Governare la Francia: come funziona il semi
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Governare la Francia: come funziona il semi
Governare la Francia: come funziona il semi-presidenzialismo? Yves Mény Yves Mény, in via preliminare, osserva che il sistema francese può essere considerato come semi-presidenziale solo in alcune limitate circostanze, mentre invece è da considerarsi di norma «iperpresidenziale». Esso non è esportabile e sarebbe tutt’altro che congeniale per una società come quella italiana, anche se l’Italia e la Francia si trovano reciprocamente in una posizione peculiare. Si guardano e si «invidiano» a vicenda, cercando di recepire al loro interno ciò che manca e che invece l’altro ha già. L’Italia è in cerca di stabilità, di centralità e leadership, mentre i francesi invidiano all’Italia la capacità di adattarsi alle situazioni nuove e non previste e la «creatività» italiana, da intendersi in senso positivo. Senz’altro, quindi, esistono problemi su entrambi i lati delle Alpi. Il sistema francese è da ritenersi eccellente almeno per il compimento di una transizione democratica. È un sistema senz’altro democratico, secondo certi standard, ma non universalmente considerato tale, in ragione della forte enfasi posta sui poteri dell’Esecutivo a scapito di altri poteri dello Stato. Alla domanda relativa alla capacità di reazione del sistema francese in tempo di crisi, occorrerebbe rispondere positivamente, ma da un punto di vista meramente istituzionale. Non a caso il sistema francese della V Repubblica è una sorta di «reazione costituzionale» alla crisi democratica del 1939, dato che la Francia di allora è stata assolutamente incapace di gestire efficacemente, da un punto di vista politico, l’avanzata tedesca. Sebbene le cause risalgano al ventennio precedente, a partire dal 1958 la V Repubblica è stata una reazione di De Gaulle, che aveva l’obiettivo di costruire istituzioni capaci di resistere ad una crisi democratica. Tuttavia, è un sistema meno adatto a fronteggiare crisi di tipo sociale. Ciò significa che il sistema istituzionale ha di per sé una buona capacità di tenuta, ma non è in grado di controllare e orientare le reazioni della società civile. 238 IL FILANGIERI - QUADERNO 2010 Vanno messe in evidenza, in primo luogo, le ambiguità del sistema politico francese, ma anche la sua natura fortemente versatile, che ne costituisce un’importante qualità, giacché rende il sistema particolarmente adatto a fronteggiare circostanze impreviste. In molti temevano che in caso di coabitazione ci sarebbe stata una crisi istituzionale; invece, si sono succedute due coabitazioni e le istituzioni hanno reagito bene. Soltanto durante le due fasi di coabitazione il sistema francese si è dimostrato realmente semi-presidenziale, con un Presidente della Repubblica forte, ma con poteri limitati ad alcune aree. Quindi, si può parlare di versatilità e di «feconda ambiguità» del sistema francese. In secondo luogo, un’altra qualità di questo ordinamento è la sua straordinaria capacità di evoluzione nel tempo, che si può desumere da alcuni esempi. Innanzitutto, il referendum, uno dei tratti distintivi di questo sistema, ha perso oggi la sua ragion d’essere ed è decisamente auspicabile che i Presidenti della Repubblica assecondino questa evoluzione e non ne facciano più uso in futuro. Il referendum è infatti un’arma pericolosa, non per i votanti, ma per chi decide di indirlo e il grande errore di Chirac è stato quello di non aver compreso ciò per tempo, nonostante i segnali di allarme fossero numerosi. Difatti, sembra che – anche se non se ne conoscono fino in fondo le ragioni – ogni Presidente non resista al desiderio di convocare il «suo» referendum. Un altro esempio del trend evolutivo è stato il cambiamento incrementale, ma continuo, del ruolo del giudice costituzionale. Inizialmente il Conseil constitutionnel fu concepito come uno strumento nelle mani dell’Esecutivo per controllare il potere dei