Chi ben inizia è a metà dell`opera

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Chi ben inizia è a metà dell`opera
DISEGNATA DAL VENTO
La Rivista Anno 107 - n.10 - Ottobre 2016
Anno 107 - n. 10 - Ottobre 2016
PERFORMANCE IN OGNI DETTAGLIO
LAC Lugano Arte e Cultura
Chi ben inizia
è a metà dell'opera
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W W W . I V E C O . C H
Editoriale
di Giangi Cretti
Con la cultura non si mangia.
L’affermazione attribuita a Giulio Tremonti, all’epoca ministro dell’economia del governo Berlusconi, è sintomatica di un certo modus pensandi,
preludio a quello operandi.
Più volte, e giustamente, è stata stigmatizzata. A parole quantomeno. Perché nei fatti…
Dal Bel Paese - culla dell’arte, dove si dice
risiedano circa i due terzi del patrimonio artistico mondiale, protagonista da più di duemila anni della storia e della cultura delle civiltà
europee – rimbalzano cronache che fanno a
gara nel rifilarci esempi di cattiva gestione
del patrimonio culturale italiano. Un resoconto impietoso, che rende patenti politiche senza visione né prospettiva, dove tagli, sperperi
e carenti manutenzioni riducono al degrado,
e ad una insufficiente valorizzazione, perfino i
siti riconosciuti dall’Unesco come patrimonio
dell’Umanità.
Tant’è, e qualcuno è giunto persino ad invocare i caschi blu dell’Onu per la gestione quei
siti archeologici italiani, che tutto il mondo
(ancora?) ci invidia.
Anche se non ci piace, e non ci piace, questo
è uno scenario tutto nostrano. Ci consoli
rilevare che, a fronte di una colpevole incuria,
per la serie ‘non è ancora (forse) troppo tardi’,
qualcosa si muove e qualche ripensamento
virtuoso sta prendendo corpo, sotto forma
di risvegliata consapevolezza. Ma, anche in
questi casi, prevale (ancora?) il timore che sia
dettata, dall’urgenza che impone l’emergenza.
Situazione nella quale, si vocifera nostro malgrado, diamo il meglio di noi stessi.
Insomma, potremmo individuare un percorso evolutivo: se ancora non è del tutto
scomparsa la presunzione che con la cultura
non si mangi, fa capolino l’eventualità che
senza cultura non si mangi. O perlomeno si
mangi male
Eppure, in Italia, nonostante reiterate dichiarazioni di intenti, va da sé nobili, gli investimenti per, e nella, cultura sembrano essere
un lusso, alimentando talvolta l’impressione,
nei fatti e sia mai con le parole, che la stessa sia sopportata, anziché meritevolmente
supportata.
Altrove, anche, e forse soprattutto, nella
visione economicistica tremontiana, detti investimenti sono visti come un affare.
Non si tratta qui di evocare a modello Bilbao,
dove il Guggenheim di Frank Gehry attrae
circa un milione di visitatori l’anno ed è una
delle istituzioni culturali europee che pre-
senta il più alto livello di autofinanziamento:
grosso modo i due terzi dei ricavi sono prodotti ai botteghini del museo.
Anche perché, per la serie “una rondine non fa
primavera”, a quella felice e redditizia esperienza, si potrebbe contrappore la parziale
(per ora?) delusione del progetto del Louvre
a Lens, dove la ‘succursale’ del prestigioso
museo parigino non pare (ancora?) in grado
di replicare, nella regione di Calais, il successo
della città basca.
Un modello, quello di Bilbao, che individua la
cultura come risorsa, capace di generare un
circuito virtuoso con economia e sviluppo. Nel
quale al pubblico si affianca il privato.
Un modello e, prim’ancora, una visione ai
quali verosimilmente si aggancia la citta di
Lugano, che ha appena celebrato il primo
compleanno del LAC Lugano Arte e Cultura.
Un appuntamento felice, che festeggia un periodo troppo breve per consentire dei bilanci,
ma dal quale, accanto alle fisiologiche criticità, emergono dati confortanti: sale piene per
la musica, per il teatro e per l’arte, ma anche
spazi visitati da vari ordini di scuole, per le
attività didattiche. mancano all’appello i dati
economici, cari al pensiero tremontiano, rimandati alla chiusura dell’anno contabile.
D’altro canto, non va sottovalutato che la
cultura è un’impresa e, come tale, ha i suoi
rischi commerciali. E progetti come il LAC,
pensati per rilanciare non solo una città, ma
un’intera regione, concretizzano valore se
sono in grado di confermarsi come un volano
capace di creare ricchezza e posti di lavoro.
Anche se l’indotto generato dal LAC va valuto
in una prospettiva più ampia di quella contabile. Perché, nelle intenzioni di chi fortemente
l’ha voluto, il LAC, come si dice oggi, è un
assett, un’attrattiva vera che si somma e potenzia quelle che Lugano ha già, con l’obiettivo di affermarsi come componente attiva del
panorama culturale svizzero.
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** Il CO2 è il gas a effetto serra principalmente responsabile del riscaldamento terrestre; valore medio CO2 di tutti i modelli di vettura offerti in Svizzera 139 g/km.
Sommario
1
4
17
19
Editoriale
Sommario
PRIMO PIANO
Ministro Calenda: con riordino Camere
commercio sistema più efficiente e vicino
alle imprese
LAC Lugano Arte e Cultura:
la prima stagione
Chi ben inizia è a metà dell’opera
INCONTRI
28
Quando il cuore incontra la ragione (e non
soccombe)
Donne in Carriera: Carla Feroni
CULTURA
35
42
44
46
47
52
54
56
58
60
62
La Svizzera del Seicento: “felice”, ma non
troppo!
Dalla Svizzera degli Stati alla Svizzera federale
Una guida al nostro agire quotidiano
À l’italienne. Narrazioni dell’italianità, dagli
anni Ottanta a oggi
Convegno internazionale, Università di Losanna,
27-29 ottobre 2016
L’italiano nelle scuole svizzere è più vivo
che mai
Zurigo in Italiano
Charles-Ferdinand Ramuz nella banconota
da 200 franchi
Biografie in filigrana
Paul Signac: Riflessi sull’acqua
Fino all’8 gennaio 2017 al LAC Lugano Arte e
Cultura
L’arte scultorea di Javier Marín a Casa Rusca
di Locarno
Per la prima volta in Svizzera
Per Kirkeby: I luoghi dell’anima del grande
maestro scandinavo
Al Museo d’arte Mendrisio fino al 29 gennaio
2017
Il mondo di Chaplin
Sulle alture di Vevey
Sono stati annunciati a Milano i vincitori dei
Premi Balzan 2016
Il Premio Gottfried Keller 2016 assegnato a
Pietro De Marchi
64
66
Juliette Binoche e Laura Morante ospiti
d’onore del festival cinematografico della
Valtrebbia
Ventesima edizione del Bobbio Film Festival
La Fiera del Fumetto di Lugano (Nuovo e da
Collezione)
Dal 7 al 9 ottobre Palazzo dei Congressi
DOLCE VITA
68
72
78
80
TicinoWine – Il meglio della produzione
vitivinicola 2014
Anche quest’anno, al Palazzo dei Congressi di
Lugano, è tornato “Il Viso del Vino”
Dalla Zuppa d’orzo alle bistecche di
capra, Dai fichi secchi alla pasta
Da 2700 anni sulla tavola degli atleti olimpionici
Design italiano vincente in Germania
La Panda si aggiorna
Con Pirelli incontro all’inverno
Sommario
82
IL MONDO IN CAMERA
Incoming per buyer svizzeri nelle Marche
84
86
Taste of Italy raddoppia - la due giorni del
vino italiano in Svizzera
Montecatini terme: terme d’Europa tra
Leonardo e Pinocchio
FOOD ZURICH 8-18 settembre 2016
Osteria italiana: due giorni di dolce vita
Contatti Commerciali
Benvenuto ai nuovi soci
88
Strategic networking: how to evolve
your connections into successful
collaborations
Servizi Camerali
Le Rubriche
Prossima fermata Sardegna
7
In breve
33
L’elefante invisibile
9
Italiche
41
Scaffale
11
Elvetiche
51
Benchmark
13
Europee
63
Per chi suona il campanello
15
Internazionali
65
Sequenze
22
Cultura d’impresa
67
Diapason
24
Burocratiche
72
Convivio
26
Normative allo specchio
75
La dieta rivista
27
Angolo Fiscale
77
Motori
29
Angolo legale Svizzera
30
Convenzioni Internazionali
In copertina: Slow Dancing, ’installazione già presentato a New York, Parigi, Londra e Venezia – illuminerà la facciata
esterna del LAC fino al 9 ottobre.
Editore
Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera
Direttore - Giangi CRETTI
Comitato di Redazione
A.G. LOTTI,
S. SGUAITAMATTI
Collaboratori
C. Bianchi Porro,
M. Calderan, G. Cantoni,
M. Caracciolo Di Brienza,
C. D’ambrosio, V. Cesari Lusso,
M. Cipollone, P. Comuzzi,
D. Cosentino, A. Crosti,
L. D’alessandro, F. Dozio,
M. Formenti, F. Franceschini,
T. Gatani, G. Guerra, M. Lento,
R. Lettieri, F. Macrì,
G. Merz, A. Orsi, V. Pansa,
C. Rinaldi, G. Sorge,
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La Rivista
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Italiana per la Svizzera
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Tel. +39 0332 531463
Fax +39 0332 510715
www.nastroenastro.it
Secondo il WEF:
Svizzera sempre prima
per competitività
In Breve
Referendum:
si vota il 4 dicembre
Tutti
al voto il 4
dicembre: questa la data scelta dal Governo
per il referendum sulla riforma costituzionale.
Secondo i dati del Viminale, il corpo elettorale, ripartito negli 8.000 Comuni e nelle
61.576 sezioni elettorali del territorio nazionale (il dato sezioni elettorali è aggiornato
al 31 dicembre 2015), è di 47.212.590 elettori, di cui 22.700.892 maschi e 24.511.698
femmine.
A questi vanno aggiunti i 4.029.231 elettori
residenti all’estero, di cui 2.090.052 maschi
Lingua italiana nel mondo:
il 17 e 18 ottobre gli Stati
generali a Firenze
“Italiano lingua viva”: questo il filo conduttore degli Stati generali della lingua italiana nel
mondo convocati dalla Farnesina a Firenze il
17 e 18 ottobre prossimi.
A due anni dal primo appuntamento, in questa edizione verrà
lanciato il nuovo Portale della Lingua Italiana e verranno
presentati i progetti realizzati.
All’evento interverranno i
Ministri degli Esteri Gentiloni e dell’Istruzione Giannini:
6 - La Rivista ottobre 2016
e 1.939.179 femmine.
I connazionali residenti all’estero riceveranno il plico con il materiale a casa: dunque
è fondamentale aggiornare i Consolati sul
proprio recapito.
Ci sono termini, poi, che dipenderanno dalla
data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale
del decreto con cui il Presidente della Repubblica indice le elezioni.
Da quella data, pertanto decorrerà il termine dei 10 giorni entro cui chi intende votare
in Italia, pur essendo residente stabilmente
all’estero, deve informare il Consolato circa
la propria intenzione di esercitare il diritto
di opzione.
Da quando è entrato in vigore l’Italicum
possono votare per corrispondenza anche
gli italiani temporaneamente all’estero,
cioè quanti per motivi di lavoro, studio
o cure mediche si trovano temporaneamente all’estero per un periodo di almeno
tre mesi nel quale ricade la data di svolgimento della consultazione elettorale,
nonché i familiari con loro conviventi, potranno partecipare al voto per corrispondenza organizzato dagli uffici consolari
italian.
Tali elettori che intendano partecipare al
voto per corrispondenza dovranno far pervenire la loro opzione al comune d’iscrizione nelle liste elettorali, entro 10 giorni
dalla pubblicazione del decreto di indizione (con possibilità di revoca entro lo stesso
termine).
con loro, anche accademici ed esponenti del
mondo culturale italiano e straniero.
Momento centrale della manifestazione –
annuncia il Maeci, che organizza la due giorni in collaborazione con il Comune di Firenze
– sarà la tavola rotonda dedicata all’italiano
nelle strategie di comunicazione delle aziende con la partecipazione
di illustri
esponenti del
settore.
Per l’ottavo anno consecutivo la Svizzera occupa
il primo posto nella classifica delle competitività,
lo rende noto il Forum economico mondiale/WEF)
in un comunicato. La sua economia trae profitto
dalla trasparenza delle proprie istituzioni, dall’efficacia del suo mercato del lavoro e dalle buone
infrastrutture, senza dimenticare il sistema formativo e la capacità di innovazione.
Ci sono anche debolezze, quali la persistente
deflazione, una mancata concorrenza su certi
mercati, difficoltà nella creazione di aziende e la
poca partecipazione delle donne sul mercato del
lavoro, nel confronto internazionale.
Paesi Bassi e Germania si piazzano in 4a e 5a posizione, dietro Singapore e USA; la Germania ha
guadagnato quattro gradini in due anni. Al sesto e
settimo rango Svezia e Regno Unito, che compiono un balzo in avanti di tre postazioni. “Ma i dati
presi in considerazione per Londra sono precedenti
alla votazione sulla Brexit”, sottolinea il Forum
economico mondiale. Completano la “top ten”
Giappone, Hong Kong e Finlandia.
Per quanto concerne il Vecchio Continente, persiste la divisione Nord-Sud. Se la Germania si piazza
al quinto posto, la Spagna è al 32mo e l’Italia - in
discesa di un gradino- al 44mo, mentre la Grecia
perde cinque posizioni ed è soltanto 86ma. Fa meglio la Francia che sale al 21mo posto.
La Cina, in 28ma posizione guida la classifica delle
economie emergenti dei Paesi BRIC (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Ma l’India riduce lo
scarto e si piazza 39ma, con un guadagno di ben
16 posizioni.
Russia e Sudafrica salgono entrambi di due posizioni, passando rispettivamente al 43mo e al 47mo
gradino, mentre il Brasile scende di sei, in 81ma
posizione. Nel mondo arabo gli Emirati Arabi Uniti
si classificano al 16mo rango, il Qatar al 18mo e
l’Arabia Saudita al 29mo. In America Latina il Cile
occupa la 33ma posizione, Panama la 42ma.
Per redigere questa classifica il WEF ha tenuto
conto della produttività di 138 nazioni, considerando vari fattori tra cui le infrastrutture, la sanità,
l’educazione e l’efficacia dei mercati.
È Zurigo la città più
sostenibile del mondo.
Roma si piazza 22esima
La classifica, stilata insieme al Center for
economic and business research inglese,
si fonda su tre pilastri: persone, pianeta
e profitto. Il primo prende in esame la
qualità della vita, e spazia da salute e
istruzione a salari e criminalità. Il secondo pilastro guarda all’ambiente (energie
rinnovabili, aree verdi, emissioni, inquinamento atmosferico). La voce ‘profitto’
descrive la salute economica delle città
(Pil, facilità di fare impresa, trasporti,
connettività). Nei tre pilastri Roma è
rispettivamente 33ma, settima e 49ma;
Milano 34ma, 36ma e 57ma.
È Zurigo la città più sostenibile del
mondo. La località elvetica si piazza al
primo posto del Sustainable Cities Index
pubblicato dalla società di consulenza
Arcadis, che valuta gli aspetti sociali,
ambientali ed economici di 100 città.
Al secondo posto si trova Singapore,
seguita da Stoccolma, Vienna e Londra.
Roma è ventiduesima e si colloca appena davanti a Vancouver, prima città
nordamericana presente in classifica.
Gli Stati Uniti sono fuori dalle prime
25 posizioni con New York, la città Usa
più sostenibile, che è solo ventiseiesima.
Milano, l’altra città italiana analizzata, è
al 42mo posto.
Se le città europee occupano le prime
posizioni, la parte bassa della classifica
è presidiata dai Paesi emergenti, con
Calcutta, Il Cairo, Nairobi, Nuova Delhi
e Manila agli ultimi cinque posti. Queste
città pagano la mancanza di sviluppo
economico, insieme ai pochi progressi sul fronte delle energie pulite, delle
emissioni di CO2 e della qualità dell’aria.
Ezio Bosso in concerto a Lucerna il prossimo 11
novembre
Due biglietti in palio per i lettori della Rivista
Ezio Bosso è nato a Torino il 13 settembre 1971 è un musicista a tutto ondo: pianista, compositore e direttore d’orchestra.
Il suo primo concerto come solista lo tiene a 16 anni in
Francia e inizia a girare le orchestre di mezza Europa.
Dopo una parentesi come bassista dell’85 all’88 degli Statuto, abbandona definitivamente la musica ska-mod per
dedicarsi esclusivamente a quella classica. Le sue tournée
hanno fatto tappa nei principali auditorium e teatri del
mondo, dove ha diretto anche le più famose orchestre.
Nonostante l’immensa mole di opere scritte, composizioni
e collaborazioni, il suo primo disco ufficiale da solista, intitolato The 12th Room, esce soltanto il 30 ottobre 2015,
per EGEA Music.
Nel 2011 scopre di essere affetto da una malattia neuro-degenerativa progressiva, che non limita però la sua
creatività.
Ezio Bosso sarà in concerto, organizzato da allblues, il prossimo 11 novembre al KKL di Lucerna con inizio alle 19.30.
I lettori della Rivista potranno vincere due biglietti per il
concerto di Lucerna inviando, entro il 20 ottobre, all’indirizzo e-mail: [email protected] la risposta alla seguente domanda: Quanti dischi da solista ha pubblicato Ezio Bosso?
ottobre 2016 La Rivista - 7
CENA IN FAMIGLIA?
BRAVO A TE!
Italiche
di Corrado Bianchi Porro
Il punto non è dove siamo,
ma dove vogliamo essere
«Gli sgravi per le assunzioni oltre un certo limite non hanno più effetto. Bisogna invece sempre sostenere le
imprese che investono». Così Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, nel suo recente intervento al
workshop Ambrosetti. Il ministro conferma la delicatezza del momento: ci aspettano altri 12-18 mesi difficili
sul piano economico e geopolitico anche in Europa, spiega.
Solo l’innovazione assicurerà un motore forte alla crescita mentre il rapporto salario-produttività garantirà non solo le imprese ma anche i lavoratori. È assai importante la questione dell’attrazione degli investimenti in Italia, ha aggiunto. La cosa
che possiamo fare noi è comunicare le cose che si stanno facendo, sapendo che le riforme hanno un arco temporale. Hanno
un’economia di scala: più le si mette insieme, più costituiscono un rapporto virtuoso.
Il tema della Governance e degli investimenti è un tema globale ed europeo, non solo italiano, dice il ministro. Discutiamo
dunque in Italia di riforme costituzionali, tanto quanto in Europa si discute della Governance europea, perché essa è una cosa
altrettanto obsoleta. Non perché sia stata concepita male, ma perché fu ideata in un periodo della storia ispirato ad alcuni
principi come il multilateralismo, con una gestione molto consensuale, secondo tempi molto lunghi nei dossier. Tutte cose che
poi non sono accedute, perché la storia è diventata molto più complicata in questi ultimi 15 anni. Ci sono politiche migratorie,
commerciali, di difesa, molto più importanti del bilancio di cui sempre si discute e su cui molto è stato fatto, magari con una
certa dose di inefficienza.
Nella politica commerciale, gli Stati membri magari stanno smontando le liberalizzazioni perché i 38 parlamenti (occorre
talora più di un’approvazione) cercano di riprendersi dei pezzi di nazionalizzazione, dato che la globalizzazione è un fenomeno
che fa paura. Occorre un antidoto a questa paura. La modernità, infatti, si fonda sull’idea che il presente e il futuro siano penalizzanti per definizione. E magari hanno alcune ragioni per sostenerlo. Perché all’inizio degli anni novanta abbiamo raccontato
che il mondo sarebbe diventato piatto e la storia sarebbe finita: tutto era consensuale. Bastavano solo l’Onu e il WTO, con
l’Europa trionfante. Quel mondo non è successo e dunque la globalizzazione viene vista molto negativamente.
Oggi, dice Calenda, abbiamo di più e di meno. Più di un miliardo di persone fuori dalla soglia della povertà e meno classe media: è una società molto divaricata. Con la globalizzazione, l’Italia ha guadagnato 140 miliardi di esportazione. Però ha perso
un pezzo gigantesco d’industria, quella che non ha saputo fare l’internazionalizzazione. Certo al Governo, quando sentiamo
parlare di intelligenza artificiale, ci entusiasmiamo perché arrivano cosa nuove. Ma la gente si interroga su cosa cambierà.
Come cambierà il lavoro? La paura deriva da una promessa mancata di un mondo molto ideale dopo la caduta del muro di
Berlino, perché l’Occidente aveva vinto. La promessa l’avevano fatta le classi dirigenti riformiste e oggi, quando appare la
parola riforme sull’agenda di un governo, la reazione è assai meno positiva. C’è paura. Per questo occorre un rafforzamento
della Governance. Le riforme istituzionali non sono un dibattito teorico. Il periodo che abbiamo di fronte, è ‘tostissimo’. Crea
instabilità finanziarie geopolitica, sconosciuta. Il rafforzamento della Governance è un antidoto alla paura della modernità.
Il secondo elemento da avere come obiettivo è sugli investimenti e quindi su un progetto di lungo periodo. L’equità si fa con
la crescita. Non c’è equità senza crescita. Insomma: non si deve aumentare la spesa pubblica per rispettare le regole europee,
ma per una questione di equità nei confronti delle generazioni future. La crescita, come può essere determinata? Lavorando
sul fattore dell’offerta. Offerta, produttività e innovazione sono centrali per fornire una risposta alla paura della modernità.
La legge di stabilità che il Governo italiano si appresta a varare, dipenderà dai contenuti che metteremo dentro questa legge.
Abbiamo preparato un piano che si chiama industria 4.0 che ha vari elementi fondamentali. In primo luogo fortissimi incentivi
fiscali alla ricerca, innovazione e agli investimenti. In particolare investimenti legati agli investimenti industria digitale. E ci
concentriamo sugli investimenti e sui rating medio bassi, altrimenti diamo solo soldi alle banche. Poi si punta sul salario di
redditività, una strada importante per promuovere la produttività. Infine, le università di eccellenza, dove le aziende possano
lavorare insieme nella ricerca, senza interventi a pioggia. Lo scenario rimarrà molto difficile. Ma lo dobbiamo fare in grande
trasparenza. Scorciatoie non ce ne sono, servirà tempo e ci vorrà un impegno ancora più forte.
Sulla stessa linea l’intervento di Vincenzo Boccia, presidente della Confindustria sempre a Villa d’Este. Dobbiamo lavorare sulle
potenzialità del Paese. Il punto non è dove siamo, ma dove vogliamo essere, spiega Boccia. La grande questione è la crescita.
Non dobbiamo lavorare solo su saldi di bilancio, ma sugli effetti di quelle politiche che definiscono sull’economia reale. Tutto
quello che servirà per la crescita, servirà per la stabilità del Paese. Vale per l’Italia, e vale per l’Europa. Precondizione della crescita è un’industria forte. Deve esservi dunque una politica per la competitività del Paese. Bisogna combattere l’ansietà nell’economia. Se si supera l’ansietà, si effettuano investimenti. Speriamo dunque che le regole che ci chiedono di rispettare, siano
rispettate in termini di reciprocità anche negli altri Paesi. Ricordiamo che abbiamo bisogno di crescita, perché persiste il rischio
che un eccesso di stabilità porti a non guardare la precondizione necessaria alla stabilità stessa, che è, appunto, la crescita.
ottobre 2016 La Rivista - 9
Elvetiche
di Fabio Dozio
La paradossale mancanza
di medici
La Svizzera è confrontata con una grave carenza di medici, soprattutto di base.
Colpa del numero chiuso e dei ritardi della politica.
I tempi della politica sono lenti. I tempi della politica svizzera sono lentissimi.
Il nostro Paese è confrontato da anni con una penuria di medici, ma si fatica a mettere in atto contromisure per
arginare il fenomeno.
La causa principale è dovuta al numero chiuso deciso da alcune Università svizzere, introdotto una quindicina di anni
fa. In particolare, a Zurigo, Basilea, Berna e Friburgo. Nella svizzera romanda, a Ginevra, Losanna e Neuchâtel, non c’è
un numero chiuso che ostacola le iscrizioni alle facoltà di medicina, ma si effettua una selezione drastica nei primi
due anni di corso: vengono espulsi dalle facoltà dal 30 al 50% di studenti. Forme diverse per raggiungere lo stesso
scopo: contenere il numero degli studenti che scelgono di fare il dottore. La ragione è data – secondo gli addetti ai
lavori - dalla limitata disponibilità di posti di formazione pratica negli ospedali. L’anno scorso si sono presentati 3491
candidati agli esami di ammissione delle facoltà svizzero tedesche e ne sono stati ammessi 793, meno di un quarto.
In queste condizioni, la Svizzera deve fare affidamento sui medici stranieri. Attualmente il 30% dei medici attivi, vale a
dire circa 10 mila, si è formato all’estero, la percentuale sale al 40% negli ospedali. Il consistente aumento del numero di
stranieri è anche una conseguenza (positiva!) della libera circolazione. Per arginare la pressione dei medici esteri, Berna
ha introdotto la moratoria degli studi medici. Una limitazione che è appena stata prorogata per altri tre anni, a partire
dallo scorso primo luglio. La competenza in merito è dei Cantoni, che mantengono la possibilità di limitare, se necessario, il numero di medici che esercitano a carico dell’assicurazione obbligatoria delle cure medico sanitarie.
Riassumendo: s’introduce il numero chiuso, si determina una mancanza di medici, si importano dall’estero, ma con
giudizio. La situazione ha qualcosa di paradossale: si ritiene di non poter formare nel modo migliore gli studenti
svizzeri (o residenti), ma si importano da altri Paesi, europei o extraeuropei, senza poter verificare la qualità della
loro formazione! Una storia che, se non toccasse un tema delicato, quello della salute pubblica di un Paese avanzato,
sarebbe semplicemente ridicola.
È da qualche anno, ma non tantissimi, che la Confederazione si è accorta del problema e cerca di porvi rimedio. Nel
2011 il Consiglio federale ha pubblicato il rapporto “Una strategia per combattere la mancanza di medici e promuovere la medicina di base”, per adempiere alla mozione presentata dalla consigliera nazionale Jacqueline Fehr. Berna ha
stabilito che nell’immediato futuro sarà necessario formare 1300 medici ogni anno, almeno fino al 2025, il quaranta
per cento in più degli attuali 800 - 900 titoli di studio rilasciati annualmente. Una conseguenza concreta di questo
rapporto è la decisione governativa dello scorso febbraio, l’approvazione di un credito di cento milioni di franchi per
sostenere la formazione dei medici nel quadriennio 2017 – 2020.
Non è detto che questa misura sia sufficiente, anzi. Infatti, vanno aggiunti alla conclamata carenza di medici due
nuovi fattori che possono peggiorare la situazione: il pensionamento dei dottori anziani e l’articolo costituzionale
che prevede di introdurre i contingenti di manodopera estera.
Nei prossimi dieci anni oltre il 60% dei medici di famiglia che esercitano in Svizzera cesseranno l’attività: la penuria
aumenterà in modo cospicuo. L’Associazione Medici di famiglia e dell’infanzia stima che nel 2025 mancheranno oltre
4 mila medici di base. Infatti, solo il 10% dei neolaureati sceglie di fare il medico generalista. Molto più redditizio
formarsi come specialista, ciò che permette di avere orari di lavoro migliori e, soprattutto, di guadagnare molto di più.
