Fiume Appunti Vari - ITIS Giovanni XXIII Roma
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I.T.I.S. Giovanni XXIII PARTE PRIMA: ECOSISTEMA FIUME Nota: Gli appunti di questa prima parte sono una guida e un supporto soprattutto per le attività sul campo. Per ogni altro aspetto si rimanda a quanto contenuto nei libri di testo in adozione. INDICE Ecosistema fiume: appunti 1 Ecosistema fiume: appunti 2 Inquinamento batterico dei corpi idrici Ecosistema fiume: indicatori biologici di qualita’ ambientale. Macroinvertebrati bentonici Bacino idrografico Schede di osservazione e misura ECOSISTEMA FIUME: APPUNTI 1 Possibili definizioni di corso d’acqua (ad esempio un fiume) 1. I corsi d’acqua sono un momento della fase terrestre del ciclo dell’acqua. Originano da quella parte di precipitazioni atmosferiche che, raggiunta la superficie terrestre, vi permane come acqua di scorrimento superficiale, direttamente o dopo aver partecipato alla circolazione idrica sotterranea. Le acque si riuniscono in rivoli di portata sempre maggiore, formando una rete che drena tutta la superficie del bacino idrografico (definizione che privilegia un punto di vista di tipo geochimico). 2. I corsi d’acqua sono masse d’acqua in movimento che scorrono ininterrottamente verso il basso lungo la direzione in cui incontrano minore resistenza (definizione che sottolinea aspetti fisici, idrodinamici). 3. I corsi d’acqua sono soluzioni la cui composizione varia a seconda del bacino drenato, della distanza dalla sorgente, del carico inquinante (definizione prevalentemente chimica, chimico – ambientale). 4. I corsi d’acqua sono ambienti popolati da tipiche comunità di organismi animali e vegetali, che stabiliscono strette relazioni funzionali tra loro e con i fattori chimici e fisici (definizione ecologica). Tutte le definizioni sono valide e utili; nel nostro caso, la più generale e importante è la quarta. Ambiente d’acqua dolce Acque lentiche (lenis = calmo): laghi, stagni, paludi, acquitrini) Acque lotiche (lotis = lavato): sorgenti, ruscelli, torrenti, fiumi Criteri di zonazione. Il fiume come “continuum”. La variabilità spaziale dei fattori che caratterizzano tutti gli ecosistemi rendono necessaria una suddivisione in zone (zonazione) in ognuna delle quali l’insieme delle caratteristiche ecologiche può essere ritenuta, in prima approssimazione, omogeneo. Per una zonazione efficace è fondamentale individuare i principali gradienti (variazione di alcune caratteristiche significative). Per le acque lentiche: 2 gradienti principali Radiale: le zone omogenee sono rappresentabili come una serie di anelli concentrici, dalle rive verso la zona centrale, generalmente più depressa. Verticale (profondità) Per le acque lotiche: 2 gradienti principali peri corsi d’acqua poco profondi, 3 negli altri 1 Appunti di chimica ambientale Giorgio David I.T.I.S. Giovanni XXIII Longitudinale: modificazioni del corso dalla sorgente alla foce, schematizzabili nella successione continua ruscello, torrente, fiume pedemontano, fiume di pianura, foce. Trasversale: modificazioni ambientali dalle rive al filone centrale, dove la velocità della corrente è massima Verticale: importante nei grandi fiumi profondi. Di conseguenza, un corso d’acqua è un mosaico di ecosistemi, caratterizzato dalle diverse condizioni ambientali d’insieme che si succedono con continuità (continuum9 nella direzione della corrente. Principali fattori limitanti dell’ambiente di acqua dolce 1. Temperatura 2. Trasparenza 3. Velocità della corrente 4. Concentrazione di ossigeno e anidride carbonica 5. Concentrazione dei sali biogeni Tra questi, per i corsi d’acqua il principale è la velocità della corrente. Differenze tra acque lentiche e lotiche Nei corsi d’acqua le superfici di contatto acqua – atmosfera e acqua sedimenti sono più ampie: di conseguenza l’ecosistema è più aperto e le comunità sono di tipo eterotrofo più che nelle acque lentiche. La distribuzione dell’ossigeno disciolto nella massa d’acqua è più uniforme. 