In questo numero - Consiglio Nazionale dei Chimici

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In questo numero - Consiglio Nazionale dei Chimici
In questo numero
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
Spedizione in Abb. postale Art. 2, comma 20/C
legge 662/96 - Filiale di Roma
10
6
Editore
Consiglio Nazionale dei Chimici
12
3 L’EDITORIALE
Le ragioni di una scelta
5 LA VOCE DEL DIRETTORE
Per l’Italia dei veleni possiamo fare molto
6 PRIMO PIANO
L’Italia nei veleni
8 Il Punto - Un’alleata chiamata chimica
Direzione, redazione e amministrazione
P.zza S. Bernardo, 106 - 00187 Roma
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Direttore responsabile
Armando Zingales
Direttore editoriale
Antonio Ribezzo
Coordinamento redazionale e grafica
Segni e Suoni
Gli articoli e le note firmate esprimono soltanto
l’opinione dell’autore e non impegnano il Consiglio
Nazionale dei Chimici né il Comitato di Redazione
(CdR). L’accettazione per la stampa dei contributi
originali di interesse scientifico e professionale nel
campo della chimica è subodinata all’approvazione
del CdR, previa revisione di tre Referee,
scelti dal CdR tra gli esperti del settore.
Quanto pubblicato nel Bollettino raccoglie
gli atti ufficiali del Consiglio Nazionale dei Chimici.
Stampa
Grafica Ripoli s.n.c.
9 ATTUALITÀ
Arsenale siriano a Gioia Tauro
10 L’intervista - Traffici tossici. Sanzioni più dure. Nicola Gratteri
12 Attualità2 - Una buona legge, ma non basta
13 LA STORIA
Da Seveso alla chimica verde
14 SPAZIO RICERCA
Mendeleevskaya: la stazione metro
che piace ai chimici
17 L’INTERVENTO
Ripartire dalla chimica
Concessionaria di Pubblicità
AGICOM srl
Autorizzazione del tribunale di Roma
n. 0032 del 18 gennaio 1990
La quota di iscrizione dei singoli iscritti
è comprensiva del costo e delle spese di spedizione
della rivista in misura pari al 5%
ASSOCIATO ALL’USPI
UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA
30 CHI SIAMO
Io, un chimico - Con la chimica è tutta un’altra musica
31 Pionieri - Lo scienziato dei due Nobel
19 IL CASO
Marghera, Porto di bellezze
33 VOCI DAL TERRITORIO
Un premio ai giovani iscritti
20 CHIMICA OGGI
Professione e lavoro - Pos dal 30 giugno
34 SPECIALE
Un chimico in Vaticano
22 Approfondimenti - Stanislao Cannizzaro
scienziato e politico multiforme
38 EVENTI
Il ministro Lupi incontra le Professioni Tecniche
24 NORMATIVE
Abusivismo nelle professioni, le pene aumentano
39 Congresso Nazionale CNC.
Prossima tappa Reggio Calabria
28 TAVOLE SICURE
La salsa della salute
42 PIANETA SANITÀ
Chimici al servizio del sistema sanitario nazionale
Numero chiuso in redazione il 06 - 03 -2014
Contiene IP
ILCHIMICOITALIANO
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
L’editoriale
di RAFFAELERICCIO e ARMANDOZINGALES
Le ragioni
di una scelta
Un accordo di cooperazione
tra la Società Chimica Italiana
e il Consiglio Nazionale dei Chimici
per un’informazione scientifica sempre più completa
La Chimica e l’Industria e Il Chimico
Italiano giungono oggi congiuntamente
a tutti i soci della Società Chimica
Italiana ed a tutti gli iscritti agli
Ordini dei Chimici. La Chimica e
l’Industria adotta in questa occasione
anche una nuova veste editoriale.
I membri degli organismi direttivi
della Società Chimica Italiana e del
Consiglio Nazionale dei Chimici
sono stati ampiamente informati su
tale iniziativa, avendone seguito fin
dall’inizio tutte le fasi evolutive, ma
ci sembra oggi opportuno fornire
un’ampia informazione a tutti gli
associati, sottolineando in particolare
gli obiettivi futuri che ci proponiamo di
raggiungere e che sono alla base di
tale scelta.
La Chimica e l’Industria è una rivista di
scienza e tecnologia e di informazione
scientifica per i chimici, con una
importante storia pluriennale che si
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
intreccia strettamente con quella della
Società Chimica Italiana, di cui essa
è anche l’organo ufficiale. Fondata
nel 1919 con il nome di Giornale di
Chimica industriale e applicata essa
assume successivamente l’attuale
denominazione e si consolida,
caratterizzandosi anche come rilevante
rivista di riferimento per l’industria
chimica, in un’epoca di grande
sviluppo della ricerca e dell’industria
chimica nazionale.
È questo il periodo a cavallo tra gli anni
50 e 60 in cui si sviluppano gli studi
di Giulio Natta presso il Politecnico di
Milano, cui faranno seguito un rapido
e poderoso sviluppo industriale e la
concessione del Premio Nobel per
la Chimica. Il Chimico Italiano nasce
nel 1990, come Organo Ufficiale del
Consiglio Nazionale dei Chimici, con
l’obiettivo di essere il principale canale
di informazione per i Chimici d’Italia
su tematiche tecniche, giuridiche ed
economiche di particolare rilievo per
la professione.
Entrambe le riviste hanno validamente
assolto i loro compiti e continuano
ad essere importanti strumenti di
informazione scientifica e tecnica
rivolta ad esperti del settore.
È tuttavia necessario chiedersi se sia
oggi opportuno, per la SCI e per il
CNC, sostenere l’onere di due riviste
che parlano di chimica ai chimici.
L’impegno
economico
richiesto
per editare e stampare una rivista
scientifica e distribuirla ai propri
associati è costantemente aumentato
nel tempo, mettendo a dura prova
gli equilibri di bilancio della SCI,
allo stesso modo il CNC ritiene che
sia necessario andare “oltre” sia per
quanto riguarda i contenuti che nel
pubblico destinatario della rivista.
D’altro canto la presenza di numerose
e prestigiose riviste scientifiche ad
ampia diffusione internazionale e
nuove iniziative editoriali basate
anche su piattaforme on-line, hanno
reso sempre meno attraenti le riviste
nazionali per la diffusione di articoli
scientifici e informativi.
È partendo da queste considerazioni
che si è sviluppato l’accordo di
cooperazione tra la SCI e il CNC
finalizzato allo sviluppo di sinergie
tra le due riviste, con l’obiettivo di
incrementarne la diffusione creando
anche le condizioni per una migliore
sostenibilità economica. L’accordo
prevede di editare congiuntamente
le due riviste e di distribuirle, sempre
congiuntamente, ad un ampio pubblico
di esperti del settore e di persone
interessate a comprendere il contributo
che la Chimica dà e potrà dare alla
qualità della vita, raggiungendo una
tiratura che dovrebbe tendere alle
15.000 copie. È opportuno sottolineare
che tale accordo non muove solo da
motivazioni economiche. L’obiettivo
finale qualificante è infatti il passaggio
ad una rivista unica che in prospettiva,
coinvolgendo anche altre parti
interessate, possa candidarsi ad
essere la rivista di riferimento, in
termini di informazione e divulgazione
scientifica, di tutti coloro che in Italia si
interessano di Chimica.
ILCHIMICOITALIANO
La voce del Direttore
di ANTONIORIBEZZO
Per l’Italia dei veleni
possiamo
fare molto
Fondamentale il supporto
della categoria nella gestione
e nella prevenzione
delle emergenze ambientali
e sanitarie
Ilva, Terra dei fuochi, Porto Marghera:
sono alcuni dei simboli dell’Italia
avvelenata
dall’incuria,
dalla
criminalità, dalla rassegnazione.
Abbiamo deciso di raccontare tra le
pagine della nostra rivista questo pezzo
di Paese, ricordato ossessivamente dai
media, ma più che mai abbandonato
a se stesso. Lo abbiamo fatto non ad
onor di cronaca, ma perché sentiamo
con convinzione che la nostra categoria
può dare un contributo importante in
termini di gestione delle emergenze
e di prevenzione delle stesse. Non è
retorica. I chimici possiedono valide
competenze sia in campo ambientale
che in campo sanitario. Non chiamarli
in causa significa negare un servizio
alla collettività.
Non vogliamo e non dobbiamo essere
autoreferenziali. La nostra rivista è
uno strumento di dibattito aperto a
tutti. Per questo abbiamo dato spazio
al pensiero di altri attori coinvolti nel
fenomeno dei “veleni d’Italia”. Con
loro vogliamo dialogare per stabilire il
contributo che ciascuno può dare alla
risoluzione di un problema reale, le cui
conseguenze gravano sulle spalle dei
cittadini.
Si tratta di vicende controverse dove
il mancato rispetto delle norme si
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
intreccia con anni e anni di inerzia da
parte delle istituzioni. Questo non deve
accadere. La recente approvazione
del decreto “Terra dei fuochi” dimostra
come ci siano validi strumenti che
servono non solo a fronteggiare le
criticità, ma anche e soprattutto ad
evitarle. La mappatura delle aree
più a rischio, che tale decreto rende
obbligatoria e gli screening di massa
ne sono la dimostrazione. Questi ultimi
in particolare consentirebbero, con
poche risorse, di effettuare controlli
mirati su merci e persone, andando
ad individuare le dirette conseguenze
provocate dai veleni. Li abbiamo più
volte chiesti a gran voce. E ora dalle
istituzioni arrivano le prime risposte.
Nessuna figura professionale è più
indicata del chimico per questo genere
di interventi. Abbiamo sollecitato il
Ministero della Salute e le rispettive
commissioni
parlamentari,
con
un’apposita lettera, affinché venga
riconosciuto alla chimica e ai chimici
il giusto ruolo in questo comparto,
che conta ancora un numero troppo
ridotto di professionisti appartenenti
alla nostra categoria. È una sfida.
Il viaggio nell’Italia dei veleni deve
aiutarci a capire quant’è importante
vincerla.
ILCHIMICOITALIANO
Primo Piano
L’Italia
di ANDREAZACCARELLI
e GIULIATORBIDONI
Ma le contromisure
ci sarebbero
Emergenza… nell’aria
Al gradino più alto del podio dei luoghi più inquinati d’Europa sale
la Pianura Padana. Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia europea
per l’ambiente, infatti, è in questa zona che si ha la concentrazione
massima di polveri sottili e sottilissime, senza considerevoli cambiamenti
tra il 2002 e il 2011. A questo quadro si aggiungono i risultati dello
studio Upupa condotto dal Laboratorio Energia e Ambiente Piacenza
(Leap), centro di ricerca dell’università Politecnica di Milano. Pubblicati
a gennaio, i dati denunciano la notevole presenza delle componenti
ultrafini: nanoparticelle come solfato e nitrato di ammonio estremamente
pericolose per la salute. Azioni condivise come la certificazione dei
piccoli impianti a biomassa legnosa o la revisione dei limiti di velocità
basteranno?
Il Paese appare asfissiato
da qualsiasi parte lo si guardi:
non si salvano le acque,
la terra, l’aria.
Eppure non tutto è perduto:
se l’antidoto si chiamasse
Chimica
I fiumi e il Sarno
È il corso d’acqua più inquinato d’Europa. Lungo 24 chilometri,
bagna oltre 800 mila persone, 39 comuni e 3 province: Avellino,
Salerno e Napoli. È il Sarno. Fiume che si è guadagnato il triste
primato continentale per gli scarichi dei poli industriali agroalimentari
e conciari che lo costeggiano. La riqualificazione, iniziata nel 1973,
ad oggi non è ancora conclusa. Intanto, il Rapporto nazionale sui
pesticidi nelle acque realizzato dell’Ispra ha rilevato come nel biennio
2009-2010 fosse presente un’alta concentrazione di pesticidi i fiumi e
laghi: riscontrati nel 55,1% dei punti analizzati, nel 28,1% dei casi le
concentrazioni erano superiori ai limiti. Circa 166 le sostanze trovate,
in prevalenza erbicidi e metaboliti.
ILCHIMICOITALIANO
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
nei veleni
La Terra dei Fuochi e veleni sepolti
Un trancio di terra tra le province di Napoli e Caserta, noto per le
discariche di rifiuti e i 3.500 roghi di scarti tossici e industriali appiccati
nel 2012. Secondo Legambiente, in 22 anni, sono stati sversati
illegalmente nelle discariche gestite dalla criminalità organizzata
10 milioni di tonnellate di veleni. Quasi 10 mila le vittime secondo il
dossier Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della
Salute, dal 1995 al 2002. Ricca anche la casistica giudiziaria: 82
inchieste per traffico di rifiuti, 915 ordinanze di custodia cautelare.
Ancora. Nel 1997 un pentito pugliese indicava agli inquirenti una
vasta area attorno a Casarano (Le): dove erano state interrate grandi
quantità di rifiuti, fotografati anche dai rilevamenti aerei di un velivolo
del Noe, Nucleo Operativo Ecologico. Ancora. Le banchine del porto
di La Spezia contenenti materiale da riporto tossico. Ancora…
Non quantificabile. Così
appare l’impatto dei veleni in Italia.
Troppe le matrici, troppe le vittime. Dispersivi i
canali per compiere valutazione definitive. In compenso,
sia pur non sempre misurabili nei loro effetti complessivi sulla
salute dell’uomo e dell’ambiente, casi ed esempi zampillano ovunque.
E spesso finiscono in tribunale, luoghi che più dei laboratori, di recente,
raccolgono esiti e dibattiti sull’argomento. Le fonti di inquinamento paiono
infinite, un millepiedi tossico. Alla notizia del passaggio della nave che conduce
gas siriano stanziando a Gioia Tauro, l’Italia si è sollevata, preoccupata più di
questo transito (senza tenere in conto se esistano o meno le professionalità adeguate
per le operazioni da eseguire, ed esistono confermano i chimici italiani) che dagli
arsenali dissotterrati o sommersi nel mare, eredità virale dell’ultima guerra mondiale: le
acque di Molfetta o del Golfo di Napoli lanciano segnali, sapremo interpretarli? Ancora.
Si dice Taranto, si pensa al colosso Ilva (ancora tribunali…), ma forse si dimenticano gli
altri 56 Sin, i Siti di Interesse Nazionale bollati con il marchio dell’urgenza di bonifica.
Talvolta il tempo è perduto: la collina di Pitelli, gigantesca discarica realizzata negli
anni ‘70 sul golfo di La Spezia, oggi è un luogo giudicato non più bonificabile. La
crisi economica non aiuta, ma nemmeno i criteri di selezione politica: nel 2011 il
taglio delle risorse deputate a queste operazioni è stato di 232 milioni di euro (pari
al 31,2 per cento del budget totale). Ancora. La battaglia dell’aria la vincono
le Pm10: nel 2008 Italia Nostra ha redatto la Carta di Mantova. Inizia così:
l’inquinamento in Valle Padana è emergenza nazionale, le concentrazioni
di agenti inquinanti superano del triplo il limite di giorni consentiti
dalle direttive europee. Seguono proposte. Ascoltate? Di fatto, il
Paese è sempre più asfissiato, eppure non mancherebbero le
contromisure, affidate alle professionalità scientifiche:
è o non è proprio la “buona” chimica uno degli
antidoti ai veleni d’Italia?
