Contratto di lavoro subordinato
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Contratto di lavoro subordinato
Lavoro subordinato Diritto dei contratti internazionali Integrazione 2009/2010 Chiara Bizzarro 2 Quale disciplina del rapporto di lavoro internazionale? !!Nel periodo post- bellico la giurisprudenza afferma la applicabilità anche al contratto di lavoro subordinato dell’articolo 25 delle preleggi al codice civile. 3 La svolta degli anni ‘80 La legge regolatrice di un rapporto di lavoro tra stranieri da eseguirsi in Italia va individuata - in mancanza di un diversa volontà delle parti - nella legge dello Stato di comune nazionalità delle parti stesse, a norma dell'art. 25 delle preleggi. Tale legge è però inapplicabile al rapporto - che resta quindi soggetto alla legislazione italiana - per contrasto con il principio di ordine pubblico internazionale di cui all'art. 31 delle preleggi, ove la stessa contenga una disciplina diversa e meno favorevole al lavoratore della legge italiana. 4 ...segue Infatti il principio di favore nei confronti del prestatore di lavoro, fondamentalmente nel nostro ordinamento giuridico, derivando nel suo substrato etico-sociale dall'art. 3 cost., informa di sè tutta la legislazione costituzionale ed ordinaria in materia di lavoro e costituisce un limite di ordine pubblico internazionale all'introduzione nel nostro ordinamento, anche se richiamate dall'art. 25, comma 1, preleggi, di quelle leggi straniere che contengono una disciplina del rapporto di lavoro dedotto in giudizio meno favorevole al lavoratore rispetto alla legge italiana. (Cass. 6 settembre 1980 n. 5156) 5 ...l’indennità di anzianità Un convenzione stipulata tra cittadini italiani all'estero per regolare lo svolgimento di un rapporto all'estero, non può essere dalle parti sottoposta esclusivamente alla legge straniera del luogo dove si svolge la prestazione lavorativa, qualora tale legislazione privi il lavoratore di diritti irrinunciabili e inderogabili, poiché la privazione di siffatti diritti è in contrasto con l'ordine pubblico internazionale ai sensi dell'art. 31 disp.prel c.c. (Fattispecie relativa all'applicazione della legge argentina carente di norme sull'indennità di anzianità). (Cass. 09 novembre 1981 n. 5924) 6 ...ancora sulla indennità di anzianità Il rapporto di lavoro subordinato costituito all'estero tra soggetti italiani è regolato dalla legge straniera, ai sensi dell'art. 25 disp. prel. se le parti contraenti abbiano manifestato la loro comune volontà di derogare alla legge italiana; tale volontà non richiede una manifestazione in forma scritta, in relazione al disposto dell'art. 1341, comma 2 c.c. e può essere desunta anche dal comportamento negoziale delle parti. Tuttavia, in base al principio di ordine pubblico internazionale, di cui all'art. 31 disp. prel. la legge straniera scelta dalle parti non è applicabile al rapporto se contiene una disciplina diversa e meno favorevole al lavoratore rispetto alla legge italiana. Peraltro, il "favor" verso il lavoratore assume rilevanza solo qualora sia dedotta in giudizio la lesione, derivante dall'applicazione della legge straniera, di specifici diritti riconosciuti dalla legge italiana. (Cass. 9 settembre 1993 n. 9435) 7 ....il contratto a termine Il principio di favore nei confronti del prestatore di lavoro, fondamentale nel nostro ordinamento giuridico, derivando nel suo substrato etico-sociale dall'art. 3 cost., informa tutta la legislazione costituzionale ed ordinaria in materia di lavoro e, ai sensi dell'art. 31 delle preleggi, costituisce un limite di ordine pubblico internazionale all'introduzione nel nostro ordinamento, anche se richiamata ai sensi dell'art. 25, comma 1, delle preleggi, di una legge straniera che contenga una disciplina del rapporto di lavoro dedotto in giudizio meno favorevole al lavoratore rispetto alla legge italiana. Pertanto, la legge libica, in quanto consente l'incondizionata stipulazione di contratti di lavoro a termine, così riservando al lavoratore un trattamento meno favorevole di quello assicuratogli dalla l. 18 aprile 1962 n. 230, non può avere effetto e non può trovare giudiziale