appunti metabolismo lipidi e iperlipidemie_STUDENTI

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appunti metabolismo lipidi e iperlipidemie_STUDENTI
I principali lipidi plasmatici, i trigliceridi e il colesterolo, rappresentano una risorsa
metabolica di base per le cellule viventi.
I trigliceridi, prodotti dalla condensazione di una molecola di glicerolo e di tre di
acidi grassi, sono la maggiore sorgente di energia; mentre il colesterolo è essenziale
per la biosintesi delle membrane plasmatiche degli steroidi e degli acidi biliari.
Mentre le molecole semplici come gli acidi grassi liberi possono essere trasportati nel
plasma legati all’albumina, per il trasporto di trigliceridi e colesterolo è necessario,
non solo trasportare queste molecole idrofobiche nel mezzo acquoso del plasma
sanguigno, ma anche assicurare che esse arrivino a specifici tessuti in cui c’è bisogno
appunto di queste molecole; pertanto i trigliceridi e il colesterolo vengono inglobati in
lipoproteine.
Le lipoproteine sono particelle sferiche che hanno due principali
elementi: il primo è un core apolare composto di trigliceridi e di
esteri del colesterolo, il secondo è un involucro esterno che
include fosfolipidi e colesterolo libero, queste molecole hanno
una parte apolare che è insolubile in acqua e un’altra parte
idrosolubile; le molecole sono allineate in maniera che la parte
apolare è diretta verso i lipidi nel core della lipoproteina, mentre
la parte idrosolubile è in contatto con l’esterno; questo garantisce
la idrosolubilità e permette il passaggio attraverso il plasma di
lipidi che altrimenti sarebbero non solubili in acqua.
Le apolipoproteine sono incorporate nella membrana esterna e
contribuiscono alla struttura di superficie delle lipoproteine.
Le lipoproteine vengono distinte in lipoproteine ricche in
trigliceridi e in lipoproteine ricche in colesterolo.
LIPOPROTEINE RICCHE IN TRIGLICERIDI
Quelle ricche in trigliceridi sono i Chilomicroni e le VLDL.
I Chilomicroni sono composti da trigliceridi al 90 - 95%, il
rimanente 10 % è composto da fosfolipidi, esteri del colesterolo,
colesterolo libero e apolipoproteine, di cui le apolipoproteine A1
e C sono le più abbondanti. Le VLDL contengono il 50 - 65% di
trigliceridi, un po' di più di esteri del colesterolo rispetto ai
Chilomicroni (8-14 %), fosfolipidi (12-16 %) e colesterolo libero
(4-7 %) e dal 5 a 10% di apolipoproteine. Le principali
apolipoproteine sono quelle del gruppo C , la B-100 e la E.
LIPOPROTEINE RICCHE IN COLESTEROLO
Le lipoproteine ricche in colesterolo sono le LDL e le HDL.
Le LDL sono composte al 35 - 45% da esteri del colesterolo, ancora
hanno un 6 - 15% di colesterolo libero, mentre i trigliceridi sono
solo il 5 - 6%, ancora si hanno 22 - 26% di fosfolipidi e 22 - 26%
apolipoproteine di cui la maggior parte è rappresentata
dall’apolipoproteine B-100. Le HDL hanno il 25% di fosfolipidi,
colesterolo libero, trigliceridi ed esteri colesterolo
contribuiscono rispettivamente al 5%, 7% e 10%, il rimanente 45%
è composto da apolipoproteine, principalmente A1; sono presenti
anche, in piccola quantità, AII, AIV, apolipoproteine del gruppo C e
apo E. Infine le lipoproteine a densità intermedia, IDL, sono
composte al 25 - 40% da trigliceridi, 20 - 35% da esteri di
colesterolo, 10% da colesterolo libero, 20% da fosfolipidi. Le
apolipoproteine rappresentano il 12 - 16% e sono soprattutto di
gruppo B-100 e poi anche di gruppo C e di gruppo E.
Le lipoproteine vengono suddivise, in base alla loro
densità, in cinque classi: le HDL, che sono a densità alta e
hanno un diametro piccolo, le LDL, che sono a densità
bassa, le IDL, a densità intermedia, le VLDL a densità
molto bassa e i Chilomicroni, a densità ancora più bassa e
di dimensioni molto grandi.