Il rischio fabbrica
La nazione che distrugge
il proprio suolo
distrugge se stessa.
Franklin Delano Roosevelt
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
Porto Marghera, il più esteso sito inquinato di Italia, coinvolge due
comuni e oltre 270 mila persone. Qui, il boom degli anni ‘60 ha
preso le forme di attività industriali per la lavorazione di idrocarburi,
inceneritori, centrali a carbone e discariche. Nel 2011, il sito è stato
riconosciuto come area di crisi industriale complessa, mentre a giugno
è stato approvato il Progetto per la riqualificazione e ricostruzione
industriale dell’area. Lo stabilimento Ilva di Taranto copre una superficie
di 15.450.000 metri quadrati. Qui, per lo studio Sentieri, i tumori alla
pleura eccedono del 350% negli uomini e del 200% nelle donne. Due
tasselli di un puzzle purtroppo ben più ampio.
ILCHIMICOITALIANO
Il punto
Un’alleata
chiamata chimica
di VERONICAFERMANI
Tomaso Munari, Vicepresidente CNC, passa in rassegna i veleni del quotidiano:
“Le nostre professionalità indispensabili per gestire l’ordinario
e prevenire le emergenze”
Il Ministero della Salute
ha recentemente scelto
lo screening sanitario per fronteggiare
l’emergenza Terra dei fuochi.
Qual è l’apporto effettivo che questo tipo
di strumento può dare in una vicenda come
quella dell’area campana?
È sempre corretto verificare oggettivamente
i potenziali effetti sulla salute e sull’ambiente
di azioni di questo genere, compiute più o
meno legalmente. Dobbiamo ricordare che
noi viviamo l’oggi, ma ereditiamo quanto
fatto ieri. È importante soprattutto avere
informazioni sullo stato generale della salute
delle persone per verificare se il problema
è circoscritto alla sfera ambientale o se
riguarda anche quella sanitaria.
Le attività di raccolta informazioni sono
fondamentali per defininire l’entità del
problema ambientale, evitando, laddove
possibile, conseguenze sulla salute.
È evidente che, in assenza di dati storici sulla
salute e sull’ambiente anteriori a questi eventi,
i nuovi dati devono essere raccolti e valutati
con serietà e rigore e molto difficilmente
potranno essere correlabili univocamente agli
sversamenti dei rifiuti. Il rischio, in assenza
di dati storici, è che gli stessi dati potrebbero
essere utilizzati in maniera strumentale con
l’effetto di generare timori ingiustificati nella
popolazione, ma in qualche momento con
l’acquisizione di questi dati bisogna partire!
In questo quadro è importante comprendere che, al di là della valutazione etica e
morale di taluni comportamenti, nel passato
la normativa ambientale non era così chiara
nei divieti, o addirittura era inesistente, e noi
non possiamo cadere nell’errore di valutare
le azioni, per quanto deplorevoli di allora,
con la misura attuale. Faccio un esempio:
fino al 1982 l’abbandono di rifiuti esisteva
solo in riferimento alle aree pubbliche e
pertanto la deposizione di rifiuti in aree non
pubbliche era legittima e spesso non era
preceduta da alcun atto di valutazione né
formale né sostanziale.
Fino agli anni ’70 in molte industrie erano
presenti, ed erano quasi obbligatori, pozzi
perdenti che immettevano gli scarichi di
processo nelle acque sotterranee.
Si trattava di consuetudini accettate e
consolidate se non addirittura prescritte. Le
acque e i suoli contaminati di oggi sono
quindi, soprattutto, frutto di ciò che ieri è
stato la norma. In ogni caso, la raccolta di
informazioni sulla contaminazione delle
persone e dell’ambiente serve anche ad
evitare i troppi errori del passato.
ILCHIMICOITALIANO
Quali sono ad oggi i veleni più diffusi?
Partiamo dal presupposto che il veleno lo fa
la dose. Numerosi problemi possono essere
dati dai solventi clorurati, utilizzati in passato in maniera copiosa per pulire i tessuti e
le superfici metalliche; queste sostanze hanno grosse problematiche ambientali perché
sono di lenta biodegradazione e, essendo
più pesanti dell’acqua, tendono a discendere in profondità negli acquiferi sotterranei,
rendendo sostanzialmente impossibile la
loro rimozione forzata. Altro rischio proviene dall’abuso persistente di pesticidi: si tratta
di sostanze che oltre ad avere effetti tossici,
spesso hanno conseguenze importanti sulla
capacità riproduttiva degli animali, ma anche degli esseri umani, tali effetti non sono
normalmente evidenti nel singolo individuo
ma si palesano col passare delle generazioni e dunque sono estremamente difficili da
verificare. Esistono poi rischi legati ai metalli
pesanti, o meglio metalli tossici, che possiamo trovare nell’ambiente sia per cause naturali, in quanto i minerali sono distribuiti in
maniera disomogenea sulla crosta terrestre,
ma anche per gestioni scriteriate di scarti industriali o rifiuti urbani. In relazione ai
metalli, il problema del mercurio merita un
approfondimento. L’amalgama di mercurio
in particolare in passato era molto diffusa:
veniva usata dai dentisti, ma anche dagli
orafi, il mercurio veniva impiegato massivamente negli impianti cloro-soda per la
produzione industriale di acido cloridrico
e idrossido di sodio, ma anche come ingrediente per vernici navali antivegetative.
Oggi, però, lo troviamo in piccole quantità
(pochi milligrammi ognuna) nelle lampade
a fluorescenza (quelle a basso consumo per
intenderci) e anche queste, se non vengono
correttamente avviate a recupero, ma gettate
nella spazzatura, contribuiscono alla contaminazione dell’ambiente. Se noi sommiamo
tutte le lampade a fluorescenza che non vengono gestite in maniera corretta attraverso
un’adeguata raccolta differenziata, il problema assume entità rilevanti: quasi l’80% di
queste lampadine immesse sul mercato infatti non viene recuperata e spesso finisce in
discarica. Sui rischi da esposizione a queste
ed altre cose, c’è poi un esempio che viene
dal passato: oggi potremmo dire che i romani erano dei pazzi perché usavano il piombo
per addolcire il vino e per fare contenitori
per gli alimenti e per le tubazioni. Ma oggi,
che sappiamo gli effetti che fa l’assunzione
di questo metallo, siamo ancora più pazzi
perché continuamo ad avere, in molte case
antiche, tubazioni di piombo senza preoccuparci di rimuoverle. Le fonti di esposizione
ai contaminanti ambientali sono sicuramente
molteplici. Nelle aree di particolare rischio,
il monitoraggio è sicuramente una attività
importante, ma in assenza di dati storici,
dovrebbe essere quantomeno accompagnato da campioni di controllo rappresentativi
del “fondo naturale e antropico”, realizzati
anche in aree distanti e non interessate dai
fatti in questione. Al di là del monitoraggio
sulle persone, non sarebbe una cattiva idea
cominciare a svolgere monitoraggi dei microinquinanti presenti a monte e a valle degli
impianti di depurazione o nei corsi d’acqua
o nelle fonti di approvvigionamento idrico.
Ad oggi abbiamo una buona, anche se non
ancora esauriente, conoscenza scientifica su
queste problematiche, ma le norme vigenti
sono assolutamente datate. Bisogna cercare
di promuovere soluzioni migliori per la gestione, non delle emergenze, ma dell’ordinario perché è con la gestione corretta dell’ordinario che si prevengono le emergenze.
Il chimico come figura professionale che
contributo può dare?
Nostro malgrado il chimico si interessa di
tantissime attività perché la materia, il mondo
reale, è chimica e si basa su processi chimici;
gli stessi processi biologici sono comunque
un sottoinsieme, per quanto straordinario,
dei processi chimici. Esistono molti chimici
che si occupano di problematiche ambientali
e sanitarie: la comprensione delle dinamiche
dei contaminanti, che siano nei suoli o nelle
acque, delle loro trasformazioni e degradazioni, la ripartizione degli stessi nelle varie
matrici ambientali acqua, suolo o aria e le
interazioni con le altre sostanze presenti nell’ambiente, i processi di bioaccumulo e biodegradazione richiedono competenze chimiche rilevanti e rendono l’attività del chimico
fondamentale sia in campo ambientale che
sanitario. Questa professione è importantissima per il nostro Paese, ma numericamente
sottorappresentata. Questo perché il percorso di studi in chimica è estremamente complesso: bisogna avere una buona conoscenza delle scienze “dure” come la matematica,
la fisica ed evidentemente la chimica; ma
anche competenze di geologia, idrogeologia per comprendere gli aspetti ambientali
e di tossicologia per quelli sanitari. Il chimico
ovviamente da solo non può fare tutto, perché i tuttologi non esistono, ma il suo ruolo è
imprescindibile per una gestione seria delle
problematiche sanitarie e ambientali.
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
Attualità
di GIULIATORBIDONI
Arsenale siriano
a
Gioia Tauro
Nel porto calabrese previsto il trasbordo
delle armi chimiche provenienti da Damasco.
Protesta di cittadini e amministratori locali.
Ma esistono le condizioni per fare tutto in sicurezza
La guerra civile di Siria esce dai suoi
confini e arriva in Italia. In 1.500
container. Tanti ne serviranno, infatti,
per trasportare le 560 tonnellate di
aprite, gas nervino e agenti chimici
impiegati nella fabbricazione di armi
che, caricati sulla nave danese Ark
Futura, salperanno dal porto di Lakatia,
per raggiungere Gioia Tauro. Sostanze
e composti chimici che il Presidente
Bashar al-Assad, in base agli accordi
con le Nazioni Unite, ha acconsentito a
consegnare alla comunità internazionale
affinché li distrugga entro il 30 giugno.
L’arrivo della nave era previsto per
metà febbraio. I ritardi accumulati dalle
autorità di Damasco nelle operazioni
di carico hanno tuttavia causato lo
slittamento delle fasi successive di
smantellamento dell’arsenale siriano.
Tanto che, a fine febbraio, Damasco
ha dichiarato di potere fare uscire dal
proprio territorio una parte del materiale
chimico entro il 13 aprile e un’altra,
stoccato in depositi meno accessibili,
entro il 27. Ma che cosa dovrebbe
accadere in Italia? Al porto calabrese di
Gioia Tauro si faranno tutte le delicate
operazioni di trasbordo delle armi dalla
nave olandese che le ha caricate in
Siria, alla nave statunitense Cape Ray,
appositamente adibita alle azioni di
smaltimento di sostanze chimiche. Una
vicenda, questa delle armi chimiche
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
siriane al porto di Gioia Tauro, che
ha sollevato dubbi e proteste da parte
di amministratori locali e cittadini.
Paure eccessive e infondate, secondo
il Presidente del Consiglio Nazionale
dei Chimici, Armando Zingales, che,
intervenendo sulla questione, ha
ricordato non solo come “il nostro Paese
è perfettamente in grado di gestire
il trasbordo”, ma anche la rilevanza
internazionale dell’operazione. “Se
l’Italia vuole rimanere nella rosa dei
Paesi industrializzati e competitivi – ha
detto ancora Zingales – deve dimostrare
di saper coordinare al meglio situazioni
delicate come questa, così da ottenere il
giusto prestigio sul piano internazionale.
I nostri concittadini devono sapere
che non si deve avere paura, ma che
bisogna credere di più nelle proprie
potenzialità”.
Le operazioni di trasbordo, infatti,
non solo si inseriscono in un piano
delle Nazioni Unite per il disarmo
del Presidente siriano Al-Assad che
chiama in causa anche il nostro
Paese, ma rappresentano un delicato
passaggio su cui si concentra l’interesse
dei media di tutto il Mondo. Dunque,
sono un’opportunità per dimostrare la
professionalità e la competenza dei
tecnici italiani. “Non si può pensare
di crescere e di migliorare se si
rifiuta a priori di affrontare qualsiasi
questione più o meno delicata – ha
detto ancora Zingales – Si tratta di
trasferire i contenitori delle sostanze
chimiche pericolose da una nave a
un’altra. Operazioni di questo genere
vengono compiute quotidianamente
nei nostri porti e in mille altri luoghi
dove
personale
addestrato
sa
fronteggiare il pericolo e limitare al
massimo i rischi. Come chimici siamo
convinti che quella di Gioia Tauro sia
un’opportunità con cui dimostrare che
nel nostro Paese non abbiamo difficoltà
ad
affrontare
professionalmente
problemi tecnici delicati, altrimenti
saremo estromessi dall’interno mercato
della movimentazione delle merci
pericolose”. Intanto, i principali attori
del territorio hanno più volte manifestato
le proprie preoccupazioni per l’arrivo
dell’arsenale chimico siriano. E mentre
le rassicurazioni del Presidente della
Regione, Scopelliti, cadevano nel
vuoto, il coordinatore dei sindaci della
Piana, Emanuele Olivieri, ha ribadito il
“no, senza se e senza ma” al trasbordo
dei veleni. Una presa di posizione che
non tiene conto in alcun modo delle
competenze professionali di cui l’Italia
è certamente ricca. Su questo, arriva
con fermezza il monito del Presidente
del CNC: “Dobbiamo avere più fiducia
nel nostro capitale umano”.
ILCHIMICOITALIANO
L’intervista
intervista di ANNAMARIAGABRIELLI
Traffici tossici
Sanzioni più dure
Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto
presso il Tribunale di Reggio Calabria,
in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata,
spiega i retroscena di un business che non si arresta
Quanto incide, secondo lei, il traffico
di rifiuti tossici nel business delle
Mafie?
I traffici illeciti di rifiuti costituiscono sin
dagli anni 80 uno dei principali affari
della criminalità organizzata di stampo
mafioso che ha ben compreso quali
ingenti profitti si potessero ricavare
da tali illecite attività. È evidente che
le organizzazioni criminali di stampo
mafioso trovino una loro naturale
capacità di manifestazione
e di
svolgimento del programma criminoso
con riguardo al fenomeno ecologico
latamente inteso.
Avere un territorio a disposizione
è condizione indispensabile per
potere
commettere
in
termini
criminologicamente rilevanti i reati
ambientali. Il reato ambientale, in
fondo, nella sua più ampia dimensione,
consiste nella capacità di avvelenare
un territorio per lo smaltimento di
rifiuti di ogni genere e il “territorio”
è appannaggio dell’organizzazione
mafiosa. Il business dei rifiuti costituisce
un’ampia fetta dell’economia mafiosa
e la naturale vocazione transnazionale
dei reati di traffici illeciti di rifiuti
porta inevitabilmente le associazioni
criminali mafiose a interloquire con
associazioni criminali di altri paesi,
sicché il nostro territorio diventa luogo
di transito, più spesso di destinazione,
di rifiuti tossici di ogni genere.
