Chi ben inizia è a metà dell`opera
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Chi ben inizia è a metà dell`opera
DISEGNATA DAL VENTO La Rivista Anno 107 - n.10 - Ottobre 2016 Anno 107 - n. 10 - Ottobre 2016 PERFORMANCE IN OGNI DETTAGLIO LAC Lugano Arte e Cultura Chi ben inizia è a metà dell'opera Scoprila ora dal tuo concessionario Alfa Romeo. ALFA ROMEO GIULIA Alfa Romeo Giulia, 2.2 Diesel, 132 kW / 180 CV, consumo di carburante ciclo misto 4,2 l/100 km, emissioni di CO2 109 g/km, categoria d’efficienza energetica A. Il valore medio (CO2) di tutti i veicoli nuovi immatricolati in Svizzera è pari a 139 g /km. ALFA ROMEO Artwork Mark Version AW Printed Version CMYK CMYK AC 08 05 15 AC Nelle alture sopra Vevey Il mondo di Chaplin NEW IVECO EUROCARGO. BENVENUTO IN TUTTE LE CITTÀ. Nuovo stile, prestazioni migliorate, qualità comprovate: nei trasporti per la distribuzione urbana e regionale, il nuovo EUROCARGO non conosce pari – non per niente ha ricevuto l’ambito titolo di Truck of the Year 2016! Il vostro par tner Iveco è lieto di spiegarvi perché il nuovo Eurocargo può tornare utile anche a voi. IVECO (Schweiz) AG, Oberfeldstrasse 16, 8302 Kloten, Tel. 044 804 73 73 W W W . I V E C O . C H Editoriale di Giangi Cretti Con la cultura non si mangia. L’affermazione attribuita a Giulio Tremonti, all’epoca ministro dell’economia del governo Berlusconi, è sintomatica di un certo modus pensandi, preludio a quello operandi. Più volte, e giustamente, è stata stigmatizzata. A parole quantomeno. Perché nei fatti… Dal Bel Paese - culla dell’arte, dove si dice risiedano circa i due terzi del patrimonio artistico mondiale, protagonista da più di duemila anni della storia e della cultura delle civiltà europee – rimbalzano cronache che fanno a gara nel rifilarci esempi di cattiva gestione del patrimonio culturale italiano. Un resoconto impietoso, che rende patenti politiche senza visione né prospettiva, dove tagli, sperperi e carenti manutenzioni riducono al degrado, e ad una insufficiente valorizzazione, perfino i siti riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’Umanità. Tant’è, e qualcuno è giunto persino ad invocare i caschi blu dell’Onu per la gestione quei siti archeologici italiani, che tutto il mondo (ancora?) ci invidia. Anche se non ci piace, e non ci piace, questo è uno scenario tutto nostrano. Ci consoli rilevare che, a fronte di una colpevole incuria, per la serie ‘non è ancora (forse) troppo tardi’, qualcosa si muove e qualche ripensamento virtuoso sta prendendo corpo, sotto forma di risvegliata consapevolezza. Ma, anche in questi casi, prevale (ancora?) il timore che sia dettata, dall’urgenza che impone l’emergenza. Situazione nella quale, si vocifera nostro malgrado, diamo il meglio di noi stessi. Insomma, potremmo individuare un percorso evolutivo: se ancora non è del tutto scomparsa la presunzione che con la cultura non si mangi, fa capolino l’eventualità che senza cultura non si mangi. O perlomeno si mangi male Eppure, in Italia, nonostante reiterate dichiarazioni di intenti, va da sé nobili, gli investimenti per, e nella, cultura sembrano essere un lusso, alimentando talvolta l’impressione, nei fatti e sia mai con le parole, che la stessa sia sopportata, anziché meritevolmente supportata. Altrove, anche, e forse soprattutto, nella visione economicistica tremontiana, detti investimenti sono visti come un affare. Non si tratta qui di evocare a modello Bilbao, dove il Guggenheim di Frank Gehry attrae circa un milione di visitatori l’anno ed è una delle istituzioni culturali europee che pre- senta il più alto livello di autofinanziamento: grosso modo i due terzi dei ricavi sono prodotti ai botteghini del museo. Anche perché, per la serie “una rondine non fa primavera”, a quella felice e redditizia esperienza, si potrebbe contrappore la parziale (per ora?) delusione del progetto del Louvre a Lens, dove la ‘succursale’ del prestigioso museo parigino non pare (ancora?) in grado di replicare, nella regione di Calais, il successo della città basca. Un modello, quello di Bilbao, che individua la cultura come risorsa, capace di generare un circuito virtuoso con economia e sviluppo. Nel quale al pubblico si affianca il privato. Un modello e, prim’ancora, una visione ai quali verosimilmente si aggancia la citta di Lugano, che ha appena celebrato il primo compleanno del LAC Lugano Arte e Cultura. Un appuntamento felice, che festeggia un periodo troppo breve per consentire dei bilanci, ma dal quale, accanto alle fisiologiche criticità, emergono dati confortanti: sale piene per la musica, per il teatro e per l’arte, ma anche spazi visitati da vari ordini di scuole, per le attività didattiche. mancano all’appello i dati economici, cari al pensiero tremontiano, rimandati alla chiusura dell’anno contabile. D’altro canto, non va sottovalutato che la cultura è un’impresa e, come tale, ha i suoi rischi commerciali. E progetti come il LAC, pensati per rilanciare non solo una città, ma un’intera regione, concretizzano valore se sono in grado di confermarsi come un volano capace di creare ricchezza e posti di lavoro. Anche se l’indotto generato dal LAC va valuto in una prospettiva più ampia di quella contabile. Perché, nelle intenzioni di chi fortemente l’ha voluto, il LAC, come si dice oggi, è un assett, un’attrattiva vera che si somma e potenzia quelle che Lugano ha già, con l’obiettivo di affermarsi come componente attiva del panorama culturale svizzero. INSTEAD OF HIRING A SUPERMODEL WE BUILT ONE MASERATI GHIBLI DIESEL. A PARTIRE DA 71’000.–* MASERATI GHIBLI – DISPONIBILE CON TRAZIONE INTEGRALE INTELLIGENTE * MASERATI GHIBLI DIESEL 6-CILINDRO-V-60° – 2.987 CM³ – POTENZA: 202 KW (275 CV) – 570 NM A 2.000 – 2.600 U/MIN – V-MAX. 250 KM/H – 0 A 100 KM/H IN 6,3 SEC. – CONSUMI (L/100 KM) CICLO COMBINATO: 5,9 (EQUIVALENTE DI BENZINA 6.6) – EMISSIONI CO2*: 158 G/KM – CATEGORIE DI EFFICIENZA: D Modello effigiato: Maserati Ghibli S Q4 con pinze dei freni in alluminio CHF 95’994.–; prezzi di listini e offerte: salva revoca e sempre attuale su www.maserati.ch. Il costo trasporto vettura, consigliato da Maserati SA.: CHF 1500.–. Prezzo del concessionario su richiesta. 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Narrazioni dell’italianità, dagli anni Ottanta a oggi Convegno internazionale, Università di Losanna, 27-29 ottobre 2016 L’italiano nelle scuole svizzere è più vivo che mai Zurigo in Italiano Charles-Ferdinand Ramuz nella banconota da 200 franchi Biografie in filigrana Paul Signac: Riflessi sull’acqua Fino all’8 gennaio 2017 al LAC Lugano Arte e Cultura L’arte scultorea di Javier Marín a Casa Rusca di Locarno Per la prima volta in Svizzera Per Kirkeby: I luoghi dell’anima del grande maestro scandinavo Al Museo d’arte Mendrisio fino al 29 gennaio 2017 Il mondo di Chaplin Sulle alture di Vevey Sono stati annunciati a Milano i vincitori dei Premi Balzan 2016 Il Premio Gottfried Keller 2016 assegnato a Pietro De Marchi 64 66 Juliette Binoche e Laura Morante ospiti d’onore del festival cinematografico della Valtrebbia Ventesima edizione del Bobbio Film Festival La Fiera del Fumetto di Lugano (Nuovo e da Collezione) Dal 7 al 9 ottobre Palazzo dei Congressi DOLCE VITA 68 72 78 80 TicinoWine – Il meglio della produzione vitivinicola 2014 Anche quest’anno, al Palazzo dei Congressi di Lugano, è tornato “Il Viso del Vino” Dalla Zuppa d’orzo alle bistecche di capra, Dai fichi secchi alla pasta Da 2700 anni sulla tavola degli atleti olimpionici Design italiano vincente in Germania La Panda si aggiorna Con Pirelli incontro all’inverno Sommario 82 IL MONDO IN CAMERA Incoming per buyer svizzeri nelle Marche 84 86 Taste of Italy raddoppia - la due giorni del vino italiano in Svizzera Montecatini terme: terme d’Europa tra Leonardo e Pinocchio FOOD ZURICH 8-18 settembre 2016 Osteria italiana: due giorni di dolce vita Contatti Commerciali Benvenuto ai nuovi soci 88 Strategic networking: how to evolve your connections into successful collaborations Servizi Camerali Le Rubriche Prossima fermata Sardegna 7 In breve 33 L’elefante invisibile 9 Italiche 41 Scaffale 11 Elvetiche 51 Benchmark 13 Europee 63 Per chi suona il campanello 15 Internazionali 65 Sequenze 22 Cultura d’impresa 67 Diapason 24 Burocratiche 72 Convivio 26 Normative allo specchio 75 La dieta rivista 27 Angolo Fiscale 77 Motori 29 Angolo legale Svizzera 30 Convenzioni Internazionali In copertina: Slow Dancing, ’installazione già presentato a New York, Parigi, Londra e Venezia – illuminerà la facciata esterna del LAC fino al 9 ottobre. Editore Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Direttore - Giangi CRETTI Comitato di Redazione A.G. LOTTI, S. SGUAITAMATTI Collaboratori C. Bianchi Porro, M. Calderan, G. Cantoni, M. Caracciolo Di Brienza, C. D’ambrosio, V. Cesari Lusso, M. Cipollone, P. Comuzzi, D. Cosentino, A. Crosti, L. D’alessandro, F. Dozio, M. Formenti, F. Franceschini, T. Gatani, G. Guerra, M. Lento, R. Lettieri, F. Macrì, G. Merz, A. Orsi, V. Pansa, C. Rinaldi, G. Sorge, N. Tanzi, I. Wedel La Rivista Seestrasse 123 - Cas. post. 1836 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 2892319 Fax ++41(0)44 2015357 [email protected], www.ccis.ch Pubblicità Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123 - Casella postale 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 2892319 Fax ++41(0)44 2015357 e-mail: [email protected] Abbonamento annuo Fr. 60.- Estero: 50 euro Gratuito per i soci CCIS Le opinioni espresse negli articoli non impegnano la CCIS. La riproduzione degli articoli è consentita con la citazione della fonte. 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A questi vanno aggiunti i 4.029.231 elettori residenti all’estero, di cui 2.090.052 maschi Lingua italiana nel mondo: il 17 e 18 ottobre gli Stati generali a Firenze “Italiano lingua viva”: questo il filo conduttore degli Stati generali della lingua italiana nel mondo convocati dalla Farnesina a Firenze il 17 e 18 ottobre prossimi. A due anni dal primo appuntamento, in questa edizione verrà lanciato il nuovo Portale della Lingua Italiana e verranno presentati i progetti realizzati. All’evento interverranno i Ministri degli Esteri Gentiloni e dell’Istruzione Giannini: 6 - La Rivista ottobre 2016 e 1.939.179 femmine. I connazionali residenti all’estero riceveranno il plico con il materiale a casa: dunque è fondamentale aggiornare i Consolati sul proprio recapito. Ci sono termini, poi, che dipenderanno dalla data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto con cui il Presidente della Repubblica indice le elezioni. Da quella data, pertanto decorrerà il termine dei 10 giorni entro cui chi intende votare in Italia, pur essendo residente stabilmente all’estero, deve informare il Consolato circa la propria intenzione di esercitare il diritto di opzione. Da quando è entrato in vigore l’Italicum possono votare per corrispondenza anche gli italiani temporaneamente all’estero, cioè quanti per motivi di lavoro, studio o cure mediche si trovano temporaneamente all’estero per un periodo di almeno tre mesi nel quale ricade la data di svolgimento della consultazione elettorale, nonché i familiari con loro conviventi, potranno partecipare al voto per corrispondenza organizzato dagli uffici consolari italian. Tali elettori che intendano partecipare al voto per corrispondenza dovranno far pervenire la loro opzione al comune d’iscrizione nelle liste elettorali, entro 10 giorni dalla pubblicazione del decreto di indizione (con possibilità di revoca entro lo stesso termine). con loro, anche accademici ed esponenti del mondo culturale italiano e straniero. Momento centrale della manifestazione – annuncia il Maeci, che organizza la due giorni in collaborazione con il Comune di Firenze – sarà la tavola rotonda dedicata all’italiano nelle strategie di comunicazione delle aziende con la partecipazione di illustri esponenti del settore. Per l’ottavo anno consecutivo la Svizzera occupa il primo posto nella classifica delle competitività, lo rende noto il Forum economico mondiale/WEF) in un comunicato. La sua economia trae profitto dalla trasparenza delle proprie istituzioni, dall’efficacia del suo mercato del lavoro e dalle buone infrastrutture, senza dimenticare il sistema formativo e la capacità di innovazione. Ci sono anche debolezze, quali la persistente deflazione, una mancata concorrenza su certi mercati, difficoltà nella creazione di aziende e la poca partecipazione delle donne sul mercato del lavoro, nel confronto internazionale. Paesi Bassi e Germania si piazzano in 4a e 5a posizione, dietro Singapore e USA; la Germania ha guadagnato quattro gradini in due anni. Al sesto e settimo rango Svezia e Regno Unito, che compiono un balzo in avanti di tre postazioni. “Ma i dati presi in considerazione per Londra sono precedenti alla votazione sulla Brexit”, sottolinea il Forum economico mondiale. Completano la “top ten” Giappone, Hong Kong e Finlandia. Per quanto concerne il Vecchio Continente, persiste la divisione Nord-Sud. Se la Germania si piazza al quinto posto, la Spagna è al 32mo e l’Italia - in discesa di un gradino- al 44mo, mentre la Grecia perde cinque posizioni ed è soltanto 86ma. Fa meglio la Francia che sale al 21mo posto. La Cina, in 28ma posizione guida la classifica delle economie emergenti dei Paesi BRIC (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Ma l’India riduce lo scarto e si piazza 39ma, con un guadagno di ben 16 posizioni. Russia e Sudafrica salgono entrambi di due posizioni, passando rispettivamente al 43mo e al 47mo gradino, mentre il Brasile scende di sei, in 81ma posizione. Nel mondo arabo gli Emirati Arabi Uniti si classificano al 16mo rango, il Qatar al 18mo e l’Arabia Saudita al 29mo. In America Latina il Cile occupa la 33ma posizione, Panama la 42ma. Per redigere questa classifica il WEF ha tenuto conto della produttività di 138 nazioni, considerando vari fattori tra cui le infrastrutture, la sanità, l’educazione e l’efficacia dei mercati. È Zurigo la città più sostenibile del mondo. Roma si piazza 22esima La classifica, stilata insieme al Center for economic and business research inglese, si fonda su tre pilastri: persone, pianeta e profitto. Il primo prende in esame la qualità della vita, e spazia da salute e istruzione a salari e criminalità. Il secondo pilastro guarda all’ambiente (energie rinnovabili, aree verdi, emissioni, inquinamento atmosferico). La voce ‘profitto’ descrive la salute economica delle città (Pil, facilità di fare impresa, trasporti, connettività). Nei tre pilastri Roma è rispettivamente 33ma, settima e 49ma; Milano 34ma, 36ma e 57ma. È Zurigo la città più sostenibile del mondo. La località elvetica si piazza al primo posto del Sustainable Cities Index pubblicato dalla società di consulenza Arcadis, che valuta gli aspetti sociali, ambientali ed economici di 100 città. Al secondo posto si trova Singapore, seguita da Stoccolma, Vienna e Londra. Roma è ventiduesima e si colloca appena davanti a Vancouver, prima città nordamericana presente in classifica. Gli Stati Uniti sono fuori dalle prime 25 posizioni con New York, la città Usa più sostenibile, che è solo ventiseiesima. Milano, l’altra città italiana analizzata, è al 42mo posto. Se le città europee occupano le prime posizioni, la parte bassa della classifica è presidiata dai Paesi emergenti, con Calcutta, Il Cairo, Nairobi, Nuova Delhi e Manila agli ultimi cinque posti. Queste città pagano la mancanza di sviluppo economico, insieme ai pochi progressi sul fronte delle energie pulite, delle emissioni di CO2 e della qualità dell’aria. Ezio Bosso in concerto a Lucerna il prossimo 11 novembre Due biglietti in palio per i lettori della Rivista Ezio Bosso è nato a Torino il 13 settembre 1971 è un musicista a tutto ondo: pianista, compositore e direttore d’orchestra. Il suo primo concerto come solista lo tiene a 16 anni in Francia e inizia a girare le orchestre di mezza Europa. Dopo una parentesi come bassista dell’85 all’88 degli Statuto, abbandona definitivamente la musica ska-mod per dedicarsi esclusivamente a quella classica. Le sue tournée hanno fatto tappa nei principali auditorium e teatri del mondo, dove ha diretto anche le più famose orchestre. Nonostante l’immensa mole di opere scritte, composizioni e collaborazioni, il suo primo disco ufficiale da solista, intitolato The 12th Room, esce soltanto il 30 ottobre 2015, per EGEA Music. Nel 2011 scopre di essere affetto da una malattia neuro-degenerativa progressiva, che non limita però la sua creatività. Ezio Bosso sarà in concerto, organizzato da allblues, il prossimo 11 novembre al KKL di Lucerna con inizio alle 19.30. I lettori della Rivista potranno vincere due biglietti per il concerto di Lucerna inviando, entro il 20 ottobre, all’indirizzo e-mail: [email protected] la risposta alla seguente domanda: Quanti dischi da solista ha pubblicato Ezio Bosso? ottobre 2016 La Rivista - 7 CENA IN FAMIGLIA? BRAVO A TE! Italiche di Corrado Bianchi Porro Il punto non è dove siamo, ma dove vogliamo essere «Gli sgravi per le assunzioni oltre un certo limite non hanno più effetto. Bisogna invece sempre sostenere le imprese che investono». Così Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, nel suo recente intervento al workshop Ambrosetti. Il ministro conferma la delicatezza del momento: ci aspettano altri 12-18 mesi difficili sul piano economico e geopolitico anche in Europa, spiega. Solo l’innovazione assicurerà un motore forte alla crescita mentre il rapporto salario-produttività garantirà non solo le imprese ma anche i lavoratori. È assai importante la questione dell’attrazione degli investimenti in Italia, ha aggiunto. La cosa che possiamo fare noi è comunicare le cose che si stanno facendo, sapendo che le riforme hanno un arco temporale. Hanno un’economia di scala: più le si mette insieme, più costituiscono un rapporto virtuoso. Il tema della Governance e degli investimenti è un tema globale ed europeo, non solo italiano, dice il ministro. Discutiamo dunque in Italia di riforme costituzionali, tanto quanto in Europa si discute della Governance europea, perché essa è una cosa altrettanto obsoleta. Non perché sia stata concepita male, ma perché fu ideata in un periodo della storia ispirato ad alcuni principi come il multilateralismo, con una gestione molto consensuale, secondo tempi molto lunghi nei dossier. Tutte cose che poi non sono accedute, perché la storia è diventata molto più complicata in questi ultimi 15 anni. Ci sono politiche migratorie, commerciali, di difesa, molto più importanti del bilancio di cui sempre si discute e su cui molto è stato fatto, magari con una certa dose di inefficienza. Nella politica commerciale, gli Stati membri magari stanno smontando le liberalizzazioni perché i 38 parlamenti (occorre talora più di un’approvazione) cercano di riprendersi dei pezzi di nazionalizzazione, dato che la globalizzazione è un fenomeno che fa paura. Occorre un antidoto a questa paura. La modernità, infatti, si fonda sull’idea che il presente e il futuro siano penalizzanti per definizione. E magari hanno alcune ragioni per sostenerlo. Perché all’inizio degli anni novanta abbiamo raccontato che il mondo sarebbe diventato piatto e la storia sarebbe finita: tutto era consensuale. Bastavano solo l’Onu e il WTO, con l’Europa trionfante. Quel mondo non è successo e dunque la globalizzazione viene vista molto negativamente. Oggi, dice Calenda, abbiamo di più e di meno. Più di un miliardo di persone fuori dalla soglia della povertà e meno classe media: è una società molto divaricata. Con la globalizzazione, l’Italia ha guadagnato 140 miliardi di esportazione. Però ha perso un pezzo gigantesco d’industria, quella che non ha saputo fare l’internazionalizzazione. Certo al Governo, quando sentiamo parlare di intelligenza artificiale, ci entusiasmiamo perché arrivano cosa nuove. Ma la gente si interroga su cosa cambierà. Come cambierà il lavoro? La paura deriva da una promessa mancata di un mondo molto ideale dopo la caduta del muro di Berlino, perché l’Occidente aveva vinto. La promessa l’avevano fatta le classi dirigenti riformiste e oggi, quando appare la parola riforme sull’agenda di un governo, la reazione è assai meno positiva. C’è paura. Per questo occorre un rafforzamento della Governance. Le riforme istituzionali non sono un dibattito teorico. Il periodo che abbiamo di fronte, è ‘tostissimo’. Crea instabilità finanziarie geopolitica, sconosciuta. Il rafforzamento della Governance è un antidoto alla paura della modernità. Il secondo elemento da avere come obiettivo è sugli investimenti e quindi su un progetto di lungo periodo. L’equità si fa con la crescita. Non c’è equità senza crescita. Insomma: non si deve aumentare la spesa pubblica per rispettare le regole europee, ma per una questione di equità nei confronti delle generazioni future. La crescita, come può essere determinata? Lavorando sul fattore dell’offerta. Offerta, produttività e innovazione sono centrali per fornire una risposta alla paura della modernità. La legge di stabilità che il Governo italiano si appresta a varare, dipenderà dai contenuti che metteremo dentro questa legge. Abbiamo preparato un piano che si chiama industria 4.0 che ha vari elementi fondamentali. In primo luogo fortissimi incentivi fiscali alla ricerca, innovazione e agli investimenti. In particolare investimenti legati agli investimenti industria digitale. E ci concentriamo sugli investimenti e sui rating medio bassi, altrimenti diamo solo soldi alle banche. Poi si punta sul salario di redditività, una strada importante per promuovere la produttività. Infine, le università di eccellenza, dove le aziende possano lavorare insieme nella ricerca, senza interventi a pioggia. Lo scenario rimarrà molto difficile. Ma lo dobbiamo fare in grande trasparenza. Scorciatoie non ce ne sono, servirà tempo e ci vorrà un impegno ancora più forte. Sulla stessa linea l’intervento di Vincenzo Boccia, presidente della Confindustria sempre a Villa d’Este. Dobbiamo lavorare sulle potenzialità del Paese. Il punto non è dove siamo, ma dove vogliamo essere, spiega Boccia. La grande questione è la crescita. Non dobbiamo lavorare solo su saldi di bilancio, ma sugli effetti di quelle politiche che definiscono sull’economia reale. Tutto quello che servirà per la crescita, servirà per la stabilità del Paese. Vale per l’Italia, e vale per l’Europa. Precondizione della crescita è un’industria forte. Deve esservi dunque una politica per la competitività del Paese. Bisogna combattere l’ansietà nell’economia. Se si supera l’ansietà, si effettuano investimenti. Speriamo dunque che le regole che ci chiedono di rispettare, siano rispettate in termini di reciprocità anche negli altri Paesi. Ricordiamo che abbiamo bisogno di crescita, perché persiste il rischio che un eccesso di stabilità porti a non guardare la precondizione necessaria alla stabilità stessa, che è, appunto, la crescita. ottobre 2016 La Rivista - 9 Elvetiche di Fabio Dozio La paradossale mancanza di medici La Svizzera è confrontata con una grave carenza di medici, soprattutto di base. Colpa del numero chiuso e dei ritardi della politica. I tempi della politica sono lenti. I tempi della politica svizzera sono lentissimi. Il nostro Paese è confrontato da anni con una penuria di medici, ma si fatica a mettere in atto contromisure per arginare il fenomeno. La causa principale è dovuta al numero chiuso deciso da alcune Università svizzere, introdotto una quindicina di anni fa. In particolare, a Zurigo, Basilea, Berna e Friburgo. Nella svizzera romanda, a Ginevra, Losanna e Neuchâtel, non c’è un numero chiuso che ostacola le iscrizioni alle facoltà di medicina, ma si effettua una selezione drastica nei primi due anni di corso: vengono espulsi dalle facoltà dal 30 al 50% di studenti. Forme diverse per raggiungere lo stesso scopo: contenere il numero degli studenti che scelgono di fare il dottore. La ragione è data – secondo gli addetti ai lavori - dalla limitata disponibilità di posti di formazione pratica negli ospedali. L’anno scorso si sono presentati 3491 candidati agli esami di ammissione delle facoltà svizzero tedesche e ne sono stati ammessi 793, meno di un quarto. In queste condizioni, la Svizzera deve fare affidamento sui medici stranieri. Attualmente il 30% dei medici attivi, vale a dire circa 10 mila, si è formato all’estero, la percentuale sale al 40% negli ospedali. Il consistente aumento del numero di stranieri è anche una conseguenza (positiva!) della libera circolazione. Per arginare la pressione dei medici esteri, Berna ha introdotto la moratoria degli studi medici. Una limitazione che è appena stata prorogata per altri tre anni, a partire dallo scorso primo luglio. La competenza in merito è dei Cantoni, che mantengono la possibilità di limitare, se necessario, il numero di medici che esercitano a carico dell’assicurazione obbligatoria delle cure medico sanitarie. Riassumendo: s’introduce il numero chiuso, si determina una mancanza di medici, si importano dall’estero, ma con giudizio. La situazione ha qualcosa di paradossale: si ritiene di non poter formare nel modo migliore gli studenti svizzeri (o residenti), ma si importano da altri Paesi, europei o extraeuropei, senza poter verificare la qualità della loro formazione! Una storia che, se non toccasse un tema delicato, quello della salute pubblica di un Paese avanzato, sarebbe semplicemente ridicola. È da qualche anno, ma non tantissimi, che la Confederazione si è accorta del problema e cerca di porvi rimedio. Nel 2011 il Consiglio federale ha pubblicato il rapporto “Una strategia per combattere la mancanza di medici e promuovere la medicina di base”, per adempiere alla mozione presentata dalla consigliera nazionale Jacqueline Fehr. Berna ha stabilito che nell’immediato futuro sarà necessario formare 1300 medici ogni anno, almeno fino al 2025, il quaranta per cento in più degli attuali 800 - 900 titoli di studio rilasciati annualmente. Una conseguenza concreta di questo rapporto è la decisione governativa dello scorso febbraio, l’approvazione di un credito di cento milioni di franchi per sostenere la formazione dei medici nel quadriennio 2017 – 2020. Non è detto che questa misura sia sufficiente, anzi. Infatti, vanno aggiunti alla conclamata carenza di medici due nuovi fattori che possono peggiorare la situazione: il pensionamento dei dottori anziani e l’articolo costituzionale che prevede di introdurre i contingenti di manodopera estera. Nei prossimi dieci anni oltre il 60% dei medici di famiglia che esercitano in Svizzera cesseranno l’attività: la penuria aumenterà in modo cospicuo. L’Associazione Medici di famiglia e dell’infanzia stima che nel 2025 mancheranno oltre 4 mila medici di base. Infatti, solo il 10% dei neolaureati sceglie di fare il medico generalista. Molto più redditizio formarsi come specialista, ciò che permette di avere orari di lavoro migliori e, soprattutto, di guadagnare molto di più. Tutte le Università con facoltà di medicina si stanno svegliando: hanno aumentato o aumenteranno il numero dei posti di formazione. Ma non solo: Friburgo aggiungerà il corso di master al bachelor già in vigore. Il Politecnico di Zurigo si appresta a istituire un corso di bachelor dal 2017. Lucerna, San Gallo e il Ticino offriranno un buon numero di posti a livello di master, mettendo a disposizione gli ospedali. Qualcosa si muove, ma non basta aumentare il numero dei diplomati in Svizzera per risolvere il problema della mancanza di medici di famiglia. Bisogna rendere attrattiva questa funzione con misure efficaci, soprattutto dal profilo finanziario. Comunque, nel citato rapporto del 2011 del Consiglio federale si sottolinea che: “Poiché la salute dipende per il 60% da fattori che esulano dalla politica sanitaria, l’Ufficio federale della sanità pubblica attua una politica (…) per motivare le persone ad adottare uno stile di vita sano”. Consoliamoci! ottobre 2016 La Rivista - 11 VIA NASSA 5 - 6900 LUGANO TEL: 0041 91 910 27 50 [email protected] WWW.SEALCONSULTING.CH Il Gruppo SEAL opera a Lugano dal 2005 ed offre servizi integrati sia a privati che ad imprese, attraverso le seguenti società: NEWS OTTOBRE 2016 – IL FAMILY OFFICE –SEAL Consulting SA, attiva nella consulenza fiscale / societaria / contabile, sia domestica che internazionale, oltre che nel "Corporate Services Management" (costituzione di società, governance, regulatory and tax reporting). Nato e sviluppatosi nei paesi anglosassoni, oggi trova larga diffusione anche in Europa, Asia e Medio Oriente. L’obiettivo è di fornire ad una singola famiglia (single Family Office) o gruppo di famiglie (multi Family Office) una serie di servizi sia finanziari che giuridici, piuttosto che di godimento di beni o proprietà comuni, in maniera professionale ed organizzata. –SDB Financial Solutions SA, gestore patrimoniale indipendente Svizzero che fornisce servizi di Multi-Family Office in completa "open architecture" (strutturazione di prodotti tailor made di ogni natura, asset consolidation, risk monitoring). Collabora sulla piazza con le più importanti istituzioni bancarie locali ed internazionali ed è autorizzata FINMA alla distribuzione di fondi di investimento. –Interacta Advisory SA, una società di consulenza di diritto svizzero che opera in ambito tributario domestico ed internazionale con servizi di compliance fiscale dedicati alle persone fisiche e alle società. In particolare nella sfera della consulenza privata può assistere i propri clienti nella corretta organizzazione del patrimonio familiare attraverso istituti giuridici dedicati per scopo e tipologia d’investimento. Oltre che a Lugano, il Gruppo SEAL opera con proprie strutture a Zurigo, Singapore e Dubai. Tramite partnerships, il Gruppo opera anche a Malta, Nuova Zelanda, Lussemburgo, Italia e Spagna. IN PARTNERSHIP CON: Organizzarsi sotto forma di Family Office permette di perseguire i seguenti obiettivi: 1. Ottenere ritorni stabili, in linea con obiettivi di lungo periodo e relative strategie di investimento. 2. Selezionare advisors e portfolio managers indipendenti e “best-in-class”, ottenendo accesso ad opportunità strategiche di investimento (ad es. club deals). 3. Monitoraggio e reporting del profilo di rischio / rendimento. 4. Economie di scala, potere negoziale con gli intermediari. 5. Definire la governance nel processo decisionale della famiglia, le linee guida del processo decisionale sia in materia di investimento che di patrimonio in generale. 6. Pianificare per tempo la successione. Processo strutturato di trasferimento degli asset tra generazioni, supportato da advisors professionali indipendenti. Il gruppo SEAL si propone come supporto per Single / Multi Family Office, offrendo i seguenti servizi: A. Portfolio Advisory. Consulenza su strategia e tattica di investimento, allineata alla visione di lungo periodo della famiglia. Portfolio review e reporting consolidato. B. Discretionary Portfolio Management. Selezione di gestori e prodotti “best-in-class”, partecipazione al seeding di prodotti innovativi, accesso ad investimenti di private equity / club deals. Reporting consolidato. C. Family Governance. Advisory sulle strategie di gestione degli asset comuni della famiglia. Stabilimento delle “regole d’ingaggio” per la governance famigliare. Consulenza sulla creazione di un Consiglio di Famiglia, e redazione del relativo “contratto” famigliare. D. Pianificazione successoria. Conservazione dell’asset ereditario della famiglia. Strategie e strumenti di detenzione della proprietà degli asset famigliari, in linea coi valori condivisi. Training e sviluppo dei “leaders” della prossima generazione, nel business e nella governance famigliare. Europee di Viviana Pansa Crisi esistenziale europea Un’Europa “in crisi esistenziale” quella efficacemente dipinta dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker nel suo discorso al Parlamento europeo sullo stato dell’Unione. Così gli effetti di una profondissima crisi economica hanno finito per intaccare il tessuto sociale del continente, mutandone persino l’aspetto politico, vista la decisione della Gran Bretagna di staccarsi dal progetto unitario europeo. E proprio sulla debolezza dell’Europa sociale ha insistito Juncker nel suo discorso, rilevando come i posti di lavoro creati dal 2013 ad oggi – quantificati in 8 milioni – non siano stati sufficienti ad abbassare il livello di disoccupazione; come permanga una forte disuguaglianza, che alimenta i populismi “che non risolvono i problemi, ma li creano”. La risposta del presidente a questo stato di cose è un atto di fiducia nell’Unione post-Brexit: “i nostri amici e partner istituzionali si chiedono con preoccupazione se la Brexit non sia l’inizio dello scioglimento dell’Unione, ma noi siamo sicuri che, pur rispettando e deplorando questa decisione, non ci sia pericolo per l’esistenza dell’Ue” - ha detto Juncker. E la proposta di “un’agenda positiva” da adottare nei prossimi 12 anni, a partire dal potenziamento del Fondo europeo per gli investimenti che dovrà muovere 317 miliardi di euro entro il 2017, oltre ai 160 già mobilitati. L’obiettivo è l’incremento della circolazione di capitale, prevalentemente privato, sino ad arrivare a 500 miliardi di euro nel 2020 e 630 miliardi nel 2022. Oltre, dunque, a crescita e occupazione, le priorità politiche della Commissione sono la connettività – con la proposta di punti di collegamento wifi gratuiti nelle città, - la tutela del diritto d’autore, l’unione dei mercati di capitali, sicurezza – con guardie di frontiera a presidiare i confini esterni dell’Unione, e non solo quelli marittimi, - un fondo europeo per la difesa, per promuovere l’innovazione anche su questo fronte. Infine, le migrazioni, con il lancio di “un ambizioso piano di investimenti per l’Africa e il vicinato europeo che può raccogliere investimenti potenziali per 44 miliardi di euro”, arrivando a 88 miliardi nel caso di partecipazione attiva degli Stati membri. Una partecipazione, quest’ultima, che non è affatto scontata, visto l’andamento del vertice informale di Bratislava, il primo dell’Unione a 27: nonostante la lista di priorità sottoscritta dai capi di Stato e di governo europei richiami – per la verità in maniera estremamente generica - quella proposta da Juncker, come succede sempre più spesso ci si è divisi su tutto, con una rottura all’interno della stesso triumvirato recentissimamente sancito a Ventotene e plasticamente simboleggiata dalla conferenza stampa congiunta tra il presidente francese François Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel, da un lato, e quella del premier italiano, Matteo Renzi, dall’altro. Ma le fratture non si limitano più solo alle divergenze ormai sedimentate tra il nord e il sud del continente, tra i “rigoristi” e i virtuosi della gestione economica e del risanamento fiscale e i “lassisti” del sud Europa, che intrattengono un rapporto molto più disinvolto con i rispettivi debiti pubblici, tensione riaffermata in ultimo con le reazioni – di Berlino, in particolare - al vertice anti-austerità organizzato ad Atene tra i Paesi del Mediterraneo. Protagonisti nella capitale slovacca sono state infatti le forti riserve espresse dai Paesi del cosiddetto gruppo di Visegrád, formato da Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, al piano di ricollocamento dei profughi – 120 mila - provenienti da Italia e Grecia approvato dal Parlamento europeo. Un piano su cui l’Ungheria del governo ultra nazionalista di Viktor Orban è chiamata ad esprimersi il 2 ottobre, con un rifiuto largamente previsto. Ciò nonostante il ricollocamento ivi richiesto da parte dell’Unione riguardi 1300 persone, una cifra che non giustifica l’allarmismo governativo, anche se è vero che l’Ungheria è il Paese europeo che ha registrato il maggior numero di richieste di asilo nel 2015 – 174 mila, secondo i dati Eurostat, in aumento del 321% rispetto al 2014. Tuttavia Orban ha già ribadito a Bruxelles che il sistema delle quote “ridisegnerebbe l’identità etnica, culturale e religiosa del Paese”, mentre ha suscitato polemiche la proposta avanzata dal premier slovacco Robert Fico, di sorvegliare i musulmani presenti nel Paese – quantificati in 2500 su una popolazione di più di 5 milioni di abitanti. Insomma, se da un lato Renzi preme per una maggiore flessibilità sui conti, i Paesi dell’est la sollecitano invece sui migranti, in un tiro incrociato di richieste difficilmente conciliabili e avanzate in vista di un susseguirsi di appuntamenti elettorali che rischiano di minare la stabilità delle democrazie europee e su cui pesa l’interrogativo della nuova presidenza americana, avvicendamento atteso per novembre e su cui i recenti attentati potrebbero configurare la possibile vittoria dell’outsider Donald Trump, e la conseguente deriva populista. “L’austerità ha fallito e sui migranti non si può continuare così, che nessuno fa niente in Africa e il cerino viene lasciato in mano all’Italia”: così Renzi di ritorno da Bratislava, deluso da un vertice in cui “ci siamo detti le solite cose, non si è fatto alcun passo avanti rispetto a Ventotene”. Passi avanti quanto mai auspicati in vista del varo della legge di stabilità e del referendum costituzionale dei prossimi mesi. Allo stesso modo pesano, nei fragili equilibri europei, la ripetizione delle elezioni presidenziali in Austria, che questa volta potrebbero sancire la vittoria dell’ultra nazionalista Nerbert Hofer, le presidenziali francesi, nella prima metà del 2017 e le batoste elettorali recentemente subite da Frau Merkel (nel Land Meclemburgo e Pomerania e nelle amministrative a Berlino), imputate proprio alla sua apertura nei confronti dei migranti. Una serie di rischi ed incognite che devono aver pesato non poco sul rinvio del tanto atteso rilancio europeo. ottobre 2016 La Rivista - 13 I PROFESSIONISTI SCELGONO IL LORO MATERIALE CON CURA SWISS-SKI SCEGLIE I PNEUMATICI PIRELLI VIGNETTA 2017 IN OMAGGIO PROMOZIONE VALIDA DAL 15.9. 