2011_03_Nws_i - Corte di Cassazione

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2011_03_Nws_i - Corte di Cassazione
RETE DEI PRESIDENTI DELLE CORTI SUPREME
DELL’UNIONE EUROPEA Bollettino n. 16 Marzo 2011 Editoriale del Presidente Griss
In Lussemburgo la Rete ha lanciato le sue attività per l’anno 2011. Su invito del Presidente Skouris,
la Rete ha incontrato il 28 marzo 2011 i componenti della Corte di Giustizia dell’Unione europea
(CJEU) per discutere della Cooperazione in Materia Civile e Penale a seguito del Trattato di
Lisbona. Il giudice Toader (CJEU) e la Presidente Koskelo (Finlandia) hanno aperto i lavori della
sessione mattutina dedicata al settore civile, mentre la sessione pomeridiana è stata presieduta dal
giudice Larsen (CJEU) e dal Presidente Corstens (Paesi Bassi) e si è incentrata sul settore penale.
Le relazioni introduttive sono state seguite da un intenso dibattito. Tutti i partecipanti hanno
espresso l’auspicio che in futuro vengano organizzate tavole rotonde simili a questa.
In tale occasione si è riunito nel Lussemburgo anche il Consiglio di Amministrazione che ha
stabilito un calendario della nostra attività per i prossimi mesi. Ci riuniremo a Sofia il 13 e 14
ottobre 2011 su invito del Presidente Gruev per discutere della gestione e delle risorse finanziarie
delle corti supreme. Il Primo Presidente Lamanda si è offerto di ospitare a Parigi, nell’autunno del
2012, il Quinto Colloquio della Rete. Oggetto del dibattito saranno i due seguenti argomenti: la
valutazione e la promozione dei magistrati per l’accesso alle Corti Supreme e la valutazione ed i
titoli per la nomina alla Corte europea di Giustizia ed alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo.
Come indicato in precedenza, il presente Bollettino pubblica lo studio sintetico effettuato dalla
Corte di cassazione francese sulla base delle 22 risposte al questionario sulle consulenze/perizie
giudiziarie fornite dalle Corti Supreme.
LE PERIZIE/CONSULENZE GIUDIZIARIE NELL’UNIONE EUROPEA
Le perizie o consulenze disposte o quanto meno autorizzate da un’autorità giudiziaria possono
essere definite giudiziarie se paragonate alle cosiddette consulenze privare richieste dalle parti
stesse. Così definito, questo concetto non si applica stricto sensu ad alcuni Paesi europei. La regola
secondo la quale l’onere della prova è a carico delle parti interessate potrebbe, ad esempio,
precludere la possibilità di richiedere la consulenza giudiziaria. In linea di massima questo avviene
in Inghilterra ed in Danimarca. In generale le risposte fornite da questi Paesi al questionario fanno
dunque riferimento ai regolamenti applicabili ai consulenti privati che restano tali anche quando è il
giudice a nominarli 1 . Sulla scorta di tale osservazione, i contributi di questi due Paesi sono stati
inclusi nell’analisi.
Deve anche notarsi che in Inghilterra ed in Norvegia il giudice può decidere di prevedere la
collaborazione di un magistrato non professionista (o a latere) che ha competenza in un determinata
area utile a comprendere la vicenda. Il suo compito non è quello di svolgere indagini, bensì di fare
luce, a favore del giudice, sulle prove discusse in udienza. Questo istituto è inserito qui a fini
conoscitivi, ma non incluso altrimenti nella nostra ricerca.
Inoltre, la scarsità delle statistiche presentate o le differenze tra di esse non possono contribuire a
fornire una base per conclusioni solide e per questo motivo tale aspetto non è stato trattato in questa
sede. Allo stesso modo, la scarsità di dati forniti in relazione ai procedimenti amministrativi non
consente alcuna analisi di questo settore giuridico. Al contrario, saranno mantenute le differenze
espressamente definite dagli Stati tra i procedimenti civili e quelli penali.
Tenuto conto di queste osservazioni, la nostra analisi delle risposte fornite al questionario sarà di
tipo cronologico, trattando via via la nomina del consulente (I), il procedimento relativo alla
consulenza (II) ed in ultimo la conclusione dell’incarico affidato al consulente (III).
I - La nomina del consulente
Se richiedere o meno la consulenza/perizia giudiziaria (A) è una questione decisa di solito sulla
base degli elementi fattuali del procedimento interessato. Una volta ammesso il principio, nasce poi
la questione della scelta del consulente/perito (B) la cui nomina non è necessariamente definitiva
(C).