Tutte le Università con facoltà di medicina si stanno svegliando: hanno aumentato o aumenteranno il numero dei
posti di formazione. Ma non solo: Friburgo aggiungerà il corso di master al bachelor già in vigore. Il Politecnico di
Zurigo si appresta a istituire un corso di bachelor dal 2017. Lucerna, San Gallo e il Ticino offriranno un buon numero
di posti a livello di master, mettendo a disposizione gli ospedali.
Qualcosa si muove, ma non basta aumentare il numero dei diplomati in Svizzera per risolvere il problema della
mancanza di medici di famiglia. Bisogna rendere attrattiva questa funzione con misure efficaci, soprattutto dal
profilo finanziario.
Comunque, nel citato rapporto del 2011 del Consiglio federale si sottolinea che: “Poiché la salute dipende per il 60%
da fattori che esulano dalla politica sanitaria, l’Ufficio federale della sanità pubblica attua una politica (…) per motivare le persone ad adottare uno stile di vita sano”. Consoliamoci!
ottobre 2016 La Rivista - 11
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Europee
di Viviana Pansa
Crisi esistenziale
europea
Un’Europa “in crisi esistenziale” quella efficacemente dipinta dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker
nel suo discorso al Parlamento europeo sullo stato dell’Unione. Così gli effetti di una profondissima crisi economica hanno finito per intaccare il tessuto sociale del continente, mutandone persino l’aspetto politico, vista la decisione della Gran Bretagna
di staccarsi dal progetto unitario europeo.
E proprio sulla debolezza dell’Europa sociale ha insistito Juncker nel suo discorso, rilevando come i posti di lavoro creati dal
2013 ad oggi – quantificati in 8 milioni – non siano stati sufficienti ad abbassare il livello di disoccupazione; come permanga
una forte disuguaglianza, che alimenta i populismi “che non risolvono i problemi, ma li creano”. La risposta del presidente a
questo stato di cose è un atto di fiducia nell’Unione post-Brexit: “i nostri amici e partner istituzionali si chiedono con preoccupazione se la Brexit non sia l’inizio dello scioglimento dell’Unione, ma noi siamo sicuri che, pur rispettando e deplorando questa
decisione, non ci sia pericolo per l’esistenza dell’Ue” - ha detto Juncker. E la proposta di “un’agenda positiva” da adottare nei
prossimi 12 anni, a partire dal potenziamento del Fondo europeo per gli investimenti che dovrà muovere 317 miliardi di euro
entro il 2017, oltre ai 160 già mobilitati.
L’obiettivo è l’incremento della circolazione di capitale, prevalentemente privato, sino ad arrivare a 500 miliardi di euro nel
2020 e 630 miliardi nel 2022. Oltre, dunque, a crescita e occupazione, le priorità politiche della Commissione sono la connettività – con la proposta di punti di collegamento wifi gratuiti nelle città, - la tutela del diritto d’autore, l’unione dei mercati di
capitali, sicurezza – con guardie di frontiera a presidiare i confini esterni dell’Unione, e non solo quelli marittimi, - un fondo
europeo per la difesa, per promuovere l’innovazione anche su questo fronte. Infine, le migrazioni, con il lancio di “un ambizioso
piano di investimenti per l’Africa e il vicinato europeo che può raccogliere investimenti potenziali per 44 miliardi di euro”, arrivando a 88 miliardi nel caso di partecipazione attiva degli Stati membri.
Una partecipazione, quest’ultima, che non è affatto scontata, visto l’andamento del vertice informale di Bratislava, il primo
dell’Unione a 27: nonostante la lista di priorità sottoscritta dai capi di Stato e di governo europei richiami – per la verità in
maniera estremamente generica - quella proposta da Juncker, come succede sempre più spesso ci si è divisi su tutto, con
una rottura all’interno della stesso triumvirato recentissimamente sancito a Ventotene e plasticamente simboleggiata dalla
conferenza stampa congiunta tra il presidente francese François Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel, da un lato,
e quella del premier italiano, Matteo Renzi, dall’altro.
Ma le fratture non si limitano più solo alle divergenze ormai sedimentate tra il nord e il sud del continente, tra i “rigoristi” e i
virtuosi della gestione economica e del risanamento fiscale e i “lassisti” del sud Europa, che intrattengono un rapporto molto
più disinvolto con i rispettivi debiti pubblici, tensione riaffermata in ultimo con le reazioni – di Berlino, in particolare - al vertice
anti-austerità organizzato ad Atene tra i Paesi del Mediterraneo. Protagonisti nella capitale slovacca sono state infatti le forti
riserve espresse dai Paesi del cosiddetto gruppo di Visegrád, formato da Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, al
piano di ricollocamento dei profughi – 120 mila - provenienti da Italia e Grecia approvato dal Parlamento europeo. Un piano
su cui l’Ungheria del governo ultra nazionalista di Viktor Orban è chiamata ad esprimersi il 2 ottobre, con un rifiuto largamente
previsto. Ciò nonostante il ricollocamento ivi richiesto da parte dell’Unione riguardi 1300 persone, una cifra che non giustifica
l’allarmismo governativo, anche se è vero che l’Ungheria è il Paese europeo che ha registrato il maggior numero di richieste di
asilo nel 2015 – 174 mila, secondo i dati Eurostat, in aumento del 321% rispetto al 2014. Tuttavia Orban ha già ribadito a Bruxelles che il sistema delle quote “ridisegnerebbe l’identità etnica, culturale e religiosa del Paese”, mentre ha suscitato polemiche
la proposta avanzata dal premier slovacco Robert Fico, di sorvegliare i musulmani presenti nel Paese – quantificati in 2500 su
una popolazione di più di 5 milioni di abitanti.
Insomma, se da un lato Renzi preme per una maggiore flessibilità sui conti, i Paesi dell’est la sollecitano invece sui migranti,
in un tiro incrociato di richieste difficilmente conciliabili e avanzate in vista di un susseguirsi di appuntamenti elettorali che
rischiano di minare la stabilità delle democrazie europee e su cui pesa l’interrogativo della nuova presidenza americana, avvicendamento atteso per novembre e su cui i recenti attentati potrebbero configurare la possibile vittoria dell’outsider Donald
Trump, e la conseguente deriva populista.
“L’austerità ha fallito e sui migranti non si può continuare così, che nessuno fa niente in Africa e il cerino viene lasciato in mano
all’Italia”: così Renzi di ritorno da Bratislava, deluso da un vertice in cui “ci siamo detti le solite cose, non si è fatto alcun passo
avanti rispetto a Ventotene”. Passi avanti quanto mai auspicati in vista del varo della legge di stabilità e del referendum costituzionale dei prossimi mesi. Allo stesso modo pesano, nei fragili equilibri europei, la ripetizione delle elezioni presidenziali
in Austria, che questa volta potrebbero sancire la vittoria dell’ultra nazionalista Nerbert Hofer, le presidenziali francesi, nella
prima metà del 2017 e le batoste elettorali recentemente subite da Frau Merkel (nel Land Meclemburgo e Pomerania e nelle
amministrative a Berlino), imputate proprio alla sua apertura nei confronti dei migranti.
Una serie di rischi ed incognite che devono aver pesato non poco sul rinvio del tanto atteso rilancio europeo.
ottobre 2016 La Rivista - 13
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L’immigrazione in Europa
Oltre un milione di rifugiati sono arrivati l’anno scorso in Europa fuggendo dalla guerra. Centinaia di migliaia in più sono arrivati quest’anno. L’ultima grande immigrazione del continente europeo stravolge la
politica, sollecita la nostra tolleranza e sfida le nostre identità culturali. Il National Geographic di ottobre
dedica la copertina ai Nuovi europei e a come le ondate migratorie stiano trasformando il continente.
“Stiamo bene e siamo stati ricevuti bene”, ha dichiarato Abed Mohammed Al Khader, 88 anni, e patriarca di una famiglia
di sedici persone che ha lasciato la Siria due anni fa, ma “vogliamo tornare indietro”. Il National Geographic riporta
numerose testimonianze di migranti tra cui quella di Abed. Lo scorso febbraio 1’500 rifugiati sono arrivati a Berlino e
hanno ricevuto accoglienza in una grande palestra vicino allo stadio olimpico.
L’Europa è terra d’immigrazione recente dall’inizio degli anni Novanta. In quel periodo 40’000 somali si stabilirono in Svezia
in fuga dalla guerra civile. Gli indiani oggi sono tra i tre milioni di asiatici del Sud-Est che si sono stabiliti in Gran Bretagna in
quanto provenienti da ex colonie britanniche. Almeno tre milioni di persone di origine turca risiedono in Germania. Arrivarono come lavoratori negli anni Sessanta e Settanta e sono poi rimasti con le loro famiglie prendendo il passaporto tedesco.
Quel è il livello d’integrazione? Cosa vuol dire poi integrazione? È per caso la rinuncia alla propria identità culturale
originaria? “Sento di poter essere al 100% francese e al 100% algerino” dichiara Massyle Mouzaoui, 10 anni. Suo fratello
Ilyas, 8 anni, è d’accordo. Vivono in un quartiere confortevole di Parigi con la mamma francese e il papà algerino naturalizzato in Francia. Ali Tecimen, 34 anni, vive in Germania ed è un’altra testimonianza riportata dal National Geographic
di ottobre: “Noi viviamo qui, siamo nati qui, siamo cresciti qui. Ma il luogo che sento nel mio cuore è la Turchia”. I suoi
nonni sono venuti appunto in Germania negli anni Settanta come lavoratori ospiti quando sua madre era una bambina.
Oggi la famiglia vive a Berlino. “Mi vedo somalo e penso che sarò sempre somalo. Sono venuto in Svezia per trovare pace.
La Svezia è un ottimo paese” dice Asad Abdiassiz Dahir, 16 anni. A Magadiscio era sotto pressione per arruolarsi nella
milizia islamista al Shabaab ed è quindi fuggito. La sua famiglia è ancora in Somalia. Aggiunge un altro somalo arrivato
in Svezia: “Una delle ragioni per cui amo questo paese è la sua ospitalità. I rifugiati sono accolti a braccia aperte”. Il suo
nome è Mohamed Ali Osma, 32 anni. Ha raggiunto sua moglie in Svezia nel 2012. Dice anche: “In questo paese è duro
non avere un lavoro e la ragione principale per la quale ciò avviene è la barriera linguistica”.
Molti rifugiati cercano di raggiungere l’Europa via mare facendo la traversata su delle imbarcazioni insicure e sovraffollate. Nel 2015 si stima che 850’000 rifugiati abbiano raggiunto la Grecia e altri 150’000 l’Italia. Almeno 3’770 persone
sono morte nel tentativo. La popolazione di rifugiati nell’Unione Europea è di circa due milioni e mezzo di persone. Di
questi il 7% soltanto si trova in Italia, il 4,2% in Svizzera, Il 13,2% in Francia, il 3% in Norvegia, lo 0,7% in Spagna e
il 29% in Germania. La dimensione degli arrivi nel 2015 è senza precedenti. Si è passati dai 225’000 richiedenti asilo
del 2008 a un milione e trecentomila del 2015. I paesi di provenienza sono la Siria ovviamente (29%), l’Afghanistan
(14,8%), l’Irak (9,9%) e altri paesi africani come la Somalia appunto e l’Eritrea. I rifugiati cercano asilo secondo il diritto
internazionale. Non possono essere espulsi poiché andrebbero di nuovo incontro ai pericoli da cui fuggono. Questi dati
qui riportati hanno per fonte l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati; la divisione per lo studio delle
popolazioni delle Nazioni Unite e l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni.
Dalla fine della seconda guerra mondiale la Germania ha accolto circa cinquanta milioni d’immigrati. Oggi una persona
su otto che vive in Germania è nata altrove. Eppure quando Angela Merkel ha dichiarato pubblicamente nel giugno
2015 che la Germania era un Einwanderungsland, una terra di’mmigrazione, il quotidiano Frankfurter Allgemeine definiva questa dichiarazione “storica”. Alla fine della seconda guerra mondiale gli immigrati in Germani erano quei tedeschi
che lasciavano i territori ceduti alla Polonia e alla Russia. Circa dodici milioni di tedeschi arrivarono in un paese distrutto
dalla guerra e sovente non accolti bene. Poi è stato il turno degli italiani, degli spagnoli e dei turchi. Oggi ci si rende
conto in Germania che l’immigrazione è un’opportunità economica innanzitutto. Il paese ha bisogno d’immigrati: ogni
anno muoiono 200’000 persone in più di quelle che nascono. Senza immigrazione la popolazione diminuirebbe. L’arrivo
degli immigrati è necessario per mantenere costante il numero della popolazione attiva.
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ottobre 2016 La Rivista - 15
Ministro Calenda:
con riordino Camere commercio sistema
più efficiente e vicino alle imprese
Il CdM approva decreto: numero
CCIAA scende da 105 a 60. Si riduce
del 50% circa il diritto annuale a carico degli imprenditori
“Un provvedimento atteso da tempo che
consente importanti risultati in termini
di efficienza, razionalizzazione e risparmio per le imprese. Un nuovo modello in
grado di dare risposte concrete alla necessità di riorganizzazione sul territorio
e di definire con maggiore precisione le
funzioni delle Camere. Il Mise rafforzerà
in modo significativo la vigilanza e la
valutazione delle performance”.
Così il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda commenta il decreto legislativo di riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere
di commercio approvato dal Consiglio
dei Ministri. Il provvedimento, di cui il
Ministero dello Sviluppo Economico è
proponente, è stato messo a punto di
concerto con il Ministero dell’Economia,
della Semplificazione e della PA.
In linea con quanto previsto dall’art. 10
della legge sulla ‘Riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche’ (7 agosto
2015, n. 124), il Decreto varato prevede,
in particolare, un piano di razionalizzazione, in un’ottica di efficientamento, di
efficacia e di riforma della governance
delle Camere di Commercio.
Più nel dettaglio, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del Decreto, il numero
complessivo delle Camere si ridurrà dalle
attuali 105 a non più di 60 nel rispetto
dei seguenti vincoli direttivi: almeno 1
camera di commercio per Regione; accorpamento delle camere di commercio con
meno di 75mila imprese iscritte.
Al fine di alleggerire i costi di funzionamento delle Camere, il decreto prevede 4 ulteriori azioni che riguardano:
la riduzione del diritto annuale a carico
delle imprese del 50%; la riduzione del
30% del numero dei consiglieri; la gratuità per tutti gli incarichi degli organi
diversi dai collegi dei revisori; una razionalizzazione complessiva del sistema
attraverso l’accorpamento di tutte le
aziende speciali che svolgono compiti
simili, la limitazione del numero delle
Unioni regionali ed una nuova disciplina
delle partecipazioni in portafoglio.
Il provvedimento introduce quindi maggiore chiarezza sui compiti delle Camere con l’obiettivo di focalizzarne l’attività su attività istituzionali evitando, al
contempo, duplicazioni di responsabilità con altri enti pubblici.
Viene infine rafforzata la vigilanza del
Ministero dello Sviluppo economico, con una valutazione stringente da
parte del dicastero sulle performance
delle Camere di Commercio da parte
di un comitato indipendente di esperti.
Nell’ambito di questo piano complessivo di razionalizzazione organizzativa
ricade anche la rideterminazione delle
dotazioni organiche di personale dipendente delle camere di commercio
con possibilità di realizzare processi
di mobilità tra le medesime camere e
definizione dei criteri di ricollocazione
presso altre amministrazioni pubbliche
del personale che dovesse risultare soprannumerario.
Disciplina allineata al DLGS sulle società partecipate previsto dall’art.
18 della «legge Madia»
Sulla razionalizzazione delle partecipazioni delle camere si applica il decreto legislativo in materia di società a partecipazione pubblica adottato in attuazione
dell’articolo 18 della legge 7/8/2015, n. 124 (Legge Madia):
- Le camere (come le altre PA) “non possono costituire, acquisire o mantenere
società o partecipazioni in società aventi per oggetto attività di produzione di beni
e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità
istituzionali”
- Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del succitato decreto, ciascuna
amministrazione pubblica (quindi anche le camere) effettua la ricognizione di
tutte le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del decreto, individuando quelle che devono essere alienate. L’alienazione deve avvenire entro un
anno dalla conclusione della ricognizione delle partecipazioni. Tuttavia le pubbliche amministrazioni possono comunque mantenere le partecipazioni in società
quotate detenute al 31 dicembre 2015
Inoltre “gli atti di razionalizzazione delle partecipazioni societarie adottati dalle
camere di commercio sono trasmessi anche al Ministero dello Sviluppo Economico, che ne verifica la corrispondenza alle disposizioni di legge. Ove non ne verifichi
la corrispondenza, il Ministero, entro trenta giorni, può chiedere l’adeguamento
fissando un termine non superiore a trenta giorni. Decorso inutilmente tale ultimo
termine, il Ministero può adottare i suddetti provvedimenti in via sostitutiva”
ottobre 2016 La Rivista - 17
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LAC: Lugano
Arte Cultura
Il Lac: vista area
Buona la prima
I primi 365 giorni di programmazione hanno portato al LAC oltre 260’000 spettatori per gli spettacoli, le
mostre e le varie attività proposte. L’interesse e l’affetto mostrato dal pubblico fin dall’inaugurazione si sono
mantenuti lungo l’arco della stagione: più di 80’000 spettatori hanno seguito le rassegne musicali, teatrali e
della danza; più di 80’000 i visitatori venuti per le arti visive. Il programma di mediazione culturale LAC edu
ha coinvolto e avvicinato alle arti in modo diverso e sorprendente 34’000 partecipanti, moltissime le scuole
e i ragazzi. Gli eventi privati si sono intensificati gradualmente nel corso dei mesi e hanno raggiunto quota
133, ospitando quasi 20’000 invitati.
Michel Gagnon, direttore generale LAC,
si è detto “ovviamente molto contento
di questi numeri, come delle impressioni che gli artisti, il nostro altro pubblico,
hanno condiviso. Sono ambasciatori importanti per il LAC. Certo, pensando che
è solo il primo anno, voltandomi indietro
a vedere quanto è stato fatto posso dire
che sì, è stato un successo. Ci tengo co-
munque a sottolineare che siamo solo
all’inizio di un percorso che si svilupperà
su più anni, questa è una valutazione
della prima stagione. Sono ancora molte
le cose da fare, ma era essenziale partire
bene. È il segnale che il cammino intrapreso insieme ai direttori artistici, che
ringrazio per il loro prezioso lavoro, è
quello giusto”.
Le cifre confermano la tradizione della musica classica con un’occupazione
media che supera il 90%, una risposta
entusiasta per le nuove proposte della danza e la capacità delle mostre di
attrarre visitatori anche oltre i confini
ticinesi: il 58% proviene da fuori cantone, con la Svizzera interna a farla da
padrone e la vicina penisola che confer-
ottobre 2016 La Rivista - 19
ma l’attenzione verso l’offerta luganese.
Il primo anno ha segnato anche l’inizio
di diverse coproduzioni: dalla creazione
della Compagnia Finzi Pasca nell’ambito
della residenza artistica (luglio-agosto
2016) che debutterà a novembre a Lugano, allo spettacolo “Gabbiano” realizzato
con LuganoInScena, il Piccolo Teatro di
Milano e il Teatro Sociale di Bellinzona,
che ha calcato i maggiori palcoscenici
italiani, incontrando il favore di critica e
pubblico (19’000 spettatori).
La prima stagione ha portato al LAC artisti del calibro di Anthony McCall, Les
Ballets de Monte-Carlo, Sol Gabetta, i
direttori Dutoit, Gergiev, Haitink, i registi Mario Martone, Antonio Latella, l’opera teatrale di Peter Brook e i capolavori di Alberto Giacometti, Lucio Fontana, Andy Warhol, Aleksandr Rodchenko,
trasformando il nuovo centro culturale
da progetto a realtà artistica interessante su più livelli.
La nuova programmazione
A dare il là alla nuova programmazione,
una prima svizzera: la video installazione
Slow Dancing, firmata dall’artista statunitense David Michalek. L’opera consiste in
un trittico di grandi dimensioni che celebra la danza e che verrà proiettato fino al
9 ottobre sulle facciate del centro culturale, dopo esser stato presentato al Lincoln
Center di New York e in altri luoghi iconici
come l’Arsenale della Biennale di Venezia,
l’Opéra Bastille di Parigi e Trafalgar Square a Londra. Assieme a Slow Dancing per
le arti visive un grande precursore dell’arte moderna, Paul Signac (inaugurata il 3
settembre, vedi presentazione pag 54-55
– ndr)), e Ilya Kabakov, tra i dieci artisti
più importanti a livello internazionale,
assieme alla moglie Emilia; la “Sagra della Primavera” di Stravinskij eseguita dalla
Royal Philharmonic Orchestra diretta da
Charles Dutoit per la musica classica, e la
compagnia del Béjart Ballet Lausanne per
il cartellone della danza internazionale e
contemporanea.
La musica classica nel segno di
qualità
La musica classica torna protagonista nel
segno di una programmazione di qualità,
ricca di nomi di riferimento del panorama
internazionale. LuganoMusica inizia con
la bacchetta di Charles Dutoit e gli strumentisti della Royal Philharmonic Orchestra: in programma il capolavoro più rivoluzionario del compositore russo Stravinskij, la “Sagra della Primavera”. Durante la
stagione non mancheranno i virtuosi, tra
i quali spiccano Maurizio Pollini e Julia
Fischer – artist in residence –, i direttori
di fama internazionale come Temirkanov,
Koopman e Haitink e le grandi orchestre
come la BBC Philharmonic Orchestra, la
Filarmonica di San Pietroburgo, l’Accademia di Santa Cecilia e l’Orchestra Mozart – che riprende il suo cammino dopo
la morte di Claudio Abbado con due soli
concerti, a Bologna e Lugano; non mancherà naturalmente l’Orchestra della
Svizzera italiana.
Il teatro e la danza
Con il termine Lógos va in scena la stagione teatrale e di danza curata da LuganoInScena. Sul palco del LAC verranno
presentate le produzioni internazionali
Purgatorio dell’argentino Ariel Dorfman
con l’interpretazione eccezionale di
Laura Marinoni e “Ifigenia liberata” in
collaborazione con LAC e Piccolo Teatro
di Milano, per la regia di Carmelo Rifici. A novembre debutterà in anteprima
internazionale la nuova creazione della
Compagnia Finzi Pasca, “Per te”, interamente realizzata al LAC. Nel corso della
stagione verrà ricordato il genio di William Shakespeare, a 400 anni dalla morte, con tre appuntamenti tra cui Giulio
Cesare. Pezzi staccati del maestro internazionale Romeo Castelucci che, insieme a Emma Dante e al regista svizzero
tedesco Christoph Marthaler compone
un trittico di grandi maestri della scena.
Tornerà la grande danza con spettacoli
di qualità impareggiabile come Barbarians di Hofesh Shechter, la coproduzione del Ballet National de Marseille e il
Béjart Ballet Lausanne, con il famosissimo Boléro di Ravel.
La pittura e la fotografia
Le proposte espositive del MASI Lugano
anche quest’anno esplorano ambiti artistici differenti: ad aprire la nuova stagione, i
linguaggi pittorici di Paul Signac, precursore della pittura moderna, e di Antonio
Calderara, figura singolare del panorama
artistico italiano. A seguire, in primavera,
il museo dedicherà un’ampia mostra ai
rapporti fra la grande artista svizzera Meret Oppenheim e gli amici artisti Giacometti, Ernst, Duchamp, Magritte, …
A marzo verranno presentate opere fotografiche recenti e inedite del britannico
Craigie Horsfield attraverso un progetto
realizzato in collaborazione con l’artista
Per un polo urbano competitivo
Di seguito pubblichiamo l’intervento del sindaco Lugano Marco
Borradori, in occasione della conferenza stampa di presentazione dei risultati della prima stagione del LAC
«“Leggiamo per avere un cuore intelligente” ha scritto il filosofo francese Alain Finkielkraut. Mi appare spontaneo, per
analogia, estendere questa massima fino a farle abbracciare
tutta la conoscenza nella sua integralità e, dunque, anche la
cultura. Sono persuaso che sia esperienza di molti: guardare
un’opera d’arte, assistere a una pièce teatrale o ascoltare un
brano musicale infonde una sensazione di pienezza e benessere
fisico e mentale.
Da sinistra, Lorenzo Sganzini direttore divisione cultura della Città di Lugano,
Marco Borradori, Roberto Badaracco capo dicastero cultura, sport ed eventi della Città di Lugano e Michel Gagnon direttore generale LAC.
© Zocchetti
20 - La Rivista ottobre 2016
stesso e il Central Museum di Utrecht, e
ad aprile le ricerche di due protagonisti
dell’arte italiana del dopoguerra, Alighiero Boetti e Salvo. Lo Spazio -1 Collezione
Giancarlo e Danna Olgiati ospita invece
la coppia di artisti Ilya & Emilia Kabakov,
precedendo la grande retrospettiva che
la Tate Modern di Londra consacrerà ai
due grandi artisti russi nell’ottobre 2017.
Il calendario completo della Stagione
2016/17 e tutte le informazioni sono disponibili sul sito: www.luganolac.ch
La video installazione Slow Dancing, firmata dall’artista statunitense David Michalek
Slow Dancing Una video installazione di
David Michalek
Slow Dancing si compone di una serie di 43 ritratti in movimento realizzati attraverso la tecnica dell’hyper-slow-motion video
ideata dall’artista. In questi ritratti compaiono ballerini e coreografi provenienti da tutto il mondo, la cui sequenza di movimenti
è proiettata, in forma di trittico, su ampie superfici pubbliche.
La registrazione della sequenza dei movimenti di ciascun artista, della durata di cinque secondi, si è svolta all’interno di un
set appositamente concepito, adoperando videocamere in grado
di catturare 1’000 fotogrammi al secondo in alta definizione. Il
risultato è una serie di video in cui l’azione dei danzatori è estremamente rallentata e il mutare dei loro gesti quasi impercettibile.
I 43 ritratti che si susseguono rivelano così la tecnica e l’espressività unica dei singoli artisti: tra gli altri l’estensione di un arabesque, le figure coreografiche delle braccia e la rotazione delle
mani nel flamenco, l’headspin di un break dancer. Lo slow-motion accentuato permette di percepire la complessità di gesti apparentemente semplici e di catturare dettagli che normalmente
sfuggono all’occhio, mentre la grande dimensione dell’installazione contribuisce a dare un’aria solenne ai danzatori.
Osservando i trittici che si combinano in modo casuale senza mai
ripetersi nell’arco dei giorni di programmazione, lo spettatore
può confrontare ballerini appartenenti a stili e culture diverse:
danza classica, flamenco, break dance, capoeira, tip tap, Butoh,
appaiono uno a fianco all’altro.
I protagonisti sono ballerini e coreografi di riferimento della danza classica e moderna, così come noti interpreti di danze tradizionali e forme contemporanee. Oltre che per lo stile, si differenzia-
Il mio auspicio come sindaco della Città di Lugano, è dunque che il nuovo centro culturale LAC Lugano Arte e Cultura
possa toccare il cuor di tutti – popolazione e visitatori – e
gettarvi semi di intelligenza: il seme della curiosità e quello
del dialogo, il seme del bello e quello della civiltà, il seme
della passione e quello del dissenso. Tutti elementi che, uniti,
contribuiscono a formare il ‘cuore intelligente’ che pulsa nei
singoli e sostiene la crescita e la coscienza della società civile.