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Il National Geographic di ottobre dedica la copertina ai Nuovi europei e a come le ondate migratorie stiano trasformando il continente. “Stiamo bene e siamo stati ricevuti bene”, ha dichiarato Abed Mohammed Al Khader, 88 anni, e patriarca di una famiglia di sedici persone che ha lasciato la Siria due anni fa, ma “vogliamo tornare indietro”. Il National Geographic riporta numerose testimonianze di migranti tra cui quella di Abed. Lo scorso febbraio 1’500 rifugiati sono arrivati a Berlino e hanno ricevuto accoglienza in una grande palestra vicino allo stadio olimpico. L’Europa è terra d’immigrazione recente dall’inizio degli anni Novanta. In quel periodo 40’000 somali si stabilirono in Svezia in fuga dalla guerra civile. Gli indiani oggi sono tra i tre milioni di asiatici del Sud-Est che si sono stabiliti in Gran Bretagna in quanto provenienti da ex colonie britanniche. Almeno tre milioni di persone di origine turca risiedono in Germania. Arrivarono come lavoratori negli anni Sessanta e Settanta e sono poi rimasti con le loro famiglie prendendo il passaporto tedesco. Quel è il livello d’integrazione? Cosa vuol dire poi integrazione? È per caso la rinuncia alla propria identità culturale originaria? “Sento di poter essere al 100% francese e al 100% algerino” dichiara Massyle Mouzaoui, 10 anni. Suo fratello Ilyas, 8 anni, è d’accordo. Vivono in un quartiere confortevole di Parigi con la mamma francese e il papà algerino naturalizzato in Francia. Ali Tecimen, 34 anni, vive in Germania ed è un’altra testimonianza riportata dal National Geographic di ottobre: “Noi viviamo qui, siamo nati qui, siamo cresciti qui. Ma il luogo che sento nel mio cuore è la Turchia”. I suoi nonni sono venuti appunto in Germania negli anni Settanta come lavoratori ospiti quando sua madre era una bambina. Oggi la famiglia vive a Berlino. “Mi vedo somalo e penso che sarò sempre somalo. Sono venuto in Svezia per trovare pace. La Svezia è un ottimo paese” dice Asad Abdiassiz Dahir, 16 anni. A Magadiscio era sotto pressione per arruolarsi nella milizia islamista al Shabaab ed è quindi fuggito. La sua famiglia è ancora in Somalia. Aggiunge un altro somalo arrivato in Svezia: “Una delle ragioni per cui amo questo paese è la sua ospitalità. I rifugiati sono accolti a braccia aperte”. Il suo nome è Mohamed Ali Osma, 32 anni. Ha raggiunto sua moglie in Svezia nel 2012. Dice anche: “In questo paese è duro non avere un lavoro e la ragione principale per la quale ciò avviene è la barriera linguistica”. Molti rifugiati cercano di raggiungere l’Europa via mare facendo la traversata su delle imbarcazioni insicure e sovraffollate. Nel 2015 si stima che 850’000 rifugiati abbiano raggiunto la Grecia e altri 150’000 l’Italia. Almeno 3’770 persone sono morte nel tentativo. La popolazione di rifugiati nell’Unione Europea è di circa due milioni e mezzo di persone. Di questi il 7% soltanto si trova in Italia, il 4,2% in Svizzera, Il 13,2% in Francia, il 3% in Norvegia, lo 0,7% in Spagna e il 29% in Germania. La dimensione degli arrivi nel 2015 è senza precedenti. Si è passati dai 225’000 richiedenti asilo del 2008 a un milione e trecentomila del 2015. I paesi di provenienza sono la Siria ovviamente (29%), l’Afghanistan (14,8%), l’Irak (9,9%) e altri paesi africani come la Somalia appunto e l’Eritrea. I rifugiati cercano asilo secondo il diritto internazionale. Non possono essere espulsi poiché andrebbero di nuovo incontro ai pericoli da cui fuggono. Questi dati qui riportati hanno per fonte l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati; la divisione per lo studio delle popolazioni delle Nazioni Unite e l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni. Dalla fine della seconda guerra mondiale la Germania ha accolto circa cinquanta milioni d’immigrati. Oggi una persona su otto che vive in Germania è nata altrove. Eppure quando Angela Merkel ha dichiarato pubblicamente nel giugno 2015 che la Germania era un Einwanderungsland, una terra di’mmigrazione, il quotidiano Frankfurter Allgemeine definiva questa dichiarazione “storica”. Alla fine della seconda guerra mondiale gli immigrati in Germani erano quei tedeschi che lasciavano i territori ceduti alla Polonia e alla Russia. Circa dodici milioni di tedeschi arrivarono in un paese distrutto dalla guerra e sovente non accolti bene. Poi è stato il turno degli italiani, degli spagnoli e dei turchi. Oggi ci si rende conto in Germania che l’immigrazione è un’opportunità economica innanzitutto. Il paese ha bisogno d’immigrati: ogni anno muoiono 200’000 persone in più di quelle che nascono. Senza immigrazione la popolazione diminuirebbe. L’arrivo degli immigrati è necessario per mantenere costante il numero della popolazione attiva. [email protected] ottobre 2016 La Rivista - 15 Ministro Calenda: con riordino Camere commercio sistema più efficiente e vicino alle imprese Il CdM approva decreto: numero CCIAA scende da 105 a 60. Si riduce del 50% circa il diritto annuale a carico degli imprenditori “Un provvedimento atteso da tempo che consente importanti risultati in termini di efficienza, razionalizzazione e risparmio per le imprese. Un nuovo modello in grado di dare risposte concrete alla necessità di riorganizzazione sul territorio e di definire con maggiore precisione le funzioni delle Camere. Il Mise rafforzerà in modo significativo la vigilanza e la valutazione delle performance”. Così il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda commenta il decreto legislativo di riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio approvato dal Consiglio dei Ministri. Il provvedimento, di cui il Ministero dello Sviluppo Economico è proponente, è stato messo a punto di concerto con il Ministero dell’Economia, della Semplificazione e della PA. In linea con quanto previsto dall’art. 10 della legge sulla ‘Riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche’ (7 agosto 2015, n. 124), il Decreto varato prevede, in particolare, un piano di razionalizzazione, in un’ottica di efficientamento, di efficacia e di riforma della governance delle Camere di Commercio. Più nel dettaglio, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del Decreto, il numero complessivo delle Camere si ridurrà dalle attuali 105 a non più di 60 nel rispetto dei seguenti vincoli direttivi: almeno 1 camera di commercio per Regione; accorpamento delle camere di commercio con meno di 75mila imprese iscritte. Al fine di alleggerire i costi di funzionamento delle Camere, il decreto prevede 4 ulteriori azioni che riguardano: la riduzione del diritto annuale a carico delle imprese del 50%; la riduzione del 30% del numero dei consiglieri; la gratuità per tutti gli incarichi degli organi diversi dai collegi dei revisori; una razionalizzazione complessiva del sistema attraverso l’accorpamento di tutte le aziende speciali che svolgono compiti simili, la limitazione del numero delle Unioni regionali ed una nuova disciplina delle partecipazioni in portafoglio. Il provvedimento introduce quindi maggiore chiarezza sui compiti delle Camere con l’obiettivo di focalizzarne l’attività su attività istituzionali evitando, al contempo, duplicazioni di responsabilità con altri enti pubblici. Viene infine rafforzata la vigilanza del Ministero dello Sviluppo economico, con una valutazione stringente da parte del dicastero sulle performance delle Camere di Commercio da parte di un comitato indipendente di esperti. Nell’ambito di questo piano complessivo di razionalizzazione organizzativa ricade anche la rideterminazione delle dotazioni organiche di personale dipendente delle camere di commercio con possibilità di realizzare processi di mobilità tra le medesime camere e definizione dei criteri di ricollocazione presso altre amministrazioni pubbliche del personale che dovesse risultare soprannumerario. Disciplina allineata al DLGS sulle società partecipate previsto dall’art. 18 della «legge Madia» Sulla razionalizzazione delle partecipazioni delle camere si applica il decreto legislativo in materia di società a partecipazione pubblica adottato in attuazione dell’articolo 18 della legge 7/8/2015, n. 124 (Legge Madia): - Le camere (come le altre PA) “non possono costituire, acquisire o mantenere società o partecipazioni in società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali” - Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del succitato decreto, ciascuna amministrazione pubblica (quindi anche le camere) effettua la ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del decreto, individuando quelle che devono essere alienate. L’alienazione deve avvenire entro un anno dalla conclusione della ricognizione delle partecipazioni. Tuttavia le pubbliche amministrazioni possono comunque mantenere le partecipazioni in società quotate detenute al 31 dicembre 2015 Inoltre “gli atti di razionalizzazione delle partecipazioni societarie adottati dalle camere di commercio sono trasmessi anche al Ministero dello Sviluppo Economico, che ne verifica la corrispondenza alle disposizioni di legge. Ove non ne verifichi la corrispondenza, il Ministero, entro trenta giorni, può chiedere l’adeguamento fissando un termine non superiore a trenta giorni. Decorso inutilmente tale ultimo termine, il Ministero può adottare i suddetti provvedimenti in via sostitutiva” ottobre 2016 La Rivista - 17 RANGE ROVER EVOQUE CONVERTIBLE EMOZIONI A CIELO APERTO. OFFERTA TOP-LEASING. Scegliendo subito l’offerta Top-Leasing disponibile sulla nuova Range Rover Evoque Convertible, risparmiate le prime 3 rate di leasing per un totale compreso tra CHF 2’238.– e CHF 3’600.–*. Mai prima d’ora le emozioni alla guida erano state così convenienti. 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Modello raffigurato: Range Rover Evoque Convertible 2.0 TD4 HSE DYNAMIC, 180 CV, consumo normalizzato combinato: 5.7 l/100 km, 149 g CO2/km (media di tutte le vetture commercializzate in Svizzera: 139 g/km), equivalente benzina: 5.9 l/100 km, categoria di efficienza energetica: B, equipaggiamenti speciali (verniciatura metallizzata Premium, pacchetto Black Design) inclusi: CHF 69’920.–, acconto 10% CHF 6’992.–, rata di leasing CHF 948.10/mese (dal 4° mese), tasso annuo effettivo: 4.49% (durata: 48 mesi/15’000 km/anno), escl. assicurazione casco totale obbligatoria. In generale è possibile scegliere liberamente le condizioni di leasing, con conseguente modifica degli sconti applicati. Free Service: 4 anni o 100’000 km. Vale la condizione raggiunta per prima. LAC: Lugano Arte Cultura Il Lac: vista area Buona la prima I primi 365 giorni di programmazione hanno portato al LAC oltre 260’000 spettatori per gli spettacoli, le mostre e le varie attività proposte. L’interesse e l’affetto mostrato dal pubblico fin dall’inaugurazione si sono mantenuti lungo l’arco della stagione: più di 80’000 spettatori hanno seguito le rassegne musicali, teatrali e della danza; più di 80’000 i visitatori venuti per le arti visive. Il programma di mediazione culturale LAC edu ha coinvolto e avvicinato alle arti in modo diverso e sorprendente 34’000 partecipanti, moltissime le scuole e i ragazzi. Gli eventi privati si sono intensificati gradualmente nel corso dei mesi e hanno raggiunto quota 133, ospitando quasi 20’000 invitati. Michel Gagnon, direttore generale LAC, si è detto “ovviamente molto contento di questi numeri, come delle impressioni che gli artisti, il nostro altro pubblico, hanno condiviso. Sono ambasciatori importanti per il LAC. Certo, pensando che è solo il primo anno, voltandomi indietro a vedere quanto è stato fatto posso dire che sì, è stato un successo. Ci tengo co- munque a sottolineare che siamo solo all’inizio di un percorso che si svilupperà su più anni, questa è una valutazione della prima stagione. Sono ancora molte le cose da fare, ma era essenziale partire bene. È il segnale che il cammino intrapreso insieme ai direttori artistici, che ringrazio per il loro prezioso lavoro, è quello giusto”. Le cifre confermano la tradizione della musica classica con un’occupazione media che supera il 90%, una risposta entusiasta per le nuove proposte della danza e la capacità delle mostre di attrarre visitatori anche oltre i confini ticinesi: il 58% proviene da fuori cantone, con la Svizzera interna a farla da padrone e la vicina penisola che confer- ottobre 2016 La Rivista - 19 ma l’attenzione verso l’offerta luganese. Il primo anno ha segnato anche l’inizio di diverse coproduzioni: dalla creazione della Compagnia Finzi Pasca nell’ambito della residenza artistica (luglio-agosto 2016) che debutterà a novembre a Lugano, allo spettacolo “Gabbiano” realizzato con LuganoInScena, il Piccolo Teatro di Milano e il Teatro Sociale di Bellinzona, che ha calcato i maggiori palcoscenici italiani, incontrando il favore di critica e pubblico (19’000 spettatori). La prima stagione ha portato al LAC artisti del calibro di Anthony McCall, Les Ballets de Monte-Carlo, Sol Gabetta, i direttori Dutoit, Gergiev, Haitink, i registi Mario Martone, Antonio Latella, l’opera teatrale di Peter Brook e i capolavori di Alberto Giacometti, Lucio Fontana, Andy Warhol, Aleksandr Rodchenko, trasformando il nuovo centro culturale da progetto a realtà artistica interessante su più livelli. La nuova programmazione A dare il là alla nuova programmazione, una prima svizzera: la video installazione Slow Dancing, firmata dall’artista statunitense David Michalek. L’opera consiste in un trittico di grandi dimensioni che celebra la danza e che verrà proiettato fino al 9 ottobre sulle facciate del centro culturale, dopo esser stato presentato al Lincoln Center di New York e in altri luoghi iconici come l’Arsenale della Biennale di Venezia, l’Opéra Bastille di Parigi e Trafalgar Square a Londra. Assieme a Slow Dancing per le arti visive un grande precursore dell’arte moderna, Paul Signac (inaugurata il 3 settembre, vedi presentazione pag 54-55 – ndr)), e Ilya Kabakov, tra i dieci artisti più importanti a livello internazionale, assieme alla moglie Emilia; la “Sagra della Primavera” di Stravinskij eseguita dalla Royal Philharmonic Orchestra diretta da Charles Dutoit per la musica classica, e la compagnia del Béjart Ballet Lausanne per il cartellone della danza internazionale e contemporanea. La musica classica nel segno di qualità La musica classica torna protagonista nel segno di una programmazione di qualità, ricca di nomi di riferimento del panorama internazionale. LuganoMusica inizia con la bacchetta di Charles Dutoit e gli strumentisti della Royal Philharmonic Orchestra: in programma il capolavoro più rivoluzionario del compositore russo Stravinskij, la “Sagra della Primavera”. Durante la stagione non mancheranno i virtuosi, tra i quali spiccano Maurizio Pollini e Julia Fischer – artist in residence –, i direttori di fama internazionale come Temirkanov, Koopman e Haitink e le grandi orchestre come la BBC Philharmonic Orchestra, la Filarmonica di San Pietroburgo, l’Accademia di Santa Cecilia e l’Orchestra Mozart – che riprende il suo cammino dopo la morte di Claudio Abbado con due soli concerti, a Bologna e Lugano; non mancherà naturalmente l’Orchestra della Svizzera italiana. Il teatro e la danza Con il termine Lógos va in scena la stagione teatrale e di danza curata da LuganoInScena. Sul palco del LAC verranno presentate le produzioni internazionali Purgatorio dell’argentino Ariel Dorfman con l’interpretazione eccezionale di Laura Marinoni e “Ifigenia liberata” in collaborazione con LAC e Piccolo Teatro di Milano, per la regia di Carmelo Rifici. A novembre debutterà in anteprima internazionale la nuova creazione della Compagnia Finzi Pasca, “Per te”, interamente realizzata al LAC. Nel corso della stagione verrà ricordato il genio di William Shakespeare, a 400 anni dalla morte, con tre appuntamenti tra cui Giulio Cesare. Pezzi staccati del maestro internazionale Romeo Castelucci che, insieme a Emma Dante e al regista svizzero tedesco Christoph Marthaler compone un trittico di grandi maestri della scena. Tornerà la grande danza con spettacoli di qualità impareggiabile come Barbarians di Hofesh Shechter, la coproduzione del Ballet National de Marseille e il Béjart Ballet Lausanne, con il famosissimo Boléro di Ravel. La pittura e la fotografia Le proposte espositive del MASI Lugano anche quest’anno esplorano ambiti artistici differenti: ad aprire la nuova stagione, i linguaggi pittorici di Paul Signac, precursore della pittura moderna, e di Antonio Calderara, figura singolare del panorama artistico italiano. A seguire, in primavera, il museo dedicherà un’ampia mostra ai rapporti fra la grande artista svizzera Meret Oppenheim e gli amici artisti Giacometti, Ernst, Duchamp, Magritte, … A marzo verranno presentate opere fotografiche recenti e inedite del britannico Craigie Horsfield attraverso un progetto realizzato in collaborazione con l’artista Per un polo urbano competitivo Di seguito pubblichiamo l’intervento del sindaco Lugano Marco Borradori, in occasione della conferenza stampa di presentazione dei risultati della prima stagione del LAC «“Leggiamo per avere un cuore intelligente” ha scritto il filosofo francese Alain Finkielkraut. Mi appare spontaneo, per analogia, estendere questa massima fino a farle abbracciare tutta la conoscenza nella sua integralità e, dunque, anche la cultura. Sono persuaso che sia esperienza di molti: guardare un’opera d’arte, assistere a una pièce teatrale o ascoltare un brano musicale infonde una sensazione di pienezza e benessere fisico e mentale. Da sinistra, Lorenzo Sganzini direttore divisione cultura della Città di Lugano, Marco Borradori, Roberto Badaracco capo dicastero cultura, sport ed eventi della Città di Lugano e Michel Gagnon direttore generale LAC. © Zocchetti 20 - La Rivista ottobre 2016 stesso e il Central Museum di Utrecht, e ad aprile le ricerche di due protagonisti dell’arte italiana del dopoguerra, Alighiero Boetti e Salvo. Lo Spazio -1 Collezione Giancarlo e Danna Olgiati ospita invece la coppia di artisti Ilya & Emilia Kabakov, precedendo la grande retrospettiva che la Tate Modern di Londra consacrerà ai due grandi artisti russi nell’ottobre 2017. Il calendario completo della Stagione 2016/17 e tutte le informazioni sono disponibili sul sito: www.luganolac.ch La video installazione Slow Dancing, firmata dall’artista statunitense David Michalek Slow Dancing Una video installazione di David Michalek Slow Dancing si compone di una serie di 43 ritratti in movimento realizzati attraverso la tecnica dell’hyper-slow-motion video ideata dall’artista. In questi ritratti compaiono ballerini e coreografi provenienti da tutto il mondo, la cui sequenza di movimenti è proiettata, in forma di trittico, su ampie superfici pubbliche. La registrazione della sequenza dei movimenti di ciascun artista, della durata di cinque secondi, si è svolta all’interno di un set appositamente concepito, adoperando videocamere in grado di catturare 1’000 fotogrammi al secondo in alta definizione. Il risultato è una serie di video in cui l’azione dei danzatori è estremamente rallentata e il mutare dei loro gesti quasi impercettibile. I 43 ritratti che si susseguono rivelano così la tecnica e l’espressività unica dei singoli artisti: tra gli altri l’estensione di un arabesque, le figure coreografiche delle braccia e la rotazione delle mani nel flamenco, l’headspin di un break dancer. Lo slow-motion accentuato permette di percepire la complessità di gesti apparentemente semplici e di catturare dettagli che normalmente sfuggono all’occhio, mentre la grande dimensione dell’installazione contribuisce a dare un’aria solenne ai danzatori. Osservando i trittici che si combinano in modo casuale senza mai ripetersi nell’arco dei giorni di programmazione, lo spettatore può confrontare ballerini appartenenti a stili e culture diverse: danza classica, flamenco, break dance, capoeira, tip tap, Butoh, appaiono uno a fianco all’altro. I protagonisti sono ballerini e coreografi di riferimento della danza classica e moderna, così come noti interpreti di danze tradizionali e forme contemporanee. Oltre che per lo stile, si differenzia- Il mio auspicio come sindaco della Città di Lugano, è dunque che il nuovo centro culturale LAC Lugano Arte e Cultura possa toccare il cuor di tutti – popolazione e visitatori – e gettarvi semi di intelligenza: il seme della curiosità e quello del dialogo, il seme del bello e quello della civiltà, il seme della passione e quello del dissenso. Tutti elementi che, uniti, contribuiscono a formare il ‘cuore intelligente’ che pulsa nei singoli e sostiene la crescita e la coscienza della società civile. Il direttore del LAC, Michel Gagnon, ha avuto fin da subito un approccio affine a questa intuizione e ha reso il centro culturale un tessuto vitale, intrecciando la trama dell’accoglienza sull’ordito dell’apertura. Quest’anno cittadinanza e visitatori di ogni età e cultura hanno trovato ala LAC proposte diversificate per esigenza, età, formazione, gusti e occasioni. Sono certo che tutti se ne sono andati con un po’ di spirito del LAC nel cuore. Il mio secondo desiderio – che è anche un obiettivo della Città – è che il LAC possa diventare uno dei pilastri del processo di riforma istituzionale e socioeconomica in atto nella nostra no per età, fisicità, formazione e provenienza. Tra loro compaiono gli importanti coreografi della storia della danza William Forsythe, Trisha Brown e Sidi Larbi Cherkaoui; le ballerine Wendy Whelan (New York City Ballet) e Shantala Shivalingappa; il direttore artistico del Alvin Ailey American Dance Theatre Judith Jamison e Alexei Ratmansky, ex ballerino e direttore del Bolshoi Ballet, ora artista in residenza all’American Ballet Theatre. città, confrontata a cambiamenti strutturali radicali. La presenza del centro culturale, fortemente voluta, risponde alla scelta strategica di un agglomerato che mira ad essere un polo urbano competitivo e attivo nel contesto globale. Per raggiungere questo traguardo operiamo su diversi piani, fra i quali quello culturale. Posso dunque dire che l’esito di questa prima stagione è buono, sia per quanto riguarda il mio auspicio sia come tendenza verso l’obiettivo di un posizionamento della Città quale quello culturale di riferimento regionale, nazionale e internazionale (come indicato nelle linee direttive Lugano Orizzonte 2025, obiettivi operativi 2016-2025). Chiudo il cerchio – iniziato con il cuore intelligente e l’abbraccio della conoscenza – con un pensiero grato a Daniele Finzi Pasca e alla sua Compagnia residente al LAC, che quest’anno abbiamo accompagnato nella gioia e nel dolore. Questo grande protagonista della scena artistica mondiale, capace d’incanto come pochi, incarna lo spirito e il cuore racchiuso dal LAC che vogliamo.» ottobre 2016 La Rivista - 21 Cultura d’impresa di Enrico Perversi L’ottimismo è il profumo della vita La resilienza è la capacità di superare gli ostacoli che si incontrano sul cammino, gli ottimisti ne sono dotati più di altri. Un famoso spot pubblicitario della Nike significativamente intitolato “fallimento” ha per protagonista Michel Jordan riconosciuto come il più grande giocatore di basket di tutti i tempi. Il suo racconto è il seguente: “Nella mia carriera ho sbagliato novemila tiri. Ho perso quasi trecento partite. Per ventisei volte sono stato scelto per fare il tiro decisivo ed ho fallito. Nella mia vita ho sbagliato molte volte……….. ed è per questo che ho avuto successo.” Anche nell’ambito degli affari molte persone ritengono che errori e fallimenti siano un passaggio obbligato per raggiungere e superare i traguardi che ci si è prefissi purché si abbia la capacità di essere resilienti. La resilienza in ingegneria è la capacità di un materiale di assorbire energia da una deformazione elastica recuperando lo stato originale quando cessi la sollecitazione; come in altri casi, la psicologia ha adottato lo stesso termine per indicare la capacità dell’uomo di far fronte ad eventi traumatici recuperando il proprio equilibrio interiore. Nelle aziende questo termine è diventato popolare perché le difficoltà quotidiane richiedono la capacità di superare ostacoli imprevisti e ciò è tanto più rilevante quando si occupano ruoli di leadership. Nel suo libro Search Inside Yourself che descrive il programma che Google ha sviluppato al suo interno sui temi dell’intelligenza emotiva e della mindfulness, Chade Meng Tan afferma che è possibile allenarsi alla resilienza a tre differenti livelli. Il primo è quello di raggiungere la calma interiore attraverso l’esercizio della meditazione, tale pratica, di origini antiche, permette di gestire la propria mente concentrandosi sul respiro e lasciando scorrere pensieri ed emozioni. Questo esercizio apparentemente banale è alla base di quella che oggi viene chiamata mindfulness o consapevolezza che molte aziende stanno introducendo facendo attenzione ad un utilizzo laico della metodologia che è patrimonio del buddismo da circa 2500 anni. Vi sono evidenze scientifiche molto chiare sostanziate da studi clinici che dimostrano i numerosi benefici di cui la calma interiore è il fondamento: gestione dello stress, miglioramento della comunicazione, capacità di mantenere la concentrazione. Il secondo livello di allenamento riguarda la cosiddetta resilienza emotiva. Successo e fallimento sono emozioni e come tali devono essere gestite perché non diventino disfunzionali, questo può essere conseguito abituandosi a sperimentare nel corpo queste emozioni, a riconoscerle e accettarle decidendo consapevolmente i comportamenti da tenere. Per fare questo è necessaria la calma interiore che abbiamo visto precedentemente e che quindi possiamo considerare l’allenamento – base, in buona sostanza si tratta di imparare a non deprimersi nelle sconfitte e a non esaltarsi nei successi. Il terzo livello è quello della resilienza cognitiva vale a dire affrontare con ottimismo le avversità. Il fallimento è un’esperienza comune che tutti, in qualche momento della nostra vita, abbiamo sperimentato in termini di maggiore o minore gravità, ma quello che contraddistingue le persone di successo è come lo spiegano a se stessi: gli ottimisti ritengono che sia un passo indietro temporaneo causato da circostanze particolari e superabile mediante abilità ed impegno. I pessimisti, al contrario, pensano sia causa di una incapacità personale, per loro i passi indietro saranno duraturi e dovuti alla loro inadeguatezza e quindi non superabili. Per fortuna anche l’ottimismo si può imparare, dapprima è necessario rendersi conto che facciamo molto caso agli eventi negativi e sorvoliamo su quelli positivi, Barbara Fredrickson, studiosa di psicologia positiva, ha scoperto che occorrono 3 esperienze positive per superarne una negativa, un sentimento negativo è quindi 3 volte più forte di uno positivo. Successivamente, si deve utilizzare la consapevolezza per sviluppare l’obiettività su quello che ci succede e per gestire le emozioni conseguenti, infine bisogna giungere a considerare successo e fallimento per quello che sono con un atteggiamento di calma interiore. Nei percorsi di introduzione alla consapevolezza, che svolgo con manager posso verificare l’efficacia delle tecniche che ho descritto, ci sono però dei prerequisiti. Il primo è l’assunzione di responsabilità da parte di chi decide di iniziare a lavorare su se stesso svolgendo l’allenamento alla consapevolezza con regolarità ed impegno, il secondo è quello di aver chiaro l’obiettivo. La resilienza è la capacità di superare gli ostacoli che si incontrano sul cammino ma prima si deve aver chiaro dove si vuole andare. [email protected] 22 - La Rivista ottobre 2016 Donne in carriera: Carla Ferroni di Ingeborg Wedel Oggi vi voglio presentare la stilista Carla Ferroni che a Rio Saliceto in provincia di Reggio Emilia, crea per la donna da oltre 30 anni una moda comoda, con dei dettagli sfiziosi, eleganti, sportivi, alla portata di tutti. La “Carla Ferroni” - azienda familiare che ha come diretti collaboratori il marito, i figli di Carla ed il cognato - può contare su 35 dipendenti e oltre 200 nell’indotto e, nonostante I’attuale crisi, lavora a pieno ritmo. Oltre a creare e curare la nascita di ogni capo delle sue collezioni, Carla li presenta personalmente alla sua vasta clientela, sia in Italia che all’estero. Ho dovuto attendere a lungo questo incontro e – finalmente - tra un viaggio e l’altro Carla ci siamo incontrate. “Sono nata a Guastalla, in provincia di Reggio Emilia, a metà degli anni Cinquanta. Mi sono diplomata in ragioneria, dopo di che mi sono sposata e ho avuto due figli. L’inizio della mia carriera coincide con il mio matrimonio. Infatti, all’epoca mio marito, insieme ai genitori aveva una piccola azienda di abbigliamento donna. Mi sono avvicinata così, per caso e per amore, a quella che sarebbe poi diventata l’attività della mia vita e una grande passione. Allora si faceva quasi tutto a mano, non c’erano tecnologie per il disegno e lo sviluppo dei modelli, il lavoro era soprattutto artigianale. Per affinare la tecnica mi sono iscritta a un corso di modellista, dove ho scoperto i trucchi del mestiere. Di quel periodo ricordo in particolare i consigli e gli insegnamenti di una signora, esperta di maglieria. Da lei ho imparato come si possono trovare soluzioni creative, sempre nuove”. Dopo essersi presentata, così Carla ha risposto alle nostre consuete domande. Quanto tempo le è servito per sentirsi apprezzata come manager? Un po’ alla volta ho costruito la mia professionalità, non senza difficoltà, ma sempre con grande ottimismo e la certezza che lavorando seriamente, impegnandosi a fondo, si riesce a far apprezzare le proprie qualità. Quando il cuore incontra la ragione (e non soccombe) Quali difficoltà ha incontrato? Ogni giorno devo confrontarmi con i problemi contingenti, le esigenze di un mercato sempre in evoluzione, complesso e mutevole. Io tendo ad affrontarlo in modo estroso, lavorando sulle idee e cercando soluzioni creative, ma talvolta mi scontro con la parte “commerciale” e più pragmatica dell’azienda, rappresentata dagli uomini della mia famiglia: marito, figli e cognato. Cuore e ragione rischiano di contrapporsi, ma ho imparato a difendere le mie istanze, accogliendo le richieste del marketing, in un’alternanza dialettica fra i bisogni dello stile e quello dei “numeri”. Ha avvertito diffidenza nei suoi confronti? In generale lavoro in un ambiente sereno, in cui non riscontro diffidenza. Fortunatamente mi sembra di essere percepita come un’amica più che un “capo” e diverse persone si rivolgono a me per chiedere consigli di lavoro o anche personali. Mi fa piacere! Immagino dipenda dal fatto che sono una persona semplice, istintiva, che non si pone mai su un piedistallo. Quali sono gli ostacoli che ha dovuto affrontare? Il fatto poi di essere ai vertici di un’azienda, di dover proporre continuamente idee nuove, di essere un “sensore” di quello che avverrà, almeno in termini di stile, qualche ostacolo lo crea, anche perché far accettare le proprie idee in un mondo tuttora un po’ maschilista, dominato dalle necessità marketing, non è semplice. Inoltre, nella mia posizione, bisogna imparare una regola fondamentale: mantenere il controllo, sempre. Anche quando si avrebbe voglia di sfogarsi e lasciarsi andare dicendo: “ Te l’avevo detto!” devono prevalere gentilezza e infinita pazienza. Il suo ruolo le riserva dei vantaggi? Il rovescio della medaglia, positivo, è che con questo lavoro si incontrano tante persone, si hanno molti stimoli e il continuo confronto con gli altri, aiuta a migliorare. L’importante è mantenere la lucidità, non sentirsi mai “arrivati” o addirittura un passo avanti agli al- tri. Bisogna saper ascoltare tutti, indistintamente, prendendo sempre il meglio da ciascuno. L’intuito è una qualità soprattutto femminile? In generale, devo ammetterlo, tendo a fidarmi soprattutto delle intuizioni femminili che si rivelano più sottili di quelle maschili. È naturale, sono di parte, ma è indubbio che la donna sia più sensibile, delicata, precisa e perché no? Anche più responsabile direi! Quanto conta per la donna in carriera l’arte della seduzione? Anche allo stato inconscio La femminilità per me non è sinonimo di seduzione. Non ho mai dato troppa importanza a questo aspetto: le persone che mi circondano apprezzano soprattutto il mio buon umore, l’allegria e il mio lato sempre positivo, anche nei momenti più bui. Qual è la soddisfazione maggiore della donna manager? Mi considero una persona soddisfatta, grazie alla mia famiglia e ai risultati raggiunti tutti insieme nell’azienda. Che atteggiamento assume verso le dipendenti femminili? Ho un ottimo rapporto; non mancano le discussioni, ma è tutto nella norma. Mi piace lavorare in un ambiente tranquillo e considerare le mie collaboratrici più come amiche che colleghe. È anche grazie a questo “segreto” che si raggiungono gli obiettivi desiderati. A che cosa ha docuto rinunciare per affermarsi professionalmente? Il lavoro è tutta la mia vita e le rinunce per avere buoni risultati sono tante: alla famiglia si sottrae tempo prezioso così come alla vita personale. Nessuno spazio agli hobbies, viaggi tanti sì, ma sempre di lavoro. In compenso avendo coinvolto i miei figli nell’azienda di famiglia, riusciamo a passare più tempo insieme, facendo coincidere impegno e affetti. Anche per questo mi considero una donna fortunata! ottobre 2016 La Rivista - 23 Burocratiche di Manuela Cipollone Le novità in Gazzetta Ufficiale Tecnologia al servizio del cittadino e consumo consapevole di beni e risorse. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale sono entrate in vigore la legge sul processo amministrativo telematico e quella “antisprechi”. Il processo amministrativo telematico - PAT – prenderà il via a gennaio 2017: da allora in poi tutti gli atti dovranno essere sottoscritti in forma digitale e seguire un iter che, nelle intenzioni del Legislatore, dovrebbe essere più rapido, sicuro ed efficiente. Niente più carta Ciò vorrà dire niente più carta, nella maggior parte dei rapporti tra avvocature e uffici giudiziari, anche per i primi tre mesi, dunque fino al 31 marzo, resteranno ancora valide le vecchie regole. Gli strumenti del nuovo PAT sono il Sistema Informativo della Giustizia Amministrativa (Siga) che conterrà tutti i documenti – sia dei magistrati che degli avvocati – digitalizzati e crittografati, per motivi di sicurezza. Ogni documento dovrà essere sottoscritto con firma digitale: ogni legale potrà visionarli attraverso il “Portale dell’Avvocato”. L’invio di ogni documento sarà per posta certificata (Pec). Riduzione degli sprechi Dal risparmio di tempo a quello di beni e cibi. In vigore da settembre la cosiddetta legge antispreco - Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi – nasce con l’obiettivo di ridurre gli sprechi nelle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di diversi prodotti. Da un lato, la legge vuole favorire il recupero e la donazione sia delle eccedenze alimentari che dei farmaci a fini di solidarietà sociale, dall’altro vuole contribuire alla limitazione degli impatti negativi sull’ambiente e sulle risorse naturali mediante azioni volte a ridurre la produzione di rifiuti e a promuovere il riuso e il riciclo al fine di estendere il ciclo di vita dei prodotti. Infine, con la legge il Governo vuole contribuire ad attività di ricerca, informazione e sensibilizzazione dei consumatori, soprattutto i più giovani. Gli operatori del settore alimentare potranno cedere le eccedenze alimentari prima di tutto agli indigenti e poi a quelli che la legge chiama “soggetti donatari”. L’articolo 3 stabilisce anche che “le eccedenze alimentari, nel rispetto dei requisiti di igiene e sicurezza e della data di scadenza, possono essere ulteriormente trasformate in prodotti destinati in via prioritaria all’alimentazione umana o al sostegno vitale di animali”. Altri sei articoli stabiliscono come donare le eccedenze farmaceutiche, ma anche articoli e accessori di abbigliamento. In Gazzetta anche una nota con cui la Farnesina comunica di aver depositato al Ministero degli affari esteri cinese lo strumento di ratifica dell’Accordo istitutivo della Banca asiatica per gli investimenti in infrastrutture. Come previsto dall’articolo 58 dell’accordo, siglato a Pechino nel giugno 2015, l’Italia è diventata membro della Banca il 13 luglio 2016. White list: un elenco in costante aggiornamento Ha già trovato spazio sulla Rivista il decreto del Ministero dell’economia e delle Finanze sulla cosiddetta white list con cui si aggiorna l’elenco dei paesi – stabilito con un decreto ministeriale del 1996 – con cui l’Italia può 24 - La Rivista ottobre 2016 attuare lo scambio di informazioni. 