A fronte delle dimensioni dei traffici
la risposta repressiva è assolutamente
insoddisfacente, e ciò anche a causa
di una normativa penale del tutto
inadeguata nonostante alcuni recenti
interventi normativi che sono, a mio
avviso, come spesso accade, interventi
spot che tamponano temporaneamente
e poco efficacemente contingenti
10
ILCHIMICOITALIANO
emergenze, ma lasciano inalterate e
insolute le problematiche di fondo.
Per tornare alla domanda, il traffico di
rifiuti tossici incide in misura rilevante
nel business delle Mafie, e costituisce
in molti casi anche uno strumento per
riciclare il denaro sporco frutto delle
attività illecite dell’associazione.
Dove e in che settori si sviluppano i
maggiori guadagni illeciti?
Indubbiamente i maggiori guadagni
sono quelli che derivano dallo
smaltimento illecito dei rifiuti tossici
provenienti dalle attività industriali.
Ma in realtà tutti i settori ambientali
sono esposti alle infiltrazioni della
criminalità mafiosa, dallo smaltimento
dei rifiuti urbani, a quello dei rifiuti
speciali, dai rifiuti pericolosi a quelli
non pericolosi. La criminalità mafiosa è
riuscita ad infiltrarsi anche nel campo
delle bonifiche dei territori inquinati,
lucrando sulle fittizie attività di bonifica,
con l’ulteriore aberrante effetto di
un’amplificazione
ed
estensione
dell’inquinamento. Altro importante
settore in cui le Mafie hanno affermato
la propria forza, anche attraverso un
sistema di connivenze e complicità
con pubblici amministratori, è quello
dell’edilizia. Anche in questo campo,
gli effetti dannosi per la collettività
sono incommensurabili in quanto oltre
alla devastazione del territorio vi sono
i danni derivanti dalla realizzazione
di costruzioni non a norma anche in
zone caratterizzate da fragilità dal
punto di vista idrogeologico.
cioè sono fisicamente di tale
imponenza che non possono sfuggire
al controllo sociale. Non possono
per definizione essere realizzati in
modo totalmente occulto. E allora
è inevitabile domandarsi perché vi
siano poche denunce da parte dei
cittadini. Le mafie si comportano
sempre con le stesse modalità, e
quindi non deve meravigliare questa
circostanza, anomala solo laddove si
parlasse di organizzazioni criminali
non di stampo mafioso. Il traffico
illecito di rifiuti avviene o tramite
la collusione di pubblici funzionari
(sempre frutto di una manifestazione
di forza sul territorio) o col controllo
del territorio nel senso letterale del
termine. L’infiltrazione mafiosa nei
traffici di rifiuti è l’ennesima e, forse,
più disastrosa conseguenza del forte
radicamento
dell’organizzazione
mafiosa sul territorio. Dico “più
disastrosa” perché la potenzialità
offensiva degli illeciti ambientali non
è preventivabile e, spesso, non si è in
grado di quantificare gli effetti dannosi
sulla salute delle generazioni presenti
e future. Non credo, quindi, che si
possa parlare di connivenza delle
popolazioni, quanto di soggezione.
Le connivenze, o complicità, sono
quelle che le organizzazioni mafiose
riescono ad stringere con apparati
della pubblica amministrazione e
finanche con gli organi di controllo.
Se c’è qualcuno che chiude gli occhi
dolosamente non è certo il comune
cittadino.
Di che connivenza con la popolazione
hanno bisogno questo tipo di reati?
I fenomeni afferenti al ciclo del rifiuti
sono, per così dire, “macrofatti”,
In base alla sua esperienza, quali
e quante infiltrazioni con il mondo
professionale e gli imprenditori
necessitano questo tipo di traffici?
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
Il business dei rifiuti coinvolge inevitabilmente diverse figure: appartenenti alla pubblica amministrazione, imprenditori, soggetti deputati
ad effettuare attività di controllo e di
monitoraggio, tecnici di laboratorio,
trasportatori, coloro che gestiscono o
dovrebbero gestire la cosa pubblica.
Si tratta di un settore in cui devono
gravitare diversi personaggi, tutti complici o conniventi, affinché l’intera e
complessa filiera delle operazioni necessarie per l’illecito smaltimento dei
rifiuti possa funzionare.
È inevitabile che siano coinvolti
diversi personaggi perché l’attività
di smaltimento illecito dei rifiuti deve
necessariamente avvenire attraverso il
“mascheramento” dei rifiuti medesimi,
e cioè attraverso documentazione
falsa, corruzioni di pubblici ufficiali,
falsificazioni dei certificati di analisi
dei rifiuti, disponibilità di mezzi e
uomini.
Le difficoltà investigative possono
nascere proprio dal fatto che è
necessario entrare in ambito in cui
affari, mala politica e criminalità si
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
intrecciano fra di loro, ma questa
è una peculiarità che riguarda tutte
le indagini in cui sono coinvolte
associazioni criminali di stampo
mafioso.
Da quando ha iniziato le prime
indagini ad oggi, qual è stata
l’evoluzione del business negli ultimi
20 anni?
Di sicuro negli ultimi 20 anni il traffico
illecito dei rifiuti si è incrementato in
modo esponenziale di pari passo con
un processo di globalizzazione che ha,
per così dire, creato un mercato unico
dello smaltimento illecito dei rifiuti,
mercato che evidentemente continua
ad essere appannaggio principale
delle organizzazioni criminali che
si connotano per la loro capacità
di controllare in modo capillare il
territorio. I reati ambientali, al pari di
altre tipologie di reati, quali il traffico
di stupefacenti, il traffico di esseri
umani, il riciclaggio, sono reati a
vocazione tipicamente transnazionale,
il che significa che spesso gli organi
investigativi si trovano di fronte alla
necessità di superare i confini nazionali
e instaurare collegamenti di indagine
con l’autorità giudiziaria straniera e
con la polizia giudiziaria di diversi
paesi. L’attribuzione della competenza
alle Procure distrettuali Antimafia per
il reato di traffico illecito di rifiuti è il
segno del recepimento da parte del
legislatore della naturale tendenza di
tale tipologia di illecito a superare i
confini regionali e nazionali, e della
necessità per gli investigatori di potere
usufruire degli strumenti di indagine
più incisivi di cui sono dotate le Procure
Distrettuali Antimafia.
Sono però ancora molte le lacune
normative e sarebbe necessario mettere
mano in modo organico alla normativa
sulla tutela penale dell’ambiente,
rielaborando le fattispecie di reato
in modo da non lasciare spazi di
offensività non puniti adeguatamente,
prevedendo sanzioni molto più
dure dotate di una reale efficacia
specialpreventiva e generalpreventiva.
È una riforma, a mio avviso, non più
rinviabile.
ILCHIMICOITALIANO
11
Attualità2
di SERGIOSINIGAGLIA
Una buona legge,
ma non basta
È stato recentemente approvato il decreto
riguardante la “Terra dei fuochi”.
Giudizio positivo da parte dei chimici.
Ma è necessario cambiare la cultura del Paese.
Altrimenti i provvedimenti
si possono rivelare insufficienti
L’auspicio è che, come spesso purtroppo
non accade, all’approvazione di un
provvedimento che cerca di dare
risposte ad un problema drammatico,
segua un’attuazione coerente ed
efficiente. Ci riferiamo al decreto sulla
“Terra dei fuochi” approvato da alcune
settimane. Si compone di nove articoli. E
si occupa anche della questione Ilva. Per
quanto riguarda le vicende campane,
i punti principali sono i seguenti:
l’introduzione del reato di combustione
dei rifiuti, strumento che si ripromette di
contrastare i roghi, spinta ulteriore sulle
bonifiche (anche con il Fondo unico
giustizia, creato apposta con le risorse
provenienti dalla confisca di beni e
guadagni illeciti delle criminalità),
il conferimento di poteri speciali al
prefetto di Napoli, l’istituzione al
Dipartimento della pubblica sicurezza
del Ministero dell’Interno di un gruppo
12
ILCHIMICOITALIANO
per il monitoraggio, la mappatura
dei terreni inquinati (distinzione con
quelli “no food”), l’uso dell’esercito
per il presidio del territorio, screening
sanitario gratuito per Campania e
Puglia (50 milioni, 25 a testa per il 2014
e il 2015) con il contributo dell’Istituto
superiore di sanità, l’implementazione
dello studio “Sentieri” sui siti inquinati,
una maggiore trasparenza per i
cittadini e l’aiuto alla filiera agricola.
I chimici, attraverso la voce del
Presidente, Armando Zingales, hanno
valutato positivamente il decreto,
considerandolo un “passo in avanti
in quella che deve essere una delle
priorità del Paese, ovvero la bonifica
del territorio”. Infatti, è noto come in
Italia ampie zone della penisola siano
state sottoposte a scelte irresponsabili,
le quali, in nome anche di facili
guadagni, hanno messo gravemente
a repentaglio la salute dei cittadini.
Dunque ben venga una legge che dà
un importante contributo alla lotta
contro l’avvelenamento dei nostri
territori e delle colture per difendere la
salute di tutti noi, e che tutela le nostre
tipicità. E i chimici sono pronti, come
sempre, a fare la loro parte. Ma sarà
anche fondamentale non avere una
visione emergenziale del fenomeno,
dotandosi di politiche che puntino sulla
prevenzione con controlli quotidiani. Un
monitoraggio costante che impedisca le
degenerazioni viste in Campania. Per
tutto questo serve una salto di qualità
nella cultura del Paese. La repressione
del fenomeno e la stessa prevenzione
possono rivelarsi insufficienti se non si
progredisce dal punto di vista civico. E
qui i decreti servono a poco. È la nostra
forma mentis che deve cambiare.
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
La storia
di SERGIOSINIGAGLIA
Da Seveso
alla
chimica verde
chimica
Nel collegio che 38 anni fa
effettuò le analisi
dopo la fuoriuscita
della nube tossica,
erano presenti 4 professionisti
appartenenti alla categoria.
Il ricordo di Sergio Facchetti.
Oggi l’industria
si dimostra più attenta
alla sostenibilità ambientale
Era il luglio del 1976, nonostante
ormai fossero lontani i tempi del boom
economico, l’Italia era già entrata nel
pieno delle vacanze. Il 6 maggio un
terremoto aveva devastato il Friuli. Il
20 giugno le elezioni politiche avevano
sancito il duopolio DC – PCI. Sabato
10 luglio alle 12.37 gli abitanti di un
piccolo comune lombardo, Seveso,
videro levarsi nel cielo una nube
tossica sprigionata dallo stabilimento
della società Icmesa, presente nel
territorio di Meda, confinante con la
loro cittadina. Il sistema di controllo
di un reattore chimico destinato alla
produzione di triclorofenolo andò in
avaria e la temperatura oltrepassò i
limiti previsti. L’apertura delle valvole
di sicurezza evitò fortunatamente
l’esplosione del reattore, ma l’alto
calore portò alla formazione di
diossina. La nube, a causa del vento,
prese la direzione sud e colpì anche i
comuni di Cesano Maderno e Desio,
ma fu Seveso a subire le conseguenze
più pesanti. Nell’immediato non si
registrarono vittime, ma furono decine
le persone colpite dalla nube tossica
e le conseguenze sulla salute delle
persone si sono protratte nel tempo.
Migliaia i capi di bestiame abbattuti.
Uno studio pubblicato nel 2008 ha
evidenziato come a più di trent’anni
dal disastro gli effetti su un campione
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
ampio della popolazione siano ancora
considerevoli. Per quanto riguarda
l’aumento dei tumori ci sono pareri
contrastanti. Infatti, dopo le paure
iniziali, la ricerca ha verificato come le
morti per cancro sono rimaste costanti
nel tempo, anche se comitati civici
locali contestano i dati ufficiali.
All’interno del collegio dei sei periti
nominato dall’Autorità Inquirente del
tribunale di Monza erano presenti
quattro chimici. Ricorda Sergio
Facchetti, oggi membro del CNC: “Le
analisi effettuate sul materiale residuo
del reattore, sede dell’esplosione,
hanno permesso di definire il
meccanismo della reazione fuggitiva
e l’identificazione delle sostanze
tossiche prodotte. La successiva
messa a punto di tecniche analitiche
di elevata sensibilità e specificità,
comprensive
dell’abbinamento
della gas-cromatografia a colonne
capillari in alta risoluzione accoppiata
alla spettrometria di massa in alta
risoluzione
(HRGC-HRMS),
ha
consentito una estesa e accurata
mappatura ambientale (suoli e
vegetali) della presenza di 2,3,7,8tetraclorodibenzodiossina (diossina)
a livello di milionesimi di milionesimi
di milligrammo, la comprensione dei
meccanismi di assorbimento della
diossina da parte di diverse specie
vegetali e gli studi di distribuzione
della diossina negli animali e
nell’uomo a seguito dell’avvenuta
esposizione alla nube tossica di
Seveso, con evidenziazione dei diversi
comportamenti bio-metabolici”.
Un contributo fondamentale che
per Facchetti “ha costituito la base
per un significativo avanzamento
nell’approccio metodologico relativo
alla gestione dei grandi eventi di
contaminazione ambientale e nella
comprensione del destino della
diossina negli organismi vegetali e
animali, uomo compreso”.
A distanza di tanto tempo possiamo
dire che la vicenda di Seveso esplicitò
il
problema
dell’inquinamento
industriale e la necessità di avviare
politiche in grado di garantire sviluppo
economico e tutela ambientale. Allora
il concetto di sostenibilità era pressoché
sconosciuto, ma negli anni ottanta,
lentamente, cominciò ad entrare nel
linguaggio comune.
Oggi la sensibilità ambientale è
quanto mai diffusa anche nel mondo
industriale. La “chimica verde” è
una realtà a dimostrazione di come
l’innovazione tecnologica e quella
imprenditoriale siano una garanzia
per la salute di tutti.
Una speranza in più per il nostro
futuro.
13
ILCHIMICOITALIANO
Spazio Ricerca
di ADRIANOFRANCESCANGELI
Mendeleevskaya:
la stazione metro
che piace ai chimici
RIASSUNTO:
Oggi la Russia primeggia nelle
cronache di tutti i mass media per il
recupero del suo peso politico e militare
ma anche per l’azione di censura
esercitata dai suoi amministratori.
Tuttavia ci sono ambiti in cui l’Italia
ha molto da imparare dalla Russia;
tra questi c’è il campo della cultura.
In Russia la cultura scientifica non
è posta in secondo piano rispetto
a quella umanistica. Succede così
spostandosi nelle viscere di Mosca
in metro ci si possa imbattere nella
Stazione dedicata a Pushkin così
come in quella dedicata a Mendeleev
e la sua Tavola.
Parole chiave: Stazione, Metropolitana, Mendeleev
ABSTRACT:
Nowadays our mass-media focus on
Russia’s attempts to regain political
and military status, as well as on the
restrictions and censorship applied by
the government. Nonetheless, there
are areas in which Italy has much to
learn from Russia, including the field
of culture. In Russia the culture of
science does not take second place to
the culture of the humanities. In fact,
even travelling on the Metro, deep
in the heart of Moscow, one passes
from a station celebrating Pushkin to
another honouring Mendeleev and his
Periodic Table.
