chiave: Fulmini, parafulmini, grandine,
storia della scienza e della tecnologia
» Extended Abstract
Alexandre Lapostolle (1749-1831),
French physic, was the author of a treatise on lightning rods (1820), translated
from French to Italian by Antonio Bodei
(1821). He argued that the straw provides a valid and cheap alternative to
the metallic conductors used in lightning rod to protect buildings. Although
the public was interested in Lapostolle’s straw-rope lightning rod, the
scientists were sceptical. Just out of
curiosity, the Lapostolle’s suggestion is
worth to be revised by means of more
recent electrical data.
Keywords: Lightning, lightning rod, hail, history of science and technology
Ogni anno, purtroppo, le cronache estive riferiscono di gravi disgrazie provocate dai fulmini. Tuttavia, per la maggior parte di noi, i fulmini sono rimasti
eventi spettacolari, meno temibili di un
tempo, quando i racconti che descrivevano gli effetti distruttivi della folgore
erano tali da provocare terrore e sbigottimento.Valga per tutte l’esplosione
di una polveriera della Repubblica di
Venezia, sita nei sotterranei della Rocca
bresciana di S. Nazzaro, che il 18 agosto
1769 distrusse un sesto della città e
seppellì circa seimila persone (MILLER,
1869). Nel contesto di un’economia
rurale priva di protezioni economiche,
anche la grandine era considerata un
flagello perché in pochi minuti poteva
compromettere il raccolto della stagione. Per cogliere il significato, non solo
economico, di tale rovina basta incrociare lo sguardo desolato dell’agricoltore che mostra all’obiettivo del telegiornale i frutti del campo devastato da
una grandinata. Oggi si sa che i fulmini
sono scariche elettriche tra due punti
di una nube, tra due nubi e tra nube e
suolo. Le scariche sono favorite da un
accumulo di cariche elettriche (campi
da 0,1 kV/cm nella nube e 0,3 kV al
suolo) e si verificano quando il campo
elettrico supera i 3-5 kV/cm. L’intensità
di corrente della scarica discendente è
dell’ordine del centinaio di ampere,
quella della controscarica ascendente
può raggiungere qualche centinaio di
kA e quella delle scariche ascendenti
qualche kA (Guerrini D., 2002). Anche i
mezzi per proteggere le strutture e il
loro contenuto dall’azione dei fulmini
sono ben noti e oggetto di norma (C.E.I
81.1, 1995). Vengono utilizzati captatori
ad asta, fune o maglia, con opportune
calate e dispersori a terra. Un tempo
però le idee erano confuse e ci si sentiva indifesi. E’ naturale perciò che i
mezzi suggeriti dalla scienza per limitare gli effetti dei fulmini e della grandine (o gragnuola), trovassero un’accoglienza quasi entusiastica, assicurando
la fama ai loro inventori. Per tal motivo,
l’americano Benjamin Franklin (17061790), cui si deve una nuova interpretazione dei fenomeni elettrici, è ricordato soprattutto per l’invenzione del
parafulmini e non per la teoria dell’unico fluido elettrico. Franklin fu il primo a
stabilire un parallelo fra il fulmine e l’e-
lettricità. Nel 1749, Franklin pubblicò
una memoria che descriveva le esperienze da farsi per sottrarre alle nubi
temporalesche la loro elettricità per
mezzo delle punte. Il fisico francese
Dalibard ne diede dimostrazione il 10
maggio 1752 con l’aiuto di una sbarra
di ferro isolata, alta 33 metri, innalzata
nel giardino di Marly. A distanza di circa
un mese lo stesso Franklin, che non era
al corrente del lavoro di Dalibard, eseguì nei dintorni di Filadelfia il famoso
esperimento dell’aquilone recante una
punta metallica per catturare l’elettricità atmosferica. Alla corda aveva appeso
una chiave e a questa un cordone di
seta per legare l’aquilone ad un albero.
Toccando la chiave Franklin non osservò alcun effetto, tranne quando una
leggera pioggerella, riducendo la resistenza elettrica della corda, fece sì che
ESPERIMENTO CON LA BOTTIGLIA DI LEYDA
la mano avvertisse una scintilla. Aveva
scoperto il potere che hanno le punte
di accumulare elettricità aumentando il
potenziale a un livello tale da vincere la
resistenza dell’aria. Un anno dopo, un
esperimento simile, effettuato con uno
strumento di sua invenzione, costò la
vita al fisico di Pietroburgo Georg
Richman (1711-1753). Da queste ricerche nacque il parafulmini che tuttavia,
a
Università di Bologna, Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician”
In relazione alle norme di pubblicazione di contributi di interesse scientifico-professionale su “Il Chimico Italiano” il presente articolo è stato ricevuto il 16 maggio
2006 ed è stato accettato per la pubblicazione il 30 maggio 2006.
11
12
»DAGLI ISCRITTI
specie in Italia, tardò a diffondersi, con
conseguenze drammatiche. Ciò indusse la stampa a fornire le necessarie
istruzioni e raccomandazioni (GIORNALE
AGRARIO, 1838). Meno celebre di Franklin
è Alexandre Lapostolle (1749-1831),
fisico di Amiens, al quale il vecchio
dizionario biografico universale Hoepli
(1907) associa il “paragrandine”. Troppo
poco per capire di che si tratta ma, in
assenza di altre citazioni, è una traccia
che si è rivelata preziosa per ricostruire
una storia dimenticata. Essa prende lo
spunto dal recente ritrovamento, ad
opera di chi scrive, di un manoscritto di
autore sconosciuto che riferisce una
notizia pubblicata sulla Gazzetta di
Lugano del settembre 1829 (N.1836). Si
tratta di una corrispondenza da Parigi,
datata 26 luglio 1829, che riporta una
scoperta dello stesso Lapostolle professore di chimica nel dipartimento
francese della Somme. Così riferisce la
Gazzetta: “Una corda di paglia è sostituita a quei conduttori metallici di cui con
grande spesa sono armati alcuni edifici;
ecco il parafulmini infallibile, e poco
costoso, che propone il Sig. Lapostolle. Le
esperienze che si sono fatte alla presenza
di vari dotti, hanno, dice egli, dimostrato,
che la materia di cui è composto il fulmine, e che non è altro che il fluido elettrico,
penetra la corda di paglia, che gli si
oppone, e viene ora, per questa via, nel
seno della terra si quietamente che la
mano che la tiene non ne sente il passaggio. Il Sig. Lapostolle assicura inoltre che
questo parafulmini è anche un eccellente
paragrugnola e che ciascuna di queste
La redazione de
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
preparazioni, che non costa più che due
franchi, può garantire una superficie di
sessanta jugeri di terra”. Convinto dell’efficacia della sua scoperta, il Sig.
Lapostolle invita i coltivatori a munire
le loro case ed i loro campi del parafulmini e paragragnuola (paragrandine),
prevedendo già “l’epoca felice in cui il
fulmine e la gragnuola, divenute impotenti , e soggette all’industria dell’uomo,
non potranno più cagionargli timore, o
danno alcuno.” Lapostolle era autore di
un Traité des parafoudres et des paragrêles en cordes de paille, précédé d’une
météorologie électrique (Lapostolle,
1820) tradotto anche in italiano
(Lapostolle, 1821). Secondo Lapostolle
la paglia aveva una conducibilità elettrica che nemmeno il ferro e il rame
possedevano. L’opera fu accolta con
favore eccetto che dall’Académie des
Sciences. E’ naturale che gli esperti fossero perlomeno perplessi. La paglia è
un isolante e benché una volta bagnata dalla pioggia la sua conducibilità
elettrica aumenti (come dimostrato
anche dalla cordicella di Franklin), il
paragone con i conduttori metallici
sembra frutto di un abbaglio.
L’invenzione contestata di Lapostolle
offre tuttavia l’occasione per rivedere
alcuni dati interessanti sulla conducibilità elettrica del legno (materiale vegetale come la paglia). Pochi sanno, forse,
che la conducibilità elettrica di varie
specie di legno aumenta addirittura di
un fattore 1013-1015 passando da un
contenuto di umidità prossimo a zero
alla saturazione delle fibre. La resistività
del legno secco è 1014-1016 ohm·m,
quella del legno saturo di umidità è
103-104 ohm·m (SIMPSON W., TENWOLDE
A, 1999), ma resta ben lontana da quella del rame (1,678 ·10-8 ohm·m, 293 K)
e da quella del ferro (9,61·10-8 ohm·m,
293 K) (Handbook of Chemistry and
Physics, 2005-2006). Perciò, sarebbe
come minimo imprudente fidarsi di un
parafulmini di paglia, anche se bagnata. Del resto, ora come allora, che cosa
pretendere con due franchi?
BIBLIOGRAFIA
AA.VV., Handbook of Chemistry and Physics, 86th
ed, CRC Press, 2005-2006. p. 12-39
GUERRINI D. (a cura di) - “Fulmini e parafulmini” Servizio Impiantistica e Sicurezza sul Lavoro ASL,
Informativa Tecnica a cura di , fasc. 1, 2002
LAPOSTOLLE A. - “Traité des Parafoudres et des
Paragrêles en cordes de Paille, précédé d’une
Météorologie Electrique; présentée sous un nouveau jour, et terminé par l’analyse de la Bouteille
de Leyde” - Amiens, de l’imprimerie de CaronVitet, 1820. Edizione italiana: “Trattato sul modo di
preservare le abitazioni dal fulmine e le campagne
dalla grandine del sig. Lapostolle. Opera volgarizzata dal francese dal signor Antonio Bodei” Milano: per Vincenzo Ferrario, 1821.
MILLER G.A., - “Trattato elementare di fisica-chimica”
- Tipografia Fratelli Bertola, Piacenza, 1869, p. 475.
SIMPSON W., TENWOLDE A. - “Physical Properties and
Moisture Relations of Wood”, in
“Forest Products Laboratory. Wood handbook—
Wood as an engineering material”.
Gen. Tech. Rep. FPL–GTR–113. Madison, WI: U.S.
Department of Agriculture, Forest
Service, Forest Products Laboratory, 1999, chap. 3,
p. 1-25
SN - Giornale agrario lombardo-veneto e continuazione degli annali universali di agricoltura di industria e d’arti economiche, 1838, serie 2, vol. 10, fasc.
9 e 10, p. 154-158
Il Chimico Italiano
Periodico di informazione
dei Chimici d’Italia
invita i propri lettori ad inviare contributi
scritti di argomenti tecnico-scientifico
o di attualità per la professione.
Le norme per la pubblicazione si trovano sul sito www.chimici.it nella rubrica “La rivista on-line”
REDAZIONE:
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DAGLI ISCRITTI«
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Chimica e mistero
nelle vernici degli antichi
liutai cremonesi
di GIORGIO MAGGI
» Riassunto
Il lavoro raccoglie una serie di suggestioni, analisi, ipotesi fatte da autori
diversi sulla formulazione delle antiche
vernici cremonesi per liuteria ed in particolare delle vernici di Stradivari ritenute, dagli esperti del settore, esteticamente ed acusticamente impossibili
da riprodurre.
I migliori ricercatori hanno stabilito con
analisi spettroscopiche che le vernici
degli antichi liutai cremonesi erano
costituite da uno strato turapori del
legno di natura inorganica a base silicea e da strati successivi di resine di
provenienza orientale indurite per
saponificazione, colorate con lacche
non coprenti a base vegetale e impure
di elementi come pollini, cristalli, cere
che fanno presumere l’uso di complesse ed originali formulazioni.
Nella memoria scritta si vuole chiarire il
ruolo delle diverse figure del chimico
insegnante come educatore alla complessità e del chimico analista come
supporto all’artista nell’approfondimento delle caratteristiche proprie
della materia. Si vuole altresì recuperare la figura del chimico “epistemologo
della scienza” che non è solo freddo
indagatore della realtà oggettiva ma
sempre più spesso è chiamato a fornire
una personale sintesi nella interpretazione di dati scientifici e storici.
Parole chiave: vernice, violino, mistero, analisi,
stratificazione, preparazione vitrea)
» Extended Abstract
The job collects a series of suggestions,
analysis, hypothesis, written by different authors, on the formulation of the
ancient cremonese varnishes for
stringed instruments and particularly
of the Stradivari’s varnishes, considered, from the experts of the sector,
aesthetically and acoustically impossible to reproduce.
The best researchers have established
with spectroscopic analysis that the
varnishes of the ancient cremonese
makers of stringed instruments was
constituted by a liquid resistent layer of
the wood of inorganic nature to flinty
base (mineral ground ) and from following layers of resins ( rubble) of oriental
origin hardened for saponification, colored with non covering vegetable
base lacquers impure of elements such
as pollens, crystals, waxes that make to
suppose the use of complex and original formulations
In written memory we want to clarify
the role of the different figures of the
chemical teacher and the chemical
analyst as educator to the complexity
but also as support to the artist in the
close examination of the characteristics proper of the matter. it also tries to
recover the figure of the chemist “epistemolog of science” that it is not only a
cold inquiring of the objective reality
but more and more he is often called to
furnish an one man show synthesis in
the interpretation of scientific and historical data
Key words: (varnish, violin, mystery, analysis,
stratification, mineral ground)
L’idea nasce da lontano: la tesi sperimentale a Pavia nel ’75 sulle proprietà di alcuni cristalli liquidi con appendice a carattere epistemologico sulle antiche vernici
per Liuteria con il prof Riganti, prof. Curti
in Chimica Inorganica, e Prof. Sanesi in
Chimica-Fisica. Le frequentazioni mie e
del papà, ex-insegnante di viola alla
scuola di Liuteria, violista in orchestre e
collezionista in giro per il mondo, con
tanti bravi liutai da Sacconi e Sgarabotto
ai nostri cremonesi d’adozione e non,ma
anche con indimenticabili artisti come
Oistrach, Menuin, Gavazzeni. L’incontro
con studiosi di storia cremonese come
Nicolini, Gualazzini, Puerari, Santoro,
Monterosso, Ferrari Barassi. I lontani corsi
regionali di Liutologia, le prime esperienze di collaborazione tecnico scientifica in multinazionali e il successivo incarico nella direzione di laboratorio chimico
farmaceutico e cosmetologico, lo stimolante impegno nell’Ordine dei Chimici e
l’attuale esperienza di insegnante in
Scienze chimiche e Biologiche al Liceo
Artistico di Crema e Cremona.
Si rafforza l’idea che sia possibile, nonostante i diversi impegni, continuare a
raccogliere notizie per quella vecchia
tesi di laurea, per poter, anche con
inconfessata presunzione, realizzare un
sogno forse paradossale ma che credo
di poter condividere con i lettori:
incontrare il “Genio” e, da chimico,
curiosare nei suoi pensieri e nella
sua opera. (Il Genio che, va sottolineato, è anche e soprattutto Artifex: artista
e artigiano, creatore e scienziato). Il
genio da Socrate a Galileo e Leonardo,
a Stradivari, continuamente confronta,
soprattutto nell’arte, l’osservazione
induttiva, l’ipotesi, e la regola deduttiva
sia nel reale, che nel “segreto” di esperienze spesso uniche perché non perfettamente riproducibili nemmeno dall’artista stesso. Genio che è “ talento che
da regola all’arte “ nella tradizione kantiana ma che è anche mediatore tra il
finito e l’infinito, l’inventio e la creazio-
In relazione alle norme di pubblicazione di contributi di interesse scientifico-professionale su “Il Chimico Italiano” il presente articolo è stato ricevuto il 5 maggio
2006 ed è stato accettato per la pubblicazione il 22 maggio 2006.
13
14
»DAGLI ISCRITTI
ne del sublime nell’idea romantica. Il
Genio che continuamente rinnova la
sua genialità, porta con sé segreti e
misteri profondi, complessi anche nella
contraddittorietà e nella varietà infinita
delle loro verità, che non è forse
ammesso violare e che spesso molti
ingenuamente assicurano di aver individuato con parziali scoperte e pesanti
semplificazioni. È lecito in buona
sostanza ad un chimico, che artista non
è anche se spesso possiede doti di
creatività, ragionare per abduzione?
permettersi una ricerca che abbia rigore scientifico e poi superarla sino a
sognare di indovinare, da pochi e scarni dati, teorie che spiegano lontane
metodiche, antiche formulazioni come
le vernici dei Cremonesi?