parlamentari; oggi, invece, si può agevolmente ammettere che il Conseil, pur funzionando in modo assai differente dalle Corti costituzionali italiana e tedesca, è in ogni caso una Corte a pieno titolo, specialmente dopo la riforma costituzionale del 2008, che consente a tutti i tribunali di sollevare una questione di costituzionalità al Conseil per il tramite della Corte di Cassazione o del Consiglio di Stato, limitatamente alla violazione di diritti e libertà costituzionali. In precedenza, comunque, si era assistito ad una trasformazione di tale organo costituzionale mediante prassi e convenzioni: in questa prospettiva, i francesi hanno attinto dai costumi britannici. Sono numerose, infatti, YVES MÉNY 239 le convenzioni costituzionali che si sono consolidate gradualmente con il consenso di tutta la classe politica. La V Repubblica è rimasta fortemente connotata dal suo imprinting genetico. Il primo elemento caratterizzante il «codice genetico» della V Repubblica è una sorta di ossessione per la leadership, anche se, come è noto, tale concetto può assumere forme diverse nelle democrazie occidentali. L’ossessione francese per la leadership si desume anche ripercorrendo la storia di questo Paese in una prospettiva di lungo periodo. Vi è forse stata soltanto una fase, dal 1870 al 1958, durante la quale l’Esecutivo si è dimostrato assai debole, mentre di regola, in termini di forza dei propri Governi, la Francia si è avvicinata piuttosto all’esperienza russa. Si sono avvicendati – ma tale considerazione vale ancor’oggi – Governi molto potenti, che non hanno trovato un limite in un sistema effettivo di checks and balances. La ragione per cui attualmente le istituzioni francesi sembrano godere di ottima salute nel quadro della forma di governo nazionale risiede nel fatto che la Francia ha in un certo senso istituzionalizzato la propria storia costituzionale, che è una storia fortemente marcata dalla presenza della Monarchia. In altri termini, la Costituzione francese è una Costituzione monarchica, nella quale il Monarca – o comunque il capo dello Stato – detiene la gran parte dei poteri. E ciò che più colpisce è il fatto che la tradizione monarchica sia sopravvissuta a tutti i livelli di governo: ad esempio, il sindaco è sempre stato percepito come un piccolo monarca all’interno del suo comune. Contrariamente a quanto previsto in Italia, in Francia le liste di candidati al Consiglio comunale, liste nelle quali è eletto anche come consigliere il futuro sindaco, sono votate a suffragio universale e diretto. Quindi il Consiglio comunale elegge a suo volta il sindaco tra i suoi componenti. Se queste sono formalmente le norme per le elezioni comunali, è vero però che, da un punto di vista politico, si verifica esattamente il contrario: in qualche misura è il sindaco che sceglie i consiglieri. Difatti, le liste sono normalmente predisposte dal candidato sindaco e i consiglieri eletti ne diventano i «seguaci». Non si registrano contestazioni nei confronti dell’autorità del sindaco, in quanto capo del Comune, e tale sistema di governo è stato esteso anche ai Dipartimenti, alle Regioni e, nel 2008, più o meno criticamente, anche alle Università, in particolare per l’elezione dei loro vertici, che fino a quel momento erano considerati assai deboli. 240 IL FILANGIERI - QUADERNO 2010 La seconda caratteristica del sistema francese riguarda l’ossessione della classe politica per l’efficienza e la rapidità, anche se non sempre tali obiettivi vengono raggiunti. La conseguenza di questo timore è che, di fatto, non esistono procedure decisionali in grado di resistere al potere dell’Esecutivo. Un esempio di questa tendenza è legato alla vicenda della realizzazione della tratta ferroviaria ad alta velocità tra Parigi e Londra. Allora vi erano persone che cercavano di opporsi a questa nuova costruzione acquistando il terreno su cui avrebbe dovuto essere realizzata e frazionandolo tra centinaia di proprietari. Da un punto di vista