Quanto incide la disoccupazione sui tassi di criminalità?

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Quanto incide la disoccupazione sui tassi di criminalità?
Quanto incide la disoccupazione
sui tassi di criminalità?
Riccardo Marselli - Marco Vannini*
Istituto Universitario
Navale, Napoli
Università di Sassari e
CRENOS, Cagliari
1. - Introduzione
Chiedersi se la disoccupazione influisca sulla criminalità può
sembrare ozioso. È intuitivo infatti che una persona senza lavoro,
che vive una condizione materiale, mentale e sociale di forte
disagio, può essere tentata di commettere un reato molto più
facilmente di una persona che possiede un’occupazione. A sua
volta, quest’ultima non avrà né il tempo né sufficienti motivazioni per considerare seriamente tale possibilità. Sembra ovvio
considerare la disoccupazione come uno dei principali fattori
criminogeni. Nonostante ciò, le analisi empiriche volte a stabilire il segno e l’intensità di questo legame stentano a convergere
verso valori comuni e statisticamente significativi. La mancanza
di un riferimento quantitativo attendibile impedisce non solo di
calcolare correttamente il costo complessivo della disoccupazione
— un’informazione di per sé utile per la politica economica e
sociale — ma anche di calibrare adeguatamente, in termini di
*
Gli autori sono entrambi Professori Associati, Riccardo Marselli di Politica
Economica e Marco Vannini di Economia Politica. Essi desiderano ringraziare M.
Paffi (CRENoS), P. Pedroni (Indiana University) e A. Rigon (Sistemi Operativi srl).
Le sezioni 3 e 4 sono attribuibili a R. Marselli, mentre le sezioni 1, 2, 5 e 6 a M.
Vannini (Cod. JEL: K42, J2].
Avvertenza: i numeri nelle parentesi quadre si riferiscono alla Bibliografia alla
fine del testo.
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Riccardo Marselli - Marco Vannini
risorse e strumenti, le azioni specifiche di contrasto della criminalità.
La ricerca economica, negli ultimi anni, ha prodotto molte analisi riguardanti il legame sia teorico che empirico fra condizioni del
mercato del lavoro e criminalità (Block e Heineke [4]; Cook e Zarkin
[9]; Freeman [16], [18], [19]; Tauchen, Witte e Griesinger [40];
Cornwell e Trumbull [10]; Witte e Tauchen [42]; Grogger [20]; Marselli e Vannini [29]; Scorcu e Cellini [39], Lochner [26]). Benché
questi sforzi non abbiano portato a conclusioni univoche, essi hanno avuto comunque il merito, da un lato, di svelare una varietà di
meccanismi attraverso i quali la disoccupazione può influenzare la
criminalità e, dall’altro lato, di mettere a fuoco i principali problemi che impediscono una corretta misurazione del trade-off tra i due
fenomeni. Il presente lavoro si ricollega a questo filone di ricerca
con l’obiettivo di fornire una stima non distorta, in relazione al caso italiano, della reattività dei tassi di criminalità alla disoccupazione. Nel far ciò, oltre a riconsiderare due problemi classici come
quello della cointegrazione e della endogeneità, si cercherà — per la
prima volta in questo tipo di applicazioni — di tenere conto esplicitamente della presenza di correlazione spaziale fra le unità di osservazione. Nei paragrafi che seguono, dopo un breve accenno al legame teorico fra disoccupazione e criminalità (par. 2) e ai più recenti lavori empirici sul tema (par. 3), viene illustrata la strategia
impiegata, i dati utilizzati e le stime ottenute curando in modo particolare il problema dell’endogeneità (par. 4). Successivamente, alla
luce dei test riguardanti la presenza di correlazione spaziale, si tenta una correzione delle stime che tenga conto di questo importante
aspetto (par. 5). Infine si commentano i risultati e si sottolineano alcune importanti limitazioni che, se rimosse, permetterebbero di migliorare ulteriormente la misurazione dei parametri di interesse.
2. - Disoccupazione e criminalità
L’analisi economica, com’è noto, assume che gli individui decidono in modo razionale. Nelle scienze sociali non esiste una definizione univoca di razionalità e fra gli stessi economisti la no-
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zione non è affatto pacifica. C’è sufficiente consenso, tuttavia, sull’idea che il modo migliore di rappresentare le decisioni umane
sia quello di raffigurare l’individuo come impegnato in una valutazione sistematica dei costi e dei benefici derivanti dalle diverse
azioni che può compiere. Poiché per molti versi la decisione di
commettere un reato non è fondamentalmente diversa da quella
riguardante opzioni più familiari, il modello economico del crimine (Becker [3]; Ehrlich [14]) assume che l’individuo sceglie di
partecipare o meno ad un’attività illegale in base ai costi e ai benefici attesi. Uno dei costi opportunità più importanti in relazione a tale scelta è rappresentato dalla perdita di reddito connessa
al tempo consumato per attuare il reato e all’eventuale sanzione
(o meglio al danno diretto e indiretto) in caso di insuccesso. In
questo quadro le condizioni del mercato del lavoro esercitano la
loro influenza sul lato dei costi. Chi percepisce un salario elevato sarà meno interessato a compiere un reato di chi riceve un salario più basso o di chi non riceve alcun salario perché disoccupato. Chiaramente, poiché si tratta di decisioni in condizione di
incertezza, la scelta ottimale dipenderà anche dalle attitudini dell’individuo nei confronti del rischio.
Ora, mentre nelle rappresentazioni più elementari di questo
modello un aumento del costo opportunità dei reati riduce la frequenza degli stessi, nelle formulazioni appena più complesse (e
realistiche)1 i risultati cessano di essere univoci anche sotto ipotesi speciali sulla propensione al rischio degli individui o circa
l’andamento dei coefficienti assoluti e relativi di avversione al rischio2.
Il modello economico del crimine è essenzialmente uno schema microeconomico che permette di collocare coerentemente i diversi fattori che influenzano la scelta individuale. Esiste tuttavia
anche un livello di analisi macro che può aiutare a spiegare la
1
Per una panoramica delle diverse versioni del modello economico del crimine v. HEINEKE J.M. [22], EIDE E. [15] e MARSELLI R. - VANNINI M. [30].
2
Ciò è particolarmente vero per le versioni del modello del tipo time allocation, dove le scelte riguardano la frazione del tempo totale a disposizione dell’individuo da dedicare ad attività legali, illegali e al tempo libero, e ancor di più per
quelle formulazioni che considerano esplicitamente l’esistenza di elementi non-monetizzabili (HEINEKE J.M. [22]).