Qual è comunemente la reale funzione
del chimico in un simile contesto? Il chimico analizza la materia per controllare
cicli di lavorazione nella produzione,
per valutare parametri ambientali, o
anche per orientare un approccio mirato ad esempio nel restauro artistico. Il
chimico spesso si trova costretto a
dover spiegare la sua funzione che non
è solo quella di semplice analista della
realtà fenomenica ma anche quella dell’interprete della scoperta e della sintesi
dell’evento scientifico all’interno di un
modello sperimentale. Anche per questa ragione il chimico mantiene costantemente rapporti di studio e relazione
con realtà specifiche: attualmente nei
corsi moderni di laurea in Scienze dei
Beni Culturali si studia “Archeometria”, la
disciplina che rappresenta il collegamento naturale tra discipline scientifiche, artistiche ed umanistiche.
Dunque ecco il punto da cui partire per
parlare di chimica delle vernici: una
domanda che potrebbe esser letta
come ingenuità o come provocazione:
si può analizzare l’enigma delle vernici
barocche cremonesi, scoprirne gli elementi base, tentare di riprodurre la formula di Stradivari le sue trasparenze, le
sue proprietà acustiche ?
Il buon chimico, memore della cipolla
di Leibnitz, seguace di Wittgenstein
nella critica del mistero, scettico al pari
di Wilde e Svevo e memore delle riflessioni di Einstein, («La più bella e profonda emozione che possiamo avere è il
senso del mistero. Sta qui il senso di
ogni arte e di ogni vera scienza»), sorriderà sornione alla domanda e potrebbe rispondere con sicurezza: desideri
che io ricerchi qualitativamente la presenza di resinati metallici? oppure mi
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
chiedi di individuare stratigraficamente la percentuale di Si, Ca, Al nella vernice da analizzare? Vuoi una valutazione
statistica sulla presenza di pollini e cristalli di lacca colorata inglobati nel
medium trasparente o ti serve uno studio legato alle caratteristiche di tonalità, trasparenza, saturazione, brillantezza identificativi di modelli diversi di
colore nelle vernici? (penso sarebbe stimolante confrontare il castagno chiaro
dorato di Testore, con il bruno di
Gasparo da Salò e gli arancione caldo o
ambra dorata di Stradivari con tecnologia CIE Yxy). Sei interessato a una datazione del supporto ligneo? (analisi dendrocronologiche, al radiocarbonio e
spettroscopiche sulla racemizzazione
di alcuni composti organici sono di
routine in laboratori specializzati).Vuoi
ad esempio individuare eventuali ritocchi durante precedenti restauri, e
magari evidenziare la storia di questi
dai lontani ai più recenti (tecniche di
riflettografia all’IR per gli strati profondi
e di osservazione all’UV per indagini
superficiali nei dipinti sono utilizzate
con competenza da operatori nelle
Accademie d’Arte; taluni hanno acquisito particolare abilità nell’uso di luce di
Wood o luci monocromatiche nell’individuazione di prodotti coprenti e colle)
oppure mi chiedi test di qualità sulle
preparazioni e sui coloranti che pensi
di utilizzare? Un ricercatore sa ad esempio campionare e differenziare elementi significativi all’analisi utilizzando la
fluorescenza in UV (la proprietà di alcuni componenti della vernice di emettere fluorescenza può essere sfruttata per
modulare il processo di pulizia da
sovrapposizioni successive durante il
restauro). L’Università di Torino e La
Sapienza di Roma ad esempio per
prime hanno proposto analisi di pigmenti inorganici utilizzando tecniche
di “XRF” (X Ray Fluòrescence), estrarre
dati da una semplice analisi spettrografia all’assorbimento atomico o più
recentemente, utilizzare tecniche a
raggi gamma, ultrasuoni, termometriche e di microscopia elettronica che
disponga anche di dispositivi selettivi
di indagine spettrografia (microscopio
elettronico a scansione SEM e ESEM
con microsonda a raggi x in spettroscopia EDX). Va chiarito che il buon chimico non è mai solo nella acquisizione di
dati analitici ma dispone di competenze diverse nell’ambito delle specificità
professionali che si ritrovano all’interno
dell’Ordine o che con esso comunica-
no, si che il dato storico (la rilettura di
antichi ricettari e di formulazioni rinascimentali e barocche) si completi con
quello puramente analitico della osservazione, confronto e ricerca.
Da quali esperienze di indagine merceologica e chimico fisica partire? La
storia dell’uso della vernice si può far
risalire già ad una sintesi di Brunetto
Latini che nel Tresor (1294) ne definisce le proprietà ed al Cennini che ne
indica gli utilizzi. Il racconto delle esperienze analitiche sui prodotti vernicianti per liuteria è vario e si può datare alle
prime osservazioni di Eugene Mailand
(contemporaneo del famoso liutaio
J.B.Vuillaume) nel 1859 per passare a
George Fry nel 1904 che rilevano nelle
vernici classiche una componente
grassa; Fierz David nel 1946 osserva le
proprietà dicroiche delle vernici cremonesi (dovute a forme ossidate di trementina di larice ed alla presenza di
particolari cristalli di lacca) rispetto a
quelle veneziane e napoletane ma
anche sottolinea la disparità tra formulazioni utilizzate prima e dopo il settecento prima e dopo cioè che venissero
importate dall’oriente nuove resine
(come la gommalacca) e venissero sperimentate nuove tecniche di purificazione della materia prima (per il
Villavecchia la presenza di boro in una
vernice indica gommalacca raffinata).
Per primo Fierz David sostiene quanto
fosse importante la preparazione della
cassa risonante del violino con un
opportuno turapori mentre nello stesso periodo il prof. Renato Mancia pubblica, nel suo manuale sul restauro
delle opere d’arte, alcuni studi di tipo
micrografico che individuano la presenza di particolari tipi di polline e cristalli (girasole e lacca di robbia) in
schegge della vernice di Stradivari. Si
devono a Joseph Michelmann, appena
dopo la seconda guerra mondiale, le
prime serie analisi in assorbimento atomico di alcuni campioni dal violoncello
di Stradivari “Principe Gurski” del 1697.
L’analisi, evidenziando la presenza di
particolari impurezze metalliche
(abnorme per un prodotto a sola base
vegetale) di Al e Si ma anche Fe e Ca ed
altri elementi, dimostra che attualmente la vernice è caratterizzata da molecole saponificate di resinati metallici:
Michelmann ipotizza che il Liutaio
conoscesse la formula della loro preparazione ma non nega che questi elementi possano provenire da tecniche
di preparazione del colorante, da siste-
DAGLI ISCRITTI«
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
mi di raffinazione delle resine, da precedenti preparazioni turapori del legno
o dal semplice trattamento di “pomiciatura”. Pierre Coulomb nel 1951 interpreta la presenza di alte quantità di silicio
nello strato a contatto del legno con
l’uso del “cosiddetto”vetro solubile: una
particolare molecola a formula Na2O
nSiO2 utilizzata in soluzione acquosa
nel settecento comunemente per conservare legno ed… uova.
William Fulton, Claire Barlow e Geary
Baese tra il 1974 e il 1993 individuano
nel primo strato di vernice una componente minerale (mineral ground) e
organica (rubble) ipotizzando l’antico
uso di propoli, gum turpentine e cere.
Negli anni settanta Simone Sacconi
pubblica il suo “I segreti di Stradivari” e
riorganizza intelligentemente le diverse
esperienze sull’argomento ricostruendo la vernice dei classici attraverso tre
fasi: 1) imbibizione (la chiama “ossificazione”) del legno con una preparazione
vitrea (silicati sol.) e levigatura con
sostanze naturali a base silicea (es:
asprella o erba cavallina); 2) strato di
vernice isolante composto da gomme
ed idrati di carbonio; 3) la vera e propria
vernice nella quale trementina di larice,
propoli, cere ed oli siccativi venivano
cotti (saponificati) con molecole a reazione alcalina come calce o anche allume e successivamente portati in soluzione con solventi alcolici e terpenici
misti a trigliceridi. Si devono a C.Y.
Barlow e J. Woodhouse, due scienziati
della Università Inglese di Cambridge, i
più recenti (1989) risultati sulla analisi
della vernice di un Violoncello del 1711
di Stradivari con un microscopio elettronico SEM (Scanning Electron Micrograph). I risultati della ricerca confermano la presenza di strati di diversa formulazione: un primo strato con alta
percentuale di elementi come silice ed
allumina e strati successivi in cui fondono resine, oli siccativi, pigmenti organici
e cristalli di lacca.
E’ certo lecito studiare la scienza
dell’Artifex, acquisirne le galileiane
“sensate esperienze”, e “certe dimostrazioni”, è certo stimolante identificarsi
con esso cercando di sondarne le convinzioni e da queste tentare di ricavar-
ne certezze: spesso ingenue sono le
conclusioni di Mayne Coe, chimico in
pensione residente in Florida, che registra nel 1991 (U.S. Patent 5018422) il
“segreto di Stradivari” a base di tung oil
(olio di legno) e quelle di un biologo
residente in Texas (famoso in internet
… basta digitare vernish violin su un
qualunque motore di ricerca) che,
grande appassionato di misteri, ma
anche ottimo commerciante di violini,
sogna formulazioni di Stradivari a base
di gamberetti, succo d’uva, concime ed
urina bovina... e dichiara di provare
sempre un forte desiderio di estrarre
nascostamente campioni di vernice da
analizzare alla vista degli strumenti del
Cremonese…
Io come insegnante di Chimica e
Scienze in un Liceo Artistico penso di
avere un compito importante: stimolare nei ragazzi il senso dell’avventura
delle Scienze discutendo con loro criticamente la conoscenza, approfondendo l’episteme senza trascurare alcunché, nemmeno i risultati controversi e i
paradossi etici di quel mio lontano collega del Far West.
Un insegnante di Scienze può, attraverso i suoi giovani allievi, continuamente
rinnovare e riproporre un processo
induttivo di conoscenza in cui la scienza fonde nell’arte e nella tradizione,
può anche permettere l’evolversi del
senso critico senza soffocare il desiderio di provare e sperimentare sempre
nuove soluzioni: diventa stimolante
chiedere consiglio all’artista liutaio,
vederlo lavorare riscoprendo con lui i
lavori di Fierz, Coulomb, Michelmann,
Fulton, Barlow e Woodhouse, ridiscutendo le ricette del trattato di Bonanni
sulla “Vernice detta alla Cinese” e del
più recente “I segreti di Stradivari“ di
Sacconi ma anche consultando gli
appunti di Cozio di Salabue, estimatore
di Stradivari, e riappropriandosi delle
sue formule. Nel manoscritto, Cozio
sostiene di aver ricevuto notizie certe
sulla vernice di Stradivari da un intimo
amico di questi:
“ho ricevuto la seguente ricetta… e
che sia quella dell’Antonio Stradivari…:
gomma lacca oncie 4; sandracca oncie
2; mastice in lacrime oncie 2; sangue di
drago … 40; zafferano mezza dramma;
una pinta di spirito rettificato.
E dopo la soluzione fatta al fuoco vi si
incorporano oncie 4 di trementina di
Venezia e poi si cola il tutto con un
panno lino piuttosto raro ma fine di
filato”.
Credo di poter concludere così tentando di sdrammatizzare un argomento
così difficile da analizzare… implorando l’indulgenza del lettore e quella del
sommo Liutaio, l’intimità del quale
anch’io ho tentato di violare: benevolenza certa, non fosse altro per il motivo che l’amico, a cui Antonio aveva rivelato in gran segreto la sua formula, si
chiamava Maggi proprio come me e
che la mia bisavola, nonna Ceruti, cugina di Giovan Battista (ultimo tra i liutai
classici cremonesi) e come me smemorata, da qualche parte della casa doveva aver pur nascosto quella Bibbia di
casa Stradivari, avuta chissà come, e
nelle cui pagine interne il Maestro
aveva vergato la sua eccezionale quanto discussa formula segreta!
BIBLIOGRAFIA
Cennino d’Andrea Cennini, ”Il Libro dellArte,
Firenze”, 1437
Fierz David
G.Fry, “The Varnishes of the Italian Violin makers”,
Stevens & Sons, London, 1904
Mailand, E., «Decouverte des ancienes vernis
Italienes», Lahure, Paris, 1859
Michelman J.,“Violin Varnish”, Cincinati, Ohio, 1946
Renzo Bacchetta,“Il carteggio di Cozio di Salabue”
di (Cremona)
P.Coulomb, “Vernici per violini”, Ind.Vernice, Milan,
42-6
S.F.Sacconi,“I Segreti di Stradivari”, Cremona, 1972
William M. Fulton May 1972 and July 1997 SCAVM
Bulletins
William M. Fulton,“Old Italian Varnish”, Strad, 1972
Chemical Abstracts altri autori consultati: De
Mayerne, Alessio Piemontese, Pietro Andrea
Mattoli, T. Rosello, A. Libavio, G. Calestani, PhilipoJacobo Hartmann, R.Boyle, Christophoer Love
Morley, Jean Zahn, Pierre Pomet, Hubert Le-Blanc,
P.Shaw, G. Lewis, P. Arduino, J.F. Watin, F. Agricola,
A.Guidotti, Filippo Bonnani, Johann Melchoir
Muller, P.F. Tingry, .J.-C. Maugin, L. Marucci, J.F.L.
Merimee, Blanchard, C.L.Eastlake, G. Secco-Suardo,
O. Guerini e C. Ricci, G.H. Hurst, R.P. Johnson J.C.
Richards, G. Fry, R.P. Johnson, J.C. Richards, Thomas
Brachert, Hilditch, Howard, Boynton, Gifford,
Pollens, Seher, Wilson.
15
»CONGRESSI E CONVEGNI
PROGRAMMA PROVVISORIO
DEL CONVEGNO SU
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
ORGANIZZATO DALL’ORDINE
DEI CHIMICI DELLA TOSCANA
IN COLLABORAZIONE CON IL
CONSIGLIO NAZIONALE DEI CHIMICI
GIOVANI E
PROFESSIONI
c/o il VivaHotel Alexander viale Guidoni, 101
20 ottobre 2006
FIRENZE
16
MATTINA
POMERIGGIO
ore 09,00
Registrazione partecipanti
ore 09.30 – 09,45
saluti Presidente dell’Ordine dei Chimici
della Toscana Dott. Lario Agati
ore 14,30 – 15,00
1 intervento Avvocato su aspetti legali della
professione
ore 15,00 – 15,30
1 intervento Commercialista su aspetti
fiscali della professione
ore 15,30 – 16,00
1 intervento EPAP su aspetti previdenziali
della professione
ore 16,00 – 17,00
1 intervento rappresentante di una compagnia di assicurazioni su aspetti assicurativi
della professione
ore 17,00
Tavola rotonda
ore 18,00
Saluti del Presidente dell’Ordine dei Chimici
della Toscana Dott. Lario Agati
interventi di colleghi che illustreranno le proprie esperienze in settori lavorativi particolari:
ore 09,45 – 10,05
ore 10,05 – 10,25
ore 10,25 – 10,45
- farmaceutico
- alimentare
- incendi
ore 10,45
Coffee break
ore 11,15 – 11,35
- cosmetica
ore 11,35 – 11,55
- chimico di porto
ore 11,55 – 12,15
intervento di carattere generale del
Presidente del Consiglio Nazionale dei
Chimici Prof. Armando Zingales
ore 12,15
discussione
ore 13,00
Pranzo
Il Convegno è esteso a tutti gli Ordini territoriali.
Quota di partecipazione da definire.
Per maggiori informazioni contattare la segreteria
dell’Ordine dei Chimici della Toscana dal 30 agosto
p.v. al numero 055/4368753 o inviare una e-mail
all’indirizzo [email protected].
A settembre sarà inviato per posta elettronica a
tutte le segreterie degli Ordini Territoriali il
programma definitivo.
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
FECS«
Order Form: Environmental Science and Pollution Research (ESPR)
Special Subscription Rates EuCheMS (formerly FECS) - ESPR 2006
To personale members of the National Environmental Chemistry Divisions
of EuCheMS - MemberSocieties
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€ 425,00
€ 213,00
The prices are without Postage and value tax (7%)
Handing and Pastage: Europe: € 13,00; Germany: € 15,40; World wide/air mail € 26,20
Version 1
Version 2
Version 3
Version 4: Up to 3 users
Version 4: Unlimited
In the Federal Republic of Germany plus 7% VAT (value tax). EU customers only (1993 EC Directive): Non-VAT registered customers must pay VAT. If you are VAT-registered, please enter your VAT-registration number: _______________________________
I pay by
❑ credit card: Master/Diners/Visa/American Express (indicate company, card holder, card number and valid date)
❑ check made payable to ecomed publishers (Veriagsgruppe Hüthing Jehie Rehm GmbH)
❑ bank transfer: ecomed publishers (Veriagsgruppe Hüthing Jehie Rehm GmbH), Bay, Landesbank München
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» A S S O C I A Z I O N I E S I N D A C AT I
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Contributi previdenziali
Inedita richiesta ai laboratori dei chimici-clinici1
S
ono recentemente pervenuti a tutti
gli operatori della sanità accreditata,
già convenzionata, richieste di contributi
previdenziali a favore dell’Enpam,ovvero
della cassa di previdenza dei medici.