2 Appunti di chimica ambientale Giorgio David I.T.I.S. Giovanni XXIII ECOSISTEMA FIUME: APPUNTI 2 In termini ecologici il fiume rappresenta un ecosistema, ovvero un’unità funzionale comprendente l’ambiente abiotico e gli organismi viventi che interagiscono tra loro determinando scambi energetici e di materiali. Quest'ambiente di acqua corrente, detto lotico, è caratterizzato dal continuo e rapido flusso di acqua e di altri materiali. La nascita del sistema fluviale è dovuta alle precipitazioni atmosferiche (pioggia, neve, grandine) che cadono su una superficie rocciosa o su un suolo coperto da terra e vegetazione: una parte di quest’acqua evapora, un’altra viene assorbita dal terreno e un’altra, la maggiore in quantità, scorre sulla superficie, andando in questo modo ad alimentare i fiumi. Il maggiore input d'acqua in un corso d’acqua proviene dalla sua area di raccolta, che prende il nome di bacino idrografico e costituisce l’unità di studio dell’ecosistema. Quest’acqua contiene materia inorganica disciolta e particolata proveniente dalle rocce e materia organica proveniente da piante ed animali morti (ad es. le foglie che si staccano dagli alberi in autunno sono di particolare significato energetico per i microrganismi e gli animali acquatici). Input meno naturali, ma spesso con conseguenze ecologiche molto significative, derivano dall’attività dell’uomo: questi comprendono scarichi urbani, acque di dilavamento delle zone agricole, che contengono fertilizzanti e pesticidi, effluenti industriali. Il rapporto tra la quantità delle acque raccolte e convogliate in un corso d’acqua durante un determinato periodo di tempo e la quantità totale delle precipitazioni che in quello stesso periodo sono cadute sulla superficie del suo bacino idrografico (coefficiente di deflusso) è molto variabile da fiume a fiume in relazione all’intensità di caduta delle piogge, alla densità del mantello vegetazionale, all’intensità dell’evaporazione. Negli alvei fluviali si manifestano le azioni morfologiche dei corsi d’acqua con processi di erosione, trasporto, sedimentazione. Un corso d’acqua si può considerare suddiviso in due zone: tratto superiore, zona di erosione, dove l’acqua raschia le rocce, asportandone piccole particelle che vengono trasportate dalla corrente verso la zona di basso corso, zona di deposito, dove queste particelle sedimentano secondo le dimensioni. Caratteristiche delle zone d’erosione e deposito EROSIONE Velocità di corrente elevata Acque ben ossigenate Organismi adattati alle forti correnti DEPOSITO Velocità di corrente bassa Basso contenuto in O2 Organismi adattati a deboli correnti Quindi tutti i materiali che entrano in un corso d’acqua vengono scaricati a mare oppure sedimentano sul letto del fiume o ancora vengono coinvolti nei processi ecologici, trasferendosi lungo le catene alimentari. Fattori abiotici e biotici nell’ecosistema lotico I fattori abiotici (cioè non viventi) che caratterizzano un ecosistema fluviale sono: La corrente, alla quale spetta il compito fondamentale di trasportare il materiale eroso dalle zone a monte fino a quelle a valle e di regolarne la sedimentazione; varia nei diversi tratti del fiume in dipendenza della sezione dell’alveo e della pendenza del fiume; La granulometria del substrato, che va diminuendo da monte a valle e che influenza fortemente le associazioni lotiche; L’ossigeno disciolto: Input di sostanza organica (naturale o ad opera dell’uomo), che provoca una sua diminuzione; 3 Appunti di chimica ambientale Giorgio David I.T.I.S. Giovanni XXIII La turbolenza, il cui aumento fa diminuire la solubilità dei gas; La concentrazione dei sali che spesso aumenta procedendo verso la foce e che può dipendere, oltre che da fattori naturali, da fattori antropici; La materia organica, che può essere disciolta (DOM), particolata (POM) di origine terrestre o acquatica, che può essere ulteriormente diviso in CPOM con diametro >1mm e POM con diametro <1mm. I fattori biotici La complessità e variabilità dei fattori ecologici nei vari tratti