APoster 1_2003

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ENRICO,
imperatore
santo
di Adriana Maurina Rossi
l visitatore del Castello del Buonconsiglio è solito soffermarsi a lungo nella “Sala dei vescovi” di Castelvecchio, per osservarne gli affreschi
raffiguranti i principi-vescovi della
Chiesa Tridentina e i protagonisti della storia d’Europa, dal XII secolo. La
serie inizia con i ritratti di Enrico II
detto “il Santo” e della sua consorte,
Santa Cunegonda. La presenza della
coppia imperiale è storicamente motivata, perché fu appunto l’ultimo regnante della Casa di Sassonia ad istituire, in occasione del suo transito da
Trento, la primavera del 1004, il principato vescovile che, per ben otto secoli, sarà indiscusso protagonista della
tormentata storia della nostra Terra.
E’ noto che il diploma firmato a Bressanone il 31 maggio 1027 da Corrado
II detto “il Salico”, formalizzò il riconoscimento giuridico di un’istituzione
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socio-politica ed ecclesiastica, da tempo consolidata.
Enrico e Cunegonda sono sepolti nel
Duomo di Bamberga, deliziosa città
della bavarese Franconia, e riposano in
una monumentale, marmorea tomba,
scolpita dal grande Tillman Riemenschneider.
La città prediletta dal santo imperatore sassone, ospita quest’anno la “Bayerische Landesaustellung 2002” dal titolo “Kaiser Heinrich II”, allestita dalla prestigiosa Haus der Bayerischen
Geschichte.
L’esposizione, evento culturale che sta
registrando enorme successo, è stata
inaugurata lo scorso 9 luglio e chiuderà i battenti il prossimo 20 ottobre. Si
articola in tre sezioni ospitate nell’antica corte imperiale, nell’attiguo Museo Diocesano e nella vicina Staatsbibibliothek.
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In Piazza Duomo si può assistere alla
costruzione di un’antica casa rurale e
all’esecuzione di lavori artigianali o
agricoli, con gli attrezzi conosciuti ed
impiegati all’inizio del secolo XI.
A margine della mostra, sono organizzate interessanti manifestazioni culturali per l’approfondimento di specifici
temi: convegni, tavole rotonde, conferenze, recite teatrali, concerti ecc.
L’ESPOSIZIONE
Nei locali del palazzo imperiale, in
un’atmosfera resa molto suggestiva
dalla sapiente illuminazione e dal raffinato criterio espositivo, è rievocata
tutta la storia del santo imperatore: la
sua politica, le sue guerre, i suoi viaggi
attraverso l’impero, il suo costante e
complesso rapporto con le gerarchie
ecclesiastiche.
Tra gli oggetti esposti, spicca il “Sacramentarium Uldaricianum”, prestato
dal Castello del Buonconsiglio di
Trento. Nella relativa didascalia si legge che il prezioso manoscritto è stato
di grande aiuto nella ricostruzione delle modalità organizzative dei continui
viaggi del “monarca itinerante”, chiamato a gestire le sorti di un impero
privo di capitale.
Nel testo, infatti, sono elencati nomi e
titoli di ben trecento persone (prelati e
vassalli), abituali accompagnatori del
re nei suoi spostamenti da corte a corte. È noto che Enrico intraprese anche
tre viaggi attraverso l’Italia: nel 1004,
nel 1014 e nel 1021.
Nel Museo Diocesano sono esposti i
tesori donati ai monasteri da lui fondati: preziosi parati, raffinati ricami, fantasiose oreficerie, calici, pissidi, reliquiari, pastorali e altri arredi liturgici.
Infine, nella grande biblioteca cittadina, si possono ammirare manoscritti
pergamenacei di valore inestimabile:
evangeliari, graduali e codici miniati,
con frontespizi talora ornati con finissimi bassorilievi in avorio, risalenti all’età carolingia.
LA STORIA
Enrico, nipote del fratello dell’imperatore Ottone il Grande, apparteneva alla potente dinastia degli “Enrici”,
granduchi di Baviera, quando capitale
della regione era Ratisbona, il cui arcivescovo fu precettore del giovane futuro re.
Non è quindi un caso che la sua più
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antica raffigurazione sia contenuta nel
Sacramentarlo di Regensburg (esposto
in mostra).
Il codice fu scritto e decorato nel
1002, per celebrare l’avvenuta elezione
del nuovo monarca, la cui controversa
candidatura fu sostenuta dai vescovi di
Magonza, Salisburgo, Bressanone,
Würzburg, Regensburg, Strassburg,
Passau, Frisinga e Fulda.
Enrico vi è raffigurato dentro la mandorla della Majestas Domini, in compagnia del Cristo Pantocratore che pone sul suo capo la corona imperiale,
mentre due angeli gli porgono la spada e la sacra lancia di S. Maurizio.
Quest’ultima era un prezioso reliquiario, perché conteneva un chiodo della
croce di Gesù ed era considerata simbolo della regalità conferita da Dio.