Tale obbligo contributivo si fa derivare
dalla applicazione di una legge,la 243/04,
che impone a tutte le società mediche
accreditate il versamento a favore
dell’Enpam riferito al totale del fatturato
prodotto nell’anno corrispondente.
Noi chimici, nella persona del SiChiLPsindacato dei chimici liberi professionisti, contestiamo una tale applicazione
che appare se non indebita almeno
non-costituzionalmente corretta.
Infatti se è vero che “tutti” i cittadini
sono tenuti a concorrere alle spese
pubbliche in ragione della loro capacità contributiva - art. 53 della Costituzione - l’applicazione de iure di un
istituto riservato al professionista e non
alla società, risulta inespressiva di capacità contributiva del soggetto obbligato al versamento.
Infatti secondo la richiesta pervenuta, il
contributo chiesto non è ancorato al
1
reddito del soggetto assicurato - il
medico per l’Empam, l’Epap per il chimico, ecc. – ma un soggetto giuridico
diverso: il fatturato del laboratorio
accreditato con il S.S.N.
Ma il contributo risulta incostituzionale
anche se riferito all’art. 38 della Cost.ne
ove si afferma il principio secondo il
quale l’assistenza privata è libera.
Il contributo viene ancorato ad un parametro quale il fatturato che è svincolato
dal reddito del professionista assicurato,
e quindi privo di quel nesso tendenziale
che caratterizza l’obbligo costituzionale.
D’altro canto il fatturato del laboratorio
non esprime la capacità contributiva
del professionista, unico soggetto che
il base all’art. 53 della Cost.ne è obbligato al versamento.
Ma vieppiù.
Il reddito prodotto da un soggetto accreditato - il laboratorio nel caso di specie è il risultato del lavoro concorrente di più
soggetti – chimici, medici, biologi, tecnici, ecc. - che , se soci, contribuiscono alla
formazione del fatturato in parola.
Se anche fosse possibile scorporare
tale fatturato - il che non è - ai soggetti
anzidetti, non si capisce la richiesta
dell’Enpam rivolta al totale dello stesso.
L’Ente di previdenza, infatti, nella sua
richiesta identifica il fatturato con il
medico che spesso non è neanche presente nella compagine societaria come
nel caso di effettuazioni di prestazioni
di analisi chimico-cliniche.
Altra incongruenza è quella relativa alla
richiesta del contributo solo alle società che operano in tale settori e non agli
altri soggetti singolarmente addetti,
con ciò contravvenendo al principio di
uguaglianza previsto dall’art. 3 della
Cost.ne Italiana.
In conclusione, se versamento alla
Previdenza deve esser fatto, giustizia e
coerenza vogliono che ogni soggetto
coinvolto debba poter versare alla propria Cassa, cosa che allo stato attuale
della richiesta non è.
Riteniamo che sia ora che l’Epap faccia la
sua parte coinvolgendo quanti di dovere
affinché si faccia chiarezza in un campo,
quello previdenziale, che incide sulle
aspettative pensionistiche dei chimici.
Antonio Ribezzo maggio 2006
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Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
DAI CONSIGLIERI«
Principio di precauzione: tra
Cautela e Ragionevolezza.
Un richiamo alla
responsabilità per i tecnici
di TOMASO MUNARI
A
i più addentro alle questioni
ambientali non è sicuramente passata inosservata l’emanazione, pubblicazione ed entrata in vigore (con una
metafora calcistica già “a tempo scaduto”) del D. Lgs. 152-2006 il nuovo “Testo
Unico” sull’ambiente.
Lasciando ad altra sede l’analisi di dettaglio del ponderoso documento mi
preme porre l’attenzione sulla Parte
Sesta del TU, quella relativa al “danno
ambientale” e più precisamente il riferimento al “Principio di Precauzione”1.
Nella normativa Italiana erano già,
ovviamente, presenti molti degli aspetti organizzati nel nuovo articolato, ma
non risulta che fosse mai stato fatto un
riferimento esplicito al “Principio di
Precauzione”2.
Sinceramente riferirsi a questo Principio quando si legifera sul “danno
ambientale” e sulle responsabilità degli
operatori3 non pare per nulla corretto.
Ritengo che, anche con tutti i richiami4
alle interpretazioni ufficiali europee su
cosa debba intendersi per “Principio di
Precauzione”, questo riferimento sia
l’ennesimo chiodo sulla bara della
ragionevolezza e sul rigore scientifico.
1
Prima di addentrarsi nella questione
ritengo sia necessario effettuare una
digressione su cosa effettivamente
debba intendersi per “Principio di
Precauzione”5.
In più occasioni la normativa Europea
ha fatto riferimento al “Principio”,
soprattutto in ambito sanitario6 ma
sfortunatamente, al momento della
prima introduzione, non venne chiaramente definito che cosa dovesse intendersi con questo.
Nel 2000 la Commissione Europea, su
indicazione del Consiglio, sentì la necessità di chiarire che cosa si dovesse intendere con questo “Principio” e quando
fosse corretto fare riferimento a questo7.
In sintesi, “secondo la Commissione, il
principio di precauzione può essere invocato quando gli effetti potenzialmente
pericolosi di un fenomeno, di un prodotto
o di un processo sono stati identificati
tramite una valutazione scientifica e
obiettiva, (…) [e] questa valutazione non
consente di determinare il rischio con
sufficiente certezza. Il ricorso al principio
si iscrive pertanto nel quadro generale
dell’analisi del rischio.
La Commissione sottolinea che il princi-
pio di precauzione può essere invocato
solo nell’ipotesi di un rischio potenziale, e
che non può in nessun caso giustificare
una presa di decisione arbitraria.
Il ricorso al principio di precauzione è
pertanto giustificato solo quando riunisce tre condizioni, ossia: l’identificazione
degli effetti potenzialmente negativi, la
valutazione dei dati scientifici disponibili
e l’ampiezza dell’incertezza scientifica.”8
Inoltre la Commissione Europea indica
che le misure risultanti dal ricorso al
principio di precauzione devono essere
proporzionate e successive ad una
oggettiva valutazione del rischio.
Chiarito cosa, a livello europeo, si intenda per “Principio di Precauzione”, e
quando sia sensato fare riferimento a
questo, ritorniamo al nostro problema
normativo.
Pur riconoscendo che quanto affermato dalla Commissione Europea è brevemente richiamato dal testo Unico
all’art. 301, comma 29, l’avere associato,
in una coabitazione forzata, le azioni di
Prevenzione e Ripristino [in caso di
danno ambientale] con gli adempimenti amministrativi da seguire in caso
di evidente, o sospetta, contaminazio-
TU: Art. 301 (Attuazione del principio di precauzione).
Principio enunciato nel Trattato di Amsterdam (1997) nella sua modifica al Trattato di Istituzione della Comunità Europea.
Il principio di precauzione è affermato, ma non definito, al comma 2 dell’art. 174 del trattato Istitutivo della CE “…[La politica ambientale Comunitaria] è fondata
sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga».”
3
Definiti dal TU all’art. 302, comma 4.
4
TU art. 301 comma 2, comma 4 e comma 5.
5
I riferimenti riportati sono tutti relativi a documenti ufficiali UE.
6
In particolare Art. 7 del REGOLAMENTO (CE) N. 178/2002 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 28 gennaio 2002 che stabilisce i principi e i requisiti
generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.
7
Comunicazione della Commissione al Consiglio sul principio di precauzione (Com 2000/0001) http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2000:0001:FIN:IT:PDF
8
Sicurezza dei Prodotti Alimentari - Strategia Europea in materia di Sanità: http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l32042.htm
9
quando il legislatore afferma, in relazione al ricorso a misure di protezione nei confronti di pericoli - anche solo potenziali - per l’ambiente, che “L’applicazione del
principio (…) concerne il rischio che comunque possa essere individuato a sèguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva”
2
19
20
»DAI CONSIGLIERI
ne ambientale10, precedendo tutto
questo con un riferimento al “Principio
di Precauzione”, (esplicitato anche in un
potere del Ministro dell’Ambiente di
adottare - in qualsiasi momento in
applicazione di detto principio - misure
di prevenzione) è, a mio parere, un
cocktail esplosivo che potrà creare non
pochi appigli per irragionevoli posizioni ultra cautelative.
Per quale motivo?
Perché l’interpretazione “corrente” del
Principio di Precauzione così come ogni
riferimento al “Principio della Cautela”, in
ambito ambientale, non sono coerenti
con quanto definito in sede europea,
essendo molto spesso utilizzati, strumentalmente, per inficiare qualsiasi
valutazione scientifica oggettiva in
materia sanitaria ed ambientale.
Questo deriva dal fatto che, invece di
considerare le valutazioni in materia
ambientale un campo strettamente
riservato agli esperti, esse sono erroneamente contemplate nell’ambito del
senso comune.
E’ un fatto incontrovertibile che la maggior parte delle persone ritiene che si
possa seriamente discutere di ambiente
(o se per questo di salute) anche senza
alcuna preparazione scientifica specifica.
Orbene mentre è assolutamente chiaro
il perché alcune questioni (quali l’ambiente, l’economia, la salute, o la pace
nel mondo) possano essere di interesse
comune; sfugge completamente per
quale motivo alcune di esse siano
diventate patrimonio dei “discorsi da
Bar/Osteria/Barbiere” alla stregua del
calcio o del tempo atmosferico11.
Questo “qualunquismo” ambientale
porta con se un pesante fardello: molto
spesso le norme ambientali sono dettate da persone prive di competenze
specifiche12 ed allo stesso modo le attività in ambito ambientale (sia imprenditoriali che di verifica e controllo) sono
perseguite da soggetti non sempre
dotati delle competenze necessarie.
L’esproprio dall’ambito tecnico della
materia ambientale ha come risultato
10
l’incapacità da parte del sistema-nazione di comprendere la reale consistenza
dei problemi ambientali, dai più insignificanti a più grandi, portando ad una
valutazione delle problematiche ambientali non già per la loro dimensioni
effettive ma piuttosto per la loro rispondenza all’interpretazione letterale della
norma (troppo spesso scritta in un italiano confuso ed approssimativo).
Tutto ciò ha come risultato il dispendio
indistinto e non focalizzato delle risorse
temporali ed economiche, in perfetta
antitesi con uno dei principi cardine dell’ambiente, l’uso oculato delle risorse.
Come se non bastasse questo substrato diventa terreno fertile per posizioni
demagogiche portate avanti da catastrofisti, sedicenti esperti in materia
ambientale, e/o àncora di salvezza per
amministratori e funzionari non particolarmente competenti o politici in
cerca di facili consensi.
Ritengo quindi assolutamente necessario un recupero da parte degli esperti veri, e il Chimico lo è per formazione
culturale, della funzione oggettivarazionale-scientifica, in materia ambientale. Il recupero da parte dei tecnici della posizione discriminante di filtro
oggettivo per ogni valutazione in
campo ambientale deve essere ribadita
e difesa in ogni sede: quando si devono
“produrre” nuove norme;
quando si devono rispettare;
quando si devono far rispettare.
Altresì voglio richiamare la responsabilità, dei tecnici presenti in ogni sede, di
“riattivare il cervello” e, se del caso, portare avanti un’opera informativa/divulgativa ogni qual volta una questione
ambientale viene affrontata in maniera
approssimativa.
Ritornando al TU, il riferimento al
“Principio di Precauzione” non può, e
non deve,essere inteso in antitesi ad una
valutazione scientifica ragionata dei problemi ambientali, ma deve avere valore
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
di ulteriore stadio di valutazione nel
caso in cui le verifiche scientifiche
oggettive non portino a risultati conclusivi. Queste valutazioni possono e devono condizionare gli indirizzi e le linee
guida delle norme per la tutela della
salute e dell’ambiente ma nulla hanno a
che vedere con la valutazione preliminare da realizzare in caso di eventi potenziali di contaminazione ambientali e/o
addirittura metro di giudizio nella quantificazione di un danno ambientale.
A conclusione si rimanda ancora a
quanto indicato dalla Commissione
Europea in relazione agli orientamenti
da seguire nel ricorso al “Principio di
precauzione”:
“L’attuazione di una strategia basata sul
principio di precauzione dovrebbe iniziare con una valutazione scientifica quanto più completa possibile, identificando
in ciascuna fase il grado di incertezza
scientifica.”
“Una valutazione scientifica degli effetti
potenzialmente negativi dovrebbe essere
adottata sulla base dei dati disponibili nel
momento in cui si considera se siano necessarie misure volte a proteggere l’ambiente
e la salute umana, animale o vegetale.”
“Tutte le parti in causa dovrebbero essere
coinvolte nel modo più completo possibile nello studio delle varie opzioni di
gestione del rischio, una volta che i risultati della valutazione scientifica e/o della
valutazione del rischio siano disponibili.
La procedura dovrebbe essere quanto
più possibile trasparente.”
Invocare il principio di precauzione non
consente (…) di derogare ai principi
generali di una buona gestione dei rischi.
I principi generali comportano:
· la proporzionalità,
· la non discriminazione,
· la coerenza,
· l’esame dei vantaggi e degli oneri derivanti dall’azione o dalla mancanza di
azione,
· l’esame dell’evoluzione scientifica.13
Art. 304 e riferimento a questo nell’art. 242.
NB: Il fatto che molti, senza alcun riferimento a dati reali, si sentano in diritto di dichiarare che “non ci sono più mezze stagioni” potrebbe essere una delle cause
primigenie dell’approccio superficiale ai problemi climatici/ambientali (!)
12
Esempi di questo sono: la fissazione di valori numerici/tabellari senza alcun riferimento a metodiche analitiche, a valori di fondo naturali, o alle fonti scientifiche
da cui sono desunte; o al contrario con riferimenti a norme tecniche di fatto del tutto inapplicabili, ed inapplicate per la loro complessità, nella prassi giornaliera (ad es. UNI 10802 per il campionamento dei rifiuti).
13
Vedi nota 7
11
DAI CONSIGLIERI«
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Presentazione di alcune
novità introdotte dal T.U.
nella parte IV relativa ai rifiuti
di DOMENICO MENCARELLI
I
punti salienti dell’ultima versione, di
maggiore interesse per il Professionista chimico, sono rappresentati
dai seguenti titoli.
» 1°) “Alleggerimento” dei
rifiuti industriali soggetti
alla disciplina.
Dal disposto degli artt. 181, commi 4, 7,
12, 13, 14, 183, si deduce una delegificazione della gestione dei rifiuti per i produttori, in quanto:
Al comma 14:“i soggetti che producono,
trasportano e utilizzano materie prime
secondarie, combustibili, prodotti nel
rispetto di quanto previsto dal presente
articolo non sono sottoposti alla normativa dei rifiuti a meno che non se ne disfi,
non abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsene” quindi pertanto una materia
dopo una operazione di recupero può
essere utilizzata come prodotto e così
viene sottratta alla condizione di rifiuto
con il solo unico limite che abbia le
caratteristiche che verranno fissate in
futuri decreti governativi.;
L’Art. 183, lett. H): include anche la semplice operazione di “cernita” tra le operazioni di recupero, dopo della quale
un rifiuto potrebbe quindi diventare
materia prima;
L’ Art. 183, lettera n) introduce la definizione di “sottoprodotto” non soggetto
alla disciplina dei rifiuti quando è riutilizzato direttamente dall’impresa che
lo ha prodotto o commercializzato a
condizioni economicamente favorevoli, per il consumo o per l’impiego, in un
successivo processo produttivo senza
la necessità di operare “trasformazioni
preliminari”, che ora vanno intese come
qualsiasi operazione che faccia perdere
al rifiuto la sua identità e le sue caratteristiche merceologiche. Ne consegue
che qualsiasi operazione che non muta
le caratteristiche merceologiche del
rifiuto non viene considerata trattamento e pertanto legittima l’esclusione
dalla normativa dei rifiuti.
Art. 181, commi 4 e 7 introduce “accordi di programma” tra soggetti economici interessati al fine di favorire forme di
recupero che consente agli stessi di
derogare alla normativa dei rifiuti.
» 2°) Estensione della
definizione di “raccolta
differenziata”
L’Art. 183, c. 1, punto f ) definisce la “raccolta differenziata”: raccolta idonea,
secondo i criteri di economicità, efficacia,
trasparenza ed efficienza, a raggruppare i
rifiuti urbani in frazioni merceologiche
omogenee, al momento della raccolta
e/o al momento della lavorazione, compresa la frazione organica umida, destinata al recupero”. Viene posposta la R.D.
anche al momento della lavorazione,
per cui è R.D. anche quella “multimateriale”. Di fatto questo legittima la scelta
di non sovraccaricare il cittadino con
una miriade di frazioni differenti di rifiuti da discriminare, permettendo la separazione di alcune tipologie anche a
posteriori (es. metallo-vetro-plastica).