del sistema lotico determinano la formazione di un mosaico di biozone lungo i gradienti longitudinali e trasversali, con caratteristici insediamenti faunustici e floristici. Gli organismi delle acque correnti (definiti reici) si possono raggruppare secondo la posizione che occupano nell’ecosistema ed in base al loro comportamento in: Piante, tra cui sono molto diffusi i muschi incrostanti e le alghe. La flora superiore acquatica presenta caratteristici adattamenti alla vita acquatica (assenza di cuticola, forti radici, piccole foglie ecc.).E’ presente anche il fitoplancton, cioè l’insieme delle alghe microscopiche flottanti, cioè trasportate passivamente dalla corrente. Batteri e Funghi, organismi molto importanti nel processo di decomposizione. Animali, classificati in base alle modalità di vita: Neuston, vivono nell’interfacies acqua-aria; Necton, possiedono la capacità di opporsi al moto delle correnti (pesci); Plancton, non sono dotati di movimenti propri e quindi seguono il movimento dell’acqua (Rotiferi, Cladoceri, Molluschi ecc.); Benthos, vivono sul substrato, quindi associati al letto del fiume (Insetti, Crostacei, Molluschi ecc.) Il concetto di continuum del fiume L’elemento base del concetto di Continuum è la dipendenza delle comunità che si trovano nel tratto più a valle dei processi che avvengono a monte. Secondo questo concetto un corso d’acqua viene suddiviso in ordini. a) I primi tre ordini (zona montana) sono caratterizzati da comunità eterotrofiche, in quanto la vegetazione ripariale è in genere molto sviluppata ed impedisce una buona illuminazione del corso d’acqua, limitando così l’attività fotosintetica. Gli organismi vegetali acquatici, d’altra parte, sono poco numerosi a causa della notevole turbolenza dell’acqua. Il rapporto tra P/R risulta minore di 1. Inoltre il rapporto tra sostanza organica grossolanamente particolata (CPOM) e finemente particolata (FPOM) è massimo, poiché in questa zona è molto importante l’input di materiale organico vegetale che proviene dalla fascia ripariale. Prevalgono le catene alimentari di detrito. b) Dal quarto al sesto ordine (zona collinare) il fiume va gradatamente aumentando di larghezza, per cui la vegetazione ripariale influenza molto meno la penetrazione della luce nell’acqua, quindi nelle zone poco profonde si possono sviluppare macrofite acquatiche. In questo tratto di fiume le comunità sono essenzialmente autotrofiche (P/R>1). Si abbassa anche il rapporto CPOM/FPOM e sempre più importanza assume il trasporto dalle zone a monte di materiale organico. Prevalgono le catene di pascolo. c) Dal settimo ordine in poi (fino ad un massimo di 14) il fiume diventa sempre più largo e profondo (zona di pianura) e in questo tratto di nuovo si riduce la possibilità di penetrazione della luce nell’acqua; ma in questo caso ciò è dovuto alla torbidità dell’acqua, perché il fondo è costituito da particelle molto più fini (sabbia, limo ecc.) che vengono portate in sospensione. Il rapporto CPOM/FPOM si abbassa ulteriormente, perché il materiale trasportato dalle zone a monte è finemente particolato. Il fiume torna ad essere un sistema eterotrofico (P/R<1). 4 Appunti di chimica ambientale Giorgio David I.T.I.S. Giovanni XXIII Prevalgono le catene di detrito (basate in questo caso su materiale fine FPOM e non, come a monte, su CPOM). Si evidenzia facilmente come le catene alimentari di detrito siano molto importanti in questo ecosistema e come, pertanto, per il suo ottimale “funzionamento” sia vitale l’apporto di sostanza organica morta proveniente dalle zone a monte e dal bacino imbrifero. 