Key words: Station, Metro, Mendeleev
14
ILCHIMICOITALIANO
Qualche anno fa fu pubblicato un libro
dal titolo “Metro 2033” che descriveva
il possibile scenario del pianeta dopo
una guerra nucleare; il libro racconta
le vicende di un gruppo di esseri umani
sopravvissuti alle radiazioni proprio
perché rifugiatisi nella profonda
Metropolitana di Mosca.
In ordine di tempo, “Metro 2033”
è solo uno degli ultimi omaggi resi
alla Metropolitana Moscovita che,
assumendo le sembianze di una
piovra, si snoda nel ventre di Mosca
custodendone una parte importante
della sua anima. Tra storie e leggende,
la Metropolitana Moscovita custodisce
anche primati di carattere storico,
numerico ed artistico, al punto che
alcune stazioni vengono ritenute
autentici musei in cui sovente si
celebrano i miti della nazione.
In Russia a differenza dell’Italia la
separazione tra cultura umanistica
e scientifica è molto meno marcata,
e così ecco che la Metropolitana di
Mosca oltre a celebrare Pushkin e
Dostoevskij non si dimentica del suo
chimico più famoso e con lui della
Chimica.
Aperta nel 1988 e situata lungo
la linea grigia Altuf’evo-Annino,
la stazione Mendeleevskaya porta
il nome del famoso chimico russo
Dmitrij Ivanovič Mendeleev vissuto tra
il 1834 ed il 1907. La sua biografia
ce lo consegna come un russo figlio
del suo tempo, ma anche come un
autentico scienziato dotato di grande
curiosità ed intuizione.
Mendeleev ha il merito di aver creato
la tavola periodica degli elementi la
cui importanza nella chimica è pari
a quella dell’alfabeto per una lingua,
e quale sia l’importanza di questa
lingua rifulge dal fatto che a sua volta
la Chimica è un pilastro portante per
molte discipline scientifiche classiche
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
Fig.2
Fig. 1
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
(biologia, agraria, farmacia, etc…) e
per le discipline moderne ed innovative
quali le nanotecnologie.
Il Nostro pose al centro della
chimica i singoli elementi con le loro
caratteristiche in peso, le loro proprietà
elettroniche e si rese conto del ripetersi
periodico delle peculiarità degli
elementi. Le sue investigazioni furono
così accurate che intuì l’esistenza
di elementi chimici che ancora non
erano stati scoperti e ne previde le
peculiarità, ad esempio Scandio [Sc],
Germanio [Ge], Gallio [Ga] e Renio
[Rn].
La stazione Metro Mendeleevskaya
omaggia il Nostro non solo portandone
il nome, ma anche con le decorazioni.
I lampadari della stazione (fig.1) hanno
per motivo le strutture molecolari di cui
gli atomi sono i costituenti. Inoltre, una
parete della stazione (fig.2) presenta
una scultura raffigurante Mendeleev
attorniato dai suoi elementi e, disposti
in maniera simmetrica, due molecole
di benzene, simbolo della chimica
organica e di quella petrolifera cui
pure Mendeleev diede importanti
contributi in termini di insegnamento,
ma anche di investigazioni.
Ad esempio, egli scrisse il primo libro
russo di chimica organica[1] e diede
importanti contributi per lo studio dei
giacimenti petroliferi del Caucaso.
Un’altra parete della stazione presenta
una scultura raffigurante numerose
forme geometriche; nell’intenzione
dell’artista,
probabilmente,
una
maniera per esaltare il ruolo degli atomi
nella composizione della materia.
Mendeleev fu un grande chimico non
solo per le sue intuizioni ed il suo
approccio sperimentale, ma anche
perché fu un convinto sostenitore del
ruolo della didattica nella società e dei
convegni e degli scambi internazionali
come necessario momento di apertura
mentale per uno scienziato. Dalla
biografia di Mendeleev[1-2] emerge
anche un grande uomo di stato che
non si prestò al semplice ruolo di servile
consulente tecnico come molti suoi
colleghi, ma che al contrario fu fautore
di una scienza utile per la risoluzione
delle reali problematiche economiche
del Paese non sottraendosi al diretto
contatto con la gente, di qui la scelta
di affrontare i lunghi viaggi in treno in
terza classe proprio per ascoltarne le
problematiche; le sue scelte spesso lo
costrinsero allo scontro coi poteri forti
della Russia al punto da renderlo uno
scienziato rivoluzionario a 360°!
Mendeleev non è stato insignito
del Premio Nobel, ma il suo posto
nella storia è gratificato oltre che
da numerosi francobolli emessi da
vari Stati, anche dalla dedica di un
elemento della Tavola Periodica: il
Mendelevio il cui simbolo è [Md].
L’invito per tutti gli appassionati di
Scienza è di includere questa stazione
metro tra le proprie tappe di un tour a
Mosca ed anche a scoprire la biografia
di questo grande scienziato.
BIBLIOGRAFIA
[1] Michael D. Gordin - “A wellordered thing: Dimitrii Mendeleev
and the scado of the periodic table”
- Basic Books 2004
[2] http://www.minerva.
unito.it/Storia/Mendeleev/
NebbiaMendeleev.htm
15
ILCHIMICOITALIANO
16
ILCHIMICOITALIANO
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
L’intervento
intervista di ANDREAZACCARELLI
Attrarre
investimenti
europei
Intervista ad Antonio Tajani, Vice Presidente della Commissione Europea.
“Se l’Italia vuole avviare un percorso di reindustrializzazione,
e rafforzare la sua competitività, deve migliorare la sua capacità d’innovazione”
(Continua dal numero precedente)
Rispetto ai fondi in arrivo per la
ricerca, che cosa può fare l’Italia per
ridurre le distanze con gli altri Paesi
europei?
Se l’Europa nel suo complesso perde
terreno, l’Italia, 42esima nella classifica
sulla competitività del World Economic
Forum, è in una situazione ancora più
difficile. Il nostro Paese è promosso
solo su 7 dei 30 indicatori del nostro
rapporto di competitività.
Ad esempio, la produttività del
lavoro si ferma a 48 contro i 67 della
Germania; solo il 30% del PIL è legato
all’export rispetto al 50% tedesco;
l’innovazione è a 5 su 10, 2 punti in
meno dei paesi scandinavi; l’elettricità
costa il doppio che in Francia; la qualità
delle infrastrutture è sotto la media
europea; solo 3 Paesi fanno peggio
di noi per favorire il business; e siamo
ultimi per i tempi di pagamento degli
enti pubblici. Se l’Italia vuole avviare
un percorso di reindustrializzazione,
indispensabile per creare nuova
occupazione e rafforzare la sua
competitività, deve migliorare la sua
capacità d’innovazione.
Questo non significa solo investire di
più, ma anche e, soprattutto, investire
meglio e in maniera efficace, con vere
priorità, in dialogo con le imprese ed
evitando sprechi e duplicazioni.
In termini di sfruttamento delle risorse
europee, quale contributo possono
dare le professioni scientifiche, come
quella dei chimici, per la ripresa
economica del Paese?
La chimica ha dimostrato di essere
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
un settore solido, capace di resistere
ai contraccolpi della crisi. Nel corso
dell’ultimo anno, le industrie chimiche
europee hanno generato il 20%
della produzione mondiale, dando
un’occupazione di qualità a oltre 1
milione di addetti. Tuttavia, sebbene
l’Europa rimanga un produttore di
punta, la Cina ci ha raggiunti e superati,
portando la sua quota di mercato al
27%. È prioritario creare e favorire
le migliori condizioni affinché l’UE
continui ad attrarre investimenti nella
chimica, in particolare con un quadro
normativo più semplice, efficiente e
prevedibile. È importante tenere conto
delle dimensioni medie delle nostre
aziende. Salvo pochi grandi gruppi, il
tessuto manifatturiero e imprenditoriale
europeo è, infatti, composto da un
universo di PMI, di cui molte sono
micro-imprese. Il 90% delle nostre
aziende conta meno di 10 dipendenti.
Nel settore chimico questa percentuale
17
ILCHIMICOITALIANO
sale al 96%. In generale, appena il
13% delle PMI europee esporta nei
mercati internazionali; e solo il 26%
nel mercato interno. Di conseguenza
è altrettanto essenziale promuovere
l’internazionalizzazione,
clusters
innovativi e ridurre la burocrazia.
Il settore chimico è industrializzato
al di sopra della media del settore
manifatturiero.
L’accordo di libero scambio con gli
Stati Uniti può costituire un’occasione
importante di crescita per le nostre
esportazioni. In linea con questo
approccio
nell’applicazione
del
regolamento Reach, da marzo di
quest’anno, le PMI possono beneficiare
di riduzioni che vanno dal 35% al 95%
sugli oneri di registrazioni, e dal 25%
al 90% sulle autorizzazioni. Per non
scoraggiare gli investimenti, la nostra
normativa deve essere più semplice,
più stabile, quindi considerare
18
ILCHIMICOITALIANO
sistematicamente gli effetti cumulativi.
Di fronte a concorrenti che beneficiano
di prezzi più bassi per l’energia e,
inoltre, di un accesso diretto alle
materie prime, la nostra industria
deve giocare maggiormente la carta
dell’innovazione, che da sempre è
l’anima della chimica europea.
Ad esempio, il segmento biologico oggi
ha un fatturato di circa 50 miliardi e,
secondo recenti stime, rappresenta
già 120mila posti di lavoro diretti e
340mila complessivi. Ma la chimica
sostenibile europea, per imporsi, ha
bisogno di essere parte integrante di
una chimica forte e competitiva.
Per questo la Commissione sostiene
progetti di Ricerca e Sviluppo,
nell’ambito di Horizon 2020, per
tecnologie più pulite e efficienti sotto il
profilo delle risorse e dell’energia.
A questo proposito, il 6 Dicembre
scorso abbiamo tenuto alla Sapienza
di Roma la prima tappa dei Raw
Materials University Days, rivolti
proprio allo sviluppo dei “mestieri del
futuro”, legati strettamente alla politica
di riciclo, riuso e sostituzione di materie
prime dove la chimica gioca un ruolo
essenziale. I numeri parlano chiaro.
In un Paese, come l’Italia, dove la
disoccupazione giovanile ha raggiunto
la soglia del 40%, gli investimenti nel
settore delle materie prime possono
creare migliaia di nuovi posti di lavoro
qualificati. Sempre nell’ambito del mio
impegno costante verso interventi di
formazione dei giovani, nel giugno
del 2011 ho proposto un nuovo
programma per laureati nel campo
delle politiche chimiche.
Con questa iniziativa i giovani laureati
o studenti universitari che si trovano
alla fine dei loro studi possono
acquisire un’esperienza di come
lavora l’ECHA, l’Agenzia europea per
le sostanze chimiche, che gestisce gli
aspetti pratici del regolamento REACH
(Registration, Evaluation, Authorisation
and Restriction of Chemicals). L’abilità
e l’esperienza dei giovani laureati
contribuiscono a raggiungere gli
obiettivi di REACH in tema di sostanze
chimiche più sicure in tutta Europa.
Con questo programma abbiamo
voluto sviluppare una situazione
vantaggiosa per entrambe le parti
in cui gli studenti possono acquisire
un’esperienza pratica di alto livello
aiutando nel contempo l’ECHA a
formare un serbatoio di personale
motivato e qualificato da cui attingere
in futuro.
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
Il caso
intervista di VERONICAFERMANI
Marghera,
Porto di bellezze
Intervista ad Alessandro Benassi,
responsabile Direzione tutela ambiente della regione Veneto:
“Una nuova chimica per il rilancio del territorio”
Porto Marghera, specchio di Venezia:
un’area controversa che nei bilanci
regionali significa un passato di storica
produttività, ma nell’immaginario
collettivo è inquinamento e pericolo. Il
nuovo piano di rilancio deve conciliare
questa doppia anima come spiega
Alessandro
Benassi
responsabile
Direzione tutela ambiente Regione
Veneto.
Porto Marghera, un’area strategica
per l’economia regionale e per quella
nazionale. Quanto può dare ancora il
sito in termini di sviluppo?
A livello storico è finita l’epoca
della Marghera vero polo chimico
nazionale: esso è stato il volano del
cambiamento economico del Veneto
e del nord Italia. Da Porto Marghera
dipendevano i poli di Ravenna,
Ferrara e Mantova. La visione unitaria
e integrata del sistema chimico italiano
è andata progressivamente perduta
e il ruolo strategico del sito veneto
è venuto meno. Esisteva ed esiste
tutt’oggi una problematica ambientale.
A livello locale infatti il polo ha portato
problemi “temporali” di inquinamento
atmosferico e altri problemi persistenti
che vanno oltre l’evoluzione produttiva,
quali l’inquinamento del suolo e dei
sedimenti. La sfida da affrontare
oggi è doppia: produttiva, e quindi
occupazionale, in grado non solo di
avere un basso impatto sull’ambiente,
ma anche di recuperare quello che la
produzione ha lasciato come scomoda
eredità.
È in atto quindi una riqualificazione
del polo. In che termini?
Come Regione abbiamo una sezione
apposita per la riqualificazione del
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
sito di Porto Marghera. Da un lato
stiamo procedendo con l’attività di
bonifica, sia per quanto riguarda il
suolo che le zone lagunari situate in
prossimità degli stabilimenti. Anche
grazie ai monitoraggi dell’Arpa, non
abbassiamo la guardia. I sistemi di
sorveglianza attiva e passiva sono
attivi 24 ore al giorno e 365 giorni
all’anno. Come insegna la storia,
sono le fasi transitorie quelle più
pericolose. Siamo in una fase critica
di deflusso industriale che deve essere
monitorata.
A livello di rilancio si sta andando in
due direzioni: sviluppo dei servizi e
logistica. Venezia deve essere la porta
di accesso al nord Italia per consentire
l’integrazione con l’altra grande
fabbrica locale che è il turismo. Siamo
la regione italiana con il maggior
numero di turisti: le Dolomiti, il mare,
le città d’arte. Abbiamo un tessuto
produttivo di piccola e media impresa
forte. Una situazione variegata in cui
Marghera può avere un ruolo chiave a
livello infrastrutturale.
Per la produzione del polo sono state
programmate soluzioni che siano
rispettose dell’ambiente.
Dunque un progetto che chiama in
causa il lato verde della chimica?
Il Veneto è storicamente un’area che
ha grandi competenze in campo
chimico. Si tratta di un settore
che in questo territorio è sempre
stato all’avanguardia. Adesso la
sfida è quella di creare una nuova
chimica, rivedendo anche il ruolo dei
professionisti. Il Chimico non deve più
essere colui che firma semplicemente
un rapporto di prova, ma colui che
invece certifica il processo, uscendo
dalla porta del laboratorio e vedendo
sul territorio il campione che ha
ricevuto. È un chimico che prende
in mano alcuni aspetti gestionali.
