La letteratura combinatoria

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La letteratura combinatoria
Italo Calvino
e
La letteratura combinatoria
di Gloriana Orlando
Il primo romanzo
ƒ Esordisce come neorealista?
ƒ Il suo Sentiero dei nidi di ragno divide la
critica.
ƒ È un’opera già matura che contiene in nuce
quasi tutti i temi cari all’autore.
Il sentiero dei nidi di ragno
• Il realismo si fonde con il mondo
fantastico del protagonista, il
piccolo Pin, che ha una visione
straniata del mondo della
resistenza e della guerra.
• Nel raccontare la sua
esperienza partigiana, rivissuta
attraverso gli occhi di un
bambino, Calvino descrive un
mondo in cui reale e fantastico
si intrecciano a tal punto da
sembrare tutt’uno.
Il sentiero dei nidi di ragno
• Un mondo in cui l’amore mercenario, la guerra, la morte, pur
descritti in modo estremamente crudo, sono avvolti da un’aura
magica per la visione straniata di Pin.
• È un mondo di carne, pulsante di vita e di passioni terrene o
putrefatta nella morte, in cui non c’è posto per Dio.
• Cresciuto senza madre, con la sorella che fa la prostituta al
Carruggio Lungo, abituato a sentire di là dal tramezzo gli
uomini che sbuffano e lei che «fa versi come per un solletico
sotto le ascelle» Pin forse non sa nemmeno cosa sia Dio, e non
ne avverte l’esigenza, la sua è un’esistenza tutta terrena, e
quando si sente solo fantastica di compiere qualche impresa
per cui i grandi lo ammirino e lo vogliano come capo.
Influenze dell’Esistenzialismo
• Nel suo interessante saggio su Il sentiero dei nidi di
ragno Fulvio Senardi analizza il rapporto di Calvino con
la nuova corrente filosofica che si sta diffondendo
proprio in quegli anni.
• Egli lo definisce un «esistenzialismo istintivo» in cui
permangono «scorie idealistiche»:
• «Un esistenzialismo […] sul quale gravano,
determinanti, i problemi squisitamente personali
dell’intellettuale borghese che ha scelto la via
dell’alternativa ma è ostile, per carattere e
formazione, ad ogni forma di catechesi.»
F. Senardi, Pollicino e il sottosuolo, ovvero “Il sentiero dei nidi di ragno”, in
«Problemi», Palumbo, Palermo 1996, n. 105, p. 164.
La trilogia degli antenati
ƒ Il Visconte dimezzato (1951)
ƒ Il Barone rampante (1957)
ƒ Il cavaliere inesistente (1959)
Calvino e il labirinto
La sfida al labirinto
• Nel 1962 esce sul «Menabò 5» il saggio “La sfida al
labirinto”.
• In questo saggio Calvino traccia un quadro molto
analitico della società e della letteratura di quegli anni
concludendo che:
• “È la forma del labirinto che domina, il labirinto della
concrezione e stratificazione linguistica in Gadda, il
labirinto delle immagini culturali di una cosmogonia
più labirintica ancora, in Borges.”
La sfida al labirinto
• “Questa letteratura del labirinto gnoseologicoculturale ha in sé una doppia possibilità.
• Da una parte, quello che oggi ci serve è una mappa
del labirinto, la più particolareggiata possibile.
• Dall’altra c’è il fascino del labirinto in quanto tale,
del perdersi nel labirinto, del rappresentare questa
assenza di vie d’uscita come la vera condizione
dell’uomo.
• È una letteratura della sfida al labirinto che
vogliamo enucleare e distinguere dalla letteratura
della resa al labirinto”.
La giornata di uno scrutatore
• Dopo la trilogia che potremmo definire
fantastico-allegorica e che comprende Il
visconte dimezzato 1951, Il barone rampante
1957, Il cavaliere inesistente 1959 (poi raccolti
in volume con il titolo I nostri antenati), La
giornata d’uno scrutatore si situa in un contesto
a sé stante.