5 Appunti di chimica ambientale Giorgio David I.T.I.S. Giovanni XXIII INQUINAMENTO BATTERICO DEI CORPI IDRICI L’acqua che cade sulla superficie terrestre filtra attraverso rocce e terreno, fino a che incontra uno strato impermeabile, o raggiunge il livello del mare e comincia a scorrere in senso orizzontale tracciando canali di scorrimento sotterranei (falde acquifere). Lungo il percorso, l’acqua, in base al suo potere solvente, scioglie minerali, che trasporta con sé fino al mare, la cui quantità e qualità dipendono dalla natura geologica del terreno e dalla composizione chimica delle rocce. Fin dal primo impatto con il suolo, l’acqua raccoglie una grande quantità di microbi trasportandoli con sé finché non troverà dei “letti filtranti”, di rocce che ne bloccheranno il passaggio. Le acque superficiali, quindi, saranno più ricche di microbi rispetto a quelle profonde che hanno avuto maggiori probabilità di filtrazione. I microbi che vivono nel terreno non sono patogeni per l’uomo e gli animali, ma nel terreno si riscontrano alcune forme microbiche e soprattutto sporali che provengono dai rifiuti dell’uomo e degli animali. L’acqua, quindi, deve essere considerata come il vettore per eccellenza di malattie ed epidemie di natura: BATTERICA (febbre tifoidea, colera, dissenteria); PROTOZOARIA (amebiasi, giardiasi); ELMINTICA (ascardiosi, ossiurosi, filariasi, anchilostomiasi). Cisti di protozoi e uova di elminti: hanno dimensioni notevoli, di norma non si trovano in acque che abbiano subito una filtrazione naturale, anche grossolana. I batteri sono molto piccoli: passano attraverso i filtri naturali e possono trovarsi anche in acque molto profonde. Lo scopo dell’esame batteriologico delle acque è di mettere in evidenza quei microrganismi che esprimono il diverso grado di inquinamento delle acque, in relazione a fattori di origine ambientale, animale e umana. L’esame batteriologico delle acque si effettua in laboratorio, coltivando su mezzi selettivi di coltura i m.o. contenuti nei campioni di acque prelevati nelle zone da esaminare. Non essendo possibile coltivare in laboratorio i m.o. patogeni, si utilizzano gli indicatori batterici di inquinamento. Gli indicatori batterici di inquinamento sono non patogeni ma, essendo contenuti in elevata quantità nel materiale fecale di origine animale o/e umana, fungono da “spia” della probabile presenza di m.o. patogeni. Piccole quantità di batteri fecali, possono anche giungere in acque molto protette, senza comprometterne la fruibilità; infatti, in alcuni tipi di acque, vengono tollerati determinati valori limite, fissati dalle autorità competenti. L’esame batteriologico dell’acqua si basa di norma sulla ricerca di batteri ospiti abituali dell’intestino: COLIBACILLI STREPTOCOCCHI FECALI ANAEROBI SPORIGENI (Clostridium welchii). La presenza di questi m.o. nell’acqua non costituisce di per sé un pericolo di infezione, ma indica che l’acqua è inquinata da materiale fecale e che possono anche esservi batteri patogeni. Il mezzo più adatto per svelare un inquinamento fecale è la ricerca dei colibacilli, ma è indispensabile una identificazione tale da differenziare gli stipiti fecali da quelli ambientali (suolo, vegetazione). 6 Appunti di chimica ambientale Giorgio David I.T.I.S. Giovanni XXIII Gli streptococchi fecali sopravvivono per breve tempo nell’acqua e rappresentano un indice di infiltrazione fecale in atto o recente. I colibacilli, che possono vivere un certo tempo nell’acqua senza perdere la caratteristiche fecali; rappresentano infiltrazioni non più in atto (indirette). Le spore degli anaerobi, molto resistenti, indicano inquinamenti di vecchia data. Un solo esame non può dare un concetto esatto sullo stato di purezza di un’acqua: è necessario ripetere i controlli più volte, in stagioni e condizioni meteoriche diverse, e comparare i risultati. Le buone acque mantengono costante la loro “facies microbica”. 