Il direttore del LAC, Michel Gagnon, ha avuto fin da subito un
approccio affine a questa intuizione e ha reso il centro culturale un tessuto vitale, intrecciando la trama dell’accoglienza
sull’ordito dell’apertura. Quest’anno cittadinanza e visitatori
di ogni età e cultura hanno trovato ala LAC proposte diversificate per esigenza, età, formazione, gusti e occasioni. Sono
certo che tutti se ne sono andati con un po’ di spirito del LAC
nel cuore.
Il mio secondo desiderio – che è anche un obiettivo della Città – è che il LAC possa diventare uno dei pilastri del processo
di riforma istituzionale e socioeconomica in atto nella nostra
no per età, fisicità, formazione e provenienza. Tra loro compaiono gli
importanti coreografi della storia della danza William Forsythe, Trisha
Brown e Sidi Larbi Cherkaoui; le ballerine Wendy Whelan (New York
City Ballet) e Shantala Shivalingappa; il direttore artistico del Alvin
Ailey American Dance Theatre Judith Jamison e Alexei Ratmansky, ex
ballerino e direttore del Bolshoi Ballet, ora artista in residenza all’American Ballet Theatre.
città, confrontata a cambiamenti strutturali radicali. La presenza del centro culturale, fortemente voluta, risponde alla
scelta strategica di un agglomerato che mira ad essere un polo
urbano competitivo e attivo nel contesto globale. Per raggiungere questo traguardo operiamo su diversi piani, fra i quali
quello culturale.
Posso dunque dire che l’esito di questa prima stagione è buono, sia per quanto riguarda il mio auspicio sia come tendenza
verso l’obiettivo di un posizionamento della Città quale quello
culturale di riferimento regionale, nazionale e internazionale
(come indicato nelle linee direttive Lugano Orizzonte 2025,
obiettivi operativi 2016-2025).
Chiudo il cerchio – iniziato con il cuore intelligente e l’abbraccio della conoscenza – con un pensiero grato a Daniele Finzi Pasca e alla sua Compagnia residente al LAC, che
quest’anno abbiamo accompagnato nella gioia e nel dolore.
Questo grande protagonista della scena artistica mondiale,
capace d’incanto come pochi, incarna lo spirito e il cuore
racchiuso dal LAC che vogliamo.»
ottobre 2016 La Rivista - 21
Cultura
d’impresa
di Enrico Perversi
L’ottimismo è il profumo
della vita
La resilienza è la capacità di superare gli ostacoli che si incontrano sul cammino, gli ottimisti ne sono
dotati più di altri.
Un famoso spot pubblicitario della Nike significativamente intitolato “fallimento” ha per protagonista Michel Jordan
riconosciuto come il più grande giocatore di basket di tutti i tempi. Il suo racconto è il seguente: “Nella mia carriera ho
sbagliato novemila tiri. Ho perso quasi trecento partite. Per ventisei volte sono stato scelto per fare il tiro decisivo ed ho
fallito. Nella mia vita ho sbagliato molte volte……….. ed è per questo che ho avuto successo.”
Anche nell’ambito degli affari molte persone ritengono che errori e fallimenti siano un passaggio obbligato per raggiungere e superare i traguardi che ci si è prefissi purché si abbia la capacità di essere resilienti.
La resilienza in ingegneria è la capacità di un materiale di assorbire energia da una deformazione elastica recuperando lo
stato originale quando cessi la sollecitazione; come in altri casi, la psicologia ha adottato lo stesso termine per indicare
la capacità dell’uomo di far fronte ad eventi traumatici recuperando il proprio equilibrio interiore. Nelle aziende questo
termine è diventato popolare perché le difficoltà quotidiane richiedono la capacità di superare ostacoli imprevisti e ciò è
tanto più rilevante quando si occupano ruoli di leadership.
Nel suo libro Search Inside Yourself che descrive il programma che Google ha sviluppato al suo interno sui temi dell’intelligenza emotiva e della mindfulness, Chade Meng Tan afferma che è possibile allenarsi alla resilienza a tre differenti livelli.
Il primo è quello di raggiungere la calma interiore attraverso l’esercizio della meditazione, tale pratica, di origini antiche, permette di gestire la propria mente concentrandosi sul respiro e lasciando scorrere pensieri ed emozioni. Questo esercizio apparentemente banale è alla base di quella che oggi viene chiamata mindfulness o consapevolezza che molte aziende stanno
introducendo facendo attenzione ad un utilizzo laico della metodologia che è patrimonio del buddismo da circa 2500 anni.
Vi sono evidenze scientifiche molto chiare sostanziate da studi clinici che dimostrano i numerosi benefici di cui la calma interiore è il fondamento: gestione dello stress, miglioramento della comunicazione, capacità di mantenere la concentrazione.
Il secondo livello di allenamento riguarda la cosiddetta resilienza emotiva. Successo e fallimento sono emozioni e come
tali devono essere gestite perché non diventino disfunzionali, questo può essere conseguito abituandosi a sperimentare nel
corpo queste emozioni, a riconoscerle e accettarle decidendo consapevolmente i comportamenti da tenere. Per fare questo
è necessaria la calma interiore che abbiamo visto precedentemente e che quindi possiamo considerare l’allenamento –
base, in buona sostanza si tratta di imparare a non deprimersi nelle sconfitte e a non esaltarsi nei successi.
Il terzo livello è quello della resilienza cognitiva vale a dire affrontare con ottimismo le avversità. Il fallimento è un’esperienza comune che tutti, in qualche momento della nostra vita, abbiamo sperimentato in termini di maggiore o minore
gravità, ma quello che contraddistingue le persone di successo è come lo spiegano a se stessi: gli ottimisti ritengono che
sia un passo indietro temporaneo causato da circostanze particolari e superabile mediante abilità ed impegno. I pessimisti,
al contrario, pensano sia causa di una incapacità personale, per loro i passi indietro saranno duraturi e dovuti alla loro
inadeguatezza e quindi non superabili.
Per fortuna anche l’ottimismo si può imparare, dapprima è necessario rendersi conto che facciamo molto caso agli eventi
negativi e sorvoliamo su quelli positivi, Barbara Fredrickson, studiosa di psicologia positiva, ha scoperto che occorrono 3
esperienze positive per superarne una negativa, un sentimento negativo è quindi 3 volte più forte di uno positivo.
Successivamente, si deve utilizzare la consapevolezza per sviluppare l’obiettività su quello che ci succede e per gestire le
emozioni conseguenti, infine bisogna giungere a considerare successo e fallimento per quello che sono con un atteggiamento di calma interiore.
Nei percorsi di introduzione alla consapevolezza, che svolgo con manager posso verificare l’efficacia delle tecniche che ho
descritto, ci sono però dei prerequisiti. Il primo è l’assunzione di responsabilità da parte di chi decide di iniziare a lavorare
su se stesso svolgendo l’allenamento alla consapevolezza con regolarità ed impegno, il secondo è quello di aver chiaro
l’obiettivo. La resilienza è la capacità di superare gli ostacoli che si incontrano sul cammino ma prima si deve aver chiaro
dove si vuole andare.
[email protected]
22 - La Rivista ottobre 2016
Donne in carriera:
Carla Ferroni
di Ingeborg Wedel
Oggi vi voglio presentare la stilista Carla
Ferroni che a Rio Saliceto in provincia di
Reggio Emilia, crea per la donna da oltre
30 anni una moda comoda, con dei dettagli sfiziosi, eleganti, sportivi, alla portata di tutti. La “Carla Ferroni” - azienda
familiare che ha come diretti collaboratori il marito, i figli di Carla ed il cognato - può contare su 35 dipendenti
e oltre 200 nell’indotto e, nonostante
I’attuale crisi, lavora a pieno ritmo.
Oltre a creare e curare la nascita di ogni capo delle
sue collezioni, Carla li presenta personalmente alla
sua vasta clientela, sia in Italia che all’estero. Ho
dovuto attendere a lungo questo incontro e – finalmente - tra un viaggio e l’altro Carla ci siamo
incontrate.
“Sono nata a Guastalla, in provincia di Reggio Emilia, a metà degli anni Cinquanta. Mi sono diplomata
in ragioneria, dopo di che mi sono sposata e ho avuto due figli.
L’inizio della mia carriera coincide con il mio matrimonio. Infatti, all’epoca mio marito, insieme ai genitori aveva una piccola azienda di abbigliamento
donna. Mi sono avvicinata così, per caso e per amore, a quella che sarebbe poi diventata l’attività della
mia vita e una grande passione.
Allora si faceva quasi tutto a mano, non c’erano
tecnologie per il disegno e lo sviluppo dei modelli,
il lavoro era soprattutto artigianale. Per affinare la
tecnica mi sono iscritta a un corso di modellista,
dove ho scoperto i trucchi del mestiere. Di quel
periodo ricordo in particolare i consigli e gli insegnamenti di una signora, esperta di maglieria. Da
lei ho imparato come si possono trovare soluzioni
creative, sempre nuove”.
Dopo essersi presentata, così Carla ha risposto alle
nostre consuete domande.
Quanto tempo le è servito per sentirsi
apprezzata come manager?
Un po’ alla volta ho costruito la mia professionalità, non senza difficoltà, ma sempre con grande
ottimismo e la certezza che lavorando seriamente,
impegnandosi a fondo, si riesce a far apprezzare le
proprie qualità.
Quando il cuore incontra la
ragione (e non soccombe)
Quali difficoltà ha incontrato?
Ogni giorno devo confrontarmi con i problemi contingenti, le esigenze di un mercato sempre in evoluzione, complesso e mutevole. Io tendo ad affrontarlo in modo estroso, lavorando sulle idee e cercando
soluzioni creative, ma talvolta mi scontro con la
parte “commerciale” e più pragmatica dell’azienda, rappresentata dagli uomini della mia famiglia:
marito, figli e cognato. Cuore e ragione rischiano
di contrapporsi, ma ho imparato a difendere le mie
istanze, accogliendo le richieste del marketing, in
un’alternanza dialettica fra i bisogni dello stile e
quello dei “numeri”.
Ha avvertito diffidenza nei suoi
confronti?
In generale lavoro in un ambiente sereno, in cui non
riscontro diffidenza. Fortunatamente mi sembra di
essere percepita come un’amica più che un “capo”
e diverse persone si rivolgono a me per chiedere
consigli di lavoro o anche personali. Mi fa piacere!
Immagino dipenda dal fatto che sono una persona semplice, istintiva, che non si pone mai su un
piedistallo.
Quali sono gli ostacoli che ha dovuto
affrontare?
Il fatto poi di essere ai vertici di un’azienda, di dover
proporre continuamente idee nuove, di essere un
“sensore” di quello che avverrà, almeno in termini
di stile, qualche ostacolo lo crea, anche perché far
accettare le proprie idee in un mondo tuttora un
po’ maschilista, dominato dalle necessità marketing, non è semplice. Inoltre, nella mia posizione,
bisogna imparare una regola fondamentale: mantenere il controllo, sempre. Anche quando si avrebbe voglia di sfogarsi e lasciarsi andare dicendo: “
Te l’avevo detto!” devono prevalere gentilezza e
infinita pazienza.
Il suo ruolo le riserva dei vantaggi?
Il rovescio della medaglia, positivo, è che con questo lavoro si incontrano tante persone, si hanno
molti stimoli e il continuo confronto con gli altri,
aiuta a migliorare.
L’importante è mantenere la lucidità, non sentirsi
mai “arrivati” o addirittura un passo avanti agli al-
tri. Bisogna saper ascoltare tutti, indistintamente,
prendendo sempre il meglio da ciascuno.
L’intuito è una qualità soprattutto
femminile?
In generale, devo ammetterlo, tendo a fidarmi soprattutto delle intuizioni femminili che si rivelano
più sottili di quelle maschili. È naturale, sono di
parte, ma è indubbio che la donna sia più sensibile,
delicata, precisa e perché no? Anche più responsabile direi!
Quanto conta per la donna in carriera
l’arte della seduzione? Anche allo stato
inconscio
La femminilità per me non è sinonimo di seduzione. Non ho mai dato troppa importanza a questo
aspetto: le persone che mi circondano apprezzano
soprattutto il mio buon umore, l’allegria e il mio
lato sempre positivo, anche nei momenti più bui.
Qual è la soddisfazione maggiore della
donna manager?
Mi considero una persona soddisfatta, grazie alla
mia famiglia e ai risultati raggiunti tutti insieme
nell’azienda.
Che atteggiamento assume verso le
dipendenti femminili?
Ho un ottimo rapporto; non mancano le discussioni, ma è tutto nella norma. Mi piace lavorare in un
ambiente tranquillo e considerare le mie collaboratrici più come amiche che colleghe. È anche grazie
a questo “segreto” che si raggiungono gli obiettivi
desiderati.
A che cosa ha docuto rinunciare per
affermarsi professionalmente?
Il lavoro è tutta la mia vita e le rinunce per avere
buoni risultati sono tante: alla famiglia si sottrae
tempo prezioso così come alla vita personale. Nessuno spazio agli hobbies, viaggi tanti sì, ma sempre
di lavoro.
In compenso avendo coinvolto i miei figli nell’azienda di famiglia, riusciamo a passare più tempo
insieme, facendo coincidere impegno e affetti. Anche per questo mi considero una donna fortunata!
ottobre 2016 La Rivista - 23
Burocratiche
di Manuela Cipollone
Le novità in Gazzetta Ufficiale
Tecnologia al servizio del cittadino e consumo consapevole di beni e risorse. Con la
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale sono entrate in vigore la legge sul processo amministrativo telematico e quella “antisprechi”.
Il processo amministrativo telematico - PAT – prenderà il via a gennaio 2017: da allora in poi tutti gli atti
dovranno essere sottoscritti in forma digitale e seguire un iter che, nelle intenzioni del Legislatore, dovrebbe
essere più rapido, sicuro ed efficiente.
Niente più carta
Ciò vorrà dire niente più carta, nella maggior parte dei rapporti tra avvocature e uffici giudiziari, anche per i
primi tre mesi, dunque fino al 31 marzo, resteranno ancora valide le vecchie regole.
Gli strumenti del nuovo PAT sono il Sistema Informativo della Giustizia Amministrativa (Siga) che conterrà
tutti i documenti – sia dei magistrati che degli avvocati – digitalizzati e crittografati, per motivi di sicurezza.
Ogni documento dovrà essere sottoscritto con firma digitale: ogni legale potrà visionarli attraverso il “Portale
dell’Avvocato”.
L’invio di ogni documento sarà per posta certificata (Pec).
Riduzione degli sprechi
Dal risparmio di tempo a quello di beni e cibi. In vigore da settembre la cosiddetta legge antispreco - Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà
sociale e per la limitazione degli sprechi – nasce con l’obiettivo di ridurre gli sprechi nelle fasi di produzione,
trasformazione, distribuzione e somministrazione di diversi prodotti.
Da un lato, la legge vuole favorire il recupero e la donazione sia delle eccedenze alimentari che dei farmaci a
fini di solidarietà sociale, dall’altro vuole contribuire alla limitazione degli impatti negativi sull’ambiente e sulle
risorse naturali mediante azioni volte a ridurre la produzione di rifiuti e a promuovere il riuso e il riciclo al fine
di estendere il ciclo di vita dei prodotti. Infine, con la legge il Governo vuole contribuire ad attività di ricerca,
informazione e sensibilizzazione dei consumatori, soprattutto i più giovani.
Gli operatori del settore alimentare potranno cedere le eccedenze alimentari prima di tutto agli indigenti e poi
a quelli che la legge chiama “soggetti donatari”.
L’articolo 3 stabilisce anche che “le eccedenze alimentari, nel rispetto dei requisiti di igiene e sicurezza e della
data di scadenza, possono essere ulteriormente trasformate in prodotti destinati in via prioritaria all’alimentazione umana o al sostegno vitale di animali”.
Altri sei articoli stabiliscono come donare le eccedenze farmaceutiche, ma anche articoli e accessori di abbigliamento.
In Gazzetta anche una nota con cui la Farnesina comunica di aver depositato al Ministero degli affari esteri
cinese lo strumento di ratifica dell’Accordo istitutivo della Banca asiatica per gli investimenti in infrastrutture.
Come previsto dall’articolo 58 dell’accordo, siglato a Pechino nel giugno 2015, l’Italia è diventata membro della
Banca il 13 luglio 2016.
White list: un elenco in costante aggiornamento
Ha già trovato spazio sulla Rivista il decreto del Ministero dell’economia e delle Finanze sulla cosiddetta white
list con cui si aggiorna l’elenco dei paesi – stabilito con un decreto ministeriale del 1996 – con cui l’Italia può
24 - La Rivista ottobre 2016
attuare lo scambio di informazioni. 123 gli stati e territori presenti nel nuovo elenco – dall’Albania allo Zambia
- che ora include anche la Svizzera.
Un elenco che comunque può essere aggiornato qualora – come recita il nuovo articolo 1bis introdotto dal decreto – possono esserne eliminati “gli Stati ed i territori con i quali, in ragione di reiterate violazioni dell’obbligo
di cooperazione amministrativa tra Autorità competenti, non risulti assicurata nella prassi operativa l’adeguatezza dello scambio di informazioni, ai sensi di uno strumento giuridico bilaterale o multilaterale in vigore con
la Repubblica italiana”.
Testo unico (Tu) sulle società partecipate
In vigore anche il testo unico (Tu) sulle società partecipate che si applica alle società di capitali: il Tu riduce le
società e individua i criteri qualitativi e quantitativi attraverso i quali razionalizzare a regime la platea delle
partecipate.
Non sono consentite le società prive di dipendenti o quelle che hanno un numero di dipendenti inferiore a
quello degli amministratori, quelle che nella media dell’ultimo triennio hanno registrato un fatturato sotto il
milione di euro, quelle inattive che non hanno emesso fatture nell’ultimo anno, quelle che svolgono all’interno
dello stesso comune o area vasta doppioni di attività, quelle che negli ultimi cinque anni hanno fatto registrare quattro esercizi in perdita e quelle che svolgono attività non strettamente necessarie ai bisogni della
collettività.
Saranno consentite solo le partecipate pubbliche che svolgono le attività elencate nel testo unico: servizi
pubblici, opere pubbliche sulla base di un accordo di programma, servizi pubblici o opere pubbliche in partenariato pubblico/privato, servizi strumentali, servizi di committenza, valorizzazione del patrimonio immobiliare
dell’amministrazione. In caso di crisi aziendali si applicano regole privatistiche mentre gli amministratori risponderanno al giudice civile e alla Corte dei conti per danno erariale.
Centri o strutture governative di prima
accoglienza
Di tutt’altro tenore il decreto con cui il Ministero dell’Interno individua i requisiti strutturali e i servizi dei centri
o strutture governative di prima accoglienza per minori stranieri non accompagnati.
Il provvedimento – siglato dal Viminale, d’intesa con il Ministero dell’Economia - individua i
requisiti dei centri (articolo 3), che devono “assicurare la permanenza continuativa del minore
straniero non accompagnato nell’arco delle 24 ore, per un periodo non superiore a sessanta giorni”, e garantire “l’ospitalità di 50 minori in almeno due sedi alla stessa destinate in via esclusiva”,
tenuto conto che “ciascuna sede può accogliere fino ad un massimo di 30 minori”.
Disciplinati anche i servizi che le strutture devono erogare ai giovani ospiti (articolo 4): da quelli
relativi alla gestione amministrativa - con la registrazione dell’ingresso e dell’uscita definitiva
dal centro, e dei movimenti giornalieri - a quelli relativi alla persona - come la mensa, i beni per
la cura personale, l’orientamento linguistico e la mediazione culturale, l’informazione giuridico-legale, il supporto alle autorità competenti e all’identificazione e all’affidamento successivo
del minore. Le strutture devono dotarsi, inoltre, di un regolamento.
In questo modo – spiega il Viminale – si dà attuazione alla recente normativa su accoglienza
dei richiedenti protezione internazionale e su riconoscimento e revoca del relativo status
(decreto legislativo 18 agosto 2015, n.142) incentrata, per quanto riguarda l’accoglienza dei
minori non accompagnati, sul “superiore interesse del minore in modo da assicurare condizioni di vita adeguate alla minore età, con riguardo alla protezione, al benessere
ed allo sviluppo anche sociale del minore”.
In fase di prima applicazione (articolo 9), il bando di
gara deve prevedere modalità di attestazione dei requisiti strutturali “tali
da consentire l’adeguamento
delle strutture di accoglienza già autorizzate ai sensi
della normativa nazionale
e regionale in materia di
minori”.
ottobre 2016 La Rivista - 25
Normative
allo specchio
di Carlotta D’Ambrosio
con la collaborazione
di Paola Fuso
Il part-time agevolato
in vista della pensione e la staffetta
generazionale
Tra i tanti tentativi di riforma del mercato del lavoro italiano, appare particolarmente interessante l’idea di un contratto stipulato tra il datore di lavoro e il lavoratore per l’accompagnamento alla pensione di vecchiaia, con riduzione della prestazione
lavorativa, dei dipendenti in possesso di specifici requisiti. Il punto di partenza è l’esistenza di un contratto a tempo pieno ed
indeterminato e la trasformazione in part-time deve essere richiesta dal lavoratore ed accettata dal datore. Soggetti interessati
sono i dipendenti del settore privato e degli enti pubblici economici, compresi gli studi professionali, ma soprattutto si deve
trattare di lavoratori a meno di 3 anni dalla pensione di vecchiaia (che si ritireranno nel 2018) con almeno 20 anni di contributi.
Dal punto di vista giuridico ci riferiamo al Decreto Interministeriale del 13 aprile 2016 con cui è stata data attuazione a quanto
previsto nell’art. 1, comma 284, della legge n. 208/2015. Dal punto di vista sociale quello a cui si assiste è il tentativo di legittimare la c.d. “staffetta generazionale” ed agevolare una uscita graduale dal mondo del lavoro dei dipendenti più anziani così
da poter contare su un ulteriore strumento di contrasto della disoccupazione giovanile.
Come osservato dal Ministero del Lavoro, all’incremento dell’aspettativa di vita corrisponde un allungamento dell’età lavorativa ed una progressiva posticipazione dell’età pensionabile. La ratio della disciplina, pertanto, è quella di introdurre nell’Ordinamento Italiano un meccanismo (sperimentale) di uscita graduale dall’attività lavorativa per i lavoratori prossimi alla pensione.
In pratica, accertato il possesso dei requisiti, i lavoratori potranno accordarsi con il datore di lavoro per trasformare il rapporto
di lavoro da full-time a part-time, con riduzione dell’orario di lavoro in misura non inferiore al 40% e non superiore al 60%.
La fruizione di questo peculiare part-time è incentivata dalla previsione di un duplice beneficio in favore del lavoratore che
percepirà mensilmente, oltre alla retribuzione di regola spettante per il tempo parziale lavorato, un ulteriore elemento retributivo (non imponibile a fini fiscali né previdenziali ed assistenziali ex art. 2, comma 4, Decreto 7 aprile 2016) determinato sulla
base della contribuzione previdenziale ai fini pensionistici a carico del datore di lavoro calcolata sulla quota di retribuzione
non più erogata per effetto della riduzione di orario La seconda incentivazione economica consiste nel riconoscimento di una
retribuzione mensile pari a circa i due terzi di quella del precedente rapporto full-time, ma superiore a quella di un equivalente
part-time non agevolato. Tutto ciò senza che il futuro trattamento pensionistico subisca alcuna decurtazione. Per il lavoratore,
il part-time agevolato è conveniente, tranne forse per i lavoratori con basso salario, con esigenze personali o familiari che non
consentano di rinunciare alla maggiore retribuzione di un rapporto a tempo pieno.
Dal punto di vista datoriale, pur ammettendo che in termini di costi contributivi il ricorso all’istituto in esame è neutro, la
riduzione dell’orario di lavoro tra il 40% ed il 60% potrebbe richiedere che in quella quota oraria sia qualcun altro a svolgere
la prestazione lavorativa. Ed è in questo gap che si annidano le speranze del Legislatore: il “vuoto” dovrebbe indurre le aziende
ad assumere nuovo personale, in particolare giovani disoccupati. Tuttavia le aspettative non si sono declinate in legge: non
esiste nessun automatismo tra concessione del part-time assunzione di un giovane. Il rischio è che il mantenimento a lavoro
del dipendente anziano in part-time e del giovane neo-assunto sia complessivamente più costoso, e ciò senza contare che il
datore di lavoro potrebbe ritenere più conveniente ridistribuire la quota oraria liberatasi tra la forza lavoro già disponibile, o
non effettuare alcuna assunzione o redistribuzione. Al più, il ricorso all’istituto in esame può fornire l’occasione per consentire
un ricambio generazionale graduale in azienda, procedendo all’inserimento di forza lavoro anagraficamente giovane senza
dover attendere il pensionamento dei lavoratori anziani.
In conclusione, si può affermare che la misura del part-time agevolato per gli ultrasessantenni presenta potenzialmente
le caratteristiche per favorire l’uscita graduale dall’attività lavorativa, sebbene il voluto carattere sperimentale sembra aver
pregiudicato eccessivamente l’istituto. Inoltre, la procedura per l’ammissione al beneficio, per la sua complessità e per talune
lacune procedurali, rischia di ostacolare ulteriormente il ricorso all’istituto in esame. L’obiettivo di favorire il ricambio generazionale in azienda, non trova alcun incentivo diretto nella misura in esame e neppure un efficace sostegno nel dato normativo,
mancando qualunque automatismo tra la trasformazione del rapporto in part-time e l’eventuale assunzione di un giovane
lavoratore, o una normativa che determini la costituzione di un binomio lavoratore anziano/lavoratore giovane, come ad
esempio nel Contratto di generazione francese.
In definitiva, considerando anche che l’agevolazione interessa esclusivamente coloro che potranno conseguire la pensione di
vecchiaia entro la precisa data del 31 dicembre 2018, si ha l’impressione che il part-time agevolato per gli ultrasessantenni si
configuri quale “misura-ponte” nell’attesa di un prossimo intervento legislativo, da tempo auspicato.
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26 - La Rivista ottobre 2016
Angolo
Fiscale
di Tiziana Marenco
Lo scambio internazionale
spontaneo di informazioni ed in particolare di rulings
(seconda parte)
La regolamentazione non prevede peraltro lo scambio di copie di documenti fisici dei rulings, bensi
solo la trasmissione del contenuto standardizzato secondo i moduli proposti dall’OCSE nel quadro
del rapporto OCSE/G20 Base Erosion and Profit Shifting, Action 5: Countering Harmful Tax Practices More Effectively, Taking into Account Transparency and Substance.
Il catalogo delle informazioni previste per lo scambio comprende in particolare:
• data del ruling;
• identificazione e numero del contribuente e nome del gruppo;
• periodi fiscali;
• breve riassunto del ruling;
• sede della capogruppe e della partecipata (madre);
• informazioni relative a eventuali stabili permanenti e società vicine con le quali sono state compiute transazioni che
ricadono nel campo di applicazione dei rulings;
• per i rulings riguardanti le conduit companies anche il nome della controlling person.
Di fatto tuttavia, una volta che l’autorità straniera riceverà l’informazione che le autorità svizzere hanno concesso un ruling ad
un contribuente la cui capogruppo o partecipata ha sede nel loro stato, l’autorità straniera avrà la possibilità di richiedere la
copia del documento originale e per le autorità svizzere non esisterà motivo alcuno per rifiutare la trasmissione.
Riguardo alle tempistiche, oltre alla data dell’entrata in vigore della normativa svizzera (1° gennaio 2017) e a quella dell’inizio
dello scambio effettivo di informazioni (anno civile 2018), ci annoteremo anche i parametri intertemporali seguenti:
• Rulings conclusi/concessi prima del 1° gennaio 2010 non rientrano nello scopo di applicazione della nuova normativa e
non faranno oggetto di scambio;
• Rulings conclusi dopo questa data, se ancora in vigore al 1° gennaio 2018, saranno invece trasmessi.