giuridico, quindi, il caso era molto complesso e avrebbe richiesto degli anni prima di trovare una soluzione, giudiziaria o non. Per evitare tali complicazioni il Parlamento ha esercitato forti pressioni sul Governo, chiedendo che alla costruzione della linea ferroviaria si applicassero le stesse norme in vigore per l’edificazione di campi militari. Così facendo, attraverso il ricorso al diritto militare, ogni opposizione è stata superata in poche settimane, assicurando la speditezza dei lavori. Analoghe circostanze si sono riscontrate, del resto, anche per l’attuazione dei piani nucleari, a testimonianza del fatto che quella per la rapidità è un’ossessione costante. La terza caratteristica della forma di governo francese è da rinvenirsi nella debolezza del sistema di pesi e contrappesi, sin dal periodo monarchico. La rivoluzione francese, infatti, è stata una conseguenza, tra gli altri, del sistematico rifiuto del Re di convocare gli Stati generali per oltre 150 anni. Contrariamente a quanto accade in altri Paesi, ad esempio in Italia, dove forse esistono troppi checks and balances, tanto è vero che è estremamente difficile decidere, in Francia manca uno strumentario di questo tipo, come si evidenzia principalmente nelle situazioni di crisi. A dimostrazione di ciò, si può citare quanto accaduto negli ultimi sei mesi: lo «scontro» (a distanza, naturalmente) tra il Presidente della Repubblica, da una parte, e i manifestanti in strada, dall’altra, senza che vi fosse una soggetto terzo, un mediatore, tra i «contendenti». I sindacati non sono stati invitati dal Governo a partecipare al negoziato, ma si sono rivelati comunque incapaci di esprimere qualsiasi indirizzo o posizione, oltre ad avere una scarsa legittimazione tra coloro che dovrebbero rappresentare. Anche nell’ipotesi in cui i sindacati avessero deciso di sottoscrivere un accordo o un compromesso, infatti, è altamente proba- YVES MÉNY 241 bile che i manifestanti non lo avrebbero accettato. Dunque i corpi sociali in Francia – ed è questa la quarta caratteristica del codice genetico della V Repubblica – sono al tempo stesso sottomessi e ribelli. Dipende da come vengono governati. Non a caso, la scuola francese è stata descritta in sociologia come «scuola di delinquenza», giacché gli studenti assumono un atteggiamento assolutamente passivo, laddove gli insegnanti si comportano in modo autoritario, mentre diventano estremamente ribelli se l’insegnante dimostra di non essere in grado di controllare la classe. E la società francese funziona allo stesso modo: normalmente passiva, salvo poi scendere in modo irruento in piazza per le ragioni più disparate, il cui rilievo spesso non è immediatamente percepibile. Inoltre, quasi sempre è difficile capire come fermare la protesta. Si tratta di un modello di resistenza sociale e istituzionale, caratterizzato anche dalla ostilità delle comunità locali nei confronti delle decisioni assunte dal centro. Strettamente collegata a tale ultimo rilievo è la quinta caratteristica del sistema francese, secondo la quale l’unico esempio di checks and balances efficace è rappresentato dai poteri locali: circostanza forse sorprendente per gli osservatori stranieri che guardano alla Francia come ad un Paese con un impianto ancora fortemente centralistico. Sulla carta è così, ma di fatto le comunità locali hanno la forza di respingere tutti i tentativi di riforma che provengono dal centro. Anche il più recente, quello di Sarkozy, si è rivelato ancora una volta un fallimento. Vi è poi un’importante differenza tra la Francia e l’Italia. La forma di governo francese è costruita attorno all’idea cardine di Stato. Questo è il riferimento costante per i cittadini e le istituzioni: i francesi dipendono dallo Stato (sono State-addicted) e per un Governo è praticamente impossibile liberarsi da questo senso di deferenza. Va ribadito dunque che, per questa e per tutte le altre ragioni menzionate, il sistema francese è difficilmente trasferibile altrove.