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(complessità della) relazione fra condizioni del mercato del lavoro e certi tipi di reato. Secondo il routine activity approach di Colien e Felson [8], poiché la realizzazione di un delitto comporta
sostanzialmente la convergenza nello spazio e nel tempo di autori di reato motivati, obiettivi (vittime o beni) appropriati e mancanza di controlli adeguati, un miglioramento delle condizioni
economiche generali che aumenta l’opulenza (gli obiettivi) e promuove stili di vita più lassisti (esempio, meno tempo libero trascorso a casa) può generare un aumento dei tassi di criminalità3.
Di converso, una fase di depressione, con molti disoccupati che
restano a casa e un numero ridotto di obiettivi appetibili a disposizione, comporterà una riduzione dei reati. È anche possibile, come sottolineano Cook e Zarkin [9], che il cambiamento degli stili di vita induca un aumento dei reati attraverso un maggior
consumo o abuso di certi beni, quali bevande alcoliche, sostanze
stupefacenti, armi etc. Né vanno dimenticati certi meccanismi psicologici che, agendo attraverso le norme, possono promuovere la
criminalità. Eide [15] ricorda come la percezione della disoccupazione come un qualcosa di ingiusto può contribuire a un abbassamento del grado di rispetto delle norme sociali e, per questa via, ad un aumento dei reati. C’è infine la questione della causazione inversa. È del tutto plausibile, infatti, che chi possiede
precedenti penali venga etichettato come criminale e non riesca a
trovare un’occupazione (e sia, a sua volta, più facilmente influenzabile da opportunità illecite). Certe occupazioni, peraltro, sono
precluse a chi ha commesso un reato. Thornberry e Christensen
[41] studiano la questione su una coorte di giovani di Filadelfia e
trovano un riscontro a favore di entrambe le direzioni causali,
mentre Freeman [17] stima una riduzione pari al 25% delle ore
lavorate, negli otto anni successivi alla scarcerazione, da parte di
chi è stato in carcere rispetto a chi non ha vissuto tale esperienza. Altri tipi di coinvolgimento con il sistema penale non sembrano tuttavia avere effetti negativi altrettanto apprezzabili sulle
opportunità future di lavoro (Grogger [20]).
3
Non sfuggirà a chi legge che l’opulenza può portare anche a maggiori spese
difensive (sistemi antifurto, telecamere, polizia privata etc.) e dunque ad un aumento del controllo sugli obiettivi con conseguente riduzione dei reati.
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Alla luce di questa breve ricognizione4 dovrebbe esser chiaro
che tanto il problema della relazione di lungo periodo quanto quello della potenziale simultaneità fra le variabili devono ricevere uno
spazio adeguato nell’ambito delle ricerche applicate su disoccupazione e criminalità. Questa esigenza è ulteriormente rafforzata dai
pochi dati ufficiali riguardanti la condizione professionale dei condannati e degli entrati dallo stato di libertà in Italia. Nel caso dei
condannati totali (tav. 1), la percentuale degli occupati varia dal
TAV. 1
CONDANNATI TOTALI SECONDO LA CONDIZIONE PROFESSIONALE
occupati
in cerca di in condizione non indicata
nuova
non
occupazione professionale
totale
valori assoluti
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
69.849
71.631
73.934
65.921
70.026
65.312
72.499
81.560
84.362
84.965
86.678
3.203
3.668
3.675
2.674
2.236
2.697
2.290
3.690
4.084
4.441
4.658
14.156
15.158
13.477
12.929
13.864
13.864
14.287
19.949
26.232
31.041
32.059
23.243
21.474
22.742
16.085
18.975
17.020
29.040
53.065
62.684
72.828
82.236
110.451
111.931
113.828
97.609
105.101
98.893
118.116
158.264
177.362
193.275
205.631
composizione percentuale
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
63,2
64,0
65,0
67,5
66,6
66,0
61,4
51,5
47,6
44,0
42,2
2,9
3,3
3,2
2,7
2,1
2,7
1,9
2,3
2,3
2,3
2,3
12,8
13,5
11,8
13,2
13,2
14,0
12,1
12,6
14,8
16,1
15,6
21,0
19,2
20,0
16,5
18,1
17,2
24,6
33,5
35,3
37,7
40,0
Fonte: ISTAT, Statistiche giudiziarie penali.
4
Per un approfondimento si vedano le importanti rassegne di FREEMAN R. [16],
[17] e CHIRICOS T. [7] nonché l’esauriente panoramica di MASCIANDARO D. [31].
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Riccardo Marselli - Marco Vannini
42,2% al 67,5%, con una media, nel periodo, pari al 58,1%, cui si
contrappone una percentuale di disoccupati del 2,6%. Questa tavola di per sé è difficilmente interpretabile e sarebbe comunque rischioso, in assenza di altre informazioni, addentrarsi in considerazioni sulla presenza di eventuali lavoratori scoraggiati nelle restanti due categorie. Resta il fatto, significativo, che più della metà dei
condannati possiede un lavoro. Accanto a questi dati è utile leggere
anche quelli relativi agli entrati dallo stato di libertà: cioè i condannati che hanno varcato le soglie del carcere. I dati della tavola (tav.
2) si riferiscono agli entrati per reati contro il patrimonio. Abbiamo
TAV. 2
REATI CONTRO IL PATRIMONIO: ENTRATI DALLO STATO
DI LIBERÀ PER CONDIZIONE PROFESSIONALE
occupati
disoccupati
cond.
non prof.
totale
valori assoluti
1970
1971
1972
1973
1974
1975
1976
1977
1978
1979
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
15.902
18.613
21.512
24.382
28.089
29.280
31.937
30.869
30.178
28.174
21.023
29.711
29.412
28.981
26.760
23.709
19.335
12.687
23.424
24.207
12.102
12.272
22.491
23.086
16.846
16.456
3.856
4.711
5.344
5.742
4.759
4.516
2.471
2.379
2.507
2.366
1.483
2.478
4.483
4.843
6.653
1.223
1.371
2.666
1.745
5.657
2.943
4.128
10.582
7.375
10.096
7.014
7.366
8.818
10.856
6.018
8.483
11.655
11.372
12.949
14.272
13.576
11.560
16.507
18.080
17.394
16.984
16.019
11.998
31.984
17.995
13.502
13.859
16.630
16.173
13.479
14.121
12.399
Fonte: ISTAT, Statistiche giudiziarie penali.
occupati
disoccupati
cond.
non prof.