Per i paesi che daranno il via allo scambio già nel 2017 (Early Adopters) al momento la Svizzera è uno “Stato non partecipante”, e tale resterà sino al 1° gennaio 2017. Attualmente gli atti ufficiali dei paesi Early Adopters, facendo riferimento alle
loro normative che entreranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2017, non sembrano quindi prevedere una trasmissione di
informazioni in favore della Svizzera. Dubitiamo fortemente che gli Early Adopters siano disposti a trasmettere alla Svizzera
alcunché prima del 1° gennaio 2018: Già dal profilo amministrativo il procedimento dovrebbe verosimilmente comprendere la
constatazione dell’attuazione della normativa in Svizzera (1° gennaio 2017), il conseguente allargamento della lista degli stati
partecipanti, la trasmissione ufficiale del riconoscimento agli stati partecipanti, l’implementazione a livello locale (anche in
termini di sistema informatico). Ora di là gli slot di dati raccolti nel 2017 saranno già stati preparati per la trasmissione e non
comprenderanno “posta” per la Svizzera.
Di interesse almeno teorico sono i rimedi giuridici contro la trasmissione di dati, quindi soprattutto nei casi in cui l’AFC ha notificato la trasmissione prima di effettuarla. Come per tutti gli atti di trasmissione di dati all’estero nell’ambito dell’assistenza
internazionale, il diretto interessato ha la possibilità di opporsi alla decisione finale dell’AFC con un ricorso prima al Tribunale Amministrativo Federale entro 30 giorni dalla decisione dell’AFC e poi, se del caso, al Tribunale Federale entro 10 giorni dalla notifica
della sentenza del Tribunale Amministrativo Federale se si è in presenza di un caso di importanza fondamentale o particolarmente
importante. La legge prevede quindi che l’AFC prima della trasmissione informi il diretto interessato delle sue intenzioni e del
contenuto della trasmissione. Anche nel contesto dell’informazione spontanea vale tuttavia la regola che l’AFC può rinunciare ad
informare preventivamente il contribuente qualora l’informazione possa mettere in pericolo lo scopo della trasmissione.
Nel quadro dello scambio spontaneo di rulings si ritiene che una contestazione possa essere giustificata soprattutto nel caso di
segreti d’affari e know how. Per questi rulings sarà tuttavia ben più saggio effettuare da parte del contribuente una revisione
prima del 1° gennaio 2017 eliminando tutte le informazioni confidenziali, senza più interferire in seguito nel procedimento di
trasmissione. Così facendo non si intralcerà il procedimento di scambio di informazioni a scapito dell’immagine della Svizzera
e non si sarà costretti a trasmettere dati parzialmente anneriti a scapito, questa volta, della propria immagine. (fine)
[email protected]
ottobre 2016 La Rivista - 27
Airberlin e Alitalia:
ottimi collegamenti in coincidenza
tra Svizzera e Italia
Airberlin è la seconda compagnia aerea in Svizzera, Germania e Austria, mentre Alitalia è la principale compagnia italiana. La cooperazione tra le due compagnie, Etihad
Airways Partners, comprende oltre 1400 voli settimanali, nonché 95 rotte comuni
operate in codeshare, tra cui 57 tratte non-stop e 776 collegamenti settimanali tra
Svizzera, Germania, Austria e Italia.
I team airberlin ed Alitalia hanno lavorato fianco a fianco per migliorare l’offerta dei voli in
coincidenza e la rete di collegamenti in generale, con l’obiettivo di offrire sul principale mercato di trasporto aereo d’Europa,
a chi viaggia per lavoro o ai vacanzieri,
una più ampia scelta e maggiore comfort
di viaggio. Saranno soprattutto le piccole e
medie aziende delle aree di destinazione a beneficiare del potenziamento dei servizi, che prevede in particolare l’integrazione ottimale con
il traffico commerciale regionale e nazionale.
Grazie all’accordo commerciale tra le due
compagnie, sui voli in codeshare i frequent
flyer potranno usufruire del programma dedicato di ambedue le compagnie, accumulando
e spendendo miglia topbonus e/o Millemiglia.
Per i collegamenti in coincidenza operati da
airberlin e Alitalia in codeshare sarà disponibile
anche il programma business points di airberlin, utilizzato da molte piccole e medie aziende
della Svizzera.
La parola a Lucas Ochsner, Amministratore delegato airberlin in Svizzera: “Grazie alla cooperazione con Alitalia abbiamo spianato la strada
per una maggiore competizione sul mercato
europeo del trasporto, fatto che va a beneficio
dei passeggeri e costituisce un passo avanti
importante per la nostra crescita in Svizzera.”
Cramer Ball, Chief Executive Officer Alitalia,
dichiara: “Con l’intensificarsi della cooperazione siamo ora in grado di offrire ai nostri
clienti tariffe più competitive, una più ampia scelta di voli e orari migliori, fatto che
gioverà senz’altro alla libera concorrenza
oltre che ad incrementare le opzioni di viaggio per i passeggeri. L’Italia, la Svizzera, la
Germania e l’Austria, legate da strette relazioni
commerciali, saranno d’ora in poi ancora più vicine”.
28 - La Rivista ottobre 2016
Il nuovo orario invernale airberlin prevede fino a tre voli a
settimana da Zurigo per Brindisi e Catania.
In codeshare con Alitalia sono disponibili inoltre collegamenti
da Zurigo via Roma per Ancona, Brindisi, Cagliari, Catania,
Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Pescara, Reggio Calabria
e Venezia. In più da Zurigo, con un breve scalo a Roma, si
potranno raggiungere con voli Alitalia anche Buenos Aires,
Pechino, Rio de Janeiro, Santiago del Cile, San Paolo del Brasile, Seoul e Tokio; un’offerta, questa, particolarmente significativa per il settore Corporate Travel in Svizzera.
Da ottobre 2016 airberlin introduce la Business Class anche
per i voli su tratte a corto e medio raggio. Fino al 31 dicembre di quest’anno, i partecipanti al programma frequent
flyer topbonus airberlin per ciascun volo su tratta a corto
o medio raggio effettuato in Business Class otterranno in
via promozionale l’accredito del 300 percento delle miglia
di distanza.
Negli ultimi mesi Alitalia ha modernizzato le cabine dell’intera flotta e inaugurato a Roma Fiumicino e a Milano Malpensa le nuove lounge Casa Alitalia, che ora attendono gli
ospiti di tutto il mondo con un design tipicamente italiano,
elegante e al contempo accogliente, al quale possono accedere anche i passeggeri airberlin in possesso dello status
frequent flyer corrispondente.
Angolo legale
Svizzera
di Massimo Calderan
Parità salariale
La Costituzione federale e la Legge federale sulla parità dei sessi sanciscono il principio della parità salariale,
secondo il quale un lavoro dello stesso valore deve essere retribuito con un salario uguale per entrambi i sessi.
Ciononostante, le differenze retributive rimangono notevoli: in Svizzera, le donne guadagnano mediamente
CHF 1’658.00 al mese in meno rispetto agli uomini, che corrisponde a una differenza del 20 %. Secondo le
statistiche delle autorità federali, il 59 % di questa differenza è dovuto a fattori oggettivi, mentre il 41 %
è imputabile a comportamenti discriminatori dei datori di lavoro. Sempre secondo le statistiche federali, le
donne in posizioni manageriali guadagnano addirittura il 30 % in meno dei loro colleghi uomini.
Si noti come il mondo del lavoro sia tuttora caratterizzato da professioni tipicamente maschili e professioni tipicamente femminili. Secondo le statistiche, di regola il livello retributivo in quelle maschili è nettamente superiore
a quello in quelle femminili. Uno dei motivi è la diversa valutazione che si dà al lavoro e le prestazioni considerate
come tipicamente femminili. Comunque sia, è considerata discriminazione salariale ai sensi della Legge federale
sulla parità dei sessi la retribuzione diversa, da parte della stessa azienda, del lavoro uguale o di uguale valore di
donne e uomini con le stesse qualifiche ed esperienze lavorative.
Su iniziativa delle autorità federali, il 06.09.2016 la Confederazione, 10 dei 26 Cantoni (tra cui Basilea Città, Berna,
Ginevra, Grigioni, Ticino, Vaud e Zurigo) e 15 comuni (tra cui Berna, Ginevra, Lausanne, Lugano e Zurigo) hanno
firmato la “Carta per la parità salariale nel settore pubblico”. Altre autorità potranno firmare la Carta in qualsiasi
momento. Gli enti pubblici firmatari sottolineano la volontà di attuare la parità salariale sia al loro interno sia
nelle imprese con le quali lavorano o alle quali danno sussidi. La Carta non è tuttavia giuridicamente vincolante.
Firmando la Carta, le autorità firmatarie si impegnano a: (1) sensibilizzare alla Legge federale sulla parità dei sessi
chi al loro interno si occupa di risorse umano e quindi del reclutamento e della formazione del personale e partecipa a fissare gli stipendi; (2) procedere a una verifica regolare della parità salariale per mezzo di uno standard
riconosciuto; (3) incoraggiare gli enti parastatali a effettuare verifiche regolari della parità salariale per mezzo
di uno standard riconosciuto; (4) far rispettare alle aziende private che partecipano ad appalti pubblici e/o alle
quali vengono erogati dei sussidi, la parità salariale introducendo dei meccanismi di controllo; (5) informare sui
risultati concreti di questo impegno, segnatamente partecipando al monitoraggio effettuato dall’Ufficio federale
per l’uguaglianza fra donna e uomo (UFU).
Per agevolare i firmatari nella concretizzazione del loro impegno, l’UFU offre sul sito www.parita-svizzera.ch uno
spazio dedicato alla Carta con informazioni, strumenti di analisi, video tutoriali, helpline ecc.
In questo contesto, va ricordata la certificazione “equal-salary”, rilasciata alle aziende che rispettano il principio
della parità salariale fra donna e uomo. Possono richiedere tale certificazione le imprese pubbliche e private con
almeno 50 dipendenti (di cui almeno 10 donne). La procedura di certificazione prevede un’analisi statistica dei dati
salariali e un audit aziendale condotto dalla Société Générale de Surveillance SA (SGS), che verte sugli impegni assunti dall’azienda e sui processi di risorse umane, nonché un sondaggio condotto tra i dipendenti. La certificazione
è rilasciata in collaborazione con l’Observatoire universitaire de l’emploi (OUE) dell’Università di Ginevra. Fino a
novembre 2015 sono state portate a termine 30 procedure, di cui 16 sono andate a buon fine, con il rilascio del
certificato “equal-salary” all’impresa od organizzazione.
Nell’ambito di “equal-salary”, l’UFU elargisce aiuti finanziari a organizzazioni senza scopo di lucro che desiderano
promuovere l’uguaglianza nella vita professionale, aiuti finanziari e sostegno con informazioni per progetti interni
alle aziende atti a promuovere le pari opportunità in seno all’azienda o all’ufficio della pubblica amministrazione
e, fino al 31.12.2018, aiuti finanziari per consultori che si impegnano a promuovere l’uguaglianza dei sessi nel
mondo del lavoro.
[email protected]
ottobre 2016 La Rivista - 29
Convenzioni
Internazionali
di Paolo Comuzzi
Aspetti tecnici dei
ruling fiscali
In questo momento sui giornali (nello specifico mi riferisco a quelli economici italiani1) molti titoli sono dedicati
al fatto che le multinazionali non pagano (rectius non pagherebbero) le tasse (o meglio le imposte sul reddito)
nella giusta misura in genere e nel luogo giusto. Abbiamo visto titoli a nove colonne che indicavano richieste di
imposte per somme che valgono una manovra (e forse anche più di una) ed il tema, lasciando da parte considerazioni di carattere politico che non rilevano in questa sede, merita qualche commento di carattere tecnico per
meglio definire i contorni di questa problematica che appare oscura alla maggioranza delle persone, persone che
restano invece colpite dal fatto che in qualche paese una società ha potuto ottenere dei ruling molto favorevoli
e quindi ha potuto avere dei notevoli risparmi nel pagamento delle imposte sui redditi. In questo contributo vogliamo dare qualche considerazione in merito a queste tematiche, il tutto con riferimenti di carattere puramente
tecnico (quindi fattuale) e di conseguenza non contestabile.
Gli
aspetti tecnici
Si deve premettere che una società multinazionale è una società fortemente integrata e che opera in ordinamenti giuridici tra loro
diversi e quindi dotati di regole fiscali anche molto diverse (in molti casi anche opposte come avviene quando una certa erogazione
è considerata debito dal ricevente e come patrimonio netto dal soggetto erogante2 che quindi si vede imputare un dividendo e non
un interesse attivo).
Questo avviene anche in Europa in quanto l’avvicinamento delle legislazioni tributarie tra i diversi paesi è un fatto molto complesso
ed anche lontano e se è vero che notevoli passi in avanti sono stati compiuti con riferimento alla imposta IVA possiamo dire che
per il mondo delle imposte dirette vi sono ancora delle notevoli discrepanze con le conseguenze che andremo a vedere nel seguito.
Un primo tema che appare di interesse è quella della società multinazionale che decida di entrare in Europa per comprare altre
società dalle quali ricevere dividendi (meri dividendi).
Ebbene entrare in Europa da un determinato paese o da un diverso paese può condurre a conseguenze ampiamente diverse e che
hanno anche un impatto sugli investitori della società (che magari sono tanti piccoli risparmiatori come avviene nella grandi società
con titoli quotati).
Limitiamoci ad un semplice esempio teorico ovvero a dire che la multinazionale residente negli Stati Uniti o in Asia o Africa decide di
entrare in Europa passando dall’Italia o dallo Stato europeo Z con una società Holding che percepisce dividendi da altre società europee.
Se passa dall’Italia (ovvero la Holding che detiene tutti è residente fiscale in Italia) questi dividendi sono tassati nella misura del 5%
di quanto viene percepito (tassazione per cassa) ed al momento della erogazione del dividendo alla controllante (abbiamo detto
residente fiscale in USAo Asia o Africa) la società italiana applica anche una ritenuta alla fonte (in sostanza riduce l’erogato al socio)
e versa questa somma come imposta al fisco italiano che la trattiene.
Se invece questa multinazionale passa dallo Stato europeo Z magari la ritenuta alla fonte non viene operata (e magari questo avviene per legge interna) e quindi la riduzione della cassa che viene portata nel paese in cui risiede la capogruppo ultima è di molto
inferiore e quindi abbiamo una posizione migliore in termini finanziari.
In sostanza la tassazione del percettore del dividendo (la società US o Asiatica o Africana) influisce sul luogo (lo Stato) che a questa
conviene usare per entrare in Europa (passo da Italia o dallo Stato europeo Z e nel caso di specie la dura legge della cassa direbbe
che si passa dallo Stato europeo Z).
Questo vuol dire che di fronte ad una Europa che si presenta come un mercato unico manca (oggi manca) una uniformità nei vantaggi / svantaggi di usare una determinata porta di ingresso, porta che invece dovrebbe (come avviene per lo sdoganamento delle
merci con riferimento ai dazi) essere neutrale ovvero si dovrebbe arrivare a dire per legge che la scelta della porta dovrebbe essere
influenzata da elementi che non sono connessi al tributo ed alle somme che debbono pagarsi.
Superati i dividendi un secondo tema che appare di interesse è quello degli interessi (ovvero del collocamento in un determinato
paese della società finanziaria del gruppo).
E’ del tutto evidente che se un paese è disposto a consentire una tassazione favorevole del provento finanziario (e negli altri paesi
non si subiscono penalizzazioni per la deduzione del costo) la società multinazionale verrà a collocare in quel paese la finanziaria
del gruppo e da questo paese procederà a svolgere la funzione finanziaria (in sostanza allocherà in questo paese la sua funzione
di gestione della finanza)3.
30 - La Rivista ottobre 2016
Tutto questo perché un simile accordo, unitamente magari all’assenza di una ritenuta alla fonte sul provento erogato al socio estero,
consente di trattenere più cassa e quindi di avere una posizione di vantaggio finanziario che deriva da una posizione di vantaggio
fiscale4 che viene garantita da questo accordo che stabilisce delle regole di favore per questo contribuente.
Lo stesso ragionamento, terzo tema, può farsi per le royalties che possono essere concentrate in una società residente fiscale in
un paese disposto ad accordi interessanti con la conseguenza che la funzione di gestione dei beni immateriali viene allocata in
questo paese.
Andando oltre i punti specifici diciamo che se poi a questo vantaggio (ovvero non perdo cassa quando il reddito passa dal paese A
al paese B in Europa) si aggiunge anche qualche vantaggio ulteriore che potrebbe essere: 1) il paese B mi chiede una imposta sul
reddito bassa ed anche preconcordata; 2) il paese B non mi tassa quando erogo redditi alla capogruppo (nessuna ritenuta alla fonte)
e, infine last but not least, il paese di residenza delle capogruppo non mi tassa fino al momento del rimpatrio effettivo delle somme5.
In questa situazione diciamo che ho ottenuto tutto quello che volevo avere e che consiste in: a) un bilancio consolidato molto ricco
e b) in una cassa che possiamo dire pingue.
Di
cosa si ragiona
Possiamo avere multinazionali comunitarie o extracomunitarie e per le prime abbiamo, di buona sostanza, una riduzione delle
imposte globali con lo sfruttamento di qualche strumento ibrido e la collocazione in qualche paese di entità di carattere finanziario (e quindi per questi paesi abbiamo il vantaggio di poter avere società con personale qualificato, alti salari, istruzione, poche
problematiche sociali e niente inquinamento [almeno quello atmosferico]), per le seconde abbiamo considerazioni simili con la
aggravante che nel complesso i soldi potrebbero anche uscire dall’Europa (cosa che non dovrebbe avvenire nel primo caso6) senza
che su questa ricchezza sia stata applicata alcuna forma di tassazione (questo in generale di solito una tassazione esiste ma in
forma molto ridotta).
Un esempio ci aiuta a chiarire questo aspetto: si pensi alla multinazionale extracee (A) che entra in Europa usando lo Stato Z che
non applica alcuna ritenuta alla fonte sul dividendo erogato.
Quindi (A) costituisce in Z la società H, inserisce nella stessa H (residente fiscale in Z) capitale ovvero denaro che H usa per costituire
K che si trova nel paese (M) disposto a concedere un ruling favorevole di tassazione sui proventi che K dovesse percepire. Infine K
(residente in M e con tassazione concordata) presta i soldi a N che è una società residente in un paese P che ammette la deduzione
degli interessi passivi senza troppo considerare.
Tenendo conto di quanto detto si ha che: 1) nello stato P (dove è residente fiscale N) abbiamo un costo con riduzione del profitto
e delle imposte dovute da N; 2) K (residente in M) prende un provento (interessi) ma paga poco in quanto ha il ruling e 3) sempre
K eroga un dividendo a H che non lo tassa (in quanto dividendo) ed infine 4) H eroga il dividendo al socio ultimo senza ritenuta
alla fonte.
In sostanza nello stato P abbiamo il costo (e forse la produzione di beni con una occupazione di un certo tipo, un certo inquinamento ed altre cose da considerare7) mentre in due stati europei abbiamo delle società Holding (o più in generale delle finanziarie) con
un diverso personale ed una attività certamente meno inquinante e complessa in termini di necessità infrastrutturali.
E’ cosa certa che P prova a combattere una battaglia fiscale negando alle Holding intermedie lo status di beneficiario effettivo del
reddito che parte dal suo territorio ma la sua lotta è certamente complessa e non è detto che sia anche vincente (in sostanza P prova
ad intascare la ritenuta alla fonte che potrebbe avere se la società che ha preso i soldi a prestito pagasse direttamente il soggetto
extracee) e se non lo è i soldi escono dall’ Europa verso altri Stati e P prende imposte ridotte.
Da quanto si coglie la Commissione Europea mette sotto assedio gli accordi di ruling che consentono agli Stati “finanziari” di
garantire posizioni di vantaggio a scapito di Stati industriali.
In sostanza, se bene interpreto le notizie di stampa, quando si dice che le transazioni finanziarie possono essere tassate in maniera
diversa (strumenti ibridi) ma una società non può avere il meglio di questa tassazione in modo diverso si intende dare corso ad
una revisione profonda degli accordi che in sostanza hanno consentito al patrimonio di diventare debito e di avere una deduzione
forfettaria.
A questo forse dovrebbe unirsi uno sforzo per raggiungere una visione comune in merito alla nozione di beneficiario effettivo dei
proventi allo scopo di impedire che una porta di ingresso diversa sia produttiva di conseguenza fiscali completamente diverse
alcune favorevoli ed altre di segno del tutto opposto.
Conclusione
Da una parte abbiamo un soggetto che persegue la riduzione dei costi (e le imposte sono un costo) e dall’altra abbiamo Stati che
hanno sempre una necessità maggiore di fondi.
Qui si aggiunge anche il fatto che le porte dell’Unione europea sono 27 e che non tutte sono di uguale misura sicché il soggetto
che bussa per entrare fa una scelta che è dettata da una serie di elementi che includono anche la dinamica di carattere fiscale.
Sarebbe opportuno che i paesi dessero inizio ad una discussione molto approfondita in merito al tema delle diverse porte di ingresso
stabilendo alcune regole comuni per coloro che vengono da fuori e questi allo scopo di eliminare la variabile fiscale dal novero di
elementi che portano ad una scelta piuttosto che ad un’altra.
Se questo avviene forse avremo tutti una maggiore unità dei paesi UE nei confronti dell’esterno e quindi una Europa certamente
più unita.
L’ultimo in ordine di tempo è Italia Oggi del giorno 20 Settembre 2016.
Questi sono gli strumenti ibridi ormai ben poco diffusi ma che oggi tornano sotto la lente di esame per gli anni passati come
indica la Commissione UE.
3
Di questo non possiamo fare una colpa al contribuente.
4
Nessuno si colloca nel paese (A) o (B) in ragione del fatto che ha interesse al vantaggio fiscale in quanto tale. Le imposte sono
sempre un costo e la multinazionale vuole una riduzione dei costi (non direttamente connessi alla generazione di profitto) con
conseguente aumento del profitto globale e quindi conseguente aumento del valore della società. Di conseguenza la scelta di un
paese è fatta per ridurre il costo fiscale allo scopo di aumentare il profitto e di mantenere una migliore posizione di cassa.
5
Fatto questo che non tocca direttamente i paesi in cui il reddito si è prodotto.
6
In sostanza nel primo caso abbiamo uno spostamento di ricchezza all’interno della UE mentre nel secondo abbiamo una uscita di
ricchezza dalla UE e questo grazie ad una costruzione che alcuni Stati accettano in quanto mette qualche cosa nello loro tasche e
sembra dare loro una ricchezza immediata anche se poi nel lungo periodo è certo che perdiamo tutti.
7
Non si vuole dire che questo sia un elemento negativo ma è un elemento certamente diverso rispetto all’avere solo società finanziarie.
1
2
ottobre 2016 La Rivista - 31
L’elefante
Invisibile1
di Vittoria Cesari Lusso
Il silenzio…
L’umanità pare aver voltato le spalle al silenzio. È diventato un elefante invisibile. Eppure la qualità dell’ambiente dove
si vive e lavora dipende anche da tale fondamentale elemento. Nelle città il silenzio è bandito. In strada siamo costantemente immersi in una moltitudine di invadenti ondate sonore: motori assordanti di ogni tipo, clacson, sirene, tram,
martelli pneumatici, ecc… Stridenti vibrazioni che aggrediscono non solo le nostre orecchie, ma anche i nostri nervi. Il
chiasso ci rende più irritabili, più stressati. Pochi umani funzionano come Woody Allen, che dichiara di sentirsi pienamente a sua agio solo se immerso negli amati frastuoni di New York. In casa le cose non vanno meglio: intemperanze
verbali dei grandi, litigi fragorosi dei più piccoli, televisione e radio a tutto volume, aspirapolvere, frullatore, lavatrice,
campanelli e suonerie, ecc.
Per sfuggire ai rumori non basta rifugiarsi in campagna. L’atmosfera bucolica che ha come colonna sonora unicamente
il canto degli uccelli, gli assolo dei galli, lo scrosciare di un ruscello e il suono di antiche campane è un lontano ricordo
infantile che non trova più rispondenza nei campi dei giorni nostri, percorsi da trattori e macchine di ogni sorta, per non
parlare dei tosaerba, dei decespugliatori, dei soffiatori per foglie…
Il valore del silenzio cambia a seconda delle epoche e degli ambienti. Nel bene e nel male. In alcuni ambienti il silenzio
ha perso decisamente valore. A scuola, a partire dagli anni settanta si chiede agli allievi di esprimersi e intervenire piuttosto che tacere. Il discente riservato si becca sulla pagella commenti del tipo ‘Deve partecipare più attivamente’. Nelle
famiglie moderne i pasti sono uno straordinario palcoscenico di esibizioni verbali di tutte le generazioni, malgrado l’evidente difficoltà a usare la bocca al tempo stesso per masticare, bere, respirare e parlare. In alcuni ambienti, le parole si
accavallano disordinatamente e rumorosamente. A volte gioiosamente, altre volte rabbiosamente. Nei contesti snob è sì
proibito urlare, ma è d’obbligo saper fare la conversazione. Non per conoscere meglio gli interlocutori, ma per mostrare
l’abilità nello sciorinare aneddoti e citazioni. I logorroici trovano così la possibilità di sfogarsi. Ma attenzione: negli ultimi
anni stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione dei costumi: sempre più spesso a tavola torna a regnare un silenzio
di tomba. Non si tratta di un ritorno a pratiche monacali, bensì dell’uso dilagante degli aggeggi elettronici di ultima
generazione che inducono i commensali a ignorare i presenti per “comunicare” ininterrottamente con l’esterno virtuale.
Nella vita professionale e sociale, saper prendere la parola in pubblico è diventata una competenza molto valorizzata. Se
taci non esisti. Uno dei business formativi più redditizi è costituito oggigiorno da corsi di aggiornamento che promettono di trasformare i timidi taciturni in emuli dei mattatori della parola come Renzi e Obama.
Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur
muovendosi tra la folla con al
sua imponente mole passava
comunque inosservato. Come
se fosse invisibile…
1
Il silenzio può nuocere gravemente alla salute mentale, oppure al contrario essere una preziosa risorsa. C’è il buon
silenzio e il cattivo silenzio. Quando è cattivo? Quando viene sistematicamente praticato con i propri pargoli. Fin dalla
nascita un bambino ha un bisogno vitale di parole, di vocalizzi e dell’attenzione di papà e mamma. I moderni genitori
tecnologici che portano a spasso i loro figli senza comunicare con loro poiché costantemente al telefono con altri dovrebbero ricordarselo. Durante la crescita, una delle punizioni più crudeli che un padre e una madre possono infliggere
ai figli è un duraturo e freddo silenzio ostile. Musi lunghi e minacce del tipo “non ti parlo più” possono essere accettabili
quando si tratta di diverbi tra ragazzi. Ci si fa il broncio per qualche ora, poi si torna amici come prima. Quando invece
è un adulto che sistematicamente non rivolge più la parola ai propri figli come rappresaglia per qualche marachella, il
silenzio è abuso di potere, sanzione diseducativa e malsana violenza.
Nei rapporti di coppia, uno degli indicatori della buona salute della relazione è la qualità del silenzio. Un silenzio malevolo e astioso è sicuro indizio di relazione ormai putrefatta. Al contrario, quando il legame di coppia è contrassegnato da
amore e rispetto reciproci, la semplice vicinanza e presenza dell’altro viene vissuta come preziosa risorsa senza bisogno
di condirla costantemente con parole e parole.