123 gli stati e territori presenti nel nuovo elenco – dall’Albania allo Zambia - che ora include anche la Svizzera. Un elenco che comunque può essere aggiornato qualora – come recita il nuovo articolo 1bis introdotto dal decreto – possono esserne eliminati “gli Stati ed i territori con i quali, in ragione di reiterate violazioni dell’obbligo di cooperazione amministrativa tra Autorità competenti, non risulti assicurata nella prassi operativa l’adeguatezza dello scambio di informazioni, ai sensi di uno strumento giuridico bilaterale o multilaterale in vigore con la Repubblica italiana”. Testo unico (Tu) sulle società partecipate In vigore anche il testo unico (Tu) sulle società partecipate che si applica alle società di capitali: il Tu riduce le società e individua i criteri qualitativi e quantitativi attraverso i quali razionalizzare a regime la platea delle partecipate. Non sono consentite le società prive di dipendenti o quelle che hanno un numero di dipendenti inferiore a quello degli amministratori, quelle che nella media dell’ultimo triennio hanno registrato un fatturato sotto il milione di euro, quelle inattive che non hanno emesso fatture nell’ultimo anno, quelle che svolgono all’interno dello stesso comune o area vasta doppioni di attività, quelle che negli ultimi cinque anni hanno fatto registrare quattro esercizi in perdita e quelle che svolgono attività non strettamente necessarie ai bisogni della collettività. Saranno consentite solo le partecipate pubbliche che svolgono le attività elencate nel testo unico: servizi pubblici, opere pubbliche sulla base di un accordo di programma, servizi pubblici o opere pubbliche in partenariato pubblico/privato, servizi strumentali, servizi di committenza, valorizzazione del patrimonio immobiliare dell’amministrazione. In caso di crisi aziendali si applicano regole privatistiche mentre gli amministratori risponderanno al giudice civile e alla Corte dei conti per danno erariale. Centri o strutture governative di prima accoglienza Di tutt’altro tenore il decreto con cui il Ministero dell’Interno individua i requisiti strutturali e i servizi dei centri o strutture governative di prima accoglienza per minori stranieri non accompagnati. Il provvedimento – siglato dal Viminale, d’intesa con il Ministero dell’Economia - individua i requisiti dei centri (articolo 3), che devono “assicurare la permanenza continuativa del minore straniero non accompagnato nell’arco delle 24 ore, per un periodo non superiore a sessanta giorni”, e garantire “l’ospitalità di 50 minori in almeno due sedi alla stessa destinate in via esclusiva”, tenuto conto che “ciascuna sede può accogliere fino ad un massimo di 30 minori”. Disciplinati anche i servizi che le strutture devono erogare ai giovani ospiti (articolo 4): da quelli relativi alla gestione amministrativa - con la registrazione dell’ingresso e dell’uscita definitiva dal centro, e dei movimenti giornalieri - a quelli relativi alla persona - come la mensa, i beni per la cura personale, l’orientamento linguistico e la mediazione culturale, l’informazione giuridico-legale, il supporto alle autorità competenti e all’identificazione e all’affidamento successivo del minore. Le strutture devono dotarsi, inoltre, di un regolamento. In questo modo – spiega il Viminale – si dà attuazione alla recente normativa su accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e su riconoscimento e revoca del relativo status (decreto legislativo 18 agosto 2015, n.142) incentrata, per quanto riguarda l’accoglienza dei minori non accompagnati, sul “superiore interesse del minore in modo da assicurare condizioni di vita adeguate alla minore età, con riguardo alla protezione, al benessere ed allo sviluppo anche sociale del minore”. In fase di prima applicazione (articolo 9), il bando di gara deve prevedere modalità di attestazione dei requisiti strutturali “tali da consentire l’adeguamento delle strutture di accoglienza già autorizzate ai sensi della normativa nazionale e regionale in materia di minori”. ottobre 2016 La Rivista - 25 Normative allo specchio di Carlotta D’Ambrosio con la collaborazione di Paola Fuso Il part-time agevolato in vista della pensione e la staffetta generazionale Tra i tanti tentativi di riforma del mercato del lavoro italiano, appare particolarmente interessante l’idea di un contratto stipulato tra il datore di lavoro e il lavoratore per l’accompagnamento alla pensione di vecchiaia, con riduzione della prestazione lavorativa, dei dipendenti in possesso di specifici requisiti. Il punto di partenza è l’esistenza di un contratto a tempo pieno ed indeterminato e la trasformazione in part-time deve essere richiesta dal lavoratore ed accettata dal datore. Soggetti interessati sono i dipendenti del settore privato e degli enti pubblici economici, compresi gli studi professionali, ma soprattutto si deve trattare di lavoratori a meno di 3 anni dalla pensione di vecchiaia (che si ritireranno nel 2018) con almeno 20 anni di contributi. Dal punto di vista giuridico ci riferiamo al Decreto Interministeriale del 13 aprile 2016 con cui è stata data attuazione a quanto previsto nell’art. 1, comma 284, della legge n. 208/2015. Dal punto di vista sociale quello a cui si assiste è il tentativo di legittimare la c.d. “staffetta generazionale” ed agevolare una uscita graduale dal mondo del lavoro dei dipendenti più anziani così da poter contare su un ulteriore strumento di contrasto della disoccupazione giovanile. Come osservato dal Ministero del Lavoro, all’incremento dell’aspettativa di vita corrisponde un allungamento dell’età lavorativa ed una progressiva posticipazione dell’età pensionabile. La ratio della disciplina, pertanto, è quella di introdurre nell’Ordinamento Italiano un meccanismo (sperimentale) di uscita graduale dall’attività lavorativa per i lavoratori prossimi alla pensione. In pratica, accertato il possesso dei requisiti, i lavoratori potranno accordarsi con il datore di lavoro per trasformare il rapporto di lavoro da full-time a part-time, con riduzione dell’orario di lavoro in misura non inferiore al 40% e non superiore al 60%. La fruizione di questo peculiare part-time è incentivata dalla previsione di un duplice beneficio in favore del lavoratore che percepirà mensilmente, oltre alla retribuzione di regola spettante per il tempo parziale lavorato, un ulteriore elemento retributivo (non imponibile a fini fiscali né previdenziali ed assistenziali ex art. 2, comma 4, Decreto 7 aprile 2016) determinato sulla base della contribuzione previdenziale ai fini pensionistici a carico del datore di lavoro calcolata sulla quota di retribuzione non più erogata per effetto della riduzione di orario La seconda incentivazione economica consiste nel riconoscimento di una retribuzione mensile pari a circa i due terzi di quella del precedente rapporto full-time, ma superiore a quella di un equivalente part-time non agevolato. Tutto ciò senza che il futuro trattamento pensionistico subisca alcuna decurtazione. Per il lavoratore, il part-time agevolato è conveniente, tranne forse per i lavoratori con basso salario, con esigenze personali o familiari che non consentano di rinunciare alla maggiore retribuzione di un rapporto a tempo pieno. Dal punto di vista datoriale, pur ammettendo che in termini di costi contributivi il ricorso all’istituto in esame è neutro, la riduzione dell’orario di lavoro tra il 40% ed il 60% potrebbe richiedere che in quella quota oraria sia qualcun altro a svolgere la prestazione lavorativa. Ed è in questo gap che si annidano le speranze del Legislatore: il “vuoto” dovrebbe indurre le aziende ad assumere nuovo personale, in particolare giovani disoccupati. Tuttavia le aspettative non si sono declinate in legge: non esiste nessun automatismo tra concessione del part-time assunzione di un giovane. Il rischio è che il mantenimento a lavoro del dipendente anziano in part-time e del giovane neo-assunto sia complessivamente più costoso, e ciò senza contare che il datore di lavoro potrebbe ritenere più conveniente ridistribuire la quota oraria liberatasi tra la forza lavoro già disponibile, o non effettuare alcuna assunzione o redistribuzione. Al più, il ricorso all’istituto in esame può fornire l’occasione per consentire un ricambio generazionale graduale in azienda, procedendo all’inserimento di forza lavoro anagraficamente giovane senza dover attendere il pensionamento dei lavoratori anziani. In conclusione, si può affermare che la misura del part-time agevolato per gli ultrasessantenni presenta potenzialmente le caratteristiche per favorire l’uscita graduale dall’attività lavorativa, sebbene il voluto carattere sperimentale sembra aver pregiudicato eccessivamente l’istituto. Inoltre, la procedura per l’ammissione al beneficio, per la sua complessità e per talune lacune procedurali, rischia di ostacolare ulteriormente il ricorso all’istituto in esame. L’obiettivo di favorire il ricambio generazionale in azienda, non trova alcun incentivo diretto nella misura in esame e neppure un efficace sostegno nel dato normativo, mancando qualunque automatismo tra la trasformazione del rapporto in part-time e l’eventuale assunzione di un giovane lavoratore, o una normativa che determini la costituzione di un binomio lavoratore anziano/lavoratore giovane, come ad esempio nel Contratto di generazione francese. In definitiva, considerando anche che l’agevolazione interessa esclusivamente coloro che potranno conseguire la pensione di vecchiaia entro la precisa data del 31 dicembre 2018, si ha l’impressione che il part-time agevolato per gli ultrasessantenni si configuri quale “misura-ponte” nell’attesa di un prossimo intervento legislativo, da tempo auspicato. [email protected] [email protected] 26 - La Rivista ottobre 2016 Angolo Fiscale di Tiziana Marenco Lo scambio internazionale spontaneo di informazioni ed in particolare di rulings (seconda parte) La regolamentazione non prevede peraltro lo scambio di copie di documenti fisici dei rulings, bensi solo la trasmissione del contenuto standardizzato secondo i moduli proposti dall’OCSE nel quadro del rapporto OCSE/G20 Base Erosion and Profit Shifting, Action 5: Countering Harmful Tax Practices More Effectively, Taking into Account Transparency and Substance. Il catalogo delle informazioni previste per lo scambio comprende in particolare: • data del ruling; • identificazione e numero del contribuente e nome del gruppo; • periodi fiscali; • breve riassunto del ruling; • sede della capogruppe e della partecipata (madre); • informazioni relative a eventuali stabili permanenti e società vicine con le quali sono state compiute transazioni che ricadono nel campo di applicazione dei rulings; • per i rulings riguardanti le conduit companies anche il nome della controlling person. Di fatto tuttavia, una volta che l’autorità straniera riceverà l’informazione che le autorità svizzere hanno concesso un ruling ad un contribuente la cui capogruppo o partecipata ha sede nel loro stato, l’autorità straniera avrà la possibilità di richiedere la copia del documento originale e per le autorità svizzere non esisterà motivo alcuno per rifiutare la trasmissione. Riguardo alle tempistiche, oltre alla data dell’entrata in vigore della normativa svizzera (1° gennaio 2017) e a quella dell’inizio dello scambio effettivo di informazioni (anno civile 2018), ci annoteremo anche i parametri intertemporali seguenti: • Rulings conclusi/concessi prima del 1° gennaio 2010 non rientrano nello scopo di applicazione della nuova normativa e non faranno oggetto di scambio; • Rulings conclusi dopo questa data, se ancora in vigore al 1° gennaio 2018, saranno invece trasmessi. Per i paesi che daranno il via allo scambio già nel 2017 (Early Adopters) al momento la Svizzera è uno “Stato non partecipante”, e tale resterà sino al 1° gennaio 2017. Attualmente gli atti ufficiali dei paesi Early Adopters, facendo riferimento alle loro normative che entreranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2017, non sembrano quindi prevedere una trasmissione di informazioni in favore della Svizzera. Dubitiamo fortemente che gli Early Adopters siano disposti a trasmettere alla Svizzera alcunché prima del 1° gennaio 2018: Già dal profilo amministrativo il procedimento dovrebbe verosimilmente comprendere la constatazione dell’attuazione della normativa in Svizzera (1° gennaio 2017), il conseguente allargamento della lista degli stati partecipanti, la trasmissione ufficiale del riconoscimento agli stati partecipanti, l’implementazione a livello locale (anche in termini di sistema informatico). Ora di là gli slot di dati raccolti nel 2017 saranno già stati preparati per la trasmissione e non comprenderanno “posta” per la Svizzera. Di interesse almeno teorico sono i rimedi giuridici contro la trasmissione di dati, quindi soprattutto nei casi in cui l’AFC ha notificato la trasmissione prima di effettuarla. Come per tutti gli atti di trasmissione di dati all’estero nell’ambito dell’assistenza internazionale, il diretto interessato ha la possibilità di opporsi alla decisione finale dell’AFC con un ricorso prima al Tribunale Amministrativo Federale entro 30 giorni dalla decisione dell’AFC e poi, se del caso, al Tribunale Federale entro 10 giorni dalla notifica della sentenza del Tribunale Amministrativo Federale se si è in presenza di un caso di importanza fondamentale o particolarmente importante. La legge prevede quindi che l’AFC prima della trasmissione informi il diretto interessato delle sue intenzioni e del contenuto della trasmissione. Anche nel contesto dell’informazione spontanea vale tuttavia la regola che l’AFC può rinunciare ad informare preventivamente il contribuente qualora l’informazione possa mettere in pericolo lo scopo della trasmissione. Nel quadro dello scambio spontaneo di rulings si ritiene che una contestazione possa essere giustificata soprattutto nel caso di segreti d’affari e know how. Per questi rulings sarà tuttavia ben più saggio effettuare da parte del contribuente una revisione prima del 1° gennaio 2017 eliminando tutte le informazioni confidenziali, senza più interferire in seguito nel procedimento di trasmissione. Così facendo non si intralcerà il procedimento di scambio di informazioni a scapito dell’immagine della Svizzera e non si sarà costretti a trasmettere dati parzialmente anneriti a scapito, questa volta, della propria immagine. (fine) [email protected] ottobre 2016 La Rivista - 27 Airberlin e Alitalia: ottimi collegamenti in coincidenza tra Svizzera e Italia Airberlin è la seconda compagnia aerea in Svizzera, Germania e Austria, mentre Alitalia è la principale compagnia italiana. La cooperazione tra le due compagnie, Etihad Airways Partners, comprende oltre 1400 voli settimanali, nonché 95 rotte comuni operate in codeshare, tra cui 57 tratte non-stop e 776 collegamenti settimanali tra Svizzera, Germania, Austria e Italia. I team airberlin ed Alitalia hanno lavorato fianco a fianco per migliorare l’offerta dei voli in coincidenza e la rete di collegamenti in generale, con l’obiettivo di offrire sul principale mercato di trasporto aereo d’Europa, a chi viaggia per lavoro o ai vacanzieri, una più ampia scelta e maggiore comfort di viaggio. Saranno soprattutto le piccole e medie aziende delle aree di destinazione a beneficiare del potenziamento dei servizi, che prevede in particolare l’integrazione ottimale con il traffico commerciale regionale e nazionale. Grazie all’accordo commerciale tra le due compagnie, sui voli in codeshare i frequent flyer potranno usufruire del programma dedicato di ambedue le compagnie, accumulando e spendendo miglia topbonus e/o Millemiglia. Per i collegamenti in coincidenza operati da airberlin e Alitalia in codeshare sarà disponibile anche il programma business points di airberlin, utilizzato da molte piccole e medie aziende della Svizzera. La parola a Lucas Ochsner, Amministratore delegato airberlin in Svizzera: “Grazie alla cooperazione con Alitalia abbiamo spianato la strada per una maggiore competizione sul mercato europeo del trasporto, fatto che va a beneficio dei passeggeri e costituisce un passo avanti importante per la nostra crescita in Svizzera.” Cramer Ball, Chief Executive Officer Alitalia, dichiara: “Con l’intensificarsi della cooperazione siamo ora in grado di offrire ai nostri clienti tariffe più competitive, una più ampia scelta di voli e orari migliori, fatto che gioverà senz’altro alla libera concorrenza oltre che ad incrementare le opzioni di viaggio per i passeggeri. L’Italia, la Svizzera, la Germania e l’Austria, legate da strette relazioni commerciali, saranno d’ora in poi ancora più vicine”. 28 - La Rivista ottobre 2016 Il nuovo orario invernale airberlin prevede fino a tre voli a settimana da Zurigo per Brindisi e Catania. In codeshare con Alitalia sono disponibili inoltre collegamenti da Zurigo via Roma per Ancona, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Pescara, Reggio Calabria e Venezia. In più da Zurigo, con un breve scalo a Roma, si potranno raggiungere con voli Alitalia anche Buenos Aires, Pechino, Rio de Janeiro, Santiago del Cile, San Paolo del Brasile, Seoul e Tokio; un’offerta, questa, particolarmente significativa per il settore Corporate Travel in Svizzera. Da ottobre 2016 airberlin introduce la Business Class anche per i voli su tratte a corto e medio raggio. Fino al 31 dicembre di quest’anno, i partecipanti al programma frequent flyer topbonus airberlin per ciascun volo su tratta a corto o medio raggio effettuato in Business Class otterranno in via promozionale l’accredito del 300 percento delle miglia di distanza. Negli ultimi mesi Alitalia ha modernizzato le cabine dell’intera flotta e inaugurato a Roma Fiumicino e a Milano Malpensa le nuove lounge Casa Alitalia, che ora attendono gli ospiti di tutto il mondo con un design tipicamente italiano, elegante e al contempo accogliente, al quale possono accedere anche i passeggeri airberlin in possesso dello status frequent flyer corrispondente. Angolo legale Svizzera di Massimo Calderan Parità salariale La Costituzione federale e la Legge federale sulla parità dei sessi sanciscono il principio della parità salariale, secondo il quale un lavoro dello stesso valore deve essere retribuito con un salario uguale per entrambi i sessi. Ciononostante, le differenze retributive rimangono notevoli: in Svizzera, le donne guadagnano mediamente CHF 1’658.00 al mese in meno rispetto agli uomini, che corrisponde a una differenza del 20 %. Secondo le statistiche delle autorità federali, il 59 % di questa differenza è dovuto a fattori oggettivi, mentre il 41 % è imputabile a comportamenti discriminatori dei datori di lavoro. Sempre secondo le statistiche federali, le donne in posizioni manageriali guadagnano addirittura il 30 % in meno dei loro colleghi uomini. Si noti come il mondo del lavoro sia tuttora caratterizzato da professioni tipicamente maschili e professioni tipicamente femminili. Secondo le statistiche, di regola il livello retributivo in quelle maschili è nettamente superiore a quello in quelle femminili. Uno dei motivi è la diversa valutazione che si dà al lavoro e le prestazioni considerate come tipicamente femminili. Comunque sia, è considerata discriminazione salariale ai sensi della Legge federale sulla parità dei sessi la retribuzione diversa, da parte della stessa azienda, del lavoro uguale o di uguale valore di donne e uomini con le stesse qualifiche ed esperienze lavorative. Su iniziativa delle autorità federali, il 06.09.2016 la Confederazione, 10 dei 26 Cantoni (tra cui Basilea Città, Berna, Ginevra, Grigioni, Ticino, Vaud e Zurigo) e 15 comuni (tra cui Berna, Ginevra, Lausanne, Lugano e Zurigo) hanno firmato la “Carta per la parità salariale nel settore pubblico”. Altre autorità potranno firmare la Carta in qualsiasi momento. Gli enti pubblici firmatari sottolineano la volontà di attuare la parità salariale sia al loro interno sia nelle imprese con le quali lavorano o alle quali danno sussidi. La Carta non è tuttavia giuridicamente vincolante. Firmando la Carta, le autorità firmatarie si impegnano a: (1) sensibilizzare alla Legge federale sulla parità dei sessi chi al loro interno si occupa di risorse umano e quindi del reclutamento e della formazione del personale e partecipa a fissare gli stipendi; (2) procedere a una verifica regolare della parità salariale per mezzo di uno standard riconosciuto; (3) incoraggiare gli enti parastatali a effettuare verifiche regolari della parità salariale per mezzo di uno standard riconosciuto; (4) far rispettare alle aziende private che partecipano ad appalti pubblici e/o alle quali vengono erogati dei sussidi, la parità salariale introducendo dei meccanismi di controllo; (5) informare sui risultati concreti di questo impegno, segnatamente partecipando al monitoraggio effettuato dall’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo (UFU). Per agevolare i firmatari nella concretizzazione del loro impegno, l’UFU offre sul sito www.parita-svizzera.ch uno spazio dedicato alla Carta con informazioni, strumenti di analisi, video tutoriali, helpline ecc. In questo contesto, va ricordata la certificazione “equal-salary”, rilasciata alle aziende che rispettano il principio della parità salariale fra donna e uomo. Possono richiedere tale certificazione le imprese pubbliche e private con almeno 50 dipendenti (di cui almeno 10 donne). La procedura di certificazione prevede un’analisi statistica dei dati salariali e un audit aziendale condotto dalla Société Générale de Surveillance SA (SGS), che verte sugli impegni assunti dall’azienda e sui processi di risorse umane, nonché un sondaggio condotto tra i dipendenti. La certificazione è rilasciata in collaborazione con l’Observatoire universitaire de l’emploi (OUE) dell’Università di Ginevra. Fino a novembre 2015 sono state portate a termine 30 procedure, di cui 16 sono andate a buon fine, con il rilascio del certificato “equal-salary” all’impresa od organizzazione. Nell’ambito di “equal-salary”, l’UFU elargisce aiuti finanziari a organizzazioni senza scopo di lucro che desiderano promuovere l’uguaglianza nella vita professionale, aiuti finanziari e sostegno con informazioni per progetti interni alle aziende atti a promuovere le pari opportunità in seno all’azienda o all’ufficio della pubblica amministrazione e, fino al 31.12.2018, aiuti finanziari per consultori che si impegnano a promuovere l’uguaglianza dei sessi nel mondo del lavoro. [email protected] ottobre 2016 La Rivista - 29 Convenzioni Internazionali di Paolo Comuzzi Aspetti tecnici dei ruling fiscali In questo momento sui giornali (nello specifico mi riferisco a quelli economici italiani1) molti titoli sono dedicati al fatto che le multinazionali non pagano (rectius non pagherebbero) le tasse (o meglio le imposte sul reddito) nella giusta misura in genere e nel luogo giusto. Abbiamo visto titoli a nove colonne che indicavano richieste di imposte per somme che valgono una manovra (e forse anche più di una) ed il tema, lasciando da parte considerazioni di carattere politico che non rilevano in questa sede, merita qualche commento di carattere tecnico per meglio definire i contorni di questa problematica che appare oscura alla maggioranza delle persone, persone che restano invece colpite dal fatto che in qualche paese una società ha potuto ottenere dei ruling molto favorevoli e quindi ha potuto avere dei notevoli risparmi nel pagamento delle imposte sui redditi. In questo contributo vogliamo dare qualche considerazione in merito a queste tematiche, il tutto con riferimenti di carattere puramente tecnico (quindi fattuale) e di conseguenza non contestabile. Gli aspetti tecnici Si deve premettere che una società multinazionale è una società fortemente integrata e che opera in ordinamenti giuridici tra loro diversi e quindi dotati di regole fiscali anche molto diverse (in molti casi anche opposte come avviene quando una certa erogazione è considerata debito dal ricevente e come patrimonio netto dal soggetto erogante2 che quindi si vede imputare un dividendo e non un interesse attivo). Questo avviene anche in Europa in quanto l’avvicinamento delle legislazioni tributarie tra i diversi paesi è un fatto molto complesso ed anche lontano e se è vero che notevoli passi in avanti sono stati compiuti con riferimento alla imposta IVA possiamo dire che per il mondo delle imposte dirette vi sono ancora delle notevoli discrepanze con le conseguenze che andremo a vedere nel seguito. Un primo tema che appare di interesse è quella della società multinazionale che decida di entrare in Europa per comprare altre società dalle quali ricevere dividendi (meri dividendi). Ebbene entrare in Europa da un determinato paese o da un diverso paese può condurre a conseguenze ampiamente diverse e che hanno anche un impatto sugli investitori della società (che magari sono tanti piccoli risparmiatori come avviene nella grandi società con titoli quotati). Limitiamoci ad un semplice esempio teorico ovvero a dire che la multinazionale residente negli Stati Uniti o in Asia o Africa decide di entrare in Europa passando dall’Italia o dallo Stato europeo Z con una società Holding che percepisce dividendi da altre società europee. Se passa dall’Italia (ovvero la Holding che detiene tutti è residente fiscale in Italia) questi dividendi sono tassati nella misura del 5% di quanto viene percepito (tassazione per cassa) ed al momento della erogazione del dividendo alla controllante (abbiamo detto residente fiscale in USAo Asia o Africa) la società italiana applica anche una ritenuta alla fonte (in sostanza riduce l’erogato al socio) e versa questa somma come imposta al fisco italiano che la trattiene. Se invece questa multinazionale passa dallo Stato europeo Z magari la ritenuta alla fonte non viene operata (e magari questo avviene per legge interna) e quindi la riduzione della cassa che viene portata nel paese in cui risiede la capogruppo ultima è di molto inferiore e quindi abbiamo una posizione migliore in termini finanziari. In sostanza la tassazione del percettore del dividendo (la società US o Asiatica o Africana) influisce sul luogo (lo Stato) che a questa conviene usare per entrare in Europa (passo da Italia o dallo Stato europeo Z e nel caso di specie la dura legge della cassa direbbe che si passa dallo Stato europeo Z). Questo vuol dire che di fronte ad una Europa che si presenta come un mercato unico manca (oggi manca) una uniformità nei vantaggi / svantaggi di usare una determinata porta di ingresso, porta che invece dovrebbe (come avviene per lo sdoganamento delle merci con riferimento ai dazi) essere neutrale ovvero si dovrebbe arrivare a dire per legge che la scelta della porta dovrebbe essere influenzata da elementi che non sono connessi al tributo ed alle somme che debbono pagarsi. Superati i dividendi un secondo tema che appare di interesse è quello degli interessi (ovvero del collocamento in un determinato paese della società finanziaria del gruppo). E’ del tutto evidente che se un paese è disposto a consentire una tassazione favorevole del provento finanziario (e negli altri paesi non si subiscono penalizzazioni per la deduzione del costo) la società multinazionale verrà a collocare in quel paese la finanziaria del gruppo e da questo paese procederà a svolgere la funzione finanziaria (in sostanza allocherà in questo paese la sua funzione di gestione della finanza)3. 30 - La Rivista ottobre 2016 Tutto questo perché un simile accordo, unitamente magari all’assenza di una ritenuta alla fonte sul provento erogato al socio estero, consente di trattenere più cassa e quindi di avere una posizione di vantaggio finanziario che deriva da una posizione di vantaggio fiscale4 che viene garantita da questo accordo che stabilisce delle regole di favore per questo contribuente. Lo stesso ragionamento, terzo tema, può farsi per le royalties che possono essere concentrate in una società residente fiscale in un paese disposto ad accordi interessanti con la conseguenza che la funzione di gestione dei beni immateriali viene allocata in questo paese. Andando oltre i punti specifici diciamo che se poi a questo vantaggio (ovvero non perdo cassa quando il reddito passa dal paese A al paese B in Europa) si aggiunge anche qualche vantaggio ulteriore che potrebbe essere: 1) il paese B mi chiede una imposta sul reddito bassa ed anche preconcordata; 2) il paese B non mi tassa quando erogo redditi alla capogruppo (nessuna ritenuta alla fonte) e, infine last but not least, il paese di residenza delle capogruppo non mi tassa fino al momento del rimpatrio effettivo delle somme5. In questa situazione diciamo che ho ottenuto tutto quello che volevo avere e che consiste in: a) un bilancio consolidato molto ricco e b) in una cassa che possiamo dire pingue. Di cosa si ragiona Possiamo avere multinazionali comunitarie o extracomunitarie e per le prime abbiamo, di buona sostanza, una riduzione delle imposte globali con lo sfruttamento di qualche strumento ibrido e la collocazione in qualche paese di entità di carattere finanziario (e quindi per questi paesi abbiamo il vantaggio di poter avere società con personale qualificato, alti salari, istruzione, poche problematiche sociali e niente inquinamento [almeno quello atmosferico]), per le seconde abbiamo considerazioni simili con la aggravante che nel complesso i soldi potrebbero anche uscire dall’Europa (cosa che non dovrebbe avvenire nel primo caso6) senza che su questa ricchezza sia stata applicata alcuna forma di tassazione (questo in generale di solito una tassazione esiste ma in forma molto ridotta). Un esempio ci aiuta a chiarire questo aspetto: si pensi alla multinazionale extracee (A) che entra in Europa usando lo Stato Z che non applica alcuna ritenuta alla fonte sul dividendo erogato. Quindi (A) costituisce in Z la società H, inserisce nella stessa H (residente fiscale in Z) capitale ovvero denaro che H usa per costituire K che si trova nel paese (M) disposto a concedere un ruling favorevole di tassazione sui proventi che K dovesse percepire. Infine K (residente in M e con tassazione concordata) presta i soldi a N che è una società residente in un paese P che ammette la deduzione degli interessi passivi senza troppo considerare. Tenendo conto di quanto detto si ha che: 1) nello stato P (dove è residente fiscale N) abbiamo un costo con riduzione del profitto e delle imposte dovute da N; 2) K (residente in M) prende un provento (interessi) ma paga poco in quanto ha il ruling e 3) sempre K eroga un dividendo a H che non lo tassa (in quanto dividendo) ed infine 4) H eroga il dividendo al socio ultimo senza ritenuta alla fonte. In sostanza nello stato P abbiamo il costo (e forse la produzione di beni con una occupazione di un certo tipo, un certo inquinamento ed altre cose da considerare7) mentre in due stati europei abbiamo delle società Holding (o più in generale delle finanziarie) con un diverso personale ed una attività certamente meno inquinante e complessa in termini di necessità infrastrutturali. E’ cosa certa che P prova a combattere una battaglia fiscale negando alle Holding intermedie lo status di beneficiario effettivo del reddito che parte dal suo territorio ma la sua lotta è certamente complessa e non è detto che sia anche vincente (in sostanza P prova ad intascare la ritenuta alla fonte che potrebbe avere se la società che ha preso i soldi a prestito pagasse direttamente il soggetto extracee) e se non lo è i soldi escono dall’ Europa verso altri Stati e P prende imposte ridotte. Da quanto si coglie la Commissione Europea mette sotto assedio gli accordi di ruling che consentono agli Stati “finanziari” di garantire posizioni di vantaggio a scapito di Stati industriali. In sostanza, se bene interpreto le notizie di stampa, quando si dice che le transazioni finanziarie possono essere tassate in maniera diversa (strumenti ibridi) ma una società non può avere il meglio di questa tassazione in modo diverso si intende dare corso ad una revisione profonda degli accordi che in sostanza hanno consentito al patrimonio di diventare debito e di avere una deduzione forfettaria. A questo forse dovrebbe unirsi uno sforzo per raggiungere una visione comune in merito alla nozione di beneficiario effettivo dei proventi allo scopo di impedire che una porta di ingresso diversa sia produttiva di conseguenza fiscali completamente diverse alcune favorevoli ed altre di segno del tutto opposto. Conclusione Da una parte abbiamo un soggetto che persegue la riduzione dei costi (e le imposte sono un costo) e dall’altra abbiamo Stati che hanno sempre una necessità maggiore di fondi. Qui si aggiunge anche il fatto che le porte dell’Unione europea sono 27 e che non tutte sono di uguale misura sicché il soggetto che bussa per entrare fa una scelta che è dettata da una serie di elementi che includono anche la dinamica di carattere fiscale. Sarebbe opportuno che i paesi dessero inizio ad una discussione molto approfondita in merito al tema delle diverse porte di ingresso stabilendo alcune regole comuni per coloro che vengono da fuori e questi allo scopo di eliminare la variabile fiscale dal novero di elementi che portano ad una scelta piuttosto che ad un’altra. Se questo avviene forse avremo tutti una maggiore unità dei paesi UE nei confronti dell’esterno e quindi una Europa certamente più unita. L’ultimo in ordine di tempo è Italia Oggi del giorno 20 Settembre 2016. Questi sono gli strumenti ibridi ormai ben poco diffusi ma che oggi tornano sotto la lente di esame per gli anni passati come indica la Commissione UE. 3 Di questo non possiamo fare una colpa al contribuente. 4 Nessuno si colloca nel paese (A) o (B) in ragione del fatto che ha interesse al vantaggio fiscale in quanto tale. Le imposte sono sempre un costo e la multinazionale vuole una riduzione dei costi (non direttamente connessi alla generazione di profitto) con conseguente aumento del profitto globale e quindi conseguente aumento del valore della società. Di conseguenza la scelta di un paese è fatta per ridurre il costo fiscale allo scopo di aumentare il profitto e di mantenere una migliore posizione di cassa. 5 Fatto questo che non tocca direttamente i paesi in cui il reddito si è prodotto. 6 In sostanza nel primo caso abbiamo uno spostamento di ricchezza all’interno della UE mentre nel secondo abbiamo una uscita di ricchezza dalla UE e questo grazie ad una costruzione che alcuni Stati accettano in quanto mette qualche cosa nello loro tasche e sembra dare loro una ricchezza immediata anche se poi nel lungo periodo è certo che perdiamo tutti. 7 Non si vuole dire che questo sia un elemento negativo ma è un elemento certamente diverso rispetto all’avere solo società finanziarie. 1 2 ottobre 2016 La Rivista - 31 L’elefante Invisibile1 di Vittoria Cesari Lusso Il silenzio… L’umanità pare aver voltato le spalle al silenzio. È diventato un elefante invisibile. Eppure la qualità dell’ambiente dove si vive e lavora dipende anche da tale fondamentale elemento. Nelle città il silenzio è bandito. In strada siamo costantemente immersi in una moltitudine di invadenti ondate sonore: motori assordanti di ogni tipo, clacson, sirene, tram, martelli pneumatici, ecc… Stridenti vibrazioni che aggrediscono non solo le nostre orecchie, ma anche i nostri nervi. Il chiasso ci rende più irritabili, più stressati. Pochi umani funzionano come Woody Allen, che dichiara di sentirsi pienamente a sua agio solo se immerso negli amati frastuoni di New York. In casa le cose non vanno meglio: intemperanze verbali dei grandi, litigi fragorosi dei più piccoli, televisione e radio a tutto volume, aspirapolvere, frullatore, lavatrice, campanelli e suonerie, ecc. Per sfuggire ai rumori non basta rifugiarsi in campagna. L’atmosfera bucolica che ha come colonna sonora unicamente il canto degli uccelli, gli assolo dei galli, lo scrosciare di un ruscello e il suono di antiche campane è un lontano ricordo infantile che non trova più rispondenza nei campi dei giorni nostri, percorsi da trattori e macchine di ogni sorta, per non parlare dei tosaerba, dei decespugliatori, dei soffiatori per foglie… Il valore del silenzio cambia a seconda delle epoche e degli ambienti. Nel bene e nel male. In alcuni ambienti il silenzio ha perso decisamente valore. A scuola, a partire dagli anni settanta si chiede agli allievi di esprimersi e intervenire piuttosto che tacere. Il discente riservato si becca sulla pagella commenti del tipo ‘Deve partecipare più attivamente’. Nelle famiglie moderne i pasti sono uno straordinario palcoscenico di esibizioni verbali di tutte le generazioni, malgrado l’evidente difficoltà a usare la bocca al tempo stesso per masticare, bere, respirare e parlare. In alcuni ambienti, le parole si accavallano disordinatamente e rumorosamente. A volte gioiosamente, altre volte rabbiosamente. Nei contesti snob è sì proibito urlare, ma è d’obbligo saper fare la conversazione. Non per conoscere meglio gli interlocutori, ma per mostrare l’abilità nello sciorinare aneddoti e citazioni. I logorroici trovano così la possibilità di sfogarsi. Ma attenzione: negli ultimi anni stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione dei costumi: sempre più spesso a tavola torna a regnare un silenzio di tomba. Non si tratta di un ritorno a pratiche monacali, bensì dell’uso dilagante degli aggeggi elettronici di ultima generazione che inducono i commensali a ignorare i presenti per “comunicare” ininterrottamente con l’esterno virtuale. Nella vita professionale e sociale, saper prendere la parola in pubblico è diventata una competenza molto valorizzata. Se taci non esisti. Uno dei business formativi più redditizi è costituito oggigiorno da corsi di aggiornamento che promettono di trasformare i timidi taciturni in emuli dei mattatori della parola come Renzi e Obama. Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur muovendosi tra la folla con al sua imponente mole passava comunque inosservato. Come se fosse invisibile… 1 Il silenzio può nuocere gravemente alla salute mentale, oppure al contrario essere una preziosa risorsa. C’è il buon silenzio e il cattivo silenzio. Quando è cattivo? Quando viene sistematicamente praticato con i propri pargoli. Fin dalla nascita un bambino ha un bisogno vitale di parole, di vocalizzi e dell’attenzione di papà e mamma. I moderni genitori tecnologici che portano a spasso i loro figli senza comunicare con loro poiché costantemente al telefono con altri dovrebbero ricordarselo. Durante la crescita, una delle punizioni più crudeli che un padre e una madre possono infliggere ai figli è un duraturo e freddo silenzio ostile. Musi lunghi e minacce del tipo “non ti parlo più” possono essere accettabili quando si tratta di diverbi tra ragazzi. Ci si fa il broncio per qualche ora, poi si torna amici come prima. Quando invece è un adulto che sistematicamente non rivolge più la parola ai propri figli come rappresaglia per qualche marachella, il silenzio è abuso di potere, sanzione diseducativa e malsana violenza. Nei rapporti di coppia, uno degli indicatori della buona salute della relazione è la qualità del silenzio. Un silenzio malevolo e astioso è sicuro indizio di relazione ormai putrefatta. Al contrario, quando il legame di coppia è contrassegnato da amore e rispetto reciproci, la semplice vicinanza e presenza dell’altro viene vissuta come preziosa risorsa senza bisogno di condirla costantemente con parole e parole. Il buon silenzio lo incontriamo in molte altre situazioni: quando vogliano esercitare l’arte dell’ascolto; quando di fronte a una domanda impegnativa è necessario un po’ di tempo per pensare alla risposta; quando siano innervositi o offesi e serve una pausa per non reagire in modo sbagliato; quando ammiriamo e contempliamo un’opera d’arte, un tramonto, un cielo stellato… Il silenzio ha dunque mille facce, dalle più amichevoli alle più ostili, dalle più armoniose alle più deleterie. Ci vuole un po’ di buon silenzio per adottare quelle giuste… ottobre 2016 La Rivista - 33 Precisione svizzera e flair italiano… La MAT TRANSPORT SA è una società di prima categoria specializzata in soluzioni logistiche e di trasporto. Vi facciamo beneficiare di oltre 60 anni di esperienza e professionalità nel campo della logistica e vi offriamo la certezza di sapere la propria merce in buone mani. MAT TRANSPORT SA Basilea, Berna, Cadenazzo, Lucerna e Zurigo Telefono gratuito: +41 (0) 800 809 091 [email protected] www.mat-transport.com Dalla Svizzera degli Stati a quella federale Christian Schybi o Schibi (1595 circa-1653), capo della rivolta contadina di Entlebuch, mentre viene torturato a Sursee prima di essere giustiziato, stampa d’epoca. La Svizzera del Seicento: di Tindaro Gatani Se si esclude il breve coinvolgimento nelle Sommosse dei Grigioni, la Confederazione riuscì a starsene fuori dalle turbolenze della Guerra dei Trent’Anni e, addirittura, ne uscì vittoriosa e affrancata dall’Impero con il trattato di pace di Westfalia (vedi «La Rivista» di settembre). Il successo, più che alla sua dichiarazione di neutralità, era dovuto alla «profonda concordanza di interessi che univa allora la Svizzera alla Francia», che «aveva un duplice interesse, politico e militare, a separare definitivamente la Confederazione dall’Impero», per indebolirlo. La Svizzera aveva potuto così far riconoscere la propria indipendenza, presupposto necessario alla sua unità nazionale. «La pace di Westfalia, su cui, per un secolo e mezzo, si è basato, poi, l’equilibrio europeo, è stata il compimento dei veri fini della Confederazione», che, risparmiata dal conflitto sul piano militare, ne usciva vittoriosa non solo su quello diplomatico, ma anche su quelli economico e sociale. Un Paradiso terrestre? Le risorse del servizio mercenario, unite alle forniture in vettovagliamenti e armi ai belligeranti, avevano dato agli Svizzeri un’agiatezza che, a guerra finita, contrastava con la generale miseria europea e, soprattutto, con quella della Germania, che era stata devastata. Quel lungo conflitto fu, dunque, non solo «più salutare che pregiudizievole all’unità dalla Confederazione», ma diede anche l’avvio al circolo virtuoso della sua floridezza, tanto che «non è esagerato far risalire alla Guerra dei Trent’Anni le remote cause dell’attuale prosperità della Svizzera», che, in quei frangenti, acquisì «un vantaggio economico sui suoi vicini, vantaggio ch’essa non ha più perduto e che spiega come mai un paese — situato nelle peggiori condi- “felice”, ma non troppo! zioni naturali, senza materie prime, né sbocchi marittimi — abbia potuto sostenere un ruolo tanto considerevole nell’economia europea» (MARTIN William, op. cit., pp. 109-112). Le sventure e le distruzioni di quella guerra sono così riassunte nel quadro fosco fatto da Guido Calgari: «La guerra fu tra le più perfide, spietate, disastrose di tutti i tempi; dopo trent’anni di battaglie, di saccheggi, di stragi, aggiungendosi alle violenze degli eserciti quelle degli sbandati, cioè del brigantaggio, l’Europa centrale venne ridotta a una sola e unica rovina; in ogni casa si piangeva per lutti e per fame; torme di derelitti vagavano tra le rovine fumanti delle città e dei villaggi; mai si erano visti tanti orrori. Al punto che quei profughi o vagabondi o disertori, che riuscivano a riparare in Svizzera, avevano l’impressione d’essere arrivati in un paradiso non immaginato neppure in sogno» (GALGARI Guido, op. cit., pp. 293-294). L’avventuroso Simplicius Simplicissimus, dello scrittore tedesco Hans Jakob Christoffel von Grimmelshausen (1621 circa 1676), visitando la Svizzera in compagnia dell’amico Herzbruder, confrontandola con la desolazione della Germania, la descrive come il paese di Bengodi: gli uomini vivevano in pace, le stalle erano piene di animali, i cortili pieni di pollame. I viaggiatori percorrevano tranquillamente le strade, le osterie erano affollate di clienti allegri; nessuna paura della guerra, nessun segno di saccheggio tanto che gli sembrò di trovarsi in Brasile o in Cina o addirittura in un Paradiso terrestre. Furono appunto i racconti dei viaggiatori del Seicento a far coniare i motti di «Svizzera felice» e di «Svizzeri popolo felice», ancora oggi attuali (si veda, tra l’altro, de ROUGEMONT Denis, La Svizzera. Storia di un popolo felice, Locarno 1998). La Guerra dei contadini (1653) Situata al centro di un’Europa distrutta dai conflitti, la Svizzera, finché durò la guerra, era sì un’isola felice, ma non troppo o almeno non tutta. Ad arricchirsi per Frontespizio di L’avventuroso Simplicius Simplicissimus (1668), di Jakob Christoffel von Grimmelshausen (1621 circa 1676). ottobre 2016 La Rivista - 35 le commesse militari e per l’arruolamento dei mercenari erano stati solo i pochi appartenenti alle stesse famiglie e ai soliti gruppi, che facevano da sempre il bello e il cattivo tempo nei vari Cantoni. I nodi vennero al pettine quando alla prosperità del periodo bellico seguì una grave crisi economica, che si trasformò presto in crisi politica. Da tutti i campi di battaglia tornarono in massa decine di migliaia di mercenari. La situazione precipitò dopo il congedo di gran parte dei mercenari al servizio della Francia, avvenuto nel 1651. La disoccupazione in tutti i Cantoni aumentò paurosamente. All’eccesso di manodopera agricola seguì la brusca diminuzione del prezzo delle derrate alimentari, dovuta anche alla concorrenza di alcuni prodotti provenienti dagli Stati confinanti, come la Svevia e la Baviera, riapparsi sul mercato svizzero. Come conseguenza si ebbe un improvviso abbassamento del prezzo dei terreni e la svalutazione monetaria. Fu in quelle precarie condizioni che, nel 1653, andò maturando la rivolta dei contadini, che avevano visto improvvisamente assottigliarsi le entrate e, quindi, non potevano fare più fronte ai bisogni delle loro famiglie. L’avvenimento è passato alla storia come Grande Guerra svizzera dei contadini, per distinguerla dall’altra Guerra dei contadini, quella scoppiata in Germania centrale e meridionale nel 1525. Con il sopraggiungere della crisi, il malcontento dei contadini dell’altipiano sfociò nella rivolta contro le città, che gestivano il monopolio dei generi alimentari di prima necessità come il sale e si arrogavano il diritto di fissare il prezzo del grano e del vino e, con l’imposizione dei diversi pedaggi, intralciavano il libero commercio del bestiame e dei prodotti agricoli. La prima sollevazione si registrò nel distretto lucernese di Entlebuch, quando alcuni contadini, che avevano chiesto udienza alle autorità cantonali per ottenere delle facilitazioni e di poter pagare in natura parte delle imposte e degli obblighi ipotecari, contratti negli anni della prosperità, furono rimandati indietro in malo modo. Sull’esempio degli uomini liberi dei piccoli Cantoni, i contadini di Entlebuch si riunirono in assemblee pubbliche, vere e proprie Landsgemeinden, e deliberarono di far uso della forza per sostenere le loro rivendicazioni. Alla fine di febbraio del 1653, marciarono, quindi, a migliaia su Lucerna, bloccando la città, con la speranza di impadronirsene facilmente. I Cantoni di Svitto, Uri e Unterwalden, in applicazione della Convenzione di Stans, furono costretti a inviare alla città assediata un loro contingente di 500 uomini. I ribelli fecero ritorno alle loro campagne, ma 36 - La Rivista ottobre 2016 Christian Schybi o Schibi (1595 circa-1653), in un ritratto dal Theatrum Europaeum di Matteo Merian (eredi), Francoforte sul Meno, 1663. la pace non fu ristabilita, perché, il movimento di protesta si era, intanto, esteso alle campagne di Basilea, di Soletta, dell’Argovia e del Canton Berna, dove, nell’assemblea tenutasi, il 23 marzo, a Sumiswald, venne stabilito il Patto dei contadini (Bauernbundes), poi riconfermato e giurato, rispettivamente il 30 aprile e il 4 maggio, a Huttwil. Una sessione straordinaria della Dieta federale, riunita d’urgenza a Baden, decise la ferma condanna dei rivoltosi, decretando una levata di truppe per affrontarli. Una brutta pagina di storia I ribelli avevano eletto a loro capi il lucernese Christian Schybi o Schibi e il bernese Niklaus Leuenberger. Il primo era un soldato «pieno di bravura, ma focoso e insieme irriflessivo», che aveva organizzato un grande Corteo dei bastoni (Knüppelumzug); il secondo era, invece, un uomo religioso, che sapeva parlare agli insorti sui quali aveva un tale ascendente tanto da essere soprannominato «il re dei contadini». Il Leuenberger, alla testa di 20.000 uomini, marciò su Berna, costringendo la città a firmare, il 29 maggio, il patto di Murifeld, un concordato a favore delle richieste dei contadini. Lo stesso faceva lo Schybi che, il 4 giugno, sottoscriveva la cosiddetta pace di Mellingen. I governi cantonali, che di fronte alla minaccia interna «avevano trovato l’unità, al di là dei conflitti teologici, nella libidine del potere e nella difesa del privilegio» (CALGARI Guido, op. cit., p. 310), avevano firmato in mala fede e solo per prendere tempo per organizzarsi. Non appena il grosso dei ribelli cominciò a fare ritorno a casa, le truppe federali, divise in tre corpi d’armata si misero in marcia al comando del bernese Sigismondo von Erlach, che occupò l’Emmental; dell’urano Zwyer von Evibach, che assediò Entlebuch e dello zurighese Hans Rudolf Werdmüller, già agli ordini di Venezia come comandate del reggimento svizzero in Dalmazia, che invase l’Argovia. Quando Schybi e Leuenberger, accortisi dell’inganno, tentarono di organizzare la resistenza con i pochi uomini che avevano ancora disposizione, era ormai troppo tardi. I contadini furono quindi sconfitti, il 3 giungo, a Wohlenschwil, in Argovia, il 5 giugno a Gisikon, Niklaus Leuenberger, Re dei contadini, in tenuta da combattimento. Poi catturato e decapitato a Berna, il 6 settembre 1653. Da una stampa anonima conservata al Museo storico di Thun. nel Canton Lucerna, e, l’8 giugno a Herzogenbuchsee, nel Canton Berna. La vendetta delle truppe federali fu tre- menda non solo nel corso degli scontri, ma anche dopo. A Herzogenbuchsee, Sigismondo von Erlach si distinse per la particolare ferocia contro i vinti, tanto da meritarsi il soprannome di Macellaio di contadini (Bauernschläger). Christian Schybi e Hans Emmenegger di Shüpfheim furono torturati e condannati a morte da un tribunale lucernese; Niklaus Leuenberger fu decapitato a Berna il 6 settembre 1653. La rappresaglia, per stabilire un esempio a imperitura memoria, andò oltre: molti insorti furono condannati, chi «al taglio della lingua e delle orecchie», chi «a pagare gravosissime ammende», e ad altri orrori irriferibili: «Gli aristocratici infierirono nella repressione, senza conoscere sentimenti di umanità; non soltanto i capi della rivolta, ma i sospetti, i denunciati per vendetta personale, quindi molti innocenti, furono giustiziati». Ci furono casi di tortura, di flagellazione e di condannati venduti alla Francia e a Venezia come galeotti. «Colmo di spaventosa ironia: la Dieta infierì in una sua ordinanza contro il lusso dei contadini, la decadenza delle tradizioni familiari e dei costumi morali...» (Ibidem). Una volta puniti così severamente i ribelli, i Cantoni fecero ai contadini alcune delle concessioni richieste. Fatto nuovo della Guerra dei contadini era stato quello che gli uni e gli altri si erano aggregati in base ai loro rispettivi interessi e non più al loro credo religioso. Contadini cattolici e riformati si erano scontrati con le truppe federali dei Cantoni cattolici e riformati. Le divergenze interne si erano spostate da un piano religioso a quello economico, sociale e politico. Mentre in Svizzera si svolgevano questi avvenimenti, in Italia non era ancora spenta l’eco delle rivolte del 1647, di Tommaso Aniello (Masaniello) a Napoli e di Giuseppe Alessi a Palermo, anch’esse soffocate nel sangue con ferocia. La prima Guerra di Villmergen La dura repressione dei moti contadini aveva fatto riflettere sulle necessità di stabilire un nuovo rapporto tra le diverse classi sociali. Per incarico della Dieta, il borgomastro di Zurigo Johnann Heinrich Waser, nell’aprile del 1655, elaborò il testo di un nuovo Patto federale, che, rifacendosi a una vecchia concezione di Zwingli, prevedeva un’organizzazione uniforme dello Stato, valida sì per tutti, ma che, tuttavia, «dimensionasse la sovranità secondo l’importanza di ogni Cantone: territorio, popolazione, efficienza economica», perché «non si poteva ammettere che Zurigo o Berna avessero lo stesso peso politico di Zugo o di Uri» (CALGARI Guido, op. cit., p. 311). Sarebbe stato un primo passo verso la costituzione di uno Stato federale, ma Notre-Dame, Parigi, 18 novembre 1663. L’incontro di Luigi XIV con la delegazione svizzera. Da un arazzo, largo 6 metri, che faceva parte di una serie di 17 gobelin, che esaltavano la grandezza del monarca francese e del quale ne esistono ancora solo tre esemplari: uno al castello di Versailles, uno all’ambasciata svizzera a Parigi, e un altro al Museo Nazionale Svizzero a Zurigo. ottobre 2016 La Rivista - 37 La battaglia di Villmergen del 24 gennaio 1656, quadro anonimo coevo, da una collezione privata di Lucerna. i piccoli Cantoni cattolici, che avevano la maggioranza in seno alla Dieta, bocciarono quel progetto. Grazie al dogma della sovranità cantonale, per cui uno valeva uno, il voto di Uri valeva in seno alla Dieta quanto quello di Zurigo o di Berna. Così i Cantoni cattolici, con circa 300.000 abitanti, contavano, dunque, più dei riformati, che ne avevano oltre 700.000, e potevano esercitare, sempre e comunque, il diritto di veto su qualsiasi proposta. Passato il pericolo della sollevazione dei contadini, i due fronti religiosi si ricompattarono e si prepararono a nuovi scontri. I Cantoni cattolici, il 3 ottobre 1655, rinnovarono solennemente la loro Lega d’Oro, chiamandola Borromea, in onore del cardinale Carlo Borromeo, capo della Controriforma (vedi «La Rivista» di marzo). Quelli riformati cominciarono a organizzarsi per affrontare la nuova minaccia, rivendicando, ancora una volta, il varo di un Patto valido per tutti gli aderenti alla Confederazione, cioè una specie di Costituzione federale, apportando magari degli emendamenti e aggiunte al testo proposto dal borgomastro Waser. La questione scoppiò quando Zurigo accordò l’asilo ad alcuni nicodomiti provenienti da Arth, promettendo di fare lo stesso con gli altri, rimasti ancora in quel villaggio del Canton Svitto, in nome dello ius emigrandi confederale, una specie di diritto di emigrazione da un Cantone all’altro, cioè di libera circolazione all’interno della Confederazione. Solo che quel diritto non esisteva e, quindi, Svitto protestò e Zurigo minacciò di far valere le sue regioni con l’impiego della forza. I Cantoni cattolici temevano che quelli 38 - La Rivista ottobre 2016 protestanti potessero in futuro favorire altri gruppi di nicodomiti e minare così dall’interno la loro fede. I nicodomiti erano seguaci segreti della Riforma che, come tali, non manifestavano in pubblico la loro fede, ed erano così chiamati dal nome di Nicodemo, il fariseo recatosi in segreto a visitare Gesù (Giovanni 3, 1-21). Ne nacquero aspre discussioni con minacce dall’una e dall’altra parte. Una Dieta straordinaria, convocata tra la fine del 1655 e l’inizio del 1656, non riuscì a calmare gli animi. Dopo che Svitto aveva fatto giustiziare quattro riformati, Berna e Zurigo annunciarono un’iniziativa militare per imporre con la forza quello che loro ritenevano un diritto federale. Basilea del fronte riformato e Friburgo e Soletta di quello cattolico si dichiaravano neutrali. Mentre le truppe di Berna, guidate da Sigismondo von Erlach, venivano battute, il 24 gennaio 1656, a Villmergen, all’incrocio delle strade Berna-Zurigo e Lucerna-Baden, quelle di Zurigo, comandate da Hans Rudolf Werdmüller, non riuscivano né a occupare tutta la Turgovia, né a far capitolare Rapperswil, che il 3 febbraio aveva opposto una strenua resistenza. Comandante delle truppe cattoliche era stato il lucernese Chrisoph Pfyffer von Altishofen (1593-1673). Il rinnovo dell’alleanza con la Francia A riportare la pace ci pensò, ancora una volta, la Francia, il cui inviato presso i Cantoni, Jean de la Barde (1602-1692), barone di Marolles, rammaricato per non aver potuto impedire quel conflitto, ser- vendosi dei Cantoni neutrali di Basilea, di Friburgo e Soletta, non lesinò minacce e promesse per il raggiungimento di una nuova intesa. La terza pace nazionale (dopo le prime due di Kappel), ratificata a Baden, il 26 febbraio e il 7 marzo del 1656, tra Berna e Zurigo da una parte e i cinque Cantoni cattolici dall’altra, confermava, in pratica, a grandi linee, quella del 1531. La Confederazione, con le solite raccomandazioni sulla libertà di commercio, sulle alleanze separate, sulle sovranità cantonali, ecc., tornava, di fatto, allo stato quo ante la guerra. Tra le imposizioni del de la Barde ai Cantoni c’era anche quella di rinnovare la loro alleanza con la Francia entro il 1658. Luigi XIV di Borbone (1638-1715) detto Re Sole, succeduto al padre Luigi XIII, il 7 giugno del 1654, aveva esercitato tutte le sue pressioni per accelerare il rinnovo dell’alleanza del 1521, facendo, tuttavia, intendere che aveva sì tanto bisogno degli Svizzeri per la difesa e la grandezza della Nazione, ma che per loro la Francia era l’unico sbocco all’emigrazione e ai commerci. Come dire: noi abbiamo bisogno di voi, ma voi avete un maggiore interesse a rinnovare l’alleanza. Era il classico do ut des conveniente alle due parti. Ci fu il solito tira e molla sulle trattative, con i Francesi fermi sulle loro proposte e condizioni e gli Svizzeri che, invece di presentarsi compatti, si beccavano spesso tra di loro. Alla fine si trovò l’accordo e, il 24 settembre 1663, l’alleanza fu sancita a Soletta e il successivo 18 novembre giurata solennemente in Notre-Dame a Parigi dal Re e dai rappresentanti della Confederazione. Ai delegati dei XIII Cantoni e dei loro alleati si era aggiunto uno stuolo di segretari e funzionari, in tutto un centinaio di inviati, che avevano compiuto il viaggio rigorosamente separati in due gruppi di cattolici e riformati, ognuno per conto suo. Luigi XIV sapeva, naturalmente della loro divisione e, per impedire che si mettessero d’accordo nel corso del soggiorno parigino per concordare eventuali richieste da aggiungere al trattato, li occupò in continue feste, banchetti, spettacoli teatrali, fuochi d’artificio. Nello sfarzo di Notre-Dame, il 18 novembre 1663, gli Svizzeri, vestiti nel modo sobrio imposto dalla morigeratezza dei loro costumi, si trovarono di fronte al Re Sole in abito di gala in broccato dorato, con una parrucca bianca e un vistoso cappello sormontato da piume rosse. La scena è immortalata in un arazzo, largo 6 metri, che faceva parte di una serie di 17 gobelin che esaltavano la grandezza del monarca francese e del quale ne esistono ancora tre esemplari: uno al castello di Versailles, uno all’ambasciata svizzera a Parigi, e un altro al Museo Nazionale Svizzero a Zurigo. Il rinnovo dell’alleanza garantiva ai Francesi il diritto a continuare ad arruolare 16.000 soldati svizzeri in cambio di pagamenti annuali e di tariffe doganali e condizioni di mercato favorevoli. I Confederati non erano riusciti, tuttavia, a ottenere il varo di un patto di libero scambio commerciale tra le due Nazioni, perché il Governo francese, ancora una volta, era impegnato in un’accentuata politica protezionista dell’agricolCon l’occupazione della Franca Contea del 1674, Luigi XIV (Re Sole) ampliò il suo Regno fino ai confini della Svizzera orientale. tura e dell’industria nazionali. Gli Svizzeri, dal canto loro, si erano accontentati, ancora una volta, a monetizzare subito l’accordo e a incassare le pensioni per la leva militare, senza pensare che il potente alleato si sarebbe servito anche dei loro servigi per minacciarne gli stessi loro confini. La Franca Contea Dopo la sconfitta e la morte di Carlo I di Borgogna detto il Temerario nella battaglia di Nancy (1477), si era aperta una dura guerra, per impossessarsi dei suoi vasti territori tra Luigi XI di Francia e Massimiliano I di Asburgo, il futuro Imperatore, figlio di Federico III e di Eleonora d’Aviz del Portogallo, che aveva sposato, in prime nozze, l’unica figlia del Temerario, la duchessa Maria di Borgogna (1457-1482). La pace fu raggiunta con il trattato di Arras del 1482, che, tra l’altro, assegnava il Ducato di Borgogna vero e proprio alla Francia e la Contea di Borgogna o meglio la Franca Contea a Massimiliano I, che essendo morta la moglie Maria nello stesso anno, la doveva reggere per conto del figlio Filippo I d’Asburgo il Bello (1478-1506). Con il successivo trattato di Senlis del 1493, l’appartenenza della Franca Contea era stata riconosciuta definitivamente a Filippo I, che, poi, l’avrebbe passata a suo figlio l’imperatore Carlo V, nato dal suo matrimonio con Giovanna di Castiglia. La Franca Contea, amministrandosi in modo autonomo e libero, era divenuta una regione dei vasti domini spagnoli, che attirava sempre più le attenzioni del Re di Francia di turno, con la voglia di impossessarsene al momento opportuno. Il maggiore ostacolo era rappresentato dal fatto che la Spagna, non potendo intervenire per la lontananza in caso di minaccia francese, aveva, in pratica, affidato la Franca Contea «alla protezione dei Cantoni» (MALLET Paul-Henri, Storia degli Svizzeri o Elvezi, Vol. II, Milano 1823, p. 406). Dopo il rinnovo dell’alleanza del 1663, Luigi XIV non solo non mantenne fede a tutte le promesse commerciali fatte ai Confederati, lasciandosi così «la possibilità di elargire o revocare privilegi ai mercanti svizzeri secondo il tornaconto politico del momento», ma sfruttò il dissidio con la Spagna per impossessarsi della Franca Contea, dalla quale «la Svizzera occidentale riceveva la maggior parte del sale di cui aveva bisogno», ma anche vino e altre derrate alimentari (De CAPITANI François, Vita e morte dell’Ancien Régime, in Nuova storia della Svizzera e degli Svizzeri, Vol. II, Bellinzona 1983, p. 122). A favorire l’azione del Re Sole, ancora una volta, contribuì il dissidio religioso interno svizzero, la Franca Contea sotto l’egida della Spagna era rimasta saldamente unita alla fede cattolica, e i Cantoni protestanti, Berna in testa, non avevano nessun interesse a suoi più stretti rapporti con la Confederazione. Quando, nel 1667, la minaccia francese si fece più stringente, la Franca Contea chiese aiuto alla Dieta federale. L’ambasceria tornò a mani vuote anche perché la persona che la guidava, Giovanni di Watteville, era inviso ai riformati perché discendente di una famiglia, che aveva lasciato Berna per non rinunciare alla fede cattolica. Quando, nell’estate di quell’anno, scoppiò la seconda guerra anglo-olandese, Re Sole fece invadere la Franca Contea (10-19 febbraio 1668), da un esercito al comando del Gran Condè, il veterano della Guerra dei Trent’Anni, occupandola, ma restituendola subito dopo alla Spagna con la pace di Aquisgrana del 2 maggio 1668, in cambio di territori e città dei Paesi Bassi. Nel corso di quel conflitto, i XIII Cantoni, sentendosi direttamente minacciati, rinnovarono il Defensionale di Wil (1668) per la difesa comune, senza tuttavia preoccuparsi delle mire di Luigi XIV, che, nel 1674, invase nuovamente la Franca Contea, annettendola al suo Regno. Re Sole era tanto sicuro della mancata reazione della Confederazione da impiegare nell’opera di occupazione alcuni contingenti di mercenari svizzeri. Di fronte al malcontento del Confederati, Luigi XIV cercò di addolcire lo smacco e di riguadagnarsi la loro amicizia, accordando loro alcune concessioni economiche, ma tra Francia e Svizzera non sarebbe più tornato il clima di fiducia dei vecchi tempi. ottobre 2016 La Rivista - 39 Scaffale Martin Howard Sappiamo cosa vuoi Giampaolo Pansa Vecchi, folli e ribelli. Corrado Augias I segreti di Istanbul. (minimum fax - pp 185; €13,00) (Rizzoli - pp 308; € 20,00) (Einaudi - pp 280; € 20,00) Ispirato dal bestseller americano Coercion di Douglas Rushkoff, il libro spiega per la prima volta tutte le tecniche più innovative utilizzate quotidianamente dalle corporation e dai governi nella battaglia per il controllo della nostra mente, per influenzarci senza il nostro consenso e insinuarsi in cinque aree fondamentali della nostra vita: l’area del consumo, l’area personale, l’area degli eventi, l’area informativa e l’area virtuale. Sintetizzando con ampio uso di illustrazioni e grafici, in modo semplice e accattivante, informazioni, idee ed esempi da centinaia di fonti diverse, Sappiamo cosa vuoi è una guida indispensabile per mantenere la nostra autonomia di pensiero in un mondo sempre più dominato dal marketing, dalla pubblicità e dalla disinformazione. Howard elenca e illustra centinaia di modalità attraverso le quali le nostre menti vengono controllate e come vengano elaborati stratagemmi al limite del surreale capaci di smantellare le più semplici inclinazioni umane, teleguidando la gente verso specifici obiettivi. Esempi che in alcune pagine ci fanno pensare ai film di James Bond più che al mondo reale, dove pensiamo di muoverci con libertà di pensiero e opinione ed invece, senza saperlo, siamo spinti verso una direzione univoca. Howard, per esempio, spiega come telegiornali e carta stampata ormai veicolino le notizie in base alla loro attrattiva e non all’effettivo valore informativo. Per cui la recente scoperta nel campo della medicina di cui si parla nel telegiornale potrebbe essere in realtà una sorta di messaggio promozionale di una casa farmaceutica. L’autore, Martin Howard, australiano di Brisbane, è uno studioso esperto di mass media che ha lavorato per oltre quindici anni nel settore del marketing e della pubblicità e con il suo libro vuole indicare al pubblico strade per uscire dai condizionamenti e per recuperare il potere di decidere per noi stessi. Il libro racconta senza piagnistei un protagonista dell’Italia di oggi: gli anziani. Al contrario di quanto si crede, non è un mondo di deboli, con il solo traguardo di andare al Creatore. Prima di tutto, il gusto per la vita non li ha abbandonati. Rifiutano di arrendersi e di considerare la vecchiaia una malattia incurabile. Contano molto in un Paese come l’Italia, dove il loro numero cresce di continuo. Nelle scelte politiche risultano decisivi, lo si è visto in Gran Bretagna nel referendum se uscire a no dall’Europa. Il mercato li coccola poiché decretano il successo o la sfortuna di un prodotto. Eppure di loro non si discute mai. Il motivo, Giampaolo Pansa l’ha compreso quando ha compiuto gli ottant’anni. La vecchiaia impaurisce persino chi ne è ancora distante. E quasi nessuno vuole occuparsene. “Ho provato a farlo con questo libro per me insolito e in parte autobiografico. Descrive la terza età nella sua forza, ma anche nei problemi che l’affliggono: la solitudine, la paura della povertà, il terrore di ammalarsi, l’angoscia di essere rapinati persino dalla propria banca, sino al rebus del rapporto tra maschi e femmine. L’amore è un test infallibile di vitalità e del desiderio di rimanere giovani. Per gli uomini lo conferma l’uso crescente di un rimedio miracoloso, il viagra. Mentre nelle donne il rifiuto della vecchiaia spinge a nascondere l’età, grazie all’abito sfacciato e alla cura del corpo. È una rivoluzione silenziosa che ho tentato di togliere dall’ombra con un insieme di storie sul privato di italiani ormai lontani dalla giovinezza. Se la terza età non ti sorprende con le tasche vuote, il sesso, condiviso per passione o per denaro, diventa un elisir di lunga vita. Illude di fermare l’incalzare del tempo. Infine convince molti di non appartenere alla tribù dei nuovi sconfitti: gli anziani da sempre poveri o che lo stanno diventando. Sono questi gli esclusi di una società che riflette soltanto sui giovani”. Per dieci secoli Costantinopoli è stata l’altra Roma. Poi, in una giornata di primavera del 1453, tutto è cambiato. Roma s’inabissava, nasceva Istanbul. Una città eterna, prodigiosa, inquieta. Un luogo del mondo dove è possibile incrociare le storie di imperatrici belle e crudeli, di sultani folli e saggi, di schiave e avventurieri. Storie piccole e grandissime ritrovate e raccontate da un autore capace, come raramente accade, di fondere in un unico sguardo sapere e meraviglia. «Il modo migliore per arrivare a Istanbul sarebbe attraversando lentamente il Mar di Marmara fino a veder apparire une incomparable silhouette de ville...». Questo libro è il racconto, potremmo forse dire il romanzo di Istanbul. Protagonista è una città eterna, prodigiosa, una città incarnata nelle sue stesse rovine. A comporne la trama sono le storie degli uomini e delle donne che l’hanno fondata, vissuta, abbandonata: storie piccole e insieme grandissime; a tenerle insieme sono le parole di un autore capace, come raramente accade, di fondere in un unico sguardo sapere e meraviglia. Per secoli Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul, è stata una meta ricercata, talvolta fraintesa, altre volte amata, sempre guardata con stupore già dalla prima apparizione del suo straordinario profilo contro il cielo d’Oriente. Quel crescente di luna, che non a caso figura sulla bandiera della Repubblica turca, è - e insieme non è - la stessa luna che possiamo vedere in un qualunque cielo notturno europeo. Come il particolare profumo della città, i suoni, i richiami dei marinai, le luci riflesse sono - e non sono le stesse di un porto del nostro continente. A renderli diversi è quella sensazione indefinita, quel contorno avvolgente, che una volta si chiamava «esotismo» e che ancora sopravvive. Senza sottrarsi al fascino di quell’esotismo, Augias ne solleva con garbo il velo per scoprire la sostanza piú autentica della città, quella che il turista non sempre può o sa cogliere. chi, come e perché ci manipola la mente Il piacere della vita nella terza età Storie, luoghi e leggende di una capitale ottobre 2016 La Rivista - 41 Una guida al nostro agire quotidiano di Paolo Comuzzi Diciamo subito che un professionista (per quanto abbia studiato) ha dei problemi a recensire questo volume considerati gli importanti riferimenti che l’autore conduce sull’etimologia delle parole ed i riferimenti ai numerosi testi che lo stesso richiama. Di conseguenza si deve ammettere che questo scritto non vuole tanto recensire ma invitare a leggere questo libro che, per quanto mi riguarda, ha occupato numerose ore durante le mie ferie. L’autore è il Cardinale Ravasi, persona che non ha certamente bisogno di alcuna presentazione considerato che è uno dei maggiori studiosi della Bibbia e delle Sacre Scritture e possiamo dire che ci ha fatto dono di questo volume che, a mio modesto parere, merita una lettura qualsiasi sia la posizione del lettore in merito alle questioni di fede. Parlando in modo generale diciamo che si tratta certamente di un libro molto interessante e che invita il lettore ad una profonda meditazione e quindi al ripensamento anche s1u quella che è l’esistenza del vivere giorno per giorno. Infatti, al di là della complessa questione (vedasi su questo pagina 17) se Gesù sia il nuovo Mosè (come ha indicato Papa Francesco) o se Gesù “ … è la stessa voce e la presenza di Dio che consegna ai suoi discepoli la sua Torah …” come dicono altri2 appare evidente come le indicazioni fornite nel discorso sulle Beatitudini possano guidare anche il nostro agire quotidiano. Leggendo il libro possiamo dare conto che la questione teologica (sempre molto delicata) delineata in precedenza viene risolta (pagina 166) dicendo con chiarezza che “ … le Beatitudini vengono non di rado presentate come l’antitesi neotestamentaria al Decalogo, come, per così dire, l’etica più elevata dei cristiani nei confronti dei comandamenti dell’Antico Testamento. Questa interpretazione fraintende completamente il senso delle parole di Gesù …” (in questo senso molto chiaro è stato sua Santità Joseph Ratzinger) e quindi concludendo (sempre alla pagina 166) che non è una sostituzione quella che propone Gesù ma una esaltazione del senso pieno e profondo dell’Antico Testamento3, ma detto di questo punto resta che si deve guardare anche al giorno per giorno. Scrive, infatti, il Cardinale Ravasi (pagina 21) che “Egli (Gesù) propone un atteggiamento di fondo che pervada 42 - La Rivista ottobre 2016 Le Beatitudini Gianfranco Ravasi Mondadori (Euro 19) spirito e cuore e che dia anima al necessario impegno morale molteplice e quotidiano”. Ebbene nel quotidiano un’impostazione di vita come quella delineata diventa complessa in quanto (pagina 196) si ha che quella di Gesù “ … è una coraggiosa scelta controcorrente che ribalta le scale dei valori mondani che generano crimine, violenza, prevaricazione, insoddisfazione attraverso l’accumulo di beni, la frenesia nel godimento, l’abuso sugli altri, l’egoismo brutale, la prepotenza …” e questa affermazione viene corroborata nel libro con altre considerazioni in merito all’agire nel mondo. Stabilito che lo scritto Evangelico (inteso come l’insegnamento che viene dal discorso di Gesù) deve calarsi nel quotidiano, il libro fornisce una spiegazione di ognuna delle Beatitudini indicando con chiarezza (pagina 44) che siamo chiamati in primo luogo “ … ad uno stile di vita evangelico segnato dalla sobrietà, a non cedere alla cultura del consumo …”4 cui si aggiunge che siamo chiamati a cercare la giustizia ovvero (pagina 93) una via corretta del nostro vivere. A quanto sopra deve aggiungersi che siamo anche chiamati ad essere misericordiosi (pagina 110) ovvero a partecipare del problema dell’altro (un coinvolgimento del cuore e non solo un coinvolgimento formale) cui si aggiunge (pagina 125) una necessaria purezza vitale interiore che dovrebbe anche prevalere sul mero rispetto dei formalismi esteriori. Tornando su aspetti più generali diciamo nuovamente che non possiamo leggere il discorso di Gesù come un mero “discorso teorico” senza alcuna incidenza nel nostro agire quotidiano ma lo dobbiamo sempre interpretare e guardare cercando di tradurlo nella pratica di ogni giorno. Su questa considerazione non sono accettabili interpretazioni diverse in quanto (pagina 22) viene scritto in modo chiaro e senza alcuna possibilità di interpretazione equivoca che “ … le Beatitudini non sono, allora, destinate a classi speciali e privilegiate di fedeli, ma sono le componenti da integrare nel ritratto genuino del vero cristiano, della sua realtà umana ultima e profonda e del suo impegno personale di vita …”. La conclusione è che sul libro ed il suo contenuto siamo chiamati a meditare tutti per un discorso che ci investe in quanto persone ed in particolare sono chiamate a meditare i credenti e questo deve spingerci verso una lettura attenta di questo testo e magari anche verso un importante approfondimento della materia tenuto conto della complessità intrinseca della stessa. Come scritto qui non si pretende di fare una recensione “tecnica” del volume ma solo di spingere alla lettura del volume stesso con la avvertenza che forse una sola lettura non basta e che un dialogo con un esperto potrebbe anche essere necessario (diciamo che un ciclo di lezioni e magari un confronto tra un filosofo come Emanuele Severino ed il Cardinale Ravasi potrebbe fornire spunti di grande interesse). 2 In questo sancendo una certa discontinuità con il Vecchio Testamento. 3 In questo senso anche quanto riportato a pagina 95 quando si dice che Gesù non cancella la Torah del Sinai ma la conduce a pienezza. 4 Attenzione che si può essere attaccati con cupidigia anche a pochi beni comunque del tutto superflui (pagina 47). In sostanza ci viene chiesta una capacità di distacco dalla cose che non significa “gettare” via le cose stesse ma evitare di farne degli idoli (in sostanza allontanarsi dalla cultura dell’avere). 