Essa è inoltre finalizzata al recupero non
soltanto di materia prima ma, implicitamente, anche al recupero di energia.
Si introduce pertanto il concetto di
recupero di energia.
» 3°) Ampliamento del
concetto di “deposito
temporaneo”.
All’art. 183, c. 1, lett. m) viene completamente ribaltata la posizione della giurisprudenza di Cassazione in quanto si
Si ringrazia il collega Tomaso Munari per la collaborazione prestata
stabilisce che il rispetto dei limiti quantitativi e i limiti temporali costituiscono
“due diverse modalità alternative a scelta del produttore”, alleggerendosi così la
disciplina dei controlli.
Inoltre ai sensi dell’art. 208, c. 17, si ipotizza il “deposito temporaneo” anche se
gestito da un soggetto diverso dal produttore, purché autorizzato, Il produttore viene pertanto esonerato da qualsiasi responsabilità.
Anche questa norma è positiva in
quanto fa chiarezza su posizioni che
in passato hanno ingenerato un
certo numero di interpretazioni discordanti.
» 4°) Catasto rifiuti
All’art. 189 si introduce come novità l’esonero dall’obbligo di comunicazione
annuale delle imprese ed enti che recuperano rifiuti non pericolosi (tutti, non
solo gli imprenditori artigiani con
meno di tre dipendenti), che tuttavia
hanno l’obbligo di tenere il registro di
carico e scarico (obbligo dal quale
erano prima esonerati).
Questa norma in linea di massima è
da ritenersi migliorativa rispetto alla
precedente in quanto il numero di
dipendenti non influenza di certo la
natura peculiare di un rifiuto.
» 5°) Registro di carico
e scarico
Sono ora soggetti a tale adempimento
anche gli artigiani con meno di tre
dipendenti. Comunque i termini dell’adempimento vengono ulteriormente
allungati (da 7 a 10 giorni per produttori, intermediari e trasportatori, da 24
ore a 2 giorni lavorativi per i gestori).
Si concorda con la norma più snella
21
22
»DAI CONSIGLIERI
anche se si sarebbe dovuto ben specificare per i sanitari la tempistica di
registrazione.
» 6°) Formulario di
identificazione per il
trasporto
Le novità introdotte dall’art. 193, con le
quali si concorda riguardano:
l’esenzione per i trasporto di rifiuti che
non superi i 30 chili o 30 litri al giorno
effettuati dal produttore viene limitata
ora solo ai trasporti di “rifiuti non pericolosi effettuati in modo occasionale
o saltuario dal produttore”;
scompare il limite di 30 Kg o litri inteso
come “giornaliero” che invece ora
diventa di 30 Kg/litri ad ogni singolo
trasporto;
si consente ricorso durante il trasporto
a “soste tecniche purché siano dettate da
esigenze di trasporto e non superino le 48
ore, escludendo dal computo i giorni
interdetti dalla circolazione”, eludendosi
così il divieto di stoccaggio durante il
trasporto sostenuto invece più volte
dalla Cassazione.
Non si concorda di contro con la completa deregulation introdotta dalla novità:
si estende l’esenzione dall’obbligo al
trasporto dei fanghi per l’agricoltura.
» 7°) Albo Nazionale
Gestori Ambientali.
Con l’art. 212:
si reintroduce l’obbligo di iscrizione
per “le imprese che esercitano la raccolta
e trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare nonché le imprese che trasportano i propri
rifiuti pericolosi che non eccedono i 30
chilogrammi al giorno o i 30 litri al giorno” che però sono iscritte all’Albo “a
seguito di una semplice scritta, senza che
la richiesta sia soggetta a valutazione
relativa alla capacità finanziaria e alla
idoneità tecnica e senza che vi sia l’obbligo di nomina del responsabile tecnico”;
si attribuisce all’Albo la competenza
delle iscrizioni alle procedure semplificate che oggi sono effettuate presso le
Province, le quali comunque conservano il loro potere di controllo.
Norma tutto sommato valida benché
di fatto si esautorino le Province di
alcune competenze loro peculiari
come organo istituzionale di controllo.
Ciò fa scaturire però l’indubbio vantaggio di una gestione unitaria ed
organica dell’iter autorizzatorio.
» 8°) Autorizzazioni
e iscrizioni
All’art. 208 si prevede:
una autorizzazione unica sia per la
costruzione dell’impianto che per la
gestione dell’attività;
la durata dell’autorizzazione passa da 5
a 10 anni;
alla scadenza, in caso di mancata risposta dopo la domanda di rinnovo, l’attività può proseguire fino alla pronuncia
espressa;
particolari agevolazioni sono previste
in caso di rinnovo per le imprese registrate EMAS e ISO 14001;
le autorizzazioni devono essere comunicate all’Albo Gestori che redige un elenco accessibile anche per via informatica.
» 9°) Assimilazione dei
rifiuti urbani
Con l’art. 195, c.2, lett. e), relativa alle
competenze dello Stato, si introduce
una importante novità relativamente
alla possibilità di assimilazione ai rifiuti
urbani dei rifiuti prodotti dalle attività
industriali, che, secondo le previsioni del
legislatore, viene ridotta solo ai rifiuti
prodotti negli uffici e nelle mense, escludendone i rifiuti che si formano nelle
aree industriali. Inoltre l’assimilazione
sarà possibile solo per le imprese con
superfici limitate anche in rapporto alla
popolazione dei comuni di residenza.
Si concorda parzialmente con la
norma che sancisce definitivamente
la differenza tra rif. urbano ed altro.
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Ciò porta con se l’inevitabile diminuzione, almeno apparente, dell’impegno del chimico nell’emissione delle
certificazioni di assimilabilità
» 10°) Autorità d’ambito
Nella testo di decreto una parte importante viene occupata dalla disciplina
del servizio integrato di gestione dei
rifiuti urbani (art. 148) che prevede la
nascita di una autorità d’ambito territoriale ottimale della “Autorità d’Ambito”,
cioè di una struttura dotata di personalità giuridica alla quale gli enti locali
partecipano obbligatoriamente e alla
quale è demandata l’organizzazione,
l’affidamento e il controllo del servizio
di gestione integrata di rifiuti, che nello
specifico consiste nelle seguenti attività: realizzazione degli impianti, gestione
del servizio di raccolta, raccolta differenziata, trasporto commercializzazione e smaltimento di tutti i rifiuti urbani
e assimilati prodotti all’interno dell’ATO.
L’intera organizzazione del servizio
viene ora agganciata alla normativa
relativa alla riforma dei servizi pubblici
locali, con l’intento prioritario di garantire il rispetto delle normative nazionali e comunitarie sull’evidenza pubblica,
pertanto la scelta del soggetto affidatario del servizio di gestione integrata
dovrà avvenire obbligatoriamente con
evidenza pubblica.
Nella fase transitoria i soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla
data di entrata in vigore di queste nuove
regole, potranno continuare a gestirlo
fino alla costituzione del servizio da
parte dell’autorità d’Ambito e comunque fino alla scadenza posta dal D.Lgs.
267/2000, cioè fino al 31 dicembre 2006,
poiché la normativa sui servizi pubblici
locali stabilisce che a tale data dovranno
cessare tutti i servizi che non sono stati
acquisiti o con gara, o, se anche attribuiti in via diretta, purché gestiti da società
interamente pubblica, o da società
mista con socio privato scelto tramite
procedura di evidenza pubblica.
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
DAI CONSIGLIERI«
Osservazioni relative al decreto legislativo recante
Norme in materia ambientale
parte quarta “Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica
dei siti inquinati”
di DOMENICO MENCARELLI
I
l decreto legislativo ha raccolto in un
unico strumento legislativo la disciplina dei rifiuti. Non appare che tale finalità
sia stata compiutamente perseguita. Si
ritiene infatti che la proposta sia incompleta e non sempre chiara e talora in
contrasto con i disposti dell’Unione
Europea.
In tale scenario, nel contesto di un articolato che pure prospetta innovazioni
legali interessanti, sono avanzate per
gli articoli ritenuti meno chiari e/o
incompleti, alcune considerazioni di
merito circa il contenuto, tenuto anche
conto del fatto che il testo approvato
potrebbe anche contenere riferimenti
a norme abrogate, dichiarate anticostituzionali o attualmente oggetto di contenzioso con le istituzioni europee.
» Considerazioni di merito
Articolo 181 “Recupero dei rifiuti”
Al c. 4 è previsto che “Le autorità competenti promuovono e stipulano accordi e
contratti di programma con i soggetti
economici interessati e con le associazioni
di categoria rappresentative dei settori
interessati, al fine di favorire il riutilizzo, il
reimpiego, il riciclaggio e le altre forme di
recupero dei rifiuti, nonché l’utilizzo di
materie prime secondarie, di combustibili
o di prodotti ottenuti dal recupero dei
rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata….. detti accordi e contratti di programma potranno….. stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi nel rispetto delle norme comunitarie e con il ricorso a strumenti economici.”
Il c. 7 specifica inoltre che “le imprese o le
associazioni rappresentative, .… possono
stipulare con il MATT, di concerto con il
MAP,appositi accordi di programma… per
definire i metodi di recupero dei rifiuti destinati all’ottenimento delle materie prime
secondarie, di combustibili o di prodotti.”
Il c. 12 prevede che “La disciplina in
materia di gestione dei rifiuti si applica
fino al completamento delle operazioni
di recupero, che si realizza quando non
sono necessari ulteriori trattamenti perché le sostanze, i materiali e gli oggetti
ottenuti possano essere usati in un processo industriale o commercializzati
come materia prima secondaria, combustibile o come prodotto riciclato da collocare, a condizione che il detentore non se
ne disfi, non abbia intenzione o non
abbia l’obbligo di disfarsene”.
Al comma 14 è previsto infine che “i
soggetti che producono, trasportano o
utilizzano materie prime secondarie,
combustibili o prodotti nel rispetto di
quanto previsto dal presente articolo,
non sono sottoposti alla normativa sui
rifiuti, a meno che se ne disfino, abbiano
deciso o abbiano l’obbligo di disfarsene”.
Commenti
Si evidenzia che, sulla base di quanto
esposto, mediante l’Accordo o il contratto sarebbe possibile stabilire adempimenti amministrativi per la raccolta, la
messa in riserva e il trasporto dei rifiuti
diversi da quelli previsti dalla normativa
tecnica nazionale. Ne deriva come
peraltro specificato dal comma 12 e dal
comma 14, che i soggetti beneficiari
non sarebbero sottoposti alla normativa sui rifiuti con la conseguente sottrazione di notevoli quantità di rifiuti dal
regime di controlli.
Il testo, non tenendo conto dell’obiettivo di un miglioramento ambientale
che un Accordo di programma dovrebbe perseguire, sembra consentire a
coloro che aderiscono agli Accordi di
sottrarsi ad ogni regolamentazione.
Ciò sembrerebbe in contrasto con il
dettato comunitario, anche per l’illegittima definizione di “materie prime
secondarie”, che causa una difformità di
applicazione delle norme da settore
produttivo a settore produttivo con
l’aggravante della eliminazione di controlli sul ciclo di gestione dei rifiuti.
Inoltre dall’art. 181 si evince (c.10) che
sarà l’Albo Nazionale Gestori Ambien-
tali (articolo 212) la struttura destinata a
raccogliere le informazioni, senza chiarire un coordinamento con le Province
che, fino ad ora, raccoglievano le informazioni in merito alle aziende che effettuano il recupero di rifiuti in procedura
semplificata.
Sembrano perciò carenti i commi 7 – 9
– 10 e si ritiene utile il coordinamento
dell’art. 181 con le modifiche richieste
in ordine alla definizione di rifiuto nell’ambito dei commenti all’articolo 183.
Conclusioni
Ne deriva, da un punto di vista pratico, che una materia, dopo una operazione di recupero può essere utilizzata come prodotto e così viene sottratta alla condizione di rifiuto con il
solo unico limite che abbia le caratteristiche che verranno fissate in
futuri decreti governativi.
Articolo 182 “Smaltimento dei rifiuti”
Il c. 1 prevede che lo smaltimento dei
rifiuti sia effettuato “in condizioni di
sicurezza previa verifica dell’impossibilità tecnica ed economica della esperibilità delle operazioni di recupero di cui
all’art. 5” del decreto medesimo, senza
chiarire peraltro quale sia il soggetto
deputato a tale verifica, che peraltro
risulterà ancor più complicata se si considera che ogni singola impresa, in
base a quanto stabilito dal summenzionato articolo 5, potrebbe concordare,
nell’ambito dei singoli accordi e contratti di programma stipulati con il
MATT, diverse modalità tecniche con
cui effettuare il recupero dei rifiuti. Si
potrebbe verificare il caso che la stessa
tipologia di rifiuto, recuperata nell’ambito di processi produttivi diversi,
possa essere sottoposta a diverse
modalità di raccolta, ed a differenti
adempimenti amministrativi per la raccolta e per la messa in riserva.
Il c. 3 lettera a) prevede l’obbligo di
autosufficienza degli impianti per lo
smaltimento dei rifiuti urbani non peri-
23
24
»DAI CONSIGLIERI
colosi negli ambiti territoriali ottimali,
con il rischio di provocare una abnorme crescita di impianti sul territorio.
Questa è una logica che non tiene in
nessun conto dei criteri di efficacia, efficienza ed economicità di gestione.
Il c. 5 prevede che “E’ vietato smaltire i
rifiuti urbani non pericolosi in regioni
diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti…. Sono esclusi dal divieto le frazioni
di rifiuti urbani raccolte in modo differenziato per le quali è sempre permessa la
libera circolazione sul territorio nazionale
al fine di favorire quanto più possibile il
loro recupero, privilegiando il concetto di
prossimità agli impianti di recupero”.
Il secondo periodo appare equivoco,
poiché induce a pensare di poter eludere quanto disposto dal primi periodo.
Il c. 8 permette addirittura lo smaltimento della FOS prodotta dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani
negli impianti di depurazione delle
acque reflue.
Conclusioni
Ciò appare incongruo dal punto di
vista tecnico
Articolo 183 “ Definizioni”
Comma 1
Lettera f: la “raccolta differenziata” è
definita come “la raccolta idonea, secondo i criteri di economicità, efficacia, trasparenza ed efficienza, a raggruppare i
rifiuti urbani in frazioni merceologiche
omogenee, al momento della raccolta
e/o al momento della lavorazione compresa la frazione organica umida, destinate al recupero”.
La definizione include pertanto anche le
frazioni provenienti dalla “lavorazione”
(compresa la fazione organica umida).
Ma cosa si intende con il termine lavorazione? Se tale definizione, come da una
prima interpretazione, dovesse ricomprendere nella R.D. anche le frazioni
merceologiche ottenute dalla selezione
meccanica del rifiuto indifferenziato,
verrebbe scoraggiata di fatto la raccolta
differenziata e sarebbero complicate le
successive, delicate ed importanti operazioni di recupero di materia.
Conclusioni:
La R.D. è tale anche al momento della
lavorazione, per cui è R.D. anche
quella multimateriale, ed essa è inoltre finalizzata al recupero non soltanto di materia prima, ma implicitamente anche di energia.
Lettera g: la definizione di “smaltimento”, pur facendo riferimento alle operazioni previste nell’allegato B, viene integrata con una formulazione equivoca:
“ogni operazione finalizzata a sottrarre
definitivamente una sostanza, un materiale o un oggetto dal circuito economico
e/o di raccolta”. Sembrerebbe che non
solo un rifiuto ma anche una “sostanza,
un materiale o un oggetto dal circuito
economico” possa di fatto rientrare nel
campo di applicazione della disciplina
sui rifiuti anche con la possibilità di prescindere dalla fase di raccolta.
Commenti
Si sente la necessità di una formulazione più chiara.
Lettera n: viene introdotta ex novo una
definizione di “sottoprodotto”. che non
trova riscontro nella legislazione comunitaria né in quella nazionale. Le medesime osservazioni valgono per la definizione di “materia prima secondaria”
(lettera q); le materie prime secondarie
vengono escluse anch’esse dal regime
dei rifiuti già ai sensi dell’art. 181
comma 14 a condizione che vengano
disciplinate da apposite norme tecniche o accordi di programma, che ne
garantiscano comunque la tracciabilità
fino all’impianto di effettivo reimpiego
(art. 181 comma 7).