Non è più possibile agire in maniera
settoriale. È necessario allargare gli
orizzonti, assumersi responsabilità
diverse. Il chimico è l’unico che in
questo caso conosce il processo e che
in una visione generale del contesto
può fare delle scelte.
Come vede la Porto Marghera del
futuro?
Non bisogna avere fretta e
bisogna essere molto chiari nella
comunicazione.
Non
si
può
pretendere che il cambiamento sia
repentino. È necessario puntare ad
una logistica e ad una produzione
rispettose dell’ambiente che siano
adeguatamente combinate all’industria
turistica. Di fronte a Venezia non può
esserci un polo inquinante, ma serve un
polo che si integri con il contesto della
città. È una sfida unica e affascinante.
La Porto Marghera del futuro deve
essere una porta logistica e produttiva
integrata con l’industria turistica. Deve
essere bella.
19
ILCHIMICOITALIANO
Professione e Lavoro
a cura della REDAZIONE
Pos dal 30 giugno
Professionisti e imprese saranno
tenuti ad accettare i pagamenti
mediante bancomat dal prossimo 30
giugno. Il provvedimento è arrivato
con la conversione in legge del
decreto Milleproporghe: poco meno
di sei mesi dunque per consentire agli
studi di dotarsi del Pos. Restano le
criticità, anche a livello formale visto
che la nuova legge va ad impattare
sul decreto interministeriale in materia
di “disposizioni sui pagamenti
elettronici” emanato lo scorso 24
gennaio che non tiene conto del
differimento al 30 giugno dell’obbligo
di accettazione del Pos.
Tante le perplessità tra i professionisti:
“Il provvedimento” spiega Armando
Zingales, Presidente del Consiglio
Nazionale dei Chimici “prende
in
considerazione
il
fatturato
onnicomprensivo, senza distinguere
il lavoro svolto da un professionista
per un’eventuale multinazionale e
Convertito in legge il decreto Milleproroghe
che fissa l’obbligo di pagamento con bancomat
negli studi professionali
quello fatto per un privato qualsiasi.
Le diverse tipologie di utente finale,
quindi non vengono considerate.
Questo è a dir poco ridicolo. Inoltre,
non ha alcun senso prevedere questa
tipologia di pagamento anche
per coloro che hanno un fatturato
caratterizzato per la quasi totalità
da versamenti a mezzo bonifico. Si
tratta di un costo aggiuntivo, inutile
da sostenere”.
Alla luce di questo, il Presidente
Zingales ha avanzato una richiesta
da cui non si può prescindere: “Se
vogliono che i professionisti si dotino
del Pos, è necessario che venga
imposto alle banche l’annullamento
di qualsiasi commissione. Altrimenti
a guadagnare sarà solo la finanza,
mentre a perderne saranno tutte le
professioni”.
Riscossione
contributo 2014
Il presente avviso, pubblicato sul bollettino ufficiale del Consiglio Nazionale dei
Chimici e sul sito www.chimici.it, costituisce notifica agli iscritti a sensi di legge
Il Consiglio Nazionale ha avviato le
procedure per la riscossione del contributo dovuto dagli iscritti. In questi giorni
perverrà a ciascun iscritto l’avviso di riscossione, con scadenza 14 aprile
2014. L’importo da versare per
il 2014 è di 75,00 Euro, comprensivo
di diritti di segreteria e rimborsi spese di
esazione. Per i pagamenti effettuati dopo
il 14 aprile 2014 è dovuta, in aggiunta,
la sanzione per ritardato pagamento,
pari a 10,00 Euro. L’importo effettivo da
versare entro il 14 aprile 2014 è quello
riportato sul MAV. Se l’importo è diverso
da 75,00 Euro, significa che risultano
versamenti parziali a Suo credito o quote
pregresse e sanzioni da recuperare, non
iscritte a ruolo. Il pagamento può essere
20
ILCHIMICOITALIANO
effettuato con le seguenti modalità:
1. Presentazione del MAV presso qualsiasi Banca, per il pagamento senza
commissioni a carico dell’iscritto.
2. Pagamento on-line del MAV mediante il servizio Telematico della propria Banca, senza commissioni a carico
dell’iscritto.
3. Pagamento presso gli uffici postali,
come per un normale bollettino di conto
corrente (soggetto a commissione)
4. Pagamento on-line attraverso il sito
www.scrignopagofacile.it,
mediante
carta di credito (VISA o Mastercard),
Paypal o, per i clienti della Banca Popolare di Sondrio, con il Sistema Scrigno internet banking.
Per evitare i disguidi accaduti in passato
per la mancata apposizione della causale del versamento (e, quindi, mancata
attribuzione del versamento all’iscritto),
consigliamo di attenersi esclusivamente
alle modalità di pagamento sopra esposte. Per informazioni sul tributo è possibile rivolgersi al Consiglio Nazionale dei
Chimici: responsabile del procedimento
è la signora Bruna Peri, Capo Ufficio
Segreteria del Consiglio Nazionale dei
Chimici.
Informiamo che il Consiglio Nazionale
dei Chimici ha consegnato ad Equitalia
i ruoli esattoriali per la riscossione coattiva di tutti i contributi pregressi che non
risultano pagati, maggiorati di sanzioni
e spese.
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
a cura della REDAZIONE
Una cassa
per pochi
Secondo la bozza del decreto ministeriale,
la Cigd non coprirà i professionisti.
Il Presidente Zingales: “Chi lo ha scritto
non ha la minima idea della realtà del mercato italiano”
Cassa integrazione, ma non per
tutti. Se sei dipendente di uno studio
professionale, resti tagliato fuori. E in
Italia, secondo le stime, i lavoratori
interessati da questo provvedimento
sarebbero circa un milione.
Lo schema di decreto ministeriale in
materia di ammortizzatori in deroga
attualmente in itinere, infatti, non
prevede la copertura per le categorie
professionali. E questo ha sollevato non
poche polemiche nei giorni passati.
Come spiega il Presidente del Consiglio
Nazionale dei Chimici, Armando
Zingales, “lo schema del decreto
ministeriale sugli ammortizzatori in
deroga in itinere, non prevedendo la
copertura per i dipendenti degli studi
professionali, determina un pericoloso
ed ingiusto distinguo. Siamo alle solite:
i professionisti ed i loro dipendenti
sono equiparati alle imprese quando
fa comodo alle componenti politiche e
alle lobby a loro contigue, mentre non
lo sono quando si tratta di adottare
provvedimenti equi nel settore degli
ammortizzatori sociali”.
Insieme ai chimici, hanno alzato la
voce anche i membri di altre categorie:
avvocati, commercialisti, medici,
dentisti, architetti, ingegneri. Lavoratori
appartenenti ad ordini che, insieme
alle rappresentanze sindacali dei loro
collaboratori e dipendenti, hanno
manifestato in piazza Montecitorio, a
Roma, lo scorso 4 febbraio.
La situazione resta sempre piuttosto
critica per le categorie e lascia
spazio a riflessioni amare da parte
del Presidente dei Chimici Italiani:
“Il messaggio è chiaro e spiacevole,
noi professionisti e i nostri dipendenti
siamo meno degni di tutela per il
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
Governo che, da un lato, sostiene le
banche elargendo milioni di euro presi
anche dalle tasche dei professionisti
con l’obbligo del Pos anche per chi ha
come clienti solo aziende che pagano
a mezzo bonifico, dall’altro ci nega la
Cig in deroga escludendo decine di
migliaia di lavoratori”.
Alla base del provvedimento, secondo
il leader del Cnc, c’è l’assoluta
incapacità di interpretare uno specifico
contesto perché chi ha redatto il testo
“non ha la minima idea di quale
sia la realtà del mercato del lavoro
professionale in Italia”.
Un segnale di apertura alle
necessità delle categorie arriva dalle
commissioni, che si sono espresse a
favore di correzioni. Nello specifico
la commissione Lavoro alla Camera
e quella al Senato hanno chiesto,
in queste settimane, di riconoscere
anche agli studi professionali la Cig
in deroga. Un ammortizzatore sociale
che nel 2013 ha interessato 8.092
persone per un totale di 2,5 milioni di
ore autorizzate. Correzioni importanti
e doverose per non fare credere che
nel nostro Paese ci siano lavoratori di
serie A e altri di serie B.
21
ILCHIMICOITALIANO
Approfondimenti
di BENITOLEOCI
Stanislao
Cannizzaro
scienziato e politico
multiforme
Padre della misurazione dei pesi atomici,
fondatore di laboratori di igiene e sanità pubblica,
docente illuminato di chimica e senatore,
non aveva neanche una laurea.
La sua vita è un punto di riferimento oggi dimenticato
dal sistema formativo italiano
La prima volta che incontrai
Cannizzaro fu durante la preparazione
per l’esame di Chimica Generale I. Fra
i libri consigliati allora all’Università
di Cagliari vi era il Bruni, la cui prima
edizione era del 1921. Nella 10°
edizione del 1957, da me utilizzata,
alle pagine 34-35 viene illustrata la
cosiddetta “Regola di Cannizzaro”, il
sistema da seguire per determinare il
peso atomico degli elementi. Regola
che lo stesso Cannizzaro illustra in un
suo scritto del 1858 dal titolo “Sunto
di un corso di filosofia chimica”, che
ripete a Karlsruhe due anni dopo,
durante un congresso di chimici europei
organizzato da Kekulè. Cannizzaro
viene ricordato anche a proposito di
“dismutazioni” o “ossido-riduzioni”,
cioè la reazione fra l’aldeide benzoica
e l’idrossido di potassio, nota come
«reazione di Cannizzaro».
Il secondo incontro con Cannizzaro fu
nel 1966 a San Pietroburgo dove, al
Museo di Mendeleev, su una tovaglia,
insieme alle tantissime firme apposte
dai visitatori dello scienziato, trovai
quella di Cannizzaro, unico Italiano.
Negli anni ’30 del 19° secolo, nel
settore della chimica-fisica, allora
indistinguibili, nessuno sapeva come
configurare molecole ed atomi, pesi
22
ILCHIMICOITALIANO
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
atomici e pesi equivalenti. È facile
quindi comprendere perché Kekulè,
nel 1859, propone a Weltzien di
organizzare un incontro fra i chimici
europei per discutere di vari problemi.
Piria riceve l’invito da Wurtz e
coinvolge anche Cannizzaro. Viene
invitato anche Malaguti.
La discussione inizia sulla nozione
di molecola e atomo e sono invitati
a prendere la parola Kekulè e
Cannizzaro. Kekulè insiste sulla sua
idea dell’esistenza dei due tipi di
molecole. Cannizzaro la respinge:
esistono solo le molecole chimiche ed
espone il suo sistema di misurazione
dei pesi atomici come derivazione della
legge di Avogadro. La distinzione fra
molecole ed atomi appare ora chiara
alla maggioranza dei presenti.
Nato a Palermo nel 1826, al
Reale collegio-convitto “Carolino
Calasanzio” Cannizzaro confessa di
non aver avuto nessun insegnamento
di scienze naturali. Frequenta quindi i
corsi universitari di medicina e i corsi
di letteratura e matematica, ma non
consegue alcuna laurea. Nel 1845
si ferma a Napoli per seguire un
“Congresso degli scienziati italiani”
e qui conosce Melloni e Piria, già
professore all’Università di Pisa,
che gli offre il posto di preparatore
straordinario nel Laboratorio di chimica
dell’Università di Pisa. Nel 1847,
tornato in Sicilia, si fa coinvolgere
dagli avvenimenti politici. Condannato
a morte, fugge a Marsiglia. Grazie a
Piria prende servizio in un laboratorio
di chimica a Parigi. Negli anni
successivi Cannizzaro si sposta ad
Alessandria (1851-1855) e Genova
(1855-1861) come professore di
chimica. Nel 1870 è fra i fondatori
della “Gazzetta Chimica Italiana”.
Nel 1871 è professore di chimica
all’Università di Roma e viene nominato
Senatore per meriti scientifici. I
suoi suggerimenti in tema di sanità
pubblica vengono accolti nella legge
del 1888 di Francesco Crispi (in vigore
fino al 1978). Cannizzaro propone
l’istituzione di un “Laboratorio
Centrale”
presso
la
Direzione
della Sanità pubblica del Ministero
dell’Interno, affiancato da una rete
di “Laboratori Provinciali di Igiene e
Profilassi” dipendenti dalle Prefetture.
Il Laboratorio Centrale si trasformerà
nel 1932 in Istituto di Sanità Pubblica
e poi in Istituto Superiore di Sanità.
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
È tra gli artefici della fondazione dei
Laboratori Chimici dei Tabacchi e delle
Gabelle. Fin qui il Cannizzaro chimicopatriota-politico. Ora gli aspetti del
Cannizzaro-professore-scienziato.
Primo, è del tutto improbabile
rilevare errori o sviste nella sua opera
scientifica. Un altro aspetto è il suo
amore per l’insegnamento. Nel suo
“Sunto” afferma: “Per condurre i miei
allievi al medesimo convincimento
che io ho, gli ho voluto porre sulla
medesima strada per la quale io
sono giunto, cioè per l’esame storico
delle teorie chimiche”. Concetti non
sempre applicati nelle nostre scuole ed
è l’ultimo aspetto da sottolineare. Ci
riferiamo all’attuale situazione in cui
versano le Università italiane, soggette
da più di 50 anni allo smantellamento.
Se Cannizzaro si fosse presentato ad
un concorso odierno per ottenere un
giudizio di idoneità non sarebbe stato
nemmeno ammesso, non potendo
superare le folli “mediane” previste:
non ha scritto quasi nulla in lingua
inglese, non ha scritto nulla con altri
autori, le riviste in cui ha pubblicato
non rientrano negli elenchi predisposti
e nessun valore avrebbe avuto il lavoro
più importante svolto, rappresentato
dal “Sunto” sottoforma di volume. Se
si conoscesse un minimo di storia della
scienza si appurerebbe che la maggior
parte delle scoperte importanti non
è stata mai valutata positivamente
al momento della pubblicazione. Si
può amaramente concludere che se
fossero state ascoltate e applicate le
intuizioni di Cannizzaro in tema di
insegnamento e si fosse continuato
ad applicare i sistemi di assunzione
di allora, probabilmente il sistema
universitario italiano si sarebbe salvato
dall’azione dei riformisti succedutisi
dal dopoguerra in poi.
23
ILCHIMICOITALIANO
Normative »
a cura della REDAZIONE
Abusivismo
nelle professioni,
le pene aumentano
Prevista la reclusione fino a due anni
e introdotte norme specifiche per i finti medici
“Chiunque abusivamente esercita una
professione, per la quale è richiesta
una speciale abilitazione dello Stato,
è punito con la reclusione fino a due
anni”. Così recita il disegno di legge
471 (Ddl Marinello) approvato in
Parlamento, che prevede l’inasprimento
delle pene e delle sanzioni per
l’esercizio abusivo delle professioni.