composizione percentuale
27.124
32.142
37.712
36.142
41.331
45.451
45.780
46.197
46.957
44.116
34.066
48.696
51.975
51.218
50.397
40.951
32.704
47.337
43.164
43.366
28.904
33.030
49.246
43.940
41.063
35.869
58,6
57,9
57,0
67,5
68,0
64,4
69,8
66,8
64,3
63,9
61,7
61,0
56,6
56,6
53,1
57,9
59,1
26,8
54,3
55,8
41,9
37,2
45,7
52,5
41,0
45,9
14,2
14,7
14,2
15,9
11,5
9,9
5,4
5,1
5,3
5,4
4,4
5,1
8,6
9,5
13,2
3,0
4,2
5,6
4,0
13,0
10,2
12,5
21,5
16,8
24,6
19,6
27,2
27,4
28,8
16,7
20,5
25,6
24,8
28,0
30,4
30,8
33,9
33,9
34,8
34,0
33,7
39,1
36,7
67,6
41,7
31,1
47,9
50,3
32,8
30,7
34,4
34,6
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concentrato l’analisi su questo aggregato sia perché l’analisi successiva si occupa soprattutto di questi reati sia perché per essi è più
facile ipotizzare un legame con le condizioni del mercato del lavoro. Rispetto alla tavola 1, adesso si osserva una leggera flessione della percentuale degli occupati, una percentuale apprezzabile di disoccupati e un aumento notevole della percentuale degli individui
in condizione non professionale. Dato che si tratta di autori di reato, in relazione a quest’ultima categoria viene difficile pensare a una
forte presenza di casalinghe e pensionati. Probabilmente sono soprattutto giovani studenti e giovani lavoratori scoraggiati (tav. 3).
TAV. 3
ENTRATI DALLO STATO DI LIBERTÀ
totale
per reati contro
il patrimonio
14-30 anni per reati contro
il patrimonio
valori assoluti
1970
1971
1972
1973
1974
1975
1976
1977
1978
1979
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
48.760
53.490
64.443
72.061
83.540
91.369
91.662
92.176
89.164
84.607
92.576
101.143
102.925
107.868
112.834
95.329
95.026
85.875
89.741
83.600
57.736
80.234
93.774
99.072
100.829
27.124
32.142
37.712
36.142
41.331
45.451
45.780
46.197
46.957
44.116
46.199
48.696
51.975
51.218
50.397
40.951
32.704
47.337
43.164
43.366
28.904
33.030
49.246
43.940
41.063
14-30 anni
composizione percentuale
20.266
25.228
29.783
28.216
31.636
34.630
33.276
33.727
34.347
32.878
34.066
35.572
35.288
38.415
37.101
28.678
22.191
32.555
28.260
28.141
18.077
23.794
28.935
25.108
23.225
Fonte: ISTAT, Statistiche giudiziarie penali.
55,6
60,1
58,5
50,2
49,5
49,7
49,9
50,1
52,7
52,1
49,9
48,1
50,5
47,5
44,7
43,0
34,4
55,1
48,1
51,9
50,1
41,2
52,5
44,4
40,7
74,7
78,5
79,0
78,1
76,5
76,2
72,7
73,0
73,1
74,5
73,7
73,0
67,9
75,0
73,6
70,0
67,9
68,8
65,5
64,9
62,5
72,0
58,8
57,1
56,6
280
Riccardo Marselli - Marco Vannini
Sembrerebbe dunque che a una buona metà di entrati in possesso
di un’occupazione si affianchi un’altra metà composta di disoccupati e di giovani che non fanno parte delle forze di lavoro. Questi
dati di per sé non autorizzano nessuna particolare conclusione, ma
confermano l’importanza di un’analisi più approfondita del legame
fra criminalità e condizioni del mercato del lavoro.
3. - I riscontri empirici
Come abbiamo sottolineato, i lavori empirici che si sono occupati di disoccupazione e criminalità hanno prodotto risultati
molto diversi, che variano a seconda del tipo di dati usati e della definizione di reato considerata. La ricerca empirica si è fondata sostanzialmente su quattro tipologie di dati (Freeman [18]):
osservazioni a livello aggregato di serie storiche o di cross-section,
dati panel a livello territoriale e indagini campionarie individuali.
Ovviamente, il ricorso a queste ultime, caratterizzate in genere da un alto numero di osservazioni e da un’ampia gamma di
variabili di controllo, costituisce il modo migliore per scoprire come la posizione nel mercato del lavoro influenza il comportamento
criminale, poiché consente il confronto tra le caratteristiche socio-economiche di individui appartenenti a gruppi diversi (gli arrestati e gli estranei al circuito penale). In genere, la conclusione
cui giungono questi studi conferma che il gruppo di popolazione
dalle prospettive di reddito e occupazionali meno favorevoli, ovvero i giovani maschi senza titolo di studio, è quello con la maggiore probabilità di essere coinvolto in attività criminali ed arrestato.
Queste indagini, largamente diffuse negli USA e nel Regno
Unito, non sono però disponibili in altri paesi (v. Italia, ma anche
Germania e Francia), dove è inevitabile ricorrere a dati aggregati, i quali pongono non poche difficoltà. L’inferenza desumibile
dall’impiego di serie storiche, per esempio, è fortemente condizionata dalla lunghezza del periodo campionario, così come dalla specificazione adottata. Inoltre, raramente si studia con la dovuta accortezza l’influenza che le proprietà stocastiche delle serie
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281
esercitano sui risultati raggiunti, né ci si domanda quanto questi
siano condizionati da eventuali break strutturali intervenuti nel
processo stocastico che genera le variabili di interesse.
Le stime che utilizzano dati cross-section, dal canto loro, sono soggette a potenziali distorsioni a causa di omissione di variabili rilevanti, in quanto le condizioni del mercato del lavoro e
l’intensità del fenomeno criminale possono differire fra unità di
osservazione per caratteristiche delle popolazioni difficilmente misurabili. Questo aspetto è però controllabile quando risulta possibile estendere nel tempo l’osservazione delle unità cross-section e
si possa quindi ricorrere a stimatori di tipo panel.
Data la natura e la rilevanza di questi problemi, non deve sorprendere se nello spiegare la frequenza osservata dei delitti, specie di quelli che non hanno una natura prettamente economica,
il parametro stimato del tasso di disoccupazione non sempre risulta significativo e col segno corretto.