Conclusioni:
Dalla lett. n) si evince una definizione
di “sottoprodotto” non soggetto alla
disciplina dei rifiuti quando è riutilizzato direttamente dall’impresa che lo
ha prodotto o commercializzato a condizioni economicamente favorevoli,
per il consumo o per l’impiego, in un
successivo processo produttivo senza
la necessità di operare “trasformazioni
preliminari”, che ora vanno intese
come qualsiasi operazione che faccia
perdere al rifiuto la sua identità e le
sue caratteristiche merceologiche,. Ne
consegue che qualsiasi operazione che
non muta le caratteristiche merceologiche del rifiuto non viene considerata
trattamento e pertanto legittima l’esclusione dalla normativa dei rifiuti.
Lettera o: la definizione di “frazione
umida” ricomprende anche la parte che
proviene dalla selezione/trattamento dei
rifiuti urbani, cioè anche le frazioni merceologiche ottenute dalla selezione meccanica del rifiuto indifferenziato, scoraggiando di fatto la raccolta differenziata e
complicando notevolmente le successive
operazioni di recupero di materia.
Conclusioni
Sarebbe opportuna una definizione che
specifichi la frazione umida come rifiuto
organico putrescibile proveniente da
selezione/trattamento di RSU.
Lettera p: nella definizione di “frazione
secca”vengono utilizzati i termini “ bassa
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Putrescibilità.… basso tenore di umidità…. rilevante contenuto energetico”
senza specificare alcun riferimento
numerico neanche per il Potere Calorifico Inferiore, con la conseguenza di
ricomprendere nella R.D. anche le frazioni merceologiche ottenute dalla selezione meccanica del rifiuto indifferenziato.
Commenti:
Si ritiene opportuno che fossero stati
indicati valori di riferimento di putrescibilità, umidità, potere calorifico.
Lettera t: per definire contenuti e usi
del “compost da rifiuti” (compreso il
compost grigio da FOS – come da lettera o di questo stesso comma) viene
prevista l’emanazione di apposite
norme tecniche.
Commenti
Sarebbe stato sufficiente prevedere
quale debba essere la destinazione
della FOS (non certo l’invio a impianti
di depurazione - art.182, comma 7).
Articolo 186 “Terre e rocce da scavo”
Appare inopportuno reintrodurre la
disposizione, già dettata dalla Legge
“Lunardi” (21 dicembre 2001, n. 443),
che esclude dal campo di applicazione
della disciplina dei rifiuti le “terre e rocce
da scavo”. Si cita in merito il recente
Ricorso della Commissione della
Comunità Europea contro la Repubblica italiana, del 2 maggio 2005 (causa
C-194/05) che ha stabilito quanto
segue: “La Commissione europea ritiene
che la Repubblica italiana, nella misura
in cui ha escluso le terre e le rocce da
scavo destinate all’effettivo riutilizzo per
reinterri, riempimenti, rilevati e macinati,
dall’ambito di applicazione della disciplina nazionale sui rifiuti, è venuta meno
agli obblighi che le incombono in virtù
dell’articolo 1(a) della Direttiva
74/442/CEE sui rifiuti come modificata
dalla Direttiva 91/156/CE”.
Commenti
L’intero articolo 186 appare dunque
in contrasto con la CEE.
Articolo 189 “Catasto dei rifiuti”
Il c.3 elimina l’obbligo per i produttori di
rifiuti speciali non pericolosi di presentare la dichiarazione MUD. Tale esonero
appare in contrasto con i doveri di divulgazione delle informazioni assegnati al
catasto dei rifiuti nel medesimo articolo.
Conclusioni
Si introduce come novità l’esonero
dall’obbligo di comunicazione annuale delle imprese ed enti che recuperano rifiuti non pericolosi (tutti,
non solo gli imprenditori artigiani
con meno di tre dipendenti), che tut-
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
tavia hanno l’obbligo di tenere il registro di carico e scarico (obbligo dal
quale erano prima esonerati).
Il c. 5 soffre di una cattiva formulazione
laddove fa riferimento ai “soggetti istituzionali responsabili del servizio di gestione
integrata dei rifiuti urbani e assimilabili”
per la comunicazione di dati che riguardano la produzione di rifiuti urbani e
speciali raccolti nel proprio territorio.
Commenti
Si avverte la necessità di chiarire se
detti soggetti siano, in realtà, i soggetti affidatari del servizio di gestione integrata dei rifiuti di cui all’articolo 202.
Artico 193 “Trasporto dei rifiuti”
Il c. 4 precisa che non costituiscono attività di trasporto le attività di conferimento dei rifiuti urbani presso le aree
ove sono collocati i contenitori adibiti
alla raccolta dei rifiuti urbani.
Commenti
Si ritiene tuttavia opportuno l’inserimento, alla fine del comma 4, delle
parole “né alle attività di conferimento dei rifiuti urbani presso le aree ove
sono collocati i contenitori adibiti alla
raccolta dei rifiuti urbani”.
Il c. 8 esclude dall’obbligo di compilare
il formulario i trasportatori di fanghi,
creando le condizioni per eludere
qualsiasi controllo.
Conclusioni
Le novità introdotte dall’art. 193
riguardano:
l’esenzione per il trasporto di rifiuti
che non superi i 30 chili o 30 litri al
giorno effettuati dal produttore viene
limitata ora solo ai trasporti di “rifiuti
non pericolosi effettuati in modo occasionale o saltuario dal produttore”;
scompare il limite di 30 Kg o litri
inteso come “giornaliero” che invece
ora diventa di 30 Kg/litri ad ogni singolo trasporto;
si estende l’esenzione dall’obbligo al
trasporto dei fanghi per l’agricoltura;
si consente ricorso durante il trasporto a “soste tecniche purché siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le 48 ore, escludendo dal computo
i giorni interdetti dalla circolazione”,
eludendosi così il divieto di stoccaggio durante il trasporto sostenuto
invece più volte dalla Cassazione.
Articolo 195 “Competenze dello Stato”
Si evidenziano, di seguito, alcune attribuzioni affidate alle competenze dello
Stato che potrebbero creare elementi
di criticità.
DAI CONSIGLIERI«
Comma 1
- lettera l) l’individuazione di obiettivi di
qualità dei servizi di gestione dei rifiuti;
- lettera m) la determinazione di criteri
generali per la elaborazione dei piani
regionali di cui all’articolo 199, con particolare riferimento alla determinazione,
d’intesa con la Conferenza Stato Regioni,
delle linee guida per la individuazione
degli Ambiti Territoriali Ottimali da costituirsi ai sensi dell’articolo 200 ed il coordinamento dei piani stessi;
- lettera n) la determinazione, relativamente all’assegnazione della concessione del servizio integrato per la gestione
integrata dei rifiuti, d’intesa con la
Conferenza Stato-Regioni delle linee
guida per la definizione, con procedura
ad evidenza pubblica, delle gare d’appalto e dei relativi capitolati, anche con riferimento agli elementi economici relativi
gli impianti esistenti;
- lettera o) la determinazione, d’intesa
con la Conferenza Stato-Regioni, delle
linee guida inerenti le forme ed i modi
della cooperazione fra gli enti locali,
anche con riferimento alla riscossione
della tassa sui rifiuti urbani ricadenti nel
medesimo ambito territoriale ottimale,
secondo criteri di trasparenza, efficienza,
efficacia ed economicità;
- lettera q) l’indicazione dei criteri generali per l’organizzazione e l’attuazione della
raccolta differenziata dei rifiuti urbani.
Commenti
I succitati compiti appaiono in contrasto con le competenze regionali e
con quelle delle Autorità d’ambito
che dovranno disciplinare il servizio
integrato di gestione dei rifiuti urbani ai sensi dell’articolo 201.
In particolare lo Stato non ha competenze per definire le Linee Guida, di
competenza regionale, in materia di:
• Gare.
Si evidenzia infatti il contrasto con
quanto previsto dalla sentenza
272/2004 della Corte costituzionale in
materia di ripartizione di competenze
fra Stato e Regioni, sentenza secondo la
quale lo Stato deve limitarsi ad indicare
le forme di gestioni compatibili con i
principi di concorrenza, lasciando alle
Regioni la disciplina specifica sulle
modalità di gara e di affidamento.
Commenti
Si riterrebbe pertanto opportuna l’eliminazione, alla lettera n) del
comma 1. Di conseguenza va eliminato il riferimento riportato al
comma 1 dell’art 203.
Alla lettera g) “competenza a definire un
Piano nazionale di comunicazione e
conoscenza ambientale… da inserire nel
Documento di Programmazione economica e finanziaria”
Commenti.
Nel riconoscere l’importanza di questa
disposizione, non risultano però chiari i
contenuti e gli obiettivi di tale piano
che andrebbero pertanto specificati.
C.2. lett. e) appare impropria l’attribuzione allo Stato sulla determinazione dei
criteri qualitativi e quali-quantitativi
per l’assimilazione:
“lett. e) la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani,
derivanti da enti e imprese esercitate su
aree con superficie non superiore ai 150
metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o
superficie non superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti…
Commenti
Si ritiene che tale disposizione comporti una sensibile riduzione del gettito tariffario. La norma va oltre alle
competenze dello Stato, poiché interessa competenze locali. La definizione di specifici criteri quali-quantitativi per l’assimilazione dovrebbe
infatti far capo all’Autorità d’ambito
o ai Comuni.
Si ritiene, pertanto, opportuna la
sostituzione dell’art. 195, comma 2
lett.e) con il seguente: e) la determinazione dei criteri generali qualitativi e
quali-quantitativi per l’assimilazione,
ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani.
Lett. m): si richiede che l’individuazione
delle tipologie di rifiuti che possono
essere smaltiti direttamente in discarica venga concordata in sede di
Conferenza Stato Regioni.
Commenti
Pertanto sarebbe opportuno inserire
nel testo della lettera m) dopo la parola “individuazione” le parole “d’intesa
con Conferenza Stato Regioni”.
Lett. s): fra le competenze dello Stato
viene anche prevista l’individuazione
della misura delle sostanze assorbenti
e neutralizzanti di cui devono dotarsi
gli impianti destinati alla gestione di
accumulatori.
Commenti
E’ bizzarro che una competenza così
spiccatamente tecnica venga delegata allo Stato.
Si evidenzia il mancato recepimento di
quanto previsto dalla sentenza
25
26
»DAI CONSIGLIERI
272/2004 della Corte costituzionale in
materia di ripartizione di competenze
fra Stato e Regioni, sentenza secondo la
quale lo Stato deve limitarsi ad indicare
le forme di gestioni compatibili con i
principi di concorrenza, lasciando alle
Regioni la disciplina specifica sulle
modalità di gara e di affidamento.
Di fatto sarebbero in vigore due leggi
nazionali diverse (la norma generale, il
Testo Unico Enti locali e le nome di settore) che prevedono modalità di affidamento diverse, mentre verrebbero
chiaramente superati i limiti di competenza dello Stato e invase prerogative
delle Regioni. Una tale prospettiva consegna il settore ad una ulteriore e non
sopportabile fase di crisi e di incertezza.
Articolo 197 “Competenze delle Province”
Le competenze delle Province sono
assai ridotte sia in merito alle attività di
programmazione, sia per quanto attiene autorizzazioni e di controlli.
Tra le competenze della Provincia
scompaiono i seguenti compiti già
assegnati dal c. 1 art. 20 del D.Lgs.
22/97:
a) le funzioni amministrative concernenti la programmazione e l’organizzazione
dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale;
f) l’iscrizione delle imprese e degli Enti
sottoposti alle procedure semplificate di
cui agli articoli 31, 32 e 33 ed i relativi
controlli;
g) l’organizzazione delle attività di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e
assimilati sulla base di ambiti territoriali
ottimali delimitati ai sensi dell’art. 23.
Le competenze lett. a) e g) vengono
assunte dalle costituende Autorità
d’ambito.
Commenti
Non si comprende la finalità di questa disposizione dal momento che le
Province sono titolari delle attività
di controllo ed ispezione sugli
impianti.
Articolo 199
“Piani regionali” c. 3 lett. e) non esplica
pienamente in base a quali criteri siano
individuati gli ambiti territoriali più
meritevoli.
Articoli 200, 201 e 202
Commenti
Si ritiene, in generale, che debba
essere opportunamente specificato
che, ove non sia costituita l’Autorità
d’ambito, le funzioni ad essa attribuita dallo schema di Decreto legis-
lativo vengano svolte dai Comuni.
Articolo 201 “Disciplina del servizio di
gestione integrata dei rifiuti”
Il c. 5 lettera b) non chiarisce il significato “impianti a tecnologia complessa”
Commenti
Sarebbe consigliabile un chiarimento nel comma 5.
Articolo 202 “Affidamento del servizio”
La previsione di un gestore unico
dovrebbe essere intervenire gradualmente.
Inoltre non è prevista l’opzione dell’affidamento in house (contrariamente
quanto avviene per la gestione delle
risorse idriche), e si usa una terminologia non chiara in materia di gare.
Commenti
Si auspica, pertanto, anche alfine di
scongiurare un palese eccesso di
delega rispetto alla legge. che il c. 1
dell’art. 202 possa essere così riscritto:
1. L’Autorità d’ambito, nel rispetto del
piano d’ambito e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito, delibera la forma di gestione fra
quelle di cui all’articolo 113, comma 5
del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267.
Articolo 205 “Misure per incrementare la
raccolta differenziata”
Viene ripresa la definizione di “frazione
organica umida” e si dispone che detta
frazione, separata fisicamente dopo la
raccolta, può contribuire al conseguimento degli obiettivi di RD da raggiungere in ogni ATO.
Commenti
Si riterrebbe più logico non computare la parte biodegradabile derivata da trattamento meccanico (impropriamente fisico nel testo) in quanto
le due frazioni organiche del rifiuto
(quella derivata da R.D. e quella derivata da separazione meccanica) si
differenziano dal punto di vista chimico-fisico:(minore impatto ambientale, più bassa concentrazione
metalli pesanti, di contaminanti
organici ed inorganici nell’organico
da R.D.). Anche le destinazioni finali
sono ben differenti (finalità agronomiche se trasformate in ammendanti e finalità ambientali se trasformate in materiali tecnici). Invece il concetto di “frazione organica umida”,
come già detto sopra, propone nella
R.D. anche le frazioni merceologiche
ottenute dalla selezione meccanica
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
del rifiuto indifferenziato, con ciò
sfavorendo le azioni di raccolta differenziata e conseguentemente le
operazioni di recupero di materia.
Viene infatti precisato che contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata”
Articolo 208 ”Autorizzazioni ed iscrizioni”
Prevede:
una autorizzazione unica sia per la
costruzione dell’impianto che per la
gestione dell’attività;
la durata dell’autorizzazione passa da 5
a 10 anni;
alla scadenza, in caso di mancata risposta dopo la domanda di rinnovo, l’attività può proseguire fino alla pronuncia
espressa;
particolari agevolazioni sono previste
in caso di rinnovo per le imprese registrate EMAS e ISO 14001;
le autorizzazioni devono essere comunicate all’Albo Gestori che redige un
elenco accessibile anche per via informatica.
Articolo 210 “Autorizzazioni in ipotesi
particolari”
Tra le “autorizzazioni in ipotesi particolari”, al c. 5 è sancito il non obbligo di
autorizzazione per il deposito temporaneo.
Commenti
Si ritengono dette esclusioni illegittime ed in contrasto con il dettato
europeo.
Articolo 212 “Albo Nazionale Gestori
Ambientali”
E’ previsto ai c. 20 e 21, che: “Le imprese
che effettuano attività di raccolta e trasporto dei rifiuti sottoposti a procedure
semplificate…. e le imprese che trasportano i rifiuti indicati nella lista verde di
cui al Regolamento (CEE) 259/93…. sono
iscritte all’Albo mediante l’invio di comunicazione di inizio di attività alla Sezione
regionale o provinciale territorialmente
competente.”
“Entro 10 giorni dal ricevimento della
comunicazione di inizio di attività le
Sezioni regionali e provinciali prendono
atto dell’avventa iscrizione e inseriscono
le imprese di cui al comma 20 in appositi
elenchi dandone comunicazione al
Comitato Nazionale, alla Provincia territorialmente competente ed all’interessato.
Commenti
Tali disposizioni esautorano definitivamente le Province dalle attività di controllo L’Albo Nazionale dei Gestori
Ambientali viene anche arricchito di
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
ulteriori sezioni specifiche, quali ad
esempio (comma 24) quella dedicata
alle imprese firmatarie degli accordi di
programma previsti dall’articolo 181,
comma 7, e dall’articolo 206, e presso
l’Albo vengono costituiti nuovi registri:
• registro delle imprese autorizzate alla
gestione di rifiuti (Comma 26)
• registro delle imprese, che effettuano
attività di smaltimento dei rifiuti non
pericolosi nel luogo di produzione dei
rifiuti stessi ai sensi dell’articolo 215
(Comma 27)
• registro delle imprese, che svolgono
operazioni di recupero dei rifiuti ai
sensi dell’articolo 216 (Comma 28).