APOLIPOPROTEINE
Esistono differenti tipi di proteine di superficie dette
apolipoproteine. Esse sono contenute in differenti percentuali a
secondo delle lipoproteine; in particolare, le VLDL contengono 5 10% di apolipoproteine che sono soprattutto del gruppo B-100 e
del gruppo C, le LDL contengono soprattutto B-100, le HDL
soprattutto AI.
Le apolipoproteine hanno tre funzioni principali:
1) agiscono come elementi strutturali;
2) servono come legandi per recettori specifici delle lipoproteine ed il
legame delle apolipoproteine a questi recettori è il primo passo nell’uptake
delle lipoproteine dalle cellule, per esempio le B-100, si legano ai recettori
delle LDL;
3) attivano enzimi e giocano un ruolo essenziale nel metabolismo dei
lipidi, come ad esempio l’apo AI e l’apo C I. L’apo A I e l’apo C I, infatti,
attivano l’enzima Lecitin colesterol Acetil trasferasi (LCAT) che media la
esterificazione del colesterolo libero nelle particelle HDL.
I Chilomicroni sono prodotti dalla mucosa del piccolo intestino durante l’assorbimento
di cibi contenenti grassi a partire dai lipidi provenienti dalla dieta e dalla apoB48 secreta
dalle cellule intestinali e indispensabile per l’integrità strutturale dei chilomicroni. Essi
raggiungono il plasma attraverso il dotto toracico e il metabolismo iniziale si verifica nel
letto capillare dei tessuti extraepatici. Appena secreti i Chilomicroni nascenti sono
deficienti in apo C, l’acquisizione dell’apo C dalle HDL facilita il loro metabolismo da
parte della lipoprotein-lipasi (LPL) legata ai capillari, infatti l’apo CII è un cofattore
essenziale per questo enzima. L’enzima idrolizza i trigliceridi dei Chilomicroni; gli acidi
grassi così prodotti sono assorbiti dalla cellula per l’immagazzinamento di energia e per
usi strutturali e di biosintesi; le apo A e la maggior parte delle apo C dei Chilomicroni
sono trasferite alle HDL durante questo passaggio. Le particelle rimanenti nel plasma, i
cosiddetti Chilomicroni remnant, sono di grandezza ridotta, contengono meno
trigliceridi e sono relativamente arricchiti in esteri di colesterolo. I Chilomicroni
remnants sono rapidamente assorbiti dagli epatociti e questo assorbimento è mediato dai
recettori presenti sulle cellule epatiche che legano l’Apo E presente sui chilomicroni;
questo legame può avvenire a condizione che l’Apo C sia stata ceduta all’HDL; infatti
l’Apo C maschera l’Apo E e impedisce il legame dei Chilomicroni con l’epatocita;
questo è importante per impedire una captazione epatica troppo precoce. Quindi i
Chilomicroni servono a trasportare i trigliceridi di origine dietetica dall’intestino ai
tessuti extraepatici. Le particelle rimanenti di Chilomicroni hanno la loro destinazione
finale nel fegato e sono veicolo per il trasporto di colesterolo proveniente dalla dieta.
