Rimorchiatori a Genova

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Rimorchiatori a Genova
Rimorchiatori a Genova
di Paolo Gagliolo
Storia
Genova ed il suo Porto, un binomio inscindibile.
Senza il porto non esisterebbe questa città,
la cui storia si è sviluppata tutta sul mare.
Ancora oggi, però, nonostante molte
barriere siano state finalmente abbattute, la sua vita rimane ancora sfumata, avvolta da un alone quasi di mistero: eppure è il motore principale della
nostra economia, oltre che storia, vediamone quindi un altro aspetto.
Sicuramente tutti avremo visto, da terra, le grandi navi avvicinarsi accompagnate da imbarcazioni al confronto
minuscole, ma dall’aspetto grintoso.
A guardare meglio, con la mano a visiera sulla fronte per proteggerci dai
raggi solari, scopriamo che le guidano
con cavi che sembrano sottili come i
fili di una ragnatela verso un porto che,
Storia
seppur grande, è per le loro dimensioni, angusto ed affollato.
Comunque visto così, passeggiando
sul lungomare in una calda ed assolata giornata estiva, non sembra neppure un compito molto impegnativo, Eh
si, è proprio vero, che come dicevano
i vecchi, che “chi l’è in tera predica e
chi è l’è in ma navega!” (Chi è in terra predica, chi è in mare naviga!). Proviamo invece a pensare a quelle giornate con tanto bel vento, con mare formato e risacca, oppure a navi con difficoltà di manovra per caratteristiche
o avarie, tutte con il loro carico di allegri turisti oppure di merci perico-
In queste pagine foto d’archivio
della Rimorchiatori Riuniti.
lose, alla pioggia forte, alla nebbia e
così via: allora il quadro cambia e tutto, anche le manovre più semplici, diventano difficili e pericolose.
Certo oggi la tecnologia ci viene in
aiuto: sistemi satellitari di posizionamento, radar, radio (grazie ancora
Marconi), motori pronti e potenti
contribuiscono alla salvaguardia della vita umana e scongiurano disastri.
Una volta invece cosa succedeva?
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L’uomo ha sempre navigato: per necessità, sete di conoscenza o voglia di
avventura. Prima con barche a remi,
sempre più grandi e poi, quando è riuscito a catturare il vento a tutte le andature, con piccoli equipaggi senza
più limiti. Ma come facevano le grandi navi dei secoli scorsi a risolvere i
loro problemi di manovra? Perizia ed
abilità di comandanti e timonieri se il
vento era favorevole, oppure … la forza delle braccia!
A bordo vi erano varie lance con compiti diversi, per esempio quella del
comandante, quelle per l’acquata e
quelle adibite al rimorchio, lunghe anche più di dieci metri, a volte provviste di grosse pulegge a poppa ed a
prua. In genovese erano le “barcasse”
i primi rimorchiatori a remi, sostantivo da cui derivò anche il verbo “barcassare”, ed erano le grosse barche
usate anche in mare aperto nelle temute calme di vento. Non era certo
un compito facile, ma sino all’avvento del vapore non c’erano alternative.
Occorre dire che i porti non erano come li vediamo oggi, sfruttavano il più
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possibile un riparo naturale e le navi
erano alla fonda al loro interno: dighe, banchine e moli arriveranno in
un secondo momento ed in modo graduale. Anni fa mi trovavo in un porticciolo turistico della Costa Azzurra durante i festeggiamenti per St. Erasmo ed in una delle tante mostre, in
mezzo a foto antiche e quadri votivi,
notai una frase scritta chiaramente in
genovese che recitava: “i mainè de san
Remmu intran in portu sensa remmu”
(i marinai di Sanremo entrano in porto senza remo), chiesi spiegazioni e
mi dissero che i liguri, nell’antichità,
godevano fama di saper manovrare
anche in porto con il solo ausilio delle vele! Altri tempi!
Anche il porto di Genova non faceva
eccezione, all’inizio era solo un’insenatura naturale e la sua attività, già nota nel V secolo a.C., si è estesa dal Mandraccio sempre più verso ponente servendo i commerci della città sino ad
oggi. Non dimentichiamoci di quanto genovese c’era nel passato nella lingua franca usata nel Mediterraneo.
Venne poi il vapore e nell’800 le cose
cambiarono, lentamente ma inesorabilmente. Un’epoca gloriosa, anche se
dura e pericolosa si stava avviando
verso il tramonto. Le condizioni di
vita a bordo non erano certo quelle
dei grandi liners da crociere tutto
compreso, ma le navi erano costruite
solo dalla mano dell’uomo, con attrezzi artigianali, sotto la guida di sapienti mastri d’ascia e venivano percepite come una cosa viva, e comandanti ed equipaggi potevano contare
solo sulla loro perizia ed esperienza.