Al comma 8 è previsto che le imprese
che trasportano i propri rifiuti pericolosi in quantità che non eccedano i trenta chilogrammi al giorno o trenta litri al
giorno, non sono sottoposte alle garanzie finanziarie previste dallo stesso articolo e alle valutazione sulla capacità
finanziaria e sulla idoneità tecnica nonché sono escluse dall’obbligo di nomina di un responsabile tecnico.
Commenti
Detta esenzione appare illegittima
Articolo 213 “Autorizzazioni Integrate
Ambientali”
Risulta di difficile comprensione la formulazione di cui al comma 1 lettera b).
Articolo 214 “Determinazioni delle attività e delle caratteristiche per l’ammissione alle procedure semplificate”
La formulazione del comma 4 risulta in
contrasto con quanto riportato nel
decreto legislativo 133/05 di recepimento della direttiva sull’incenerimento che infatti non prevede, per i nuovi
DAI CONSIGLIERI«
impianti, l’autorizzazione semplificata.
Articolo 216 “Operazioni di recupero”
E’ previsto, al comma 1, che l’esercizio
delle operazioni di recupero dei rifiuti
svolte in procedura semplificata possono essere intraprese, decorsi novanta
giorni dalla comunicazione d’inizio di
attività alla Sezione competente
dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali
che ne dà notizia alla Provincia territorialmente competente.
Tale disposizione esautora le
Province da attività di controllo precedentemente loro assegnate.
Al c. 3 è previsto che “Ai fini della razionalizzazione della raccolta differenziata
e di altre, frazioni merceologiche omogenee, quali rifiuti elettrici ed elettronici o
rifiuti ingombranti, la Pubblica
Amministrazione, tenuto conto della
possibilità di miglior valorizzazione dei
materiali raccolti, può richiedere al
CONAI di farsi carico, tramite i soggetti di
cui agli articoli 45, comma 3 lettere a) e
c), e 47, del ritiro e dell’avvio al riciclo di
tali frazioni. A tal fine può stipulare specifici accordi volontari con il CONAI, volti a
raggiungere gli obiettivi sopra citati nel
rispetto dei criteri direttivi dei sistemi di
gestione di cui all’articolo 237.
Appare incongruo che i Consorzi di
filiera dei materiali di imballaggio si
debbano fare carico della raccolta di
frazioni di rifiuti di diversa natura quali
addirittura rifiuti ingombranti e RAEE.
Si ha ragione di criticare l’intero
comma 3.
Articolo 224 “Consorzio Nazionale
Imballaggi”
Con riferimento al comma 3, si ritiene
importante introdurre il principio in
base al quale i proventi dei Consorzi
devono essere destinati principalmente allo sviluppo delle raccolte differenziate nelle aree dove queste sono
assenti o carenti, e solo in via residuale
ad altri operatori della catena del recupero, a meno che non si determinino
forti squilibri di mercato per specifici
materiali in situazioni ben delimitate
nel tempo, che generano uno squilibrio
economico delle attività di recupero/riciclo e quindi l’impossibilità pratica di raggiungere gli obiettivi. Il mercato deve, in altri termini, essere lasciato libero di contribuire in maniera
spontanea agli obiettivi di recupero/riciclaggio senza interferenze da
parte di meccanismi che operano in
maniera artificiosa. In tal senso, quindi, i
vari organismi di gestione dovrebbero
agire solo in maniera sussidiaria, e non
alternativa, al mercato.
Articolo 227 “Rifiuti elettrici ed elettronici,
rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti
contenenti amianto”
Si ripropone il Decreto di recepimento
della direttiva sui RAEE approvato a
luglio 2005, a dispetto della definizione
da esso avanzata di “apparecchiature
usate” che comporterà una procedura
di infrazione da parte dell’UE.
Articolo 229 “Combustibile da rifiuti e
combustibile da rifiuti di elevata qualità”
Al fine di evitare distorsioni interpretative dell’articolo, si ritiene utile specificare che gli incentivi vengono attribuiti alla totalità del CDR e del CDR-Q e
non solamente alla frazione biodegradabile degli stessi.
E R R ATA C O R R I G E «
Errata corrige al n.3/4 2005, ovvero….
Quando refuso coincide con…confuso!
Vorrei segnalare un curioso errata-corrige a sua volta errato comparso sull'ultimo numero (5/6, ottobre-novembre-dicembre
2005) della rivista "il chimico italiano".
A pagina 5 si corregge in tre punti un precedente articolo in cui viene indicata una formula errata dell'acido tereftalico e dei
suoi derivati. La correzione pero' non e' esatta in quanto l'acido tereftalico ha formula HOOC-C6H4-COOH e non HOOC-C6H6COOH come riportato. I tre gruppi evidenziati col cerchietto (C4H4) e corretti come C6H6 vanno quindi ri-corretti come C6H4.
Scusandoci del refuso, la Redazione ringrazia il collega dott. Davide Congiu per la preziosa segnalazione.
In riferimento all'articolo "Radiazioni non ionizzanti" apparso sul n° 1/2006 de "Il Chimico italiano" si segnala che autrice dell'articolo è la dottoressa Patrizia Verduchi del Consiglio dell'Ordine e non, come erroneamente scritto, il Prof. Luigi Campanella.
Il Segretario
Dott. L. Ginestroni
27
28
»CHIMICI ANTIDOPING
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Un’atleta negativo ai controlli
antidoping è sempre
sicuramente pulito?
Un’intervista con il collega Dario d’Ottavio
di DOMENICO MENCARELLI
C
on stupore (non ne ero informato),
misto ad ovvio compiacimento, ho
casualmente seguito la trasmissione
televisiva su RAI 1 “Sabato, Domenica
&….”, andata in onda domenica 23 aprile u.s., nel corso della quale è stato intervistato il collega D. D’Ottavio.
La scritta in sovrimpressione lo presentava come coordinatore, per conto del
CNC, nella lotta contro il doping. Una
buona occasione per segnalarci in
prima linea in lodevoli iniziative.
Una rassegna documentaristica sullo
stato dell’arte, una breve introduzione
di una graziosa presentatrice, poi l’intervista ad un primo invitato.
Quindi la parola al nostro collega, a suo
agio oramai di fronte a telecamere e
riflettori, pure a dispetto dei continui
trilli telefonici, che tendevano a spezzettare la presentazione.
Ho apprezzato la sua cura a ribadire
l’impegno dei Chimici su questo fronte
ed il suo scrupolo (e non è la prima
volta) di mettere in guardia da particolari principi, anche di recente formulazione ed introduzione sul mercato, di
facile reperimento anche a basso costo,
che possono indurre la fattispecie di
doping, talora anche “invisibile” o
meglio, (come da sua precisazione),
”nascosto” e pertanto non sempre agevolmente rilevabile.
In termini scientifici egli mirava a puntualizzare la impossibilità, in particolari
situazioni, di evidenziare “tutte” le
sostanze vietate e che la negatività di
un test è sempre relativa al limite di rilevabilità del metodo e della strumentazione utilizzata. Precisazioni avanzate
con una certa difficoltà, considerati gli
insistenti trilli telefonici che talora lo dis-
turbavano (come da sua ammissione).
Era poi la volta del Prof. L. Frati, Preside
della Facoltà di Medicina - Roma e
Presidente della Commissione Antidoping del CONI, intervistato in collegamento telefonico. L’illustre ospite
mostrava di non concordare con il
D’Ottavio circa la non sempre sicura
esaustività dei controlli, legata alla sensibilità del metodo. Faceva notare che a
suo parere non è possibile sfuggire ai
controlli, essendo sempre ben rilevabili
nei liquidi organici presenze indesiderate, ancorché in tracce minime. Non si è
potuto ascoltare la attesa replica di
D’Ottavio, per mancanza di tempo, e
rimaneva insoddisfatta la legittima
curiosità dei telespettatori; infatti dai
collegamenti telefonici che si manifestavano nel corso del dibattito è lecito
supporre che il programma fosse
accompagnato da un lusinghiero indice
di ascolto. Anche gli addetti ai lavori, e
fra questi i Colleghi che si erano sintonizzati, restavano insoddisfatti ed in particolare non potevano ragionevolmente
formulare una risposta alla naturale
domanda che era logico porsi e che è
contenuta nel titolo di questo articolo.
L’intervista che segue, sollecitata da
D’Ottavio, intende nei suoi propositi
colmare questa lacuna, replicare al Prof.
Frati e porre chiarezza su un argomento così attuale ed importante.
D.: Il prof. Frati, nella trasmissione del 23
Aprile, in risposta a Tua precedente
asserzione, affermava testualmente:
”per lo meno nei laboratori antidoping
del CONI gli strumenti sono di altissima
sensibilità ed in grado di rilevare tutte le
sostanze della lista proibita internazionale”. Ciò sembrerebbe in contrasto con
quanto da Te affermato in precedenza
circa la possibilità di potenziali negatività analitiche anche sul contrappunto di
assunzioni di particolari molecole.
Come avresti controbattuto in diretta
T.V. alle affermazioni del Prof. Frati, se Te
ne fosse stata offerta la possibilità?
R.: Avrei ribadito con fermezza quanto
da me espresso in precedenza, ovvero,
che un atleta negativo ai controlli antidoping può non essere sempre considerato del tutto pulito: dico pulito, non
negativo.
D.: Perché introduci questa distinzione
linguistica?
R.: Perché alcune molecole non possono essere rilevate dai laboratori, ancorché sofisticati e prestigiosi come quello
diretto dal collega Botrè (cui si riferiva il
Prof. Frati), in quanto non siamo ancora
in grado di determinare alcuni principi
e pratiche vietate (vedi insulina, IGF, trasfusioni autologhe, etc.). Va anche detto che altre sostanze sono ricercate soltanto in competizione (come gli stimolanti). Ricordo che l’uso degli stimolanti al di fuori delle competizioni favorisce sia il recupero che l’aumento dei
carichi di lavoro in allenamento.
Personalmente ritengo che questa pratica sia da considerarsi doping a tutti
gli effetti. Inoltre esistono tecniche di
sostituzione del campione, quali la
cateterizzazione, che vanificano ogni
qualsivolglia tipologia di controllo.
Infine i diuretici (ancorché ricercati ai
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
controlli ma assunti a distanza dagli
stessi) possono fare scendere la concentrazione urinaria delle sostanze vietate al di sotto dei limiti di sensibilità
delle metodiche utilizzate.
D.: Sì, d’accordo; ma il Prof. Frati, se ho
ben inteso, sembra alludere ad apparecchiature ad elevata sensibilità, dunque in grado di poter evidenziare
anche assunzioni minime.
R.: Non capisco perché il Prof. Frati
abbia inteso pretendere di correggere
la mia affermazione, laddove si consideri che sul sito SINAL al laboratorio n°.
368 (Laboratorio Antidoping di Roma),
vengono correttamente riportati i limiti di sensibilità e/o rilevabilità, a conferma della veridicità scientifica di quanto
ho sostenuto in trasmissione, proprio
in virtù della mia esperienza chimica.
D.: Perché allora, considerata la verità
CHIMICI ANTIDOPING«
scientifica delle Tue affermazioni, il Prof.
Frati avrebbe inteso correggerti,o comunque manifestare un parziale disaccordo?
R.: Non saprei, forse per avere una risposta esauriente la domanda dovrebbe
essere rivolta al Prof. Frati. La mia convinzione scaturisce dall’esperienza di
Chimico consolidata sia nel campo
della chimica tossicologica che della
chimica analitica clinica. Vorrei inoltre
aggiungere ulteriori note in merito
all’intervista TV. Nutro seri dubbi che
come affermato in trasmissione si ricerchino tutte le molecole della lista internazionale. Infatti essa comprende
anche le sostanze “affini”, tra l’altro non
comprese nell’elenco previsto nella nostra normativa in cui prevale la certezza
del diritto; l’episodio relativo al THG
(tetraidrogestrinone) insegna.
Sempre in merito a questo delicato
argomento mi piace introdurre questa
sottolineatura: si consideri il valore di
soglia per accertare la positività al nandrolone (pari a 2,00 ng/ml), valore stabilito sommando alla mediana della
distribuzione di una popolazione normale, quattro deviazioni standard.
In questo caso un dato pari a 1.99
ng/ml, ovvero “negativo”, può asseverare con assoluta certezza la mancata
assunzione della sostanza?
Queste doverose puntualizzazioni chiudono l’intervista e forniscono, a detta
dell’intervistato, una chiara risposta al
quesito introdotto dal titolo. Cioè può
talora accadere, anche se ovviamente
con una bassa frequenza, che un’atleta
negativo possa non essere pulito.
In conclusione D’Ottavio ha ben inteso
puntualizzare: dato che il doping è un
fenomeno multidisciplinare forse sarebbe meglio evitare le “invasioni di campo”.
Abbiamo chiesto al Prof. Luigi Frati una replica sull'articolo pubblicato, il professore ci ha risposto con questo messaggio:
E' ovvio che la mia affermazione circa l'alto livello della strumentazione del laboratorio dell'Acqua Acetosa è
riferita alla tipologia di analisi della lista WADA-CONI.
E' ovvio che la ricerca di altre sostanze, note o meno, potrebbe richiedere strumentazione o metodi diversi o non
ancora a punto, magari di pertinenza di un'attività di ricerca e non di accertamento, che deve rispondere a precise norme tecnico giuridiche.
Con i più cordiali saluti, Luigi
29
30
»CONGRESSI E SEMINARI
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Congresso Seriale
Inquinamento atmosferico e beni culturali.
Protezione e conservazione del patrimonio culturale
Udine 5-7 dicembre
Programma Scientifico di Massima
MARTEDÌ 5 DICEMBRE
08.30 – 09.30
Registrazione
09.30 – 10.30
Indirizzi di saluto
Valutazione e misura del danno
Moderatore: E. Chiacchierini, Università di Roma “La Sapienza”
10.30 – 11.00
L. Campanella, Università di Roma “La Sapienza”
Aspetti termodinamici dei processi di degrado ambientale dei beni culturali.
11.00 – 11.30
Coffee break
11.30 – 11.50
D.I. Donato, Università di Palermo
Consolidamento di reperti lignei con metodiche innovative. Studi per la valutazione dell’impatto ambientale.
11.50 – 12.10
L. Zerbi, Politecnico di Milano
Recenti sviluppi di spettroscopia vibrazionale nella diagnostica chimica dei beni culturali.
12.10 – 12.30
F. Lo Coco, Università di Udine
Valutazione del danno da inquinamento dei beni culturali. Applicazioni della Glow Discharge Mass
Spectrometry (GDMS).
Moderatore: A. Zappalà, Università di Udine
15.00 – 15.30
A. Casoli, Università di Parma
Un approccio analitico multidisciplinare per la valutazione del danno ambientale sui beni culturali.
15.30 – 15.50
A. von Bohlen, ISAS, Dortmund, Germany
Ultra-micro analysis in conservation science using total reflection X-ray fluorescence spectrometry.
15.50 – 16.10
P. Bonanni, APAT, Roma
Impatto dell’inquinamento atmosferico sui beni di interesse storico-artistico esposti all’aperto.
L’impegno dell’APAT.
16.10 – 16.30
A.M. Giovagnoli, Istituto Centrale per il Restauro, Roma
L’effetto dell’inquinamento atmosferico sul patrimonio di interesse storico-artistico.
La ricerca e la diagnostica condotte dall’Istituto Centrale per il Restauro.
Moderatore: V. Riganti, Università di Pavia
16.30 – 18.30
Sessione posters
MERCOLEDÌ 6 DICEMBRE
Interventi di Protezione e Restauro
Moderatore: L. Campanella, Università di Roma “La Sapienza”
E. Chiacchierini, Università di Roma “La Sapienza”
Valutazione dei costi negli interventi di protezione e restauro dei beni culturali.
11.00 – 11.30
Coffee break
11.30 – 11.50
L. Ciraolo, Università di Messina
Scelte decisionali negli interventi per la tutela e il restauro dei beni culturali.
11.50 – 12.10
A. Siani, Università di Roma “La Sapienza”
Conservazione in ambienti interni ed esterni: il microclima.
12.10 – 12.30
A. Colombini, Università di Pisa
Le caratteristiche dei leganti nelle superfici pittoriche.