La letteratura empirica italiana, peraltro non vastissima, non
fa eccezione a questa regola. Campiglio [6] utilizza dati provinciali relativi al censimento del 1981 per spiegare le frequenze osservate del totale dei delitti e di altre quattro fattispecie di reato
di natura economica o patrimoniale, quali furti, truffe, rapine e
assegni a vuoto. Nelle specificazioni adottate sono presenti una
variabile di deterrenza (il rapporto tra numero di delitti e persone denunciate come proxy della probabilità di essere puniti) ed alcune variabili socio-economiche, tra le quali il tasso di disoccupazione della popolazione maschile in cerca di prima occupazione. Anche se nel complesso la capacità esplicativa delle equazioni stimate risulta soddisfacente, il tasso di disoccupazione risulta
significativo e con il segno atteso esclusivamente nella regressione relativa alle rapine. Rey [38] spiega la dinamica dei reati di rapina, estorsione e sequestro di persona nel periodo 1970-1990
esclusivamente in base all’evoluzione di alcune variabili macroeconomiche rappresentative dell’economia legale. Tra queste, il tasso di disoccupazione influenza con il segno negativo la dinamica
dei reati, e per la ripartizione del Mezzogiorno la significatività
del parametro viene stabilita solo rimuovendo dalla specificazione stimata un trend lineare e introducendo come proxy della di-
282
Riccardo Marselli - Marco Vannini
soccupazione una misura del differenziale di disoccupazione tra
Italia e Mezzogiorno.
Riguardo ai lavori che utilizzano serie storiche, Scorcu e Cellini [39] chiariscono come sia difficile evidenziare un legame tra
le variabili di criminalità e le determinanti economiche se non si
considera la possibilità che le relazioni di lungo periodo siano state colpite da un break strutturale. Una volta che questa eventualità venga opportunamente considerata, emerge una relazione significativa con un nesso causale che va dalle variabili economiche a quelle di criminalità. Non solo, grazie ad una strategia di
test di encompassing, è possibile concludere che il tasso di disoccupazione è quello che meglio spiega la frequenza dei furti, mentre il consumo reale pro-capite è la migliore variabile esplicativa
del livello di equilibrio di lungo periodo per i reati di omicidio e
rapina. Viene così confermato un risultato ricorrente della letteratura internazionale, che vuole il tasso di disoccupazione come
regressore significativo nelle equazioni che spiegano i reati di natura strettamente economica piuttosto che genericamente anti-sociale (Papps-Winkelmann [32]).
Infine, i risultati dell’analisi panel di Marselli e Vannini ([28],
[29]), relativi a un’equazione della criminalità in cui compaiono
un insieme di misure di deterrenza e di variabili socio-economiche, mostrano che il tasso di disoccupazione spiega in modo significativo l’evoluzione dei reati di omicidio, rapina e furto osservati nelle regioni italiane tra il 1980 e il 1990, ma il segno del
parametro stimato è negativo nell’equazione del furto. A questo
proposito, è opportuno osservare che questa tipologia di reato è
fortemente correlata all’uso e alla diffusione di sostanze stupefacenti, le quali, come si sottolineava all’inizio, hanno una componente prociclica. È dunque possibile che una riduzione del reddito, in coincidenza con fasi di recessione economica, eserciti un
impatto negativo sulla frequenza osservata di questo specifico reato sufficiente a controbilanciare l’influenza positiva del tasso di
disoccupazione (Raphael-Winter Ebmer [37]). Merita di essere ricordato infine che l’uso di stimatori panel consente di accertare
l’esistenza di una componente regionale non osservata, che risulta particolarmente pronunciata per i reati violenti delle regioni
Quanto incide la disoccupazione sui tassi di criminalità?
283
dove è storicamente presente la criminalità organizzata, e con un
elevato grado di correlazione con l’insieme dei regressori considerati, tasso di disoccupazione compreso. Ciò conferma e aggrava i problemi di distorsione dei parametri stimati dovuta ad omissione di variabile rilevante degli studi basati su cross-section o su
serie storiche: nel caso italiano riconducibile alla differente pervasività delle organizzazioni criminali a livello regionale, in altri
contesti a una probabile differenza tra criminalità apparente e criminalità reale nei diversi distretti giudiziari (Cornwell-Trumbull
[10]).
4. - Una misura del legame tra criminalità e disoccupazione
4.1 La strategia di analisi empirica
Alla luce delle considerazioni svolte, una strategia ottimale per
una corretta misurazione del legame tra criminalità e disoccupazione richiede di accertare innanzitutto se fra i due fenomeni esiste una relazione di lungo periodo e successivamente di quantificarne la forza, cercando di ridurre i rischi di contaminazione del
parametro di interesse attraverso l’omissione di variabili rilevanti.
Riguardo al primo aspetto, il ricorso a test per la presenza di
radici unitarie e per il rinvenimento di relazioni di cointegrazione in dati panel costituisce un miglioramento di precedenti indagini empiriche condotte su dati temporali, in quanto la limitata
disponibilità di osservazioni tipica di queste analisi condiziona la
potenza dei test. A questo riguardo, sono stati recentemente proposti dei test (Im-Pesaran-Shin [23]; Pedroni [34]) che, oltre ad
ammettere l’esistenza di effetti specifici individuali e una sufficiente eterogeneità della dinamica, riconoscono, sotto l’ipotesi alternativa, la possibilità che la radice autoregressiva vari fra le
unità osservate. In questo modo, si riduce il rischio, tipico di precedenti test (Quah [36]; Levin-Lin [24], di non rifiutare l’ipotesi
nulla di assenza di cointegrazione a causa di un’ipotesi restrittiva
sull’omogeneità del vettore di cointegrazione che, sotto l’ipotesi al-
284
Riccardo Marselli - Marco Vannini
ternativa, è capace di generare un residuo integrato nella regressione spuria (Pedroni [33]).
L’obiettivo di questa procedura non è tanto la scelta della normalizzazione più appropriata, né l’individuazione del numero di
relazioni di lungo periodo, in quanto si assume che il ricercatore
abbia già operato tale scelta, quanto l’esistenza o meno del legame di cointegrazione attraverso il ricorso a valori critici appropriati tenuto conto della natura panel del campione a disposizione5.