applicazione in Italia, restando in contrario irrilevante la circostanza che il contratto di lavoro per cui è controversia debba avere integrale esecuzione in territorio libico, atteso che il limite all'introduzione nel nostro ordinamento della legge libica predetta è un limite di ordine pubblico internazionale e non già di ordine pubblico interno. (Cfr. Cass. 25 maggio 1985 n. 3209) 8 ... ancora sul contratto a termine In tema di individuazione della legge regolatrice dei rapporti di lavoro sorti in Italia, fra soggetti di cittadinanza italiana, ed eseguiti all'estero - disciplinata dall'art. 25, comma 1, delle disposizioni sulla legge in generale che attribuisce rilievo prevalente alla volontà delle parti stipulanti di scegliere la legge ritenuta più idonea per il regolamento dei rispettivi rapporti contrattuali - il principio di favore nei confronti del prestatore di lavoro - che nell'ordinamento giuridico italiano ha carattere fondamentale - costituisce, ai sensi dell'art. 31 delle disposizioni sulla legge in generale, un limite di ordine pubblico internazionale all'introduzione nel nostro ordinamento, anche se richiamata in base all'art. 25 sopra citato, di una disposizione di legge straniera che contenga una disciplina del rapporto di lavoro dedotto in giudizio meno favorevole al lavoratore rispetto a quella prevista dalla legge italiana. .... 9 ... Segue Ne consegue che una legge straniera (nella specie, libica) che consenta l'incondizionata stipulazione di contratti di lavoro a termine, così riservando al lavoratore un trattamento meno favorevole rispetto a quello assicuratogli dalla l. 18 aprile 1962 n. 230, non potrebbe avere effetto, nè trovare giudiziale applicazione, in Italia, restando irrilevante, in contrario, la circostanza che il contratto di lavoro debba avere (o abbia avuto) integrale esecuzione nello Stato straniero nel quale vige la suddetta legge. (Cfr. Cass. 27 marzo 1996 n. 2756) (Principio enunciato con riferimento alla situazione normativa precedente l'entrata in vigore della l. 31 maggio 1995 n. 218 di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato). 10 .... L’orientamento successivo all’entrata in vigore della riforma del sistema di diritto int. privato Nel caso in cui un rapporto di lavoro sia sorto, sia stato eseguito e si sia risolto all'estero, e se le parti, al momento della stipulazione, non hanno esercitato la facoltà di scelta di cui all'art. 3 della convenzione di Roma 19 giugno 1980, esso è regolato dalla legge del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, a meno che questa legge, previa verifica che il giudice è tenuto ad eseguire d'ufficio, non risulti manifestamente incompatibile con l'ordine pubblico italiano; in quest'ultimo caso il giudice applicherà i criteri di cui all'art. 4 della convenzione di Roma 19 giugno 1980. (Nel caso di specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata in quanto non aveva tenuto conto del su esposto principio, ed in particolare della contrarietà all'ordine pubblico italiano di una normativa, quale quella in vigore negli Stati Uniti d'America, che non prevede tutela contro il licenziamento ingiustificato). (Cass. 11 novembre 2002 n. 15822*) 11 ... verso una nuova interpretazione del limite di orientamento in tema di ordine pubblico Nel regime di cui all'art. 31 preleggi anteriore all'entrata in vigore della l. 31 maggio 1995 n. 218) non è enucleabile esclusivamente sulla base dell'assetto ordinamentale interno, in modo da ridurre l'efficacia della legge straniera ai soli casi in cui detta legge sia più favorevole al lavoratore di quella italiana, così da escludere la possibilità di una comparazione dei trattamenti complessivi, destinati al lavoratore nei singoli ordinamenti; in tale direzione, non può ritenersi una coincidenza tra le norme inderogabili dell'ordinamento italiano poste a tutela del lavoratore e i principi di ordine pubblico, dovendo, di contro, questi ultimi ravvisarsi nei principi fondamentali della nostra Costituzione, o in quelle altre regole che, pur non trovando in essa collocazione, rispondono all'esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell'uomo, o che informano l'intero ordinamento in modo tale che la loro lesione si traduce in uno stravolgimento dei valori fondanti dell'intero assetto ordinamentale. 