A - Chi richiede la consulenza e quando?
Nell’ambito dei procedimenti civili, la procedura in molti Stati è simile a quella adottata per il
sistema accusatorio. Questo significa che il processo è gestito dalle parti: esse prendono l’iniziativa
e stabilisco l’oggetto. Più specificamente è fatto loro obbligo di chiarire i fatti sui quali fondano le
loro pretese. Esse possono dunque incontrare problemi quando stabiliscono, valutano, interpretano o
chiariscono gli elementi fattuali della causa che richiedono una conoscenza specifica, di regola
tecnica, che esse stesse non possiedono. Il giudice non può fare altro che trattare la causa. Tali
problemi rappresentano la ragione essenziale per richiedere una consulenza nei Paesi coinvolti in
questo studio. Alcuni di essi precisano che tale misura non può riguardare un elemento giuridico,
poiché il diritto è di competenza del giudice (Danimarca, Francia, Italia, Lituania) né può essere un
mezzo per aiutare a colmare le lacune delle parti nella presentazione delle prove (Danimarca,
Francia, Grecia, Italia, Lussemburgo).
L’iniziativa di richiedere il parere di un consulente giudiziario può essere adottata da una delle parti
o dal giudice: nella maggior parte dei casi il giudice, di propria sponte o su richiesta delle parti, ha il
potere di valutare se sia opportuno o meno fare ricorso al consulente giudiziario. Al riguardo la
risposta tedesca rileva che, sebbene non giuridicamente vincolato dalla richiesta prensentatagli, il
1
In Danimarca un consulente privato o non giudiziario deve essere nominato dal giudice quando il procedimento è stato avviato. In Inghilterra, quando diverse parti desiderano chiamare un consulente per la stessa questione, il giudice può stabilire che vi sia un unico consulente. giudice di norma la soddisfa. Talvolta il giudice è tenuto a chiamare un consulente, ad esempio nei
casi di incapacità di un minore o di un adulto (Danimarca, Germania, Polonia e Svezia), di
successione relativamente ad un immobile rurale (Polonia) o di rescissione di una vendita per
lesione (Lussemburgo). Vi sono altre peculiarità degne di nota: in Svezia ed in Inghilterra, la
consulenza deve essere richiesta dalle parti (in Inghilterra, la nomina di un consulente è soggetta,
più precisamente, all’autorizzazione da parte del giudice); il giudice belga disporrà l’intervento di
un consulente soltanto ove necessario poiché le parti possono d’intesa opporsi alla nomina di un
consulente. In Norvegia il giudice è tenuto ad adeguarsi all’accordo delle parti che si oppongono
alla nomina di un consulente quando sono in gioco diritti di cui le parti liberamente dispongono
poiché il giudice ha discrezionalità soltanto nel caso opposto.
Con la considerevole eccezione dell’Inghilterra, dove la decisione è rimessa alle parti, è sempre il
giudice a nominare il consulente. Le parti possono di regola dichiarare la propria opinione, che in
alcuni paesi sono obbligate ad esprimere (per es., in Austria e nei Paesi Bassi). Laddove sussista un
accordo tra le parti alcuni Paesi affermano che esso di norma viene rispettato (Belgio, Danimarca,
Paesi Bassi), mentre altri Paesi dichiarano che in tali casi il giudice è vincolato a rispettare tale
accordo (Lettonia, Lituania, Norvegia o Ungheria).
In base alla maggior parte delle legislazioni nazionali le parti hanno il diritto, in tanti modi diversi,
di richiedere una consulenza privata. Questa possibilità può essere limitata: in Italia un consulente
giuridico deve già essere stato nominato; a Malta soltanto il giudice può autorizzare una consulenza
nel corso di un procedimento. L’ambito di applicazione di tali consulenze private è più limitato di
solito, poiché offre minori garanzie rispetto alle consulenze effettuate nell’ambito di un contesto
giudiziario formale, ad esempio laddove si tratti di rispettare il principio accusatorio (Belgio,
Francia).
In ultimo, si può notare che il ricorso ad una consulenza prima dell’inizio di un procedimento
giudiziario può essere autorizzato al fine di preservare le prove relative a fatti da cui dipende la
soluzione della controversia (Austria, Belgio, Francia, Grecia, Lussemburgo, Paesi Bassi) o
nell’ambito di un’operazione (Danimarca).