Conservazione e consolidamento
Moderatore: A. Colombini, Università di Pisa
15.00 – 15.30
A. Zappalà, Università di Udine
Le norme ISO e UNI relative all’ambiente di conservazione in musei, archivi e biblioteche.
15.30 – 15.50
M.G. Plossi, Università di Udine
Inquinamento e conservazione dei materiali librari e di archivio.
15.50 – 16.10
A. Gorassini, Università di Udine
Restauro, conservazione e consolidamento di beni culturali.
16.10 – 16.30
M.S. Montanari, Ministero per i Beni e le attività culturali, Roma
Inquinamento biologico. Un approccio classico e innovativo ai fini della conservazione dei beni culturali.
10.30 – 11.00
GIOVEDÌ 7 DICEMBRE
InTavola Rotonda
Moderatori: L. Campanella, E. Chiacchierini, Università di Roma “La Sapienza”
10.30 – 12.30
Ricercatori ed Enti Istituzionali (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici, APAT; Istituto Centrale
Restauro; Ministero per i beni e le attività culturali) a confronto per la valutazione del danno, restauro, conservazione e
consolidamento dei beni culturali.
Università degli Studi di Udine • Dip. di Scienze Economiche: Via Tomadini, 30/A - Tel. 0423 2491-249330 - Fax 0423 24229
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
DAL CHIMICO FORENSE«
1° CASO
Per il primo caso trattato dalla rubrica “Il Chimico forense” a pag. 12 del n. 1/2006 della nostra rivista, la redazione ha ricevuto delle interessanti opinioni ed argomentazioni da parte di alcuni Colleghi, che ringrazio vivamente per il loro interessamento. Con l’autorizzazione degli autori, come preannunciato, pubblichiamo qui di seguito gli interventi ricevuti.
1° (in ordine di arrivo). Intervento del collega dr. Fabrizio Fulignoli
2° Intervento del collega dr. Flavio Noè
3° Intervento della collega dr.ssa Donatella Dainese
Interventi degli iscritti
di FABRIZIO FULIGNOLI - ordine dei Chimici Lazio
M
i riferisco all'articolo a pagina 12
del numero genn/febb/mar
2006 per sottoporre la mia opinione.
Le schede di sicurezza hanno valore
solo ai fini della sicurezza e, a prescindere dalle ragioni meramente formali, non
caratterizzano la funzione e neppure il
valore commerciale di un formulato.
Nel caso in questione abbiamo:
1. il titolo in MBAS definisce gli equivalenti di tensioattivo anionico pre-
senti ma non fornisce alcuna informazione sulla molecola dello stesso
e sulla distribuzione dei pesi molecolari che caratterizzano il tensioattivo stesso. Per questo motivo i due
prodotti potrebbero differire in
"performance" in base alla scelta del
o dei tensioattivi anionici effettivamente impiegati
2. Similmente si può dire del BIAS che
è relativo al contenuto di tensioattivo non ionico.
3. Le schede esplicitano solo gli ingredienti che hanno rilevanza ai fini tossicologici (con particolare riguardo
all'igiene del lavoro) e se superano le
percentuali indicate dalla legislazione sulle sostanze pericolose.Per questo motivo non è dato sapere se i due
prodotti differivano per ingredienti
efficaci ma contenuti a livelli che consentivano di ometterne la menzione
nella scheda.
mercato. Le informazioni saranno
redatte conformemente alla Guida alla
redazione della Scheda informativa in
materia di sicurezza di seguito riportata". Segue la spiegazione del contenuto
di ognuno dei 16 punti che compongono le SDS. Al punto 9 sono elencate le
proprieta' chimico-fisiche da considerare, e per quanto detto sopra, devono
essere dati accurati e veritieri, tanto che
sempre il DM 07/09/02 prescrive che
tutti i dati riportati nelle SDS devono
servire all'utilizzatore per soddisfare i
requisiti!
Di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2002 n. 25
(rischio chimico), e che le SDS devono
essere preparate da un tecnico competente. Questo secondo me sgombra il
campo dal fatto che servirebbe un bollettino di analisi firmato da un chimico:
non puo' essere che i dati riportati non
corrispondano a realta'. Per lo stesso
principio non puo' essere neppure
accettata l'affermazione che "le schede
vengono copiate ed i dati ricavati da
altre fonti", pratica molto diffusa ma
pericolosa visto che la responsabilita'
di quanto scritto sulla SDS ricade sempre sul responsabile dell'immissione
del prodotto sul mercato.
La coincidenza dei dati chimico-fisici
riportati sulla SDS non significa pero'
che si tratta del medesimo prodotto: si
tratta di dati che non garantiscono una
univoca identificazione del prodotti,
difatti non sono previsti spettri o altre
caratterizzazioni che permettono di
risalire ad una unica sostanza/preparato; d'altra parte il DM 07/09/02 al punto
2.1 dell'allegato recita "Non e' necessario fornire la composizione completa
(natura degli ingredienti e loro concentrazione) benche' possa essere utile
una descrizione generale dei compo-
di FLAVIO NOÈ
N
ella disputa fra le due aziende,
con gli elementi messi a disposizione dalla nostra rivista, secondo il
mio parere emerge che l'azienda che
ha emesso la seconda scheda di sicurezza, pur essendosi comportata in
maniera scorretta, da un punto di
vista legislativo non puo' essere accusata di nulla.
Le schede di sicurezza devono essere
redatte conformemente al DM 7 settembre 2002 (GU 26/10/2002, n.252).
Su tale decreto sono espressamente e
chiaramente elencati i contenuti minimi delle schede di sicurezza e le relative modalita' di compilazione.
Nell'allegato al DM altresi scritto che
"La responsabilita' delle informazioni
figuranti nelle suddette voci (i 16 punti
che compongono le SDS - ndr) incombe alla persona responsabile dell'immissione della sostanza /preparato sul
31
32
»DAL CHIMICO FORENSE
nenti e delle relative concentrazioni."
Per concludere ritengo l'azienda incriminata debba essere assolta. La motivazione comunque non risiede in
quanto dichiarato dai vari consulenti,
ma piu' semplicemente nel fatto che
Mancando la descrizione completa, e
non ritenendo i dati chimico-fisici
riportati nella SDS non idonei a determinare in maniera univoca la singola
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
sostanza, non si hanno elementi per
stabilire se effettivamente si tratta della
medesima sostanza.
di DONATELLA DAINESE - Ordine dei Chimici della Provincia di Modena
Ritengo che l’obbligo di redazione della
scheda di sicurezza si rifaccia alla legislazione comunitaria Europea in tema di
responsabilità del produttore per
danno da prodotti non sicuri; l’obbligo
di pagamento delle royalty, invece, alla
normativa internazionale sui brevetti
ovvero a quel diritto soggettivo, d autore, a cui la giurisprudenza Italiana accorda tutela extracontrattuale.
Ciò premesso, concordo con il CTU
riguardo alla non idoneità della scheda
di sicurezza ad accertare l illecito di violazione del diritto d autore.
Considerazione del
responsabile della rubrica
di SERGIO CARNINI
L
etti i contributi dei Colleghi, ho
l’impressione che il titolo dato al
caso n. 1 sia stato in qualche modo
fuorviante e che potrebbe rendere
meglio l’idea se fosse così corretto: “i
possibili significati dei dati analitici
espressi nella scheda di sicurezza di un
prodotto chimico”.
Si può, infatti, condividere l’opinione del
Collega dr.Fabrizio Fulignoli,secondo cui
le schede di sicurezza hanno valore solo
ai fini della sicurezza. Punto.
Però, se interrompessimo qui le nostre
considerazioni, la soluzione del problema resterebbe incompleta. Credo si
possa proseguire nella ricerca di un
chiarimento soddisfacente considerando che un risultato analitico, liberamente fornito dal produttore con la
pubblicazione sulla scheda, vuoi tecnica, vuoi di sicurezza o quant’altro, non
perde il suo significato chimico anche
se applicato ad altri campi. La misura di
una grandezza è sicuramente indipendente dagli scopi della misura stessa.
Semmai la sua precisione ed accuratezza potranno essere scelte in
funzione degli scopi.
Peraltro i risultati analitici, dovunque
siano essi riportati, non possono essere
sottovaluti senza trascinare l’immagine della Chimica in una rappresenta-
zione di superficialità e di poca consistenza. Non dimentichiamo quanto
questa scienza, ancorchè benemerita,
sia anche pericolosa se male utilizzata.
E’ ovvio quindi che il risultato di un’analisi chimica quali-quantitativa
espresso per una determinata sostanza, specie se pericolosa, vada prodotto
e gestito da persone qualificate, e,
soprattutto, che non possa essere
copiato da altre fonti e neppure calcolato teoricamente. Approssimare dei
dati riguardanti la sicurezza costituisce
un pericolo ed è un vero controsenso.
Il sottoscritto concorda anche con gran
parte dell’intervento del collega dr.
Flavio Noè e della collega dr.ssa Donatella Dainese che, giustamente, rimandano al DM 07/09/2002, secondo cui i
dati pubblicati devono essere accurati,
veritieri e sotto la responsabilità di chi
avvia il prodotto sul mercato.
Se ne deduce, quindi, che i dati riportati
nelle due schede in questione sono, non
solo per i destinatari ma per tutti i lettori in generale, veritieri. Salvo palese
prova contraria, ovviamente.
Tornando al problema contingente e
considerando gli elementi che abbiamo
a disposizione, è lecito pensare che una
delle due schede, la più recente per
data di pubblicazione, sia stata molto
probabilmente copiata dall’altra, con
qualche piccolo cambiamento intenzionale ma non sostanziale. E’ inevitabile, a questo punto, il dubbio riguardo a
come mai non siano stati cambiati
anche i valori dei principi attivi determinati, se i due prodotti sono davvero e
significativamente differenti?
Un’ulteriore interessante osservazione è
la seguente. E’ statisticamente assai
improbabile che un numero così elevato di parametri presentino dei valori
coincidenti nei risultati di due distinte
analisi chimiche, anche se eseguite sullo
stesso campione. Ciò può accadere, tuttavia, quando la determinazione analitica non venga eseguita su ogni singola
confezione del prodotto, ma ripetuta
solo in caso di significative modifiche
apportate alla composizione del prodotto stesso. Modifiche che evidentemente non sono state apportate. A
meno che la seconda scheda, quella di
pertinenza della parte attrice, non sia
errata o falsa. Qualità, queste, che la
parte attrice non ha mai dichiarato.
L’ultima considerazione riguarda la
possibilità o meno di ritenere i due prodotti tecnicamente (ed anche commer-
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
cialmente) uguali. Propendo per l’affermazione positiva per i seguenti motivi.
Premesso che dobbiamo ritenere veritieri i dati esposti nelle tabelle delle
due schede, possiamo procedere al
loro confronto:
1. notiamo la coincidenza del valore di
11 parametri, valori talvolta espressi
con tre cifre significative;
2. si rileva inoltre la coincidenza del
modo insolito di esprimere il valore
del COD e del BOD5 in mg/grammo
invece di mg/litro, come si riscontra
universalmente per le soluzioni od i
liquidi in generale;
3. si segnala anche la coincidenza di un
probabile errore analitico riguardante
il COD, il BOD5 o la biodegradabilità
della miscela. Infatti il rapporto COD/
BOD5 (circa 6,7) è elevato e attribuibile a sostanza, o miscela di sostanze,
con scarsa biodegradabilità che viene
tuttavia indicata come > 90 %;
4. l’ultima affermazione interessante
DAL CHIMICO FORENSE«
del CTU riguarda, infine, la considerazione secondo cui il totale delle
sostanze che presentano valori coincidenti in definitiva costituiscono
solo il 7% dell’intera miscela e che,
quindi, il rimanente non è qualitativamente e quantitativamente determinato. Vorrei perfezionare e completare questa affermazione ricordando i valori del COD e del BOD;
5. La composizione quali-quantitativa
del rimanente 93% della miscela è
affidata appunto ai valori del COD e
BOD cioè della domanda di ossigeno
chimico e di ossigeno biologico da
parte della miscela. E’ sufficiente una
piccola modifica strutturale o quantitativa delle molecole presenti per
modificare la domanda di ossigeno
chimico e biologico. Considerate le
numerosissime variabili possibili, non
può essere che due miscele, sia pure
con minime differenze, presentino un
COD ed un BOD uguali. Quindi non
sappiamo quali siano le sostanze contenute nel 93 % delle due soluzioni, se
esse siano una sola o molteplici, ma
sappiamo che esse sono uguali per
struttura e per concentrazione;
6. In conclusione, possiamo affermare
che i due prodotti sono uguali perché è il produttore stesso che ce lo
conferma con i dati pubblicati sotto
la sua responsabilità.
il sottoscritto per valutare la situazione
e redigere una perizia tecnica.
I dati.
Risultato non conforme:
Zinco mg/l = 1,74
Limite: Tab.C (L 319/76) mg/l = 1
interrompere questa catena di interpretazioni errate ed autoreferenziali.
La conclusione è che il legale rappresentante dell’azienda non se la sente di
andare in giudizio e patteggia, per una
violazione che, a mio avviso, non aveva
alcun fondamento. Finalmente, una
tabella di riferimento inserita in una
legge abbastanza recente mi ha dato
manforte fornendomi i mezzi per promuovere la comprensione delle mie
argomentazioni da parte dei non addetti ai lavori ed anche, purtroppo, di qualche collega. Mi piacerebbe confrontare
la mia linea difensiva con la vostra.Vi invito ad inviarla, se volete, e sul prossimo
numero pubblicheremo tutto per una
possibile condivisione delle varie idee.
Grazie per l’attenzione e Vi consiglio di
leggere il prossimo caso, qui di seguito.
Mi sembra parimenti singolare.
A proposito. Se avete esperienze interessanti da descrivere e discutere, od
anche dubbi o perplessità da chiarire
tutti insieme, “Il Chimico forense” non
aspetta altro. Forza, dunque.
Notizia importante. La rubrica ha in progetto di allestire dei corsi, possibilmente professionalizzanti, di Chimica Forense, coinvolgendo gli Ordini periferici
e con l’aiuto di altre professionalità.
Forse a Roma ed a Milano. Se siete interessati potreste sostenere il progetto
inviando la vostra opinione in merito.
2° CASO
di SERGIO CARNINI
I
l secondo episodio che propongo
alla vostra attenzione riguarda la
vicenda occorsa ad una azienda, una
tessitura e tinto-stamperia di tessuti.
I fatti.
L’Unità Operativa Chimica di un ex
P.M.I.P esegue correttamente il prelievo
di un campione di acque reflue dell’azienda da inviare all’analisi chimica di
controllo, stante il riferimento della
tabella C della L 319/76 (siamo nel
1997). Il legale rappresentante della
ditta viene a conoscenza dei risultati
dell’analisi in seguito a citazione in giudizio per superamento dei limiti tabellari riguardanti il parametro Zinco.
Tutto il resto è in ordine.
Il Legale incaricato della difesa chiama
Toccato un tasto per me dolente per
via di una ventennale battaglia ancora
in corso su argomenti simili, preparo
una perizia a mio avviso soddisfacente
ed inattaccabile. Blindata, direi in
gergo. La presento all’avvocato che la
inoltra al Giudice titolare il quale mi
comunica che le mie argomentazioni
sono affascinanti ma che, purtroppo, la
Giurisprudenza è di avviso contrario. Al
che rispondo che qualcuno dovrà pur
33
34
» N O T I Z I E D A L L’ E U R O PA
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Le comunicazioni a seguito riportate nella rubrica “Notizie dall’Europa” sono tratte dagli ultimi numeri di “CORDIS”,
bollettino dell’Ufficio delle Pubblicazioni Ufficiali delle Comunità Europee.
» Il Consiglio
raggiunge un
accordo sulle
prospettive
finanziarie
La prospettiva di una transizione uniforme dal Sesto al Settimo programma
quadro ha ricevuto slancio nelle prime
ore del 17 dicembre, quando i leaders
europei sono usciti dalla riunione del
Consiglio di Bruxelles per annunciare
che era stato raggiunto un accordo sul
bilancio comunitario 2007-2013.
Dopo oltre 30 ore di quello che il
Presidente in carica del Consiglio e
primo ministro britannico Tony Blair ha
definito come "un negoziato straordinariamente complesso", i leader europei hanno convenuto un bilancio europeo massimo di poco superiore agli
862 miliardi di euro per il periodo delle
prossime cosiddette prospettive finanziarie dell'Unione. Questo importo prevede 22 miliardi di euro in meno rispetto al compromesso proposto dalla
Presidenza lussemburghese a giugno
ed è di 273 miliardi di euro inferiore alla
proposta avanzata originariamente
dalla Commissione nel 2004.