12 ... segue In particolare, non si pone in contrasto con l'ordine pubblico un contratto individuale di lavoro che, soggetto alla legislazione straniera secondo le prescrizioni di diritto internazionale privato, non riconosca allo stesso lavoratore la tredicesima mensilità e il trattamento di fine rapporto, sempre che lo stesso lavoratore goda di fatto di un trattamento retributivo che globalmente risulti superiore a quello cui avrebbe diritto secondo la legislazione nazionale sulla cui base rivendichi i suddetti emolumenti. (Cass. 26 novembre 2004, n. 22332*) 13 La più recente elaborazione L'ordine pubblico, che, ai sensi dell'art 16 comma 1 n. 218 del 1995, costituisce il limite all'applicabilità della legge straniera in Italia e che si identifica in norme di tutela dei diritti fondamentali, deve essere garantito, in sede di controllo della legittimità dei provvedimenti giudiziari, con riguardo non già all'astratta formulazione della disposizione straniera, bensì "ai suoi effetti", cioè alla concreta applicazione che ne abbia fatto il giudice di merito ed all'effettivo esercizio della sua discrezionalità, vale a dire all'eventuale adeguamento di essa all'ordine pubblico. Detto ordine pubblico non si identifica con quello interno, perché altrimenti le norme di conflitto sarebbero operanti solo ove conducessero all'applicazione di norme materiali aventi contenuto simile a quelle italiane, cancellando la diversità tra sistemi giuridici e rendendo inutili le regole del diritto internazionale privato. 14 ... segue ... Nella specie, relativa al licenziamento da parte di un istituto di credito italiano di una dipendente il cui rapporto di lavoro, svoltosi negli Stati Uniti, era retto dalla legge locale accettata dalle parti, pur prevedendo la norma statunitense il licenziamento "ad nutum", astrattamente in contrasto con l'ordine pubblico, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso tale contrarietà perché il provvedimento era fondato sul difetto di esecuzione della prestazione durato per più mesi, fondamento sufficiente al rispetto dell'ordine pubblico internazionale nella materia lavoristica (Cass. 4 maggio 2007 n. 10215*) 15 ... Il trattamento di fine rapporto e l’indennità di preavviso (cfr. indennità di anzianità) Non è contraria all'ordine pubblico italiano la legge straniera la quale non preveda l'erogazione di un trattamento di fine rapporto, qualora il trattamento complessivamente garantito dalla stessa non risulti comunque inferiore a quello assicurato dalla normativa italiana. Ma... È contraria all'ordine pubblico italiano la legge straniera che non preveda in caso di licenziamento un'indennità di preavviso.(Cass. 19 luglio 2007 n. 16017*) 16 L’applicabilità territoriale dei contratti collettivi I contratti collettivi di lavoro, in quanto funzionalmente ispirati ad intenti di uniformità di trattamento giuridico ed economico dei lavoratori, spiegano la loro efficacia, di regola, all'interno del territorio nazionale e non sono, quindi, applicabili ad attività lavorative svolte al di fuori dei confini dello Stato (salva diversa, esplicita volontà dei contraenti), attesa la insussistenza sui mercati esteri delle condizioni economico-sociali proprie delle imprese che operano nel nostro territorio, da una parte, e dei lavoratori, dall'altra, in vista delle quali gli stessi contratti determinano quel trattamento, salvo l'accertamento del giudice del merito (incensurabile in sede di legittimità, se correttamente motivato) circa la sussistenza di una pattuizione individuale nel senso dell'applicabilità di un contratto collettivo ad un rapporto di lavoro svoltosi all'estero. (Cass. 6 settembre 1988 n. 5058 lav. 1988, 615) "I orientamento: Eslcusione 17 ... Segue Nel caso di prestazioni lavorative svolte all'estero da lavoratori italiani dipendenti da imprese nazionali - regolate dalla legge italiana ex art. 25 delle preleggi stante l'identità della legge nazionale dei contraenti trova applicazione la disciplina dettata