Le VLDL si formano sul fegato che sintetizza l’Apo B 100, costituente proteico delle VLDL,
e ingloba i trigliceridi endogeni; appena secrete le VLDL contengono pochissimi esteri del
colesterolo, in seguito gli esteri prodotti nelle HDL dall’enzima Lecitin colesterol Acetil
trasferasi (LCAT) vengono trasferiti alla VLDL attraverso l’azione di una proteina di
trasferimento degli esteri di colesterolo (CETP). Nella circolazione il metabolismo iniziale
delle VLDL è simile a quello dei Chilomicroni; infatti, in seguito all’acquisizione dell’apo C
II (il cofattore essenziale per l’enzima lipoprotein-lipasi) dalla HDL, i trigliceridi vengono
idrolizzati dalla LPL nei capillari dei tessuti periferici, gli acidi grassi liberi che ne risultano
sono assorbiti nel parenchima cellulare. Le particelle rimanenti nel plasma sono denominate
VLDL remnant o IDL. Il metabolismo delle IDL è rapido e di conseguenza la loro
concentrazione nel plasma è normalmente bassa. La maggior parte dell’apo C contenuta
nell’IDL è restituita alla HDL, quindi circa la metà delle IDL sarà assorbita dal fegato per
mezzo di specifici recettori, i recettori apo B100/E che sono capaci di riconoscere sia le apo
E presenti sulle IDL che le apo B100 presenti sulle LDL. Le IDL sono, quindi, catabolizzate
in maniera irreversibile dal fegato. Il resto delle particelle IDL viene convertito dal fegato in
LDL. Il meccanismo preciso di questa conversione non è conosciuto ma l’enzima lipasi dei
trigliceridi
epatica,
HTGL,
dovrebbe
giocare
un
ruolo
fondamentale.
Un substrato importante nella formazione epatica dei trigliceridi endogeni sono gli acidi
grassi liberi (FFA); la secrezione di VLDL può essere incrementata sia da una incremento del
flusso degli FFA nel fegato, sia da una incrementata sintesi degli FFA dal fegato. La velocità
della sintesi epatica di trigliceridi dagli FFA varia al variare della dieta: una dieta ad alto
contenuto di carboidrati, che induce la sintesi epatica di trigliceridi a partire dal glucosio
dietetico, dà luogo alla formazione di VLDL pari a 100 g al giorno; mentre una dieta ad alto
contenuto in grassi può produrre solo 25 g al giorno di VLDL.
Le LDL, ottenute dalla conversione epatica delle IDL, sono le
principali sorgenti di colesterolo per le cellule extraepatiche che
richiedono colesterolo per le membrane cellulari e per altri scopi
biosintetici. Le LDL sono anche una sorgente di colesterolo per
il fegato, infatti il 50% delle uptake delle LDL è effettuato dal
fegato. Sia nel fegato che nei tessuti extraepatici, l’assorbimento
delle LDL è mediato per lo più dai recettori delle LDL.
Questi recettori riconoscono e legano l’apo B-100 che è espressa
sulla superficie delle LDL. Una volta legate le LDL vengono
immesse per mezzo dell’endocitosi in un lisozima e al suo
interno avviene una degradazione enzimatica delle LDL con
liberazione di colesterolo libero che entra nel citoplasma della
cellula ed è conservato o convertito ad altri composti o usato per
le membrane cellulari;
Il recettore delle LDL è riciclato. L’attività dei recettori LDL è importante nel
determinare la velocità del catabolismo delle LDL. Esiste anche una via di
captazione non legata ai recettori. Una autoregolazione del contenuto di
colesterolo libero delle cellule è ottenuta dal controllo della sintesi e
dell’espressione dei recettori delle LDL. Concentrazioni cellulari alte di
colesterolo inibiscono la sintesi dei recettori e viceversa. Il colesterolo derivato
dalle LDL regola anche l’attività di due enzimi che modulano la quantità di
colesterolo libero intracellulare. Il primo di questi l’Acil colesterol Acil trasferasi
(ACAT) agisce trasformando il colesterolo libero in esteri di colesterolo. Alti
livelli di colesterolo incrementano l’attività di questo enzima, riducendo il
contenuto intracellulare di colesterolo libero, mentre bassi livelli di colesterolo
intracellulare risultano in una ridotta attività di questa enzima. Il secondo enzima
che viene influenzato da livelli intracellulari di colesterolo è l’idrossi-metilglutaril-coenzima A reduttasi (HMGCoA reduttasi). Quest’ultimo è una tappa
limitante nella sintesi del colesterolo e quindi un punto naturale di controllo per la
sua sintesi, alti livelli di colesterolo inibiscono questo enzima riducendo la sintesi
denovo del colesterolo dalle cellule, mentre bassi livelli di colesterolo risultano in
un incremento dell’attività HMGCoA redutt asi e quindi in un incremento della
sintesi del colesterolo.