• Con i racconti La speculazione edilizia 1957 e La
nuvola di smog 1958, potrebbe formare un’altra
trilogia che procede in direzione realistica ma in
realtà rivela caratteristiche molto particolari
che ne fanno un’opera assolutamente diversa da
tutte le altre.
La giornata di uno scrutatore
ƒ È un’opera anomala sia nell’ambito della
produzione di Calvino sia in quella di quegli anni.
ƒ Potrebbe sembrare più che altro un romanzosaggio a causa delle riflessioni filosofiche e del
tono di denuncia.
ƒ Quando è stato pubblicato non ha incontrato
un’accoglienza positiva ed è stato
sbrigativamente accantonato come un’opera
minore.
La giornata di uno scrutatore
• Pur essendo stato concepito intorno al 1953 il romanzo
venne pubblicato solo nel 1963 dopo che le circostanze
storiche che lo avevano determinato si erano ormai
esaurite. Ideato quando Calvino militava nel Partito
Comunista fu pubblicato quando lo aveva lasciato già da
diversi anni, non per dissensi ideologici - come egli disse ma per ragioni politiche, dopo i fatti d’Ungheria.
• La giornata può definirsi un viaggio all’interno del
Cottolengo dove il protagonista Amerigo Ormea, un
intellettuale comunista, nelle elezioni del 1953
rappresenta come scrutatore il suo partito nel seggio, del
tutto fuori dal comune, installato nel manicomio.
La giornata di uno scrutatore
• Ma è anche un viaggio all’interno della sua coscienza, una
sorta di iniziazione che procede per tappe, via via che egli
acquista consapevolezza. I pensieri che affiorano e si
susseguono nel corso della giornata finiscono per ruotare
tutti intorno a una ricerca di senso: il senso di
quell’esperienza, il senso dell’esistenza in generale.
• Una discesa agli inferi, un continuo addentrarsi in quel
luogo in cui la natura mostra la sua indiscussa superiorità
- e la sua crudeltà anche - e una carrellata di mostri che
sempre più si allontanano dall’umano scuotono tutte le
certezze del protagonista, che si vedeva come «ultimo
anonimo erede del razionalismo settecentesco» e
mettono in crisi i parametri della sua cultura illuministica
e marxista rivelandone l’impotenza dinanzi alla deformità,
alla malattia, alla sofferenza.
La giornata di uno scrutatore
• Dopo la guerra fu il «Politecnico» a diffondere
soprattutto il pensiero di Sartre che invitava gli
intellettuali a darsi all’impegno politico senza
sacrificare l’autonomia della propria arte.
• Il Dio delle sventure, causa prima dei mostri del
Cottolengo, il «dio imperscrutabile» e terribile, lo
sfruttamento elettorale della sofferenza trasformato
in un atto religioso, tutto si configura come un
«broglio metafisico» per il razionalista Amerigo.
Queneau
e
Calvino
Raymond Queneau
fonda l’OuLiPo
Rats
OUVROIR
de
LITTÉRATURE
POTENTIELLE
Ma chi è Raymond Queneau?
la fama di Queneau è
innanzitutto legata ai
romanzi del mondo un po'
goffo un po' losco della
banlieue parigina o delle
città di provincia, ai giochi
ortografici del francese
parlato quotidiano, un
corpus narrativo molto
coerente e compatto, che
raggiunge il suo culmine di
comicità e di grazia in
Zazie dans le mètro .
Laboratorio di letteratura potenziale
• giovedì 24 novembre 1960, nella cantina del
“Vero Guascone” si riuniscono sette amici
dagli interessi complementari: matematici
che avevano a cuore la letteratura, uomini di
lettere con l’interesse per le scienze esatte.
• Così è nato l’OULIPO , Laboratorio di
letteratura potenziale.
• Il suo fondatore è il matematico-scacchista
FRANÇOISE LE LIONNAIS.
Nel 1961 François Le Lionnais conia la
formula «letteratura combinatoria»
ƒL’opera combinatoria non viene letta, ma
semplicemente giocata ;
ƒ nella scatola della «letteratura combinatoria» il
fruitore trova delle tessere di partenza, che può
smontare e rimontare a piacere seguendo le "regole del
gioco" annesse;
ƒquesto gioco del fare letterario delega così al lettore
una parte considerevole della funzione autoriale; ciò
che questa letteratura restituisce non è un prodotto
letterario, ma. un metodo di produzione.
