PERCHÉ NON CI SONO MAI STATE GRANDI ARTISTE DONNE

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PERCHÉ NON CI SONO MAI STATE GRANDI ARTISTE DONNE
PERCHÉ NON CI SONO MAI STATE GRANDI ARTISTE DONNE?
Nel 1971 Linda Nochlin, docente di Storia dell'arte al Wassar College, pubblica nella rivista
ArtNews un saggio che già dal titolo affronta una questione cruciale per la storia dell’arte:
Perché non ci sono mai state grandi artiste donne?
Nel saggio “L'autrice cerca di dare una spiegazione dell'assenza di donne artiste che
abbiano ottenuto successi paragonabili a quelli degli uomini nel campo delle arti figurative.
Attraverso una rigorosa argomentazione, l'autrice individua le radici del fenomeno nel fatto
che le donne artiste in generale - e quelle della cultura occidentale dal Rinascimento,
oggetto della ricerca, in particolare - non hanno mai avuto un ruolo di protagoniste in
campo sociale e istituzionale.
Linda Nochlin coglie l'occasione per affermare alcuni principi teorici e metodologici che
non sempre sono evidenti per uno storico dell'arte: 1) che la produttività artistica è
innanzitutto il risultato di un condizionamento culturale, sociale e istituzionale per il quale il
talento individuale si precisa e si affina; condizionamento e circostanze da cui la donna è
stata in generale esclusa […]” (http://www.dwf.it/come_eravamo/dwf/riassunti/1976n4.htm)
Il saggio è diventato nel tempo un testo di riferimento per donne e uomini che hanno
scritto di arte facendosi domande sul ruolo delle donne. Anche nel web, più o meno
esplicitamente, si prende da questo saggio e dal testo “Le grandi pittrici: 1550-1950”,
catalogo della mostra (Los Angeles, County Museum of Art, 1977), a cura di A. Sutherland
Harris, L. Nochlin, trad. it. a cura di M. Leardi, Feltrinelli, Milano 1979. Questo libro è quasi
introvabile.
Quello che scrivo di seguito, in modo molto schematico, attinge ai testi di Nochlin.
Nel Medioevo l’unica attività artistica consentita alle donne si svolgeva tra le mura di casa
o del convento, nell'ambito di arti cosiddette minori e anonime come il ricamo, la tessitura,
la miniatura.
“ Nel Medioevo per le donne l’accesso alla creatività, come momento di individuale scelta
esistenziale, era inconcepibile e indecoroso: l’unica via possibile era quella
dell’obbedienza alla vita monacale. Infatti, nonostante la Chiesa formalmente continuasse
a considerare l’istruzione femminile come un pericoloso flagello da tenere a distanza, tra le
famiglie aristocratiche più illustri vigeva l’usanza di mandare le figlie in convento per
ricevere una preparazione culturale e artistica finalizzata all’armonia di una corte dignitosa.
Sembra un paradosso ma questa soluzione permise la diffusione di molte attività artistiche
e intellettuali anche fra le laiche. Dalle mani delle religiose sono nati tessuti ornamentali a
parete, stole, paramenti, stendardi e arazzi d’uso ecclesiastico o profano. Manufatti artistici
che hanno creato i presupposti per la pittura al femminile rinascimentale ”.
http://guide.supereva.it/donne_e_arte/interventi/2010/09/donne-artiste-nel-medioevo
Solo chi proveniva da una famiglia di artisti poteva sperare di ricevere una formazione
adeguata, alle altre era vietato frequentare le botteghe d'arte o artigiane. Praticamente
erano loro impediti l’apprendimento e la formazione. Emblematica la vita della figlia del
Pittore Paolo Uccello, Antonia, che - come racconta il Vasari - scelse di diventare
carmelitana e che alla morte venne registrata come "pittoressa".
Sull’argomento consultare il sito: http://www.ub.edu/duoda/diferencia/html/it/secundario13.html
Solo a partire dal Cinquecento alcune pittrici riescono a imporsi e a farsi conoscere anche
oltre i confini della propria città, le più dotate addirittura in ambito europeo. Si tratta però
sempre di figlie d’arte, come la primogenita del Tintoretto, Marietta Robusti, che lavorerà
per quindici anni nella bottega paterna dimostrando abilità sorprendenti al punto da essere
invitata da Filippo II, re di Spagna. Il padre però non le concede il permesso di recarsi in
terra straniera. La cremonese Sofonisba Anguissola invece, “grazie” al permesso del
padre, divenne ritrattista ufficiale alla corte di Spagna dal 1559 al 1580.