Forte del via libera del Senato, il
decreto prevede l’entità delle nuove
pene e, in particolare, la possibilità di
innalzare quelle attualmente stabilite
dal codice penale, generalmente
considerate un deterrente irrisorio e
inefficace. Al centro del dibattito vi è
soprattutto l’abusivo esercizio delle
professioni mediche e odontoiatriche,
considerato particolarmente grave in
quanto destinato a incidere sulla salute
24
ILCHIMICOITALIANO
dei cittadini. Tuttavia il provvedimento,
andando a modificare pene e sanzioni
previste dall’articolo 348 del c.p., ha
portata generale e riguarderà tutte
le professioni per le quali lo Stato
richiede particolari requisiti. Il ddl
prevede, inoltre, anche l’introduzione
di una specifica norma penale contro i
falsi medici, proprio al fine di rendere
ancora più pesanti le pene per chi si
macchia di questo reato. In passato,
per l’esercizio abusivo di professioni
regolamentate
era
prevista
la
reclusione fino a sei mesi, considerata
inefficace anche perché eludibile con il
pagamento di una sanzione pecuniaria
irrisoria (da 103 a 516 euro) rispetto
agli introiti che il falso professionista
poteva ricavare dall’attività abusiva.
Nel
provvedimento
approvato,
invece, è previsto un innalzamento
della pena detentiva a due anni, con
l’aggiunta della sanzione pecuniaria
elevata anche fino a cento volte
quella attuale (da 10.329 ai 51.646
euro), in aggiunta alla confisca del
materiale e degli strumenti utilizzati
per le attività svolte abusivamente.
Nessun
intervento
chiarificatore
è previsto, invece, per delimitare
la portata dell’art. 348 c.p., che
riguarda genericamente le professioni
per le quali è richiesta una speciale
abilitazione dello Stato e l’iscrizione
in appositi albi o elenchi, norma più
volte lasciata all’interpretazione della
giurisprudenza. Il provvedimento
sull’inasprimento delle pene per
l’abusivismo
professionale
è
attualmente all’esame della Camera.
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
Chimica e
difesa civica:
insieme
per l’ambiente
Da Padova arriva l’input a unire
l’alta professionalità teorica
e tecnica dei membri dell’Ordine
alle necessità degli ombudsman italiani
impegnati nella tutela dei territori
di NAUSICAAORLANDI e PAOLODESTEFANI
Lunedì 25 novembre 2013 ha avuto
luogo a Padova, presso Palazzo
Bo’, l’incontro pubblico “Diritti,
Ambiente, Beni Comuni: quale ruolo
per la difesa civica?”, promosso dal
Centro di Ateneo per i Diritti Umani
dell’Università di Padova, dall’Ufficio
del Difensore civico della Regione del
Veneto, dal Coordinamento Nazionale
dei Difensori civici delle Regioni e
delle Province Autonome e dall’Istituto
italiano dell’Ombudsman.
Il seminario è stato organizzato con
lo scopo di indagare i problemi etici,
sociali e giuridici legati alle politiche
ambientali, prendendo in esame la
normativa internazionale, nazionale
e regionale esistente in materia di
protezione del territorio e sicurezza
ambientale e riflettendo sul ruolo degli
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
organismi pubblici e privati.
Le relazioni e i contributi hanno
affrontato, dunque, le problematiche
giuridiche e sociologiche connesse
alla gestione di politiche, come quelle
ambientali, che incidono in modo
decisivo sulla qualità della vita delle
persone. L’incontro ha evidenziato il
ruolo delle istituzioni pubbliche e delle
professioni coinvolte nella gestione e
nella tutela del territorio e ha dato spazio
anche all’associazionismo della società
civile che ha svolto negli anni un ruolo
decisivo per la progressiva diffusione
della
sensibilità
eco-ambientale.
Il Difensore Civico è un’autorità
indipendente a tutela dei diritti e degli
interessi dei cittadini nei confronti
della Pubblica Amministrazione. L’art.
1 delle legge regionale 28/1998,
che istituisce questa figura in Veneto,
recita: “Il difensore civico svolge la
sua attività al servizio dei cittadini in
piena libertà e indipendenza e non è
sottoposto ad alcuna forma di controllo
gerarchico o funzionale […] interviene
nei casi di disfunzioni o di abusi della
pubblica amministrazione nonché a
tutela di interessi diffusi”. In tutti gli
interventi particolare attenzione è stata
posta sul ruolo attuale e potenziale
dei Difensori civici nel promuovere la
tutela ambientale. La loro azione può
manifestarsi in varie forme: promuovendo
e sostenendo il monitoraggio sui fattori
di rischio, esigendo la trasparenza nelle
procedure amministrative, facilitando
la partecipazione dei cittadini e delle
loro espressioni collettive. L’incontro si
è posto pertanto come un’occasione
25
ILCHIMICOITALIANO
Normative »
per esplorare gli spazi di azione,
collaborazione e di partecipazione
che possono rendere effettivo il diritto
all’ambiente.
L’Ordine Interprovinciale dei Chimici
del Veneto, in qualità di ente pubblico,
ha pertanto accolto positivamente la
richiesta di contributo come relatore in
quanto parte attiva in aspetti ambientali
per la tipologia di attività svolte dai
Professionisti Chimici. L’incontro è
senza dubbio un punto di partenza
importante per una viva collaborazione
con i Difensori Civici a livello Nazionale
su tematiche ambientali.
Le relazioni hanno esplorato le sfide
che questo tipo di azione fa emergere a livello sociale e nel rapporto con
le istituzioni. Si sono evidenziate le
drammatiche conseguenze della gestione carente da parte dell’autorità
politica dei rischi ambientali, derivante
anche da una colpevole superficialità
di molti cittadini e operatori economici per quanto concerne la protezione
dell’ecosistema. È stata anche messa
in evidenza la situazione problematica
che si è creata nella normativa italiana
con la riforma costituzionale del 2001,
che ha apparentemente “declassato”
l’ambiente da valore di rilevanza co-
26
ILCHIMICOITALIANO
stituzionale a “bene
materiale complesso”,
sottratto peraltro alla
competenza legislativa
regionale. Una sessione dell’incontro è stata
dedicata alle comunicazioni dei rappresentanti di enti e organizzazioni della società
civile attive nella tutela
dell’ambiente. Tra gli
interventi anche quello
della Dott.ssa Nausicaa Orlandi, Presidente dell’Ordine
Interprovinciale dei Chimici del Veneto,
che ha messo in evidenza l’importanza
decisiva delle competenze professionali
e scientifiche dei chimici per qualunque
azione si intenda intraprendere sulle
tematiche ambientali, auspicando una
sempre più collaborazione tra l’Ordine, enti e associazioni.
Ha illustrato la necessità di avviare
un percorso virtuoso verso la Green
Economy e la Green Chemistry basato
su pratiche e principi impegnativi, quali
una corretta progettazione abbinata a
risparmio e conservazione delle risorse
naturali, attraverso riciclo e riuso, in
linea con gli obiettivi del Programma
Europeo ‘Horizon 2020’. Ha messo
in luce, inoltre, come le competenze
professionali dei chimici possano essere
utili anche nell’ambito del recupero
del patrimonio artistico, architettonico
e paesaggistico e ha, infine,
posto l’attenzione sull’importanza
dell’informazione e dell’educazione
ambientale per tutti i cittadini.
Di concerto con i Difensori civici
regionali presenti in sala si ritiene
importante una collaborazione tra
gli uffici di difesa civica sul territorio
e l’Ordine dei Chimici che, tramite i
propri professionisti iscritti, può offrire
un supporto tecnico ai Difensori civici
impegnati su tematiche ambientali.
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
Fotosintesi
“La scienza è il grande
antidoto al veleno
dell’entusiasmo e della
superstizione”
Adam Smith
La ricchezza delle nazioni, 1776
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
27
ILCHIMICOITALIANO
Tavole sicure
a cura della REDAZIONE
La salsa
della salute
Secondo una ricerca
dell’Università di Barcellona,
il sugo di pomodoro
aiuta a ridurre il rischio
di malattie cardiovascolari
e di tumori.
La carta vincente arriva
dai suoi 40 diversi tipi
di polifenoli
Gustoso e sano: ecco a voi il sugo
di pomodoro. Ampiamente utilizzata
nella cucina dei paesi bagnati dal
Mediterraneo, la famosa salsa è stato
eletta regina dei piatti salubri da una
ricerca spagnola pubblicata sulla rivista
Food Chemistry. A darle il vantaggio
necessario su altri ingredienti e cibi
per raggiungere il primato, sono stati i
suoi quaranta tipi diversi di polifenoli,
che aiutano a ridurre il rischio di
malattie cardiovascolari, e i suoi
numerosi carotenoidi che proteggono
l’organismo dai tumori.
La notizia arriva da Barcellona dove
i ricercatori dell’Università hanno
analizzato, attraverso l’esame della
spettrometria di massa, dieci tipi di
salsa di pomodoro in vendita sugli
scaffali dei supermercati. In tutti
gli esempi sono stati trovati circa
quaranta polifenoli, carotenoidi come
licopene e vitamina C. Composti molto
utili all’organismo umano, secondo la
coordinatrice della ricerca Rosa Maria
28
ILCHIMICOITALIANO
Lamuela, per la riduzione dei tumori e
delle malattie cardiovascolari.
Sebbene in spagnolo sia chiamato
“soffritto”, il termine non deve trarre
in inganno: il sugo di cui parlano i
ricercatori iberici, infatti, è il sugo a
base di cipolla, aglio, olio e pomodoro
e non quello che noi italiani chiamiamo
‘soffritto’.
La dottoressa Lamuela, infine, ha
specificato anche che i benefici
del sugo sono superiori a quelli
derivanti dal consumo dei suoi singoli
ingredienti: il pomodoro è quello che
ha antiossidanti in maggior quantità,
ma, sebbene anche cipolla e aglio
ne abbiano in discrete dosi, è la
combinazione dei vari elementi a fare
la differenza e a garantire un effetto
sinergico tra le varie componenti che
si traduce in un maggior numero di
polifenoli dispobili.
Una miscela ‘eplosiva’, per un cocktail
finale saporito e, soprattutto, amico
della salute.
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
Frode
all’olio d’oliva
“Il
suicidio
dell’extravergine.
L’adulterazione
dell’olio
d’oliva
italiano”. Così, con 15 vignette
satiriche ma nemmeno troppo, il New
York Times ha denunciato una frode
alimentare in piena regola: ad essere
incriminato pubblicamente, l’olio
d’oliva italiano, dichiarato colpevole
di promuovere il falso made in Italy.
Un duro colpo per “l’oro liquido”, tra
i prodotti di maggior prestigio per
l’export del Paese. L’accusa è quella
di massicce importazioni da Spagna,
Grecia, Tunisia e Marocco: olio poi
manipolato, miscelato e reimbottigliato
in modo fraudolento. Mischiato con olio
italiano. Corretto per lo più con betacarotene (per mascherare il sapore) e
clorofilla (per modificarne il colore).
Venduto con etichetta “extravergine
made in Italy”. Una truffa bella e buona
alla quale ricorrono prevalentemente
aziende di grandi dimensioni che
hanno in mano il mercato di fascia
Il New York Times denuncia
l’alterazione e la contraffazione
dell’export proveniente dall’Italia.
Una truffa che danneggia
i produttori onesti
medio-bassa. In alcuni casi si tratta
di multinazionali straniere che hanno
acquistato marchi italiani. Ma nella
stessa fascia ci sono imprese di
media portata che detengono marchi
storici e molto noti del comparto. Il
duro attacco mosso dal quotidiano
americano è certamente esasperato,
ma denuncia una realtà effettivamente
esistente. L’Italia è il secondo produttore
mondiale di olio dopo la Spagna, ma
è anche il principale importatore. A
fronte dei 354 milioni di litri d’olio
d’oliva esportati, ne vengono importati
445 milioni. È dietro questo doppio
record che si annidano non poche
Le vignette di Nicholas Blechmen pubblicate sul New York Times
che denunciano la presunta frode dell’olio d’oliva made in Italy
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
ombre di cui la principale deriva è
un’attività criminale che minaccia i
produttori onesti, creando diffidenza
nei confronti di un settore, fiore
all’occhiello dell’economia del Paese.
Coldiretti lancia l’allarme, spiegando
come sia indispensabile denunciare i
responsabili per tutelare il settore. Nel
2013 è stata approvata la Legge Salva
Olio, per proteggere il Made In Italy
dalle frodi e per valorizzare i prodotti
genuini. Ancora oggi, però, la legge
non verrebbe applicata a dovere,
non tanto per l’inerzia della pubblica
amministrazione, quanto piuttosto per
l’azione delle potenti lobby industriali.
29
ILCHIMICOITALIANO
Io, un chimico
di NICOLINADIGESUALDO
Con la chimica
è tutta un’altra
musica
Gianluigi De Gennaro, ricercatore presso
il Dipartimento di Chimica dell’Università di Bari,
ci racconta come si è avvicinato a questa materia
e i lavori in campo ambientale
portati avanti fino ad oggi
Da dove nasce la sua passione per
la chimica?
Nasce in relazione alla mia passione
per la musica, durante il liceo.
Può sembrare strano, ma in realtà
esiste un’importante rapporto tra le
scienze matematiche e fisiche e la
musica, una sorta di legame magico
che collega la fisica e la meccanica
quantistica, le scienze matematiche
e la tavola periodica della chimica.
Tra l’altro la chimica è sempre vista
come una materia molto ostica e se
ne dà un’immagine di cui è difficile
innamorarsi. Per cui o si hanno altre
motivazioni - come ad esempio è
stata la mia - o è difficile avvicinarsi
a questo settore.
Perché da chimico si è impegnato sui
temi della sostenibilità ecologica?
Sicuramente per una pulsione etica.
Dall’inizio volevo fare qualcosa
che potesse servire alle comunità e
ai territori per migliorare la qualità
della vita e il soddisfacimento dei
bisogni.
Quindi l’obbiettivo è stato quello di
non fare qualcosa esclusivamente di
teorico, seppure lo studio e la ricerca
restino comunque molto importanti.
Volevo lasciare un segno che fosse
tangibile, un contributo concreto alla
mia terra.
30
ILCHIMICOITALIANO
Ci parli un po’ dei progetti che con
l’Università state realizzando nell’ambito dell’inquinamento ambientale...
Noi
abbiamo
portato
avanti
diversi progetti, che riguardano
fondamentalmente la qualità dell’aria.
Alcuni sono legati al controllo
delle emissioni industriali, altri alla
conoscenza delle emissioni transfrontaliere (come il caso del SIMPA,
Sistema Integrato per il Monitoraggio
del Particolato Atmosferico), altri
ancora alle emissioni odorigene e
alla loro determinazione oggettiva.
Poi abbiamo fatto anche dei lavori
interessanti sull’inquinamento “indoor”:
conoscere i fattori inquinanti degli
ambienti domestici diventa infatti
sempre più importante per preservare
la nostra salute.