Poco per volta la tecnologia ha affrancato l’uomo che in mare vive e
lavora dalle fatiche e dalle incertezze di una forza motrice affascinante
ma spesso imprevedibile, il motore,
quindi, prima a vapore e poi a scoppio, ha sancito la nascita della moderna marineria e di conseguenza anche dell’attività del rimorchio. I porti si attrezzavano rubando spazio al
mare e le navi diventavano sempre
più grandi rendendo questa attività,
divenuta ormai indispensabile, sempre più specializzata.
Vediamo ora cosa accadeva nel por-
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to di Genova: sino alla fine dell’800 il
servizio era gestito da alcuni armatori in concorrenza tra loro. Questi,
nel 1902, si unirono in una “Società
dei Rimorchiatori Genovesi”, nell’intento di offrire un servizio migliore
e di garantire alle navi in arrivo una
più ampia disponibilità di mezzi. In
seguito, come ci illustra Giovanni Delle Piane presidente della Rimorchiatori Riuniti SpA, per far fronte al costante sviluppo marittimo, entrò
un’altra compagnia, la “Società Rimorchiatori Italiani” e così, nel 1922,
fu fondata la “Società Rimorchiatori
Riuniti”, tuttora presente con le sue
piccole ma potenti navi arancione.
Fondamentali per l’attività del porto,
non solo accolgono le navi in arrivo
o le scortano in mare aperto in qualunque condizione meteo, ma danno
assistenza in caso di incendio, riversamento di petrolio o altra situazione che possa mettere in pericolo la sicurezza delle navi e del porto.
A questo punto ci rechiamo nella prestigiosa sede di via Ponte Reale, a pochi metri da Palazzo San Giorgio, e
chiediamo direttamente a Gregorio
Gavarone, in qualità di presidente della Rimorchiatori Riuniti Porto di Genova Srl, di illustrarcene l’attuale
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struttura: “dalla sua fondazione la società ha sempre svolto il servizio di
rimorchio nel porto di Genova e progressivamente è entrata anche nel settore del rimorchio d’alto mare, inviando i suoi rimorchiatori oceanici
in tutti i mari del mondo. Nel 1986 la
Compagnia si è data un assetto più in
linea con le rinnovate esigenze del
mercato, attraverso il miglioramento
e la specializzazione sia del personale che dei mezzi. Le diverse attività,
come il servizio di rimorchio portuale, il rimorchio d’alto mare, le varie
forme di assistenza offshore, i servizi antinquinamento ed altri ancora,
sono stati distinti in specifiche divisioni, ognuna delle quali gestisce il
Giovanni Delle Piane, presidente
della Rimorchiatori Riuniti SpA,
Gregorio Gavarone, presidente
della Rimorchiatori Riuniti Porto
di Genova Srl.
Sotto: Andrea De Gaetano
dell’Ufficio Armamento.
suo particolare settore. Il gruppo oggi dispone di una moderna flotta di
33 unità con una vita media di circa
quattro anni, e sono ormai più di cento quelle che hanno prestato servizio
presso la nostra Società. Il gruppo ha
costantemente sviluppato il raggio
delle sue attività, entrando in joint
venture con altre compagnie italiane
e straniere, fino ad allestire navi antinquinamento in collaborazione con
il Governo Italiano ed estendendo i
suoi interessi in Africa Occidentale
ed in Sud America, oltre a gestire un
bacino di carenaggio per navi di media stazza”.
Veniamo così a scoprire, parlando con
Andrea De Gaetano, dell’Ufficio Armamento, un altro primato di Genova: oltre ad avere uno dei porti turistici più antichi d’Italia, il Duca degli Abruzzi, vanta il primo bacino
di carenaggio costruito in Italia. Il
re Carlo Alberto, con decreto del 21
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agosto 1845, approvava la costruzione di un bacino di carenaggio che
doveva servire principalmente per la
Marina Militare, ed il Principe Eugenio di Carignano, allora comandante della Regia Marina, affidava il
progetto ed i lavori al colonnello del
genio Damiano Sauli. Vennero fatte
indagini in varie località, ma nessuna risultò più conveniente di Genova, e precisamente nello stabilimento militare interno alla Darsena.
Completato nel 1851 e posizionato
nel centro storico della Città, è tuttora operante ed i suoi 60 metri di
lunghezza sono ben visibili dall’attiguo nuovo porto turistico, ma
quanti ne conoscono la storia?