Il buon silenzio lo incontriamo in molte altre situazioni: quando vogliano esercitare l’arte dell’ascolto; quando di fronte
a una domanda impegnativa è necessario un po’ di tempo per pensare alla risposta; quando siano innervositi o offesi e
serve una pausa per non reagire in modo sbagliato; quando ammiriamo e contempliamo un’opera d’arte, un tramonto,
un cielo stellato…
Il silenzio ha dunque mille facce, dalle più amichevoli alle più ostili, dalle più armoniose alle più deleterie. Ci vuole un
po’ di buon silenzio per adottare quelle giuste…
ottobre 2016 La Rivista - 33
Precisione svizzera
e flair italiano…
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e professionalità nel campo della logistica e vi offriamo la certezza di sapere la
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Dalla Svizzera
degli Stati a
quella federale
Christian Schybi o Schibi (1595 circa-1653), capo della rivolta contadina di Entlebuch, mentre viene torturato a Sursee prima di
essere giustiziato, stampa d’epoca.
La Svizzera del Seicento:
di Tindaro Gatani
Se si esclude il breve coinvolgimento
nelle Sommosse dei Grigioni, la Confederazione riuscì a starsene fuori dalle
turbolenze della Guerra dei Trent’Anni
e, addirittura, ne uscì vittoriosa e affrancata dall’Impero con il trattato di
pace di Westfalia (vedi «La Rivista» di
settembre). Il successo, più che alla sua
dichiarazione di neutralità, era dovuto
alla «profonda concordanza di interessi
che univa allora la Svizzera alla Francia»,
che «aveva un duplice interesse, politico
e militare, a separare definitivamente la
Confederazione dall’Impero», per indebolirlo. La Svizzera aveva potuto così far
riconoscere la propria indipendenza, presupposto necessario alla sua unità nazionale. «La pace di Westfalia, su cui, per
un secolo e mezzo, si è basato, poi, l’equilibrio europeo, è stata il compimento
dei veri fini della Confederazione», che,
risparmiata dal conflitto sul piano militare, ne usciva vittoriosa non solo su
quello diplomatico, ma anche su quelli
economico e sociale.
Un Paradiso terrestre?
Le risorse del servizio mercenario, unite
alle forniture in vettovagliamenti e armi
ai belligeranti, avevano dato agli Svizzeri
un’agiatezza che, a guerra finita, contrastava con la generale miseria europea e,
soprattutto, con quella della Germania,
che era stata devastata. Quel lungo conflitto fu, dunque, non solo «più salutare
che pregiudizievole all’unità dalla Confederazione», ma diede anche l’avvio al
circolo virtuoso della sua floridezza, tanto
che «non è esagerato far risalire alla Guerra dei Trent’Anni le remote cause dell’attuale prosperità della Svizzera», che, in
quei frangenti, acquisì «un vantaggio economico sui suoi vicini, vantaggio ch’essa
non ha più perduto e che spiega come mai
un paese — situato nelle peggiori condi-
“felice”, ma non troppo!
zioni naturali, senza materie prime, né
sbocchi marittimi — abbia potuto sostenere un ruolo tanto considerevole nell’economia europea» (MARTIN William, op.
cit., pp. 109-112).
Le sventure e le distruzioni di quella
guerra sono così riassunte nel quadro
fosco fatto da Guido Calgari: «La guerra
fu tra le più perfide, spietate, disastrose
di tutti i tempi; dopo trent’anni di battaglie, di saccheggi, di stragi, aggiungendosi alle violenze degli eserciti quelle degli sbandati, cioè del brigantaggio, l’Europa centrale venne ridotta a una sola e
unica rovina; in ogni casa si piangeva per
lutti e per fame; torme di derelitti vagavano tra le rovine fumanti delle città e
dei villaggi; mai si erano visti tanti orrori.
Al punto che quei profughi o vagabondi
o disertori, che riuscivano a riparare in
Svizzera, avevano l’impressione d’essere
arrivati in un paradiso non immaginato
neppure in sogno» (GALGARI Guido, op.
cit., pp. 293-294).
L’avventuroso Simplicius Simplicissimus,
dello scrittore tedesco Hans Jakob Christoffel von Grimmelshausen (1621 circa
1676), visitando la Svizzera in compagnia dell’amico Herzbruder, confrontandola con la desolazione della Germania,
la descrive come il paese di Bengodi: gli
uomini vivevano in pace, le stalle erano
piene di animali, i cortili pieni di pollame.
I viaggiatori percorrevano tranquillamente le strade, le osterie erano affollate di
clienti allegri; nessuna paura della guerra,
nessun segno di saccheggio tanto che gli
sembrò di trovarsi in Brasile o in Cina o
addirittura in un Paradiso terrestre. Furono appunto i racconti dei viaggiatori del
Seicento a far coniare i motti di «Svizzera
felice» e di «Svizzeri popolo felice», ancora
oggi attuali (si veda, tra l’altro, de ROUGEMONT Denis, La Svizzera. Storia di un
popolo felice, Locarno 1998).
La Guerra dei contadini (1653)
Situata al centro di un’Europa distrutta
dai conflitti, la Svizzera, finché durò la
guerra, era sì un’isola felice, ma non troppo o almeno non tutta. Ad arricchirsi per
Frontespizio di L’avventuroso Simplicius Simplicissimus (1668), di Jakob Christoffel von Grimmelshausen (1621 circa 1676).
ottobre 2016 La Rivista - 35
le commesse militari e per l’arruolamento
dei mercenari erano stati solo i pochi appartenenti alle stesse famiglie e ai soliti
gruppi, che facevano da sempre il bello e
il cattivo tempo nei vari Cantoni. I nodi
vennero al pettine quando alla prosperità
del periodo bellico seguì una grave crisi
economica, che si trasformò presto in
crisi politica. Da tutti i campi di battaglia
tornarono in massa decine di migliaia di
mercenari. La situazione precipitò dopo
il congedo di gran parte dei mercenari al
servizio della Francia, avvenuto nel 1651.
La disoccupazione in tutti i Cantoni aumentò paurosamente. All’eccesso di manodopera agricola seguì la brusca diminuzione del prezzo delle derrate alimentari,
dovuta anche alla concorrenza di alcuni
prodotti provenienti dagli Stati confinanti, come la Svevia e la Baviera, riapparsi
sul mercato svizzero. Come conseguenza
si ebbe un improvviso abbassamento del
prezzo dei terreni e la svalutazione monetaria. Fu in quelle precarie condizioni che,
nel 1653, andò maturando la rivolta dei
contadini, che avevano visto improvvisamente assottigliarsi le entrate e, quindi,
non potevano fare più fronte ai bisogni
delle loro famiglie.
L’avvenimento è passato alla storia come
Grande Guerra svizzera dei contadini, per
distinguerla dall’altra Guerra dei contadini, quella scoppiata in Germania centrale e meridionale nel 1525. Con il sopraggiungere della crisi, il malcontento
dei contadini dell’altipiano sfociò nella
rivolta contro le città, che gestivano il
monopolio dei generi alimentari di prima
necessità come il sale e si arrogavano il
diritto di fissare il prezzo del grano e del
vino e, con l’imposizione dei diversi pedaggi, intralciavano il libero commercio
del bestiame e dei prodotti agricoli. La
prima sollevazione si registrò nel distretto lucernese di Entlebuch, quando alcuni
contadini, che avevano chiesto udienza
alle autorità cantonali per ottenere delle
facilitazioni e di poter pagare in natura
parte delle imposte e degli obblighi ipotecari, contratti negli anni della prosperità,
furono rimandati indietro in malo modo.
Sull’esempio degli uomini liberi dei piccoli Cantoni, i contadini di Entlebuch si
riunirono in assemblee pubbliche, vere e
proprie Landsgemeinden, e deliberarono
di far uso della forza per sostenere le loro
rivendicazioni. Alla fine di febbraio del
1653, marciarono, quindi, a migliaia su
Lucerna, bloccando la città, con la speranza di impadronirsene facilmente.
I Cantoni di Svitto, Uri e Unterwalden, in
applicazione della Convenzione di Stans,
furono costretti a inviare alla città assediata un loro contingente di 500 uomini. I
ribelli fecero ritorno alle loro campagne, ma
36 - La Rivista ottobre 2016
Christian Schybi o Schibi (1595 circa-1653), in un ritratto dal Theatrum Europaeum di Matteo Merian
(eredi), Francoforte sul Meno, 1663.
la pace non fu ristabilita, perché, il movimento di protesta si era, intanto, esteso alle
campagne di Basilea, di Soletta, dell’Argovia
e del Canton Berna, dove, nell’assemblea tenutasi, il 23 marzo, a Sumiswald, venne stabilito il Patto dei contadini (Bauernbundes),
poi riconfermato e giurato, rispettivamente
il 30 aprile e il 4 maggio, a Huttwil. Una
sessione straordinaria della Dieta federale,
riunita d’urgenza a Baden, decise la ferma
condanna dei rivoltosi, decretando una levata di truppe per affrontarli.
Una brutta pagina di storia
I ribelli avevano eletto a loro capi il lucernese Christian Schybi o Schibi e il
bernese Niklaus Leuenberger. Il primo era
un soldato «pieno di bravura, ma focoso e
insieme irriflessivo», che aveva organizzato un grande Corteo dei bastoni (Knüppelumzug); il secondo era, invece, un uomo
religioso, che sapeva parlare agli insorti
sui quali aveva un tale ascendente tanto
da essere soprannominato «il re dei contadini». Il Leuenberger, alla testa di 20.000
uomini, marciò su Berna, costringendo la
città a firmare, il 29 maggio, il patto di
Murifeld, un concordato a favore delle richieste dei contadini. Lo stesso faceva lo
Schybi che, il 4 giugno, sottoscriveva la
cosiddetta pace di Mellingen.
I governi cantonali, che di fronte alla minaccia interna «avevano trovato l’unità,
al di là dei conflitti teologici, nella libidine del potere e nella difesa del privilegio»
(CALGARI Guido, op. cit., p. 310), avevano
firmato in mala fede e solo per prendere tempo per organizzarsi. Non appena il
grosso dei ribelli cominciò a fare ritorno a
casa, le truppe federali, divise in tre corpi
d’armata si misero in marcia al comando
del bernese Sigismondo von Erlach, che
occupò l’Emmental; dell’urano Zwyer von
Evibach, che assediò Entlebuch e dello
zurighese Hans Rudolf Werdmüller, già
agli ordini di Venezia come comandate
del reggimento svizzero in Dalmazia, che
invase l’Argovia. Quando Schybi e Leuenberger, accortisi dell’inganno, tentarono
di organizzare la resistenza con i pochi
uomini che avevano ancora disposizione,
era ormai troppo tardi. I contadini furono
quindi sconfitti, il 3 giungo, a Wohlenschwil, in Argovia, il 5 giugno a Gisikon,
Niklaus Leuenberger, Re dei contadini, in tenuta
da combattimento. Poi catturato e decapitato
a Berna, il 6 settembre 1653. Da una stampa
anonima conservata al Museo storico di Thun.
nel Canton Lucerna, e, l’8 giugno a Herzogenbuchsee, nel Canton Berna.
La vendetta delle truppe federali fu tre-
menda non solo nel corso degli scontri,
ma anche dopo. A Herzogenbuchsee, Sigismondo von Erlach si distinse per la particolare ferocia contro i vinti, tanto da meritarsi il soprannome di Macellaio di contadini (Bauernschläger). Christian Schybi
e Hans Emmenegger di Shüpfheim furono
torturati e condannati a morte da un tribunale lucernese; Niklaus Leuenberger fu
decapitato a Berna il 6 settembre 1653.
La rappresaglia, per stabilire un esempio
a imperitura memoria, andò oltre: molti
insorti furono condannati, chi «al taglio
della lingua e delle orecchie», chi «a pagare gravosissime ammende», e ad altri orrori
irriferibili: «Gli aristocratici infierirono nella repressione, senza conoscere sentimenti
di umanità; non soltanto i capi della rivolta, ma i sospetti, i denunciati per vendetta
personale, quindi molti innocenti, furono
giustiziati». Ci furono casi di tortura, di
flagellazione e di condannati venduti alla
Francia e a Venezia come galeotti. «Colmo
di spaventosa ironia: la Dieta infierì in una
sua ordinanza contro il lusso dei contadini,
la decadenza delle tradizioni familiari e dei
costumi morali...» (Ibidem).
Una volta puniti così severamente i ribelli,
i Cantoni fecero ai contadini alcune delle
concessioni richieste. Fatto nuovo della
Guerra dei contadini era stato quello che
gli uni e gli altri si erano aggregati in base
ai loro rispettivi interessi e non più al loro
credo religioso. Contadini cattolici e riformati si erano scontrati con le truppe federali dei Cantoni cattolici e riformati. Le
divergenze interne si erano spostate da un
piano religioso a quello economico, sociale e politico. Mentre in Svizzera si svolgevano questi avvenimenti, in Italia non era
ancora spenta l’eco delle rivolte del 1647,
di Tommaso Aniello (Masaniello) a Napoli
e di Giuseppe Alessi a Palermo, anch’esse
soffocate nel sangue con ferocia.
La prima Guerra di Villmergen
La dura repressione dei moti contadini
aveva fatto riflettere sulle necessità di
stabilire un nuovo rapporto tra le diverse classi sociali. Per incarico della Dieta,
il borgomastro di Zurigo Johnann Heinrich
Waser, nell’aprile del 1655, elaborò il testo
di un nuovo Patto federale, che, rifacendosi a una vecchia concezione di Zwingli,
prevedeva un’organizzazione uniforme
dello Stato, valida sì per tutti, ma che, tuttavia, «dimensionasse la sovranità secondo
l’importanza di ogni Cantone: territorio,
popolazione, efficienza economica», perché «non si poteva ammettere che Zurigo
o Berna avessero lo stesso peso politico di
Zugo o di Uri» (CALGARI Guido, op. cit., p.
311). Sarebbe stato un primo passo verso
la costituzione di uno Stato federale, ma
Notre-Dame, Parigi, 18 novembre 1663. L’incontro di Luigi XIV con la delegazione svizzera. Da un arazzo, largo 6 metri, che faceva parte di una serie di 17
gobelin, che esaltavano la grandezza del monarca francese e del quale ne esistono ancora solo tre esemplari: uno al castello di Versailles, uno all’ambasciata
svizzera a Parigi, e un altro al Museo Nazionale Svizzero a Zurigo.
ottobre 2016 La Rivista - 37
La battaglia di Villmergen del 24 gennaio 1656, quadro anonimo coevo, da una collezione privata di Lucerna.
i piccoli Cantoni cattolici, che avevano la
maggioranza in seno alla Dieta, bocciarono quel progetto. Grazie al dogma della
sovranità cantonale, per cui uno valeva uno, il voto di Uri valeva in seno alla
Dieta quanto quello di Zurigo o di Berna.
Così i Cantoni cattolici, con circa 300.000
abitanti, contavano, dunque, più dei riformati, che ne avevano oltre 700.000, e potevano esercitare, sempre e comunque, il
diritto di veto su qualsiasi proposta.
Passato il pericolo della sollevazione dei
contadini, i due fronti religiosi si ricompattarono e si prepararono a nuovi scontri.
I Cantoni cattolici, il 3 ottobre 1655, rinnovarono solennemente la loro Lega d’Oro,
chiamandola Borromea, in onore del cardinale Carlo Borromeo, capo della Controriforma (vedi «La Rivista» di marzo). Quelli
riformati cominciarono a organizzarsi per
affrontare la nuova minaccia, rivendicando, ancora una volta, il varo di un Patto
valido per tutti gli aderenti alla Confederazione, cioè una specie di Costituzione
federale, apportando magari degli emendamenti e aggiunte al testo proposto dal
borgomastro Waser. La questione scoppiò
quando Zurigo accordò l’asilo ad alcuni nicodomiti provenienti da Arth, promettendo
di fare lo stesso con gli altri, rimasti ancora
in quel villaggio del Canton Svitto, in nome
dello ius emigrandi confederale, una specie
di diritto di emigrazione da un Cantone
all’altro, cioè di libera circolazione all’interno della Confederazione. Solo che quel
diritto non esisteva e, quindi, Svitto protestò e Zurigo minacciò di far valere le sue
regioni con l’impiego della forza.
I Cantoni cattolici temevano che quelli
38 - La Rivista ottobre 2016
protestanti potessero in futuro favorire
altri gruppi di nicodomiti e minare così
dall’interno la loro fede. I nicodomiti
erano seguaci segreti della Riforma che,
come tali, non manifestavano in pubblico la loro fede, ed erano così chiamati
dal nome di Nicodemo, il fariseo recatosi in segreto a visitare Gesù (Giovanni 3,
1-21). Ne nacquero aspre discussioni con
minacce dall’una e dall’altra parte. Una
Dieta straordinaria, convocata tra la fine
del 1655 e l’inizio del 1656, non riuscì a
calmare gli animi. Dopo che Svitto aveva
fatto giustiziare quattro riformati, Berna e Zurigo annunciarono un’iniziativa
militare per imporre con la forza quello
che loro ritenevano un diritto federale.
Basilea del fronte riformato e Friburgo e
Soletta di quello cattolico si dichiaravano
neutrali. Mentre le truppe di Berna, guidate da Sigismondo von Erlach, venivano
battute, il 24 gennaio 1656, a Villmergen,
all’incrocio delle strade Berna-Zurigo e
Lucerna-Baden, quelle di Zurigo, comandate da Hans Rudolf Werdmüller, non riuscivano né a occupare tutta la Turgovia,
né a far capitolare Rapperswil, che il 3
febbraio aveva opposto una strenua resistenza. Comandante delle truppe cattoliche era stato il lucernese Chrisoph Pfyffer
von Altishofen (1593-1673).
Il rinnovo dell’alleanza con la
Francia
A riportare la pace ci pensò, ancora una
volta, la Francia, il cui inviato presso i
Cantoni, Jean de la Barde (1602-1692),
barone di Marolles, rammaricato per non
aver potuto impedire quel conflitto, ser-
vendosi dei Cantoni neutrali di Basilea,
di Friburgo e Soletta, non lesinò minacce
e promesse per il raggiungimento di una
nuova intesa. La terza pace nazionale
(dopo le prime due di Kappel), ratificata a
Baden, il 26 febbraio e il 7 marzo del 1656,
tra Berna e Zurigo da una parte e i cinque
Cantoni cattolici dall’altra, confermava, in
pratica, a grandi linee, quella del 1531.
La Confederazione, con le solite raccomandazioni sulla libertà di commercio,
sulle alleanze separate, sulle sovranità
cantonali, ecc., tornava, di fatto, allo stato quo ante la guerra. Tra le imposizioni
del de la Barde ai Cantoni c’era anche
quella di rinnovare la loro alleanza con la
Francia entro il 1658. Luigi XIV di Borbone
(1638-1715) detto Re Sole, succeduto al
padre Luigi XIII, il 7 giugno del 1654, aveva esercitato tutte le sue pressioni per accelerare il rinnovo dell’alleanza del 1521,
facendo, tuttavia, intendere che aveva sì
tanto bisogno degli Svizzeri per la difesa
e la grandezza della Nazione, ma che per
loro la Francia era l’unico sbocco all’emigrazione e ai commerci. Come dire: noi
abbiamo bisogno di voi, ma voi avete un
maggiore interesse a rinnovare l’alleanza.
Era il classico do ut des conveniente alle
due parti. Ci fu il solito tira e molla sulle
trattative, con i Francesi fermi sulle loro
proposte e condizioni e gli Svizzeri che,
invece di presentarsi compatti, si beccavano spesso tra di loro. Alla fine si trovò
l’accordo e, il 24 settembre 1663, l’alleanza fu sancita a Soletta e il successivo
18 novembre giurata solennemente in
Notre-Dame a Parigi dal Re e dai rappresentanti della Confederazione. Ai delegati
dei XIII Cantoni e dei loro alleati si era
aggiunto uno stuolo di segretari e funzionari, in tutto un centinaio di inviati,
che avevano compiuto il viaggio rigorosamente separati in due gruppi di cattolici e
riformati, ognuno per conto suo.
Luigi XIV sapeva, naturalmente della loro
divisione e, per impedire che si mettessero
d’accordo nel corso del soggiorno parigino
per concordare eventuali richieste da aggiungere al trattato, li occupò in continue
feste, banchetti, spettacoli teatrali, fuochi
d’artificio. Nello sfarzo di Notre-Dame, il
18 novembre 1663, gli Svizzeri, vestiti nel
modo sobrio imposto dalla morigeratezza
dei loro costumi, si trovarono di fronte al
Re Sole in abito di gala in broccato dorato,
con una parrucca bianca e un vistoso cappello sormontato da piume rosse. La scena
è immortalata in un arazzo, largo 6 metri,
che faceva parte di una serie di 17 gobelin
che esaltavano la grandezza del monarca
francese e del quale ne esistono ancora tre
esemplari: uno al castello di Versailles, uno
all’ambasciata svizzera a Parigi, e un altro
al Museo Nazionale Svizzero a Zurigo.
Il rinnovo dell’alleanza garantiva ai Francesi
il diritto a continuare ad arruolare 16.000
soldati svizzeri in cambio di pagamenti
annuali e di tariffe doganali e condizioni
di mercato favorevoli. I Confederati non
erano riusciti, tuttavia, a ottenere il varo di
un patto di libero scambio commerciale tra
le due Nazioni, perché il Governo francese,
ancora una volta, era impegnato in un’accentuata politica protezionista dell’agricolCon l’occupazione della Franca Contea del
1674, Luigi XIV (Re Sole) ampliò il suo Regno
fino ai confini della Svizzera orientale.
tura e dell’industria nazionali. Gli Svizzeri,
dal canto loro, si erano accontentati, ancora
una volta, a monetizzare subito l’accordo e
a incassare le pensioni per la leva militare, senza pensare che il potente alleato si
sarebbe servito anche dei loro servigi per
minacciarne gli stessi loro confini.
La Franca Contea
Dopo la sconfitta e la morte di Carlo I di
Borgogna detto il Temerario nella battaglia
di Nancy (1477), si era aperta una dura
guerra, per impossessarsi dei suoi vasti territori tra Luigi XI di Francia e Massimiliano
I di Asburgo, il futuro Imperatore, figlio di
Federico III e di Eleonora d’Aviz del Portogallo, che aveva sposato, in prime nozze,
l’unica figlia del Temerario, la duchessa
Maria di Borgogna (1457-1482). La pace
fu raggiunta con il trattato di Arras del
1482, che, tra l’altro, assegnava il Ducato
di Borgogna vero e proprio alla Francia e
la Contea di Borgogna o meglio la Franca Contea a Massimiliano I, che essendo
morta la moglie Maria nello stesso anno,
la doveva reggere per conto del figlio Filippo I d’Asburgo il Bello (1478-1506). Con il
successivo trattato di Senlis del 1493, l’appartenenza della Franca Contea era stata
riconosciuta definitivamente a Filippo I,
che, poi, l’avrebbe passata a suo figlio l’imperatore Carlo V, nato dal suo matrimonio
con Giovanna di Castiglia.
La Franca Contea, amministrandosi in modo
autonomo e libero, era divenuta una regione dei vasti domini spagnoli, che attirava
sempre più le attenzioni del Re di Francia di
turno, con la voglia di impossessarsene al
momento opportuno. Il maggiore ostacolo
era rappresentato dal fatto che la Spagna,
non potendo intervenire per la lontananza in caso di minaccia francese, aveva, in
pratica, affidato la Franca Contea «alla protezione dei Cantoni» (MALLET Paul-Henri,
Storia degli Svizzeri o Elvezi, Vol. II, Milano
1823, p. 406). Dopo il rinnovo dell’alleanza
del 1663, Luigi XIV non solo non mantenne fede a tutte le promesse commerciali
fatte ai Confederati, lasciandosi così «la
possibilità di elargire o revocare privilegi
ai mercanti svizzeri secondo il tornaconto
politico del momento», ma sfruttò il dissidio con la Spagna per impossessarsi della
Franca Contea, dalla quale «la Svizzera occidentale riceveva la maggior parte del sale
di cui aveva bisogno», ma anche vino e altre
derrate alimentari (De CAPITANI François,
Vita e morte dell’Ancien Régime, in Nuova
storia della Svizzera e degli Svizzeri, Vol. II,
Bellinzona 1983, p. 122).
A favorire l’azione del Re Sole, ancora una
volta, contribuì il dissidio religioso interno svizzero, la Franca Contea sotto l’egida
della Spagna era rimasta saldamente unita alla fede cattolica, e i Cantoni protestanti, Berna in testa, non avevano nessun
interesse a suoi più stretti rapporti con
la Confederazione. Quando, nel 1667, la
minaccia francese si fece più stringente,
la Franca Contea chiese aiuto alla Dieta
federale. L’ambasceria tornò a mani vuote
anche perché la persona che la guidava,
Giovanni di Watteville, era inviso ai riformati perché discendente di una famiglia,
che aveva lasciato Berna per non rinunciare alla fede cattolica. Quando, nell’estate di quell’anno, scoppiò la seconda
guerra anglo-olandese, Re Sole fece invadere la Franca Contea (10-19 febbraio 1668), da un esercito al comando del
Gran Condè, il veterano della Guerra dei
Trent’Anni, occupandola, ma restituendola subito dopo alla Spagna con la pace di
Aquisgrana del 2 maggio 1668, in cambio
di territori e città dei Paesi Bassi.
Nel corso di quel conflitto, i XIII Cantoni,
sentendosi direttamente minacciati, rinnovarono il Defensionale di Wil (1668) per la
difesa comune, senza tuttavia preoccuparsi
delle mire di Luigi XIV, che, nel 1674, invase
nuovamente la Franca Contea, annettendola al suo Regno. Re Sole era tanto sicuro
della mancata reazione della Confederazione da impiegare nell’opera di occupazione
alcuni contingenti di mercenari svizzeri.
Di fronte al malcontento del Confederati,
Luigi XIV cercò di addolcire lo smacco e di
riguadagnarsi la loro amicizia, accordando
loro alcune concessioni economiche, ma tra
Francia e Svizzera non sarebbe più tornato
il clima di fiducia dei vecchi tempi.
ottobre 2016 La Rivista - 39
Scaffale
Martin
Howard
Sappiamo cosa vuoi
Giampaolo
Pansa
Vecchi, folli e ribelli.
Corrado
Augias
I segreti di Istanbul.
(minimum fax - pp 185; €13,00)
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Ispirato dal bestseller americano Coercion di Douglas
Rushkoff, il libro spiega per la prima volta tutte le tecniche più innovative utilizzate quotidianamente dalle
corporation e dai governi nella battaglia per il controllo della nostra mente, per influenzarci senza il nostro
consenso e insinuarsi in cinque aree fondamentali
della nostra vita: l’area del consumo, l’area personale,
l’area degli eventi, l’area informativa e l’area virtuale.
Sintetizzando con ampio uso di illustrazioni e grafici,
in modo semplice e accattivante, informazioni, idee
ed esempi da centinaia di fonti diverse, Sappiamo
cosa vuoi è una guida indispensabile per mantenere
la nostra autonomia di pensiero in un mondo sempre
più dominato dal marketing, dalla pubblicità e dalla
disinformazione.
Howard elenca e illustra centinaia di modalità attraverso le quali le nostre menti vengono controllate e
come vengano elaborati stratagemmi al limite del surreale capaci di smantellare le più semplici inclinazioni
umane, teleguidando la gente verso specifici obiettivi.