Gli storici bavaresi scrivono che Enrico era profondamente convinto di essere stato prescelto dallo stesso Creato-
re, come Suo rappresentante sulla terra. Vagheggiava un regno “domus
dei” in cui i due ordini, il divino e l’umano, si sarebbero fusi ed integrati in
perfetta armonia.
La motivazione di fondo delle sue
scelte, delle sue imprese e finanche
delle sue guerre furono sempre a sapore più religioso che politico.
Egli era solito affidarsi ai suoi santi
protettori: S. Michele, Maria, S. Giorgio, S. Stefano e S. Benedetto, del
quale apprezzò la regola, che impose a
conventi e monasteri.
Anche le sue guerre furono intraprese
per motivi religiosi: combatté contro i
pagani Slavi e poi si adoperò per la loro conversione al cristianesimo.
Nel 1004 scese in Italia col suo potente esercito per rispondere all’accorata
invocazione di aiuto dei vescovi lom-
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bardi, perseguitati dal marchese Arduino d’Ivrea.
Giunto a Trento, radunò prelati e nobili tridentini, veneti e lombardi, istituì il principato vescovile e affidò ai
chierici della cattedrale di S. Vigilio
un ciclo di preghiere per la buona riuscita dell’impresa. Informato che Arduino era attestato con i suoi alla
chiusa di Verona, percorse la Valsugana e piombò sulla pianura a nord di
Vicenza. Occupò Verona e quindi si
portò a Pavia dove fu solennemente
incoronato re d’Italia, nella chiesa di
S. Michele, dal vescovo di Milano Arnolfo.
Il popolo pavese si levò a tumulto, forse aizzato dai seguaci di Arduino o forse irritato dal contegno sprezzante dei
soldati germanici. Sedata la rivolta,
Enrico si recò a Milano per pregare
sulla tomba di S. Ambrogio.
Intraprese un secondo viaggio in Italia
alla fine del 1013 e giunse con la consorte a Roma, dove il 14 febbraio
1014 fu incoronato imperatore da Papa Benedetto VIII, il pontefice che
stava appoggiando militarmente la rivolta dei Pugliesi contro i Bizantini.
Nel 1020, subita la sconfitta di Canne, lo stesso papa, accompagnato dal
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nobile longobardo Melo, si recò a
Bamberga, considerata la “nuova Roma” dell’area tedesca, ed implorò l’intervento armato dell’imperatore contro Bisanzio.
La visita del pontefice fu un grande
onore per il vescovado di Bamberga,
fondato da Enrico, il quale fece al papa una spettacolare accoglienza e sottoscrisse il famoso “Henricianum”
(manoscritto esposto in mostra) in cui
confermò i privilegi a suo tempo concessi da Ottone il Grande ed autorizzò
anche l’espansione dello Stato pontificio. L’esercito imperiale scese in Italia
una terza volta nel 1021 ed espugnò la
fortezza di Troia, eretta dai Bizantini
sul confine settentrionale della Puglia.
Dopo la vittoria, Enrico amministrò la
giustizia con grande saggezza e promosse un pubblico dibattito per stabilire regole che anche un re deve rispettare per essere giudice giusto. Le sue
riflessioni furono trascritte nell’evangelario di Montecassino (esposto in
mostra), oggi appartenente alla Biblioteca Vaticana.
Una miniatura del prezioso manoscritto raffigura l’imperatore sul trono, sostenuto dalle virtù della Sapienza e
della Prudenza ed attorniato da Giustizia, Pietà, Legge e Diritto. Enrico
visitò il monastero di Montecassino e
vi ripristinò la stretta osservanza della
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Regola di S. Benedetto. Secondo la
tradizione il santo, suo protettore prediletto, gli apparve in sogno e lo guarì
da una fastidiosa colica.
Enrico, imperatore pio e amico della
Chiesa, morì nel castello di Grona, vicino a Göttingen, il 13 luglio 1024,
venne sepolto nel duomo della sua
Bamberga e il 14 marzo 1146 fu canonizzato da Papa Eugenio III.
La regina Cunegonda, dopo la morte
dell’amatissimo consorte, volle concludere la sua vita nel convento benedettino di Kaufungen dove morì, pure in odore di santità, il 3 marzo 1033.
Fu sepolta accanto al marito e, il 29
marzo 1200, fu canonizzata da Papa
Innocenzo II. In seguito, la chiesa romanica fu incorporata nella splendida
cattedrale gotica e le reliquie della venerata coppia imperiale furono traslate nella nuova, monumentale tomba,
capolavoro del grande Tillman Riemenschneider.
I suoi bassorilievi raffigurano episodi
di vita e gli eclatanti miracoli dei santi
coniugi che il popolo vuole vissuti in
perfetta castità, come Maria e Giuseppe. La fioritura di aneddoti, credenze e
leggende, riportati anche in letteratura, non trovano riscontro nella storiografia scientifica, ma sono tuttora
quanto mai vivi e presenti nella tradizione e nella religiosità popolare della
Franconia.
Le immagini di questo articolo
sono tratte dal catalogo
della mostra “Kaiser Heinrich II.
1002-1024” allestita nell’estate
del 2002 a Bamberg in Germania.