7 Appunti di chimica ambientale Giorgio David I.T.I.S. Giovanni XXIII ECOSISTEMA FIUME: INDICATORI BIOLOGICI DI QUALITA’ AMBIENTALE MACROINVERTEBRATI BENTONICI (vedi tesina di Alessandra Trasatti, 2004, disponibile su CD) INTRODUZIONE Intervallo di tolleranza Le caratteristiche fisiche e chimiche degli ambienti naturali variano in modo tale che le popolazioni sono in grado di adattarsi soltanto ad un intervallo relativamente stretto di condizioni ambientali. L’intervallo fisiologico di tolleranza di una popolazione comprende tutte le condizioni alle quali gli individui possono sopravvivere. Condizioni estreme, al di fuori dei limiti di tolleranza, sono letali. Gli intervalli di tolleranza cambiano con l’evoluzione della specie per adattarsi alla variazione delle condizioni che sono normalmente incontrate dalla popolazione. Fluttuazioni nelle condizioni ambientali determinano occasionalmente situazioni letali, che gli individui non possono fronteggiare. Maggiore è la costanza delle condizioni ambientali più stretto è l’intervallo di tolleranza della popolazione. La morfologia degli organismi è strettamente legata al loro modo di vita e alle condizioni ambientali in cui vivono (vedi concetto di forma – funzione). Le condizioni ambientali limitano la presenza delle forme viventi. Fattori limitanti. Ogni organismo per sopravvivere e svilupparsi in un dato ambiente deve poter disporre delle sostanze che gli sono necessarie per vivere e riprodursi: Le sostanze essenziali (macro e micronutrienti) variano a seconda della specie e dell’ambiente. Se sono disponibili in quantità prossime al cosiddetto “punto critico” diventano fattori limitanti: la scarsa disponibilità limita o impedisce la crescita e lo sviluppo della popolazione interessata 1 (legge “del minimo” di Liebig). La presenza e il successo di un dato organismo in un dato ambiente dipendono dalla armonica presenza di un dato complesso di condizioni: L’assenza o l’insuccesso di un organismo possono essere controllati dalla insufficienza o dall’eccesso di uno dei tanti fattori che si avvicinano al limite di tolleranza per quel dato organismo (legge della “tolleranza” di Shelford). Gli organismi hanno un minimo e un massimo ecologico, compresi in un intervallo che rappresenta il limite di tolleranza. Può succedere che, sebbene tutti i fattori fisici siano nei limiti di tolleranza, l’organismo non si sviluppi: questo è il risultato di interrelazioni biologiche. Organismi steno e euri Gli organismi possono avere un ampio intervallo di tolleranza per un fattore, e un intervallo stretto per un altro. Gli organismi con ampi intervalli per tutti i fattori sono ovviamente quelli più largamente diffusi. Se per una data specie le condizioni di un singolo fattore ecologico non sono quelle ottimali, i limiti di tolleranza per altri fattori risultano più bassi. Per esprimere il grado di tolleranza (relativo a un fattore) si usano i prefissi steno (che significa stretto) euri (che significa ampio. Gli organismi si adattano all’ambiente e contemporaneamente lo modificano secondo le loro necessità, in modo da contenere gli effetti limitanti della temperatura, della luce e altri fattori fisici. 1 Il concetto di fattore limitante, introdotto da Liebig nel caso di concentrazione di nutrienti troppo bassa, si applica anche a tutti i fattori fisici e chimici dai quali dipende la crescita e lo sviluppo di una popolazione. 8 Appunti di chimica ambientale Giorgio David I.T.I.S. Giovanni XXIII Spesso fattori specifici determinano in modo specifico gli organismi presenti in un dato ambiente, per cui è possibile risalire all’ambiente fisico in base agli organismi presenti (soprattutto se questi fattori sono difficili da misurare direttamente. L’insediamento degli organismi in un dato ambiente non è dovuto ai singoli fattori presi indipendentemente: gli organismi sono adattati alla situazione di equilibrio (omeostasi dinamica) derivante dalle interazioni tra i fattori stessi. Per questo motivo ogni fenomeno che alteri l’equilibrio dell’ecosistema si riflette sulla struttura della comunità. INDICATORI E INDICI BIOLOGICI – L’INDICE E.B.I. Indicatore biologico: organismo che, per alcune sue caratteristiche, viene usato per valutare e prevedere gli effetti di varie cause di stress ambientale (valutare la qualità ambientale). Come indicatori le specie steno funzionano meglio delle specie euri, ma non sono le più abbondanti nella comunità. Generalmente specie più grandi sono migliori indicatori di specie piccole, perché queste hanno un turn-over troppo