Nel 1562 si istituì a Firenze l'Accademia europea del Disegno, ma solo nel 1616 vi fu
ammessa una donna: Artemisia Gentileschi. Tre anni prima del suo ingresso in
Accademia, Artemisia aveva già dipinto il capolavoro intitolato "Giuditta che decapita
Oloferne", una tela che rievoca il cruento episodio biblico trattato anche da suo padre,
Orazio Gentileschi e dal Caravaggio. Questa artista, le cui opere sono state assunte a
simbolo dal femminismo del XX secolo, merita un discorso a parte. Con le sue
straordinarie doti pittoriche fa giungere sino a noi immagini in cui le donne si riconoscono.
A diciotto anni Artemisia fu violentata da un anziano amico del padre e durante il processo
contro il suo stupratore, dovette subire ogni tipo di umiliazione, compresa la tortura.
Colpisce nel suo dipinto la ferma determinazione del gesto di Giuditta che decapita
Oloferne perché si possono cogliere il risentimento e la vendetta femminili. Anche nel
dipinto “Susanna e i vecchioni” tratta l’episodio biblico con una sensibilità diversa dagli
artisti suoi contemporanei.
Nel Seicento incontriamo Barbara Longhi, figlia del pittore manierista Luca ed eccellente
ritrattista di Sante e Madonne di piccolo formato. Un caso straordinario di precocità
artistica fu quello della bolognese Elisabetta Sirani che, a soli 17 anni, era già
considerata “un maestro”. Nonostante la giovane età era in grado di gestire una sua
Scuola d'arte per fanciulle dove insegnava le più raffinate tecniche della pittura e
dell'incisione. Nella sua breve esistenza produrrà più di 200 dipinti e verrà apprezzata
nelle maggiori corti europee per la raffinatezza e l'intensità espressiva dei suoi quadri.
Un'ulcera perforata la stroncherà giovanissima, nel 1665, a soli 27 anni.
In questo secolo si espande nel nord d’Europa una ricca borghesia mercantile che vuole
arredare elegantemente le proprie case, richiedendo ai pittori soggetti sempre nuovi e
decisamente decorativi. Si diffonde, quindi, il genere della “natura morta” in cui
primeggiano le pittrici olandesi Clara Peeters, Maria Van Oosterwijck e Rachel Ruysch.
Maria Sibylla Merian si specializza nell'illustrazione botanica ed entomologica, al punto
da essere inviata dalle autorità olandesi nella colonia del Suriname per illustrare i risultati
di una spedizione scientifica.
In Italia si dedica al nuovo genere la milanese Fede Galizia, alla quale si deve una natura
morta con frutta risalente al 1602, forse la prima della nostra storia artistica. Dotata di
eccezionale talento seppe dipingere su tavola opere bellissime, caratterizzate da una luce
fredda, tagliente in grado di esaltarne la perfetta armonia compositiva.
Protagonista del Settecento italiano è la veneziana Rosalba Carriera, straordinaria
ritrattista nella tecnica del pastello che usò con grande versatilità. Fin da giovane
conquistò una fama internazionale, dividendo la sua esistenza fra Venezia e Parigi,
ottenendo commissioni da molti principi e sovrani europei. Tornata definitivamente a
Venezia fu afflitta, negli ultimi anni, da una grave malattia agli occhi che la condusse alla
cecità irreversibile fino alla morte, avvenuta nel 1757.
Tra il Settecento e l'Ottocento vanno ricordate almeno due pittrici: la svizzera Angelica
Kaufmann e la francese Marie-Guillemine Benoist. La prima, famosa e carica di
riconoscimenti accademici, fece scandalo per alcuni suoi disegni di nudi maschili ritratti dal
vero; la seconda, allieva del famoso Jacques-Luis David espose nel 1800 al Salon di
Parigi l’opera “Ritratto di negra” ispirata all'abolizione della schiavitù, riscuotendo un
grande successo.