Quanti sanno che lì vicino, a Ponte
Morosini, dall’Istituto Idrografico
della Marina, altra gloriosa istituzione istituita il 26 dicembre 1872 con
sede nel Forte San Giorgio, viene rilevato il livello medio ufficiale delle
acque italiane? Anche il RINA ha la
propria sede centrale a Genova fin
dalla sua fondazione nel 1861. Lo
Yacht Club che si trova nel porticciolo Duca degli Abruzzi, fondato
nel 1879, è il più antico del Mediterraneo. La Federazione Italiana Vela
ha sede qui, per non parlare poi delle Compagnie di Navigazione, che
tanta parte hanno avuto nella storia
del nostro paese. D’altronde la prima
carta nautica, firmata da Petrus Visconte de Janua, risale al 1311! Non
dobbiamo inoltre dimenticare che la
solidarietà è fortemente sentita dai
marinai ed allora dovremmo citare
Associazioni e Confraternite, ma ci
limitiamo a menzionare la “Stella Maris”, dell’Apostolato del Mare fondata in piazza san Matteo, la cui sede nazionale è ancora nella nostra città.
Anche il porto più tecnologico, però,
non può prescindere dall’elemento
umano, fatalmente gli incidenti o gli
imprevisti sono sempre in agguato. E
quando si verificano, solo la competenza, e spesso il coraggio, di comandanti ed equipaggi impediscono a questi di trasformarsi in tragedia. Cosa
sarebbe successo quando, nel luglio
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del 1981, un fulmine colpì la super petroliera giapponese “Hakuyoh Maru”
nel Porto Petroli di Multedo incendiandola, se tutti i lavoratori portuali
ed i rimorchiatori non si fossero attivati immediatamente facendo uscire
in poco tempo ben cinque petroliere
dal porto, dove pure un pontile aveva preso fuoco, inondandola di schiuma antincendio e poi raffreddando le
lamiere roventi con le loro spingarde
capaci di duemila tonnellate d’acqua
all’ora? Il rischio di esplosione era sicuramente elevato, sia per loro che per
il centro abitato! E se nel 1991 la Haven, già in preda alle fiamme e senza
governo, non fosse stata agganciata e
rimorchiata nel posto stabilito dalla
Capitaneria? Operazione, come recita la motivazione alla Medaglia d’Argento al valore di marina, conferita all’equipaggio del rimorchiatore “Istria”
che ha effettuato l’aggancio ed il rimorchio “portata a termine con grande perizia marinaresca, esponendo la
vita in caso di esplosione, per impe-
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dire un più grave ed incontrollabile
disastro ecologico con conseguenze
inimmaginabili qualora la nave fosse
affondata su alti fondali”. Senza contare il contributo di tutti, Rimorchiatori, Ormeggiatori e Piloti, al recupero di 32 marittimi su 37 di equipaggio,
che valsero riconoscimenti al valore
anche agli altri lavoratori portuali.
Molti eventi hanno riguardato il nostro Porto e nomi come “London Valour” (1970) fanno parte della memoria collettiva della Città, ma non
dobbiamo dimenticare che la grande
maggioranza dei casi non riceve l’onore della cronaca, magari proprio
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perché il pericolo fu scongiurato sul
nascere. Sta di fatto che abbiamo a
disposizione un capitale umano che
tutto il mondo ci riconosce ed invidia ed auguriamoci che questa tradizione, impossibile da improvvisare
ma che deve per forza venire da lontano, non venga dispersa in nome di
una liberalizzazione senza regole che
potrebbe portare all’autoproduzione
di servizi insostituibili. Episodi come questi potranno purtroppo accadere ancora e speriamo che i traffici
portuali possano contare sempre su
persone che uniscono esperienza, dedizione e passione, talvolta sfociata
in eroismo, per un mestiere che nes-
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sun libro o corso potranno mai insegnare se non supportato da quella
scuola di vita che è il mare.
Il rapporto tra l’uomo ed il mare non
cambierà mai, l’uomo ha sempre navigato, anzi gli archeologi hanno scoperto che anche le razze che hanno
preceduto l’homo sapiens hanno solcato i mari. Dall’antichità, attraverso quei formidabili navigatori che
erano i Fenici, per giungere ai giorni nostri, sono cambiate le navi, ma
il mare continua ad esercitare un fascino ancestrale: la vita è nata nell’acqua, l’essere umano viene al mondo dall’acqua e di questa in gran parte è composto il nostro organismo.
Il nostro stesso pianeta è coperto per
i tre quarti dall’acqua, che diventa
anche frontiera, non più in superficie, ma negli abissi, forse meno conosciuti dello spazio infinito. Per mare si è spostato per la prima volta
l’uomo ed ancora oggi solo per mare possiamo viaggiare intorno alla terra senza fermarci.
Viaggiare per mare diventa quindi metafora della vita ed ancora oggi se le
avventure di Soldini catturano il nostro inconscio è perché, come dicevano i latini … navigare necesse est.
Accanto alle foto d’epoca due immagini
attuali del bacino di carenaggio.
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