elevato. I rapporti numerici fra specie, popolazioni e comunità sono indicatori più attendibili del numero di individui della singola specie, poiché le condizione effettive dell’ambiente vengono espresse meglio dal tutto che da una parte. Indice biologico (biotico) di qualità ambientale: si ottiene integrando le informazioni provenienti da più indicatori. In termini pratici, è il valore assegnato su una scala convenzionale – spesso numerica -che descrive i diversi livelli di qualità considerati (es: indice E.B.I. per i macroinvertebrati bentonici). Indici biotici e analisi chimiche Le informazioni ricavate attraverso gli indicatori biologici e le analisi chimiche sono complementari, e devono essere integrate: il metodo chimico determina valori che sono significativi nel momento e nel luogo in cui le misure sono state effettuate (misure “puntuali”); la loro importanza è legata al fatto che permettono di quantificare l’eventuale carico inquinante presente (concentrazione), e quindi di risalire alle possibili cause dell’inquinamento; il metodo biologico valuta la qualità ambientale, e quindi l’eventuale impatto negativo che gli inquinanti determinano sull’ecosistema acquatico; l’informazione fornita è di tipo sistemico, integrato: la validità delle informazioni ottenute non è limitata solo al momento e al punto della misura, perché la qualità ecologica è il risultato dell’andamento nel tempo e nello spazio dei fattori ambientali da cui dipende; non fornisce, ovviamente, indicazioni sulle eventuali cause di inquinamento. I macroinvertebrati bentonici sono buoni indicatori della qualità ambientale perché: comprendono organismi con esigenze ecologiche diverse, e quindi permettono una vasta scelta di specie indicatrici; essendo poco mobili non possono sottrarsi all’azione degli inquinanti: la scomparsa di alcune specie e la comparsa di altre è una risposta fedele alle mutate condizioni ambientali; data la complessa interdipendenza tra le specie, gli effetti su una di esse si ripercuotono anche sulle altre, alterando la struttura di tutta la comunità. QUALITA’ DI UN CORSO D’ACQUA BUONA Presenza di organismi sensibili Elevato numero di specie presenti CATTIVA Prevalenza di organismi tolleranti Poche specie presenti 9 Appunti di chimica ambientale Giorgio David I.T.I.S. Giovanni XXIII Distribuzione omogenea del numero di individui Alcune specie sono presenti con un numero di tra le specie individui nettamente superiore alle altre CONSEGUENZE PROVOCATE SUI MACROINVERTEBRATI BENTONICI DA UN FATTORE DI DISTURBO (esempio: scarico fognario) Scomparsa di specie sensibili Incremento nel numero di individui delle specie resistenti Di conseguenza: condizioni di cattiva qualità ambientale, con conseguente impoverimento dei popolamenti acquatici. 10 Appunti di chimica ambientale Giorgio David I.T.I.S. Giovanni XXIII Bacino idrografico e bacino idrogeologico (adattato da M. De Simone, 2003) Un bacino idrografico, detto anche bacino imbrifero, è la porzione di terra emersa che contribuisce con le sue acque ad alimentare un fiume, o un torrente, o un ruscello. E’ delimitato dalla linea spartiacque, che lo separa dai bacini adiacenti, e racchiude al suo interno un sistema fluviale o reticolo idrografico. Quindi bacino idrografico è “il territorio dal quale le acque pluviali o di fusione delle nevi e dei ghiacciai, defluendo in superficie, si raccolgono in un determinato corso d’acqua direttamente, o indirettamente a mezzo di affluenti”, comprende “il territorio che può essere allagato dalle acque del medesimo corso d’acqua, compresi i suoi rami terminali con le foci in mare ed il litorale marittimo prospiciente; qualora un territorio possa essere allagato dalle acque di più corsi d’acqua esso si intende ricadente nel bacino idrografico il cui bacino imbrifero montano ha la superficie maggiore” (Legge 18 maggio 1989 n, 183). Bacino idrografico (o imbrifero) è diverso da bacino idrogeologico, come è illustrato dalla figura seguente: 11 Appunti di chimica ambientale Giorgio David