La rivoluzione borghese in atto in Europa incrementa sensibilmente il protagonismo
femminile; cresce il numero delle ariste, sia professioniste sia dilettanti. All'inizio
dell’Ottocento si schiudono alle donne le porte delle scuole di formazione professionale
per artigiane: decorazione di ceramica, porcellane e carte da parati, coloritura a mano di
stampe, incisioni e miniatura. Sempre più donne - potendo usufruire di una formazione
professionale - cercano di guadagnarsi da vivere lavorando.
Nel 1803 viene inaugurata a Parigi la pionieristica Ecole Gratuite de Dessin pour le Jeunes
Filles che dal 1848 al 1859 sarà diretta da Rosa Bonheur, la grande “animalier” insignita
nel 1865 della prima Legione d'Onore concessa a una donna. La capitale francese diventa
per le artiste la meta di studio più agognata; per il clima culturale e il gran numero di atelier
e accademie private, tra cui l'Académie Julian, dove, ogni mese, vengono organizzate
mostre e assegnati premi per avviare le allieve al sistema del Salon. Si organizzano
mostre collettive di artiste, spesso promosse dalle neonate associazioni femminili. Nel
1856 sorge a Londra la Society of Women Artists e nel 1881 a Parigi l'Union des Femmes
Peintres et Sculpteurs che organizzerà, un anno dopo, il primo Salon des Femmes.
Intanto in America, in occasione dell'Esposizione Colombiana Mondiale di Chicago, nel
1893, Susan B. Anthony promuoverà la costruzione del Women's Building, progettato da
Sophia Hayden e decorato dai murali di Mary Cassatt.
La pittura del XIX secolo, negli ultimi decenni, sarà profondamente rinnovata
dall'impressionismo, di cui fecero parte quattro donne: Berthe Morisot, Suzanne Valadon
Eva Gonzales e Mary Cassat, Per queste artiste, come per altre, sarà difficile liberarsi
dal ruolo subalterno di moglie, compagna o allieva, nonostante il successo commerciale e
la notorietà.
Berthe Morisot, bellissima donna, fu la prima ad unirsi al gruppo dei grandi maestri
francesi di fine Ottocento. Diventò la modella prediletta di Edouard Manet, si legò di
profonda amicizia a lui, a Renoir e a Rodin.
Contribuì e partecipò all'organizzazione della prima collettiva parigina per sole donne
(Salon des Femmes). Ma in tutte le undici opere a lei ispirate, Manet non la rappresenta
mai nei panni della pittrice professionista.
Più libera e spregiudicata fu Suzanne Valadon, modella e amante di Toulouse-Lautrec,
nonché madre di un figlio illegittimo che diventerà il famoso Maurice Utrillo. La sua pittura
fu estremamente realistica nell'ambientazione e anticipò i forti contrasti di colore che
saranno tipici dell'espressionismo.
Nell'ambito del gruppo fu molto apprezzata Eva Gonzales, d'origini spagnole e modella di
Manet; tuttavia non fece in tempo a veder riconosciute le sue doti d'artista essendo morta
di parto, a trentaquattro anni, nel 1883.
Mary Cassat, giunta a Parigi da Philadelphia per dedicarsi allo studio della pittura, diventò
modella e amante di Degas. Era una donna e una pittrice raffinata.
“Anche grazie a lei quel tipico stile francese dello sguardo ravvicinato, che anticipava in
pittura gli effetti moderni del teleobiettivo, catturò il gusto delle più alte sfere della società
già allora internazionale e cosmopolita e perciò insofferente delle poetiche regionali del
naturalismo europeo. http://www.universitadelledonne.it/mary%20Cassat.htm
Il primo Novecento si caratterizza per il rinnovamento radicale della pittura attraverso la
diffusione delle avanguardie storiche a cui partecipano molte artiste di talento, sebbene
siano spesso ricordate per il ruolo marginale di compagne o di muse ispiratrici.
Accadde a Gabriele Munter (Kandinskji), Marie Laurencin (Apollinaire),Leonora Carrington
(Ernst), Frida Kahlo (Rivera), Jeanne Hébuterne (Modigliani).
Pina Nuzzo