Che contributo può dare questo
progetto
alla
rilevazione
dei
livelli di inquinamento nelle zone
problematiche (pensiamo ad esempio
a Taranto)?
L’Arpa Puglia (l’Agenzia regionale
per la prevenzione e la protezione
dell’ambiente)
ha
deciso
di
convenzionarsi con i nostri laboratori
e di assegnare a noi la direzione di
un’unità semplice che si occupasse
di studiare con maggiore profondità
l’aria di quei territori. Questo
riconoscimento, soprattutto in quanto
proviente dal territorio in cui viviamo,
ci riempie di orgoglio.
Lo scorso anno lei e una sua collega
siete stati intervistati da Striscia
la Notizia. Quale criticità avevate
denunciato?
Abbiamo denunciato l’emissione di
sostanze tossiche proveniente da articoli
provenienti dalla Cina. L’importatore
non aveva eseguito nessun controllo
circa questi materiali – nello specifico si
trattava di borse termiche – e, visto il loro
largo utilizzo, potevano rappresentare
un notevole rischio per la salute. Nello
specifico abbiamo rilevato all’interno di
queste borse elevate concentrazioni di
naftalene, sostanza che probabilmente
veniva utilizzata dal produttore per
proteggere l’articolo, laddove invece
dovrebbe essere utilizzata come
antitarme, anche se ormai da anni
non viene più utilizzata nel nostro
continente.
La figura del chimico in che modo può
rappresentare una sorta di sentinella
sociale e civile nelle evoluzioni della
società attuale, in particolare contro
le emergenze?
In questi anni mi sto impegnando anche
nella comunicazione scientifica. C’è
sicuramente una cultura della chimica
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
che va implementata. Purtroppo
sappiamo pochissimo di quello a cui
ci esponiamo, non solo in termini di
impatto industriale, ma mi riferisco
anche alla quotidianità. Tra l’altro
anche nelle imprese manca la cultura
della chimica: ci propinano prodotti
e articoli di cui gli stessi produttori
conoscono poco, sia in termini di
contenuto che di impatto. Dal punto
di vista normativo abbiamo avuto il
regolamento Reach, che obbliga le
imprese che fabbricano e importano
sostanze chimiche a valutare i rischi
derivanti dal loro uso ed a prendere le
misure necessarie per gestire qualsiasi
rischio venga individuato. Il ruolo del
chimico, invece, è soprattutto quello di
non stare zitto. In questi anni abbiamo
avuto grossi problemi legati a grandi
catastrofi ambientali, perché una
buona parte della comunità scientifica
non è intervenuta.
Pionieri
di NICOLINADIGESUALDO
Lo scienziato
dei due Nobel
Linus Carl Pauling ha ottenuto
il prezioso riconoscimento
sia nel campo della chimica
che in quello della pace
Considerato uno tra i più brillanti ed
influenti chimici del XX secolo, Linus
Carl Pauling è ricordato per il suo
attivismo politico e il suo impegno
pacifista.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale
divenne, infatti, un fervente attivista
per la pace, aderendo nel 1946
all’Emergency Committee of Atomic
Scientists diretto da Albert Einstein,
nonostante in precedenza avesse
lavorato per la realizzazione di progetti
riguardanti applicazioni militari come
esplosivi, combustibili per razzi e
munizioni rinforzate. Proprio per la sua
attività in questo campo, nel 1962 fu
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
vincitore del Premio Nobel per la pace.
Inserito tra i venti scienziati più celebri
del ventesimo secolo dalla rivista inglese
“New Scientist”, dopo essersi laureato
con il massimo dei voti in Ingegneria
Chimica, Linus Pauling conseguì il
dottorato di ricerca in chimica fisica
e fisica matematica, ottenendo la
lode, nel 1925. Considerato il padre
del legame chimico e uno dei padri
di una medicina non convenzionale
(denominata medicina ortomolecolare),
nell’ultima parte degli anni ‘20 iniziò a
svolgere delle ricerche sulla natura dei
legami chimici che lo hanno condotto
alla pubblicazione nel 1939 del suo
famoso libro intitolato “The Nature of
The Chemical Bond”. Inoltre, verso la
metà degli anni ‘30, Pauling decise di
affrontare l’interazione fra chimica e
biologia concentrandosi sulla struttura
dell’emoglobina, dimostrando come
la molecola di emoglobina cambia
struttura quando acquisisce o perde un
atomo di ossigeno.
Il Premio Nobel per la Chimica che
Pauling ricevette nel 1954 fu un
riconoscimento “per la sua ricerca
riguardo alla natura dei legami chimici
e alle ricerche per la comprensione
della struttura di sostanze complesse”.
31
ILCHIMICOITALIANO
32
ILCHIMICOITALIANO
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
Voci dal territorio
di FRANCESCOCHIARAVALLE
Un premio
ai giovani iscritti
Un contributo per incentivare la formazione e l’inserimento
dei neo-laureati in settori professionali specialistici:
questa l’iniziativa che viene dall’Ordine dei Chimici dell’Emilia Romagna
Il 22 Novembre del 2013, nella
splendida cornice di Palazzo Malvezzi
a Bologna, alla presenza delle autorità
intervenute, docenti universitari, esperti
del settore e studenti è stata consegnata
una Borsa di studio alla Dottoressa
Matteucci Silvia, giovane iscritta
all’Ordine Interprovinciale dei chimici
dell’Emilia-Romagna. Il contributo
erogato ha come finalità quella di
incentivare, in maniera concreta,
la formazione e l’inserimento di
giovani chimici in ambiti professionali
molto specialistici, come quello del
chimico forense. Il Consiglio Direttivo
dell’Ordine Interprovinciale dei Chimici
dell’Emilia-Romagna ha individuato
nel Master Universitario di II livello in
Analisi chimica e chimico-tossicologiche
forensi, proposto dalla facoltà di
Farmacia dell’Università di Bologna
e gestito dalla Fondazione Alma
Mater con il Patrocinio della Società
Chimica Italiana, quelle peculiarità
che concorrono alla formazione del
Chimico Forense. Nel settore forense
si richiede spesso una individuazione
inequivocabile delle cause che hanno
generato un fenomeno penalmente
rilevante; ciò può essere fatto a pieno
titolo dal chimico, il quale è attrezzato a
individuare e a riconoscere la presenza
di eventuali sostanze collegate in
qualche modo all’evento. Per fare questo
è necessario che il chimico abbia vaste
competenze all’avanguardia del sapere
chimico e che sia in grado di affrontare
autonomamente tutte le problematiche
più frequenti riguardanti il lavoro del
chimico forense in consulenze tecniche
e perizie. Le attività formative proposte
dal Master, strutturate come corsi postuniversitari, con una parte importante
della didattica finalizzata all’attività di
laboratorio, concorrono alla formazione
del professionista il quale sarà in grado
di affrontare autonomamente tutte le
problematiche più frequenti riguardanti
il lavoro del chimico forense in
consulenze tecniche e perizie. Al termine
della formazione, il Chimico acquisirà
un profilo professionale, assolutamente
unico nel panorama italiano, che ne
farà figura necessaria e molto richiesta
nelle procedure giuridiche e altamente
spendibile sul mercato. Il professionista
Chimico così formato si interfaccerà
primariamente con l’Autorità giudiziaria
in veste di consulente tecnico e perito;
con le forze di Pubblica Sicurezza
come consulente durante indagini
preliminari e nel corso del processo;
con la Pubblica Amministrazione in
quanto specialista delle rispettive attività
istituzionali (Polizia Scientifica, Reparti
Investigazioni Scientifiche, Laboratori
dell’Agenzia delle Dogane, etc.).
Ciao Luigi, sarai sempre con noi
Martedì 18 Febbraio ci ha lasciato il
nostro amico e collega Luigi Benfenati.
Per tutti coloro che lo hanno conosciuto Luigi è stato una persona di grande
disponibilità, sempre pronto ad ascoltare e dare una mano a tutti.
È stato un chimico con una curiosità
profonda, attento alle novità ma anche
desideroso di rivisitare lo studio della
materia a partire dalle sue basi.
La sperimentazione sul campo, attività
peculiare del chimico, ha da sempre
incontrato il suo entusiasmo accompa-
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
gnandolo nel precorso professionale.
Dopo aver lavorato diversi anni nell’industria è approdato al Laboratorio
di Igiene e Profilassi della Provincia di
Bologna (oggi Arpa), dove ha affrontato le sfide analitiche sia nel settore
degli alimenti (storica è stata la sua
esperienza con nel periodo dell’adulterazione con metanolo) che di quello
della protezione della salute e dell’ambiente. Si è impegnato tanto anche per
supportare i colleghi nell’ambito della
professione, attività che lo ha visto
svolgere per molti anni il compito di
Tesoriere presso l’Ordine dei Chimici
di Bologna e Ravenna oggi Ordine Interprovinciale dei Chimici dell’EmiliaRomagna.
Luigi era un credente praticante e vogliamo confidare che ora sia sereno,
là dove ha sempre e fortemente creduto fosse il nuovo inizio.
Te lo auguriamo di cuore, ciao Gigi.
Il Consiglio dell’Ordine Interprovinciale
dei Chimici dell’Emilia Romagna
33
ILCHIMICOITALIANO
Speciale
a cura della REDAZIONE
C’è chimica
con il Vaticano
Una delegazione di trecento professionisti
ha incontrato il Papa “collega”.
Un appuntamento
fortemente voluto dal CNC
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ILCHIMICOITALIANO
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
La formula? Un Papa “chimico” e una
delegazione di trecento professionisti
del settore. La reazione? Un incontro
che sottolinea i segnali di relativo
avvicinamento, quella tra Scienza
e Fede, che sta diventando davvero
possibile. E’ davvero così? Con il
nuovo Pontefice, la figura di uomo di
scienza, di “chimico” - prima di entrare
in seminario, Francesco I ha conseguito
un Master in Chimica presso l’Università
di Buenos Aires – parrebbe poter
indossare una veste rinnovata. Intanto,
lo scorso 19 febbraio, una delegazione
di trecento professionisti della chimica è
stata accolta in Udienza Generale dal
Papa: “Questo Pontefice è in grado di
parlare all’uomo contemporaneo grazie
anche alla sua formazione in campo
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
scientifico – ha dichiarato il Presidente
del Consiglio Nazionale dei Chimici,
Armando Zingales - La concretezza
della chimica e l’esperienza umanistica
avuta in campo religioso sono alla
base del Suo rapporto spontaneo
con la gente, credenti e non”. Tra
l’altro l’indimenticato predecessore
di Francesco I, Papa Giovanni Paolo
II, era già stato un pioniere in questo
senso e aveva mostrato una certa
coerenza con le teorie scientifiche:
“La scienza può purificare la religione
dall’errore e dalla superstizione; la
religione può purificare la scienza
dall’idolatria e dai falsi assoluti.
Ciascuna può aiutare l’altra ad entrare
in un mondo più ampio, un mondo in
cui possono prosperare entrambe...”
(tratto dalla Lettera al direttore della
Specola Vaticana, 1988). Parole che
pongono l’accento sui forti legami
(e non sui conflitti) che intercorrono
tra Scienza e Religione. “La figura di
Papa Francesco - prosegue Zingales
- concilia l’antica frattura tra Chiesa
e Scienza. In riferimento ad alcuni
documenti conciliari, Egli invita l’uomo
a possedere le cose in pienezza e libertà
ed è proprio in questo messaggio che
si incontrano conoscenza scientifica,
etica e spiritualità. Un insegnamento
senza pari”. Un segnale di apertura
che, dunque, si fa sempre più insistente,
rafforzandosi senza dubbio nella figura
di Papa Bergoglio, il “Papa chimico”.
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ILCHIMICOITALIANO
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ILCHIMICOITALIANO
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
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ILCHIMICOITALIANO
Eventi »
a cura della REDAZIONE
Il Ministro Lupi
incontra
le Professioni
Tecniche
Il responsabile governativo
delle Infrastrutture e dei Trasporti
ha ricevuto la delegazione della RPT
guidata dal coordinatore
Armando Zambrano
La mancata semplificazione per
anni ha costretto l’utilizzazione delle
risorse nelle politiche di controllo
e non di risultato, creando solo
procedimenti complicati e impedendo
alle imprese di accrescere la loro
competitività sul mercato. Nel tentativo
di sciogliere i molteplici nodi attorno
alla semplificazione, il Ministro delle
Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio
Lupi, ha di recente incontrato la
delegazione della Rete Professioni
Tecniche (RPT) guidata dal coordinatore
Ing. Armando Zambrano.
La Rete delle Professioni Tecniche è
stata istituita nel mese di giugno dello
scorso anno e ha messo assieme gli
38
ILCHIMICOITALIANO
architetti con gli altri professionisti
dell’area tecnica, tradizionalmente
riuniti nel PAT (ingegneri, geologi, periti
industriali, geometri, periti agrari,
chimici, tecnologi alimentari, dottori
agronomi e forestali), al fine di riunire
risorse, competenze e organizzazione
per lo sviluppo del Paese. Tra le tante
proposte strategiche presentate al
Ministro dai rappresentanti della Rete,
spicca la richiesta di una riforma del
quadro normativo di settore, che punti
a una sostanziale semplificazione.
L’obiettivo principale è, infatti, riaprire
il mercato a giovani e professionisti
che non siano necessariamente
titolari di studi di grandi dimensioni (il
censimento dell’Agenzia delle Entrate
parla di un mercato oggi chiuso al
97,3%) e ridurre negli affidamenti dei
servizi di architettura e ingegneria i
ribassi eccessivi dei compensi (oggi si
arriva sino all’80%).
La Rete ha chiesto, inoltre, che il
Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti ‘’si impegni affinché il
decreto sui parametri dei servizi nelle
opere pubbliche venga applicato,
e venga valutata la possibilità che
gli Ordini professionali, in un’ottica
di sussidiarietà, aiutino la Pubblica
amministrazione nei compiti di
certificazione’’.
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
a cura della REDAZIONE
Prossima tappa
Reggio
Calabria
Dal 29 al 31 maggio 2014 la città ospiterà
il XVI Congresso Nazionale dei Chimici.
Partecipazione aperta
anche ad altre categorie professionali
L’appuntamento annuale con il
Congresso Nazionale dei Chimici si
rinnova alle pendici dell’Aspromonte
dove dal 29 al 31 maggio 2014,
si terrà la tre giorni promossa dal
CNC e dall’Ordine dei chimici
della
Calabria.
“Chimica
2.0
– Catalizziamo la crescita” questo il
titolo dell’evento che si proporrà di
raccontare vecchie eccellenze e nuove
frontiere della materia a due secoli
dalla nascita di Raffaele Piria, chimico
calabrese, tra i più grandi uomini di
scienza della sua epoca. L’obiettivo
è quello di proseguire il percorso
inaugurato dai precedenti congressi,
attraverso la revisione del processo
di comunicazione che contribuisce
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
alla costruzione dell’idea di “chimica”
nell’immaginario collettivo. Questo
per favorire anche una rivalutazione
della figura del chimico, troppo spesso
grossolanamente associata ad un
comparto tutt’altro che positivo.