1 Novità PULLED LAX BURGER con salmone cotto a bassa temperatura 5.95 Per il nostro nuovo hamburger di salmone, utilizziamo la carne migliore del pesce – non solo i filetti. Servito nel panino a lievitazione naturale, farcito con insalata a foglie verdi, cavolo rosso, una spruzzata di salsa BBQ e qualche fetta di cetriolo. Un piacere tanto prelibato quanto sostenibile. ottobre 2016 La Rivista - 43 © Inter IKEA Systems B.V. 2016 Amore al primo morso Convegno internazionale, Università di Losanna, 27-29 ottobre 2016 À l’italienne. Narrazioni dell’italianità, dagli anni Ottanta a oggi L’‘italianità’ non coincide necessariamente con una specifica entità politica, geografica o lin-guistica, ma va intesa come nodo e incrocio di esperienze: per esempio quelle di chi osserva il Paese da fuori, come le comunità italofone all’estero; o quelle di chi, dall’Italia, trasmette l’immagine del Paese nei suoi vari aspetti. È attraverso la narrazione – non solo letteraria, né esclusivamente verbale – che l’italianità prende forma nell’immaginario contemporaneo, in cui emergono valori diversi, opposti o complementari. Da un lato, ad esempio, si ha la caratteriz-zazione dei tipi e delle relazioni sociali o la visione esotista del paesaggio; dall’altro, l’internazionalizzazione della cucina e la valorizzazione dello stile di vita made in Italy. I campi di questa narrazione sono numerosi: letteratura, lingua, fotografia, musica, cinema, media, design. Il convegno À l’italienne intende esplorarli attraverso il contributo di specialisti in vari ambiti, con l’obiettivo di creare un osservatorio permanente, che guardi all’italianità da una prospettiva interculturale. Durante il convegno sarà possibile prendere visione del Totem sull’italiano realizzato dal Forum per l’italiano in Svizzera in collaborazione con la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana: http://www.forumperlitalianoinsvizzera.ch Negli ultimi decenni, le scienze sociali hanno messo in evidenza come il concetto di ‘cultura’ non possa più coincidere con un sistema chiuso dentro i confini etnici, geografici, politici di una singola nazione. Quest’idea suggerisce di osservare l’immaginario legato a un popolo (alla sua storia e civiltà, alla sua lingua e letteratura, al suo territorio e a suoi costumi) senza restare vincolati a una dimensione nazionale o, peggio, locale. Il convegno che s’intende promuovere presso l’Università di Losanna adotta questa prospettiva, rivolgendola verso l’Italia. Nello spirito del convegno, la Il programma ◊ Venerdì 28 ottobre, mattina, sala 3185 ◊ Giovedì 27 ottobre, pomeriggio, sala 2120 Sessione II: Narrazioni tra suoni e immagini Presiede: Nelly Valsangiacomo - Università di Losanna — 15h45 Accoglienza — 16h00 Saluti e apertura dei lavori Sessione I: Italianità nella Confederazione Presiede: Alberto Roncaccia - Università di Losanna — 16h15 Emigrazione e scrittura degli italiani in Svizzera: il mutamento negli anni Jean-Jacques Marchand - Università di Losanna Un’italianità schizofrenica? Marco Marcacci - Fondazione Pellegrini Canevascini, Bellinzona Mangiare “all’italiana”. La cucina italiana in Svizzera Sabina Bellofatto - Università di Zurigo — 17h45 Discussione e fine della sessione 44 - La Rivista ottobre 2016 — 09h00 L’Italia da Oscar. Racconti e visioni dell’italianità Daniela Brogi - Università per Stranieri di Siena Memoria e riconoscimento nella narrazione filmica degli Italiani di Montréal Bruno Ramirez - Università di Montréal Discussione e pausa — 11h15 La percezione fotografica dell’italianità tra gli studenti all’estero: il progetto “150 anni Grande Italia” Paola Corti - Università di Torino L’italiano in musica: dal melodramma alla canzone Vittorio Coletti - Università di Genova ◊ Venerdì 28 ottobre, pomeriggio, sala 3185 — 14h15 Tavola rotonda Moderata da Daniele Maggetti (Università di Losanna) parola ‘Italia’ non andrà intesa come entità politica, geografica o linguistica separata, ma come nodo e incrocio di esperienze: quelle di chi osserva il Paese da fuori, come le comunità italofone all’estero o altri attori provenienti da un contesto diverso; e quelle di chi, dall’interno, trasmette l’immagine dell’Italia nei suoi vari aspetti. Questa dinamica non si esaurisce nella categoria di ‘cultura italiana’; per questo parliamo piuttosto di ‘italianità’, come oggetto di rappresentazione e di narrazione nell’ambito dell’immaginario contemporaneo. È proprio attraverso il racconto – non solo letterario, né esclusivamente verbale – che l’italianità prende forma nell’immaginario contemporaneo; racconto di situazioni, in cui emergono valori dominanti diversi, opposti o complementari: da un lato, ad esempio, la caratterizzazione dei tipi e delle relazioni sociali o la visione esotista del paesaggio; dall’altro, l’internazionalizzazione della cucina e la valorizzazione del lusso e della moda made in Italy, che incarna l’idea di affermazione e sfida al presente. Da chi e come queste narrazioni sono veicolate? Gli approcci transnazionali forniscono elementi di comprensione maggiore (per valutare, ad esempio, l’apporto di altre culture, o l’influenza di gruppi sociali)? Le visioni che ne emergono sono coerenti; rispondono a una rappresentazione statica o dinamica dell’italianità? E ancora: quali forme sono privilegiate (drammatizzazione, prospettiva essenzialista,…)? Gli organizzatori hanno scelto di riflettere su queste e altre narrazioni dell’italianità dagli anni Ottanta del XX secolo a oggi. Gli anni Ottanta sono, infatti, i cosiddetti ‘anni del riflusso’, durante i quali la società italiana conosce notevoli cambiamenti, in sintonia con le evoluzioni delle società occidentali: la consacrazione dell’industria della moda e del design, attraverso cui si afferma quell’idea di stile, di italian style, che è una delle componenti più forti dell’italianità; la diffusione delle televisioni private, che anche attraverso la pubblicità diffondono nuovi modelli di rappresentazione della società italiana; l’affievolirsi dell’impegno politico che aveva caratterizzato la fine degli Informazioni pratiche Segreteria Eva Suarato Tel: +41/21/692.29.13 [email protected] Organizzazione scientifica Niccolò Scaffai - Sezione d’italiano Nelly Valsangiacomo - Section d’histoire Bâtiment Anthropole Université de Lausanne CH-1015 Lausanne con Renata Ada-Ruata, scrittrice; Tatiana Crivelli, Università di Zurigo, Forum per l’italiano in Svizzera; Frédéric Maire, direttore Cinemathèque suisse; Licia Coffani, Istituto Italiano di Cultura di Zurigo Sessione III: Visioni internazionali Presiede: Niccolò Scaffai - Università di Losanna — 16h15 Ritorno al futuro? Italianità e consumi negli Stati Uniti di fine Novecento Ferdinando Fasce - Università di Genova Design e italian design Matteo Vercelloni - Politecnico di Milano Italianismi e pseudoitalianismi nei panorami linguistici urbani globali Massimo Vedovelli - Università per Stranieri di Siena — 17h45 Discussione e fine dei lavori ◊ Sabato 29 ottobre, mattina, sala 3185 anni Sessanta e i Settanta e la definitiva instaurazione, al suo posto, di altre forme di spinta sociale. Tra queste, soprattutto, l’acquisizione di un livello di benessere concepito spesso come adeguamento a modelli e costumi già globali: un processo che ha favorito anche l’esportazione di immaginario verso i destinatari stranieri che lo hanno recepito e trasmesso sotto forma di narrazione dell’italianità. I campi in cui si attua questa narrazione sono numerosi: letteratura, arte e fotografia, musica, cinema, media, marketing. Vorremmo che il convegno fosse aperto al contributo di specialisti di questi vari ambiti, con l’obiettivo di creare un osservatorio permanente capace di guardare all’italianità da una prospettiva interculturale e attento ai fenomeni di commistione transnazionale. [email protected] [email protected] Accesso Dalla stazione di Losanna prendere il metrò M2 (direzione Croisettes o La Sallaz), scendere alla fermata Lausanne-Flon. Da Lausanne-Flon, prendere il metrò M1 (direzione Renens-Gare o EPFL), scendere alla fermata UNIL-Dorigny. La partecipazione al convegno è aperta a tutte le persone interessate. — 09h30 La musealizzazione delle migrazioni italiane Maddalena Tirabassi - Centro Altreitalie, Torino Forme e rappresentazioni di un’italianità che evolve nel contesto migratorio lussemburghese Maria Luisa Caldognetto - Centre de Documentation sur les Migrations Humaines, Dudelange Discussione e pausa — 11h15 Dolce vita o vita amara? L’Italia, gli italiani e l’italianità nell’immaginario collettivo tedesco del Secondo Novecento Roberto Sala - Università di Basilea Italy as seen by the Foreign Press. Positive aspects with several surprises Maarten van Aalderen - Corrispondente dall’Italia per De Telegraaf — 12h15 Discussione e fine dei lavori Sessione IV: Rappresentazioni e immagini Presiede: Francesco Garufo - Università di Neuchâtel ottobre 2016 La Rivista - 45 L’italiano nelle scuole svizzere è più vivo che mai di Donato Sperduto* Smentita durante i lavori del convegno che si è tenuto a Lugano gli scorsi 9 e 10 settembre, la convinzione che l’italiano nella Confederazione sia una lingua residuale. È una questione di qualità, ma anche di quantità: quest’ultima spesso determinante di scelte sbrigative adottate anche a livello istituzionale È un tema sempre attuale, che attira l’attenzione dei media, dei politici nazionali e locali, dei docenti, dei genitori e dei loro figli. Giusto. Infatti, il plurilinguismo è un tratto distintivo essenziale della Confederazione elvetica. La Costituzione federale ne tiene debitamente conto, conferendo alla Confederazione e ai Cantoni un ampio mandato di politica linguistica: è un loro compito comune di tutelare e promuovere le lingue nazionali e rafforzare la comprensione fra le diverse comunità linguistiche del Paese. La seconda edizione del Convegno Italiamo, organizzato dall’USI di Lugano in collaborazione con l’ASPI-VSI (9-10 settembre 2016), ha permesso di evidenziare alcuni aspetti che permettono di favorire ancora di più l’insegnamento della lingua di Dante nelle scuole svizzere. Ad esempio, l’utilizzo di materiali didattici adeguati, l’integrazione del cinema, gli scambi ed i soggiorni linguistici. Inoltre, sono state fatte delle opportune precisazioni sulla questione dei ‘numeri’. Infatti, da un po’ di tempo a questa parte si ripete che il numero di allievi che sceglie la lingua di Dante come materia di maturità è piccolo. A questa diceria ha fatto da controparte il conteggio del reale numero di allievi che nel 2014 l’ha scelta nei licei svizzeri: più di 8500! In qualche liceo il numero di allievi che sceglie l’italiano non è alto, d’accordo. Ma l’imprenditore e scrittore di successo Rolf Dobelli (nel libro Klar denken, klug handeln, Hanser) mette tutti in guardia dai numeri piccoli presentati da imprese, città e persino da scuole! Attenti quindi ad eventuali approfittatori ovvero alla retorica ed ai retori alla ricerca della gallina dalle uova d’oro – ricorrendo magari a mezzi addirittura subdoli (cfr. D. Sperduto, Quanta retorica contro l’italiano!, Babylonia, 2014/1, p. 93)! Per cominciare ad andare oltre la soglia della retorica, bisogna innanzitutto sapere qual è il numero minimo di allievi richiesto per far partire un corso di opzione 46 - La Rivista ottobre 2016 specifica (o disciplina fondamentale) in un dato liceo o cantone, perché questo numero varia da cantone a cantone. Poi, per fare un’analisi davvero seria della situazione i numeri dell’italiano vanno anche confrontati con quelli delle altre materie. Ed è inoltre tutt’altro che inutile conoscere il numero di docenti che insegna la materia ed il loro rispettivo ‘peso’ (numero di allievi). Se ad esempio un docente ha un allievo e un altro ne ha dodici, la media trae in inganno. In un caso del genere, parlare di numeri piccoli è fuorviante. Infine, va appurato che il dipartimento dell’educazione non sia (stato) vittima della retorica. Cosa in teoria non difficile, ma in pratica a nessuno piace dover ammettere di essere stato gabbato. Comunque, per fare ciò non bisognerebbe modificare l’Ordinanza per il riconoscimento dei diplomi di maturità (ORM), come auspicato invece da qualcuno – volente contraddittoriamente rafforzare l’italiano declassandolo ad opzione complementare! Se non si scopre davvero quanto si cela dietro i cosiddetti numeri piccoli, c’è il rischio di prendere un abbaglio. Il consiglio che posso dare è il seguente: attenti ad eventuali bufale. Altrimenti, la discussione sul rafforzamento delle lingue nazionali, ed in particolare dell’italiano, resterà infruttuosa. A tutto vantaggio della retorica di qualche retore algebrico che, se sfrutta come meglio può la situazione, può trasformare il docente con un solo allievo nella gallina dalle uova d’oro. Mi dispiace deludere qualcuno, ma il presidente dell’ASPI-VSI non rientra in questi parametri. *Presidente dell’ASPI-VSI (Associazione svizzera dei professori d’italiano) e docente alla Kantonsschule Sursee Zurigo Italiano in ottobre - dicembre 2016 Un’iniziativa a cura di… ALA – Amici del Liceo Artistico www.liceo.ch Associazione svizzera per i rapporti economici e culturali con l’Italia www.asri.ch Camera di Commercio Italiana per la Svizzera www.ccis.ch Cattedra de Sanctis del Politecnico federale di Zurigo Comites di Zurigo Consolato Generale d’Italia in Zurigo Istituto Italiano di Cultura di Zurigo www.italiano.ethz.ch/it www.comites-zurigo.ch www.conszurigo.esteri.it www.iiczurigo.esteri.it Istituto di Traduzione e Interpretazione di Winterthur Liceo Artistico www.zhaw.ch www.liceo.ch Liceo Vermigli www.liceo-vermigli.com Pro Ticino di Zurigo www.proticino-zurigo.ch Pro Grigioni Italiano www.pgi.ch Seminario di Romanistica dell’Università di Zurigo Società Dante Alighieri di Zurigo Wir danken dem Präsidialdepartement der Stadt Zürich für den Versand. Con il patrocinio del Consolato Generale d’Italia in Zurigo e del Comites www.rose.uzh.ch www.dantealighieri.ch Patronat: Il programma di Zurigo in italiano è pubblicato anche sul sito www.zurigoinitaliano.ch ottobre – dicembre qtopia kino+bar Brauereistrasse 2 8610 Uster www.qtopia.ch Kino Cameo Lagerplatz 8400 Winterthur www.kinocameo.ch Kino Xenix Kanzleistrasse 52 8004 Zürich www.xenix.ch dal 6 ottobre Cinema Arthouse Le Paris Gottfried-Keller-Strasse 7 8001 Zurigo Cinema Italiano Cinque film di recentissima produzione costituiscono la rassegna itinerante di cinema italiano che verrà programmata in numerose città svizzere. Latin lover (2015) di Cristina Comencini Se Dio vuole (2015) di Edoardo Falcone Lea (2015) Organizzano: Cinélibre Berna, Made in Italy Roma, Istituto Italiano di Cultura di Zurigo Con il patronato dell’Ambasciata d’Italia in Svizzera Co-finanziata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali Direzione Generale per il Cinema, Roma Schede sui film e l’orario dettagliato delle proiezioni si possono scaricare dal sito www.cinema-italiano.ch di Marco Tullio Giordana Non essere cattivo (2015) di Claudio Caligari La stoffa dei sogni (2015) di Gianfranco Cabiddu La pazza gioia Proiezione del nuovo film di Paolo Virzì. Con Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnellutti, Anna Galie- Organizzano: Filmcoopi Zurigo, Istituto Italiano di Cultura di Zurigo La scheda del film e l’orario dettagliato delle proiezioni si possono scari- ara dal 6 ottobre Cinema Arthouse Le Paris Gottfried-Keller-Strasse 7 8001 Zurigo La pazza gioia Proiezione del nuovo film di Paolo Virzì. Con Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnellutti, Anna Galiena, Marco Messeri. Il film racconta la storia e l’imprevedibile amicizia di due donne ospiti di una comunità terapeutica per disturbi mentali, entrambe classificate come «socialmente pericolose», e della loro fuga alla ricerca di un po’ di felicità. 17 ottobre ore 18.15 Zürcher Hochschule für Angewandte Wissenschaften Auditorio del I piano (O1.01) Theaterstrasse 15c 8401 Winterthur 18 ottobre ore 18.00 Università di Zurigo Rämistrasse 62 8001 Zurigo 21 ottobre ore 18.00 Galerie 16b Ausstellungstrasse 16b 8005 Zurigo 21–29 ottobre 21 e 22 ottobre: ore 20.00 23 ottobre: ore 17.00 28 e 29 ottobre: ore 20.00 L’italiano e la creatività: marchi e costumi, moda e design Infiniti passi Organizzano: Astaz – associazione studenti ticinesi a Zurigo, Pro Ticino di Zurigo Il noto giornalista ticinese Gianluca Grossi presenta il suo libro, che racconta le sue esperienze con i migranti lungo la rotta balcanica, dalla Grecia alla Turchia. Slow motion Alfio Sacco e Lucilla Trapazzo ore 20.00 Aula della Kantonsschule Rämibühl Rämistrasse 56 8001 Zurigo 2 novembre ore 18.15 Università di Zurigo Aula KOL-E-18 Rämistrasse 71 8001 Zurigo 5 novembre ore 10.30 Casa d’Italia, Sala Pirandello Erismannstrasse 6 8004 Zurigo 5 novembre 2016 Zinit. Volantino V4.indd 1 ore 18.30 Il Ponte Bergstrasse 7 8630 Rüti (ZH) 8 novembre ore 18.30 Liceo Artistico Parkring 30 8002 Zurigo 9 novembre ore 18.15 Ingresso libero. Segue un aperitivo. Organizzano: Galerie 16b Alfio Sacco e Lucilla Trapazzo Mostra fotografie e videoistallazioni, Finissage The French in concerto Ingresso libero La vendetta di Medea Organizzano: Die Oper im Knopfloch, Istituto Italiano di Cultura di Zurigo Dal 30 settembre al 21 ottobre; 13 ottobre Live Act degli artisti Tra i tanti stimoli e messaggi, Slow Motion è un monito, una sfida che Alfio Sacco e Lucilla Trapazzo propongono nei loro lavori. Lo sguardo degli artisti invita alla riflessione, alla pausa silente, a riprendere possesso del tempo, a riconoscere sé nell’altro. Dramma per musica di Gaetano Marinelli, testo di Franz Grillparzer Klavierabend – Serata al pianoforte 27 ottobre Organizzano: Istituto Italiano di Cultura di Zurigo, Istituto di Traduzione e Interpretazione di Winterthur, ZHAW I due relatori parleranno dei temi legati alla Settimana della lingua italiana nel mondo 2016, dell’italiano e della creatività, di marchi e costumi, moda e design. Sul tema, per l’occasione, sarà pubblicato un volume dell’Accademia della Crusca. 25 ottobre ore 18:15 Romanisches Seminar Aula D-31 Zürichbergstrasse 8 8032 Zurigo Film distribuito da Filmcoopi Zurigo Ingresso libero La compagnia «Die Oper im Knopfloch», composta da attori, musicisti e cantanti emergenti, sotto la direzione del regista Gero Nievelstein, presenterà il dramma con le musiche originali di Gaetano Marinelli. Le canzoni sono in italiano e i dialoghi in tedesco. 27 ottobre La scheda del film e l’orario dettagliato delle proiezioni si possono scaricare dal sito www.filmcoopi.ch Conferenza del Prof. Lorenzo Coveri, ordinario di Linguistica presso l’Università degli Studi di Genova e della Dott.ssa Federica Fiori, giornalista ed esperta di moda. Theater Stok Hirschengraben 42 8001 Zurigo ore 19.30 Politecnico federale di Zurigo Semperaula Rämistrasse 101 8001 Zurigo Filmcoopi Zurigo, Istituto Italiano di Cultura di Zurigo Concerto del pianista Pietro De Maria Per informazioni e acquisto dei biglietti: www.operimknopfloch.ch Organizzano: Musical Discovery di Zurigo, Istituto Italiano di Cultura di Zurigo Il virtuoso artista italiano, vincitore di numerosi premi, eseguirà musiche di Chopin, Ligeti e Liszt, in occasione dell’inaugurazione del ciclo musicale «Musik an der ETH». Per informazioni e acquisto dei biglietti: www.musicaldiscovery.ch Incontro con Pietro De Marchi, Premio Gottfried Keller 2016 Organizza: Romanisches Seminar dell’Università di Zurigo La Trentottesima edizione del premio svizzero per la letteratura è andata allo scrittore, poeta e critico letterario Pietro De Marchi, per la raccolta «La carta delle arance» (Casagrande 2016). Serata di presentazione del libro e di festeggiamenti in presenza dell’autore. Teoria e pratica della rapina in banca Commedia di Andrea Fazioli, realizzazione del Teatro Paravento Una narrazione avventurosa nella realtà sociale e psicologica attuale con uno sguardo ironico sul nostro territorio. Companion to Vittoria Colonna (2016) Volume dedicato a vita e opere della celebre poetessa rinascimentale Presentazione del volume in presenza delle curatrici A. Brundin (Università di Cambridge), T. Crivelli (Università di Zurigo), M.S. Sapegno (Università La Sapienza di Roma). Conduce la prof. Mariateresa Girardi (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano). Il lavoro di domani Relatori: Prof. Dr. Lino Guzzella, Presidente del Politecnico federale di Zurigo e Prof. Sandro Cattacin, professore e responsabile della Facoltà di Sociologia all’Università di Ginevra Cariatidi sul Cuore Le donne di Dante – teatro-danza Le donne di Dante oltre la maschera del personaggio. Nel tempo del rumore collettivo Bice e Gemma in cerca di un’identità scelgono il silenzio lasciando la parola ai versi – recitati da altre donne in altre lingue – che le avvolgono, le imbrigliano, le creano, le negano. In viaggio con l’acqua Documentario di Romano Veneziani e Luciano Paltenghi La serata è aperta a tutte le persone interessate. Ingresso libero Organizzano: Pro Ticino Zurigo, Società Dante Alighieri di Zurigo Ingresso: 30.Studenti, docenti KS Rämibühl e Liceo Artistico: 15.Altri studenti e AVS: 20.- Organizza: Cattedra di Letteratura italiana dell’Università di Zurigo La serata è aperta a tutte le persone interessate. Ingresso libero Organizza: CAVES, Comites di Zurigo Ingresso libero Organizzano: Hypnagogia (Lucilla Trapazzo, Maria Francesca Palli), Il Ponte – L’Altraitalia Riservazione per la cena obbligatoria: [email protected] – tel. 056 5353130 oppure 079 8211901 Costo: 35.-, cena compresa Organizzano: Pro Ticino di Zurigo, Pro Grigioni Italiano, sezione di Zurigo Un viaggio in gommone dal Ticino a Venezia, organizzato da Claudio Rossetti, costellato di incontri con luoghi e personaggi legati all’acqua e alla sua cultura. Ingresso libero Nuovi percorsi tra gli «schermi» dei Promessi Sposi Organizzano: Cattedra di Letteratura italiana dell’Università di Zurigo, Cattedra de Sanctis del Politecnico federale di Zurigo, 21.09.16 10:01 5 novembre ore 18.30 Il Ponte Bergstrasse 7 8630 Rüti (ZH) 8 novembre ore 18.30 Liceo Artistico Parkring 30 8002 Zurigo 9 novembre ore 18.15 Politecnico federale di Zurigo Aula HG D 3.2 Rämistrasse 101 8001 Zurigo 9 novembre ore 19.30 Predigerkirche Zähringerplatz 6 8001 Zurigo 10 novembre ore 18.30 Liceo Artistico Parkring 30 8002 Zurigo 11 novembre ore 19.30 Liceo Artistico Parkring 30 8002 Zurigo 13 novembre ore 17.00 nei locali della Zwinglikirche Aemtlerstrasse 23 8003 Zurigo 15 novembre ore 18.30 Liceo Artistico Parkring 30 8002 Zurigo 17-18 novembre 17 novembre: ore 14.30-18.30 18 novembre: ore 09.30-18.00 Università di Zurigo, edificio principale Rämistrasse 71 8001 Zurigo 18 novembre ore 19.30 Alte Kaserne Seminarsaal (1° piano) Technikumstrasse 8 8400 Winterthur 19 novembre ore 18.30 Liceo Artistico Parkring 30 8002 Zurigo 20 novembre ore 16.00 Centro Parrocchiale St. Agatha Bahnhofplatz 3 8953 Dietikon 21 novembre ore 18.30 Wine Lounge Buonvicini Oberdorfstrasse 2 8001 Zurigo Cariatidi sul Cuore Le donne di Dante – teatro-danza Le donne di Dante oltre la maschera del personaggio. Nel tempo del rumore collettivo Bice e Gemma in cerca di un’identità scelgono il silenzio lasciando la parola ai versi – recitati da altre donne in altre lingue – che le avvolgono, le imbrigliano, le creano, le negano. In viaggio con l’acqua Documentario di Romano Veneziani e Luciano Paltenghi Organizzano: Hypnagogia (Lucilla Trapazzo, Maria Francesca Palli), Il Ponte – L’Altraitalia Riservazione per la cena obbligatoria: [email protected] – tel. 056 5353130 oppure 079 8211901 Costo: 35.-, cena compresa Organizzano: Pro Ticino di Zurigo, Pro Grigioni Italiano, sezione di Zurigo Un viaggio in gommone dal Ticino a Venezia, organizzato da Claudio Rossetti, costellato di incontri con luoghi e personaggi legati all’acqua e alla sua cultura. Ingresso libero Nuovi percorsi tra gli «schermi» dei Promessi Sposi Organizzano: Cattedra di Letteratura italiana dell’Università di Zurigo, Cattedra de Sanctis del Politecnico federale di Zurigo, Società Dante Alighieri di Zurigo Viaggio attraverso le fonti visive inedite del romanzo nazionale italiano Salvatore S. Nigro, Prof. di letterature comparate e scienze del linguaggio alla IULM, propone un percorso atipico attraverso il capolavoro manzoniano: I Promessi Sposi saranno indagati a partire dalle fonti visive inedite del romanzo e dalle sue rappresentazioni cinematografiche. La serata è aperta a tutte le persone interessate. Ingresso libero Concerto per il 35° giubileo del coro misto grigionese Organizza: Coro misto grigionese di Zurigo Il colpo di Zurigo Organizza: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Dirige il Maestro Remo Weishaupt; verranno eseguite opere di Duri Sialm e Gion Antoni Derungs. Operazione spionistica italiana della Grande guerra Con il supporto di documentazione Tindaro Gatani propone la ricostruzione dell’azione degli agenti segreti della Regia Marina che riuscirono a trafugare dalla cassaforte del Consolato austriaco di Zurigo l’elenco dei sabotatori che avevano provocato l’affondamento di due corazzate e gravi danni all’industria bellica italiana. Incontro con lo scrittore Raffaele Nigro Presentazione del libro «Viaggio in Basilicata» Ritorno dello scrittore nei luoghi d‘origine, itinerari per rivedere i luoghi comuni e spalancare una nuova finestra su un ricchissimo patrimonio ambientale, culturale e soprattutto umano. Modera il Prof. Giuseppe Lupo, docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università Cattolica di Milano. «O caro sogno, o dolce ebbrezza» Verranno eseguite arie e duetti di Gounod, Bizet, Rossini, Verdi, Puccini, Lehár Regina Domjan (soprano), Simona Mango (mezzosoprano), Giancarlo Prossimo (pianoforte) La Casa d’Italia Una rigorosa ricerca storica delle fasi che portarono alla costruzione dell’edificio all’Erismannstrasse di Zurgio Per ulteriori informazioni: www.buendner-chor.ch Ingresso libero (colletta) Ingresso libero Organizzano: Circolo Lucano di Zurigo, ALA – Amici del Liceo Artistico, Istituto Italiano di Cultura di Zurigo Il libro «Viaggio in Basilicata» è edito da Adda Editore, 2016 Ingresso libero. Segue un aperitivo lucano. Organizzano: Amici della cultura nella Zwinglikirche, Calliope Concets Ingresso libero, colletta. Segue aperitivo. Organizza: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Ingresso libero Gli immigrati italiani a Zurigo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento: condizioni di vita, istituzioni, personalità e la necessità di aver un loro luogo d’incontro che avrebbe portato alla decisione di costruire la Casa degli Italiani inaugurata nel 1932. Questo e molto altro nel nuovo libro di Tindaro Gatani. Prospettive dell’etimologia e della lessicologia romanesche Workshop su origine e storia di parole tipiche del dialetto di Roma Bustarella, jella, intruglio, impiccio sono fra le tante parole romanesche – alcune con, altre senza un trasparente corrispettivo in lingua – divenute di largo impiego anche in italiano; sull’origine di simili voci riferiranno alcuni dei maggiori specialisti in materia. Le avventure di Giacomo Casanova in Svizzera Un viaggio attraverso la Confederazione sulle orme del celebre libertino Organizza: Romanisches Seminar dell’Università di Zurigo (Prof. M. Loporcaro, Dr. V. Faraoni), con il sostegno del Fondo Nazionale Svizzero, dell’UZH-Hochschulstiftung, dello ZUNIV, dell’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo e della Società Dante Alighieri di Zurigo Ingresso libero Informazioni: - http://www.rose.uzh.ch/aktuelles.html - [email protected] / tel. +41 (0)44 634 63 30 Organizza: UNITRE Winterthur Ingresso libero Alla scoperta delle avventure del celebre avventuriero veneziano in terra elvetica, così come egli stesso le ha raccontate nelle sue famose Memorie, che ci fanno conoscere le donne, i politici e gli intellettuali incontrati nel corso dei suoi soggiorni svizzeri. Cena di gala Una sola volta all’anno lo splendido salone liberty del Liceo Artistico diventa ristorante. Lo chef Daniele Piga proporrà uno squisito menu tipicamente italiano. Organizza: Liceo Artistico Prenotazione obbligatoria: 044 202 80 40 oppure [email protected] Costo: 80.- CHF, vino escluso. Il menù si trova sul sito www.liceo.ch Concerto del Coro Alpino Lecchese Il Coro Alpino Lecchese è parte integrante della Consulta Musicale di Lecco e si identifica quale coro di «canto popolare», con tendenza per i canti di montagna. La pasta. Storia, origini ed evoluzione Conferenza sul «monumento culturale» italiano più conosciuto nel Mondo Un piacevole e istruttivo intervento, che documenta i pregi e le virtù di quella che è stata definita la massima «espressione del genio collettivo del popolo italiano», corredato da un vasto e scelto repertorio fotografico e da una documentazione filmica e letteraria. Organizza: Circolo Culturale Sandro Pertini di Dietikon Ingresso libero, colletta Dopo il concerto ci sarà una bicchierata accompagnata da castagne. Organizza: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo Ingresso libero. Posti limitati, iscrizione necessaria: [email protected] oppure 044 289 23 19 20 novembre ore 16.00 Centro Parrocchiale St. Agatha Bahnhofplatz 3 8953 Dietikon 21 novembre ore 18.30 Wine Lounge Buonvicini Oberdorfstrasse 2 8001 Zurigo 23 novembre ore 18.15 Romanisches Seminar Aula D-31 Zürichbergstrasse 8 8032 Zurigo 24 novembre ore 18.30 Liceo Artistico Parkring 30 8002 Zurigo 26 novembre ore 18.30 Il Ponte Bergstrasse 7 8630 Rüti (ZH) 30 novembre ore 18.30/19.30 Aula della KS Freudenberg Brandschenkestrasse 125 8002 Zürich 2-4 dicembre 2 dicembre, ore 20.00 3 dicembre, ore 20.00 4 dicembre, ore 19.00 Miller’s Studio Seefeldstrasse 225 8008 Zurigo 4 dicembre ore 10.15 Ristorante Cooperativo St. Jakobstrasse 6 8004 Zurigo-Stauffacher 4 dicembre ore 17.00 nei locali della Zwinglikirche Aemtlerstrasse 23 8003 Zurigo 6 dicembre ore 18.15 Romanisches Seminar Aula D-31 Zürichbergstrasse 8 8032 Zurigo 9 dicembre ore 14.15 Liceo Artistico Parkring 30 8002 Zurigo 17 dicembre Concerto del Coro Alpino Lecchese Il Coro Alpino Lecchese è parte integrante della Consulta Musicale di Lecco e si identifica quale coro di «canto popolare», con tendenza per i canti di montagna. La pasta. Storia, origini ed evoluzione Conferenza sul «monumento culturale» italiano più conosciuto nel Mondo Un piacevole e istruttivo intervento, che documenta i pregi e le virtù di quella che è stata definita la massima «espressione del genio collettivo del popolo italiano», corredato da un vasto e scelto repertorio fotografico e da una documentazione filmica e letteraria. Essere o non essere William Shakespeare John Florio e la verità degli archivi Verranno presentati i risultati di ricerche d’archivio, condotte sui due Florio, padre e figlio, in Svizzera, Inghilterra, Italia, Francia, Germania. Paiono smentire definitivamente le dicerie attorno ad una possibile «segreta identità shakespeariana» di John Florio. Antonio De Grada, fra Milano, Zurigo e Buenos Aires Ingresso libero, colletta Dopo il concerto ci sarà una bicchierata accompagnata da castagne. Organizza: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo Ingresso libero. Posti limitati, iscrizione necessaria: [email protected] oppure 044 289 23 19 Organizza: Centre for Renaissance Studies (J. Bartuschat e R. Trachsler) Ingresso libero Organizzano: NonsoloConvivio, ALA – Amici del Liceo Artistico Pittore noto per i suoi affreschi nelle ville zurighesi fra cui Villa Patumbah e Villa «Dem Schönen», sede del Liceo Artistico Informazioni: www.degrada.ch Umami Organizzano: Teatral-Mente (Lucilla Trapazzo, Emanuele Saladino), Il Ponte – L’Altraitalia Parla il dott. Marc Philip Seidel, autore di diverse pubblicazioni su questa tematica. Consapevolezza corporea tra cibo, tecniche teatrali e percorsi neurali Il cibo ha un profondo valore emotivo e affettivo e può influenzare stati d’animo e azioni. Attraverso tecniche teatrali e psicomotorie esploreremo il ruolo dei sensi e delle emozioni nella nutrizione e il legame profondo con le manifestazioni corporee concrete. Il Berretto a Sonagli di Luigi Pirandello Versione di Eduardo De Filippo, regia di Roberto Becchimanzi; recita la compagnia Luna Nova di Roma (www.lunanovateatro.com) Primo Festival della canzone d’autore italiana 2 dicembre: Giorgio Conte in concerto 3 dicembre: Etta Scollo in concerto 4 dicembre: Marco Todisco in concerto Ingresso libero. Segue un aperitivo offerto da ALA in onore del pittore del Liceo. Riservazione obbligatoria: [email protected] - tel. 056 535 31 30 oppure 079 821 19 01 Costo: 35.-, cena compresa Organizzano: ALA – Amici del Liceo Artistico, Istituto Italiano di Cultura di Zurigo, Società Dante Alighieri di Zurigo Ore 18.30: aperitivo; ore 19.30: inizio della rappresentazione Ingresso libero. Prenotazione entro il 25 novembre a [email protected] Organizza: Miller’s Studio Biglietto 48.— Informazioni e acquisto biglietto: www.millers-studio.ch. Da un’idea di Pippo Pollina, che ha curato la direzione artistica dell’evento Tu e Aristotele Conferenza con intermezzo musicale del Maestro Marco Bartoli (chitarra classica) Nel 2400° anniversario dalla nascita di Aristotele il Dr. Andrea Ermano, già docente presso le Università di Zurigo e Padova, ripercorrerà alcuni momenti della vita del Filosofo e alcuni aspetti della sua riflessione sull’essere in quanto essere umano. Das bessere Leben ist anderswo Incontro con il regista italo-svizzero Rolando Colla e visione del suo film Dopo la presentazione da parte del regista e la proiezione del film, Rolando Colla, premiato al festival di Locarno per «Una vita alla rovescia» (1998) e vincitore del Leopardo d’Oro nel 2002 per «Oltre il confine», risponderà alle domande del pubblico. La passione della scrittura: da Neera a Morante Conferenza della Prof. Sharon Wood, dell’Università di Leicester (UK) Organizzano: Società Cooperativa, Società Dante Alighieri di Zurigo Ingresso libero. Seguirà un rinfresco. Organizza: Amici della cultura nella Zwinglikirche Il film verrà proiettato in lingua originale (spagnolo, svizzero tedesco e serbocroato) con i sottotitoli tedesco. La discussione sarà bilingue (italiano e tedesco). Ingresso libero, colletta. Segue aperitivo. Organizza: Doktoratsprogramm Romanistik, Università di Zurigo La serata è aperta a tutte le persone interessate. Ingresso libero La conferenza offre una panoramica sulla produzione letteraria delle donne dall’Unità fino alla fine del ’900, che lascia emergere la storia drammatica e sommersa del femminile, offrendo una prospettiva differente sulla realtà culturale italiana. La tecnica della fusione a cera persa Conferenza dello scultore valtellinese G. Abram Per lo scultore, professionista da oltre 40 anni, che ha scelto come materiale di elezione il bronzo, fuso nella propria fonderia, la tecnica della fusione a cera persa non ha segreti. Opera Gala Night ore 20.00 Concerto di Fine Anno Sala Consiliare (Gemeinderatssaal) Anna Maria Chiuri (soprano), Angela Gandolfo (soprano), Marzio Giossi (baritono), Bremgartnerstrasse 22 Alberto Jelmoni (tenore), Roberto Barrali (pianoforte) 8953 Dietikon 2016 Zinit. Volantino V4.indd 2 Organizza: Circolo Culturale Sandro Pertini di Dietikon Organizza: ALA – Amici del Liceo Artistico Informazioni: www.g-abram.eu Ingresso libero. Segue rinfresco. Organizza: Circolo Culturale Sandro Pertini di Dietikon Ingresso libero, colletta Dopo il concerto verrà offerto un piccolo rinfresco. 21.09.16 10:01 Benchmark di Nico Tanzi Il transfer di Gruen, ovvero: come farti comprare di tutto anche se non hai bisogno di niente Se qualcuno ci chiedesse se siamo in ogni istante padroni di noi stessi, se siamo sicuri di possedere costantemente il controllo delle nostre azioni, se in altri termini, almeno durante la nostra vita da svegli, siamo sempre pienamente coscienti o meno, probabilmente risponderemmo di sì. E perché mai non dovremmo esserlo? Sì, ci sono quei momenti in cui si è stanchi, o confusi, o talmente stressati da non essere del tutto lucidi; ma nel complesso... la risposta sarebbe affermativa. E se vi dicessi che non è così? E che invece tutti noi siamo, del tutto indipendentemente dalla nostra volontà, oggetto di gigantesche manipolazioni attuate con criteri assolutamente scientifici, e che mirano proprio a obnubilare il nostro stato cosciente e a indurre comportamenti che non ci sogneremmo mai di avere in circostanze normali? Non sto parlando della pubblicità —come qualcuno sicuramente avrà pensato. Certo, la pubblicità è stato il primo passo in quella direzione. Ma ormai è talmente inflazionata (dalle migliaia di stimoli, visivi ma non solo, che riceviamo quotidianamente) che, presa in sé, ha sempre meno potere di influenzare le nostre scelte. Non mi riferisco alla pubblicità ma a qualcosa di molto, molto più sottile. A tanti sarà capitato — giusto per fare l’esempio più macroscopico — di entrare in un grande centro commerciale, uno di quei templi postmoderni che gli americani chiamano mall, e di avvertire un certo disagio. Ma non quel disagio chi ci spinge a tornare sui nostri passi e imboccare l’uscita. Piuttosto, uno stato di inquietudine ansiosa e crescente, un’attrazione imponderabile quanto irresistibile verso scaffali e vetrine... Quello stato maleficamente confusionale ha un nome: Transfer di Gruen, dal nome di quel Victor Gruen che esattamente sessant’anni fa inventò il primo centro commerciale. Naturalmente si tratta di un termine «insider», di cui gli specialisti di questa particolare (e ai più sconosciuta) branca del marketing si guardano bene dal parlare in giro. Ma sentiamo cosa ci dice un esperto in materia come Martin Howard, profeta — secondo i suoi stessi termini — di «un uso libero e consapevole dei media». Per «Transfer di Gruen» — spiega Howard — si intende «il momento in cui l’acquirente cade in uno stato di confusione e perde il controllo del suo processo decisionale. I sintomi includono: sguardo vitreo, perdita dell’orientamento, suggestionabilità. È in questo stato mentale così arrendevole che di solito si fanno acquisti non pianificati; i dirigenti dei grandi magazzini vorrebbero che tutti i clienti fossero in questa condizione PRIMA di entrare nel loro negozio». Acquisti non pianificati: ecco la parola magica. In un centro commerciale organizzato «all’americana» (e ormai ce n’è in ogni parte del mondo) si adottano strategie raffinatissime per portare i clienti a dimenticare la loro «lista della spesa» e ad estendere l’acquisto ben oltre il necessario. Strategie che vanno dall’attenzione al «layout» (cioè la disposizione di settori e scaffali), ai profumi, alla musica di fondo. Quest’ultima in particolare ha un potere assolutamente incredibile di influenzare i comportamenti. Il fenomeno è oggetto di studi rigorosi. Nei grandi magazzini in cui viene diffusa musica, i clienti spendono il 17% in più che dove non c’è musica. Nel settore alimentari, una musica lenta induce a comprare il 38% di merce in più. Nei fast-food, al contrario, la musica è ben ritmata: così gli avventori masticheranno più velocemente, e altrettanto velocemente lasceranno il posto ai prossimi clienti. Difendersi non è facile, spiega Howard, anche perché noi «clienti» ci mettiamo spesso e volentieri del nostro per lasciarci abbindolare. Assolutamente da non perdere il suo libretto, che è anche facile e divertente da leggere: Sappiamo cosa vuoi. Chi, come e perché ci manipola la mente. L’editore è Minimum Fax. ottobre 2016 La Rivista - 51 Biografie in filigrana Charles-Ferdinand Ramuz e Igor Stravinskij Charles-Ferdinand Ramuz di Giuseppe Muscardini nella banconota da 200 franchi Charles-Ferdinand Ramuz è raffigurato sulla banconota da 200 franchi svizzeri. Lo sguardo profondo dello scrittore di Losanna esprime l’umana curiosità di chi seppe intrecciare con le personalità più noti del suo tempo fruttuosi rapporti di collaborazione artistica. Fra questi Igor Stravinskij. Un formidabile binomio: Ramuz e Stravinskij Si resta sorpresi constatando come, a partire dal febbraio di quest’anno, la celebre opera da camera l’Histoire du soldat composta nel 1918 da Igor Stravinskij su libretto di Charles-Ferdinand Ramuz, sia stata rappresentata solo in Italia 9 volte: al Ritratto fotografico di Charles-Ferdinand Ramuz Teatro Vittorio Emanuele di Messina in febbraio, al Teatro delle Sfide di Bientina (Pisa) nello stesso mese, al Teatro Vittoria di Torino in aprile, a Palazzo Barberini a Roma in giugno, a Villa Nicolai a Calcara (Bologna), poi a Mantova e al Forte Montecchio di Colico (Lecco) in luglio. Un’occasione ghiotta per gli estimatori di Stravinskij: la rappresentazione in versione originale offre incanti e suggestioni che catturano lo spettatore consapevole della genesi dell’opera, composta da Igor Stravinskij durante il suo esilio in Svizzera. Nondimeno chi conosce la produzione letteraria di Charles-Ferdinand Ramuz, avrà avuto modo di apprezzare la storia del soldato Joseph, che scende tragicamente a patti con il diavolo ingannatore. L’impianto narrativo ideato da Ramuz risente di quello scavo psicologico che è alla base di ogni scrittura contrassegnata dagli interrogativi dell’uomo: la vita, la morte, la ricerca ossessiva della felicità, il