La ricorrenza del 4 novembre, durante la quale

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La ricorrenza del 4 novembre, durante la quale
La ricorrenza del 4 novembre, durante la quale commemoriamo la conclusione vittoriosa della Grande Guerra, nonostante la distanza temporale che ci separa dal 1918, acquista quest’anno un significato ancor più profondo, perché si collega alle celebrazioni del 150° Anniversario della Proclamazione dell’Unità d’Italia, in un momento storico particolare, purtroppo caratterizzato da spinte disgregatrici che vanno fortemente contrastate da tutti i cittadini consapevoli della nostra identità nazionale, di cui andiamo fieri. Siamo qui riuniti, in primo luogo, per far memoria dei Caduti della Grande Guerra del 1915 ­ 18, ma anche di tutti i giovani italiani, periti negli altri conflitti, vittoriosi o meno. Non è infatti la vittoria finale che dà dignità ai Caduti, ma il generoso sacrificio della propria giovinezza, donata alla comunità nazionale nelle circostanze belliche, da cui speriamo di essere liberati per sempre. Dopo l’opportuno cambio di denominazione, da “Festa della Vittoria” a “Giorno dell’Unità nazionale”, il 4 novembre rappresenta un momento di riflessione per cementare la nostra identità collettiva, ricomprendere il ruolo importante delle Forze Armate e includere il ricordo della Seconda Guerra Mondiale. In riferimento a quest’ultima, mi è gradito ricordare la toccante coincidenza del 31 ottobre scorso, allorché abbiamo salutato il ritorno a Noto, a 66 anni dalla morte, del soldato Santo Contavalle, Caduto nel Conflitto mondiale del 1939 – 45. Il soldato Santo Contavalle, nato a Noto il 17 aprile 1908, è un umile e limpido esempio di servitore della Patria. Chiamato alle armi il 2 marzo 1931 e congedato l’11 giugno 1932, fu richiamato alle armi nell’ottobre 1942. Lasciando a casa la giovane moglie ed il figlioletto in fasce, corse incontro al suo dovere di cittadino. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fu fatto prigioniero dai tedeschi e deportato nei campi di concentramento di triste memoria del Terzo Reich. Proprio nel lager di Edelweiss, nei pressi di Peine­Hannover, morì il 22 febbraio 1945 sotto un bombardamento e fu sepolto nel cimitero di Peine. Successivamente, fu inumato nel Cimitero Militare Italiano d’Onore di Amburgo, in Germania. Ebbene, il figlio, insieme ai familiari, non si è mai rassegnato a questa lontananza. Tanto si è battuto finché non è riuscito a riportare in patria il padre, che ora riposa nella sua terra natia, onorato dalla famiglia e dalla comunità netina. Una storia di amore filiale che riscatta gli orrori della guerra e contemporaneamente evidenzia il senso profondo dell’attaccamento alla patria italiana in uno con l’amore per la terra natia, per Noto! Sono molti gli eventi che ci guidano a riaffermare con forza l’Unità d’ Italia e la nostra identità nazionale, dinamicamente aperte all’Europa e al mondo. Se è vero che l’Italia è percorsa da una profonda crisi di identità, la sua consapevole ridefinizione passa, ne siamo certi, per il riconoscimento del valore della ricorrenza del 4 novembre. Fermi nel rifiuto sancito dall’art. 11 della nostra Costituzione, secondo cui “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e
1 come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, mancheremmo di senso storico se non considerassimo che furono proprio le trincee della Grande Guerra a fare incontrare per la prima volta siciliani, lombardi, veneti, laziali, toscani, liguri ecc. Fu nella tragedia che essi cementarono la loro appartenenza alla comunità nazionale. Intendiamo altresì festeggiare le nostre Forze Armate, presidio della nostra sicurezza e libertà e garanzia delle Istituzioni democratiche, e ringraziarle sia per il contributo essenziale che hanno sempre dato per la difesa della Patria sia per gli impegni internazionali di peace­keeping sotto l’egida dell’ONU. Non dimentichiamo il loro impegno in Kossovo, in Bosnia, in Afghanistan, in Libano e in altre parti del mondo. Nella presente occasione, ricordiamo commossi tutti i Caduti nelle missioni di pace. La presenza pacificatrice delle nostre Forze Armate su tanti fronti testimonia la determinazione dell’Italia a fare la propria parte per un mondo migliore, ricomposto nella pace, nella democrazia e nella libertà. Ampliando temporalmente la prospettiva storica, sottolineiamo come il 4 novembre 1918, che segna uno spartiacque nella Storia d’Italia, abbia posto la parola fine, con la