FINALITà DELL’OULIPO
• L’OULIPO vuole
• Ne “La disparition” di Perec
modificare il numero delle
l’oggetto sparito è la lettera
limitazioni ormai
“e”, mai usata nel corso del
codificate
romanzo.
• Per dimostrare che sono
• I critici non lo notaronoe lo
“utili” alla creatività
lessero come un romanzo
“normale”
• Sottomettendosi a nuove
regole rigide si può
• “Les Revenentes” 127
suscitare
pagine usando come vocale
l’immaginazione o
solo la “e”
l’ispirazione
100 mila miliardi di poemi di Raymond Queneau
Questo libro consiste in dieci sonetti che, in base ad un algoritmo
combinatorio, permettono la produzione di miliardi di poesie
potenziali.
Italo Calvino
ƒ Calvino ha già pubblicato
diversi romanzi di successo
quando nel 1964 si
trasferisce a Parigi.
ƒ Dove viene in contatto con
gli oulipiennes e stringe
amicizia con Queneau.
ƒ Questi incontri
rappresentano una svolta
nella sua produzione.
ƒ Perché d’ora in poi si
dedicherà alla letteratura
combinatoria.
Ti con zero
• La giornata d’uno scrutatore ha rappresentato, come
si è visto, la dolorosa rinuncia ad un sistema che
spieghi ed interpreti il mondo.
• Adesso Calvino va alla ricerca del punto di partenza,
delle origini della storia e del tempo, per trovare le
basi di una nuova concezione della realtà.
• Frutto di questa mutata disposizione interiore è la
pubblicazione di Ti con zero nel 1967.
Ti con zero
• A Parigi si è avvicinato a studiosi di linguistica e a matematici
che risvegliano in lui curiosità scientifiche mai del tutto sopite e
lo spingono a ispirarsi a modelli letterari come Jorge Luis Borges,
antesignano della scrittura intesa come gioco erudito e fantastico.
• In Ti con zero si intrecciano spunti di chiara derivazione
borgesiana (le infinite possibilità che coesistono –nei caotici
manoscritti di Dumas o nell’esistenza del cacciatore minacciato
dal leone – e la circolarità del tempo) con personalissime
riflessioni dell’autore: «Nella nostra dura vita non c’è posto per
nulla che non sia concreto e afferrabile dai sensi.» (p. 94).
Ti con zero
• L’evoluzione del cosmo non segue un percorso deterministico,
né vi si può ravvisare una qualche forma di finalismo, quella
che si è realizzata è soltanto una delle possibili combinazioni,
quindi il gioco combinatorio che sta alla base della narrativa è
lo specchio della combinatoria universale. Nulla vi è di certo,
tutto è affidato al caso.
• In definitiva l’uomo può contare solo su se stesso. Sia per
evadere da una fortezza che per sfuggire a un leone o a un
killer che lo insegue nel caotico traffico cittadino, egli non
rivolge mai il suo pensiero ad un’entità superiore, ma cerca,
razionalmente, «di costruirsi un modello di universo da cui
dedurre le soluzioni possibili» (p. V).
Il Gioco Combinatorio
di
Italo Calvino
Il castello dei destini incrociati
“L’idea di adoperare i tarocchi come una macchina
combinatoria mi è venuta nel 1968 ad Urbino ad
un Seminario internazionale sulle strutture del
racconto.
Ho ricavato soprattutto l’idea che il significato di
ogni singola carta dipende dal posto che essa
occupa nella successione delle carte che la
precedono e la seguono.
Quando le carte affiancate a caso mi davano una
storia in cui riconoscevo un senso, mi mettevo a
scriverla.”
Il castello dei destini incrociati
• Dopo un primo tentativo di comporre delle storie con i
tarocchi di Marsiglia, Calvino si incontra con i tarocchi
viscontei perché un editore lo invita a scrivere un testo su
queste carte con le miniature di Bonifacio Bembo.