Esempi che in alcune pagine ci fanno pensare ai film di
James Bond più che al mondo reale, dove pensiamo di
muoverci con libertà di pensiero e opinione ed invece,
senza saperlo, siamo spinti verso una direzione univoca. Howard, per esempio, spiega come telegiornali e
carta stampata ormai veicolino le notizie in base alla
loro attrattiva e non all’effettivo valore informativo.
Per cui la recente scoperta nel campo della medicina
di cui si parla nel telegiornale potrebbe essere in realtà una sorta di messaggio promozionale di una casa
farmaceutica.
L’autore, Martin Howard, australiano di Brisbane, è
uno studioso esperto di mass media che ha lavorato
per oltre quindici anni nel settore del marketing e della
pubblicità e con il suo libro vuole indicare al pubblico
strade per uscire dai condizionamenti e per recuperare
il potere di decidere per noi stessi.
Il libro racconta senza piagnistei un protagonista
dell’Italia di oggi: gli anziani. Al contrario di quanto si
crede, non è un mondo di deboli, con il solo traguardo di andare al Creatore. Prima di tutto, il gusto per
la vita non li ha abbandonati. Rifiutano di arrendersi
e di considerare la vecchiaia una malattia incurabile.
Contano molto in un Paese come l’Italia, dove il loro
numero cresce di continuo. Nelle scelte politiche risultano decisivi, lo si è visto in Gran Bretagna nel
referendum se uscire a no dall’Europa. Il mercato li
coccola poiché decretano il successo o la sfortuna
di un prodotto. Eppure di loro non si discute mai. Il
motivo, Giampaolo Pansa l’ha compreso quando ha
compiuto gli ottant’anni. La vecchiaia impaurisce
persino chi ne è ancora distante. E quasi nessuno
vuole occuparsene.
“Ho provato a farlo con questo libro per me insolito
e in parte autobiografico. Descrive la terza età nella
sua forza, ma anche nei problemi che l’affliggono:
la solitudine, la paura della povertà, il terrore di ammalarsi, l’angoscia di essere rapinati persino dalla
propria banca, sino al rebus del rapporto tra maschi e
femmine. L’amore è un test infallibile di vitalità e del
desiderio di rimanere giovani. Per gli uomini lo conferma l’uso crescente di un rimedio miracoloso, il viagra.
Mentre nelle donne il rifiuto della vecchiaia spinge a
nascondere l’età, grazie all’abito sfacciato e alla cura
del corpo. È una rivoluzione silenziosa che ho tentato
di togliere dall’ombra con un insieme di storie sul privato di italiani ormai lontani dalla giovinezza. Se la
terza età non ti sorprende con le tasche vuote, il sesso,
condiviso per passione o per denaro, diventa un elisir
di lunga vita. Illude di fermare l’incalzare del tempo.
Infine convince molti di non appartenere alla tribù
dei nuovi sconfitti: gli anziani da sempre poveri o che
lo stanno diventando. Sono questi gli esclusi di una
società che riflette soltanto sui giovani”.
Per dieci secoli Costantinopoli è stata l’altra Roma.
Poi, in una giornata di primavera del 1453, tutto è
cambiato. Roma s’inabissava, nasceva Istanbul. Una
città eterna, prodigiosa, inquieta. Un luogo del mondo
dove è possibile incrociare le storie di imperatrici belle
e crudeli, di sultani folli e saggi, di schiave e avventurieri. Storie piccole e grandissime ritrovate e raccontate da un autore capace, come raramente accade,
di fondere in un unico sguardo sapere e meraviglia.
«Il modo migliore per arrivare a Istanbul sarebbe
attraversando lentamente il Mar di Marmara fino a
veder apparire une incomparable silhouette de ville...».
Questo libro è il racconto, potremmo forse dire il romanzo di Istanbul. Protagonista è una città eterna,
prodigiosa, una città incarnata nelle sue stesse rovine.
A comporne la trama sono le storie degli uomini e
delle donne che l’hanno fondata, vissuta, abbandonata: storie piccole e insieme grandissime; a tenerle
insieme sono le parole di un autore capace, come
raramente accade, di fondere in un unico sguardo sapere e meraviglia. Per secoli Bisanzio, Costantinopoli,
Istanbul, è stata una meta ricercata, talvolta fraintesa, altre volte amata, sempre guardata con stupore
già dalla prima apparizione del suo straordinario profilo contro il cielo d’Oriente. Quel crescente di luna,
che non a caso figura sulla bandiera della Repubblica
turca, è - e insieme non è - la stessa luna che possiamo vedere in un qualunque cielo notturno europeo.
Come il particolare profumo della città, i suoni, i richiami dei marinai, le luci riflesse sono - e non sono le stesse di un porto del nostro continente. A renderli
diversi è quella sensazione indefinita, quel contorno
avvolgente, che una volta si chiamava «esotismo» e
che ancora sopravvive. Senza sottrarsi al fascino di
quell’esotismo, Augias ne solleva con garbo il velo per
scoprire la sostanza piú autentica della città, quella
che il turista non sempre può o sa cogliere.
chi, come e perché ci
manipola la mente
Il piacere della vita
nella terza età
Storie, luoghi e leggende
di una capitale
ottobre 2016 La Rivista - 41
Una guida al
nostro agire
quotidiano
di Paolo Comuzzi
Diciamo subito che un professionista (per quanto abbia studiato) ha dei problemi a recensire questo volume considerati gli importanti riferimenti che l’autore
conduce sull’etimologia delle parole ed i riferimenti ai
numerosi testi che lo stesso richiama.
Di conseguenza si deve ammettere che questo scritto
non vuole tanto recensire ma invitare a leggere questo
libro che, per quanto mi riguarda, ha occupato numerose ore durante le mie ferie.
L’autore è il Cardinale Ravasi, persona che non ha certamente bisogno di alcuna presentazione considerato
che è uno dei maggiori studiosi della Bibbia e delle
Sacre Scritture e possiamo dire che ci ha fatto dono di
questo volume che, a mio modesto parere, merita una
lettura qualsiasi sia la posizione del lettore in merito
alle questioni di fede.
Parlando in modo generale diciamo che si tratta certamente di un libro molto interessante e che invita il
lettore ad una profonda meditazione e quindi al ripensamento anche s1u quella che è l’esistenza del vivere
giorno per giorno.
Infatti, al di là della complessa questione (vedasi su
questo pagina 17) se Gesù sia il nuovo Mosè (come ha
indicato Papa Francesco) o se Gesù “ … è la stessa voce
e la presenza di Dio che consegna ai suoi discepoli la
sua Torah …” come dicono altri2 appare evidente come
le indicazioni fornite nel discorso sulle Beatitudini possano guidare anche il nostro agire quotidiano.
Leggendo il libro possiamo dare conto che la questione
teologica (sempre molto delicata) delineata in precedenza viene risolta (pagina 166) dicendo con chiarezza
che “ … le Beatitudini vengono non di rado presentate
come l’antitesi neotestamentaria al Decalogo, come,
per così dire, l’etica più elevata dei cristiani nei confronti dei comandamenti dell’Antico Testamento. Questa interpretazione fraintende completamente il senso
delle parole di Gesù …” (in questo senso molto chiaro è
stato sua Santità Joseph Ratzinger) e quindi concludendo (sempre alla pagina 166) che non è una sostituzione quella che propone Gesù ma una esaltazione del
senso pieno e profondo dell’Antico Testamento3, ma
detto di questo punto resta che si deve guardare anche
al giorno per giorno.
Scrive, infatti, il Cardinale Ravasi (pagina 21) che “Egli
(Gesù) propone un atteggiamento di fondo che pervada
42 - La Rivista ottobre 2016
Le Beatitudini
Gianfranco Ravasi
Mondadori (Euro 19)
spirito e cuore e che dia anima al necessario impegno
morale molteplice e quotidiano”.
Ebbene nel quotidiano un’impostazione di vita come
quella delineata diventa complessa in quanto (pagina
196) si ha che quella di Gesù “ … è una coraggiosa scelta controcorrente che ribalta le scale dei valori mondani che generano crimine, violenza, prevaricazione, insoddisfazione attraverso l’accumulo di beni, la frenesia
nel godimento, l’abuso sugli altri, l’egoismo brutale, la
prepotenza …” e questa affermazione viene corroborata nel libro con altre considerazioni in merito all’agire
nel mondo.
Stabilito che lo scritto Evangelico (inteso come l’insegnamento che viene dal discorso di Gesù) deve calarsi nel quotidiano, il libro fornisce una spiegazione di
ognuna delle Beatitudini indicando con chiarezza (pagina 44) che siamo chiamati in primo luogo “ … ad uno
stile di vita evangelico segnato dalla sobrietà, a non cedere alla cultura del consumo …”4 cui si aggiunge che
siamo chiamati a cercare la giustizia ovvero (pagina
93) una via corretta del nostro vivere.
A quanto sopra deve aggiungersi che siamo anche
chiamati ad essere misericordiosi (pagina 110) ovvero a
partecipare del problema dell’altro (un coinvolgimento
del cuore e non solo un coinvolgimento formale) cui
si aggiunge (pagina 125) una necessaria purezza vitale interiore che dovrebbe anche prevalere sul mero
rispetto dei formalismi esteriori.
Tornando su aspetti più generali diciamo nuovamente che non possiamo leggere il discorso di Gesù come
un mero “discorso teorico” senza alcuna incidenza nel
nostro agire quotidiano ma lo dobbiamo
sempre interpretare e guardare cercando
di tradurlo nella pratica di ogni giorno.
Su questa considerazione non sono accettabili interpretazioni diverse in quanto
(pagina 22) viene scritto in modo chiaro e
senza alcuna possibilità di interpretazione
equivoca che “ … le Beatitudini non sono,
allora, destinate a classi speciali e privilegiate di fedeli, ma sono le componenti
da integrare nel ritratto genuino del vero
cristiano, della sua realtà umana ultima e
profonda e del suo impegno personale di
vita …”.
La conclusione è che sul libro ed il suo
contenuto siamo chiamati a meditare tutti
per un discorso che ci investe in quanto
persone ed in particolare sono chiamate a
meditare i credenti e questo deve spingerci
verso una lettura attenta di questo testo
e magari anche verso un importante approfondimento della materia tenuto conto
della complessità intrinseca della stessa.
Come scritto qui non si pretende di fare una recensione “tecnica” del volume ma solo di spingere alla lettura del volume stesso con la avvertenza che forse una sola
lettura non basta e che un dialogo con un esperto potrebbe anche essere necessario (diciamo che un ciclo di lezioni e magari un confronto tra un filosofo come Emanuele
Severino ed il Cardinale Ravasi potrebbe fornire spunti di grande interesse).
2
In questo sancendo una certa discontinuità con il Vecchio Testamento.
3
In questo senso anche quanto riportato a pagina 95 quando si dice che Gesù non cancella la Torah del Sinai ma la conduce a pienezza.
4
Attenzione che si può essere attaccati con cupidigia anche a pochi beni comunque del tutto superflui (pagina 47). In sostanza ci viene chiesta una capacità di distacco
dalla cose che non significa “gettare” via le cose stesse ma evitare di farne degli idoli (in sostanza allontanarsi dalla cultura dell’avere).
1
Novità PULLED LAX BURGER
con salmone cotto a bassa temperatura
5.95
Per il nostro nuovo hamburger di salmone, utilizziamo la carne migliore del pesce – non solo i filetti.
Servito nel panino a lievitazione naturale, farcito con insalata a foglie verdi, cavolo rosso,
una spruzzata di salsa BBQ e qualche fetta di cetriolo. Un piacere tanto prelibato quanto sostenibile.
ottobre 2016 La Rivista - 43
© Inter IKEA Systems B.V. 2016
Amore al
primo morso
Convegno
internazionale,
Università di
Losanna, 27-29
ottobre 2016
À l’italienne.
Narrazioni dell’italianità,
dagli anni Ottanta a oggi
L’‘italianità’ non coincide necessariamente
con una specifica entità politica, geografica
o lin-guistica, ma va intesa come nodo e
incrocio di esperienze: per esempio quelle di chi osserva il Paese da fuori, come le
comunità italofone all’estero; o quelle di
chi, dall’Italia, trasmette l’immagine del
Paese nei suoi vari aspetti. È attraverso la
narrazione – non solo letteraria, né esclusivamente verbale – che l’italianità prende
forma nell’immaginario contemporaneo, in
cui emergono valori diversi, opposti o complementari. Da un lato, ad esempio, si ha la
caratteriz-zazione dei tipi e delle relazioni
sociali o la visione esotista del paesaggio;
dall’altro, l’internazionalizzazione della
cucina e la valorizzazione dello stile di vita
made in Italy.
I campi di questa narrazione sono numerosi: letteratura, lingua, fotografia, musica, cinema, media, design.
Il convegno À l’italienne intende esplorarli attraverso il contributo di specialisti
in vari ambiti, con l’obiettivo di creare un
osservatorio permanente, che guardi all’italianità da una prospettiva interculturale.
Durante il convegno sarà possibile prendere visione del Totem sull’italiano realizzato dal Forum per l’italiano in Svizzera
in collaborazione con la Radiotelevisione
svizzera di lingua italiana:
http://www.forumperlitalianoinsvizzera.ch
Negli ultimi decenni, le scienze sociali
hanno messo in evidenza come il concetto di ‘cultura’ non possa più coincidere con un sistema chiuso dentro i
confini etnici, geografici, politici di una
singola nazione. Quest’idea suggerisce
di osservare l’immaginario legato a un
popolo (alla sua storia e civiltà, alla
sua lingua e letteratura, al suo territorio e a suoi costumi) senza restare
vincolati a una dimensione nazionale
o, peggio, locale.
Il convegno che s’intende promuovere
presso l’Università di Losanna adotta
questa prospettiva, rivolgendola verso
l’Italia. Nello spirito del convegno, la
Il programma
◊ Venerdì 28 ottobre, mattina, sala 3185
◊ Giovedì 27 ottobre, pomeriggio, sala 2120
Sessione II: Narrazioni tra suoni e immagini
Presiede: Nelly Valsangiacomo - Università di Losanna
— 15h45
Accoglienza
— 16h00
Saluti e apertura dei lavori
Sessione I: Italianità nella Confederazione
Presiede: Alberto Roncaccia - Università di Losanna
— 16h15
Emigrazione e scrittura degli italiani in Svizzera: il
mutamento negli anni
Jean-Jacques Marchand - Università di Losanna
Un’italianità schizofrenica?
Marco Marcacci - Fondazione Pellegrini Canevascini,
Bellinzona
Mangiare “all’italiana”. La cucina italiana in Svizzera
Sabina Bellofatto - Università di Zurigo
— 17h45
Discussione e fine della sessione
44 - La Rivista ottobre 2016
— 09h00
L’Italia da Oscar. Racconti e visioni dell’italianità
Daniela Brogi - Università per Stranieri di Siena
Memoria e riconoscimento nella narrazione filmica
degli Italiani di Montréal
Bruno Ramirez - Università di Montréal
Discussione e pausa
— 11h15
La percezione fotografica dell’italianità tra gli studenti
all’estero: il progetto “150 anni Grande Italia”
Paola Corti - Università di Torino
L’italiano in musica: dal melodramma alla canzone
Vittorio Coletti - Università di Genova
◊ Venerdì 28 ottobre, pomeriggio, sala 3185
— 14h15
Tavola rotonda
Moderata da Daniele Maggetti (Università di Losanna)
parola ‘Italia’ non andrà intesa come
entità politica, geografica o linguistica
separata, ma come nodo e incrocio di
esperienze: quelle di chi osserva il Paese da fuori, come le comunità italofone all’estero o altri attori provenienti da un contesto diverso; e quelle di
chi, dall’interno, trasmette l’immagine
dell’Italia nei suoi vari aspetti. Questa
dinamica non si esaurisce nella categoria di ‘cultura italiana’; per questo
parliamo piuttosto di ‘italianità’, come
oggetto di rappresentazione e di narrazione nell’ambito dell’immaginario
contemporaneo.
È proprio attraverso il racconto – non
solo letterario, né esclusivamente verbale – che l’italianità prende forma nell’immaginario contemporaneo; racconto di
situazioni, in cui emergono valori dominanti diversi, opposti o complementari:
da un lato, ad esempio, la caratterizzazione dei tipi e delle relazioni sociali o la
visione esotista del paesaggio; dall’altro,
l’internazionalizzazione della cucina e
la valorizzazione del lusso e della moda
made in Italy, che incarna l’idea di affermazione e sfida al presente. Da chi e
come queste narrazioni sono veicolate?
Gli approcci transnazionali forniscono
elementi di comprensione maggiore (per
valutare, ad esempio, l’apporto di altre
culture, o l’influenza di gruppi sociali)?
Le visioni che ne emergono sono coerenti; rispondono a una rappresentazione statica o dinamica dell’italianità?
E ancora: quali forme sono privilegiate
(drammatizzazione, prospettiva essenzialista,…)?
Gli organizzatori hanno scelto di riflettere su queste e altre narrazioni
dell’italianità dagli anni Ottanta del XX
secolo a oggi. Gli anni Ottanta sono, infatti, i cosiddetti ‘anni del riflusso’, durante i quali la società italiana conosce
notevoli cambiamenti, in sintonia con
le evoluzioni delle società occidentali:
la consacrazione dell’industria della
moda e del design, attraverso cui si afferma quell’idea di stile, di italian style,
che è una delle componenti più forti
dell’italianità; la diffusione delle televisioni private, che anche attraverso la
pubblicità diffondono nuovi modelli di
rappresentazione della società italiana; l’affievolirsi dell’impegno politico
che aveva caratterizzato la fine degli
Informazioni pratiche
Segreteria
Eva Suarato
Tel: +41/21/692.29.13
[email protected]
Organizzazione scientifica
Niccolò Scaffai - Sezione d’italiano
Nelly Valsangiacomo - Section d’histoire
Bâtiment Anthropole
Université de Lausanne
CH-1015 Lausanne
con Renata Ada-Ruata, scrittrice; Tatiana Crivelli,
Università di Zurigo, Forum per l’italiano in Svizzera;
Frédéric Maire, direttore Cinemathèque suisse; Licia
Coffani, Istituto Italiano di Cultura di Zurigo
Sessione III: Visioni internazionali
Presiede: Niccolò Scaffai - Università di Losanna
— 16h15
Ritorno al futuro? Italianità e consumi negli Stati
Uniti di fine Novecento
Ferdinando Fasce - Università di Genova
Design e italian design
Matteo Vercelloni - Politecnico di Milano
Italianismi e pseudoitalianismi nei panorami linguistici
urbani globali
Massimo Vedovelli - Università per Stranieri di Siena
— 17h45
Discussione e fine dei lavori
◊ Sabato 29 ottobre, mattina, sala 3185
anni Sessanta e i Settanta e la definitiva instaurazione, al suo posto, di altre forme di spinta sociale. Tra queste,
soprattutto, l’acquisizione di un livello
di benessere concepito spesso come
adeguamento a modelli e costumi già
globali: un processo che ha favorito
anche l’esportazione di immaginario
verso i destinatari stranieri che lo hanno recepito e trasmesso sotto forma di
narrazione dell’italianità.
I campi in cui si attua questa narrazione sono numerosi: letteratura, arte e
fotografia, musica, cinema, media, marketing. Vorremmo che il convegno fosse aperto al contributo di specialisti di
questi vari ambiti, con l’obiettivo di creare un osservatorio permanente capace
di guardare all’italianità da una prospettiva interculturale e attento ai fenomeni
di commistione transnazionale.
[email protected]
[email protected]
Accesso
Dalla stazione di Losanna prendere il metrò M2 (direzione Croisettes o La Sallaz),
scendere alla fermata Lausanne-Flon.
Da Lausanne-Flon, prendere il metrò M1
(direzione Renens-Gare o EPFL), scendere
alla fermata UNIL-Dorigny.
La partecipazione al convegno è aperta a
tutte le persone interessate.
— 09h30
La musealizzazione delle migrazioni italiane
Maddalena Tirabassi - Centro Altreitalie, Torino
Forme e rappresentazioni di un’italianità che evolve
nel contesto migratorio lussemburghese
Maria Luisa Caldognetto - Centre de Documentation sur
les Migrations Humaines, Dudelange
Discussione e pausa
— 11h15
Dolce vita o vita amara? L’Italia, gli italiani e
l’italianità nell’immaginario collettivo tedesco del
Secondo Novecento
Roberto Sala - Università di Basilea
Italy as seen by the Foreign Press. Positive aspects with
several surprises
Maarten van Aalderen - Corrispondente dall’Italia per De
Telegraaf
— 12h15
Discussione e fine dei lavori
Sessione IV: Rappresentazioni e immagini
Presiede: Francesco Garufo - Università di Neuchâtel
ottobre 2016 La Rivista - 45
L’italiano nelle scuole svizzere
è più vivo che mai
di Donato Sperduto*
Smentita durante i lavori del convegno che si
è tenuto a Lugano gli scorsi 9 e 10 settembre,
la convinzione che l’italiano nella Confederazione sia una lingua residuale. È una questione
di qualità, ma anche di quantità: quest’ultima
spesso determinante di scelte sbrigative adottate anche a livello istituzionale
È un tema sempre attuale, che attira l’attenzione dei
media, dei politici nazionali e locali, dei docenti, dei
genitori e dei loro figli. Giusto. Infatti, il plurilinguismo
è un tratto distintivo essenziale della Confederazione
elvetica. La Costituzione federale ne tiene debitamente conto, conferendo alla Confederazione e ai Cantoni
un ampio mandato di politica linguistica: è un loro
compito comune di tutelare e promuovere le lingue
nazionali e rafforzare la comprensione fra le diverse
comunità linguistiche del Paese. La seconda edizione
del Convegno Italiamo, organizzato dall’USI di Lugano in collaborazione con l’ASPI-VSI (9-10 settembre
2016), ha permesso di evidenziare alcuni aspetti che
permettono di favorire ancora di più l’insegnamento
della lingua di Dante nelle scuole svizzere. Ad esempio, l’utilizzo di materiali didattici adeguati, l’integrazione del cinema, gli scambi ed i soggiorni linguistici.
Inoltre, sono state fatte delle opportune precisazioni
sulla questione dei ‘numeri’.
Infatti, da un po’ di tempo a questa parte si ripete che
il numero di allievi che sceglie la lingua di Dante come
materia di maturità è piccolo. A questa diceria ha fatto
da controparte il conteggio del reale numero di allievi
che nel 2014 l’ha scelta nei licei svizzeri: più di 8500!
In qualche liceo il numero di allievi che sceglie l’italiano non è alto, d’accordo. Ma l’imprenditore e scrittore di successo Rolf Dobelli (nel libro Klar denken, klug
handeln, Hanser) mette tutti in guardia dai numeri
piccoli presentati da imprese, città e persino da scuole!
Attenti quindi ad eventuali approfittatori ovvero alla
retorica ed ai retori alla ricerca della gallina dalle uova
d’oro – ricorrendo magari a mezzi addirittura subdoli (cfr. D. Sperduto, Quanta retorica contro l’italiano!,
Babylonia, 2014/1, p. 93)!
Per cominciare ad andare oltre la soglia della retorica,
bisogna innanzitutto sapere qual è il numero minimo
di allievi richiesto per far partire un corso di opzione
46 - La Rivista ottobre 2016
specifica (o disciplina fondamentale) in un dato liceo
o cantone, perché questo numero varia da cantone a
cantone. Poi, per fare un’analisi davvero seria della situazione i numeri dell’italiano vanno anche confrontati con quelli delle altre materie. Ed è inoltre tutt’altro
che inutile conoscere il numero di docenti che insegna
la materia ed il loro rispettivo ‘peso’ (numero di allievi).
Se ad esempio un docente ha un allievo e un altro ne
ha dodici, la media trae in inganno. In un caso del genere, parlare di numeri piccoli è fuorviante. Infine, va
appurato che il dipartimento dell’educazione non sia
(stato) vittima della retorica. Cosa in teoria non difficile, ma in pratica a nessuno piace dover ammettere di
essere stato gabbato. Comunque, per fare ciò non bisognerebbe modificare l’Ordinanza per il riconoscimento
dei diplomi di maturità (ORM), come auspicato invece
da qualcuno – volente contraddittoriamente rafforzare
l’italiano declassandolo ad opzione complementare!
Se non si scopre davvero quanto si cela dietro i cosiddetti numeri piccoli, c’è il rischio di prendere un
abbaglio. Il consiglio che posso dare è il seguente:
attenti ad eventuali bufale. Altrimenti, la discussione
sul rafforzamento delle lingue nazionali, ed in particolare dell’italiano, resterà infruttuosa. A tutto vantaggio della retorica di qualche retore algebrico che, se
sfrutta come meglio può la situazione, può trasformare
il docente con un solo allievo nella gallina dalle uova
d’oro. Mi dispiace deludere qualcuno, ma il presidente
dell’ASPI-VSI non rientra in questi parametri.
*Presidente dell’ASPI-VSI (Associazione svizzera dei professori d’italiano) e docente alla Kantonsschule Sursee
Zurigo
Italiano
in
ottobre - dicembre 2016
Un’iniziativa a cura di…
ALA – Amici del Liceo Artistico
www.liceo.ch
Associazione svizzera per i rapporti economici e culturali con l’Italia www.asri.ch
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
www.ccis.ch
Cattedra de Sanctis del Politecnico federale di Zurigo
Comites di Zurigo
Consolato Generale d’Italia in Zurigo
Istituto Italiano di Cultura di Zurigo
www.italiano.ethz.ch/it
www.comites-zurigo.ch
www.conszurigo.esteri.it
www.iiczurigo.esteri.it
Istituto di Traduzione e Interpretazione di Winterthur
Liceo Artistico
www.zhaw.ch
www.liceo.ch
Liceo Vermigli
www.liceo-vermigli.com
Pro Ticino di Zurigo
www.proticino-zurigo.ch
Pro Grigioni Italiano
www.pgi.ch
Seminario di Romanistica dell’Università di Zurigo
Società Dante Alighieri di Zurigo
Wir danken dem Präsidialdepartement der Stadt Zürich für den Versand.
Con il patrocinio del Consolato Generale d’Italia in Zurigo e del Comites
www.rose.uzh.ch
www.dantealighieri.ch
Patronat:
Il programma di Zurigo in italiano è pubblicato anche sul sito www.zurigoinitaliano.ch
ottobre –
dicembre
qtopia kino+bar
Brauereistrasse 2
8610 Uster
www.qtopia.ch
Kino Cameo
Lagerplatz
8400 Winterthur
www.kinocameo.ch
Kino Xenix
Kanzleistrasse 52
8004 Zürich
www.xenix.ch
dal 6 ottobre
Cinema Arthouse Le Paris
Gottfried-Keller-Strasse 7
8001 Zurigo
Cinema Italiano
Cinque film di recentissima produzione costituiscono la rassegna itinerante di cinema italiano che verrà programmata in numerose città svizzere.
Latin lover (2015)
di Cristina Comencini
Se Dio vuole (2015)
di Edoardo Falcone
Lea (2015)
Organizzano:
Cinélibre Berna,
Made in Italy Roma,
Istituto Italiano di Cultura di Zurigo
Con il patronato dell’Ambasciata d’Italia in Svizzera
Co-finanziata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Direzione Generale per il Cinema, Roma
Schede sui film e l’orario dettagliato delle proiezioni si possono scaricare
dal sito www.cinema-italiano.ch
di Marco Tullio Giordana
Non essere cattivo (2015)
di Claudio Caligari
La stoffa dei sogni (2015)
di Gianfranco Cabiddu
La pazza gioia
Proiezione del nuovo film di Paolo Virzì. Con Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnellutti, Anna Galie-
Organizzano:
Filmcoopi Zurigo,
Istituto Italiano di Cultura di Zurigo
La scheda del film e l’orario dettagliato delle proiezioni si possono scari-
ara
dal 6 ottobre
Cinema Arthouse Le Paris
Gottfried-Keller-Strasse 7
8001 Zurigo
La pazza gioia
Proiezione del nuovo film di Paolo Virzì. Con Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnellutti, Anna Galiena, Marco Messeri.