baratto dell’anima per la ricchezza e la fama. 52 - La Rivista ottobre 2016 L’espressione mesta di Ramuz sulla banconota da duecento franchi, pare comunicarci la deludente persuasione che non si possa raggiungere alcuna sicurezza. Gli occhi obliqui, lo sguardo un poco smarrito rivolto verso chi usa il denaro senza nulla domandarsi, denuncia la pochezza delle nostre azioni quotidiane, mentre le immagini che si trovano nella parte posteriore della banconota, con il richiamo a le soleil nella riproduzione di una pagina autografa, con il lago e la montagna sullo sfondo, riconducono a certi elementi pittorici presenti nei quadri di Cézanne, da cui Ramuz trasse di frequente ispirazione per impreziosire la sua pagina. La stessa espressione del volto la ritroviamo in un’immagine fotografica che ritrae lo scrittore per l’appunto insieme a Stravinskij, risalente agli anni della proficua collaborazione fra i due. La sua fisionomia è meno definita in un Portrait de Charles-Ferdinand Ramuz, de profil à gauche realizzato a matita da Alberto Giacometti, dove le volute “a gomitolo” sono da assimilare istintivamente al groviglio interiore di una personalità complessa. Al Théâtre Municipal di Losanna, il 28 settembre 1918 andò in scena per la prima volta l’Histoire du soldat, accolta con entusiasmo dal pubblico e con piena soddisfazione di Stravinskij. Nei suoi appunti autobiografici il compositore russo spiegò con queste parole le ragioni del successo: “La musica mi si è qualche volta presentata in sogno, ma soltanto una volta mi è stato possibile annotarla”. Quelle “annotazioni” erano in parte originate dall’eccellente stesura del libretto di Ramuz, che dopo molte titubanze sulle sue effettive capacità di produrre un testo teatrale, aveva accettato di cimentarsi nell’impresa. Gli esordi ancor prima dell’Histoire du soldat Ma nell’ottica di un inquadramento ge- Ritratto di Charles-Ferdinand Ramuz realizzato da Jos Jullien, 1926 Privas, Archives départementales de l’Ardèche sua perplessità sulla presenza di un’entità spirituale svizzera, ricorrendo ad affermazioni del tipo: «les “Suisses” (si le mot a quelque sens…)», «les “Suisses” (s’ils existent)…». Eppure anni prima non aveva sottaciuto il suo orgoglio vodese, quando in una lettera allo scrittore anarchico Henry Poulaille aveva raccomandato con candore: «Io sono nato nel 1878, ma non ditelo. Io sono nato in Svizzera, ma non ditelo. Dite che io sono nato nel Vaud, che è un vecchio paese Savoiardo, cioè di lingua d’oc». A Pully, a poca distanza dalla sua Losanna, Ramuz si spense il 23 maggio 1947, agli albori di quella ricostruzione morale che impegnò molti uomini di pensiero, reduci dalla tragedia bellica. Gli italiani di Aline e della Beauté sur la terre Niente sembra legare Ramuz all’Italia, se non quell’elemento neppure troppo trasversale, determinato dall’evocazione centenaria della guerra del 1915-1918, che oggi rende attuale l’Histoire du soldat, in calendario in molti teatri italiani. Eppure un tratto caratterizzante del Bel paese si trova, tenue e sottile, nel citato Banconota da duecento franchi, fronte romanzo Aline del 1905, dove fa la sua comparsa, insieme ad una troupe da circo, un ammaestratore di animali italiano, con accento italiano e una gestualità tutta italiana. Le montreur avait un foulard rouge autour du cou et un chapeau de feutre pointu... L’idea di una connaturata creatività degli italiani, traspare anche nel romanzo La Beauté sur la terre, testo peraltro dal quale è desunto il brano del manoscritto raffigurato sul retro della banconota. Qui un giovane operaio italiano dedito alla musica è oggetto di interesse: suona la fisarmonica con passione e intrattiene gli ospiti divertiti presso la casa di amici. Tanto da destare la gelosia in uno dei protagonisti, timoroso di perdere la sua Juliette: Je suis vieux, je pensais: «Voilà qu’elle en a assez de moi... » Alors c’est cet Italien, parce qu’il est bien Italien, ou quoi? C’est cet Italien que tu veux? Je comprends bien, c’est sa musique... Nell’economia del romanzo la gelosia è un sentimento che il compassato e attempato personaggio può ancora dominare. Ma un diffuso stereotipo vuole che l’italiano medio non sappia controllarlo. Banconota da duecento franchi, retro nerale dell’opera dello scrittore di Losanna, sarebbe riduttivo mettere in luce solo il binomio Stravinskij-Ramuz e la fortunata Histoire du soldat. Per la verità, se la collaborazione fra i due è del 1918, Ramuz a quell’epoca godeva di notorietà per le felici prove che lo avevano accreditato come valente letterato, poeta e pensatore: quindici anni prima, trentenne, aveva dato alle stampe una silloge poetica dal titolo Le petit village, e nel 1905 il romanzo Aline, ai giorni nostri ancora oggetto di interesse da parte degli studenti delle facoltà umanistiche, che spesso vi dedicano le loro dissertazioni di laurea. Ma fu con Raison d’être, pubblicato nel 1914 nel primo numero dei «Cahiers Vaudois», che il nome di Charles-Ferdinand Ramuz venne accostato alle personalità più significative del pensiero moderno. Il sapiente uso poetico della lingua gli permise di sviluppare compiutamente in questo saggio il tema della solitudine dell’uomo di fronte alla natura, nella convinzione che la riflessione sull’arte fosse l’unico modo per dialogare con il mondo esterno. Seguirono altri romanzi di successo come La Guérison des maladies, La grande peur dans la montagne e Derborence, mentre il 1937 fu funestato da aspre polemiche per la posizione ideologica assunta dalle colonne della rivista parigina Esprit, con cui manifestò tutta la ottobre 2016 La Rivista - 53 Fino all’8 gennaio 2017 al LAC Lugano Arte e Cultura Paul Signac, Bourg-Saint-Andréol (1926) Acquerello 23,5 x 45 cm Collezione privata Paul Signac: Riflessi sull’acqua Inaugurata lo scorso 4 settembre si protrarrà fino all’8 gennaio 2017 al Museo d’arte della Svizzera italiana una grande mostra dedicata a Paul Signac (1863-1935) che apre la nuova stagione museale a un anno dall’inaugurazione. Attraverso oltre centoquaranta opere provenienti da un’eccezionale collezione privata la mostra illustra la carriera di uno dei massimi protagonisti dell’arte di fine Ottocento. Paul Signac, Avant du Tub, Opus 176 (1888) Olio su tela, 45 x 65 cm Collezione privata Le prime mostre del secondo anno di attività del Museo d’arte della Svizzera italiana (MASI Lugano) intendono aprire una riflessione sugli sviluppi del linguaggio pittorico attraverso l’opera di artisti moderni e contemporanei che trova un punto di partenza ideale nell’opera dell’artista francese Paul Signac, grande precursore della pittura moderna. La mostra Paul Signac. Riflessi sull’acqua, a cura di Marina Ferretti Bocquillon, direttore scientifico del Musée des impressionnismes di Giverny e corresponsabile degli Archives Signac, è posta sotto l’alto patronato di Sua Eccellenza, Signor René Roudaut, Ambasciatore di Francia in Svizzera ed è stata organizzata in collaborazione con la Fondation de l’Hermi- 54 - La Rivista ottobre 2016 tage di Losanna, istituzione con cui il Museo ha già avuto occasione di collaborare nel 2012 per la realizzazione della grande mostra tematica Una finestra sul mondo. La mostra Paul Signac. Riflessi sull’acqua, riunisce oltre centoquaranta opere, fra dipinti, disegni, acquerelli e incisioni, appartenenti a un’eccezionale collezione d’arte, uno dei più importanti nuclei di opere dell’artista conservato in mani private. Presentata alla Fondation de l’Hermitage all’inizio di quest’anno e ora al MASI Lugano, la mostra offre un’esaustiva panoramica dell’evoluzione artistica del pittore ripercorrendo le fasi che hanno segnato i mutamenti della sua tecnica pittorica sin dagli esordi, in particolare dal decisivo incontro con Georges Seurat (1859-1891) avvenuto nel 1884 a Parigi grazie alle frequentazioni con alcuni esponenti del gruppo degli Impressionisti. Signac diviene uno dei rari amici di Seurat e, insieme a Odilon Redon, i due artisti fondano la Société des artistes indépendants dando avvio l’anno seguente alla corrente del Neoimpressionismo. Sotto l’influenza di Seurat, Signac abbandona la breve e veloce pennellata impressionista per sperimentare il Pontillisme, tecnica pittorica caratterizzata dalla costruzione dell’immagine attraverso piccoli tocchi di colore puro fondata sulle coeve ricerche scientifiche dedicate ai fenomeni ottici. Grazie alla sua opera pittorica e ai suoi contributi teorici, Signac divenne una figura di riferimento per molti esponenti della generazione successiva di artisti attivi nell’ambito del Fauvismo o del Cubismo. Attraverso un percorso cronologico e tematico, la mostra rivela le molteplici sfaccettature di un uomo innamorato del colore. Le opere esposte documentano le diverse fasi dell’evoluzione artistica di Paul Signac: dai primi dipinti impressionisti fino agli ultimi acquerelli della serie dei Ports de France (Porti di Francia), passando per gli anni eroici del neoimpressionismo, il fulgore di Saint-Tropez, le immagini scintillanti di Venezia, Rotterdam e Costantinopoli. Alla foga impressionista degli esordi si contrappongono così le limpide policromie del divisionismo, il giapponismo audace degli acquerelli contrasta con la libertà dei fogli dipinti en plein air, mentre i grandi disegni preparatori a inchiostro di china acquerellato ci rivelano i segreti di composizioni serene, a lungo meditate in studio. L’acquerello diventerà la tecnica prediletta da Signac, accompagnandolo nei suoi molteplici viaggi e permettendogli di lavorare all’aperto, apportando un senso di leggerezza e freschezza alle sue opere. La mostra ben illustra il rapPaul Signac, Saint-Tropez, Fontaine des Lices (1895) Olio su tela 65 x 81 cm Collezione privata porto privilegiato dell’artista con questa tecnica attraverso gli anni fino al suo ultimo grande progetto realizzato tra il 1929 e il 1931dal titolo Ports de France, esplorazione itinerante che ha coronato la sua carriera di acquerellista. Il catalogo La mostra è accompagnata dalla pubblicazione Signac. Riflessi sull’acqua edita da Skira, che presenta immagini a colori delle opere esposte, testi critici di Marina Ferretti Bocquillon, curatrice della mostra e una prefazione firmata dalla curatrice insieme a Sylvie Wuhrmann, direttrice della Fondation de l’Hermitage di Losanna e Marco Franciolli, direttore del Museo d’arte della Svizzera italiana. La mediazione culturale Oltre alle consuete visite guidate gratuite che si svolgono ogni domenica alle 15:00, sono previste per tutta la durata della mostra numerose attività di mediazione culturale volte a favorire la fruizione da parte del pubblico e a trasformare la visita in un’esperienza arricchente ed emozionante. Per i dettagli del programma ad hoc ideato per la mostra rimandiamo al documento “LAC edu per Signac”. Paul Signac, Rotterdam, Le moulin du canal (1906) Acquerello 17 x 24,2 cm Collezione privata In programma al MASI In concomitanza con la mostra dedicata all’opera di Paul Signac, il Museo proporrà dai primi di ottobre una grande antologica dedicata ad Antonio Calderara (1903-1978), figura singolare e appartata del panorama artistico italiano per molti aspetti paragonabile a quella di Giorgio Morandi che, come Paul Signac, ha fatto della pittura il suo linguaggio prediletto. Una mostra che vuole presentare al grande pubblico la ricerca artistica di Antonio Calderara, partendo dalle opere del periodo figurativo, fortemente influenzate dall’opera di Georges Seurat - altro punto di incontro con la ricerca di Signac -, fino alle opere astratte attraverso un percorso dominato dal valore assoluto della luce. Centrali sono i dipinti di piccoli formato degli anni Sessanta e Settanta in cui prende corpo una luce - colore che traduce l’aspirazione del pittore a dipingere il nulla, il vuoto, la luce e l’armonia: l’infinito. MASI Lugano Il Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano rappresenta il punto di arrivo di una profonda revisione delle politiche culturali che ha portato all’unificazione del Museo Cantonale d’Arte e del Museo d’Arte di Lugano in una sola istituzione. Il museo ha due sedi: al LAC sono proposti diversi allestimenti volti ad approfondire l’arte del Novecento e contemporanea e le sue collezioni, a Palazzo Reali l’attività si concentra sulla storia dell’arte del territorio e sulla valorizzazione di nuclei specifici delle collezioni. Partner principale del MASI Lugano è Credit Suisse, che conferma il suo storico impegno in favore dell’arte a Lugano. Paul Signac, Avignon, Matin (1909) Olio su tela 73 x 92 cm Collezione privata Paul Signac, Antibes, vue de La Salis (1910) Acquerello, penna e inchiostro di china 31,5 x 44 cm Collezione privata ottobre 2016 La Rivista - 55 Per la prima volta in Svizzera Javier Marin, Manotas, 1995 L’arte scultorea di Javier Marín a Casa Rusca di Locarno È stato inaugurato lo scorso 17 settembre quello che sarà l’avvenimento artistico principe della Pinacoteca comunale di Casa Rusca (Locarno) per il 2016-2017. La mostra, di portata internazionale, s’inserisce nella serie di rassegne di artisti di fama mondiale che Casa Rusca promuove da anni. Javier Marín che vive e lavora a Città del Messico è considerato il più importante scultore messicano vivente. Sull’arco di trent’anni, ha sviluppato una notevole carriera, con oltre 90 esposizioni Lo scultore messicano Javier Marin personali e più di 200 partecipazioni a mostre collettive in diversi paesi del Sud America, Stati Uniti, Asia e Europa. Le sue opere si trovano in numerose collezioni private e pubbliche, tra Ie quali il Museum of Modern Art a Città del Messico, il Museum of Fine Arts a Boston e il Museum of Art di Santa Barbara. Curata da Rudy Chiappini Direttore Musei civici e con l’accurato e suggestivo allestimento dell’architetto Mario Botta, la mostra mette in scena, per la prima volta in Svizzera, l’arte scultorea di Javier Marín attraverso una cinquantina di opere di medie e grandi dimensioni che vanno dalla metà degli anni Novanta ad oggi, realizzate con materiali e tecniche diverse. Opere figurative ancorate stilisticamente al passato ma che dicono con forza dirompente l’umanità d’oggi. Per meglio conoscere la sua arte scultorea, il nostro collaboratore gli ha rivolto alcune domande all’artista messicano. 56 - La Rivista ottobre 2016 Lei ha esposto con successo nei musei più importanti del mondo. Lo scorso anno, la sua mostra a Città del Messico ha conosciuto un record di 600mila visitatori. Cosa prova oggi ad esporre alla Pinacoteca comunale di Casa Rusca a Locarno ? Per casa Rusca abbiamo fatto una selezione di opere esposte nei due musei di Città del Messico l´anno scorso, in occasione della rivisitazione dei miei primi 30 anni di lavoro, con l’ intenzione di non perdere la “proposta curatoriale” disegnata originariamente per la mostra denominata “Corpus Terra, La materia como idea”. Questa “proposta curatoriale” invita i visitatori ad analizzare il mio lavoro, per arrivare alla parte concettuale che io propongo a partire dai processi e dai materiali che utilizzo. Dentro il museo, ci sarà un video che in parole semplici e immagini, descriverà un´idea nata dal processo di lavoro sviluppato in 30 anni da Javier Marin e sarà accompagnata da più di 30 opere di diverse dimensioni provenienti dalla mia collezione privata, portate dal Messico a Casa Rusca. Barocco, classicismo e grandiosità sono alcune caratteristiche delle sue sculture. Da dove le viene l’accentuata vena di classicismo della forma che si coglie e si ammira nelle sue statue? Penso che parlare di classicismo e di barocco come riferimento unico al mio lavoro sia una percezione superficiale, però, nell’analisi delle ispirazioni, si potrebbe anche parlare di arte Olmeca o arte Maya o di molte altre, inclusa l´arte popolare. A me interessa l´incompletezza degli oggetti che arrivano fino ai nostri tempi, trascendendo dal momento in cui sono stati creati, convertendosi in contenitori liberi di essere reinterpretati o riutilizzati dall´artista che li converte in propri nel suo momento storico. Quando vediamo una figura incompleta o alterata per il trascorrere del tempo, automaticamente la carichiamo delle nostre personali idee attuali. La sua arte scultorea, che ha come scopo di ritrarre l’essere umano, potrebbe essere definita, forse in modo riduttivo, esistenziale? Io non sono capace di definire il mio lavoro in modo esistenziale. Non credo che quello sia il mio obbiettivo. È stato scritto che con le sue creazioni lei “indaga il presente attraverso il passato”. Cosa significa? Questa è un’affermazione scritta da un critico d´arte; io credo che principalmente il mio lavoro ponga l’attenzione al passato per provare a costruire un’immagine o un´idea del futuro. Javier Marin, Cabeza de hombre barbudo, 1997 Javier Marin, Cabeza sin moro, 2008 Nella sua sontuosa, intrigante e avvincente mostra vi sono figure rilassate e rilassanti, ma anche figure stravolte. Qual è il motivo di questa eclatante differenza? Io non pretendo che la mia opera sia un ritratto dell´essere umano in una situazione specifica, voglio parlare dell´essere umano da una prospettiva integrale di un essere vivo che abbraccia una serie di situazioni intellettuali, emozionali e fisiche. L’essere umano è composto da una serie di momenti diversi. Il suo Retablo, la monumentale pala d’altare nella cattedrale di Zacatecas, è un’opera importante e significativa della sua produzione. Lei si ritiene un artista laico o religioso? Io sono una persona ed un artista laico. Cosa si ritrova della cultura messicana popolare nelle sue opere? Il mio lavoro si alimenta del mio attuale momento di vita. Io ho vissuto la maggiore parte della mia vita in una metropoli e con una cultura che è stata costruita da molte correnti di pensiero, da molte proposte estetiche e da molte filosofie. Messico è una regione molto ricca in quel senso e io mi posso permettere di dire che sono stato formato dal mio background culturale, dallo spazio fisico, storico e dal momento in cui vivo. Mi aspetto che il mio lavoro possa esprimere questa idea. Javier Marin, Grupo L1012, 2016 Javier Marín dal 18 settembre all’8 gennaio 2017 alla Pinacoteca municipale di Casa Rusca Locarno. Orari: Martedì - Domenica 10.00-12.00 / 14.00-17.00 Lunedì chiuso. www.museocasarusca.ch www.locarno.ch www.facebook.com/Pinacotecacasarusca www.instagram.com/casarusca ottobre 2016 La Rivista - 57 Al Museo d’arte Mendrisio fino al 29 gennaio 2017 Senza titolo, 1999, olio su tela, 200 x 300 cm Courtesy Galerie Knoell, Basilea Per Kirkeby: I luoghi dell’anima del grande maestro scandinavo Acclamato in tutta Europa per gli straordinari risultati raggiunti in campo artistico, Per Kirkeby è certamente uno tra i maggiori protagonisti della scena culturale scandinava del Novecento. Si è imposto come imprescindibile figura di riferimento per una generazione di artisti a partire dagli anni Sessanta fino ad oggi. Basti pensare che la sua opera è stata esposta in ampie retrospettive nei Musei di Strasburgo, Monaco, Düsseldorf, Copenaghen, Berlino, Edimburgo, Colonia, Bruxelles, Parigi e Londra. Nato a Copenaghen nel 1938, studia e si laurea in geologia artica alla locale Università: in quest’ambito partecipa a numerose spedizioni in Groenlandia, Circolo polare artico e America cenSenza titolo (Groenlandia), 2011, gouache su carta, 21 x 28 cm Bo Bjerggaard Galleri, Copenaghen trale. Questo primo, mai abbandonato interesse scientifico, si tramuta in una continua collaborazione con il Geologisk Museum di Copenaghen culminante nella decorazione dell’atrio e dello scalone d’ingresso e nella collocazione, nel cortile d’entrata, di un frammento di meteorite portato dalla Groenlandia al termine di una spedizione. La sua formazione e l’interesse per il campo della geologia è da considerarsi fondamentale alla comprensione dell’intera sua futura produzione artistica. L’opera artistica si sviluppa a partire dal 1962, anno in cui Kirkeby s’iscrive alla Scuola d’arte sperimentale di Copenaghen e prende parte alla loro prima mostra. Nel 1966 pubblica la sua prima raccolta di poesie e partecipa ad alcune performances con, tra gli altri, Joseph Beuys e Jörg Immendorf. In questi anni espone per la prima volta una serie di sculture e pubblica il suo primo romanzo oltre a una serie particolarmente ricca di saggi sull’arte. 58 - La Rivista ottobre 2016 Nel 1966 produce la sua prima scultura in mattoncini rossi, alla quale molte altre seguiranno lungo vari decenni. Negli anni Settanta realizza numerosi film e nel 1976 partecipa alla Biennale di Venezia, dove torna con una personale, nel 1993. Nel 1978 ottiene la cattedra all’Accademia d’arte di Karlsruhe, dove insegnerà per i successivi 10 anni. È presente a diverse edizioni di Documenta e viene nominato Membro dell’Accademia danese. Nel 1989 ottiene la cattedra alla Städelschule di Francoforte, dove insegnerà fino al 2000. Moltissime negli anni Novanta le personali nei principali musei del mondo. Nella seconda parte del decennio inizia una particolarmente feconda collaborazione con il Teatro Reale di Copenaghen e il New York City Ballet, per i cui spettacoli crea costumi e scenografie. Collabora con Lars von Trier alla realizzazione dei titoli nei singoli capitoli del film Breaking the Waves (“Le onde del destino”). Pubblica a getto continuo testi su grandi artisti del passato che l’hanno particolarmente interessato e coinvolto. Su tutti Turner, Friedrich, Delacroix, Cézanne, Rodin, Munch, Schwitters, Jorn. La sua conoscenza della pittura e della scultura del passato – soprattutto dell’Ottocento – è unica, straordinaria, aspetto distintivo della sua complessa personalità. Data al 1998 la grande personale alla Tate Gallery di Londra, dove tornerà con una grande mostra nel 2009, e presso il Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen di Düsseldorf. Nel 2000 realizza 8 grandi sculture in bronzo per il Parlamento di Berlino, nel 2004 porta a compimento la decorazione della rotonda presso il Museo Geologico di Copenaghen. Espone in Cina, Belgio, Norvegia. Nel 2011 viene nominato Membro della Royal Academy of Arts di Londra. La prima importante retrospettiva in area italofona La mostra organizzata al Museo d’arte di Verkostung, 1999, olio su tela, 200 x 150 cm Galerie Michael Werner, Berlino Inverno III, 1985, olio su tela, 200 x 130 cm Galerie Michael Werner, Berlino Mendrisio, curata dal Direttore Simone Soldini, è la prima importante retrospettiva in area italofona. Intende ripercorrere 30 anni della carriera di Per Kirkeby concentrandosi sul periodo della maturità (1983-2012), quando l’artista danese abbandona la sua posizione di rilievo nell’avanguardia artistica per inoltrarsi in un percorso esclusivamente pittorico. Un iter suggestivo, che fa dell’unità il suo punto forte. Con 33 tele di grandi dimensioni, 30 opere su carta e 6 sculture (di cui una alta quasi 4 metri collocata nel chiostro del Museo), la mostra sintetizza buona parte del suo lavoro. Dei vari aspetti della sua poliedrica produzione (che lo vede attivo in veste di pittore, geologo, poeta, scultore, creatore di luoghi architettonici, scrittore d’arte, uomo di teatro e cinema) il Museo d’arte di Mendrisio intende favorire quella personale stagione lirico-informale, strettamente legata ai paesaggi esplorati durante i suoi lunghi viaggi e caratterizzata da impressionanti dipinti di grande formato, che Kirkeby sviluppa – in una ricerca ininterrotta fino alle ultime opere del 2012 – dopo essere stato tra i protago- nisti delle nuove tendenze espressive degli anni Settanta unitamente a Gerhard Richter, Sigmar Polke, A.R.Penck, Markus Lüpertz, Georg Baselitz e dopo un forte interesse per l’arte minimalista e un iniziale avvicinamento a Fluxus e alla Pop Art. La svolta verso una pittura più materica e informale comincia a partire dal 1980 circa, anno che segna l’inizio di uno sviluppo costante, profondo e ragionato di un personalissimo linguaggio pittorico, fortemente ispirato dalla natura. Accanto alle opere pittoriche si darà il giusto rilievo alla meravigliosa produzione su carta, testimonianza del Kirkeby instancabile viaggiatore ed esploratore, attraverso una scelta particolarmente attenta di acquerelli realizzati nei suggestivi paesaggi della Groenlandia, campo di ricerca dell’artista geologo dalla fine degli anni Cinquanta ai primi del 2000, e che ben sottolineano il rapporto com- plesso e molto intenso con l’elemento circostante. Gli acquerelli di Kirkeby sono sì appunti di viaggio, presi duranti i soggiorni in Groenlandia, Messico, Egitto, Nuova Zelanda, ma di una qualità tale da competere a pari livello con gli altri principali capitoli della sua produzione artistica. Oggi molte delle opere di Per Kirkeby sono custodite nelle prestigiose collezioni di alcuni dei più importanti musei internazionali, dal Metropolitan e il MOMA di New York al Centre Pompidou di Parigi e la Tate Gallery di Londra. Sue sculture si trovano in Germania, Danimarca, Spagna, Olanda, Irlanda, Scozia, Svezia e Italia. La mostra di Mendrisio, frutto di una collaborazione con la storica Galerie Michael Werner di Berlino, la Bo Bjerggaard Galleri di Copenaghen (per la parte relativa alle opere su carta) e con il contributo della Galerie Knoell di Basilea, si configura come la prima grande mostra di Kirkeby in area italiana. Per l’occasione sarà edito un catalogo di circa 150 pagine con un testo critico di Sigfried Gohr (il maggiore studioso della sua opera), Erik Steffensen (biografo e curatore di alcune recenti esposizioni), e con schede a commento delle sue molteplici attività artistiche. Informazioni: www.mendrisio.ch/museo [email protected] tel. +41. 058.688.33.50 Orari ma-ve: 10.00 – 12.00 / 14.00 – 17.00 sa-do e festivi: 10.00 – 18.00 lunedì chiuso, tranne festivi. Chiuso 24 e 25 dicembre 2016 e 1 gennaio 2017 Entrata Intero: chf/euro 10 ridotto: chf/euro 8 ottobre 2016 La Rivista - 59 Sulle alture di Vevey di Augusto Orsi Il mondo di Chaplin Il Chaplin’s World è proprio come ogni ammiratore di Charlot potrebbe immaginarlo: un grande museo ludico in bilico tra realtà e mondi sognati, tra le peripezie del Kid (Il monello) e la forza dirompente di denuncia del Grande dittatore, tra la poesia del Circo e la tenerezza struggente di Luci della ribalta. Questo grande spazio “pour s’amuser” situato sulle alture di Vevey, tra vigne a terrazza con vista sul Lago Lemano, porta anche la firma di Alfred Grévin, genio delle statue di cera e creatore del celebre omonimo museo, e la partecipazione della Compagnie des Alpes. In questo maestoso paesaggio di Corsier-sur-Vevey, la famiglia Chaplin ha vissuto dal 1952 al 2008 dopo che Charlot fu espulso dagli Stati Uniti. Dal 16 aprile 2016 la residenza del grande clown e attore inglese, di origine gitana, è aperta al pubblico ed è diventata un’attrazione turistica di primo piano non solo per la regione, ma anche per la Svizzera. Situato nel grande parco, di 4 ettari popolato da alberi centenari, il Manoir de Ban cuore della proprietà di Chaplin costruito dall’architetto “vevesyen” Philiph Frenet nel 1840 e oggi iscritto all’albo svizzero dei beni culturali. Sia Charlie Chaplin, che vi è morto il 25 dicembre del 1977, che Oona sua moglie e i suoi 8 figli amavano molto la loro “home” per la pace e la tranquillità che vi regnava. “I miei genitori vi hanno vissuto venticinque anni felici” ha dichiarato Michael Chaplin, primogenito della famiglia e uno dei promotori della creazione del Chaplin’s World. Alle parole di Michael, che testimoniano della vista idillica trascorsa a Corsier-sur-Vevey, fanno eco quelle di Géraldine Chaplin “Maman aimait bien avoir des enfants, et papa aimait la voir enceinte”. Con la creazione del Museo, il Manoir de Ban, 60 - La Rivista ottobre 2016 restaurato, è parte integrale del Chaplin’s World. Qua, come ha detto lo scenografo François Coffino, “On découvre l’home, le père, le mari”. L’idea d’un grande museo dedicato a Charlie Chaplin, conosciuto universalmente come Charlot, è nata nel 2000 da un incontro tra l’architetto vodese Philippe Meylan e il canadese Yves Durand grande fan di Chaplin. Ci sono voluti ben 16 anni di trattative e di lavori prima che il mondo di Chaplin diventasse una realtà operativa, che fornisce agli ammiratori del clown e dell’attore Charlot la possibilità di poter vedere da vicino la sua eredità umana e culturale. Un progetto costato ben 60 milioni di franchi, al quale hanno partecipato anche gli eredi, che oltre ai figli, conta anche 28 nipoti. Secondo Jean Pigeon, direttore operativo, il Museo Charlot dovrebbe attirare tra 300 e 350 mila visitatori ogni anno. Un set di circa 500metri quadrati 25 anni di un uomo e di un’icona leggendaria del cinema, ai quali si aggiungono 40 anni passati negli Stati Uniti li si ritrovano nel Chaplin’s World. Il Manoir de Ban ci fa scoprire la vita di famiglia di Chaplin, le sue abitudini e i suoi riti: la quotidianità, gli incontri, le feste, attraverso un’indovinata sceneggiatura, fatta di centinaia di foto della famiglia, degli amici, ma anche dei personaggi celebri che visitarono il Manoir, di video che hanno ripreso Charlie e Oona a passeggio nel parco, nella piscina, nella sala da pranzo e di oggetti che sono ancora là come lo furono al tempo dei Chaplin. È un set di circa 500metri quadrati nel quale si può interagire, uno spazio nel quale ci si diverte e non solo come spettatori passivi, ma anche attivi. A pianterreno si è accolti da una solare e sorridente riproduzione Grévin del grande artista. Il sorriso era stato il marchio di fabbrica della sua comicità e della sua umanità. Man mano che ci si addentra nella casa si ritrova anche quella che doveva essere l’atmosfera gioiosa della famiglia Chaplin. Al primo piano mobili che lo stesso Chaplin ha disegnato e foto di personaggi che hanno fatto la storia del 20° secolo: da Alberto Einstein, che nel 1931 era stato presente alla première di City Lights (Luci della città), a Winston Churchill. Nella visita al Manoir de Ban ci si rende conto, attraverso ritagli di giornali e documenti che per il Tramp, non vi furono solo lodi e riconoscimenti, ma anche attacchi spietati da parte di una stampa statunitense maccartista che non tollerava il suo liberalismo artistico e che lo condannava, in quanto aveva scelto di essere cittadino del mondo piuttosto che cittadino americano. Lo studio Nei 1350 metri quadrati dello Studio, un edificio costruito ex novo sulla proprietà Chaplin, si scopre tutto l’incantevole universo cinematografico dell’artista. La stupenda scenografia presenta in modo reale ed avvincente i set dei film più significativi realizzati da Charlot. Quest’opera fantastica, una delle più belle della settima arte, porta la firma dello scenografo François Confino che nel 1987 alla Villette aveva realizzato Cités-Cinés, una stupenda ed esaustiva esposizione dedicata al cinema. La visita inizia con un filmato che contestualizza l’opera di Chaplin nella sua dimensione sociale. Terminata la proiezione con una sorte di magia ci si ritrova in Easy Street, una strada di un quartiere povero di Londra della fine del XIX secolo, che accolse la giovinezza di Charlot che diventato Chaplin vi ambientò The Kid, uno degli eroi più umani del suo cinema sociale. Da qua, il visitatore inizia il giro dei luoghi iconici di un cinema apprezzato universalmente: dal Circo, dove si incontrano eroi del cinema muto Buster Keaton e Laurel e Hardy, dove si visita la bottega del barbiere, si osservano le macchine di Tempi Moderni e la capanna della Febbre dell’oro… La visita in luoghi da sogno della settima arte dura al minimo 3 ore, ma potrebbe durare molto di più. Basta lasciarsi andare e sognare. Orari d’apertura: tutti i giorni dalle 10 alle 18 Accesso in auto: autostrada A9, uscita Vevey In treno e bus: stazione CFF di Vevey. Trasporto pubblico linea 212. Fermata “Chaplin” chaplinsworld.com [email protected] ottobre 2016 La Rivista - 61 Sono stati annunciati a Milano i vincitori dei Premi Balzan 2016 I nomi sono stati annunciati dal presidente del Comitato generale Premi della Fondazione Balzan, Salvatore Veca, con il presidente della Fondazione Balzan “Premio”, Enrico Decleva. Ciascun premio ha un valore di 750.000 franchi svizzeri (circa 685.000 euro), metà dei quali da destinarsi a progetti di ricerca. Questi i vincitori: Piero Boitani (Italia), Università di Roma “La Sapienza”, per la letteratura comparata con la seguente motivazione: “Per la sua straordinaria capacità di rappresentare la letteratura mondiale come un dialogo vivente con i classici dell’antichità, del Medioevo e dell’età moderna; per i suoi studi innovativi sulla storia della fortuna e della ricezione dei miti e dei temi fondamentali della civiltà occidentale; per il suo metodo filologico che espone il senso potenziale dei testi canonici, proiettandolo nel futuro”. Reinhard Jahn (Germania), Max-Planck-Institut für biophysikalische Chemie, Göttingen, per le neuroscienze molecolari e cellulari, compresi gli aspetti neurodegenerativi e di sviluppo, con la seguente motivazione: “per lo studio pionieristico della caratterizzazione molecolare delle vescicole sinaptiche e del ruolo dei complessi proteici nel processo di esocitosi - un meccanismo essenziale per la trasmissione dei messaggi nel sistema nervoso”. Federico Capasso (Italia/USA), Università di Harvard (USA), per la fotonica applicata on la seguente motivazione: “Per il lavoro pionieristico nel campo del design quantico di nuovi materiali con specifiche caratteristiche elettroniche e ottiche che ha portato alla realizzazione del rivoluzionario laser a cascata quantica, e per i suoi importanti contributi sul fronte della scienza e della tecnologia fotonica nella plasmonica e nei metamateriali”. Il premio per le relazioni internazionali: storia e teoria il Premio Balzan 2016 non è stato assegnato: la sua attribuzione avverrà l’anno prossimo, insieme ai quattro del 2017 A tal proposito, Salvatore Veca (Pesidente del Comitato Generale Premi Balzan), considerata l’importanza della materia e la necessità di individuare un vincitore o una vincitrice di alto livello, come tradizione del Premio Balzan, ha comunicato che il Comitato Generale Premi si è impegnato a proseguire i lavori sulla materia delle “relazioni internazionali: storia e teoria” per pervenire a un esito adeguato nel prossimo anno. Il Premio Gottfried Keller 2016 assegnato a Pietro De Marchi Il prossimo 22 ottobre, nella Capella della Helferei a Zurigo, la Fondazione Martin Bodmer assegnerà il 38esimo premio letterario Gottfried Keller al poeta, narratore e professore di letteratura Pietro De Marchi per il suo nuovo libro La carta delle arance. Inoltre, un premio d’onore verrà conferito al collettivo d’autori A.J.A.R – Association de jeunes auteur.e.s romandes et romands (Associazione di giovani autori e autrici della Svizzera romanda) per la narrazione composta in comune Vivre près des tilleuls (Vivere vicino ai tigli) pubblicata lo scorso 17 agosto presso la casa editrice Flammarion. Gli strumenti che De Marchi è andato affinando nelle sue pubblicazioni precedenti – i tocchi ariosi della sua poesia, gli affondi nella storia personale e nelle storie universali della 62 - La Rivista ottobre 2016 sua narrativa, la grande capacità di ascolto di cui dà prova nei saggi – entrano in risonanza e partecipano a comporre una voce matura, limpida, nitida ma anche vibrante e sonora. Leggera, sì, ma più che leggera tesa a lasciare la terra, a spiccare il volo. Giocosa, magari, ma se il gioco è col fuoco – il fuoco fatuo degli scomparsi, il ferro e fuoco della storia, il calore della vita. Questa voce è inusuale nel panorama della poesia di lingua italiana: la lingua è italiana, lo sono tanti riferimenti, i suoi maestri e i luoghi, specie di provincia, che visita. Ma allo stesso tempo è una voce ricca di influssi francesi e tedeschi e inglesi, di traduzioni, di ritmi e di can- zoni, ed è aperta tanto alle ricerche formali che alla prosa, alla mescolanza dei generi, alle collisioni tra realtà e finzione. È una voce viva che come le cose vive cresce man mano, respira, tace, muta e torna a pronunciare. Per chi suona il campanello di Mirko Formenti Acidi e bassi: le frequenze proibite della notte “You are very welcome, my mate”. Uh, ehm, beh, grazie, penso, mentre ricambio il saluto del gigante tatuato che mi tiene aperta la porta del bagno. Siamo in una discoteca londinese, quindi mi dico ingenuamente che forse la garbata affabilità del portiere (nonché il fatto stesso che ci si sia presi la briga di mettere un portiere nei cessi di una disco) è da ricondurre alla tradizionale politeness britannica, o tutt’al più alla speranza di arrotondare lo stipendio con una piccola mancia. Inutile dire che non è così: il nostro amico è naturalmente uno spacciatore, lo spacciatore ufficiale del locale. Lo capisco quando mi rendo conto che il fenomeno dell’“assistente di toilette” è diffuso in molti altri locali: un tizio con la t-shirt dello staff, in genere enorme, nero e sorridente, apre la porta del bagno agli avventori, saluta calorosamente, e poi attende pazientemente che uno sbrighi le sue faccende e si lavi le mani per porgergli con estrema gentilezza delle tovagliette di carta per asciugarsele, augurandogli, se questo non indugia, “have a wonderful evening”. Quando l’ingenuità (“forte, magari lo fanno per evitare sprechi di carta”) lascia il posto al sospetto – che è curiosità – decido di essere uno di quelli che indugia, e mi fermo goffamente davanti all’omone, incerto sul da farsi, aspettando che faccia la sua mossa. Questo mi squadra da capo a piedi e mi chiede con candore se sono interessato all’acquisto di un profumo o di una caramella, indicandomi una mensola lì vicino, effettivamente ricoperta (perché si tratta di una copertura) da improbabili cianfrusaglie da chiosco come boccette taroccate e lecca-lecca ammuffiti. Davanti al mio cortese declino aggiunge allora “…anything else?”