conclusione della Grande Guerra e la vittoria sugli Imperi Centrali, al ciclo delle guerre di indipendenza, delle campagne per l’Unità d’Italia. Pensiamo ovviamente all’epopea del Risorgimento: un lungo itinerario di liberazione nazionale durato 70 anni, precisamente dalla Prima Guerra di Indipendenza del 1848 alla Prima Guerra mondiale del 1918, che non a caso è nota anche come Quarta Guerra di Indipendenza. Un percorso difficile e accidentato, costellato da innumerevoli episodi di coraggio e portato a buon fine col concorso di tanti Italiani di tutte le regioni italiane. Per non perdere il senso della realtà e della speranza di pace che nutriamo nel nostro animo, non possiamo tacere che il Primo Conflitto Mondiale è stato un’immane sciagura, favorita dai violenti nazionalismi della prima metà del Ventesimo Secolo. Purtroppo, la ricerca ossessiva di posizioni di predominio e la volontà di potenza erano una costante degli Stati del tempo, che erano divisi da forme di odio che appaiono incomprensibili a noi che, dinanzi all’agghiacciante realtà di decine di milioni di morti, specie se consideriamo anche la seconda conflagrazione mondiale, percepiamo sensibilmente l’orrore e l’assurdità della guerra. Le tragiche tensioni dei nazionalismi e il fascino oscuro del militarismo reclamarono un bagno di sangue di dimensioni spaventose, in cui rimasero coinvolti i Caduti dinanzi ai quali oggi ci inchiniamo. Grazie al loro sacrificio, comunque, nell’autunno del 1918, l’esercito austriaco poté essere respinto al di là delle valli che aveva percorso con orgogliosa sicurezza, come recita il Bollettino della Vittoria siglato da Armando Diaz, e il sogno dell’Italia Unita con l’annessione di Trieste e del Trentino­Alto Adige poté essere portato a compimento.
2 In silenzioso raccoglimento dinanzi Monumento ai Caduti, mentre nutriamo sentimenti di gratitudine verso i nostri ragazzi combattenti e i loro eroici, dolorosi sacrifici, non possiamo non considerare come gli obiettivi e i valori dell’Unità nazionale e dell’indipendenza, beni preziosi e imperativi supremi, abbiano rappresentato il filo conduttore della Storia nazionale. Liberi da antistorici conati di secessione, mossi da imperativi di pace e di progresso nell’unione e nella solidarietà, possiamo opportunamente fare nostro l’appello del presidente Kennedy, validissimo oggi per noi che desideriamo superare la crisi economica, anzi antropologica che ci affligge e che è resa acuta soprattutto da chi, dimenticando gli ideali dell’Unità, ha deciso di rinchiudersi nel proprio particolare benessere materiale a spese della più ampia comunità nazionale: “Non chiederti che cosa può fare il tuo Paese per te, ma chiediti, ogni giorno, che cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. In questa direzione si muove il nostro impegno quotidiano. Ecco, io credo fermamente che i Caduti per l’Unità d’Italia, in virtù degli immani sacrifici cui furono sottoposti nelle trincee, sul Grappa, sul Pasubio, sul Carso, prima del martirio estremo, vogliano trasmetterci questo appello affinché possiamo agire in piena sintonia, senza risparmio, per il bene comune. In un anelito di fratellanza universale, ai nostri Caduti, desidero infine affiancare anche i Caduti degli schieramenti avversari. Ce lo impone l’umana pietà, ma anche la convinzione che pure loro sono stati vittime dei meccanismi perversi che contrapponevano gli uni agli altri, meccanismi che, per fortuna, sono in buona parte scomparsi dal Vecchio Continente. È sempre però ottima strategia vigilare affinché i mostri generati in passato dal sonno del ragione non si sveglino. Ai mostri del sonno della ragione sono da collegare le fantasie secessioniste di coloro che sognano di disarticolare l’Unità d’Italia attraverso un federalismo improprio di segno separatista, in cui vedono il cavallo di Troia per realizzare le loro segrete egoistiche aspirazioni, abbandonando al loro destino le regioni meno fortunate, come la nostra Sicilia, che hanno il torto di essere state sacrificate da un secolo e mezzo agli interessi del Nord. La celebrazione del 4 novembre è occasione propizia per denunciare ogni loro ambigua e avventuristica manovra. L’Italia, il Bel Paese per eccellenza, ha bisogno della sua unità, riaffermata e consolidata con impegno fermo e concorde per la pace sociale nella giustizia e nell’obiettivo del bene comune. Viva la Costituzione, viva le Forze armate, viva la democrazia, viva l’Italia unita!
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