Pedroni [33] costruisce sette diverse statistiche, quattro delle
quali indagano la dimensione intra-individuale (within), mentre le
altre tre quella inter-individuale (between). Per le prime, il test per
l’ipotesi nulla di assenza di cointegrazione si costruisce a partire
dai residui dell’equazione di cointegrazione e, basandosi su uno
stimatore che aggrega i coefficienti autoregressivi tra le diverse
unità di osservazione, consiste nel verificare H0 : ρi = 1 per ogni
i, contro l’ipotesi alternativa H1 : ρi = ρ < 1 per ogni i. Per le seconde, invece, il test si basa su uno stimatore che semplicemente
calcola una media dei coefficienti di autoregressione stimati per
ciascuna unità di osservazione, e prevede di discriminare H0 : ρi
= 1 per ogni i, contro l’ipotesi alternativa H1 : ρi = ρ < 1 per ogni
i, non imponendo quindi necessariamente un valore comune per
il parametro autoregressivo. Le quattro statistiche intra-individuali
costituiscono delle varianti di test non parametrici quali il variance
ratio (Lo-MacKinlay [25], ρ-PP (Phillips-Perron [35]), il t-PP (Phillips-Perron [35]) e di un test parametrico quale il t-ADF; le tre statistiche inter-individuali rappresentano altrettanto versioni dei test ρ-PP, t-PP e t-ADF.
Per quanto riguarda, poi, la possibilità che l’omissione di variabili rilevanti generi distorsione nella stima del parametro di interesse, le soluzioni a disposizione possono essere sostanzialmente di due tipi. A meno che la variabile omessa non sia costante
nel tempo per ogni unità di osservazione, sebbene diversa tra que5
A parte le questioni già sottolineate, è noto che la presenza di effetti fissi individuali o temporali condiziona la distribuzione asintotica delle statistiche, e quindi anche per questo l’analisi di cointegrazione in un campione panel non costituisce una semplice estensione del caso di serie storiche.
Quanto incide la disoccupazione sui tassi di criminalità?
285
ste, nel qual caso si potrebbe trarre vantaggio delle proprietà degli stimatori panel, il rimedio ottimale consiste in un arricchimento della specificazione stimata che estragga dal termine del
residuo l’informazione rilevante. In alternativa, supponendo di riuscire ad individuare una variabile molto correlata con il tasso di
disoccupazione e che al contrario non influenza il tasso di criminalità, si potrebbe usare uno stimatore variabili strumentali. Questa strada, in particolare, è da preferire perché consente anche di
affrontare un altro aspetto cruciale di una corretta misurazione
del legame tra disoccupazione e criminalità, e cioè la potenziale
simultaneità.
Infine, poiché le unità di osservazione a nostra disposizione
costituiscono un campione non casuale di regioni italiane, in
quanto si riferiscono al complesso della popolazione, va contemplata la possibilità che esista dipendenza spaziale. Nel caso dei
tassi di criminalità, per esempio, non è difficile immaginare che
una diversa efficacia della repressione dei reati tra le regioni o l’esistenza di differenziali nei rendimenti regionali delle attività legali e illegali produca una correlazione tra i tassi osservati6. Qualora non si tenesse conto di questa dipendenza con opportuni stimatori, si produrrebbero delle stime non consistenti per gli standard errors dei parametri.
A questo proposito, nei panel in cui la dimensione cross-section
sia di gran lunga maggiore della dimensione temporale, una soluzione parametrica è difficilmente percorribile perché richiede l’imposizione di forti restrizioni sulla forma della dipendenza (Anselin
[1]), con il rischio che una errata specificazione delle restrizioni
comprometta i risultati; né una soluzione non parametrica rappresenta una valida alternativa, in quanto la necessità di assumere che
la dipendenza tra due unità di osservazione sufficientemente distanti in senso spaziale sia piccola non consente di ricorrere alle tradizionali tecniche non parametriche per la correlazione seriale in
serie storiche. Al contrario, quando la dimensione temporale è suf6
È di questi giorni, ad esempio, la notizia che il contrabbando di sigarette
sulle coste della Campania è in aumento: molto probabilmente a causa dello spiazzamento subito in Puglia dalle stesse attività a seguito del maggior controllo delle coste necessario a contenere l’immigrazione clandestina.
286
Riccardo Marselli - Marco Vannini
ficiente ampia, e comunque maggiore di quella cross-section, è possibile usare una correzione non parametrica per la matrice delle covarianze che sia robusta rispetto a forme molto generali di dipendenza nel tempo e nello spazio (Driscoll-Kray [13]).
Sintetizzando, le equazioni che compongono il modello possono essere rappresentate nel modo seguente:
yi,t = xi,t β + εi,t
dove i = 1,...,n rappresenta il numero di unità osservate, e t = 1,..., T
le osservazioni disponibili per ciascuna unità cross section. La matrice varianze-covarianze del termine di errore è dunque:
σ1,2Ω1,2
 σ11
, Ω11
,

σ 2,1Ω2,1 σ 2,2Ω2,2
E[εε'] = Ω = 
 …
…

σ n,1Ω n,1 σ n,2Ω n,2
… σ1, n Ω1, n 

… σ 2, n Ω2, n 
= Σ n × n ⊗ ΙT ×T
…
… 

… σ n, n Ω n, n 
Il modello viene stimato con uno stimatore GLS, e le espressioni per il vettore dei parametri stimati e la corrispondente matrice delle varianze sono date, come noto, da:
(
ˆ −1X
βˆ GLS = X ' Ω
)
−1
( ) (
ˆ −1y
X'Ω
ˆ −1X
Var βˆ GLS = X ' Ω
)
Una soluzione non parametrica al problema della correlazione spaziale viene proposta sostituendo lo stimatore
Σˆ i, j =
εˆ 'iεˆ j
T
per Σ, e poiché questa matrice è al più di rango min (T,n), perché lo stimatore GLS sia valido il numero di osservazioni dispo-
Quanto incide la disoccupazione sui tassi di criminalità?
287
nibili per ciascuna unità cross-section deve essere almeno pari al
numero di unità cross-section osservate (Beck-Katz [2]). Inoltre, la
matrice viene corretta per tenere conto delle seguenti ipotesi, alternativamente: (i) esiste correlazione all’interno delle regioni e il
parametro autoregressivo non è necessariamente comune; (ii) esiste correlazione all’interno delle regioni e il parametro autoregressivo è comune; (iii) esiste eteroschedasticità e contemporaneamente correlazione tra differenti regioni; (iv) esiste solo eteroschedasticità; (v) la matrice è omoschedastica e non esiste correlazione tra regioni.
4.2 I dati utilizzati
L’analisi empirica è stata condotta facendo uso della banca
dati Crime dei CRENoS7. Le variabili si riferiscono ai tassi regionali di criminalità per 100.000 abitanti relativi a tre fattispecie di
reati (omicidio volontario, furto e rapina, estorsione e sequestro
di persona a scopo di estorsione) e ai tassi di disoccupazione regionale. I quozienti di criminalità pro-capite sono espressi in logaritmo, per cui i parametri stimati relativi al tasso di disoccupazione rappresentano delle semi-elasticità e misurano la variazione nei tassi di criminalità associata con una variazione di un
punto percentuale del tasso di disoccupazione.