Rilancio
dell’economia,
sviluppo
tecnologico, ambiente e salute:
sono queste le tematiche che
verranno affrontate nel corso del
congresso, attraverso il contributo
di rappresentanti della categoria,
ma anche di attori specializzati
nei diversi settori coinvolti. Invitate
a Reggio Calabria anche le altre
professioni per proseguire il confronto
inaugurato lo scorso anno a Catania.
E proprio nella volontà di un evento
“interprofessionale”, il congresso
non sarà aperto esclusivamente ai
chimici, ma anche a Farmacisti,
Biologi, Tecnici della prevenzione
nell’ambiente, medici di base e
medici specializzati in Biochimica
Clinica, Farmacologia, igiene degli
alimenti e della nutrizione, igiene,
epidemiologia e sanità pubblica;
Malattie metaboliche e diabetologia,
Scienza
dell’alimentazione
e
dietetica. Per le seguenti categorie,
le giornate del 30 e del 31 maggio
sono accreditate rispettivamente con
9 crediti ECM e 6,8 crediti ECM. Per
gli iscritti all’Ordine dei chimici invece
la tre giorni vale 25 Crediti Formativi
Professionali.
39
ILCHIMICOITALIANO
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
41
ILCHIMICOITALIANO
Pianeta Sanità
di ARMANDOZINGALES
Chimici
al servizio del
Sistema Sanitario
Nazionale
Lettera del Consiglio Nazionale
al Ministro della Salute,
ai Componenti della XII Commissione
“Igiene e sanità” del Senato della Repubblica
e ai Componenti della XII Commissione
“Affari sociali” della Camera dei Deputati
Molti giovani colleghi chiedono che
questo Consiglio si faccia parte attiva
per risolvere il nodo dell’ingresso dei
Chimici in Sanità con pari dignità
riguardo altre professioni Sanitarie.
Esistono due fondamentali questioni
che impediscono ai giovani Laureati
l’ingresso nel Sistema Sanitario
Nazionale: una è di merito e di
natura squisitamente politica circa la
collocazione della Chimica stessa nel
SSN, mentre l’altra è di forma.
Nel merito la posizione italiana
della Chimica in ambito sanitario
è abbastanza singolare avendo
privilegiato di fatto, per varie
motivazioni anche per comprensibili
risposte ad esigenze di sbocchi, altre
professioni che utilizzano la Chimica
come materia base per la loro attività
ma che non posseggono il necessario e
più ampio bagaglio per potere tenere
al passo il Paese nell’ambito della
biochimica.
La rilevanza di tale materia, che in
ambito mondiale è ricondotta alla
Chimica per evidentissime ragioni e
non agli effetti che la stessa produce,
è testimoniata dalla successione dei
premi Nobel per la Chimica negli
ultimi anni.
Questo Consiglio vuole richiamare
l’attenzione del Parlamento e del
Ministro su questo aspetto che
richiede l’innesto di poche unità di
personale, un numero irrisorio rispetto
42
ILCHIMICOITALIANO
al numero totale degli operatori,
ma che porterebbe in apporto
sinergico notevole valore aggiunto
al SSN nel campo del contrasto alla
tossicodipendenza, nella tossicologia
forense, nelle analisi cliniche, nel
dosaggio di farmaci antitumorali, nella
farmaco-cinetica e nell’identificazione
delle proteine indice o causa di rilevanti
effetti sulla salute.
In particolare la carenza di Chimici
comporta che nel delicatissimo campo
della Metabolomica, la cui applicazione
più nota in ambito sanitario è legata
alla diagnosi neonatale di alcune
malattie metaboliche, si registri un
ritardo rispetto ad altri Paesi UE ed
Extra UE. La legislazione italiana è
del 1992 (legge-quadro n. 104 del
5-5-1992) questo esame deve essere
eseguito su tutti i neonati italiani
(la prima legge che ne ha sancito
l’importanza è quella della regione
Liguria del 17-8-1973). L’esame che
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
si attua in Italia su 32 Centri è in
grado di identificare solo tre disturbi:
la fenilchetonuria, l’ipotiroidismo
congenito e la fibrosi cistica. Come
già esposto, la comparazione con
altri Paesi che invece applicano
sistemi diagnostici che necessitano
la presenza di personale Chimico ad
alta specializzazione, segna un gap
significativo potendo con tali sistemi a
costi per singolo individuo comparabili
se non inferiori, individuare 54disordini
principali di particolare gravità e
secondari. La situazione italiana nelle
varie Regioni: Tenuto conto della
potestà legislativa integrativa delle
Regioni in tale ambito e per quanto a
conoscenza di questo Consiglio, nella
regione Toscana si ha una applicazione
dello screening neonatale allargato
per effetto della legge regionale del 3
Agosto 2004 n° 800 e a partire dal 1
novembre del 2004 “…tutti i neonati
toscani dovranno essere sottoposti
a screening allargato mediante
spettrometria di massa tandem…”.
Ugualmente con Delibera della Giunta
Regionale 1 Febbraio 2010, N.
107 la Regione Emilia Romagna ha
previsto l’allargamento dello screening
neonatale per le malattie metaboliche
ereditarie.
Al contrario particolare preoccupazione desta il blocco del progetto
sperimentale iniziato nel 2007 nella
Regione Campania ed interrotto per
FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
scelte legate al deficit sanitario nel
2013, anche se, come evidenziato, la
verifica costa meno dei test obbligatori
che peraltro sostituisce con maggiore
certezza. Tale scelta sembra peraltro
non considerare la necessità di una
maggiore tutela delle popolazioni interessate dai nefasti effetti delle ecomafie. In alcune realtà quali la Sicilia, il
principale ostacolo economico legato
all’acquisto delle attrezzature non esiste stante che le stesse sono state acquisite, mentre rimane come ostacolo
reale la carenza di personale ad alta
specializzazione identificabile nei Chimici che operano in ambito sanitario.
In tale contesto si innesta la questione
di forma sopra richiamata.
La genesi della questione è rinvenibile
nel mancato coordinamento delle
norme che regolano l’accesso al
comparto della Sanità e gli effetti
della riforma universitaria operata
tramite il Decreto 3 novembre 1999,
n. 509 “Regolamento
recante
norme
concernenti l’autonomia
didattica degli atenei”
e
conseguentemente
del combinato disposto
dell’art. 3 comma 6 e
dell’art. 13 comma 6 del
predetto Decreto.
La
contemporanea
previsione che i corsi
di
specializzazione
possano essere istituiti
esclusivamente
in
applicazione di specifiche
norme di legge o di direttive
dell’Unione
Europea,
assieme
all’ulteriore
previsione riguardante le
scuole di specializzazione
e la disattivazione entro il
terzo anno accademico
successivo a quello di
entrata in vigore del
Decreto ha creato un vuoto
che ha finito per falcidiare
la presenza specialistica di Chimici
nella Sanità, presenza fondamentale
per l’identificazione di nuove sostanze
(droghe sintetiche) e quindi al
contrasto del fenomeno malavitoso
legato al mondo degli stupefacenti e
del doping. Inoltre tale carenza rende
l’Italia un Paese non competitivo nel
campo dell’applicazione di nuovi
metodi chimici di identificazione
anche di molecole organiche legati
alla clearance metabolica, alla
farmacocinetica ed al dosaggio di
medicinali ad alto potenziale tossico.
Ove rimanesse la previsione fatta per
Decreto (previsione che sembra più
consona ad un atto normativo primario)
di limitare la specializzazione ai
casi delineati dal Decreto stesso, la
soluzione al problema non potrebbe
che essere affidata al Parlamento
nella sua piena sovranità. Questo
Consiglio ben conosce i problemi
di bilancio che ad oggi limitano il
numero di specializzandi in Medicina
creando un saldo negativo tra
fabbisogno del Paese in termini di
Medici specializzati (circa diecimila) e
numero degli specializzati stessi (circa
6700), saldo negativo ben evidenziato
dalla Relazione annuale che il
Ministero della Salute produce circa
il fabbisogno di figure professionali
in ambito sanitario. La recente
disposizione Ministeriale, che riduce
a quattro anni gli anni di specialità,
certamente mette a disposizione nuove
risorse economiche, ed in questo nuovo
contesto è auspicabile che vengano
soddisfatte anche le altre professioni
sanitarie come è quella del Chimico.
Questo atteggiamento permetterebbe,
in attesa di nuove disposizioni, di
dare, anche se parzialmente, qualche
risposta alle domande e al fabbisogno
di chimici. Pur nondimeno il Consiglio
Nazionale dei Chimici, visto le difficoltà
registrate in questi anni, ha prodotto
una ipotesi di soluzione al problema,
ipotesi già presentata ai Ministri alla
Salute protempore che si allega alla
presente nota.
Per quanto esposto chiediamo alle
SS.VV. di volere considerare quanto
illustrato che non ha altro fine se non
rispondere a legittime aspirazioni
di giovani laureati e che, siamo
certi, sapranno trovare la giusta
coniugazione nell’interesse generale,
e di volere concedere una audizione
sul tema della Chimica in Sanità
chiedendo che sia consentito di
partecipare all’audizione anche i Proff.
Giorgi e la Marca che rappresentano
la componente scientifica universitaria
sull’argomento in questione.
Deferenti ossequi.
Il Presidente
Prof. chim. Armando Zingales
43
ILCHIMICOITALIANO
Le aziende informano
L’impatto del CLP e del REACH sulla normativa
di salute e sicurezza sul lavoro
Il Regolamento CE 1272/2008
(CLP), relativo alla classificazione, etichettatura e imballaggio di
sostanze e miscele, ha l’obiettivo
di sostituire, al termine del periodo
di transizione che si concluderà
a giugno 2015, le Direttive
comunitarie sulle sostanze e
preparati pericolosi.
Il CLP è inoltre strettamente
correlato al Regolamento CE
1907/2006
(REACH)
sulla
registrazione,
valutazione
e
autorizzazione delle sostanze
chimiche, in quanto fornisce i
criteri operativi per mettere in atto
le operazioni di classificazione di
sostanze e preparati e di revisione
delle SDS.
L’applicazione del CLP fornisce
gli
elementi
conoscitivi
e
gli strumenti applicativi per
l’identificazione dei pericoli e
la conseguente valutazione del
rischio ai sensi del Titolo IX del
D.Lgs. 81/2008.
Le principali novità che vanno
ad impattare sulla gestione del
rischio chimico all’interno di una
organizzazione sono le seguenti:
• sono identificate le categorie
di pericolo, con relativa gravità;
per alcune di tali classi esistono
anche distinzioni in funzione
della via di esposizione (orale,
dermica, inalatoria) o della
natura dell’effetto causato (effetto
narcotico, irritazione oculare,
ecc.);
• sostanze/miscele, che non risultavano pericolose applicando i
criteri di classificazione DSP e
DPP (direttiva 1999/45/CE),
possono
essere
classificate
pericolose con i nuovi criteri CLP,
oppure possono cambiare classe
di pericolo;
• sono state inserite le Frasi H,
simili alle Frasi R utilizzate
precedentemente, che descrivono
la natura del pericolo; le Frasi
S sono invece sostituite dalle
Frasi P, che indicano le misure
raccomandate per prevenire o
minimizzare gli effetti dannosi
dei prodotti;
• sono stati introdotti nuovi pittogrammi, caratterizzati da un
rombo con cornice rossa su
sfondo bianco che sostituiscono
i precedenti, che si presentavano
CAMPOVERDE SRL
20138 Milano, via Quintiliano 31
tel.: + 39 02 5803901 fax: + 39 02 58039021
web: www.campoverde-group.com
mail: [email protected]
come un quadrato con cornice
nera su sfondo arancione;
• è stata introdotta l’Avvertenza
per segnalare all’utilizzatore un
potenziale pericolo “Attenzione”
per le categorie di pericolo meno
gravi e “Pericolo” per le categorie
di pericolo più gravi;
• gli scenari di esposizione, quando ne è prevista l’elaborazione
in SDS, forniscono informazioni
sulle misure di gestione del rischio
e sugli usi sicuri delle sostanze/
miscele.
Si evince quanto siano notevoli le
ricadute di CLP e REACH sulla
valutazione dei rischi collegati
alle esposizioni professionali.
Campoverde, società specializzata
nella consulenza e formazione
in materia di salute e sicurezza
sui luoghi di lavoro e tutela
ambientale, supporta le aziende
nella valutazione del rischio
associato
all’esposizione
ad
agenti chimici, verificando le
caratteristiche delle sostanze/
miscele utilizzate ed analizzando
le modalità di utilizzo, stoccaggio e
smaltimento. Sulla base del rischio
professionale definito, i consulenti
Campoverde propongono misure
di prevenzione e protezione
nonché interventi di informazione
e formazione specifici.
SIAM è un’azienda che
ha sviluppato un software
– Chemeter - per la generazione
di schede dati di sicurezza
(SDS), etichette e documenti
di trasporto in accordo alle
legislazioni europee.
La nostra visione e il nostro
impegno è di assicurare che tutte
le aziende, non solo chimiche,
siano conformi ai regolamenti
REACH, CLP, GHS, ecc.
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I principali servizi includono
dati scientifici e regolatori
integrati nei sistemi sviluppati
per la redazione, distribuzione
e gestione di SDS, etichette e
documenti di trasporto.
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SIAM è presente sul territorio
internazionale grazie ad un rete
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ad ogni analista, anche non
specializzato, di ottenere dati di alta
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All’interno di iKey è presente tutto
ciò che serve per una separazione
cromatografica: connettori fluidici,
elettronica, interfaccia ESI, gruppo di
termostatazione, eCord™ e colonna.
La separazione UPLC è resa possibile
nella sorgente del Vostro spettrometro
di massa Waters semplicemente
inserendo iKey: il sistema LC-MS
più sensibile e di facile utilizzo sul
mercato.
Il Sistema ionKey/MS consente di
analizzare ridotte quantità di campione
ed ottenere molte informazioni dai
campioni disponibili in quantità ridotta.
Questo si traduce in un risparmio in
termini di tempo nella preparazione
del campione e minimizza l’utilizzo di
costosi standard migliorando al tempo
stesso la robustezza del dato di massa
grazie alla minor quantità di campione
e di solvente necessarie.
La riduzione del consumo di solvente
si tramuta in minore spesa per i
solventi, minori costi di stoccaggio e
smaltimento: un significativo risparmio
e un workflow più sostenibile e green
grazie al minor impatto ambientale.
Tel.
Fax
Email [email protected]
www.waters.com/Italy
iKey Separation Device
Waters Italia
Viale dell’Innovazione, 3
20126 Milano
02 2650983
02 2501827
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Contro-copertina »
“Noi siamo qui prigionieri del cielo
come giovani indiani risarciteci i cuori,
noi siamo qui, senza terra né bandiera,
aspettando qualcosa da fare”
Canzone per Seveso
Antonello Venditti
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