Il film racconta la storia e l’imprevedibile amicizia di due donne ospiti di una comunità terapeutica per disturbi mentali, entrambe classificate come «socialmente
pericolose», e della loro fuga alla ricerca di un po’ di felicità.
17 ottobre
ore 18.15
Zürcher Hochschule für
Angewandte Wissenschaften
Auditorio del I piano (O1.01)
Theaterstrasse 15c
8401 Winterthur
18 ottobre
ore 18.00
Università di Zurigo
Rämistrasse 62
8001 Zurigo
21 ottobre
ore 18.00
Galerie 16b
Ausstellungstrasse 16b
8005 Zurigo
21–29 ottobre
21 e 22 ottobre: ore 20.00
23 ottobre: ore 17.00
28 e 29 ottobre: ore 20.00
L’italiano e la creatività:
marchi e costumi, moda e design
Infiniti passi
Organizzano:
Astaz – associazione studenti ticinesi a Zurigo,
Pro Ticino di Zurigo
Il noto giornalista ticinese Gianluca Grossi presenta il suo libro, che racconta le sue
esperienze con i migranti lungo la rotta balcanica, dalla Grecia alla Turchia.
Slow motion
Alfio Sacco e Lucilla Trapazzo
ore 20.00
Aula della Kantonsschule
Rämibühl
Rämistrasse 56
8001 Zurigo
2 novembre
ore 18.15
Università di Zurigo
Aula KOL-E-18
Rämistrasse 71
8001 Zurigo
5 novembre
ore 10.30
Casa d’Italia, Sala Pirandello
Erismannstrasse 6
8004 Zurigo
5 novembre
2016 Zinit. Volantino V4.indd 1
ore 18.30
Il Ponte
Bergstrasse 7
8630 Rüti (ZH)
8 novembre
ore 18.30
Liceo Artistico
Parkring 30
8002 Zurigo
9 novembre
ore 18.15
Ingresso libero. Segue un aperitivo.
Organizzano:
Galerie 16b
Alfio Sacco e Lucilla Trapazzo
Mostra fotografie e videoistallazioni,
Finissage The French in concerto
Ingresso libero
La vendetta di Medea
Organizzano:
Die Oper im Knopfloch,
Istituto Italiano di Cultura di Zurigo
Dal 30 settembre al 21 ottobre; 13 ottobre Live Act degli artisti
Tra i tanti stimoli e messaggi, Slow Motion è un monito, una sfida che Alfio Sacco e Lucilla Trapazzo propongono nei loro lavori. Lo sguardo degli artisti invita
alla riflessione, alla pausa silente, a riprendere possesso del tempo, a riconoscere
sé nell’altro.
Dramma per musica di Gaetano Marinelli, testo di Franz Grillparzer
Klavierabend – Serata al pianoforte
27 ottobre
Organizzano:
Istituto Italiano di Cultura di Zurigo,
Istituto di Traduzione e Interpretazione di Winterthur, ZHAW
I due relatori parleranno dei temi legati alla Settimana della lingua italiana nel
mondo 2016, dell’italiano e della creatività, di marchi e costumi, moda e design.
Sul tema, per l’occasione, sarà pubblicato un volume dell’Accademia della Crusca.
25 ottobre
ore 18:15
Romanisches Seminar
Aula D-31
Zürichbergstrasse 8
8032 Zurigo
Film distribuito da Filmcoopi Zurigo
Ingresso libero
La compagnia «Die Oper im Knopfloch», composta da attori, musicisti e cantanti
emergenti, sotto la direzione del regista Gero Nievelstein, presenterà il dramma con
le musiche originali di Gaetano Marinelli. Le canzoni sono in italiano e i dialoghi
in tedesco.
27 ottobre
La scheda del film e l’orario dettagliato delle proiezioni si possono scaricare dal sito www.filmcoopi.ch
Conferenza del Prof. Lorenzo Coveri, ordinario di Linguistica
presso l’Università degli Studi di Genova e della Dott.ssa Federica Fiori, giornalista ed esperta di moda.
Theater Stok
Hirschengraben 42
8001 Zurigo
ore 19.30
Politecnico federale di Zurigo
Semperaula
Rämistrasse 101
8001 Zurigo
Filmcoopi Zurigo,
Istituto Italiano di Cultura di Zurigo
Concerto del pianista Pietro De Maria
Per informazioni e acquisto dei biglietti: www.operimknopfloch.ch
Organizzano:
Musical Discovery di Zurigo,
Istituto Italiano di Cultura di Zurigo
Il virtuoso artista italiano, vincitore di numerosi premi, eseguirà musiche di Chopin,
Ligeti e Liszt, in occasione dell’inaugurazione del ciclo musicale «Musik an der
ETH».
Per informazioni e acquisto dei biglietti: www.musicaldiscovery.ch
Incontro con Pietro De Marchi,
Premio Gottfried Keller 2016
Organizza:
Romanisches Seminar dell’Università di Zurigo
La Trentottesima edizione del premio svizzero per la letteratura è andata allo scrittore, poeta e critico letterario Pietro De Marchi, per la raccolta «La carta delle arance»
(Casagrande 2016). Serata di presentazione del libro e di festeggiamenti in presenza
dell’autore.
Teoria e pratica della rapina in banca
Commedia di Andrea Fazioli, realizzazione del Teatro Paravento
Una narrazione avventurosa nella realtà sociale e psicologica attuale con uno sguardo ironico sul nostro territorio.
Companion to Vittoria Colonna (2016)
Volume dedicato a vita e opere della celebre poetessa rinascimentale
Presentazione del volume in presenza delle curatrici A. Brundin (Università di Cambridge), T. Crivelli (Università di Zurigo), M.S. Sapegno (Università La Sapienza di
Roma). Conduce la prof. Mariateresa Girardi (Università Cattolica del Sacro Cuore,
Milano).
Il lavoro di domani
Relatori: Prof. Dr. Lino Guzzella, Presidente del Politecnico federale di Zurigo
e Prof. Sandro Cattacin, professore e responsabile della Facoltà di Sociologia
all’Università di Ginevra
Cariatidi sul Cuore
Le donne di Dante – teatro-danza
Le donne di Dante oltre la maschera del personaggio. Nel tempo del rumore collettivo Bice e Gemma in cerca di un’identità scelgono il silenzio lasciando la parola ai
versi – recitati da altre donne in altre lingue – che le avvolgono, le imbrigliano, le
creano, le negano.
In viaggio con l’acqua
Documentario di Romano Veneziani e Luciano Paltenghi
La serata è aperta a tutte le persone interessate.
Ingresso libero
Organizzano:
Pro Ticino Zurigo,
Società Dante Alighieri di Zurigo
Ingresso: 30.Studenti, docenti KS Rämibühl e Liceo Artistico: 15.Altri studenti e AVS: 20.-
Organizza:
Cattedra di Letteratura italiana dell’Università di Zurigo
La serata è aperta a tutte le persone interessate.
Ingresso libero
Organizza:
CAVES,
Comites di Zurigo
Ingresso libero
Organizzano:
Hypnagogia (Lucilla Trapazzo, Maria Francesca Palli),
Il Ponte – L’Altraitalia
Riservazione per la cena obbligatoria:
[email protected] – tel. 056 5353130 oppure 079 8211901
Costo: 35.-, cena compresa
Organizzano:
Pro Ticino di Zurigo,
Pro Grigioni Italiano, sezione di Zurigo
Un viaggio in gommone dal Ticino a Venezia, organizzato da Claudio Rossetti, costellato di incontri con luoghi e personaggi legati all’acqua e alla sua cultura.
Ingresso libero
Nuovi percorsi tra gli «schermi»
dei Promessi Sposi
Organizzano:
Cattedra di Letteratura italiana dell’Università di Zurigo,
Cattedra de Sanctis del Politecnico federale di Zurigo,
21.09.16 10:01
5 novembre
ore 18.30
Il Ponte
Bergstrasse 7
8630 Rüti (ZH)
8 novembre
ore 18.30
Liceo Artistico
Parkring 30
8002 Zurigo
9 novembre
ore 18.15
Politecnico federale di Zurigo
Aula HG D 3.2
Rämistrasse 101
8001 Zurigo
9 novembre
ore 19.30
Predigerkirche
Zähringerplatz 6
8001 Zurigo
10 novembre
ore 18.30
Liceo Artistico
Parkring 30
8002 Zurigo
11 novembre
ore 19.30
Liceo Artistico
Parkring 30
8002 Zurigo
13 novembre
ore 17.00
nei locali della Zwinglikirche
Aemtlerstrasse 23
8003 Zurigo
15 novembre
ore 18.30
Liceo Artistico
Parkring 30
8002 Zurigo
17-18 novembre
17 novembre: ore 14.30-18.30
18 novembre: ore 09.30-18.00
Università di Zurigo,
edificio principale
Rämistrasse 71
8001 Zurigo
18 novembre
ore 19.30
Alte Kaserne
Seminarsaal (1° piano)
Technikumstrasse 8
8400 Winterthur
19 novembre
ore 18.30
Liceo Artistico
Parkring 30
8002 Zurigo
20 novembre
ore 16.00
Centro Parrocchiale St. Agatha
Bahnhofplatz 3
8953 Dietikon
21 novembre
ore 18.30
Wine Lounge Buonvicini
Oberdorfstrasse 2
8001 Zurigo
Cariatidi sul Cuore
Le donne di Dante – teatro-danza
Le donne di Dante oltre la maschera del personaggio. Nel tempo del rumore collettivo Bice e Gemma in cerca di un’identità scelgono il silenzio lasciando la parola ai
versi – recitati da altre donne in altre lingue – che le avvolgono, le imbrigliano, le
creano, le negano.
In viaggio con l’acqua
Documentario di Romano Veneziani e Luciano Paltenghi
Organizzano:
Hypnagogia (Lucilla Trapazzo, Maria Francesca Palli),
Il Ponte – L’Altraitalia
Riservazione per la cena obbligatoria:
[email protected] – tel. 056 5353130 oppure 079 8211901
Costo: 35.-, cena compresa
Organizzano:
Pro Ticino di Zurigo,
Pro Grigioni Italiano, sezione di Zurigo
Un viaggio in gommone dal Ticino a Venezia, organizzato da Claudio Rossetti, costellato di incontri con luoghi e personaggi legati all’acqua e alla sua cultura.
Ingresso libero
Nuovi percorsi tra gli «schermi»
dei Promessi Sposi
Organizzano:
Cattedra di Letteratura italiana dell’Università di Zurigo,
Cattedra de Sanctis del Politecnico federale di Zurigo,
Società Dante Alighieri di Zurigo
Viaggio attraverso le fonti visive inedite del romanzo nazionale
italiano
Salvatore S. Nigro, Prof. di letterature comparate e scienze del linguaggio alla
IULM, propone un percorso atipico attraverso il capolavoro manzoniano: I Promessi
Sposi saranno indagati a partire dalle fonti visive inedite del romanzo e dalle sue
rappresentazioni cinematografiche.
La serata è aperta a tutte le persone interessate.
Ingresso libero
Concerto per il 35° giubileo
del coro misto grigionese
Organizza:
Coro misto grigionese di Zurigo
Il colpo di Zurigo
Organizza:
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Dirige il Maestro Remo Weishaupt; verranno eseguite opere di Duri Sialm e Gion
Antoni Derungs.
Operazione spionistica italiana della Grande guerra
Con il supporto di documentazione Tindaro Gatani propone la ricostruzione
dell’azione degli agenti segreti della Regia Marina che riuscirono a trafugare dalla
cassaforte del Consolato austriaco di Zurigo l’elenco dei sabotatori che avevano provocato l’affondamento di due corazzate e gravi danni all’industria bellica italiana.
Incontro con lo scrittore Raffaele Nigro
Presentazione del libro «Viaggio in Basilicata»
Ritorno dello scrittore nei luoghi d‘origine, itinerari per rivedere i luoghi comuni e
spalancare una nuova finestra su un ricchissimo patrimonio ambientale, culturale e
soprattutto umano. Modera il Prof. Giuseppe Lupo, docente di Letteratura italiana
contemporanea all’Università Cattolica di Milano.
«O caro sogno, o dolce ebbrezza»
Verranno eseguite arie e duetti di Gounod, Bizet, Rossini, Verdi,
Puccini, Lehár
Regina Domjan (soprano), Simona Mango (mezzosoprano), Giancarlo Prossimo
(pianoforte)
La Casa d’Italia
Una rigorosa ricerca storica delle fasi che portarono alla costruzione dell’edificio all’Erismannstrasse di Zurgio
Per ulteriori informazioni: www.buendner-chor.ch
Ingresso libero (colletta)
Ingresso libero
Organizzano:
Circolo Lucano di Zurigo,
ALA – Amici del Liceo Artistico,
Istituto Italiano di Cultura di Zurigo
Il libro «Viaggio in Basilicata» è edito da Adda Editore, 2016
Ingresso libero. Segue un aperitivo lucano.
Organizzano:
Amici della cultura nella Zwinglikirche,
Calliope Concets
Ingresso libero, colletta. Segue aperitivo.
Organizza:
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Ingresso libero
Gli immigrati italiani a Zurigo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento: condizioni di vita, istituzioni, personalità e la necessità di aver un loro luogo
d’incontro che avrebbe portato alla decisione di costruire la Casa degli Italiani inaugurata nel 1932. Questo e molto altro nel nuovo libro di Tindaro Gatani.
Prospettive dell’etimologia e
della lessicologia romanesche
Workshop su origine e storia di parole tipiche del dialetto di
Roma
Bustarella, jella, intruglio, impiccio sono fra le tante parole romanesche – alcune
con, altre senza un trasparente corrispettivo in lingua – divenute di largo impiego
anche in italiano; sull’origine di simili voci riferiranno alcuni dei maggiori specialisti in materia.
Le avventure di Giacomo Casanova
in Svizzera
Un viaggio attraverso la Confederazione sulle orme del celebre
libertino
Organizza:
Romanisches Seminar dell’Università di Zurigo (Prof. M. Loporcaro, Dr.
V. Faraoni),
con il sostegno del Fondo Nazionale Svizzero, dell’UZH-Hochschulstiftung, dello ZUNIV, dell’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo e della Società Dante Alighieri di Zurigo
Ingresso libero
Informazioni:
- http://www.rose.uzh.ch/aktuelles.html
- [email protected] / tel. +41 (0)44 634 63 30
Organizza:
UNITRE Winterthur
Ingresso libero
Alla scoperta delle avventure del celebre avventuriero veneziano in terra elvetica,
così come egli stesso le ha raccontate nelle sue famose Memorie, che ci fanno conoscere le donne, i politici e gli intellettuali incontrati nel corso dei suoi soggiorni
svizzeri.
Cena di gala
Una sola volta all’anno lo splendido salone liberty del Liceo Artistico diventa ristorante. Lo chef Daniele Piga proporrà uno squisito menu tipicamente italiano.
Organizza:
Liceo Artistico
Prenotazione obbligatoria:
044 202 80 40 oppure [email protected]
Costo: 80.- CHF, vino escluso. Il menù si trova sul sito www.liceo.ch
Concerto del Coro Alpino Lecchese
Il Coro Alpino Lecchese è parte integrante della Consulta Musicale di Lecco e si
identifica quale coro di «canto popolare», con tendenza per i canti di montagna.
La pasta. Storia, origini ed evoluzione
Conferenza sul «monumento culturale» italiano più conosciuto
nel Mondo
Un piacevole e istruttivo intervento, che documenta i pregi e le virtù di quella che
è stata definita la massima «espressione del genio collettivo del popolo italiano»,
corredato da un vasto e scelto repertorio fotografico e da una documentazione filmica
e letteraria.
Organizza:
Circolo Culturale Sandro Pertini di Dietikon
Ingresso libero, colletta
Dopo il concerto ci sarà una bicchierata accompagnata da castagne.
Organizza:
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera,
in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo
Ingresso libero. Posti limitati, iscrizione necessaria:
[email protected] oppure 044 289 23 19
20 novembre
ore 16.00
Centro Parrocchiale St. Agatha
Bahnhofplatz 3
8953 Dietikon
21 novembre
ore 18.30
Wine Lounge Buonvicini
Oberdorfstrasse 2
8001 Zurigo
23 novembre
ore 18.15
Romanisches Seminar
Aula D-31
Zürichbergstrasse 8
8032 Zurigo
24 novembre
ore 18.30
Liceo Artistico
Parkring 30
8002 Zurigo
26 novembre
ore 18.30
Il Ponte
Bergstrasse 7
8630 Rüti (ZH)
30 novembre
ore 18.30/19.30
Aula della KS Freudenberg
Brandschenkestrasse 125
8002 Zürich
2-4 dicembre
2 dicembre, ore 20.00
3 dicembre, ore 20.00
4 dicembre, ore 19.00
Miller’s Studio
Seefeldstrasse 225
8008 Zurigo
4 dicembre
ore 10.15
Ristorante Cooperativo
St. Jakobstrasse 6
8004 Zurigo-Stauffacher
4 dicembre
ore 17.00
nei locali della Zwinglikirche
Aemtlerstrasse 23
8003 Zurigo
6 dicembre
ore 18.15
Romanisches Seminar
Aula D-31
Zürichbergstrasse 8
8032 Zurigo
9 dicembre
ore 14.15
Liceo Artistico
Parkring 30
8002 Zurigo
17 dicembre
Concerto del Coro Alpino Lecchese
Il Coro Alpino Lecchese è parte integrante della Consulta Musicale di Lecco e si
identifica quale coro di «canto popolare», con tendenza per i canti di montagna.
La pasta. Storia, origini ed evoluzione
Conferenza sul «monumento culturale» italiano più conosciuto
nel Mondo
Un piacevole e istruttivo intervento, che documenta i pregi e le virtù di quella che
è stata definita la massima «espressione del genio collettivo del popolo italiano»,
corredato da un vasto e scelto repertorio fotografico e da una documentazione filmica
e letteraria.
Essere o non essere William Shakespeare
John Florio e la verità degli archivi
Verranno presentati i risultati di ricerche d’archivio, condotte sui due Florio, padre
e figlio, in Svizzera, Inghilterra, Italia, Francia, Germania. Paiono smentire definitivamente le dicerie attorno ad una possibile «segreta identità shakespeariana» di
John Florio.
Antonio De Grada, fra Milano, Zurigo e
Buenos Aires
Ingresso libero, colletta
Dopo il concerto ci sarà una bicchierata accompagnata da castagne.
Organizza:
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera,
in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo
Ingresso libero. Posti limitati, iscrizione necessaria:
[email protected] oppure 044 289 23 19
Organizza:
Centre for Renaissance Studies (J. Bartuschat e R. Trachsler)
Ingresso libero
Organizzano:
NonsoloConvivio,
ALA – Amici del Liceo Artistico
Pittore noto per i suoi affreschi nelle ville zurighesi fra cui Villa
Patumbah e Villa «Dem Schönen», sede del Liceo Artistico
Informazioni: www.degrada.ch
Umami
Organizzano:
Teatral-Mente (Lucilla Trapazzo, Emanuele Saladino),
Il Ponte – L’Altraitalia
Parla il dott. Marc Philip Seidel, autore di diverse pubblicazioni su questa tematica.
Consapevolezza corporea tra cibo, tecniche teatrali e percorsi
neurali
Il cibo ha un profondo valore emotivo e affettivo e può influenzare stati d’animo e
azioni. Attraverso tecniche teatrali e psicomotorie esploreremo il ruolo dei sensi e
delle emozioni nella nutrizione e il legame profondo con le manifestazioni corporee
concrete.
Il Berretto a Sonagli
di Luigi Pirandello
Versione di Eduardo De Filippo, regia di Roberto Becchimanzi; recita la compagnia
Luna Nova di Roma (www.lunanovateatro.com)
Primo Festival della canzone d’autore
italiana
2 dicembre: Giorgio Conte in concerto
3 dicembre: Etta Scollo in concerto
4 dicembre: Marco Todisco in concerto
Ingresso libero. Segue un aperitivo offerto da ALA in onore del pittore
del Liceo.
Riservazione obbligatoria:
[email protected] - tel. 056 535 31 30 oppure 079 821 19 01
Costo: 35.-, cena compresa
Organizzano:
ALA – Amici del Liceo Artistico,
Istituto Italiano di Cultura di Zurigo,
Società Dante Alighieri di Zurigo
Ore 18.30: aperitivo; ore 19.30: inizio della rappresentazione
Ingresso libero. Prenotazione entro il 25 novembre a [email protected]
Organizza:
Miller’s Studio
Biglietto 48.—
Informazioni e acquisto biglietto: www.millers-studio.ch.
Da un’idea di Pippo Pollina, che ha curato la direzione artistica dell’evento
Tu e Aristotele
Conferenza con intermezzo musicale del Maestro Marco Bartoli
(chitarra classica)
Nel 2400° anniversario dalla nascita di Aristotele il Dr. Andrea Ermano, già docente
presso le Università di Zurigo e Padova, ripercorrerà alcuni momenti della vita del
Filosofo e alcuni aspetti della sua riflessione sull’essere in quanto essere umano.
Das bessere Leben ist anderswo
Incontro con il regista italo-svizzero Rolando Colla e visione
del suo film
Dopo la presentazione da parte del regista e la proiezione del film, Rolando Colla,
premiato al festival di Locarno per «Una vita alla rovescia» (1998) e vincitore del Leopardo d’Oro nel 2002 per «Oltre il confine», risponderà alle domande del pubblico.
La passione della scrittura:
da Neera a Morante
Conferenza della Prof. Sharon Wood, dell’Università di Leicester (UK)
Organizzano:
Società Cooperativa,
Società Dante Alighieri di Zurigo
Ingresso libero. Seguirà un rinfresco.
Organizza:
Amici della cultura nella Zwinglikirche
Il film verrà proiettato in lingua originale (spagnolo, svizzero tedesco e
serbocroato) con i sottotitoli tedesco. La discussione sarà bilingue (italiano e tedesco).
Ingresso libero, colletta. Segue aperitivo.
Organizza:
Doktoratsprogramm Romanistik, Università di Zurigo
La serata è aperta a tutte le persone interessate.
Ingresso libero
La conferenza offre una panoramica sulla produzione letteraria delle donne
dall’Unità fino alla fine del ’900, che lascia emergere la storia drammatica e sommersa del femminile, offrendo una prospettiva differente sulla realtà culturale italiana.
La tecnica della fusione a cera persa
Conferenza dello scultore valtellinese G. Abram
Per lo scultore, professionista da oltre 40 anni, che ha scelto come materiale di elezione il bronzo, fuso nella propria fonderia, la tecnica della fusione a cera persa non
ha segreti.
Opera Gala Night
ore 20.00
Concerto di Fine Anno
Sala Consiliare (Gemeinderatssaal) Anna Maria Chiuri (soprano), Angela Gandolfo (soprano), Marzio Giossi (baritono),
Bremgartnerstrasse 22
Alberto Jelmoni (tenore), Roberto Barrali (pianoforte)
8953 Dietikon
2016 Zinit. Volantino V4.indd 2
Organizza:
Circolo Culturale Sandro Pertini di Dietikon
Organizza:
ALA – Amici del Liceo Artistico
Informazioni: www.g-abram.eu
Ingresso libero. Segue rinfresco.
Organizza:
Circolo Culturale Sandro Pertini di Dietikon
Ingresso libero, colletta
Dopo il concerto verrà offerto un piccolo rinfresco.
21.09.16 10:01
Benchmark
di Nico Tanzi
Il transfer di Gruen, ovvero:
come farti comprare di tutto anche se
non hai bisogno di niente
Se qualcuno ci chiedesse se siamo in ogni istante padroni di noi stessi, se siamo sicuri di possedere
costantemente il controllo delle nostre azioni, se in altri termini, almeno durante la nostra vita da
svegli, siamo sempre pienamente coscienti o meno, probabilmente risponderemmo di sì. E perché mai
non dovremmo esserlo? Sì, ci sono quei momenti in cui si è stanchi, o confusi, o talmente stressati da
non essere del tutto lucidi; ma nel complesso... la risposta sarebbe affermativa.
E se vi dicessi che non è così? E che invece tutti noi siamo, del tutto indipendentemente dalla nostra
volontà, oggetto di gigantesche manipolazioni attuate con criteri assolutamente scientifici, e che
mirano proprio a obnubilare il nostro stato cosciente e a indurre comportamenti che non ci sogneremmo mai di avere in circostanze normali?
Non sto parlando della pubblicità —come qualcuno sicuramente avrà pensato. Certo, la pubblicità è
stato il primo passo in quella direzione. Ma ormai è talmente inflazionata (dalle migliaia di stimoli,
visivi ma non solo, che riceviamo quotidianamente) che, presa in sé, ha sempre meno potere di influenzare le nostre scelte. Non mi riferisco alla pubblicità ma a qualcosa di molto, molto più sottile.
A tanti sarà capitato — giusto per fare l’esempio più macroscopico — di entrare in un grande centro
commerciale, uno di quei templi postmoderni che gli americani chiamano mall, e di avvertire un
certo disagio. Ma non quel disagio chi ci spinge a tornare sui nostri passi e imboccare l’uscita. Piuttosto, uno stato di inquietudine ansiosa e crescente, un’attrazione imponderabile quanto irresistibile
verso scaffali e vetrine...
Quello stato maleficamente confusionale ha un nome: Transfer di Gruen, dal nome di quel Victor
Gruen che esattamente sessant’anni fa inventò il primo centro commerciale. Naturalmente si tratta
di un termine «insider», di cui gli specialisti di questa particolare (e ai più sconosciuta) branca del
marketing si guardano bene dal parlare in giro. Ma sentiamo cosa ci dice un esperto in materia come
Martin Howard, profeta — secondo i suoi stessi termini — di «un uso libero e consapevole dei media».
Per «Transfer di Gruen» — spiega Howard — si intende «il momento in cui l’acquirente cade in uno stato di confusione e perde il controllo del suo processo decisionale. I sintomi includono: sguardo vitreo,
perdita dell’orientamento, suggestionabilità. È in questo stato mentale così arrendevole che di solito
si fanno acquisti non pianificati; i dirigenti dei grandi magazzini vorrebbero che tutti i clienti fossero
in questa condizione PRIMA di entrare nel loro negozio».
Acquisti non pianificati: ecco la parola magica. In un centro commerciale organizzato «all’americana» (e ormai ce n’è in ogni parte del mondo) si adottano strategie raffinatissime per portare i clienti
a dimenticare la loro «lista della spesa» e ad estendere l’acquisto ben oltre il necessario. Strategie
che vanno dall’attenzione al «layout» (cioè la disposizione di settori e scaffali), ai profumi, alla
musica di fondo. Quest’ultima in particolare ha un potere assolutamente incredibile di influenzare i
comportamenti.