Inoltre, per tenere conto di differenze regionali nell’attività di
deterrenza, si utilizza come indicatore una misura della pena attesa, costruita moltiplicando la probabilità di essere condannati
per la severità della pena. Una tale scelta si può giustificare in
considerazione di alcune caratteristiche del sistema penale italiano, quali un elevato numero di procedimenti giudiziari pendenti
che alimenta fondate aspettative di condono o prescrizione dei termini, che impongono la necessità di soppesare l’entità delle sanzioni comminate con la probabilità effettiva che ciascun crimina-
7
Le caratteristiche di questa banca dati, reperibile all’indirizzo http://www.crenos.unica.it/databanks/crime.html, sono state illustrate in dettaglio da MARSELLI R.
- VANNINI M. [30].
288
Riccardo Marselli - Marco Vannini
le ha di incorrere nella pena8. Riguardo la possibilità che queste
variabili rappresentino dei validi regressori e non ci siano legami
di simultaneità con i tassi di criminalità, si può osservare che date le caratteristiche del sistema sanzionatorio italiano la severità
della pena è ragionevolmente esogena; mentre per la probabilità
di condanna si è seguita la strada di Marselli-Merlo-Vannini [27],
in cui si è corretto per la potenziale endogeneità facendo ricorso
alla distribuzione territoriale delle forze di polizia.
Infine, come si è sottolineato nel paragrafo 2, anche per il tasso di disoccupazione si può sospettare che esista un legame di simultaneità con i tassi di criminalità. Per evitare distorsioni nel
parametro stimato del tasso di disoccupazione si è fatto ricorso
come strumento al cuneo fiscale che, secondo quanto rilevato da
Brunello, Lupi e Ordine [5], spiega una elevata percentuale delle
disparità regionali nei tassi di disoccupazione. La disponibilità di
osservazioni per questa variabile ha limitato il periodo campionario oggetto di indagine all’intervallo 1970-1994.
4.3 I risultati dell’analisi empirica
La tavola 4 mostra i risultati dell’analisi di cointegrazione tra
tassi di criminalità e tasso di disoccupazione. L’equazione di cointegrazione stimata è del tipo:
CRit = αi + γt + β1 Dit + β2 Uit + eit
dove Cit è il logaritmo del tasso di criminalità pro-capite osservato per omicidio, furto e rapina; α e γ rappresentano gli effetti fissi individuali e temporali, rispettivamente; Dit misura la variabile
di deterrenza specifica a ciascun reato; Uit è il tasso di disoccupazione regionale. Rispetto ad analisi precedenti, dal set di regressori sono state escluse le altre variabili di sfondo. Tale deci8
Considerazioni teoriche che spingono a incrementare la certezza della pena
rispetto alla severità per rafforzare l’effetto deterrenza sono state proposte da HAREL A. - SEGAL U. [21].
Quanto incide la disoccupazione sui tassi di criminalità?
289
sione si giustifica innanzitutto con la necessità di limitare il numero di variabili, in quanto la distribuzione di probabilità delle
statistiche per il rinvenimento di radici unitarie dipende dal numero dei regressori dell’equazione di cointegrazione. D’altro canto, questa scelta rende più agevole la comparazione con studi analoghi effettuati in altri contesti. Infine, nelle equazioni della criminalità stimate con dati italiani è emerso più volte che il tasso
di disoccupazione, tra tutte le variabili socio-economiche, è quella che mostra la maggiore significatività (Marselli-Vannini [28] e
[29]).
Nel complesso, l’ipotesi nulla di assenza di cointegrazione può
essere rifiutata al livello di significatività del 10% o inferiore secondo quasi tutte le statistiche. L’equazione precedentemente specificata non costituisce quindi un caso di regressione spuria ed è
legittimo dunque esaminare le stime dei parametri che si ottengono con uno stimatore panel ad effetti fissi. I risultati di questa
serie di elaborazioni sono riportati nella tavola 5.
Gli effetti fissi regionali sono in blocco significativamente diversi da zero in ognuna delle tre equazioni, mentre solo per il reato di furto risulta significativo anche l’effetto temporale. Le variabili di deterrenza compaiono con il segno atteso ma sono siTAV. 4
I TEST PER LA PRESENZA DI COINTEGRAZIONE
(intra)
v-ratio
r-PP
t-PP
t-ADF
(inter)
r-PP
t-PP
t-ADF
omicidio
furto
rapina
33.10
–35.85*
–10.12*
–9.78*
28.75
–36.66*
–9.84*
–10.32*
31.12
–35.01*
–11.23*
–15.22*
–28.10
–12.21*
–15.88*
–15.32
–18.36*
–14.73*
–18.02
–17.74*
–16.32*
Legenda:
L’asterisco indica il rifiuto dell’ipotesi nulla di assenza di cointegrazione ad un
livello di significatività del 10% o meglio. Le statistiche intra si riferiscono alla dimensione within, mentre le statistiche inter a quella between. I riferimenti per le
statistiche sono nel testo.
290
Riccardo Marselli - Marco Vannini
gnificative solo nelle equazioni del furto e della rapina. Il tasso di
disoccupazione, infine, è sempre significativo ma presenta il segno meno nell’equazione relativa al furto. Nel loro insieme, dunque, questi risultati replicano una evidenza mista perfettamente
in linea con quanto riscontrato in precedenti lavori, e che può essere addebitata da un lato al fatto che la relazione tra tasso di criminalità e tasso di disoccupazione sia contaminata da una relazione di simultaneità, e dall’altro all’esistenza di correlazione spaziale.
Una prima correzione operata consiste nell’uso della variabile cuneo fiscale come strumento del tasso di disoccupazione, nella consapevolezza che questa variabile se da un lato spiega i differenziali regionali di disoccupazione non è immediatamente correlata con i tassi di criminalità. Inoltre, in base al test sul rapporto di verosimiglianza si è accertato che la matrice delle varianze degli errori deve essere corretta per la presenza di eteroschedasticità e di correlazione tra regioni.