dalla contrattazione collettiva, il cui ambito territoriale di efficacia non può ritenersi limitato al territorio nazionale, ma - in mancanza di un'esplicita diversa previsione delle parti sociali - si estende anche al lavoro prestato all'estero, persistendo anche in tal caso quelle esigenze di tutela del lavoratore dipendente che, nell'attuale sistema di libertà sindacale, tende a soddisfare la contrattazione collettiva. (Cass. 25 febbraio 1988 n. 2029) " II orientamento: Applicazione 18 un orientamento mediano... Le prestazioni lavorative svolte all'estero da un lavoratore italiano alle dipendenze di un datore di lavoro nazionale - nel regime anteriore alla legge n. 398 del 1987 (sul lavoro italiano all'estero) - sono disciplinate, secondo il disposto dell'art. 25 preleggi, dalla legge nazionale dei contraenti, se comune, od in mancanza dalla legge del luogo di conclusione del contratto di lavoro, salva in ogni caso la diversa volontà delle parti ed il rispetto dei limiti derivanti dall'ordine pubblico, richiamati dall'art. 31 preleggi, sicché deve escludersi che ove non risulti una diversa esplicita volontà delle parti contraenti divenga automaticamente ed integralmente inapplicabile la normativa dettata dal contratto collettivo regolante il rapporto in Italia, il cui ambito territoriale di efficacia non è necessariamente, nè presuntivamente, limitato al territorio nazionale.... 19 ... segue In tale ipotesi, peraltro, la destinazione all'estero del dipendente, pur non interrompendo o sospendendo il rapporto di lavoro, può comportare in relazione alle modalità della prestazione ed alle condizioni economico-sociali, nonché all'ordinamento del paese ospitante, un adeguamento della regolamentazione del rapporto stesso con la conseguenza che occorre procedere all'interpretazione della normativa contrattuale, istituto per istituto, al fine di stabilire quali clausole, essendo indifferenti rispetto al luogo della prestazione, trovano comunque applicazione e quali, invece, supponendo determinate condizioni di lavoro, non possano ritenersi volute e, quindi, applicabili in relazione ad attività da svolgersi all'estero od in paesi che tali condizioni non consentano. (Cass. 5 settembre 1988, n. 5021) 20 ... Segue La normativa dettata dal Cccnl per i rapporti di lavoro prestati all'interno del territorio nazionale e applicabile anche alle prestazioni lavorative svolte all'estero da lavoratori italiani dipendenti da imprese nazionali limitatamente a quegli istituti contrattuali nei confronti dei quali venga accertata l'efficacia extraterritoriale e cioè la loro applicabilità anche in un contesto diverso da quello della realtà nazionale. Il raffronto [tra la regolazione economica del rapporto di lavoro all’estero e la disciplina dei contratti collettivi, n.d.r.] va operato come richiamo al trattamento economico globale previsto dal Ccnl e non ai singoli istituti retributivi, che non sono applicabili direttamente ai lavoratori che prestano la loro attività all'estero. (Cass. 11 settembre 2006 n. 19424) 21 Il ruolo possibile dell’autonomia individuale Nel caso di prestazioni lavorative svolte all'estero da lavoratori italiani dipendenti da imprese nazionali, al relativo rapporto di lavoro è applicabile la normativa dettata dal contratto collettivo regolante il rapporto in Italia limitatamente a quegli istituiti contrattuali nei confronti dei quali venga accertata l'efficacia extraterritoriale e cioè la loro applicabilità anche in un contesto diverso da quello della realtà nazionale. Tale accertamento deve essere compiuto in base al criterio dell'interpretazione secondo buona fede, valutando cioè la funzionalità causale del contratto in relazione alla particolare situazione che si presenta, dovendosi in particolare escludere la sussistenza della suddetta funzionalità, parziale o totale del contratto, in presenza di una convenzione individuale che abbia regolato in via autonoma la materia, convenzione che, pur nella sua autonomia, non può tuttavia assicurare una tutela economico-normativa globalmente inferiore rispetto a quella prevista dal contratto collettivo. (Cass. 15 luglio 1994 n. 6652) 22