• Inizialmente pensa di “riciclare” i racconti che ha già
scritto ma si accorge che le immagini raffigurate nei due
mazzi di tarocchi non corrispondono perché “il mondo
delle miniature quattrocentesche è completamente diverso
da quello delle stampe popolari marsigliesi.”
• “Queste figure presupponevano una società diversa con
un’altra sensibilità e un altro linguaggio”
• “il riferimento letterario che mi veniva spontaneo era
l’Orlando Furioso.”
Il castello dei destini incrociati
• “Provai subito a comporre con i tarocchi viscontei sequenze
ispirate all’Orlando Furioso; mi fu facile così costruire
l’incrocio centrale dei racconti del mio «quadrato magico».
• Intorno bastava lasciare che prendessero forma altre storie
che si incrociavano tra loro, e ottenni così una specie di
cruciverba fatto di figure anziché di lettere.
• Nel giro d’una settimana Il castello dei destini incrociati
era pronto ad essere pubblicato nella lussuosa edizione alla
quale era destinato.”
(Presentazione di Italo Calvino all’edizione del 1973)
Il castello dei destini incrociati
• L’opera ottiene un grande successo così Calvino decide di
riprendere le storie che aveva cominciato a scrivere con i
tarocchi marsigliesi perché i tarocchi popolari erano
ricchi di suggestioni narrative che nel Castello non
aveva potuto sviluppare.
• Egli trascorrerà un lungo periodo a “comporre e
ricomporre il puzzle” . “Stavo diventando pazzo o è la
vertigine dei grandi numeri che si sprigiona da tutte le
operazioni combinatorie?”
• La Taverna dei destini incrociati, pubblicata ora assieme
al Castello, è il frutto di questa genesi travagliata.
Il castello dei destini incrociati
• Con questa struttura Calvino indica la limitatezza della
scrittura tradizionale del mondo occidentale, che, come si sa, è
basata sul fatto che una pagina scritta può essere letta solo in
una direzione, seguendo un filo lineare che va dall'alto in basso,
da sinistra a destra.
• Il rettangolo dei tarocchi invece rappresenta una specie di
cruciverba che offre una lettura pluridirezionale in cui è
rappresentata simbolicamente la fluidità del racconto orale, della
conversazione e del pensiero, che non è lineare ma multilineare,
costituito da deviazioni e frasi lasciate a metà.
• La struttura è quindi una rete interconnessa, policentrica e
multilineare «entro la quale», nelle parole di Calvino, «si possono
tracciare molteplici percorsi e ricavare conclusioni plurime e
ramificate».
Se una notte d’inverno un viaggiatore
• “Se una notte d’inverno un
viaggiatore è un romanzo sul
piacere di leggere - secondo la
definizione che l’autore ne ha
dato in una conferenza a Buenos
Aires - protagonista è il lettore
che per dieci volte comincia a
leggere un libro che per
vicissitudini estranee alla sua
volontà non riesce a finire. Ho
dovuto dunque scrivere l'inizio di
dieci romanzi d'autori
immaginari. Tutti in qualche modo
diversi da me e diversi tra loro."
Se una notte d’inverno un viaggiatore
• concreto modello combinatorio di
strutturazione aperta del romanzo,
• si ispira, da un lato, a Borges al suo concetto
della biblioteca infinita e pluricentrica, che
rappresenta ne La Biblioteca di Babele, e al
«modello della rete dei possibili» del racconto
Il giardino dei sentieri che si biforcano,
• dall'altro al modello della letteratura
combinatoria di Raymond Queneau e Georges
Perec.
Se una notte d’inverno un viaggiatore
Il romanzo combinatorio di Calvino rimane un
testo espandibile, una enciclopedia aperta,
come dimostra il finale di Il Castello, quando il
mazzo di carte viene rimescolato, cancellando
la struttura a forma di rettangolo; il libro si
chiude con l'annuncio da parte del narratore
di testi sempre nuovi:
«Allora le sue mani sparpagliano le carte,
mescolano il mazzo, ricominciamo da capo».