Quanto al suo impatto sulle attività di
ricerca e sviluppo (R&S) dell'Unione
europea, il compromesso non riesce a
soddisfare la proposta di raddoppiare il
bilancio destinato al 7PQ presentata in
origine dalla Commissione. Tuttavia,
l'accordo finale, proposto dalla
Presidenza britannica prima del vertice
di Bruxelles, afferma che "i fondi comunitari per la ricerca dovrebbero [...]
essere aumentati in modo tale che
entro il 2013 le risorse disponibili siano
superiori del 75 per cento in termini
reali rispetto al 2006".
Il Consiglio ha inoltre sostenuto la proposta della Commissione volta a istituire, in collaborazione con la Banca europea per gli investimenti, uno strumento
di finanziamento per la condivisione
del rischio, del valore massimo di 10
miliardi di euro, da destinare alle attività di R&S. I capi di Stato e di governo
dell'Unione europea hanno altresì
approvato la creazione di un "Fondo
globale di adeguamento" volto a fornire sostegno a chi ha perso il posto di
lavoro a seguito della globalizzazione.
In risposta all'accordo, il Presidente
della Commissione José Manuel
Barroso ha ammesso che "non era proprio ciò che voleva la Commissione",
ma ha precisato: "Si tratta di un segnale
politico di estrema importanza per
l'Europa. L'Europa ha evitato la paralisi.
L'Europa è di nuovo in movimento. In
caso di mancato accordo, il prezzo da
pagare sarebbe stato altissimo".
Il Presidente Barroso ha proseguito:
"Temo che vi sia ancora uno squilibrio
tra i compiti affidati all'Unione europea
e i fondi che le vengono assegnati per
realizzarli. Dovremo dire chiaramente
ai cittadini che i tagli convenuti dagli
Stati membri non saranno privi di conseguenze. Con questo bilancio, sono
molte le cose che non si possono fare".
Il Presidente del Parlamento europeo,
Josep Borrell, è apparso meno rassegnato del suo omologo della Commissione
sull'esito del vertice, precisando che l'accordo rappresenta solo l'inizio dei negoziati."[L']accordo raggiunto dal Consiglio
non è la fine del processo. Segna l'inizio
dell'ultima fase dei negoziati con il
Parlamento europeo e la Commissione.
Senza volere pregiudicare le posizioni
che verranno adottate dal Parlamento
europeo, rilevo che la posizione del
Consiglio è ancora molto lontana da
quella dell'istituzione da me presieduta".
Il Presidente francese Jacques Chirac,
tuttavia, ha dichiarato che questo è un
buon accordo per l'Europa e ha affermato che il primo ministro Blair ha dato
prova di grande coraggio in una difficile situazione politica. Angela Merkel, il
nuovo cancelliere tedesco, è stata a sua
volta ampiamente elogiata per il lavoro
svolto dietro le quinte al fine di raggiungere un compromesso.
Per leggere l'accordo del Consiglio sulle prospettive
finanziarie, consultare:
http://www.fco.gov.uk/Files/kfile/FinancialPerspecti
ve_16Dec.pdf
» Accordo politico
sulla nuova
normativa
comunitaria sulle
sostanze chimiche
Dopo due anni di accesi dibattiti, il 13
dicembre il Consiglio "Competitività"
ha raggiunto un accordo politico sul
progetto di regolamento per la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimi-
che (REACH).
Il nuovo regolamento comunitario
REACH sostituirà 40 atti giuridici esistenti e creerà un sistema integrato
unico di registrazione, valutazione,
autorizzazione e restrizione dei prodotti chimici. REACH garantirà che vengano colmate le lacune relative alle informazioni esistenti sulle proprietà pericolose di circa 30.000 sostanze chimiche, e che le informazioni necessarie
sull'impiego sicuro delle sostanze vengano trasmesse lungo la catena di
approvvigionamento industriale, al fine
di contenere i rischi per i lavoratori, i
consumatori e l'ambiente. REACH
invertirà l'onere della prova, in modo
tale che spetterà all'industria - vale a
dire, ai produttori e agli importatori di
sostanze chimiche -, e non alle autorità
pubbliche, assumersi la responsabilità
di fornire le informazioni necessarie e
di adottare misure efficaci di gestione
del rischio.
Il Consiglio ha appoggiato il compromesso adottato dal Parlamento europeo sulle procedure di registrazione,che
prevede una diminuzione del numero di
sostanze chimiche da sottoporre obbligatoriamente a test che passano così da
30.000 a circa 12.500. I ministri si sono
inoltre espressi a favore della condivisione dei dati, al fine di ridurre al minimo le
duplicazioni dei test, compresa la sperimentazione sugli animali.
I temi "autorizzazione" e "sostituzione"
sono stati al centro del dibattito.
Mentre alcune delegazioni hanno sottolineato l'importanza di fornire forti
incentivi o di prevedere addirittura
obblighi di sostituzione delle sostanze
pericolose, altre delegazioni si sono
dette preoccupate dell'impatto sull'industria qualora si decidesse di adottare
condizioni eccessive per l'autorizzazione. L'accordo del Consiglio ha tentato
di trovare un equilibrio tra queste due
opinioni divergenti.
La proposta prevede che le autorizzazioni non possano essere rilasciate
sulla base del controllo adeguato nel
caso di sostanze che siano persistenti,
bioaccumulative e tossiche (PBT) o
molto persistenti e molto bioaccumulative (vPvB). Per quanto riguarda gli
emendamenti relativi all'autorizzazione - il Parlamento aveva proposto una
revisione entro cinque anni - i ministri
hanno dichiarato che le revisioni
andrebbero stabilite individualmente
caso per caso, e hanno inoltre afferma-
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
to che le società che richiedono l'autorizzazione per sostanze pericolose
dovrebbero dimostrare che i rischi possono essere opportunamente controllati, nonché fornire informazioni su
possibili alternative.
Il Consiglio ha inoltre approvato l'istituzione di una nuova Agenzia europea
delle sostanze chimiche, che avrà sede a
Helsinki (Finlandia). L'agenzia gestirà la
registrazione delle sostanze mediante la
compilazione di una banca dati. Inoltre,
ricoprirà un ruolo importante nella valutazione e autorizzazione delle sostanze.
La Commissione europea ha accolto
con favore l'accordo politico del
Consiglio. Il vicepresidente della
Commissione e commissario europeo
per le Imprese e l’industria Günter
Verheugen ha affermato: "Questo
accordo pone fine a un lungo periodo
di incertezza per l'industria e la aiuta a
elaborare piani adeguati per affrontare
la sfida impegnativa della conformità ai
nuovi requisiti. L'accordo del Consiglio
rappresenta un compromesso ragionevole. Siamo riusciti nell'intento di rendere REACH più efficace e realizzabile,
di mantenere la competitività dell'industria comunitaria, e - punto fondamentale - di ridurre l'onere a carico
delle piccole e medie imprese".
Il commissario europeo per l'Ambiente
Stavros Dimas ha aggiunto: "Questo
accordo rappresenterà un netto
miglioramento in termini di tutela della
salute e dell'ambiente. Ridurrà l'incidenza delle malattie collegate alle
sostanze chimiche e consentirà agli
utenti e ai consumatori di operare scelte informate sulle sostanze con cui vengono in contatto. Incoraggerà inoltre
l'innovazione e costituirà un incentivo
importante per indurre l'industria a
sostituire le sostanze chimiche pericolose con altre più sicure".
Non tutti però sono così soddisfatti. I
gruppi ambientalisti accusano gli Stati
membri di sostenere condizioni meno
rigorose per l'autorizzazione delle
sostanze chimiche tossiche stabilite dal
Parlamento europeo: il testo approvato
in prima lettura chiedeva la sostituzione, laddove possibile, di sostanze chimiche pericolose con sostanze alternative più sicure, mentre il testo approvato dal Consiglio afferma semplicemente che le società dovrebbero essere
incoraggiate ad agire in tal senso.
In un comunicato congiunto pubblicato il 13 dicembre, associazioni ambientaliste e organizzazioni di tutela delle
donne, della salute e dei consumatori
hanno espresso la propria delusione in
quanto i ministri dell'UE "non hanno
N O T I Z I E D A L L’ E U R O PA «
colto un'opportunità irripetibile di proteggere le persone e l'ambiente dalla
minaccia di sostanze chimiche tossiche". Sottolineano che il rafforzamento
dei requisiti di sostituzione approvati
dal Consiglio per le PBT e le vPvB rappresentano solo una parte di tutte le
sostanze chimiche pericolose, e che
altre sostanze chimiche cancerogene
che possono compromettere la riproduzione, nonché le sostanze che danneggiano gli ormoni, non saranno interessate da tali requisiti, benché esistano
alternative più sicure. Un altro punto di
disaccordo riguarda la proposta di riduzione dei dati sulla sicurezza che i produttori di sostanze chimiche sarebbero
obbligati a fornire, in particolare per le
sostanze prodotte in quantità minime
(vale a dire, sostanze prodotte o importate per un totale compreso tra una e
dieci tonnellate). Il comunicato esorta il
Parlamento europeo a riaffermare nel
2006 in sede di seconda lettura il proprio sostegno a favore della "sostituzione obbligatoria".
Risulta che neppure l'industria sia completamente soddisfatta. L'UNICE
(l'Unione delle confederazioni europee
dell'industria, e dei datori di lavoro) ha
accolto con favore un accordo che "si
ferma a metà strada relativamente
all'approccio interamente basato sui
rischi sostenuto dall'industria". Sebbene si dichiarino soddisfatte della
riduzione dei requisiti di informazione
per le sostanze in quantità minima, che
renderà REACH più efficace sotto il profilo dei costi per le piccole e medie
imprese (PMI), le confederazioni dei
datori di lavoro rappresentate dall'UNICE ritengono che il controllo adeguato dell'impiego delle sostanze più
pericolose dovrebbe costituire una
condizione sufficiente per un'autorizzazione illimitata.
Poiché il testo concordato differisce
dalla proposta adottata dal Parlamento
europeo il 17 novembre, la posizione
comune formale del Consiglio, la cui
approvazione era programmata nel
maggio 2006, durante la Presidenza
austriaca, dovrà tornare in Parlamento
per una seconda lettura ai sensi della
procedura di codecisione. Si prevede
che il Parlamento europeo e il Consiglio prenderanno una decisione definitiva su REACH nell'autunno del 2006.
La Commissione prevede che il regolamento che ne deriverà entrerà in vigore nella primavera 2007, mentre i requisiti operativi di REACH verranno verosimilmente applicati a partire dal 2008.
Per ulteriori informazioni consultare:
http://europa.eu.int/comm/enterprise/reach/ind
ex_en.htm
» La Finlandia lancia
un nuovo
programma di
assunzione per
ricercatori stranieri
di alto livello
La Finlandia ha lanciato un nuovo programma di finanziamento destinato ad
attrarre ricercatori stranieri di spicco o
ad incoraggiare i migliori ricercatori
finlandesi che lavorano all'estero a tornare nel proprio paese.
Il "Finland Distinguished Professor
Programme" (FiDiPro) è un'iniziativa
congiunta dell'Accademia della Finlandia e dell'Agenzia nazionale per la tecnologia, Tekes. Esso risponde a un invito che il Consiglio di Stato finlandese
ha rivolto alle agenzie di finanziamento
pubblico affinché mettano a punto
nuovi metodi e strumenti che attraggano i ricercatori stranieri.
Nell'ambito dell'invito a presentare
candidature, le università e gli istituti di
ricerca finlandesi possono partecipare
per ottenere finanziamenti che coprano le retribuzioni e le spese di viaggio
dei professori ricercatori per un periodo compreso tra due e cinque anni. Il
finanziamento può inoltre essere utilizzato per compensare le spese legate
alla ricerca e al trasferimento dei familiari. I ricercatori prescelti possono essere accompagnati anche dai componenti principali dei propri gruppi di ricerca,
le cui spese saranno in parte sostenute
tramite i finanziamenti del programma.
Per poter ottenere il finanziamento, i
ricercatori operanti all'estero devono
essere riconosciuti a livello internazionale e avere un solido curriculum sotto
il profilo della formazione nel settore
della ricerca. Le sovvenzioni saranno
destinate in particolare ai ricercatori
impegnati nelle principali discipline di
importanza strategica per le università
e gli istituti di ricerca finlandesi.
Il sito web del FiDiPro descrive così l'incarico dei ricercatori: "Il ricercatore prescelto parteciperà attivamente alle attività del/dei gruppo/i di ricerca al/ai
quale/i è stato assegnato. Il ricercatore
potrà impartire un numero ridotto di
istruzioni scientifiche e dovrà soprattutto trasferire le conoscenze e il knowhow specifici negli ambienti di ricerca
finlandesi".
Scopo ultimo del programma è innal-
35
36
» N O T I Z I E D A L L’ E U R O PA
zare il livello di know-how in Finlandia
sul piano scientifico e tecnologico e
internazionalizzare maggiormente il
sistema di ricerca nazionale. Le candidature dovranno essere presentate
dalle università e dagli istituti di ricerca
finlandesi piuttosto che dai singoli
ricercatori.
Per ulteriori informazioni consultare il seguente
indirizzo web: http://www.fidipro.fi
» Secondo una
relazione, Cipro
vanta il miglior
programma di
ricerca nel settore
delle TIC tra i
nuovi Stati membri
Una relazione sui programmi di ricerca in
materia di tecnologie dell'informazinone
e della comunicazione (TIC) nei nuovi
Stati membri dell'UE e nei paesi candidati ha assegnato al programma sviluppato da Cipro la valutazione più alta.
La relazione è stata elaborata dal progetto ALIPRO, finanziato nell'ambito
della sezione dedicata alle tecnologie
della società dell'informazione (TSI) del
Sesto programma quadro (6PQ). ALIPRO ha riunito 14 organizzazioni, una
da ognuno dei nuovi Stati membri e
dai paesi candidati, oltre ad una proveniente dalla Germania. I partner hanno
condotto congiuntamente un'analisi
comparativa di 32 programmi di ricerca
dei paesi partecipanti.
Quello cipriota ha registrato il valore
medio più alto (3.75 su 4) nella valutazione comparativa, seguito dai programmi
di Ungheria, Estonia, Bulgaria, Lituania e
Polonia.Tutti questi programmi,secondo
la relazione, sono allo stesso livello di
quelli di riferimento (il programma TSI
del 6PQ, il programma CELTIC di EUREKA
e tre programmi tedeschi).
I partner hanno riscontrato che le aree
più deboli comuni a tutti i programmi
valutati erano l'apertura, la capacità
finanziaria e la qualità gestionale. Nella
relazione si osserva che tali risultati
denotano una difficoltà nell'allineare i
programmi nazionali nel contesto della
creazione di uno Spazio europeo della
ricerca (SER).
All'interno della relazione, si richiama
l'attenzione sul carattere etereogeneo e
frammentario dei programmi valutati e
sulla variazione delle priorità di ricerca
in ogni paese. Soltanto due dei programmi presi in esame riguardavano le
tecnologie mobili, mentre quattro di
essi erano classificati come orientati alle
TSI. Si è inoltre riscontrato che anche i
programmi di ricerca nazionali generali
non assegnano priorità alle TSI.
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/mag/giu 2006
Da notare, inoltre, come i bilanci differiscano in maniera sostanziale, anche
quando i valori nominali sono convertiti in standard di potere d'acquisto
(PPS). Per esempio il programma TSI
bulgaro ha un bilancio annuale pari a
134.000 euro in termini di PPS, mentre
il bilancio del programma equivalente
nella regione tedesca della Bavaria è di
4,5 milioni di euro.
In conclusione, la relazione osserva una
caratteristica comune della ricerca in
tutti i paesi valutati: le politiche e le strategie di ricerca, compresi i programmi
di ricerca, sono stati influenzati fortemente dal processo di integrazione
europea. "In generale, tale influenza è
stata evidenziata dalla rielaborazione
dei sistemi nazionali pubblici di finanziamento della ricerca sulla falsariga dei
programmi quadro comunitari e degli
obiettivi del SER e della strategia di
Lisbona", si afferma nella relazione. Si
tratta sicuramente di una buona notizia
per i promotori dello Spazio europeo
della ricerca, anche se tale aspetto ha
contribuito a rendere più difficoltoso il
compito dei partner ALIPRO.
Per consultare il testo integrale della relazione,
visitare:
http://alipro.eurescom.de/documents/ALIPRO_D3
_benchmarking_results_en.zipattrarre ricercatori
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preparatoria e di approfondimento
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* I nomi sottolineati riportano i Consiglieri Coordinatori della Commissione
Il Chimico Italiano • n. 2 • apr/magg/giu 2006
• Formazione e aggiornamento professionale
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