La tavola 6 mostra i risultati che si ottengono una volta che si
operino entrambe le correzioni. Tutti i parametri stimati risultano
significativi e presentano il segno atteso. In base ai parametri sti-
TAV. 5
LE STIME CON STIMATORI PANEL ED EFFETTI FISSI REGIONALI*
deterrenza
disoccupazione
omicidio
furto
rapina
–0,0012
(0,212)
3,863
(0,000)
-0,090
(0,000)
-3,932
(0,000)
0,029
(0,000)
7,629
(0,000)
0,378
0,150
0,259
0,000
-0,008
(0,000)
17,087
(0,000)
trend
costante
R2 within
R2 between
R2 complessivo
F(18,454)
0,620
(0,002)
0,098
0,591
0,379
0,000
1,688
(0,012)
0,436
0,064
0,357
0,000
* I valori in parentesi sono i p-value dei rispettivi parametri stimati. La statistica distribuita secondo una F(18,454) si riferisce alla significatività in blocco degli effetti regionali e sono indicati i rispettivi p-value.
Quanto incide la disoccupazione sui tassi di criminalità?
291
TAV. 6
LE STIME CON STIMATORI CLS-CORREZIONE
PER ETEROSCHEDASTICITÀ E CORRELAZIONE TRA REGIONI
(VERSIONE NON PARAMETRICA)*
deterrenza
disoccupazione
costante
omicidio
furto
rapina
–0,003
(0,000)
6,229
(0,000)
0,459
(0,000)
-0,068
(0,000)
5,984
(0,000)
7,090
(0,000)
-0,004
(0,000)
29,171
(0,000)
0,414
(0,000)
* Per la disoccupazione è stato usato come strumento la variabile cuneo fiscale. I valori in parentesi sono i p-value dei rispettivi parametri stimati.
mati è possibile affermare che la semi-elasticità rispetto al tasso di
disoccupazione dei quozienti di criminalità è pari a 6 per i reati di
omicidio e furto, e poco meno di 30 per il reato di rapina. Almeno
per quanto riguarda furto e omicidio, ciò conferma quanto accertato in altri contesti (Raphael-Winter Ebmer [37]), mentre nel caso
della rapina il risultato è di circa 4 volte più alto. In ogni caso, questi valori rivelano un significativo impatto del tasso di disoccupazione sui tassi di criminalità: tradotti in livelli pro-capite, segnalano
che un aumento di un punto percentuale nel tasso di disoccupazione provoca un aumento di circa 118 delitti di furto, 12 di rapina e
0,2 di omicidi volontari ogni 100.000 abitanti.
5. - Una ipotesi di correlazione spaziale
L’idea di postulare una forma esplicita di dipendenza spaziale, e se il caso di correggere conseguentemente le stime, trae spunto da tre ordini di considerazioni: innanzitutto, dalla possibilità
teorica di spillovers e spiazzamenti collegati all’attività illegale e
alla risposta del sistema penale; in secondo luogo, dall’esistenza
di un’apprezzabile mobilità territoriale della criminalità nel caso
specifico considerato; infine, dalla possibilità che anche la disoccupazione esterna a una regione possa influenzare i tassi di cri-
292
Riccardo Marselli - Marco Vannini
minalità. Il primo aspetto è ben noto e può assumere diverse modalità. Per esempio, un aumento della repressione in una regione, ceteris paribus, potrebbe spingere i delinquenti verso altre regioni o verso altri reati o semplicemente a compiere il reato programmato in un diverso momento9. Nel caso di spostamento nello spazio, la regione che importa criminali potrebbe rispondere
inasprendo la risposta penale. L’equilibrio finale, se esiste, dipenderà dalle funzioni di reazione delle regioni, ma in ogni caso emergerà una correlazione di tipo spaziale. In particolare è possibile
che ciò si rifletta in un effetto deterrenza nel breve termine seguito da un aumento della frequenza dei delitti non appena le altre circoscrizioni reagiscono. Il secondo aspetto, finora scarsamente studiato e parzialmente documentato per la prima volta in
Marselli e Vannini [30]10, riguarda la mobilità degli autori di reato nel territorio. In particolare, nel lavoro citato, si mostra che alcune regioni esportano criminalità mentre altre importano criminalità11, e che l’interscambio, negli ultimi decenni, è stato apprezzabile. Sul terzo aspetto, si tratta di tener conto di una esternalità negativa evidente.
La congettura di fondo su cui si è basato questo primo tentativo è che le connessioni fra le regioni siano riconducibili alla
vicinanza, ovvero che la frequenza dei reati in un’area sia associata alla frequenza degli stessi nelle aree confinanti. Conseguentemente, prima si è applicato il test di Moran per la presenza di
autocorrelazione spaziale e poi, ove il caso, si è nuovamente stimato il modello correggendo per la presenza di autocorrelazione.
L’indice di Moran, com’è noto, viene calcolato a partire da una
matrice dei pesi, la costruzione della quale dovrebbe dipendere
dal tipo di dati utilizzati e dal meccanismo attraverso il quale ci
si aspetta che nasca la dipendenza spaziale (Anselin [1]).
9
Per un’analisi teorica delle scelte localizzative degli autori di reato v. DEUTJ. - HAKIM S. - WEIMBLATT J. ([11], [12]).
10
In questo lavoro vengono calcolati degli indicatori di mobilità a partire dalle matrici degli entrati dallo stato di libertà per regione di residenza, tipo di reato, e per regione, del commesso reato.
11
L'indicatore utilizzato si calcola, per una data regione, rapportando la somma degli entrati dallo stato di libertà residenti in quella regione al totale degli entrati dallo stato di libertà per delitti commessi in quella regione.
SCH
Quanto incide la disoccupazione sui tassi di criminalità?
293
Esistono dunque diverse strade per ottenere tale matrice. Dove si voglia tenere conto della distanza fisica, ad esempio, se le
regioni non sono regolari geometricamente si potrà optare per la
distanza fra i centroidi delle regioni oppure per una misura definita in base alla lunghezza dei confini comuni, e così via. Nel nostro caso si è optato per la soluzione più semplice, cioè per una
matrice delle contiguità W di tipo dicotomico, il cui elemento generico wij assume valore 1 se le regioni i e j sono confinanti e valore zero altrimenti. Con questa soluzione è stato possibile “unire” alle altre regioni anche le due isole, Sicilia e Sardegna. Disponendo della matrice si calcola l’indice I di Moran12, definito
come:
I = ∑i ∑j wij (xj – µ)(xj – µ)/∑i(xi – µ)2
dove wij rappresenta l’elemento generico della matrice di contiguità W (standardizzata per riga), mentre xi e xj sono le osservazioni relative alla regione i e j della variabile x avente media µ. I
risultati del test, sotto l’ipotesi di normalità della distribuzione di
I, sono riportati nella tavola 7. Un valore positivo e significativo
del valore z sta a indicare autocorrelazione spaziale positiva: valori simili, bassi o alti, delle x osservate tendono a raggrupparsi
nello spazio in misura maggiore di quanto ci si aspetterebbe in
base al puro caso. Dalla tavola si desume che per tutte le variabili considerate, tranne il reato di furto, esiste autocorrelazione
spaziale positiva.