L’HDL trasporta il colesterolo dalle cellule extraepatiche al fegato. Il
primo gradino nel processo è il legame dell’HDL alla superficie delle
cellule, questo è mediato dai recettori per l’apo I. L’HDL, in maniera
diversa dalle LDL, non è assorbito dalle cellule; il colesterolo libero,
derivato dalle cellule, è esterificato dalla LCAT e trasferito nel core delle
particelle HDL nascenti lasciando il sito attivo dell’enzima libero di
ricevere ulteriore colesterolo libero. Una conseguenza dell’acquisizione di
esteri del colesterolo è la trasformazione della HDL da un disco in una
sfera. Poiché la LCAT esterifica il colesterolo in maniera istantanea le
quantità plasmatiche della HDL nascente (le particelle a forma di disco
della HDL) sono scarse. Le particelle nascenti, inoltre, acquisiscono apo A
I e perdono apo E. Il colesterolo viene così trasportato al fegato, questo
movimento di colesterolo dal tessuto extraepatico al fegato è chiamato
trasporto inverso del colesterolo per distinguerlo dal trasporto del
colesterolo dal fegato ai tessuti periferici che è fatto dalle VLDL e dalle
LDL. L’importanza del trasporto inverso giace nel fatto che il fegato è
l’organo principalmente responsabile delle escrezione del colesterolo dal
corpo e regola, quindi, i livelli di colesterolo plasmatico. L’HDL può anche
agire come sorgente del colesterolo per le VLDL e per le LDL.
L’iperlipidemia è definita come la presenza di concentrazione di
colesterolo e/o trigliceridi al di sopra dei livelli di desiderabili. Questo è
il risultato di una incrementata concentrazione di uno o più classi di
lipoproteine. Si suole classificare l’iperlipidemia in primaria e
secondaria. La primaria può poi essere classificata per mezzo di una
classificazione fenotipica e di una genetica.
CLASSIFICAZIONE FENOTIPICA ( o di Fredrickson)
Nella classificazione fenotipica sono distinti 6 tipi di iperlipidemia sulla
base delle classi di lipoproteine incrementate. L’iperlipoproteinemia di
tipo I è causata da un marcato incremento nella concentrazione di
Chilomicroni; il tipo II A è un incremento delle LDL, nel tipo II B c’è
un incremento di LDL e VLDL, il tipo III è caratterizzato da un
incremento delle IDL, nel tipo IV c’è un incremento delle sole VLDL e
nel tipo V un incremento di VLDL e di Chilomicroni. Sebbene questa
classificazione può essere utile nel descrivere la anormalità della
lipoproteina presente, essa non è utile a definire: un particolare
disordine metabolico, la modalità di eredità, il quadro clinico, la terapia;
pertanto è conveniente usare la classificazione genetica metabolica.
CLASSIFICAZIONE GENETICO-METABOLICA
Quest’ultima classificazione separa distinte entità metaboliche
genetiche ed è utile nel determinare la prognosi in termini di
rischio di coronaropatia e di pancreatite e nel determinare anche
la terapia ottimale. Nella classificazione genetica distinguiamo la
ipercolesterolemia comune che è poligenica, l’iperlipidemia
combinata
familiare,
l’ipercolesterolemia
familiare,
l’iperlipidemia di tipo III, l’ipertrigliceridemia familiare, la
sindrome da chilomicronemica, la iperlipidemia HDL e la bsitosterolemia.
IPERCOLESTEROLEMIA POLIGENICA
L’ipercolesterolemia poligenica è causata da un’interazione tra un
fattore genetico multiplo con l’ambiente, soprattutto la dieta. Si ha
un incremento del colesterolo totale delle LDL e un incrementato
rischio di coronaropatia, i segni fisici sono usualmente assenti
nell’ipercolesterolemia comune, a volte sono presenti l’arco
corneale o lo xantelasma palpebrale.