Anche nei procedimenti penali la conoscenza tecnica specifica di terzi può essere necessaria per
stabilire o valutare le circostanze del caso. Il carattere maggiormente inquisitorio del procedimento
emerge dalla normativa che disciplina le perizie penali: nella maggior parte dei Paesi il giudice
penale può nominare un perito di propria iniziativa e non è vincolato dalle istanze formulate dalle
parti (l’Inghilterra al riguardo rappresenta nuovamente un’eccezione se tutte le parti sono
d’accordo). Questo potere di nomina può anche essere affidato all’autorità giudiziaria incaricata di
condurre le investigazioni – la procura o il giudice per le indagini – (Danimarca, Germania,
Lettonia, Paesi Bassi, Ungheria,ecc.). Così come nei procedimenti civili, è il parlamento che
prevede l’obbligatorietà della nomina di un perito in alcuni casi: per stabilire l’esistenza di un
disordine mentale che potrebbe mitigare la responsabilità penale del reo (Bulgaria, Polonia o
Ungheria), al fine di stabilire le cause del decesso della vittima (Lettonia e Repubblica ceca) o
quando sia prevista l’immediata ospedalizzazione (Ungheria).
B - Le persone che possono essere nominate consulenti
La nomina di un pubblico funzionario in qualità di consulente, talvolta esclusa o eccezionale
(Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi) è di regola sempre possibile (Austria, Belgio, Bulgaria,
Inghilterra, Francia, Lussemburgo, Svezia, Ungheria, ecc.).
Vi è un notevole contrasto tra le risposte relative alla nomina di una persona giuridica in qualità di
consulente. Sebbene tale possibilità sia accettata in molti Paesi (Austria, Cipro, Francia, Grecia,
Lettonia, Lussemburgo, Malta, Repubblica ceca, Svezia, Ungheria), essa può essere esclusa
espressamente (Norvegia) o implicitamente, come in Inghilterra, dove il consulente deve poter
effettuare una dichiarazione orale nel corso del procedimento ed essere contro-esaminato, ed in
Belgio, dove la normativa sulla ricusazione del consulente sembrerebbe applicarsi soltanto alle
persone fisiche. In alcuni Paesi la situazione è intermedia: sebbene teoricamente possibile nei Paesi
Bassi, la nomina di una persona giuridica è di fatto rara; mentre viene esclusa in linea di principio in
Germania, dove è possibile soltanto in casi eccezionali (specificamente autorizzati dall’autorità
pubblica) ed in Danimarca (comitato di periti dotato di finanziamento pubblico).
Le persone autorizzate ad effettuare consulenze sono scelte sempre sulla base della loro competenza
in un settore particolare. Al fine di garantire la loro professionalità, la maggior parte dei Paesi ha
optato a favore della redazione di elenchi di consulenti regione per regione (Austria, Grecia, Italia,
Polonia) e a livello nazionale (Ungheria, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi [nei procedimenti
pensali], Norvegia [nei procedimenti penali] o regionale e nazionale (Bulgaria, Francia, Repubblica
ceca). Questi elenchi di solito seguono una classificazione predefinita di settori di competenza
(Austria, Bulgaria, Francia, Italia, Repubblica ceca, Ungheria, ecc.).
Nonostante la presenza di questi elenchi, i giudici possono essere autorizzati a nominare consulenti
non inclusi in dette liste (Francia per i procedimenti civili), talvolta con provvedimento motivato
(Francia e Paesi Bassi nei procedimenti penali), in presenza di circostanze particolari (Norvegia [nei
procedimenti penali] e Italia) o quando nessuno dei consulenti indicati nell’elenco soddisfi i
requisiti necessari ai fini del procedimento (Grecia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Repubblica
ceca, Ungheria, [nei procedimenti civili]).
Nei Paesi che non tengono un registro dei consulenti, la selezione è effettuata sulla scorta
dell’esperienza, della competenza e della reputazione della persona interessata (Belgio, Norvegia
[nei procedimenti civili], Svezia). Deve anche osservarsi che il sistema degli elenchi si sta
diffondendo ed in due modi. Innanzitutto, un elenco di consulenti viene ora tenuto nei Paesi Bassi
(per i procedimenti civili) e sono stati fatti vari tentativi di recente in Belgio per realizzarne uno
(fino ad ora senza risultati). In secondo luogo, nei Paesi privi di elenchi generali ufficiali talvolta si
trovano elenchi per alcune materie (per es., per i minori in caso di controversie familiari in
Danimarca) o ne vengono redatti di ufficiosi dalle varie istituzioni (Belgio).