Per migliorare l’efficienza delle stime relative al reati di rapina e omicidio, dunque, è consigliabile ristimare il modello correggendo per l’autocorrelazione spaziale. I risultati delle regressioni13, riportati nella tavola 8, non sono univoci. Per il reato di
12
L’indice somiglia a un coefficiente di correlazione, ma non è la stessa cosa
in quanto non è centrato sullo zero. La sua media teorica è pari -1/N-1: negativa
ma tendente a zero al crescere di N. La varianza teorica dipende dalle ipotesi sulla distribuzione. Ai fini del test si fa riferimento al valore standardizzato di I, cioè
z = [I-E(I)]/std(I). La significatività del test si desume dal confronto fra i valori calcolati di z e quelli della sua probabilità nelle tavole della normale standardizzata.
13
Poiché non esistono ancora procedure di correzione della dipendenza spaziale
per modelli panel con effetti fissi, sono state effettuate delle semplici pooled regressions.
294
Riccardo Marselli - Marco Vannini
omicidio succede che la correzione effettuata, che consiste essenzialmente nello stimare il modello includendo la variabile dipendente spazialmente ritardata fra i regressori, non risolve il problema della dipendenza spaziale (come evidenziato dalla significatività del Moran I sui residui) e produce delle stime non significative (ma col segno atteso) del coefficiente relativo alla deterrenza. L’impatto della disoccupazione, invece, risulta significativa
e nella direzione attesa. Per il reato di rapina, mentre l’equazione stimata non presenta autocorrelazione spaziale dei residui e
tutti i coefficienti sono significativi, si verifica un cambiamento
nel segno, da negativo a positivo, della variabile deterrenza. QueTAV. 7
TEST I DI MORAN PER LA CORRELAZIONE SPAZIALE
variabile
I
Z stimato
probabilità
furto
omicidio
rapina
disocc.
–0,00036
0,58006
0,36633
0,50804
0,05
15,7
9,9
13,7
0,96
0,00
0,00
0,00
TAV. 8
LE STIME CORRETTE PER LA PRESENZA
DI CORRELAZIONE TRA REGIONI
(IPOTESI DI CONTIGUITÀ SPAZIALE)*
costante
dip. ritardata
disoccupazione
deterrenza
R2
Moran-I
omicidio
rapina
–0,113
(0,802)
1,077
(0,000)
–1,809
(0,690)
0,003
(0,439)
0,623
–7,981
(0,000)
–39,391
(0,002)
0,489
(0,000)
568,11
(0,000)
0,344
(0,049)
0,283
–1,697
(0,089)
* I valori in parentesi rappresentano i p-value dei rispettivi parametri stimati
o della statistica I di Moran.
Quanto incide la disoccupazione sui tassi di criminalità?
295
sta possibilità, in presenza di spillovers, è del tutto plausibile. In
ogni caso, trattandosi di un tentativo preliminare non ci sentiamo di trarre particolari conclusioni dall’esperimento, salvo notare che, seppur indirettamente, riemerge l’importanza di fattori spaziali locali per i reati di omicidio e rapina e, in quest’ultimo caso, tali fattori possono sovvertire l’effetto atteso della risposta penale.
6. - Conclusioni
Mentre l’opinione comune considera la disoccupazione una
delle più importanti cause della criminalità, l’analisi empirica stenta a documentare l’esistenza di un legame statisticamente significativo e nella direzione attesa fra i due fenomeni. La teoria economica, a sua volta, suggerisce una relazione positiva fra disoccupazione e criminalità soltanto nell’ambito di modelli molto semplificati. In generale, il legame è ambiguo e, come sottolineano
criminologi e sociologi, può correre anche nella direzione inversa. In ogni caso, le politiche economiche hanno bisogno di conoscere l’entità di questo legame: sia per calcolare correttamente il
costo della disoccupazione sia per calibrare le risorse da destinare alle politiche di contenimento della criminalità. Per ottenere un
valore credibile abbiamo stimato un’equazione della criminalità,
riguardante tre diversi reati (furto, omicidio e rapina), utilizzando dati annuali relativi alle regioni italiane per il periodo 19701994. Le regressioni sono state precedute da un’analisi di cointegrazione, con tecniche panel, del legame di lungo periodo fra criminalità e disoccupazione. I test di cointegrazione hanno confermato l’esistenza di tale legame. Passando alle stime panel, la prima serie di regressioni, in cui si controlla solo per l’endogeneità
della variabile di deterrenza (un problema classico per le analisi
econometriche dei tassi di criminalità) produce risultati non univoci, con parametri talvolta non significativi e segni diversi da
quelli attesi (vedi il caso della disoccupazione nell’equazione del
furto). Operando invece una duplice correzione, per la simultaneità fra disoccupazione e criminalità e per eteroschedasticità e
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correlazione tra regioni, si ottengono risultati univoci per tutte le
equazioni, con parametri significativi e segni coerenti. In particolare, i numeri ottenuti permettono di affermare che un aumento
di un punto percentuale nel tasso di disoccupazione provoca un
aumento di circa 118 delitti di furto, 12 di rapina e 0,2 di omicidi volontari ogni 100.000 abitanti.
Poiché la correzione non parametrica per la presenza di autocorrelazione fra regioni è insoddisfacente in quanto prescinde
da una interpretazione teorica del legame spaziale, si è anche provato a stimare un nuovo insieme di equazioni sotto l’ipotesi che
la connessione fra regioni nello spazio fosse riconducibile alla contiguità. I risultati di questo primo tentativo non sono facilmente
interpretabili, ma giustificano un approfondimento di questa linea di attacco al problema.
L’analisi offre complessivamente sostegno all’ipotesi che la disoccupazione influenza significativamente i tassi di criminalità, e
suggerisce dunque di prestare la dovuta attenzione, nelle politiche
di controllo del fenomeno, non solo al bastone della sanzione attesa ma anche alla carota delle prospettive di occupazione. Detto
questo, considerata l’incompletezza del set delle variabili esplicative e l’importanza di modellare in maniera più convincente il meccanismo di interazione spaziale fra le regioni, è possibile migliorare ulteriormente la qualità dei risultati ottenuti.
Quanto incide la disoccupazione sui tassi di criminalità?
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