. Non stavolta, amico, in fondo volevo solo metterci il nas…ehm, no, diciamo soddisfare la mia curiosità, confermare il sospetto. Il tema delle droghe nelle discoteche, già di per sé sempre attuale, è più scottante che mai da quando, sul finire dell’estate, la polizia londinese ha revocato tra mille controversie la licenza al Fabric, uno dei club più importanti e conosciuti d’Europa, costringendolo a chiudere i battenti, in seguito alla morte di due diciottenni dovuta all’eccessivo consumo di droga. Un fato che – parola dello stesso sindaco Sadiq Khan, che ha espresso dure critiche alla decisione di chiudere il locale – è stato negli ultimi otto anni condiviso da una buona metà dei locali notturni della città (tra l’altro, se ricordate, un clamoroso caso analogo ha avuto luogo anche l’estate scorsa in Italia, quando al Cocoricò di Riccione sono stati imposti quattro mesi di chiusura in seguito alla morte per overdose di un ragazzino). Così, mentre sui muri della metropoli fioriscono un po’ ovunque graffiti e manifesti con l’hashtag del momento (#savefabric), all’entrata dei club i controlli sono più aspri che mai, mentre al loro interno lo spaccio prosegue indisturbato, e la cosa mi fa sorgere numerose domande. La prima è in che misura i locali siano o possano veramente essere responsabili per le abitudini tossiche dei loro clienti, e quindi in che misura la loro chiusura possa risolvere il problema; la seconda è se in fondo l’evidente tentativo dei club di monopolizzare lo spaccio tramite una sorta di “spacciatori residenti” non sia già un miglioramento che vale la pena di valutare. Al di là dell’evidente vantaggio economico di obbligare la gente a comprare dai loro “spacciatori in loco”, i club in genere proibiscono severamente l’entrata a chi è già in possesso di droga anche per evitare rogne: in un certo senso, controllando lo spaccio si assicurano anche che la roba sia di buona qualità (o quantomeno non nociva) e che venga venduta in quantità ragionevoli a persone ragionevolmente in grado di intendere e volere, evitando così di vedersi sprangare i portoni a causa di qualche ragazzino in cerca di emozioni forti finito all’obitorio. Questo tipo di, ehm, protezionismo in fondo non può che arginare in qualche modo l’abuso di sostanze, permettendone un uso per così dire più ragionato e ragionevole – perché, bisogna pur essere realisti, le droghe sono una realtà che esiste da sempre e che continuerà ad esistere, e chi cerca di estirparne l’uso chiudendo i locali, dove vengono abitualmente assunte o perseguendone legalmente il commercio, non sta di certo minimamente risolvendo il problema. Il parallelo con altri settori “proibiti” al limite della legalità funziona se si pensa per esempio alla prostituzione o all’immigrazione clandestina: tutto ciò esiste e continuerà ad esistere, checché se ne voglia; perseguire significa costringere nell’ombra, dare queste attività (spesso ben lucrative) in pasto alla malavita con le conseguenze che sappiamo – legalizzare significa controllare, regolamentare, portare alla luce del sole ed assicurarsi (in una certa misura, si capisce) che non esistano abusi, vittime e carnefici arricchiti. Con questo non sto dicendo: legalizzate; dico solo: riflettete, non sparate giudizi, valutate cum grano…grano SALIS, eh! ottobre 2016 La Rivista - 63 Ventesima edizione del Bobbio Film Festival Juliette Binoche, fra Marco e Pier Girogio Bellocchio, è stata insignita del Gobbo d’oro 2016, l’equivalente del Pardo d’oro locarnese Juliette Binoche e Laura Morante ospiti d’onore del festival di Oreste Foppiani Il Bobbio Film Festival (www.bobbiofilmfestival. it), compie vent’anni: venti edizioni piene di successi ed emozioni. La manifestazione fortissimamente voluta da Marco Bellocchio e dal Comune della ‘capitale’ dell’Alta Valtrebbia, è sorta nel 1995 dall’iniziativa culturale e formativa Farecinema, un laboratorio per insegnare il mestiere della regia e della critica cinematografiche ai giovani. Parte così, in sordina, a Bobbio, uno dei progetti di formazione più interessanti e originali mai realizzati in Italia. Da allora, infatti, per due settimane l’anno Marco Bellocchio si ritira a Bobbio e scrive e realizza un cortometraggio, facendosi affiancare dai giovani corsisti che hanno l’opportunità di percorrere tutte le fasi creative di una produzione cinematografica (cioè, l’ideazione, la sceneggiatura, la regia, la scenografia, la fotografia, la recitazione, le riprese, il suono e il montaggio), lavorando al fianco di uno dei grandi maestri del cinema italiano e internazionale. Come un sapiente artigiano, Bellocchio, il cui film d’esordio, I pugni in tasca (Italia, 1965), l’anno scorso ha compiuto mezzo secolo ed è stato presentato in una nuova versione rimasterizzata al Festival di Locarno, ha plasmato un festival prima nazionale e poi internazionale, che, fatte le dovute proporzioni, può essere paragonato proprio al più blasonato Festival del Film di Locarno. Il Bobbio Film Festival, è una perla rara che rappresenta ormai un appuntamento fisso per i cinefili italiani ed europei. Grandi registi e attori vi hanno fatto tappa per presentare i loro lavori, da Claudia Cardinale a Giovanna Mezzogiorno, da Abel Ferrara a Mario Monicelli, per citarne solo alcuni. Per il XX Bobbio Film Festival, due donne hanno aperto e chiuso i lavori: Laura Morante e Juliette Binoche. Se la prima ha presentato il film Assolo (Italia, 2016) da lei diretto e interpretato, la seconda ha presentato insieme al regista esordiente Piero Messina il film L’Attesa (Italia, 2016), tratto dal dramma pirandelliano in tre atti del 1923 La vita che ti diedi (ispirato 64 - La Rivista ottobre 2016 cinematografico della Valtrebbia a sua volta alle novelle del periodo bellico La camera in attesa e I pensionati della memoria). La pluripremiata attrice francese, ha dato prova di semplicità ed eleganza, e di un’innata simpatia dimostrata durante la presentazione del film davanti al folto pubblico presente nel chiostro dell’Abbazia di Santa Chiara. Juliette Binoche è stata, infine, insignita del Gobbo Valeria BrUni teDeschi d’oro 2016, l’equivalente del Pardo d’oro locarnese. La grande kermesse cinematografica bobbiese è stata anche l’occasione per la presentazione dell’ultimo libro del giornalista Mauro Molinaroli sui vent’anni del festival (Bobbio è il mondo. Vent’anni di cinema, vent’anni di vita (Bobbio, 2016). micaela ramazzotti Un film Di Paolo Virzì («il caPitale Umano») DAL 6 OTTOBRE AL CINEMA Sequenze di Jean de la Mulière La Pazza gioia Snowden Frantz di Paolo Virzì di Oliver Stone di François Ozon Beatrice Morandini Valdirana ha tutti i tratti della mitomane dalla loquela inarrestabile, sedicente contessa e a suo dire in intimità coi potenti della Terra. Donatella Morelli è una giovane madre, tatuata, psicologicamente fragile e silenziosa, che custodisce un doloroso segreto. Sono tutte e due ospiti di una comunità terapeutica per donne con disturbi mentali, entrambe classificate come socialmente disadattate. Il film racconta la loro imprevedibile amicizia, che porterà ad una fuga strampalata e toccante, alla ricerca di un po’ di felicità in quel manicomio a cielo aperto che è il mondo dei sani. Lo confida il regista stesso: l’imperfezione del mondo e della natura umana, che è una delle costanti del suo cinema, e una delle cose che gli stava a cuore raccontare con questo film. Queste imperfezioni, questo tumulto che è la vita, fatta di gioie e dolori, di altruismi e di violenza, di sbagli e redenzioni, Virzì li racconta con una passione totale, più sfrenata che mai: perché qui può permettersi quello che altrove non poteva permettersi fino in fondo, perché solo i matti superano determinati limiti, o solo chi supera certi limiti è (è considerato) matto. Perfettamente calato nell’universo femminile, Paolo Virzì gira un film niente affatto rosa, ma coloratissimo e intenso, dove la grande questione della maternità e del rapporto con la madre sono raccontati in tutta la loro dirompente e drammatica centralità. Con la collaborazione di Francesca Archibugi alla scrittura, il regista torna alla sua amata Toscana che gli consente di fondere, come ben gli riesce, ironia, buonumore e dramma muovendosi tra le diverse temperature emotive con una sensibilità che si fa, film dopo film, sempre più acuta e partecipe delle sorti dei personaggi che porta sullo schermo. È la storia di Edward Snowden, l’ex tecnico informatico della NSA - l’agenzia per la sicurezza degli Stati Uniti - che ha sottratto e rivelato, tramite i più importanti quotidiani del mondo, i dettagli segreti del massiccio sistema di sorveglianza messo in atto dall’agenzia statunitense. Edward Snowden ha 33 anni ed è cresciuto nel Maryland, figlio di impiegati statali: secondo il New York Times Magazine la sua è la storia della «trasformazione di un timido e pallido ventenne – pieno dell’idealismo che si può avere a quell’età – che è diventato l’eroico paladino degli anti-establishment di sinistra». Nel 2003 si arruolò nell’esercito per entrare nelle Forze Speciali ma dirà in seguito di esserne rimasto deluso perché «la maggior parte di chi ci addestrava sembrava esaltata per uccidere gli arabi, non per aiutare qualcuno». A causa di un incidente durante l’addestramento venne esonerato e trovò lavoro in un ufficio della NSA all’Università del Maryland. Dopo poco ottenne un lavoro come informatico della CIA, che nel 2007 lo mandò a Ginevra, in Svizzera, per occuparsi di spionaggio. In seguito lavorò per Dell e di nuovo per la NSA. Disse di aver deciso di rendere pubbliche le cose che sapeva dopo aver visto che «Obama portava avanti le stesse politiche che speravo avrebbe moderato». Patriota, dissidente o traditore? La sua è una figura che polarizza. La pellicola, che si basa sui due libri The Snowden Files di Luke Harding e Time of the Octopus di Anatoly Kucherena, a metà tra la narrazione biografica, il thriller e lo spionaggio, segue le vicende di una delle storie più intriganti di questi anni e Snowden è il primo film biografico su di lui: progettarlo, finanziarlo, girarlo e farlo uscire in tutto il mondo è stato molto complicato. A maggior ragione se ha dirigerlo è stato OliverStone: un regista bravissimo – ha vinto tre Oscar – e con idee politiche di sinistra sempre esibite e inserite nei suoi film. Germania, 1919. Si è da poco concluso il primo conflitto mondiale e in un piccolo paese, una giovane donna si raccoglie ogni giorno sulla tomba del fidanzato caduto al fronte. La sua routine è rotta dall’incontro con Adrien, soldato francese sopravvissuto all’orrore delle trincee. La presenza silenziosa e commossa del ragazzo colpisce Anna che lo accoglie e solleva di nuovo il suo sguardo sul mondo. Adrien si rivela vecchio amico di Frantz, conosciuto a Parigi e frequentato tra musei e Café. Entrato in seno alla famiglia dello scomparso, diventa proiezione e conforto per i suoi genitori che assecondano la simpatia di Anna per Adrien. Ma il mondo fuori non ha guarito le ferite e si oppone a quel sentimento insorgente. Adrien, schiacciato dal rancore collettivo e da un rimorso che cova nel profondo, si confessa con Anna e rientra in Francia. Spetta a lei decidere cosa fare di quella rivelazione. Frantz è il racconto su quanto difficile sia trasformare la condivisione della perdita in un sentimento positivo, con gli ingredienti del melodramma e un raffinato sguardo sul momento storico. Dramma ficcato come una spina tra le due guerre e attraversato da un nazionalismo che esacerbato sfocerà qualche decennio più tardi in una Seconda Guerra Mondiale, Frantz fa risuonare in un film d’epoca le agitazioni geopolitiche contemporanee, emergendo l’universalità dei suoi propositi. È un film sulla menzogna e sull’assenza, che offre anche un’interessante analisi dell’elaborazione del lutto. La scomparsa di Frantz diventa per i due protagonisti una comune occasione per l’espiazione delle proprie colpe e per ricostruire sopra le macerie dei rimorsi e dei rimpianti. Dalla morte può così nascere una nuova vita, e persino un dipinto lugubre e inquietante come Le Suicidé di Manet può diventare il simbolo di una rinascita spirituale. ottobre 2016 La Rivista - 65 Dal 7 al 9 ottobre Palazzo dei Congressi La Fiera del Fumetto di Lugano (Nuovo e da Collezione) Torna anche quest’anno l’immancabile appuntamento con la Fiera del Fumetto di Lugano organizzata grazie all’inesauribile lavoro di Fabio e Luca Baudino, che da anni si prodigano per diffondere la loro passione per i comics. Ad ospitare la colorata festa dedicata al macrocosmo delle nuvole parlanti, sarà ancora una volta la suggestiva cornice del Palazzo dei Congressi di Lugano, le cui sale si affolleranno di stand dove sarà possibile ammirare e acquistare fumetti, comics, manga, gadget, tavole originali e molto altro ancora. Un vero e proprio paese delle meraviglie per gli appassionati dove perdersi e dove scoprire novità e rarità di ogni genere ma anche dove giocare e divertirsi grazie a una pista Tutto Slot Car, circuito automobilistico per appassionati di modellismo, voluto da Roberto Morandi, direttore della sezione ticinese del Touring Club Svizzero e con tornei di giochi di carte e da tavolo sponsorizzati da varie associazioni locali, tra cui l’immancabile Torneo scacchistico under 15, patrocinato dalla Federazione Ticinese di Scacchi. Protagonista assoluto di questa sesta edizione sarà Dylan Dog, che a Lugano aveva già vissuto una speciale avventura dal titolo: “Il Ponte del Diavolo”, su testi di Giovanni Gualdoni e disegni di Giovanni Freghieri, per l’albetto in omaggio dell’edizione 2013. Nato nel 1986, dal genio di Tiziano Sclavi, per l’Editrice Sergio Bonelli, il mitico Indagatore dell’Incubo ritorna, qui, oggi per festeggiare i suoi trent’anni di pubblicazione. E lo fa con uno degli episodi più strepitosi che lo hanno visto protagonista: “L’incubo dell’indagatore”. Si tratta di una storia disegnata dal Maestro Claudio Villa, su testi di papà Sclavi, nel lontano 1998, e ora ripubblicata a colori – opera del giovane e talentuoso Matteo Valentina – in un’edizione arricchita da una nutrita serie d’illustrazioni inedite, realizzate per l’occasione, da importanti nomi del fumetto mondiale. A corona dell’opera una cover inedita, realizzata sempre dell’ineguagliabile Claudio Villa che sarà ospite della manifestazione per autografare questo incredibile albo a tiratura limitata, offerto in omaggio all’ingresso a tutti i visitatori paganti. Le prime 20 copertine di Dylan Dog da lui disegnate sono esposte, in grande formato, davanti al Palazzo dei Congressi di Lugano, fino al 9 ottobre 2016. E sempre a proposito di ospiti, ricchissima la lista de- 66 - La Rivista ottobre 2016 gli artisti presenti in fiera. Tra questi, Angelo Stano, Giuseppe Montanari, Marco Villa, Carlo Ambrosini, Pasquale Ruju, Roberto Rinaldi, Giampiero Casertano, Silvia Ziche (Topolino), Paolo Cossi, Don Alemanno, Giovanni Gualdoni, Tino Adamo, Marina Sanfelice. E proprio Gualdoni, Adamo e Sanfelice, rispettivamente sceneggiatore, disegnatore e letterista della Sergio Bonelli, saranno i promotori di una serie di Workshop a tema, durante i quali verrà spiegato come nasce, cresce e si pubblica una storia disegnata, workshop aperti al pubblico oltre che alle Scuole Medie e Superiori del Canton Ticino. Ospiti d’eccezione 2016, da Parigi, l’illustratore di fama mondiale, Lorenzo Mattotti e Francesco Tullio Altan, conosciuto per le sue folgoranti vignette satiriche e per aver creato la mitica Pimpa, il cagnolino a pois entrato nel cuore di tutti i bambini. Numerose, naturalmente, saranno anche le conferenze con gli artisti e i professionisti del fumetto, tra cui impossibile non segnalare la proiezione del celebre documentario del regista Marco Soldi dal titolo “Nessuno siamo perfetti” con protagonista proprio il papà dell’Indagatore dell’Incubo. Per informazioni, programma e aggiornamenti non perdete di vista il sito ufficiale della manifestazione all’indirizzo www.fieradelfumettolugano.ch Diapason di Luca D’Alessandro Calcutta Mainstream Jake La Furia Fuori Da Qui Mainstream s’intitola il secondo album di Edoardo D’Erme. Proviene da Latina e il suo nome d’arte è Calcutta. Da cantante locale è riuscito a emergere sul piano nazionale. Tra i generi musicali a cui s’ispira ci sono quelli di Lucio Battisti, di Lucio Dalla e di Luca Carboni. Ma anche influenze provenienti dalla musica tradizionale brasiliana, come quella del cantautore e chitarrista Caetano Veloso. Mainstream è un classico album pop-rock, con testi espressivi, che a prim’acchito possono sembrare pure banali, ma infine si collocano nella mente dell’ascoltatore proprio grazie alla loro espressività. Sono storie d’amore e di tristezza, d’inquietudini, di preoccupazioni, di libertà di un essere umano - storie della vita quotidiana, insomma. Le melodie sono semplici, riproducibili per chi ha voglia di tuffarsi nel mondo di un cantautore con un potenziale ancora da far ascoltare. Jake La Furia è accanto a Fame uno dei nomi d’arte di Francesco Vigorelli, figlio del direttore artistico pubblicitario Giampiero Vigorelli, il quale ha avuto l’esordio con il gruppo musicale rap italiano Club Dogo. L’album Fuori Da Qui è stato anticipato dall’omonimo singolo in duetto con Luca Carboni, una melange tra rap e il genere rock-pop. Un titolo che ha riscontrato successo, come l’hanno fatto anche Testa O Croce, inciso in duetto con il rapper italiano Egreen e la canzone El Chapo. Il disco contiene 14 tracce prodotte da 2nd Roof, PK, Medeline e Don Joe. Appaiono al microfono tra l’altro Fabri Fibra, Emis Killa, Maruego e Alessio La Profunda Melodia, quest’ultimo nel brano Me Gusta. Lello Petrarca Trio Musical Stories Donatello D’Attoma Shema’ Questo disco contiene otto brani provenienti dal leader e pianista jazz Lello Petrarca, mentre il famoso brano Roma Nun Fà La Stupida Stasera nasce dalla penna del noto compositore e direttore d’orchestra Armando Trovajoli. Petrarca in questo progetto è affiancato dal contrabbassista Vincenzo Faraldo e dal batterista Aldo Fucile. Insieme toccano vari generi di musica: oltre al blues si può ascoltare anche la musica classica di Chopin e Martucci. E non solo! Tracce dei Beatles e naturalmente l’elemento base, il jazz lasciano l’intera esperienza in un’unione perfetta tra melodia e ritmo. Essendo i brani strutturati secondo lo schema classico di composizione jazz, ossia tema-improvvisazione-tema, il tutto è ben compreso per chi ama le melodie chiare ed armoniche. Si tratta di un album di assolo di pianoforte l’ultimo lavoro del formidabile musicista jazz Donatello D’Attoma. Tuttavia, poiché gli interventi della cantante Daniela Spalletta in Weird Nightmare, Goodbye Pork Pie Hat, e Open Heart, quest’ultimo composto dalla stessa cantante, unito alle registrazioni elettroniche di Stefano Quarta in Via Turner 27, quest’album potrebbe passare pure come un progetto a tre. Il riferimento al mondo del contrabbassista statunitense Charles Mingus è fortemente evidente. D’Attoma in questo suo disco propone una riflessione profonda dell’eredità di questo celebre artista che nel mondo del jazz ha lasciato le sue impronte. Per citare D’Attoma: “È un Mingus allo specchio, è un Mingus che seduto al pianoforte interpreta alcune delle pagine musicali più profonde della sua infinita produzione.” (Bomba Dischi / Sony) (Dodicilune) (Universal) (AlfaMusic) ottobre 2016 La Rivista - 67 Anche quest’anno, al Palazzo dei Congressi di Lugano, è tornato “Il Viso del Vino” TicinoWine di Rocco Lettieri Il meglio della produzione vitivinicola 2014 Lo scorso 5 Settembre, TicinoWine, come consuetudine, ha organizzato “Il Viso del Vino”, la tradizionale manifestazione per presentare in anteprima i vini ticinesi in arrivo sul mercato. Questa edizione vedeva sfilare i vini della vendemmia 2014. Lo scopo principale di TicinoWine (presidente Uberto Valsangiacomo, direttore Andrea Conconi) è quello di coinvolgere il massimo numero di addetti ai lavori (i wine lovers, si dice oggi) in un emozionante viaggio dove 52 produttori hanno proposto in degustazione 172 vini così suddivisi: 116 rossi, 50 bianchi, 1 rosato, 4 spumanti e 1 dolce. Vini che sono stati degustati dalle 10 di mattino e sino alle 13 dai professionisti: giornalisti (tanti anche dalla svizzera tedesca e francese, come da altre parti d’Europa ed extraeuropei), sommelier, ristoratori, enotecari e venditori alla presenza del produttore o da personale dipendente, e dalle 15 alle 19 in degustazione libera anche da privati e ad amanti del vino. Testimoni del prestigio della produzione enologica del Canton Ticino Si è così potuto mettere a confronto le caratteristiche di vini con spiccata tipicità e carattere, veri testimoni del prestigio che la produzione enologica del Canton Ticino ha saputo guadagnarsi negli ultimi trent’anni. Anche in questa edizione è stato previsto un ulteriore spazio degustativo, dove il pubblico ha avuto la possibilità di assaporare altri 26 vini che non hanno potuto essere presentati nell’edizione precedente, in quanto non ancora pronti o non ancora disponibili. Una imperdibile occasione per degustare il frutto del lavoro di un intero settore, che ha fatto della qualità il proprio emblema. Ancora presente a questa edizione c’era l’Associazione VITI, che al proprio stand di degustazione (con Daniele Maffei) ha proposto una scelta di prodotti contraddistinti dallo storico marchio di qualità. Un’anteprima che ha già 68 - La Rivista ottobre 2016 avuto una più ristretta cerchia di validi produttori presenti a Zurigo lo scorso 29 Agosto e selezionati per la Memoire des Vins Suisses. I suggerimenti di TicinoWine erano tali: “… in un ambiente professionale e rilassante, prendetevi un pò del vostro tempo per degu- stare e scegliere il vino da mettere in cantina. Lasciatevi consigliare dagli imprenditori vitivinicoli che sapranno descrivervi al meglio le caratteristiche dei loro vini. Fatevi sorprendere da questo 2014 che punta all’eleganza e al fruttato. I vini sono freschi ed equilibra- Sylvia Berger, responsabile Coop ritira il premio TicinoWine ti, piacevoli, pronti per essere sorseggiati e per accompagnare le gustose pietanze del territorio… In questi anni le cantine ticinesi hanno investito in tecnologia che unitamente all’esperienza degli enologi, così come la sapiente e paziente cernita delle uve da parte dei viticoltori, hanno permesso di ottenere risultati inimmaginabili solo una decina di anni addietro.…”. Un’annata complicata Per prepararmi alla degustazione anch’io ho fatto ricerca nel web per avere certezze su questa a dir poco annata difficile, come si sapeva. E così ho appreso dalla Sezione dell’Agricoltura del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) e l’Interprofessione della Vite e del Vino Ticinese (IVVT) che la vendemmia 2014 è stata contraddistinta da un inizio primavera molto favorevole con i mesi di aprile, maggio e buona parte di giugno particolarmente soleggiati e miti, che hanno dato origine ad un importante anticipo nello sviluppo vegetativo delle viti, permettendo così una fioritura leggermente anticipata e ben riuscita, con ottime prospettive produttive. I mesi successivi non si sono invece rivelati favorevoli. Come noto, l’estate 2014 è stata contraddistinta da temperature piuttosto fresche e da un soleggiamento nettamente al di sotto della media. Questo clima ha causato la totale erosione dell’anticipo vegetativo, creando ai viticoltori non poche difficoltà nella coltivazione della vite. Indiscutibile l’abilità dei viticoltori nel ottobre 2016 La Rivista - 69 gestire la maturazione in condizioni non sempre ideali. Il clima umido, poco soleggiato che ha contraddistinto i mesi di agosto e settembre ha messo a dura prova la professionalità dei viticoltori che hanno dovuto dare il meglio. Ritardo di maturazione, malattie fungine e Drosofila Suzukii hanno dato origine ad una notevole mole di lavoro supplementare che alla fine si è però rivelata pagante. la parte di acini attaccati dalla drosofila. Il livello qualitativo dei grappoli del 2014 riflette l’andamento stagionale, almeno per quanto concerne i tenori zuccherini. Dopo anni di opulenza ci si confronta con questa vendemmia 2014 con tenori inferiori del 10% rispetto alla media decennale. Dai primi riscontri degustativi dei vini appena prodotti si può affermare che ci si trova di fronte ad una annata più che valida per quanto concerne i schi, aromatici, fruttati, eleganti, con sentori agrumati (limoncella, ananas, pompelmo, cedro) e di frutta fresca verde (mela, pera, pesca-noce) e buona presenza in bocca di acidità e ottima sapidità. Buona la sferzante mineralità nel retrogola. Buoni anche i toni finali ammandorlati. Degustati 35 vini su 50 (dove erano presenti ho preferito degustare il 2014 alla 2015) e il ricordo sopra gli 88/100 va verso i seguenti Raccolto inferiore alle aspettative. vini bianchi. Per quanto riguarda i rossi ci si dovrà aspettare un’annata con vini fruttati, delicati e tendenzialmente con un grado di prontezza superiore rispetto alle annate precedenti, fatte salve le riserve che, grazie alla forte selezione eseguita in vendemmia, quasi tutti i produttori proporranno, anche se in quantitativi certamente inferiori. vini (in ordine di presentazione sul libretto): Granito di Agriloro 2014; Bianco Rovere di Brivio 2015; Bianca Maria Castello di Morcote 2015; Ottavo Cantina Il Cavaliere 2015; Sinfonia Bianco di Chiericati 2014; Sileno Chardonnay di Corti 2014; Dialogo di Ghidossi 2015; Nottambulo di Klausener 2014; Centoquindici Viognier Tenuta Luigina 2015; Bianco di Cademario di Monti 2015; Bianco della Piana di Pelossi 2015; Chardonnay di Rovio 2015; Terre Nobili Tamborini 2015; Fortuna di Weingartner 2015 e Dosso Chardonnay di Zǚndel 2014. Per i vini rossi bisogna fare un po’ di riflessio- In termini quantitativi l’annata 2014 è da annoverarsi fra le più esigue degli ultimi anni. Solo nel 2008 si sono registrati quantitativi inferiori. La produzione globale di uve Merlot, vitigno che rappresenta oltre l’80% della superficie vitata cantonale, è stata di 53’271 quintali, dell’8.94% inferiore alla media decennale. Quantitativi che hanno consentito di mettere sul mercato il 15.75% in meno di bottiglie rispetto alla vendemmia 2013. Gran parte del calo di produzione è stato causato dall’importante lavoro di cernita dei grappoli durante il raccolto, necessario per eliminare 70 - La Rivista ottobre 2016 La mia personale degustazione In effetti, non si può parlare che bene dei vini bianchi degustati poiché pochi facevano capo alla vendemmia del 2014, infatti, molti erano della vendemmia 2015. Vini fre- la gastronomia italiana in svizzera ni. Mi aspettavo quanto comunicato nel documento ufficiale della Sezione agricoltura, ma credo senza ombra di smentita che si sia andato oltre le buone aspettative. Le motivazioni: chi non aveva grande materia prima per fare vini da invecchiamento ha portato in bottiglia vini di grande qualità poiché era stata fatta una grande selezione. Quindi l’astuzia del vero professionista è stata quella di fare un solo vino con tutte le uve e di buona/ottima piacevolezza di beva, conferendo al vino frutta rossa fresca, grandi profumi, eleganza e finezza, freschezza e integrità, sapiente uso del legno. In bocca, bella coerenza naso bocca, carnosità del frutto, legno calibrato, setosa trama tannica, tannini levigati e garbati. Il finale puntato sulla balsamicità. Vini che avranno grande piacevolezza nei prossimi due/tre anni per poi lasciarsi andare alla buona conservazione per poter resistere qualche anno dopo i cinque canonici di cantina. Discorso diverso per chi ha scelto di fare vini da conservazione. Direi quasi tutti ottimi, anche se chi li ha proposti ha dimezzato o quasi la quantità di produzione solita. Per la mia degustazione dei vini rossi (degustati 45 su 116), diciamo tra quelli freschi e fruttati, le scelte sono andate per questi vini: Machìa di Chiappini; Artù de Il Cavaliere; Ultima Goccia di Chiodi; Salorino di Corti; Lavertezzo di Delea; Meride di Favino; Acqua Reale di Garzoli; Saetta di Ghidossi; Serravalle di Gialdi; Belcantonissimo di Klausener; Tendro di Matasci; Bongio di Mezzana; Merlot di Pugerna di Chiesa; Sottoroccia di Tenuta San Giorgio; Silbernagl di Andrea; Gaìo di Trapletti e Roncobello di Valsangiacomo. Tra i vini rossi 2014 dichiarati in barriques, queste le mie preferenze tra quelli degustati con punteggio superiore ai 93/100 (se qualche vino manca vorrà dire che non è stato possibile degustarlo per mancanza di tempo): Sottobosco di Agriloro; Riflessi d’Epoca di Brivio; Lenéo di Corti; Pinot Nero Pinea di Miriam Hermann-Gaudio; Sassi Grossi di Gialdi; Ronco di Persico di Huber; Balin di Kopp von der Crone Visini; Vittoria e Rosso del Principe di Tenuta Luigina; Rovere e Malcantone di Monti; Lamone Riserva di Pelossi; Arco Tondo di Tenuta San Giorgio; Emozione di Weingartner e Orizzonte di Zündel. Ticino Wine Night La manifestazione si è chiusa con la Ticino Wine Night, cena con abbinamento vini svoltasi nell’adiacente Ristorante Ciani. Circa 50 vini proposti tra spumanti, bianchi, rosati, e gli immancabili Merlot DOC Ticino. In chiusura doveroso segnalare che gli ospiti della stampa provenienti da fuori Ticino sono stati accompagnati in visita alla Cantina del Castello di Emanuele Scotti, in zona cantine storiche di Mendrisio, per un saluto di benvenuto con salumi di primissima qualità (prosciutto crudo, culatello, lardo, pancetta e mortadella di fegato) con spumante Brut di Guido Brivio. Ancora uno spostamento in bus alla ex Osteria del Ghitello di Balerna (che diventerà la sede della TicinoWine) dove sono stati proclamati i vincitori del premio TicinoWine (andato alla Coop e ritirato dalla responsabile Sylvia Berger) e del premio TicinoWine alla carriera andato all’ing. Giovanni De Giorgi, capo della Sezione Agricoltura dal 1982 al 2007. Alla cena tipicamente ticinese è stata offerta una degustazione libera di vini del Sopra e Sotto Ceneri, molto apprezzata. Agli stessi giornalisti, il giorno della degustazione, è stato offerto un pranzo di grande classe presso il Grand Hotel Villa Castagnola. 3 vini per tre piatti: appetizer; trancetto di luccioperca in manto di mandorla e agrumi su spinacini e crema di fave; fondente di pistacchio e fichi con nocino turbinato. TicinoWine è parte integrante dell’Interprofessione del Vite e della Vino Ticinese, organizzazione mantello che si occupa di tutto ciò che ruota attorno alla filiera vitivinicola cantonale. Si occupa prevalentemente della promozione, della produzione enologica ticinese e della sua immagine. [email protected] www.ticinowine.ch Viva la cucina italiana! Da noi vi offriamo le vere specialità italiane. Lasciatevi incantare dal nostro ambiente mediterraneo, dalle nostre eccellenti pizze con il marchio « vera pizza napoletana DOC », dalle tipiche pietanze a base di carne o di pesce, nonché dalla nostra prelibata pasta fresca e dai succulenti dolci. 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Zuppe d’orzo, minestre di legumi, pesce, bistecche di capra, infusi, frutta fichi secchi e naturalmente la pasta! Ogni epoca ha avuto ed ha i suoi “superfood” sulla tavola degli sportivi. Gli atleti, secondo gli allenatori, che li conoscono bene, hanno bisogno di allenarsi anche quando non praticano sport: ritmi del sonno e corretta alimentazione fanno parte del regime di vita che li mantiene in forma. E ogni sportivo ha la sua dieta e il suo nutrizionista che lo segue. Oggi, finalmente sappiamo che i carboidrati hanno un ruolo fondamentale nell’alimentazione degli sportivi. Quindi – sempre basandoci sulle dichiarazioni degli organizzatori dei giochi -è certo che gli atleti italiani a Rio de Janeiro non hanno sentito la mancanza della Pasta! Sono stati ben 2.700 i kg di spaghetti, linguine, vermicelli, fusilli, con i fichi secchi preferiti dai Gladiatori penne, paccheri e rigatoni proposti a Casa Italia e nei punti ristorazione del Villaggio Olimpico, per oltre 1.000 piatti di pasta al giorno, per un pieno di energia prima delle gare. I Cibi magici dell’Antica Grecia: Fichi secchi e Carne I cereali: orzo, farro e riso… 72 - La Rivista ottobre 2016 Ma cosa mangiavano gli atleti in passato? Per tenere in forma gli atleti ai tempi delle Olimpiadi nell’Antica Grecia – per circa 300 anni – la dieta energetica era basata su cereali, fichi secchi e formaggi molli. Finché, stando a quanto racconta Diogene Laerzio, gli atleti furono sottoposti a regime basato sulla carne. Si narra che nel 500 a.C. Milone, leggendario lottatore crotonese vincitore di 7 Olimpiadi, mangiasse 10 kg di carne (annaffiate da 8 litri di vino, certamente vino di Cirò!) al giorno. Verità o legenda, gli atleti di allora, cercavano nella carne le ‘pozioni magiche’ della loro alimentazione: carne di capra ai saltatori per le prerogative “salterine” dell’animale; carne di antilope ai corridori per la velocità; carne di bue ai lottatori per sviluppare colli taurini... I legumi: fagioli ceci e lenticchie, arricchivano la dieta dei Templari Una tradizione durata a lungo e documentata, tra gli altri, da Pausania. Ma, come in tutte le epoche, anche allora, c’era chi era contrario agli effetti ‘magici’ della carne. Il medico Galeno, ad esempio, che nel 180 d.C., si lamentava degli atleti che s’ingozzavano di “carne e sangue” pensando solo a “mangiare, bere, dormire e rotolarsi nel fango”. Nell’Antica Roma i primi vegetariani: I Gladiatori A Roma, invece, i Munari e i Ludi gladiatori, battevano in popolarità i Giochi di Olimpia. Ma è stato approvato che la dieta iperproteica, basata sulla carne, nel circo non prese mai piede: sembra, infatti, che i gladiatori non amassero la carne e neanche il vino! E che quando ci avessero a che fare avveniva più con quell’umana nell’arena che a tavola. Lo conferma una recente ricerca di Fabian Kanz e Karl Grossschmidt, antropologi forensi austriaci, che hanno ricostruito la “dieta del gladiatore” a partire dai resti di 67 combattenti rivenuti in una tomba ad Efeso, in Turchia. Utilizzando metodi della polizia scientifica hanno rilevato percentuali di stronzio (elemento presente nelle proteine vegetali fornite dai legumi, nei cereali e nel latte), Quella del gladiatore è una dieta funzionale e a suo modo “scientifica”, mirata ad avere ossa forti, resistenza al dolore e guarigioni rapide dalle fratture. Secondo i ricercatori austriaci, il menù del gladiatore, era basato su focacce dolci d’orzo e cereali per l’energia, infusi di fieno (con proprietà anaboliche e stimolanti) e bevande a base di frutta fermentata, per euforizzare e avvertire meno dolore. Inoltre, mangiavano molte cipolle e aglio, semi di finocchio, frutta e tanti fichi secchi. Solo la sera prima degli incontri ci poteva essere qualche strappo alla regola, ma il loro piatto forte era la “sagina”, una zuppa d’orzo con legumi, bagnata con vino acetato e cenere. Non a caso, Plinio li soprannomina “Hordearii”, mangiatori d’orzo. Milano, quel Sant’Ambrogio, tanto caro ai milanesi, riuscì ad ottenere dall’imperatore d’Oriente l’editto per la cancellazione ufficiale delle Olimpiadi. Sparirono, dunque, la ginnastica educativa e gli spettacoli atletici. Ma nel Medioevo c’è la cavalleria a trasmettere i caratteri dell’olimpismo greco. Certo è che il menù del tempo non aiutava a dimostrare il proprio valore in battaglia e nei tornei: un’alimentazione, almeno solo per le classi agiate, con un surplus di grassi e calorie che innalzava i livelli del colesterolo e trigliceridi, che provocava gotta, diabete e obesità, come ai tempi nostri. Facevano eccezione solo i Templari, che nella loro regola includevano capitoli riguardanti l’alimentazione e l’igiene a tavola, che non sfigurerebbero sulle tavole degli atleti di oggi: varietà degli alimenti, pochi grassi, poca carne e tanti legumi, pesce e frutta fresca. Da bere: vino di palma diluito con aloe vera e acqua insaporita con agrumi per la vitamina C. Ma per un primo e vero approccio scientifico e razionale all’alimentazione applicata all’esercizi fisico, bisogna aspettare l’Ottocento. Nel 1841 il chimico Juts von Liebig scrive che “le proteine sono il principale substrato energetico per il lavoro muscolare”, gettando le basi per le future diete iperproteiche per gli sportivi, nel 1866; mentre i colleghi Max von Pattenkofer e Carl von Voit giungono ad una conclusione opposta, e cioè, che glucidi e lipidi sono i principali substrati energetici per un lavoro muscolare. La Dittatura della Bistecca o La Dieta del Marine Nell’era delle Olimpiade moderne, per quasi 80 anni, l’immagine tipica – che dettava legge nell’alimentazione per lo sport – era quella dell’americano vincente e muscoloso, una sorta di “marine degli stadi”. E la sua arma segreta era: più proteine nobili: “a piece of steak”, una bella bistecca prima di ogni incontro o attività Pochi grassi, poca carne e tanti legumi per i Templari Lo sport e i Giochi non hanno avuto fortuna con l’avvento del Cristianesimo. I Cristiani ritenevano che i Giochi fossero espressone di paganesimo e corruzione. E se Novaziano condannava “abbracci e prese indecenti”, la “sconfitta del pudore” e la “celebrazione della folla” da cui il buon cristiano “deve tenersi lontano”, il vescovo di “La dittatura della bistecca” resse a lungo… ottobre 2016 La Rivista - 73 sportiva! Anche in Italia, ameno fino agli anni settanta, chiunque praticasse un po’ di attività fisica mangiava sempre la sessa cosa: riso in bianco, bistecca e insalata. “Pazzesco – commentava in quegli anni Michelangelo Giampiero, uno dei più bravi nutrizionisti e medico dello sport - , soprattutto sapendo che per dirigere la bistecca ci vogliono 4 ore. Praticamente il momento peggiore lo si aveva durante una gara, quando il sangue deviava verso le viscere proprio nel momento in cui serviva ai muscoli”. La dittatura della bistecca non vacillò neanche di fronte a testimonial eccellenti come il campione olimpico per antonomasia, quel Jesse Owens che tornò da Berlino ’36 con 4 medaglie d’oro al collo, che prima delle gare mangiava solo pasta, fornitagli da un amico della Little Italy. L’abbattimento della “dittatura della carne” in favore del “governo dei carboidrati” avvenne a metà degli anni settanta, dopo le Olimpiadi di Monaco. Furono gli esperti di nutrizione italiani a ribellarsi, convinti della serietà dei vantaggi della dieta mediterranea. E la pasta arrivò al villaggio olimpico Pasta con le melanzane (Pennette alla Norma) …finché si affermò la “democrazia dei corboidrati” La svolta arrivò nel 1976 a Montréal, quando un cuoco italiano venne per la prima volta accolto dalle cucine del paese ospitante. Un’eccezione incredibile alle abitudini del Villaggio Olimpico, tanto più che quel cuoco era lì solo per preparare la pasta. Un “valore aggiunto” riconosciuto fino ad allora solo alla bistecca. Da allora la rincorsa è diventata un percorso in discesa: consigliati dai nutrizionisti, anche i grandi velocisti americani hanno incominciato a tradire la bistecca per gli spaghetti. E quindi è nata una tradizione, fino ad Atlanta ’96 , quando il cuoco “pastasciuttaio” italiano è diventato istituzionale. E due anni dopo, alle Olimpiadi invernali di Negano ’98, accanto allo chef italiano, troviamo un cuoco giapponese che prepara spaghetti con sughi italiani tradizionali: vongole, amatriciana o aglio, olio e peperoncino. La conferma che la pasta è indispensabile per chi pratica sport, anche a livello amatoriale, arriva con la Dichiarazione di Consenso Scientifico “Healthy Pasta Meals”, firmata da un comitato internazionale di 20 medici e scienziati della nutrizione e presente in occasione del World Pasta Day 2015. “La Pasta – si legge nel documento – come altri cereali, fornisce carboidrati ed è anche una fonte di proteine. Per avere una migliore prestazione fisica, può essere consumata scondita o con poco condimento prima di un allenamento oppure insieme ad altri cibi dopo aver praticato attività sportiva. Ad una condizione: che il consumo regolare e moderato della pasta non superi i 50 grammi al giorno!” 