Il caso particolare della Germania è degno di nota: a metà strada tra le due principali tendenze
evidenziate, per oltre un secolo ha utilizzato un sistema per il riconoscimento ufficiale dei
consulenti basato sulla tenuta di elenchi di consulenti ufficialmente riconosciuti, che abbiano
giurato e che siano organizzati non dagli uffici giudiziari, ma dalle camere di commercio ed
industria o da altri enti come le camere di commercio. Un consulente può essere selezionato al di
fuori dell’elenco ufficiale quando quest’ultimo non prevede uno specialista nel settore interessato
oppure in presenza di determinate circostanze.
C - I motivi per contestare un consulente
La scelta del consulente può essere discussa dopo la sua nomina. Può essere il risultato di una
contestazione avanzata dalle parti o dal consulente stesso che rifiuta la nomina. Le relative
motivazioni non sono state incluse nel questionario.
Nei procedimenti civili numerosi Paesi prevedono gli stessi motivi per le ricusazioni presentate nei
confronti dei giudici (Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Polonia, Repubblica ceca,
Ungheria, ecc.). E comunque avviene talvolta anche laddove non è esplicitamente espresso
(Svezia). I motivi previsti con maggior frequenza sono la mancanza di imparzialità o il conflitto di
interessi che di norma derivano da legami familiari, professionali, contrattuali, patrimoniali o
processuali con le parti. I motivi relativi alla contestazione potrebbero anche essere di natura
specifica con riferimento al consulente interessato – una relazione di interdipendenza con un altro
consulente nominato nello stesso procedimento (Norvegia), la mancanza delle abilitazioni
professionali necessarie, in particolar modo per quanto riguarda i funzionari pubblici - (Bulgaria,
Grecia), l’abilitazione del consulente (Danimarca) o, in senso più ampio, un qualunque motivo serio
(Grecia). All’inverso alcuni motivi applicabili ai giudici potrebbero non essere presi in
considerazione con riferimento ai consulenti, come il precedente coinvolgimento nel procedimento
in veste di consulente (Germania, Norvegia). Nei Paesi Bassi, dove non vi è alcuna disposizione di
legge che preveda un motivo per ricusare un consulente, è la consulenza stessa che sarà discussa
dalle parti (il suo principio, la procedura seguita o le sue conclusioni).
Nei procedimenti penali, in base alle risposte che hanno operato una distinzione tra procedimenti
civili e penali, la maggior parte dei Paesi fa riferimento anche ai motivi previsti per ricusare i
giudici (Germania, Italia, Malta, Polonia); alcuni di essi tengono un elenco ufficiale dei motivi
utilizzabili per le contestazioni relative solo ai consulenti (Lituania, Ungheria). In ogni caso si può
osservare un’analogia tra i numerosi motivi utilizzati a fondamento della contestazione. I più
comuni sono di nuovo l’imparzialità e il conflitto di interessi di natura familiare, professionale,
contrattuale, patrimoniale o processuale. L’ultimo motivo qui menzionato sembrerebbe essere più
importante in questo caso rispetto ai procedimenti penali: i consulenti possono essere ricusati
quando sono vittime del reato oggetto del procedimento, sono stati già coinvolti nei procedimenti
con funzioni investigative o accusatorie, in funzione consultiva, giudicante, in qualità di testimoni o
di periti e, più i generale, quando hanno un interesse personale nel caso in oggetto. Sono stati
identificati anche altri motivi che riguardano specificamente i consulenti quali l’incompetenza
(Lituania) o un qualunque motivo che impedisca loro di fornire una consulenza obiettiva ed
imparziale (Ungheria).
II – Il procedimento relativo alla consulenza
Nello svolgere i loro compiti i consulenti giudiziari devono rispettare alcune regole vincolanti (A),
di norma sotto la supervisione di un magistrato, che garantirà la corretta applicazione della
procedura (B). Qualora essi non ottemperino possono essere applicate varie sanzioni (C).