Se una notte d’inverno un viaggiatore
• Il romanzo combinatorio comporta una forma di lettura
che sfuma la distinzione tra lettore e autore.
• Il testo non esiste in modo univoco separatamente dal
lettore; quest'ultimo diventa invece partecipante attivo
nella creazione del testo, in Se una notte, egli lo crea
attraverso la lettura di dieci romanzi assai diversi.
• Il Lettore (sempre con la L maiuscola) è allo stesso tempo
autore e lettore come già i viaggiatori che si incontrano nel
castello e nella taverna dei destini incrociati, ognuno dei
quali, dopo aver costruito attraverso le carte la
sequenzialità del proprio racconto, diventa subito lettore
di un altro racconto che emerge dalla propria sequenza di
carte.
Se una notte d’inverno un viaggiatore
• Il doppio ruolo dell'autore-lettore è la tematica centrale
di questo romanzo, il cui capitolo chiave è l'ottavo: Il
diario di Silas Flannery.
• Flannery si autodefinisce come autore «facilmente
falsificabile» e si identifica con il copista di manoscritti,
che «viveva contemporaneamente in due dimensioni
temporali, quella della lettura e quella della scrittura»,
•
una figura quindi precorritrice del lettore-autore. Questo
capitolo è un catalogo di osservazioni, domande e
congetture sul ruolo dello scrittore. Un'osservazione
cruciale dello scrittore Flannery, portavoce di Calvino,
riguarda la propria limitatezza, cioè il concetto dell'autore
univoco.
Se una notte d’inverno un viaggiatore
• L’opera viene completata dal catalogo delle
osservazioni dei dieci lettori dei dieci romanzi
di cui è composto il libro, e che si incontrano
nell'ultimo capitolo in una biblioteca.
• Uno di loro modifica l'idea della soggettività
della lettura mantenuta dagli altri
interlocutori, aggiungendo che «ogni nuovo
libro che leggo entra a far parte di quel libro
complessivo e unitario che è la somma delle
mie letture».
Se una notte d’inverno un viaggiatore
• Il soggetto che legge è quindi allo stesso tempo una
biblioteca combinatoria, un io frammentario che
assomiglia a una rete ipertestuale, come osserva lo
stesso Calvino alla fine delle Lezioni Americane in una
conclusione che sembra un omaggio a Roland Barthes:
• «Chi è ciascuno di noi se non una combinatoria
d'esperienze, d'informazioni, di letture,
d'immaginazioni? Ogni vita è un'enciclopedia, una
biblioteca, un inventario d'oggetti, un campionario di
stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato
e riordinato in tutti i modi possibili».
• In Una pietra sopra, pubblicato nel 1980,
Calvino raccoglie saggi scritti nell’arco di più di
un ventennio . Come spiega egli stesso nella
presentazione e come è chiaramente indicato
dal titolo, quest’opera sembra stabilire un
punto di vista definitivo.
• Sono ormai lontani gli anni del coraggio e della
lotta quando Calvino scriveva il saggio La sfida
al labirinto (1962).
• Già nel corso degli anni Settanta la “sfida al
labirinto” è perduta, nel guardarsi indietro egli
prende le distanze dalle speranze e dalle
fiduciose attese del passato su cui ora vuole
mettere “una pietra sopra”.
Palomar
• L’ultima opera compiuta di Calvino è Palomar (1983), un
romanzo scandito da interne suddivisioni che ne scoprono la
struttura fortemente simmetrica e calibrata.
• È diviso in tre parti di nove racconti ciascuna. Ogni
racconto è indicato da tre cifre che corrispondono a tre tipi
di esperienza, visiva (1), antropologica (2), speculativa (3).
• Dall’intrecciarsi delle cifre che si susseguono nelle varie
posizioni, si può ricavare l’area tematica del racconto, il cui
protagonista è sempre il signor Palomar, alter ego di Calvino,
che è alla ricerca della chiave di interpretazione della realtà.
• Questa cornice realizzata attraverso i numeri tradisce
l’ossessione geometrica di chi tenta di porre un ordine
esteriore in ciò che manca di un indirizzo interiore preciso.