74 - La Rivista ottobre 2016 Ingredienti per 4 persone (50 g a persona): 200 g di pennette, 250 di melanzane, 500 g di pomodorini ciliegino, 40-50 g di olio extravergine d’oliva, foglie di basilico, 1 spicchio d’aglio, ricotta salata, sale e olio di semi per friggere le melanzane. Come la preparo: Lavo e asciugo le melanzane, le taglio a cubetti, aggiungo sale e le metto in uno scolapasta per far perdere l’acqua. Le friggo in una padella con abbondante olio di semi per 5-6 minuti. Le trasferisco su carta da cucina perché perdano una parte dell’unto. Preparo il sugo: in un’altra padella faccio soffriggere l’aglio in olio d’oliva. Aggiungo i pomodorini interi. Copro e faccio cuocere, a fuoco lento per 10 minuti. Contemporaneamente cuocio le pennette (al dente) in un casseruola con acqua abbondante. Le scolo, le trasferisco nella padella con i sugo, aggiungo le melanzane fritte, amalgamo il tutto, aggiusto di sale, spolvero con la ricottina salata e grattugiata e finisco con le foglie di basilico. Servo a tavola in singoli piatti. Il Vino: Un rosso dell’Etna (Ma che non sia diluito con aloa vera o acqua in- saporita con agrumi, come facevano i Templari, per favore!) La dieta Rivista di Tatiana Gaudimonte Colazione, questa sconosciuta “Chi ti ama, al mattino non ti parla”, recita una vignetta che gira su Facebook. Otto paroline che rendono benissimo l’immagine di chi, dopo aver rimandato la sveglia tre o quattro volte, si alza ancora con gli occhi chiusi e striscia laconico i piedi fino alla cucina per farsi la prima dose di caffè giornaliera. Poi, forse, si inizia a connettere, giusto in tempo per accorgersi che è tardissimo e bisogna prepararsi in fretta e schizzare al lavoro. Così la maggior parte di noi, anzi di voi, resta a digiuno fino a metà mattina, quando i crampi allo stomaco chiamano a gran voce un caffè accompagnato da una brioscina o qualche biscotto. Si riesce così a tirare fino all’ora di pranzo, anche se, già un’oretta dopo la pausa caffè, lo stomaco ha iniziato a brontolare. A questo punto, chi ha più autocontrollo si limiterà a un’insalatona, col risultato che arriverà a cena famelico e inizierà a mangiucchiare di tutto dal momento in cui varca la soglia di casa fino a quando si alzerà da tavola, finalmente, ma tardivamente, sazio. Altri invece, all’ora di pranzo mangeranno come se non ci fosse un domani, ordinando un piattone di pasta o una bella wienerschnitzel con patatine, per poi magari concedersi pure una fetta di dolce. E via, all’abbiocco pomeridiano! Voi direte: vabbè, allora non c’è soluzione. E io vi risponderò: certo che sì, basta imparare a fare colazione! Vi ricordo che, per quanto l’idea possa non esservi di conforto, sotto il vostro doppio petto o la vostra camicetta di seta abita un uomo delle caverne. Avrà pure abbandonato (si spera) i peli sulla schiena e la clava, ma la fisiologia resta uguale e così i suoi bisogni nutritivi. Quindi, se pensiamo che durante tutta la giornata il nostro cavernicolo doveva farsi il mazzo cacciando e/o raccogliendo per poter mangiare, è facile capire che per svolgere queste attività durante le ore di luce doveva rifornirsi di energia pronta all’uso il prima possibile, ossia appena alzato. Ed ecco che, noi come loro, non solo abbiamo bisogno dello stesso carico di energia, ma reagiamo allo stesso modo, bruciando tutta l’energia del “pasto più importante della giornata” per svolgere le attività delle prime ore del giorno e per produrre calore. Avete letto bene: TUTTA l’energia. Insomma, chi fa una buona colazione non mette nemmeno un grammo di grasso su pancia o fianchi, perché l’energia apportata con questo primo pasto (se ben equilibrato) viene utilizzata completamente. Alla faccia di quelli che si limitano a un caffettino e forse una fetta biscottata per non ingrassare! Ma che vuol dire, chiederete ancora voi (certo che siete ben curiosi!), fare una colazione equilibrata? Vuol dire che bisogna lasciarsi ispirare dai nostri amici nordici, mangiare di più e introdurre anche una buona porzione di proteine. Quindi accanto, per esempio, a un paio di fette di pane tostato (integrale, eh? Ormai lo sapete) o ad altri carboidrati via libera a prosciutto, formaggio, uova e quant’altro la fantasia ci ispira. Una bevanda calda o fredda e un bel frutto completerà il tutto. Il risultato? Zero buchi allo stomaco fino al pranzo, che sarà accolto con gratitudine all’ora giusta ma non agognato già da metà mattina e più equilibrio nei pasti nel resto della giornata. “Eh ma io non ho fame al mattino! Figurati se mangio tutta quella roba lì!”. Tempo al tempo. Ci si può arrivare gradualmente: chi affronta la giornata completamente a digiuno potrà iniziare da un frutto, mentre chi già si concede per esempio tè e biscotti, potrà aggiungere una manciata di noci o mandorle e così via crescendo. I risultati, in termini di energia, rendimento sul lavoro e resistenza allo stress, vi sorprenderanno. Tutto sta ad iniziare. Magari già domattina. Buon risveglio a tutti voi! [email protected] ottobre 2016 La Rivista - 75 Motori di Graziano Guerra Jeep Renegade “75th Anniversary” La serie celebra i 75 anni di vita del Marchio. Oggetto delle nostre attenzioni la Renegade “75th Anniversary” 1,4 Multiair da 170 CV. Tutto ebbe inizio nel 1941 con la produzione dell’inarrestabile Willys-Overland MB. Divenuta la prima Jeep a uso civile con la sigla CJ-2A (dove “CJ” sta per Civilian Jeep). Jeep diventerà poi anche pioniere dei SUV (Sport Utility Vehicle), un segmento che continua ad affascinare il pubblico. Nel 2014, con l’entrata ufficiale nel segmento degli “Small SUV” della nuova Renegade si aprì un nuovo capitolo nella storia leggendaria del marchio. Costruita in Italia e venduta in oltre 100 Paesi è, fra l’altro, la prima del segmento ad avere un modulo di disconnessione dell’assale posteriore; abbinato agli avanzati sistemi 4x4 Jeep Active Drive e Jeep Active Drive Low. L’esclusiva edizione speciale 75th Anniversary, disponibile in Svizzera dal secondo trimestre 2016, si distingue per la nuova livrea, per il badge 75th Anniversary, i cerchi di colore Low gloss bronze, gli inserti esterni color bronzo e arancio e gli interni esclusivi contraddistinti dai sedili con il logo 75th Anniversary a rilievo. In test vestiva un’inedita livrea Jungle Green, e sotto al cofano rombava il 1.4 Turbo MultiAir II da 170 CV, in abbinamento al cambio automatico a nove marce e all’esclusivo sistema 4x4 Active Drive Low. Renegade offre prestazioni di riferimento sia su strada sia in offroad. Si muove sempre sicura, a vederla nella City può sembrare un pesce fuor d’acqua, ma a bordo si vive bene pure la città. L’ambiente è ovattato, il condizionatore funziona perfettamente e il cambio automatico fa dimenticare quanto sia uggioso viaggiare in coda nello stop&go cittadino. La posizione di guida si trova facilmente, il sedile del pilota si può regolare al millimetro, forse in altezza si potrebbe fare meglio. I 170 CV tolgono da qualsiasi imbarazzo e i consumi del turbo 1,4 sono contenuti. La dotazione comprende, fra l’altro: cerchi da 18” Low gloss bronze, l’esclusivo tetto apribile MySky con pannelli rimuovibili e sedili speciali con impunture color Tangerine. Non mancano certo le dotazioni digitali dei nostri giorni – connettività smartphone bluetooth, navigatore, USB … e un impianto stereo da favola. In listino la famiglia Renegade parte da 22’980.- franchi già ben equipaggiata, ma si lascia personalizzare, e arricchire con accattivanti pacchetti. Function, 550.-; Visibility 990.-; Parking, 890.quelli della vettura in test, la 75th Anniversary che in listino parte però da 39’230 franchi. ottobre 2016 La Rivista - 77 Design italiano vincente in Germania Il fascino del design italiano conquista gli esperti lettori della rivista tedesca Auto, Motor und Sport - Autonis Design Award per Ferrari, Alfa Romeo e Abarth. Alla 16esima edizione dell’annuale Autonis Design Award, gli oltre 18.000 lettori della nota rivista tedesca Auto Motor und Sport hanno dato la preferenza scegliendo tra 115 nuovi modelli suddivisi in otto differenti categorie. Il risultato del sondaggio sull’innovazione di design, condotto dalla più importante rivista automobilistica tedesca, ha visto primeggiare La Ferrari 488 Spider. “È un grande onore per la Ferrari conquistare un Autonis Design Award per la 488 Spider”, ha affermato Flavio Manzoni, Senior Vice President, Ferrari Design, durante la cerimonia di premiazione a Stoccarda. “È un risultato significativo in una categoria Giulia dei record Miglior tempo per l’automatica sulla pista tedesca del Nurburgring Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio nella versione con cambio automatico ha archiviato un risultato straordinario sulla “Nordschleife Track”, detta anche “inferno verde” siglando con 7,32 minuti un incredibile nuovo record di categoria. Il potente 6 cilindri a V turbo benzina 2.9 litri da 510 CV assicura prestazioni entusiasmanti: 307 km/h, da 0 a 100 km/h in soli 3,9 secondi e una così competitiva e di alto livello, e un ulteriore riconoscimento per gli sforzi di tutto lo staff di Ferrari Design”. Alfa Romeo (foto) è stata eletta “Marchio di design dell’anno” e si è aggiudicata due titoli di categoria. Giulia si è affermata tra le vetture di media cilindrata con più della metà dei voti (54,3 per cento) e la compatta Mito, con addirittura il 59,3 per cento dei consensi nella classifica riservata alle auto di piccola cilindrata. “Siamo grati e onorati dell’apprezzamento che gli appassionati di auto tedeschi stanno dimostrando per l’Alfa Romeo - ha affermato Klaus Busse, Head of Design EMEA, durante la cerimonia di premiazione a Stoccarda -. Ricevere questi riconoscimenti per il marchio Alfa Romeo, la Mito e la Giulia è, per noi del Centro Stile, un ulteriore incoraggiamento a continuare a portare nel mondo il design emozionale italiano”. Grande successo anche per il marchio dello Scorpione che ha vinto nella categoria “minicar” con la nuova 595 ottenendo più della metà dei voti (56,5 per cento) e confermando il fascino della vettura rinnovata di recente. Ha commentato Klaus Busse: “Siamo davvero felici per l’importante premio attribuito alla Abarth 595, un riconoscimento anche del lavoro di squadra dei designer del Centro Stile e dei tecnici Abarth che sono riusciti a produrre un perfetto equilibrio di design e prestazioni italiane”. coppia di 600 Nm. La trasmissione ZF a 8 rapporti ha una calibrazione tale da permettere cambiate in soli 150 millisecondi in modalità Race. Il nuovo cambio è dotato di frizione lock up che assicura al guidatore una forte percezione di ripresa una volta innestata la marcia, inoltre, grazie al DNA, è in grado di ottimizzare la fluidità, il confort e la facilità di guida in tutti gli ambiti di utilizzo, compreso quello urbano, e permette di migliorare i consumi di carburante e le emissioni di CO2 rispetto alla versione manuale. Il video del tempo record sulla Nordschleife è visibile al sito www.tuttosprint.ch La Panda si aggiorna Con il modello 2017 arriva un’offerta rinnovata nella personalità, connettività e funzionalità La rinnovata Panda 2017, la vettura più venduta in Italia dal 2012 e la più venduta in Europa nel suo segmento, si aggiorna, ma sempre in linea con le caratteristiche che ne hanno decretato il successo. E con le sue anime city-car e city-SUV. Dimensioni esterne compatte, grande spazio interno configurabile per ogni esigenza di trasporto, ampia scelta di motori e combinazioni cromatiche e un’offerta semplice arricchita ora dal nuovo sistema di infotainment Uconnect, dalla app specifica Panda Uconnect e dai nuovi contenuti di sicurezza attiva. La 5porte porta in dote climatizzatore, paraurti verniciati in tinta carrozzeria, 4 airbag laterali e frontali, ESC con hill holder e sensore pressione pneumatici, chiusura centralizzata, appoggiatesta anteriori con sistema anti colpo di frusta, volante guida regolabile in altezza, alzacristalli elettrici anteriori e predisposizione radio, due nuovi colori - Rosso Amore pastello e Grigio Colosseo metallizzato - e cerchi in lega da 15”. La gamma motori Euro 6: 78 - La Rivista ottobre 2016 benzina 1,2 litri da 69 CV, anche a doppia alimentazione benzina e GPL; benzina TwinAir 0,9 litri da 85 e da 90 CV; in versione benzina e metano da 80 CV; turbodiesel Multijet da 95 CV. Al Volante Nuova monovolume Toyota Proace Verso Tre lunghezze e tre diversi allestimenti, può accogliere fino a otto passeggeri Le impressioni al volante raccolte alla presentazione internazionale della nuova monovolume di Toyota sono state buone. Viaggiare nel nuovo van Proace Verso, con posizione di guida rialzata, che assicura un’ottima visibilità generale, spinti da un 180 CV su ruote in lega da 17 pollici, in un fruscio ovattato di un ambiente funzionale e confortevole, è rilassante. Potente in accelerazione e sicuro in frenata, sia in versione trasporto-persone sia in versione furgone merci (il secondo in test con motore 2.0 diesel da 150 CV) procede senza vibrazioni o rumorini molesti. In curva il pilota è sostenuto in modo adeguato. Grazie all’hot spot i passeggeri possono connettersi al web via WiFi (attenzione ai costi di roaming quando si viaggia all’estero!). Versatile, generoso di spazio e di prestazioni Proace Verso rappresenta una buona scelta sia per la vita di fami- glia sia per il lavoro. Anche grazie a sedili e porte scorrevoli. Gli innesti corti e la leva del cambio sistemata vicino al volante agevolano le cambiate e rendono più sicuri i viaggi, ma l’automatico rende la vita più lussuosa. La versione di base “Shuttle” accoglie fino a sei persone, buona pure per le aziende. “Family” è perfetta per famiglie grandi, i sei posti posteriori hanno il fissaggio Isofix per i seggiolini dei bimbi. La “VIP” ha vetri oscurati, e la variante lusso può avere 6 o 7 passeggeri con sedili che si possono girare per riunioni o colloqui di lavoro. Tutte hanno il portellone incernierato sul tetto. La propulsione è affidata a due diesel 2,0 litri, uno da 150 CV con cambio manuale a 6 marce e start-stop, l’altro da 180 CV con cambio automatico. Bassi i consumi di carburante dichiarati. È in listino da 37’600 franchi. Renault Scenic e Grand Scenic La seduzione francese Nuova Scenic rinnova le monovolume, con versioni attraenti, pratiche, prestazionali e tecnologiche, proprio come vogliono le famiglie moderne. Vent’anni fa Renault inventava la “monospace” compatta Scenic, eletta auto dell’anno 1997. Oggi, dopo cinque milioni di unità prodotte, la Maison reinventa la proposta e presenta la 4a generazione. Svelata a marzo al Salone di Ginevra in versione 5 posti (Scenic) e a maggio 2016 in versione 7 posti (Grand Scenic), la nuova è stata presentata in sessione dinamica. Il “vostro” ha guidato entrambe le varianti con soddisfazione e … desiderio, sedotto dal fresco fascino delle francesine. Il design è stato completamente rivoluzionato, mantiene però le caratteristiche che hanno portato al successo le precedenti generazioni: modularità, spazio, ergonomia, piacere di vita a bordo. Attrae la silhouette slanciata e possente della carrozzeria be-style, con le grandi ruote da 20’’ su tutte le versioni, un’anteprima mondiale nel segmento. E si rivela pratica, perché tra l’altro propone il miglior volume nel segmento per i vani portaoggetti e bagagli. Introduce la consolle centrale scorrevole e il sistema “One Touch Folding”. Nuova Scenic seduce pure con le prestazioni, sia in versione 5 posti sia a 7; possente il 160 CV diesel abbinato al cambio automatico EDC a 7 rapporti con doppia frizione della Grand Scenic, piccante il 130 CV a benzina Energy TCe 130 CV con trasmissione manuale a 6 rapporti della Scenic. È pensata per le famiglie (di più la “Grand”) e anche come vettura aziendale ha buone carte da giocare. Regala un grande senso di sicurezza, con una ricca dotazione tecnologica di dispositivi di assistenza alla guida – come la frenata di emergenza attiva con riconoscimento pedoni - su tutti gli allestimenti. L’ampia gamma di motori, 6 diesel e 2 benzina, integra nella versione a gasolio una nuova tecnologia Hybrid Assist (arriverà a inizio 2017). Il ventaglio prezzi, da 23’400 a 35’300 per la 5 posti, passando per gli allestimenti Life, Zen e Bose, mentre per la Grand Scenic vanno da 24’200 a 36’100 franchi. ottobre 2016 La Rivista - 79 Con Pirelli incontro all’inverno Cinturato winter lo specialista per l‘inverno Il nuovo invernale per il mercato di sostituzione è stato sviluppato per le autovetture di forte utilizzo della classe media, per esempio le vetture aziendali e le più usate dai pendolari. La sua costruzione particolare, dal profilo ribassato, riduce notevolmente i rumori di rotolamento, che nelle dimensioni 195/65 R 15 sono di 66 Decibel. Valore che vale sia per il rumore esterno sia all’interno del veicolo. Di conseguenza, lo pneumatico si presta come prima scelta pure per veicoli elettrici e ibridi, per i quali i bassi valori di rumorosità nell’abitacolo sono una caratteristica chiave. Il sofisticato battistrada contribuisce in modo decisivo all’incanalamento della neve nelle scanalature garantendo massima stabilità e tenuta di strada in frenata. Il nuovo Cinturato Winter offre massima sicurezza in determinate condizioni d’uso, inoltre coniuga confort e divertimento in dimensioni che finora si riscontravano solo con pneumatici estivi. Per la stagione invernale 2016 è disponibile in 38 versioni da 14 a 17 pollici. Il Cinturato Winter è un progetto senza frontiere, al quale hanno lavorato gli ingegneri di Milano e di Breuberg, sostenuti da partner importanti dell’industria automobilistica come BMW, Mercedes e Porsche. Le gomme invernali sono prodotte negli stabilimenti Pirelli dell’Europa del Nord. L’ultimo nato nella famiglia Cinturato ha profittato dell’enorme esperienza che la Marca detiene nello sviluppo di pneumatici invernali ad alte prestazioni, per questo è il preferito come primo equipaggiamento di gomme invernali. Per la linea Sottozero, Scorpion e Ice Zero, il Gruppo detiene oltre 600 omologazioni. Questo prova che Pirelli ha brillantemente superato i test più duri nella scelta dei produttori automobilistici per la prima dotazione. Winter sottozero 3 per una guida sportiva in tutte le condizioni invernali È il risultato di una continua collaborazione fra Pirelli e i più rinomati costruttori del mondo. L’ultra prestazionale del produttore premium italiano è particolarmente adatto a vetture sportive, forte nelle prestazioni e affidabile in tutte le condizioni. Il battistrada maggiorato e la nuova mescola riducono lo spazio di frenata offrendo al guidatore un eccellente controllo, inoltre, la nuova tecnologia lamellare assicura un handling preciso su fondo freddo e asciutto, come pure un convincente grip sulla neve. Winter Sottozero 3 permette una guida sportiva anche a basse temperature, nel contempo garantisce un elevato grado di confort. È disponibile in tutto il mondo per cerchi da 16 a 21 pollici e in 29 dimensioni Run-Flat (135 varianti). 80 - La Rivista ottobre 2016 Nell’autunno scorso i Winter Sottozero 3 hanno convinto in molti test invernali. Dalla rivista tedesca Auto Moto und Sport (Edizione 10/2015) hanno ottenuto il predicato ”Molto consigliati“, mentre Auto Bild Spotcars (Edizione 10/2015) ha conferito loro il marchio ”Vorbildlich“ (Esemplari). Scorpion winter – sicurezza e dinamismo per suv moderni Gli specialisti della Casa hanno dato particolare valore alla massima stabilità e al controllo sulla neve, come pure su fondo bagnato, sviluppando Scorpion Winter espressamente per i moderni SUV (Sport Utility Vehicles) e per i più compatti CUV (Crossover Utility Vehicles). Sono riusciti a ottenere ottime prestazioni di frenata in discesa come pure un elevato controllo su strade innevate e ricche di curve. Con questo contribuisce in modo molto importante alla sicurezza dei passeggeri. Per le sue prestazioni di primordine su neve (frenata, handling e trazione) ha ottenuto il riconoscimento “molto consigliato” dalla rivista SUV Magazine (edizione 10/2015) per l’ottimo comportamento in curva e l’irreprensibile frenata. Per la stagione invernale 2016/2017 è disponibile in 96 varianti, di queste 8 Run-Flat, da 16 a 22 pollici. Mondo in Camera Incoming per buyer svizzeri nelle Marche Taste of Italy raddoppia la due giorni del vino italiano in Svizzera Montecatini terme: terme d’Europa tra Leonardo e Pinocchio Strategic networking: how to evolve your connections into Prossima fermata Sardegna successful collaborations FOOD ZURICH 8-18 settembre 2016 Osteria italiana: due giorni di dolce vita Contatti commerciali Benvenuto ai nuovi soci Servizi camerali ottobre 2016 La Rivista - 81 Incoming per buyer svizzeri nelle Marche La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS), in collaborazione con Confindustria Macerata, organizza un incoming di buyers svizzeri il 19 e 20 ottobre nelle Marche, non solo patria delle scarpe Made in Italy ma anche di produzioni agroalimentari di qualità. Il programma prevede due giorni di incontri con produttori dei settori: - Food (conserve vegetali, pasta, caffè, vino) - Moda (abiti da donna e uomo casual, da cerimonia, maglieria, sportswear, cinture, borse, articoli in pelle) - Calzature (scarpe uomo, donna, bambino) Tutti i costi di viaggio e soggiorno saranno a nostro carico! Programma di massima: Martedì 18 ottobre: arrivo dei buyers svizzeri all’aeroporto di Ancona e transfer a Macerata Mercoledì 19 ottobre: Incontri B2B per i buyer dell’agroalimentare, moda e calzature presso il Chiostro di San Domenico (San Severino Marche) Giovedì 20 ottobre: - Incontri B2B per i buyer dell’agroalimentare, moda e calzature presso il Chiostro di San Domenico (San Severino Marche) - Visita del territorio e visite alle aziende Venerdì 21 ottobre: rientro in Svizzera Siete interessati? Affrettatevi allora perché ci sono solo 3 posti disponbili! Per iscrivervi inviate una mail a [email protected] con oggetto “Incoming Marche”. Per maggiori informazioni: Lysiane Bennato: [email protected] Tel: 022 906 85 95 / Fax: 022 906 85 99 Taste of Italy raddoppia la due giorni del vino italiano in Svizzera Dove: • a Lugano al Palazzo Congressi (Piazza Indipendenza 4 CH-6901 Lugano) • a Zurigo su una barca attrezzata per ospitare eventi attraccata presso il porto di Wollishofen sul lago di Zurigo (Battello SATURN- c/o Kibag, Mythenquai 383, CH-8038 Zürich) Dopo il grande successo di marzo a Lugano e di Giugno 2016 a Zurigo presso il FIFA World Museum torna in autunno Taste of Italy l’evento a marchio CCIS e Go-Italy cui potranno iscriversi cantine selezionate da tutta Italia e dedicato ad importatori, ristoratori, sommelier e wine lover svizzeri. Quando: • a Lugano, lunedi 24 ottobre 2016 • a Zurigo, martedi 25 ottobre 2016 82 - La Rivista ottobre 2016 Programma: • Dalle ore 14.30 alle 18.00: incontri BtoB (ristoratori, importatori, dettaglianti, sommelier, stampa) • Dalle ore 18.00 alle 21.00: apertura ai wine lovers e ad un pubblico selezionato della business community ticinese e zurighese. Condizioni di partecipazione per le cantine italiane: 1. Il costo di partecipazione è di 880.00 Euro ad azienda (1 tavolo ca. 80x80cm). In caso di partecipazione ad entrambe le manifestazioni il costo è di 1400.00 Euro (prezzo speciale) 2. L’azienda dovrà sostenere i costi di viaggio e pernottamento e della spedizione del vino 3. Ogni azienda dovrà essere rappresentata direttamente dal titolare o da una persona delegata a condurre trattative commerciali. Condizioni di partecipazione per i visitatori svizzeri L’entrata è libera, ma è obbligatorio iscriversi compilando il modulo in allegato che vi preghiamo di volerci tornare firmato via fax, o via mail ([email protected]) entro e non oltre il 3 ottobre 2016 per entrambi gli eventi. Per maggiori informazioni CCIS LUGANO Fabio Franceschini Tel: +41 (0)91 924 02 32 Email: [email protected] CCIS ZURIGO Luigi Palma Tel: +41 (0)44 289 23 29 Email: [email protected] Montecatini terme: terme d’Europa tra Leonardo e Pinocchio Nel quadro della settimana della cultura e della lingua italiana nel mondo, la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS), in collaborazione con Lucca Promos e Toscana Promozione, organizzerà l’evento “Montecatini Terme: Terme d’Europa tra Leonardo e Pinocchio” il 21 ottobre 2016 presso lo Studio Foce di Lugano. Con l’obiettivo di promuovere il territorio toscano e la terra di Montecatini, sarà invitato all’evento un pubblico selezionato di tour operator, agenzie di viaggio, giornalisti, funzionari di istituzioni locali ed internazionali, soci della CCIS. - Ore 19.15-20.00: opera dedicata all’Estate Regina - Ore 20.00-21.00: cocktail con specialità tipiche del territorio e concorsi a premio Il programma sarà come segue: Per maggiori informazioni e iscrizioni su invito: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Ufficio di Lugano [email protected] Tel. +41 91 924 02 32 - Ore 18.00-18.30: arrivo invitati - Ore 18.30-19.15: presentazione del territorio con proiezione video Strategic networking: how to evolve your connections into successful collaborations La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, in collaborazione con 24adv GmbH vi dà il benvenuto al secondo appuntamento di STRATEGYM, un ciclo di incontri su innovazione e networking. Avrete l’opportunità di incontrare, dialogare e condividere esperienze in un ambiente interdisciplinare e internazionale, ottenendo nuove prospettive per il vostro business e le vostre sfide. Nel prossimo evento in programma per il mercoledì 12 ottobre si parlerà di: Strategic Networking: How to Evolve your Connections into Successful Collaborations. L’incontro, aperto ai Soci e non della CCIS e ad un pubblico internazionale, si svolgerà in inglese e a conclusione ci sarà la possibilità di partecipare a una cena di networking. Per le iscrizioni vi preghiamo seguire il seguente link: https://www.eventbrite.com/e/strategym-strategic-networking-how-to-evolve-your-connections-into-successful-collaborations-tickets-27813459807 Per ogni ulteriore informazione potete rivolgervi a: [email protected] Prossima fermata Sardegna Lo splendido mare e le luminose spiagge della Sardegna rappresentano solo una parte dei tesori che questa terra ha da offrire. Storia, cultura, sport, enogastronomia, sono solo alcuni degli elementi che caratterizzano la ricca offerta turistica dell’isola e che consentono di godere della bellezza dei suoi paesaggi anche in bassa stagione lontano dai mesi estivi. Con l’intenzione di presentare a tutti gli operatori svizzeri interessati, questa offerta turistica meno conosciuta e di nicchia, l’Unione Regionale delle Camere di Commercio della Sardegna - con il supporto tecnico della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera - sarà presente al TTW con uno stand presidiato da operatori turistici sardi e da rappresentanti del Sistema camerale. Oltre alla presenza fieristica la Sardegna verrà presentata nell’ambito di una spot-light presentation alle ore 13.00, cui seguirà un aperitivo con prodotti tipici sardi aperto ad operatori turistici e stampa svizzeri. Altre attività promozionali sono in fase di definizione e Vi verranno comunicate quanto prima. Siete interessati ad incontrarci in fiera? Mandate una prima manifestazione di interesse non vincolante alla mail: [email protected] con oggetto Sardegna 2016 ottobre 2016 La Rivista - 83 Osteria italiana: due giorni di dolce vita FOOD ZURICH 8-18 settembre 2016 FOOD ZURICH ha portato una varietà di eventi culinari a Zurigo senza precedenti, tra cui, nella cornice un po’ stravagante, ma azzeccata, anche se non del tutto funzionale, della Papiersaal, l’Osteria Italiana, organizzata dalla Camera di Commercio Italiana per la Svizzera. È il naso che per primo ci guida nei profumi che dalla semplice ma gustosa cucina del Bel Paese che di solito si diffondono nell’osteria Italiana. Poi l’occhio: le tovaglie a quadretti rossi e bianchi anticipano già a prima vista un autentico stile italiano che trova conferma nelle note di una fisarmonica e nelle specialità tipiche che deliziano, viziandolo, il palato. Proprio come quando si cammina per le strade di una città italiana e si entra casualmente in una qualsiasi osteria, in cui sono serviti piatti sfiziosi, dove sugli accordi musicali ti ritrovi 84 - La Rivista ottobre 2016 immerso in un’atmosfera familiare. Improvvisamente nessuno si sente straniero nella coinvolgente atmosfera della “Grande Famiglia Italiana”. Dici, o solo pensi, Osteria italiana ed è questo che ti viene alla mente e che ti aspetti. Attesa soddisfatta anche a Zurigo gli scorsi 15 e 16 settembre nella riproposizione, ahinoi nel solo spazio di due giorni, di ambienti ed atmosfere che intenzionalmente si richiamano alla tradizione popolare dell’osteria. Grazie alla Camera di Commercio Italiana per la Svizzera che ha sviluppato il concetto e sostenuto la parte organizzativa, ma soprattutto dai veri protagonisti: il Ristorante Maranello di Spreitenbach, che con professionalità ha proposto antichi, ma sempre attuali, sapori, la Pasticceria Caredda, una sorta di istituzione nel panorama dolciario italiano a Zurigoi; Sapuri, l’importatore di raffinati prodotti siciliani, che ha garantito gli aperitivi, il vino, lo spumante, originali birre artigianali e il caffè, rigorosamente italiano. La classica sosta all’Osteria ha permesso di gustare taglieri di formaggio, prosciutto di Parma e salumi. Cui far seguire primi piatti come Risotto servito in una grande forma di parmigiano, o la Pasta e fagioli per chiudere, prima che con un dolce, con succulento Brasato al Barolo e cialde di polenta. Accanto ai vini, anche la curiosa e piacevole scoperta di quella che si prospetta come una nuova bevanda italiana di tendenza: l’Amara Drink. Una sorta di cocktail rinfrescante, direttamente dalla Sicilia, a base di Amara (amaro siciliano d’arancia rossa), spumante, soda e una fetta di arancia e ha tutto il potenziale per conquistare la prossima estate zurighese. Come detto, purtroppo breve, ma colorata, è stata la vita dell’Osteria italiana: alla stregua di una farfalla, ha svolazzato due giorni di fiore in fiore e ormai è già parte della storia. Se ne riparla alla prossima edizione di Food Zurich. Questi i partner che hanno dato vita all’Osteria Italiana: Catering Gastronomia: Ristorante Maranello, Spreitenbach, www.restaurant-maranello.ch Catering Pasticceria: Caredda , Zurigo, www.konditorei-caredda.ch Catering Bevande: Sapuri , Zurigo, www.sapuri.ch ottobre 2016 La Rivista - 85 CONTATTI COMMERCIALI Dal mercato italiano OFFERTE DI MERCI E SERVIZI Vino e liquori PERLINO SpA Località Valgera, 94 IT - 14100 ASTI Tel. +39 0141446846 Fax +39 0141446844 E-mail: [email protected] www.perlino.com Prodotti cosmetici Bioline S.r.l. Viale Bolognini, 78 I – 38122 Trento Tel: + 39 0461 933209 Fax: + 39 0461 914663 E-mail: [email protected] www.bioline-jato.com Torneria di precisione Guerrini SpA Via delle Fisarmoniche 41/43 I – 60022 Castelfidardo AN Tel. 0039/071 7808177 Fax 0039/0717820949 E-mail: [email protected] www.guerrinispa.com Motori Torque Technai Team srl Via Gelada 15 I – 21015 Lonate Pozzolo (VA) Tel. 0039/0331 66162415 E-mail: [email protected] www.technai.it Ristrutturazione negozi AD Store & More srl Via de Gasperi, 16 I – 63074 San Benedetto del Tronto (AP) Tel: +39 0735381644 Fax: +39 0735585780 E-mail: :[email protected] www.adsm.eu General contractor BDR SRL Via Torino 1 I - 10034 Chivasso (TO) Tel: +39 011 9114836 Fax: +39 011 9136280 86 - La Rivista ottobre 2016 E-mail: [email protected] www.avanspace.com Impresa edile Eco Edile srl Via dei Partigiani, 5 I – 24121 Bergamo Tel: +39 035 5292527 Fax: +39 035 0662061 E-mail: [email protected] www.ecoedilesrl.com Impianti zootecnici Pignagnoli s.r.l. via XXIV Maggio, 38 I - 27017 Pieve Porto Morone (PV) Tel : +39 0382 718055 Fax : +39 0382 718056 E-Mail: [email protected] www.pignagnoli.com Scaffalature metalliche Torri SpA Via Roma,15 36040 Torri di Quartesolo (VI) Tel +39 0444 265800 Fax +39 0444 26580 E-mail: [email protected] www.torri.it Stampaggi in plastica Reca Plast srl Via dell’Artigiano 15 I – 60027 Osimo AN Tel. 0039 071 7231208 Fax 0039 071 716940 E-mail: [email protected] www.recaplast.it Automazione industriale Proteo Engineering srl Via S. 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Per ulteriori informazioni rivolgersi alla: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestr. 123, casella postale, 8027 Zurigo Tel. 044/289 23 23 Fax 044/201 53 57 e-mail: [email protected] www.ccis.ch BENVENUTO AI NUOVI SOCI CHOC SAGL PICCIONI PAOLO VIA DUFOUR 1 CH-6900 LUGANO TEL. +41 (0)91 863 11 04 [email protected] WWW.CHOC.EVENTS MAGGIONI CONSULTING MAGGIONI BRUNO VIA MOLA 24A CH-6877 COLDRERIO TEL. +41 (0)79 443 33 40 [email protected] [email protected] WWW.MAGGIONI.CONSULTING MATHYS.SCHMID.PARTNER PEDUZZI ROBERTO RITTERGASSE 12 CH-4051 BASEL TEL. +41 (0)61 270 99 00 FAX +41 (0)61 270 99 05 [email protected] WWW.MSP-LAW.CH PROMOVE - PROMOTION ECONOMIQUE DE LA RIVIERA SCHMID BERNARD RUE DE LA GARE 2 CH-1820 MONTREUX TEL. +41 (0)21 963 48 48 [email protected] WWW.PROMOVE.CH VENTURA - LAB GMBH C/O FRANCESCO SALA VICINI DAVIDE VIALE LUNGO BREGGIA 11B CH-6983 MORBIO INFERIORE [email protected] WWW.VENTURA-LAB.COM ottobre 2016 La Rivista - 87 Sede Lugano Via Nassa 5CH-6900 Lugano Tel: +41 (0)91 924 02 32 Fax: +41 (0)91 924 02 33 E-Mail: [email protected] Sede Zurigo Seestrasse 123CH-8027 Zurich Tel: +41 (0)44 289 23 23 Fax: +41 (0)44 201 53 57 E-Mail: [email protected] Servizi Camerali Sede Ginevra 12-14 rue du Cendrier CH-1211 Ginevra 1 Tel: +41 (0)22 906 85 95 Fax: +41 (0)22 906 85 99 E-Mail: [email protected] La CCIS (Camera di Commercio Italiana per la Svizzera) è l’hub di riferimento in Svizzera per imprese medie e piccole, grandi aziende e marchi del Made in Italy, consorzi, associazioni di categoria ed enti pubblici che abbiano l’obiettivo di accrescere la presenza economica italiana in Svizzera. Fondata nel 1909 la Camera appartiene alla rete delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, riconosciute dal Governo italiano quali strumenti di promozione del Made in Italy nel Mondo e suscitatrici di opportunità e investimenti delle imprese dei paesi in cui operano verso il mercato italiano. La CCIS assiste con i suoi servizi tutti i soggetti svizzeri e italiani coinvolti negli scambi economici tra Italia, Svizzera e Liechtenstein. La gamma dei suoi servizi è ampia e strategicamente strutturata in aree tematiche: Esportazioni - Ricerca buyers/clienti - Consulenza fiscale (rappresentanza fiscale e recupero dell’iva italiana, svizzera e tedesca) - Consulenza di natura commerciale e doganale - Export & Investment Desk - Dalla Svizzera nel mondo - Informazioni finanziarie e legate alla solvibilità dei partner (visure, rapporti commerciali, ecc.) - Organizzazione di degustazioni, workshops ed eventi - Realizzazione di delegazioni ed export strikes (visite presso buyers svizzeri) - Organizzazione ed accompagnamento di espositori italiani a fiere svizzere e di visitatori elvetici a fiere italiane - Organizzazione di seminari ed incontri di affari - Focus settoriali 88 - La Rivista ottobre 2016 Investimenti - Apertura di un’attività - Investire nella ristorazione - Appalti pubblici in Svizzera - Attività di M&A e di Corporate Finance Comunicazione e promozione turistica La Rivista, magazine mensile in lingua italiana, e www.go-italy.ch, portale bilingue, in italiano tedesco, per l’italianità in movimento Corsi - Corsi per professionisti e semplici appassionati - Corsi per sommelier in lingua italiana Altro - Recupero Crediti - Ricerca di dati statistici - Traduzioni ed interpretariato - Agevolazioni speciali per i soci I settori di punta Agroalimentare, Industria elettromeccanica, Sistema Casa, Sistema Moda, Innovazione tecnologica e Start-up, Turismo, Pubblicità e Comunicazione NEW IVECO EUROCARGO. BENVENUTO IN TUTTE LE CITTÀ. Nuovo stile, prestazioni migliorate, qualità comprovate: nei trasporti per la distribuzione urbana e regionale, il nuovo EUROCARGO non conosce pari – non per niente ha ricevuto l’ambito titolo di Truck of the Year 2016! Il vostro par tner Iveco è lieto di spiegarvi perché il nuovo Eurocargo può tornare utile anche a voi. IVECO (Schweiz) AG, Oberfeldstrasse 16, 8302 Kloten, Tel. 044 804 73 73 W W W . I V E C O . C H DISEGNATA DAL VENTO La Rivista Anno 107 - n.10 - Ottobre 2016 Anno 107 - n. 10 - Ottobre 2016 PERFORMANCE IN OGNI DETTAGLIO LAC Lugano Arte e Cultura Chi ben inizia è a metà dell'opera Scoprila ora dal tuo concessionario Alfa Romeo. ALFA ROMEO GIULIA Alfa Romeo Giulia, 2.2 Diesel, 132 kW / 180 CV, consumo di carburante ciclo misto 4,2 l/100 km, emissioni di CO2 109 g/km, categoria d’efficienza energetica A. Il valore medio (CO2) di tutti i veicoli nuovi immatricolati in Svizzera è pari a 139 g /km. ALFA ROMEO Artwork Mark Version AW Printed Version CMYK CMYK AC 08 05 15 AC Nelle alture sopra Vevey Il mondo di Chaplin