A – Il rispetto delle regole vincolanti nel procedimento relativo alla consulenza
Nello svolgere il loro compiti i consulenti hanno il dovere di rispettare un certo numero di regole
piuttosto simili tra loro nella maggior parte dei Paesi europei. Alcune sono parte integrante di tutti i
procedimenti giudiziari e simili a quelle che gli stessi giudici sono tenuti ad applicare. Quelle citate
più frequentemente sono l’obiettività, l’imparzialità, il rispetto per i principi guida del procedimento
(in particolare il principio accusatorio, che si applica sia all’informazione tempestiva a favore delle
parti che all’inserimento delle loro dichiarazioni nella relazione conclusiva) ed il rispetto del segreto
professionale. Si deve osservare che quest’ultimo aspetto (come il rispetto per la sfera privata) - che
è spesso richiamato in relazione all’obbligo imposto al consulente di trasmettere soltanto al giudice
ed alle parti le informazioni ottenute nel corso del proprio lavoro - può anche applicarsi ai
consulenti quando effettuano le loro verifiche (Danimarca, Francia, Germania o Lituania).
La posizione processuale dei consulenti è simile anche a quella del testimone sotto molti aspetti. In
numerosi Paesi essi possono essere ascoltati nel corso dell’udienza e devono ottemperare all’invito
a comparire che viene disposto dal giudice (Austria, Lituania, Norvegia, Repubblica ceca, ecc.) Essi
sono spesso chiamati a giurare, quando sono inseriti in un elenco ufficiale presso l’ufficio
giudiziario (per es., in Francia o in Polonia) o successivamente alla loro nomina (come avviene in
Austria, Germania o Polonia, quando il consulente interessato non è inserito nell’elenco ufficiale) o
quando vengono ascoltati dal giudice (come in Inghilterra o in Svezia).
Vi sono altri requisiti specifici che sono previsti per lo svolgimento dei compiti dei consulenti:
questi ultimi devono comportarsi con professionalità (il che significa, in particolare, che non
devono oltrepassare la loro sfera di competenza e devono utilizzare metodi affidabili e riconosciuti),
rispettando i limiti materiali di questi ultimi e le scadenze che sono state loro assegnate. Alcune
normative europee fanno riferimento in modo più generico al codice etico applicabile alla
professione esercitata dal consulente giudiziario (Bulgaria, Inghilterra ed Ungheria).
Indipendentemente da queste regole ampiamente condivise si possono osservare anche alcune
caratteristiche specifiche. Ad esempio, la Repubblica ceca ritiene che i consulenti siano responsabili
del deposito e conservazione delle loro consulenze. La Lettonia enfatizza la necessità di rispettare la
salute e l’onore della persona umana nonché la salute mentale del minore quando si svolge una
consulenza, mentre il Belgio obbliga i consulenti a cercare di riconciliare le parti in merito alle
rispettive pretese di natura civile.
B- La supervisione del giudice sul procedimento relativo alla consulenza
È generalmente condivisa l’opinione secondo la quale il giudice può supervisionare i progressi
dell’attività di consulenza. A seconda del Paese interessato, detta supervisione può andare dal
semplice diritto all’ispezione al coinvolgimento nell’opera consulenziale. Tale supervisione è di
regola indiretta, nel senso che è esercitata all’inizio, quando il giudice stabilisce l’oggetto della
consulenza, le domande da rivolgere al consulente, la scadenza fissata o le istruzioni che il
consulente deve seguire. La supervisione può anche essere indiretta, come evidenziato dalla risposta
fornita dalla Lituania, qualora il giudice stabilisca a quali atti abbia accesso il consulente.
La consulenza può anche essere posta in modo esplicito sotto la supervisione di un giudice (Belgio,
Danimarca, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, ecc.), di norma quello che ha disposto la
consulenza. I consulenti devono poi tenere informato il giudice circa i progressi ottenuti, garantire il
rispetto delle scadenze e delle regole processuali (il principio accusatorio innanzitutto). Per farlo
egli dispone di vari poteri, tra i quali il più comune riguarda la facoltà di imporre limiti temporali e
di disporre tutte le misure necessarie. Ad esempio, il giudice può ordinare alle parti, obbligandole se
del caso, di produrre documenti, di fornire informazioni o più in generale di cooperare in relazione
alle misure interessate o di affrontare le conseguenze se essi si rifiutano di farlo (Belgio,
Danimarca, Francia). Talvolta il giudice può partecipare al procedimento (Belgio, Germania,
Lussemburgo, Polonia), decidere in merito alle controversie da esso derivanti (Belgio), modificare
l’oggetto della consulenza (Belgio, Polonia) oppure revocare o sostituire il consulente (v. di
seguito).