Palomar
• Prendiamo in considerazione, ad esempio, La contemplazione
delle stelle, contraddistinto dai numeri 1.3.3.
• Il numero 1. ci dice che si racconterà di un’esperienza visiva
(l’osservazione del cielo stellato), il ripetersi del numero 3.
sottolinea la ricerca di un modo razionale di affrontare il
labirinto. Infatti il signor Palomar, prima di accingersi ad
osservare il cielo, si procura ben quattro mappe
astronomiche.
• Ma per consultarle nel buio della notte deve illuminarle con la
lampadina tascabile, deve togliersi gli occhiali da miope, e lo
stesso risulta difficile «leggere i nomi delle stelle scritti in
nero sul fondo blu», poi deve rimettersi gli occhiali e
aspettare qualche secondo perché il suo cristallino metta a
fuoco quei puntini luminosi nel cielo nero, «il chiaro e lo
scuro sono così mescolati da impedire l’effetto prospettico
d’un abisso nero sulla cui vuota lontananza campeggiano, ben
in rilievo, le stelle» (p. 47-48).
Palomar
• Eppure egli sente il bisogno di «staccarsi dalla Terra,
luogo delle complicazioni superflue e delle
approssimazioni confuse» (p.48) per rivolgersi
«all’esatta geometria degli spazi siderei». Ma dinanzi
al firmamento tutto sembra sfuggirgli perché egli non
riesce a ricavare «nessuna idea di dimensioni o di
distanza».
• L’incessante esigenza di certezze, come pure la
ricerca di coordinate per orientarsi nel cielo stellato,
risultano estremamente problematiche, sia per la
complessità di consultazione delle mappe sia per la
difficoltà di individuare le stelle e le costellazioni.
Palomar
• Allora, «se i corpi luminosi sono carichi d’incertezza, non
resta che affidarsi al buio, alle regioni deserte del cielo. Cosa
può esserci di più stabile del nulla?» (p.48)
• Ma appena sembra affiorare una certezza, anche soltanto
quella del nulla, ecco che arriva implacabile la smentita:
«eppure anche del nulla non si può essere sicuri al cento per
cento».
• La contemplazione del cielo stellato si conclude con uno
scacco per il signor Palomar che si trova circondato da una
piccola folla che osserva le sue mosse «come le convulsioni di
un demente».
• Il tentativo di tracciare una mappa del labirinto si dimostra
fallimentare perché è impossibile orientarsi nel cielo come
nella vita che rivela in pieno la sua assurdità.
Palomar
• Palomar è un libro che, sotto l’apparente
semplicità della narrazione, il linguaggio limpido e le
storie a volte dichiaratamente comuni, sprigiona un
acre senso di inquietudine.
• Il signor Palomar sa bene che l’osservazione non è
sufficiente perché le osservazioni devono essere
interpretate e le teorie che se ne possono ricavare
vanno in ogni caso verificate tramite l’esperienza.
Forse per questo egli, anche dinanzi a questioni
minime tende alla perplessità.
Palomar
• Ne Il gorilla albino 2.3.2. un grande scimmione
«nell’enorme vuoto delle sue ore» tiene stretto al petto
il pneumatico di un’automobile.
• «A Palomar sembra di capire perfettamente il gorilla, il
suo bisogno d’una cosa da tener stretta mentre tutto gli
sfugge, una cosa in cui placare l’angoscia
dell’isolamento, della diversità […] Per Copito de nieve
il contatto col pneumatico sembra essere qualcosa
d’affettivo, di possessivo e in qualche modo simbolico.
Di lì gli si può aprire uno spiraglio verso quella che per
l’uomo è la ricerca d’una via d’uscita dallo sgomento di
vivere.»
• Ancora una volta il raggio della riflessione si allarga, dal
gorilla a tutti gli uomini, «tutti rigiriamo tra le mani un
vecchio copertone vuoto» a cui ciascuno di noi
attribuisce il valore simbolico che gli è necessario per
compensare il vuoto della sua vita.