IPERLIPIDEMIA DI TIPO III
Nell’iperlipidemia di tipo III è presente una forma non usuale di apo
E. Al posto dell’apo E3, che è l’isoforma normale dal punto di vista
funzionale dell’apo E, viene sintetizzata l’apo E2 che si lega ai
recettori epatici apo B-100/ E con una affinità molto più bassa di
quanto non faccia l’apo E3. Ne risulta un ridotto catabolismo delle
particelle remnant; l’iperlipidemia compare però, quando al difetto
genetico è associato un difetto nel metabolismo lipoproteico, che
può essere genetico o acquisito come l’ipotiroidismo, il diabete,
l’obesità. Nell’iperlipidemia di tipo III sono presenti xantomi di cui
i più comuni sono quelli tuberosi che colpiscono il gomito e le
lesioni palmari striate; il rischio di malattie cardiovascolari è
aumentato.
IPERCOLESTEROLEMIA FAMILIARE
Nell’ipercolesterolemia familiare il numero e la funzione dei recettori delle LDL
sono ridotti, negli eterozigoti il numero dei recettori è approssimativamente la
metà di quelli presenti nei soggetti normali, negli omozigoti l’attività dei recettori
è molto bassa o assente. Sono state descritte almeno 200 mutazioni che provocano
un danno del recettore. Di conseguenza il pool di LDL catabolizzato ogni giorno è
molto basso e questo porta ad un aumento delle LDL nel plasma. Anche il
Colesterolo sintetizzato dal fegato, venendo a mancare il feed-back, aumenta. La
malattia è trasmessa in maniera autosomica dominante; ovviamente questa
situazione è legata ad un alto rischio di coronaropatia soprattutto in giovane età,
all’età di 50 anni il 50% degli uomini affetti da ipercolesterolemia familiare
eterozigote ha avuto un infarto miocardio. La diagnosi di ipercolesterolemia
familiare è importante perché la malattia non trattata ha una prognosi sfavorevole.
La diagnosi è basata da livelli di colesterolo superiori a 290, xantomi tendinei nel
paziente o nei suoi parenti, storie familiari di infarto a un’età minore di 50 anni,
aumentati livelli di colesterolo in parenti di primo grado; i tendini estensori delle
dita e il tendine di Achille sono le principali localizzazioni degli xantomi tendinei,
anche l’arco corneale è un segno comune ma non è specifico di questo disordine.
IPERLIPIDEMIA COMBINATA FAMILIARE
L’iperlipidemia combinata familiare è un disordine comune in cui
ci può essere l’elevazione dei livelli di VLDL e/o LDL, i livelli di
HDL possono essere bassi. Questa condizione è la conseguenza di
un difetto genetico che causa una incrementata sintesi dall’apo B100, l’apolipoproteina strutturale delle VLDL e delle LDL; in
questa iperlipidemia il rischio di coronaropatia è aumentato.
Caratteristica di questa sindrome è la variabilità fenotipica sia
intraindividuale che intrafamiliare.
IPERTRIGLICERIDEMIA FAMILIARE
L’ipertrigliceridemia familiare è rara nelle sua forma genetica,
la causa genetica è sconosciuta, c’è un aumentato livello di
VLDL e anche di Chilomicroni, la caratteristica fondamentale è
l’ipertrigliceridemia. Una piccola parte di pazienti affetti da
questa ipertrigliceridemia ha una storia di dolori addominali
gravi che sono dovuti alla pancreatite acuta, caratteristici di
questa forma sono gli xantomi eruttivi, (lesioni papulari
giallastre con una base rossastra) che si verificano sulle
superfici estensorie, soprattutto natiche, gomiti e ginocchia;
possono apparire molto rapidamente e risolversi dopo un
periodo di trattamento efficace per ipertrigliceridemia.
SINDROME CHILOMICRONEMICA
La sindrome chilomicronemica ha due basi genetiche distinte
che portano entrambi ad un alterata funzione della lipoproteinlipasi. Il primo difetto genetico è il risultano di deficienza
dell’enzima, mentre il secondo causa deficienza di apo C II che
è un cofattore essenziale delle lipoprotein lipasi, ne risulta un
danno nella clearance dei chilomicroni e a volte un danno
secondario nella rimozione delle VLDL. Caratteristiche cliniche
di questa sindrome sono pancreatiti acute ricorrenti, xantoma
eruttivo, lipemia retinica, epatosplenomegalia, l’eredità è
autosomica recessiva.