In alcune legislazioni d’altro canto non è assolutamente prevista alcuna supervisione sulle
consulenze (Cipro, Grecia, Lettonia) ed i consulenti preparano e redigono le loro relazioni in piena
autonomia. A metà strada tra queste due posizioni estreme si situa il giudice inglese il quale svolge
soltanto un limitato controllo sull’opera del consulente, ad esempio garantendo ai consulenti di
ciascuna parte eguale accesso ai documenti ed alle informazioni. Allo stesso modo, secondo la
procedura civile olandese spetta al giudice stabilire se l’istruttoria effettuata dal consulente dovrà
essere svolta sotto il suo controllo o meno.
C - Le sanzioni applicabili al consulente giudiziario
La colpa ascrivibile al consulente nello svolgimento dell’incarico (quando la sua relazione non è di
media qualità, evidenzia incoerenze, presenta alcune, ecc.), il mancato rispetto dei principi in vigore
per la procedura, delle scadenze e delle funzioni ad esso assegnate, la mancata comparizione
innanzi al giudice che lo aveva convocato, costituiscono tutte situazioni che di regola consento una
sostituzione del consulente, una riduzione del suo compenso o l’irrogazione di una sanzione
pecuniaria e, più di rado, l’annullamento della sua relazione (Francia, Italia, Lussemburgo). Alcune
sanzioni disciplinari nei suoi confronti possono essere ordinate dall’organo competente in casi
simili: cancellazione della persona responsabile dall’albo dei consulenti (Austria, Bulgaria, Francia,
Repubblica ceca), sospensione temporanea o revoca della loro abilitazione (Lituania), revoca
dell’incarico (Lussemburgo) o divieto di effettuare consulenze (Malta).
Nella maggior parte dei casi, se le parti possono dimostrare che hanno subito un danno, possono
anche agire in sede civile nei confronti di un consulente qualora provino la sua colpa. Tale azione di
solito comporta la ripartizione del risarcimento a seconda delle varie spese causate dal
comportamento del consulente.
Allo stesso modo la responsabilità penale del consulente potrebbe essere formulata dalle autorità
inquirenti dello Stato interessato sulla base delle accuse rivolte specificamente ai consulenti (ad
esempio, la Francia incrimina la corruzione del consulente, il Belgio incrimina il falso nelle
relazioni scritte dei consulenti o le dichiarazioni orali false rese da questi ultimi, la Repubblica ceca
incrimina la predisposizione di una consulenza falsa, l’Italia incrimina il rifiuto del consulente di
svolgere il proprio incarico, ecc.) ovvero che rientrino nel diritto comune (corruzione, falsa
testimonianza, falso in atti, spergiuro, violazione del segreto professionale, ecc.). Le sanzioni
ordinarie sono quelle pecuniarie nonché la detenzione (fino a 10 anni). In Lituania ed in Lettonia
esiste anche la possibilità di effettuare opere pubbliche e nella Repubblica ceca è possibile vietare
l’esercizio dell’attività professionale.
III - La conclusione del procedimento relativo alla consulenza giudiziaria
L’incarico del consulente di norma si conclude con una comunicazione scritta od orale rivolta al
giudice e riguardante la sua relazione (A), che il giudice deve valutare prima di adottare una
decisione (B). Avendo svolto l’incarico il consulente è autorizzato a ricevere un compenso (C).
A - La relazione del consulente
La presentazione della relazione da parte del consulente di regola segna il termine dell’incarico del
consulente giudiziario. Assai più raramente si fa riferimento ad un’altra data (come la conclusione
del procedimento in Italia).
Nei procedimenti sia civili che penali la relazione è per lo più scritta (Cipro, Danimarca, Inghilterra,
Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Malta, Norvegia, Svezia, ecc.). Le conclusioni scritte
talvolta sono diventate la regola in Paesi in cui la scelta della forma della consulenza è a discrezione
dell’autorità competente (Polonia) o nei Paesi in cui si ritiene che i consulenti debbano presentare le
loro conclusioni oralmente (Repubblica ceca, Ungheria).
Dopo aver presentato le loro relazioni i consulenti possono essere chiamati ad esporle in udienza.
La maggior parte dei Paesi europei prevede questa possibilità sia nei procedimenti civili che in
quelli penali. I consulenti dunque devono relazionare oralmente ed esporre tutti i punti non chiari
alle varie parti coinvolte nel procedimento. In tale occasione i consulenti possono essere chiamati a
rispondere a domande poste dalle parti (in Bulgaria, Danimarca, Germania, Lettonia e Polonia, ad
esempio). Talvolta è fatto obbligo ai consulenti di presentarsi in udienza, come avviene in Austria
nel caso di procedimenti penali o innanzi alla corte d’assise in Francia. Tuttavia, quando si ritiene
che i consulenti debbano fornire spiegazioni, non sempre sono tenuti a farlo oralmente: il giudice
può chiedere loro di farlo, come in Lussemburgo o in Polonia ad esempio, presentando una
relazione aggiuntiva o complementare.
B - Il giudice e le conclusioni delle consulenze giudiziarie
Si è concordi nel sostenere che i giudici non sono vincolati dalle conclusioni espresse nella
consulenza. Questo si spiega soprattutto sulla base del fatto che la consulenza è ritenuta essere una
parte delle prove che i giudici o le giurie sono liberi di soppesare ed il loro scopo è semplicemente
quello di fornire ai giudici le informazioni che altrimenti essi non potrebbero ottenere.
Secondo l’altra spiegazione fornita, quando un giudice commissiona una consulenza non sta
delegando il proprio potere giurisdizionale al consulente. Tuttavia, alcuni Paesi riconoscono che le
conclusioni del consulente sono di norma seguite (Francia, Grecia, Ungheria), poiché i giudici non
possiedono le conoscenze che consentirebbero loro di contraddirle.
La libertà del giudice in relazione alle consulenze non è necessariamente totale: in Bulgaria, in
Italia, in Lituania, nei Paesi Bassi, nella Repubblica ceca, il giudice deve motivare la sua decisione
se essa diverge dalle conclusioni espresse nella consulenza. La Bulgaria e l’Inghilterra spiegano che
il giudice non può rifiutare la consulenza salvo sussista una prova certa che la contraddica. Se c’è
tale prova o nel caso in cui la consulenza sia incoerente, ambigua o incompleta, il giudice può
completare le informazioni richiedendo al consulente un’altra consulenza, una consulenza opposta o
ulteriori spiegazioni (Bulgaria, Germania, Lituania, Polonia, ecc.).
C - Il compenso per il consulente
Il compenso per il consulente è di regola inteso comprendere gli onorari e le spese derivanti
dall’incarico. Gli onorari sono spesso stabiliti da un tariffario fissato dalla normativa in materia o da
un provvedimento amministrativo (come in Austria, in Belgio [nei procedimenti penali], in
Germania, in Italia, in Lettonia, nel Lussemburgo, in Norvegia e nella Repubblica ceca,) sulla base
di una tariffa oraria o a forfait. Al fine di stabilire il compenso del consulente, che sia a forfait o
meno, il giudice deve tenere conto di alcuni elementi quali il settore della consulenza, il tempo
necessario per svolgere l’incarico, la qualità del lavoro effettuato, gli incarichi svolti, la complessità
della consulenza, il livello di preparazione del consulente, la remunerazione ordinaria per quel tipo
di professione oppure il valore della controversia. E’ possibile che sia disposto il versamento di un
deposito prima dell’inizio dell’incarico di consulenza, come avviene in Belgio (nei procedimenti
civili), Francia, Lituania, Malta o Paesi Bassi. L’importo finale della remunerazione viene stabilito
quando l’incarico è stato portato a termine per garantire che tutte le richieste siano state soddisfatte
e siano state coperte tutte le spese sostenute.
La responsabilità finale per il costo della consulenza varia a seconda del Paese. Nei procedimenti
civili esso può essere sostenuto dalla parte soccombente (come in Austria, Inghilterra, Francia o
Lussemburgo), oppure dalla parte che l’ha richiesta (come in Grecia, Ungheria o Norvegia), ma può
anche essere sostenuta da entrambe le parti nel caso in cui la consulenza risulti essenziale per
dirimere la controversia (Danimarca). Nei procedimenti penali, in numerosi Paesi, il costo della
consulenza è a carico dallo Stato. Tuttavia alcune legislazioni prevedono che esso debba essere
imputato alla parte soccombente. Questo avviene, ad esempio, in Austria, Bulgaria e Malta.
Questo studio è stato realizzato dal dott. Eloi Buat-Ménard, assistente giuridico presso la Corte di cassazione francese,
con la collaborazione della dott.ssa Clarisse Perrin, intern.