Il fenomeno è oggetto di studi rigorosi. Nei grandi magazzini in cui viene diffusa musica, i clienti
spendono il 17% in più che dove non c’è musica. Nel settore alimentari, una musica lenta induce
a comprare il 38% di merce in più. Nei fast-food, al contrario, la musica è ben ritmata: così gli
avventori masticheranno più velocemente, e altrettanto velocemente lasceranno il posto ai prossimi clienti. Difendersi non è facile, spiega Howard, anche perché noi «clienti» ci mettiamo spesso e
volentieri del nostro per lasciarci abbindolare. Assolutamente da non perdere il suo libretto, che è
anche facile e divertente da leggere: Sappiamo cosa vuoi. Chi, come e perché ci manipola la mente.
L’editore è Minimum Fax.
ottobre 2016 La Rivista - 51
Biografie in
filigrana
Charles-Ferdinand Ramuz e Igor Stravinskij
Charles-Ferdinand Ramuz
di Giuseppe
Muscardini
nella banconota da 200 franchi
Charles-Ferdinand Ramuz è raffigurato sulla banconota da 200
franchi svizzeri. Lo sguardo profondo dello scrittore di Losanna
esprime l’umana curiosità di chi seppe intrecciare con le personalità più noti del suo tempo fruttuosi rapporti di collaborazione artistica. Fra questi Igor Stravinskij.
Un formidabile binomio: Ramuz e Stravinskij
Si resta sorpresi constatando come, a partire dal febbraio di
quest’anno, la celebre opera da camera l’Histoire du soldat composta nel 1918 da Igor Stravinskij su libretto di Charles-Ferdinand Ramuz, sia stata rappresentata solo in Italia 9 volte: al
Ritratto fotografico di Charles-Ferdinand Ramuz
Teatro Vittorio Emanuele di Messina in
febbraio, al Teatro delle Sfide di Bientina
(Pisa) nello stesso mese, al Teatro Vittoria
di Torino in aprile, a Palazzo Barberini a
Roma in giugno, a Villa Nicolai a Calcara
(Bologna), poi a Mantova e al Forte Montecchio di Colico (Lecco) in luglio.
Un’occasione ghiotta per gli estimatori
di Stravinskij: la rappresentazione in versione originale offre incanti e suggestioni
che catturano lo spettatore consapevole
della genesi dell’opera, composta da Igor
Stravinskij durante il suo esilio in Svizzera.
Nondimeno chi conosce la produzione letteraria di Charles-Ferdinand Ramuz, avrà
avuto modo di apprezzare la storia del
soldato Joseph, che scende tragicamente
a patti con il diavolo ingannatore. L’impianto narrativo ideato da Ramuz risente
di quello scavo psicologico che è alla base
di ogni scrittura contrassegnata dagli interrogativi dell’uomo: la vita, la morte, la
ricerca ossessiva della felicità, il baratto
dell’anima per la ricchezza e la fama.
52 - La Rivista ottobre 2016
L’espressione mesta di Ramuz sulla banconota da duecento franchi, pare comunicarci la deludente persuasione che non
si possa raggiungere alcuna sicurezza. Gli
occhi obliqui, lo sguardo un poco smarrito rivolto verso chi usa il denaro senza
nulla domandarsi, denuncia la pochezza
delle nostre azioni quotidiane, mentre le
immagini che si trovano nella parte posteriore della banconota, con il richiamo
a le soleil nella riproduzione di una pagina autografa, con il lago e la montagna
sullo sfondo, riconducono a certi elementi pittorici presenti nei quadri di Cézanne,
da cui Ramuz trasse di frequente ispirazione per impreziosire la sua pagina.
La stessa espressione del volto la ritroviamo in un’immagine fotografica che
ritrae lo scrittore per l’appunto insieme
a Stravinskij, risalente agli anni della
proficua collaborazione fra i due. La sua
fisionomia è meno definita in un Portrait
de Charles-Ferdinand Ramuz, de profil
à gauche realizzato a matita da Alberto
Giacometti, dove le volute “a gomitolo”
sono da assimilare istintivamente al groviglio interiore di una personalità complessa.
Al Théâtre Municipal di Losanna, il 28
settembre 1918 andò in scena per la
prima volta l’Histoire du soldat, accolta
con entusiasmo dal pubblico e con piena
soddisfazione di Stravinskij. Nei suoi appunti autobiografici il compositore russo
spiegò con queste parole le ragioni del
successo: “La musica mi si è qualche volta
presentata in sogno, ma soltanto una volta mi è stato possibile annotarla”. Quelle
“annotazioni” erano in parte originate
dall’eccellente stesura del libretto di Ramuz, che dopo molte titubanze sulle sue
effettive capacità di produrre un testo
teatrale, aveva accettato di cimentarsi
nell’impresa.
Gli esordi ancor prima
dell’Histoire du soldat
Ma nell’ottica di un inquadramento ge-
Ritratto di Charles-Ferdinand Ramuz realizzato
da Jos Jullien, 1926
Privas, Archives départementales de l’Ardèche
sua perplessità sulla presenza di un’entità spirituale svizzera, ricorrendo ad affermazioni del tipo: «les “Suisses” (si le
mot a quelque sens…)», «les “Suisses” (s’ils
existent)…». Eppure anni prima non aveva
sottaciuto il suo orgoglio vodese, quando in una lettera allo scrittore anarchico
Henry Poulaille aveva raccomandato con
candore: «Io sono nato nel 1878, ma non
ditelo. Io sono nato in Svizzera, ma non
ditelo. Dite che io sono nato nel Vaud, che
è un vecchio paese Savoiardo, cioè di lingua d’oc». A Pully, a poca distanza dalla
sua Losanna, Ramuz si spense il 23 maggio 1947, agli albori di quella ricostruzione morale che impegnò molti uomini di
pensiero, reduci dalla tragedia bellica.
Gli italiani di Aline e della
Beauté sur la terre
Niente sembra legare Ramuz all’Italia,
se non quell’elemento neppure troppo
trasversale, determinato dall’evocazione
centenaria della guerra del 1915-1918,
che oggi rende attuale l’Histoire du soldat, in calendario in molti teatri italiani.
Eppure un tratto caratterizzante del Bel
paese si trova, tenue e sottile, nel citato
Banconota da duecento franchi, fronte
romanzo Aline del 1905, dove fa la sua
comparsa, insieme ad una troupe da circo, un ammaestratore di animali italiano, con accento italiano e una gestualità
tutta italiana. Le montreur avait un foulard rouge autour du cou et un chapeau
de feutre pointu... L’idea di una connaturata creatività degli italiani, traspare
anche nel romanzo La Beauté sur la terre,
testo peraltro dal quale è desunto il brano del manoscritto raffigurato sul retro
della banconota. Qui un giovane operaio italiano dedito alla musica è oggetto
di interesse: suona la fisarmonica con
passione e intrattiene gli ospiti divertiti
presso la casa di amici. Tanto da destare
la gelosia in uno dei protagonisti, timoroso di perdere la sua Juliette: Je suis
vieux, je pensais: «Voilà qu’elle en a assez
de moi... » Alors c’est cet Italien, parce
qu’il est bien Italien, ou quoi? C’est cet
Italien que tu veux? Je comprends bien,
c’est sa musique... Nell’economia del romanzo la gelosia è un sentimento che
il compassato e attempato personaggio
può ancora dominare. Ma un diffuso stereotipo vuole che l’italiano medio non
sappia controllarlo.
Banconota da duecento franchi, retro
nerale dell’opera dello scrittore di Losanna, sarebbe riduttivo mettere in luce
solo il binomio Stravinskij-Ramuz e la
fortunata Histoire du soldat. Per la verità,
se la collaborazione fra i due è del 1918,
Ramuz a quell’epoca godeva di notorietà
per le felici prove che lo avevano accreditato come valente letterato, poeta e pensatore: quindici anni prima, trentenne,
aveva dato alle stampe una silloge poetica dal titolo Le petit village, e nel 1905 il
romanzo Aline, ai giorni nostri ancora oggetto di interesse da parte degli studenti
delle facoltà umanistiche, che spesso vi
dedicano le loro dissertazioni di laurea.
Ma fu con Raison d’être, pubblicato nel
1914 nel primo numero dei «Cahiers Vaudois», che il nome di Charles-Ferdinand
Ramuz venne accostato alle personalità
più significative del pensiero moderno.
Il sapiente uso poetico della lingua gli
permise di sviluppare compiutamente
in questo saggio il tema della solitudine dell’uomo di fronte alla natura, nella
convinzione che la riflessione sull’arte
fosse l’unico modo per dialogare con il
mondo esterno. Seguirono altri romanzi
di successo come La Guérison des maladies, La grande peur dans la montagne e
Derborence, mentre il 1937 fu funestato
da aspre polemiche per la posizione ideologica assunta dalle colonne della rivista
parigina Esprit, con cui manifestò tutta la
ottobre 2016 La Rivista - 53
Fino all’8 gennaio
2017 al LAC
Lugano Arte e
Cultura
Paul Signac, Bourg-Saint-Andréol (1926)
Acquerello 23,5 x 45 cm Collezione privata
Paul Signac:
Riflessi sull’acqua
Inaugurata lo scorso 4 settembre si
protrarrà fino all’8 gennaio 2017 al
Museo d’arte della Svizzera italiana una
grande mostra dedicata a Paul Signac
(1863-1935) che apre la nuova stagione museale a un anno dall’inaugurazione. Attraverso oltre centoquaranta opere provenienti da un’eccezionale
collezione privata la mostra illustra la
carriera di uno dei massimi protagonisti dell’arte di fine Ottocento.
Paul Signac, Avant du Tub, Opus 176 (1888)
Olio su tela, 45 x 65 cm Collezione privata
Le prime mostre del secondo anno di attività
del Museo d’arte della Svizzera italiana (MASI
Lugano) intendono aprire una riflessione sugli sviluppi del linguaggio pittorico attraverso
l’opera di artisti moderni e contemporanei che
trova un punto di partenza ideale nell’opera
dell’artista francese Paul Signac, grande precursore della pittura moderna.
La mostra Paul Signac. Riflessi sull’acqua, a
cura di Marina Ferretti Bocquillon, direttore
scientifico del Musée des impressionnismes
di Giverny e corresponsabile degli Archives
Signac, è posta sotto l’alto patronato di Sua
Eccellenza, Signor René Roudaut, Ambasciatore di Francia in Svizzera ed è stata organizzata
in collaborazione con la Fondation de l’Hermi-
54 - La Rivista ottobre 2016
tage di Losanna, istituzione con cui il Museo
ha già avuto occasione di collaborare nel 2012
per la realizzazione della grande mostra tematica Una finestra sul mondo.
La mostra
Paul Signac. Riflessi sull’acqua, riunisce oltre
centoquaranta opere, fra dipinti, disegni, acquerelli e incisioni, appartenenti a un’eccezionale collezione d’arte, uno dei più importanti
nuclei di opere dell’artista conservato in mani
private. Presentata alla Fondation de l’Hermitage all’inizio di quest’anno e ora al MASI Lugano, la mostra offre un’esaustiva panoramica
dell’evoluzione artistica del pittore ripercorrendo le fasi che hanno segnato i mutamenti
della sua tecnica pittorica sin dagli esordi, in
particolare dal decisivo incontro con Georges
Seurat (1859-1891) avvenuto nel 1884 a Parigi grazie alle frequentazioni con alcuni esponenti del gruppo degli Impressionisti. Signac
diviene uno dei rari amici di Seurat e, insieme
a Odilon Redon, i due artisti fondano la Société
des artistes indépendants dando avvio l’anno
seguente alla corrente del Neoimpressionismo.
Sotto l’influenza di Seurat, Signac abbandona
la breve e veloce pennellata impressionista per
sperimentare il Pontillisme, tecnica pittorica
caratterizzata dalla costruzione dell’immagine
attraverso piccoli tocchi di colore puro fondata sulle coeve ricerche scientifiche dedicate ai
fenomeni ottici. Grazie alla sua opera pittorica
e ai suoi contributi teorici, Signac divenne una
figura di riferimento per molti esponenti della
generazione successiva di artisti attivi nell’ambito del Fauvismo o del Cubismo.
Attraverso un percorso cronologico e tematico,
la mostra rivela le molteplici sfaccettature di
un uomo innamorato del colore. Le opere esposte documentano le diverse fasi dell’evoluzione
artistica di Paul Signac: dai primi dipinti impressionisti fino agli ultimi acquerelli della serie
dei Ports de France (Porti di Francia), passando
per gli anni eroici del neoimpressionismo, il fulgore di Saint-Tropez, le immagini scintillanti di
Venezia, Rotterdam e Costantinopoli. Alla foga
impressionista degli esordi si contrappongono
così le limpide policromie del divisionismo, il
giapponismo audace degli acquerelli contrasta
con la libertà dei fogli dipinti en plein air, mentre i grandi disegni preparatori a inchiostro di
china acquerellato ci rivelano i segreti di composizioni serene, a lungo meditate in studio.
L’acquerello diventerà la tecnica prediletta da
Signac, accompagnandolo nei suoi molteplici
viaggi e permettendogli di lavorare all’aperto,
apportando un senso di leggerezza e freschezza alle sue opere. La mostra ben illustra il rapPaul Signac, Saint-Tropez, Fontaine des Lices (1895)
Olio su tela 65 x 81 cm Collezione privata
porto privilegiato dell’artista con questa tecnica attraverso gli anni fino al suo ultimo grande
progetto realizzato tra il 1929 e il 1931dal
titolo Ports de France, esplorazione itinerante
che ha coronato la sua carriera di acquerellista.
Il catalogo
La mostra è accompagnata dalla pubblicazione Signac. Riflessi sull’acqua edita da Skira, che
presenta immagini a colori delle opere esposte,
testi critici di Marina Ferretti Bocquillon, curatrice della mostra e una prefazione firmata
dalla curatrice insieme a Sylvie Wuhrmann,
direttrice della Fondation de l’Hermitage di Losanna e Marco Franciolli, direttore del Museo
d’arte della Svizzera italiana.
La mediazione culturale
Oltre alle consuete visite guidate gratuite che
si svolgono ogni domenica alle 15:00, sono
previste per tutta la durata della mostra numerose attività di mediazione culturale volte
a favorire la fruizione da parte del pubblico e
a trasformare la visita in un’esperienza arricchente ed emozionante. Per i dettagli del programma ad hoc ideato per la mostra rimandiamo al documento “LAC edu per Signac”.
Paul Signac, Rotterdam, Le moulin du canal (1906)
Acquerello 17 x 24,2 cm Collezione privata
In programma al MASI
In concomitanza con la mostra dedicata all’opera di Paul Signac, il Museo proporrà dai primi
di ottobre una grande antologica dedicata ad
Antonio Calderara (1903-1978), figura singolare e appartata del panorama artistico italiano
per molti aspetti paragonabile a quella di Giorgio Morandi che, come Paul Signac, ha fatto
della pittura il suo linguaggio prediletto. Una
mostra che vuole presentare al grande pubblico la ricerca artistica di Antonio Calderara,
partendo dalle opere del periodo figurativo,
fortemente influenzate dall’opera di Georges
Seurat - altro punto di incontro con la ricerca
di Signac -, fino alle opere astratte attraverso
un percorso dominato dal valore assoluto della
luce. Centrali sono i dipinti di piccoli formato
degli anni Sessanta e Settanta in cui prende
corpo una luce - colore che traduce l’aspirazione del pittore a dipingere il nulla, il vuoto, la
luce e l’armonia: l’infinito.
MASI Lugano
Il Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano rappresenta il punto di arrivo di una
profonda revisione delle politiche culturali
che ha portato all’unificazione del Museo
Cantonale d’Arte e del Museo d’Arte di
Lugano in una sola istituzione. Il museo
ha due sedi: al LAC sono proposti diversi
allestimenti volti ad approfondire l’arte del
Novecento e contemporanea e le sue collezioni, a Palazzo Reali l’attività si concentra sulla storia dell’arte del territorio e sulla
valorizzazione di nuclei specifici delle collezioni. Partner principale del MASI Lugano
è Credit Suisse, che conferma il suo storico
impegno in favore dell’arte a Lugano.
Paul Signac, Avignon, Matin (1909)
Olio su tela 73 x 92 cm Collezione privata
Paul Signac, Antibes, vue de La Salis (1910)
Acquerello, penna e inchiostro di china 31,5 x 44 cm Collezione privata
ottobre 2016 La Rivista - 55
Per la prima volta
in Svizzera
Javier Marin, Manotas, 1995
L’arte scultorea di Javier
Marín a Casa Rusca di Locarno
È stato inaugurato lo scorso 17 settembre quello
che sarà l’avvenimento artistico principe della Pinacoteca comunale di Casa Rusca (Locarno) per il
2016-2017. La mostra, di portata internazionale,
s’inserisce nella serie di rassegne di artisti di fama
mondiale che Casa Rusca promuove da anni.
Javier Marín che vive e lavora a Città del Messico è considerato il
più importante scultore messicano vivente. Sull’arco di trent’anni, ha sviluppato una notevole carriera, con oltre 90 esposizioni
Lo scultore messicano Javier Marin
personali e più di 200 partecipazioni a
mostre collettive in diversi paesi del Sud
America, Stati Uniti, Asia e Europa.
Le sue opere si trovano in numerose collezioni private e pubbliche, tra Ie quali il
Museum of Modern Art a Città del Messico, il Museum of Fine Arts a Boston e il
Museum of Art di Santa Barbara.
Curata da Rudy Chiappini Direttore Musei civici e con l’accurato e suggestivo
allestimento dell’architetto Mario Botta,
la mostra mette in scena, per la prima
volta in Svizzera, l’arte scultorea di Javier Marín attraverso una cinquantina di
opere di medie e grandi dimensioni che
vanno dalla metà degli anni Novanta ad
oggi, realizzate con materiali e tecniche
diverse.
Opere figurative ancorate stilisticamente
al passato ma che dicono con forza dirompente l’umanità d’oggi.
Per meglio conoscere la sua arte scultorea, il nostro collaboratore gli ha rivolto
alcune domande all’artista messicano.
56 - La Rivista ottobre 2016
Lei ha esposto con successo nei
musei più importanti del mondo.
Lo scorso anno, la sua mostra a
Città del Messico ha conosciuto
un record di 600mila visitatori.
Cosa prova oggi ad esporre alla
Pinacoteca comunale di Casa
Rusca a Locarno ?
Per casa Rusca abbiamo fatto una selezione di opere esposte nei due musei di
Città del Messico l´anno scorso, in occasione della rivisitazione dei miei primi 30
anni di lavoro, con l’ intenzione di non
perdere la “proposta curatoriale” disegnata originariamente per la mostra denominata “Corpus Terra, La materia como idea”.
Questa “proposta curatoriale” invita i
visitatori ad analizzare il mio lavoro, per
arrivare alla parte concettuale che io propongo a partire dai processi e dai materiali che utilizzo.
Dentro il museo, ci sarà un video che in
parole semplici e immagini, descriverà
un´idea nata dal processo di lavoro sviluppato in 30 anni da Javier Marin e sarà
accompagnata da più di 30 opere di diverse dimensioni provenienti dalla mia
collezione privata, portate dal Messico a
Casa Rusca.
Barocco, classicismo e
grandiosità sono alcune
caratteristiche delle sue sculture.
Da dove le viene l’accentuata
vena di classicismo della forma
che si coglie e si ammira nelle
sue statue?
Penso che parlare di classicismo e di barocco come riferimento unico al mio lavoro sia una percezione superficiale, però,
nell’analisi delle ispirazioni, si potrebbe
anche parlare di arte Olmeca o arte Maya
o di molte altre, inclusa l´arte popolare.
A me interessa l´incompletezza degli oggetti che arrivano fino ai nostri tempi,
trascendendo dal momento in cui sono
stati creati, convertendosi in contenitori
liberi di essere reinterpretati o riutilizzati
dall´artista che li converte in propri nel
suo momento storico.
Quando vediamo una figura incompleta
o alterata per il trascorrere del tempo,
automaticamente la carichiamo delle nostre personali idee attuali.
La sua arte scultorea, che ha
come scopo di ritrarre l’essere
umano, potrebbe essere definita,
forse in modo riduttivo,
esistenziale?
Io non sono capace di definire il mio lavoro in modo esistenziale. Non credo che
quello sia il mio obbiettivo.
È stato scritto che con le sue
creazioni lei “indaga il presente
attraverso il passato”. Cosa
significa?
Questa è un’affermazione scritta da un
critico d´arte; io credo che principalmente il mio lavoro ponga l’attenzione al passato per provare a costruire un’immagine
o un´idea del futuro.
Javier Marin, Cabeza de hombre barbudo, 1997
Javier Marin, Cabeza sin moro, 2008
Nella sua sontuosa, intrigante e
avvincente mostra vi sono figure
rilassate e rilassanti, ma anche
figure stravolte. Qual è il motivo
di questa eclatante differenza?
Io non pretendo che la mia opera sia un
ritratto dell´essere umano in una situazione specifica, voglio parlare dell´essere
umano da una prospettiva integrale di
un essere vivo che abbraccia una serie di
situazioni intellettuali, emozionali e fisiche. L’essere umano è composto da una
serie di momenti diversi.
Il suo Retablo, la monumentale
pala d’altare nella cattedrale
di Zacatecas, è un’opera
importante e significativa della
sua produzione. Lei si ritiene un
artista laico o religioso?
Io sono una persona ed un artista laico.
Cosa si ritrova della cultura
messicana popolare nelle sue
opere?
Il mio lavoro si alimenta del mio attuale
momento di vita.
Io ho vissuto la maggiore parte della mia
vita in una metropoli e con una cultura
che è stata costruita da molte correnti di
pensiero, da molte proposte estetiche e da
molte filosofie.
Messico è una regione molto ricca in quel
senso e io mi posso permettere di dire che
sono stato formato dal mio background
culturale, dallo spazio fisico, storico e dal
momento in cui vivo. Mi aspetto che il mio
lavoro possa esprimere questa idea.
Javier Marin, Grupo L1012, 2016
Javier Marín dal 18 settembre all’8
gennaio 2017 alla Pinacoteca municipale
di Casa Rusca Locarno.
Orari: Martedì - Domenica
10.00-12.00 / 14.00-17.00
Lunedì chiuso.
www.museocasarusca.ch
www.locarno.ch
www.facebook.com/Pinacotecacasarusca
www.instagram.com/casarusca
ottobre 2016 La Rivista - 57
Al Museo d’arte
Mendrisio fino al
29 gennaio 2017
Senza titolo, 1999, olio su tela, 200 x 300 cm
Courtesy Galerie Knoell, Basilea
Per Kirkeby:
I luoghi dell’anima del grande
maestro scandinavo
Acclamato in tutta Europa per gli straordinari risultati raggiunti
in campo artistico, Per Kirkeby è certamente uno tra i maggiori
protagonisti della scena culturale scandinava del Novecento. Si
è imposto come imprescindibile figura di riferimento per una
generazione di artisti a partire dagli anni Sessanta fino ad oggi.
Basti pensare che la sua opera è stata esposta in ampie retrospettive nei Musei di Strasburgo, Monaco, Düsseldorf, Copenaghen, Berlino, Edimburgo, Colonia, Bruxelles, Parigi e Londra.
Nato a Copenaghen nel 1938, studia e si laurea in geologia artica alla locale Università: in quest’ambito partecipa a numerose
spedizioni in Groenlandia, Circolo polare artico e America cenSenza titolo (Groenlandia), 2011, gouache su carta, 21 x 28 cm
Bo Bjerggaard Galleri, Copenaghen
trale. Questo primo, mai abbandonato
interesse scientifico, si tramuta in una
continua collaborazione con il Geologisk
Museum di Copenaghen culminante nella decorazione dell’atrio e dello scalone
d’ingresso e nella collocazione, nel cortile d’entrata, di un frammento di meteorite portato dalla Groenlandia al termine
di una spedizione. La sua formazione e
l’interesse per il campo della geologia è
da considerarsi fondamentale alla comprensione dell’intera sua futura produzione artistica.
L’opera artistica si sviluppa a partire dal
1962, anno in cui Kirkeby s’iscrive alla
Scuola d’arte sperimentale di Copenaghen
e prende parte alla loro prima mostra. Nel
1966 pubblica la sua prima raccolta di
poesie e partecipa ad alcune performances con, tra gli altri, Joseph Beuys e Jörg
Immendorf. In questi anni espone per la
prima volta una serie di sculture e pubblica il suo primo romanzo oltre a una serie
particolarmente ricca di saggi sull’arte.
58 - La Rivista ottobre 2016
Nel 1966 produce la sua prima scultura in mattoncini rossi, alla quale molte
altre seguiranno lungo vari decenni. Negli anni Settanta realizza numerosi film
e nel 1976 partecipa alla Biennale di
Venezia, dove torna con una personale,
nel 1993. Nel 1978 ottiene la cattedra
all’Accademia d’arte di Karlsruhe, dove
insegnerà per i successivi 10 anni. È presente a diverse edizioni di Documenta e
viene nominato Membro dell’Accademia
danese. Nel 1989 ottiene la cattedra alla
Städelschule di Francoforte, dove insegnerà fino al 2000.
Moltissime negli anni Novanta le personali nei principali musei del mondo. Nella seconda parte del decennio inizia una
particolarmente feconda collaborazione
con il Teatro Reale di Copenaghen e il
New York City Ballet, per i cui spettacoli crea costumi e scenografie. Collabora
con Lars von Trier alla realizzazione dei
titoli nei singoli capitoli del film Breaking
the Waves (“Le onde del destino”).
Pubblica a getto continuo testi su grandi
artisti del passato che l’hanno particolarmente interessato e coinvolto. Su tutti Turner, Friedrich, Delacroix, Cézanne,
Rodin, Munch, Schwitters, Jorn. La sua
conoscenza della pittura e della scultura
del passato – soprattutto dell’Ottocento
– è unica, straordinaria, aspetto distintivo della sua complessa personalità.
Data al 1998 la grande personale alla Tate
Gallery di Londra, dove tornerà con una
grande mostra nel 2009, e presso il Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen di Düsseldorf. Nel 2000 realizza 8 grandi sculture
in bronzo per il Parlamento di Berlino, nel
2004 porta a compimento la decorazione
della rotonda presso il Museo Geologico di
Copenaghen. Espone in Cina, Belgio, Norvegia. Nel 2011 viene nominato Membro
della Royal Academy of Arts di Londra.
La prima importante
retrospettiva in area italofona
La mostra organizzata al Museo d’arte di
Verkostung, 1999, olio su tela, 200 x 150 cm
Galerie Michael Werner, Berlino
Inverno III, 1985, olio su tela, 200 x 130 cm
Galerie Michael Werner, Berlino
Mendrisio, curata dal Direttore Simone
Soldini, è la prima importante retrospettiva in area italofona.
Intende ripercorrere 30 anni della carriera di Per Kirkeby concentrandosi sul
periodo della maturità (1983-2012),
quando l’artista danese abbandona la
sua posizione di rilievo nell’avanguardia
artistica per inoltrarsi in un percorso
esclusivamente pittorico. Un iter suggestivo, che fa dell’unità il suo punto
forte.
Con 33 tele di grandi dimensioni, 30
opere su carta e 6 sculture (di cui una
alta quasi 4 metri collocata nel chiostro
del Museo), la mostra sintetizza buona
parte del suo lavoro. Dei vari aspetti
della sua poliedrica produzione (che lo
vede attivo in veste di pittore, geologo,
poeta, scultore, creatore di luoghi architettonici, scrittore d’arte, uomo di teatro e cinema) il Museo d’arte di Mendrisio intende favorire quella personale
stagione lirico-informale, strettamente
legata ai paesaggi esplorati durante i
suoi lunghi viaggi e caratterizzata da
impressionanti dipinti di grande formato, che Kirkeby sviluppa – in una ricerca
ininterrotta fino alle ultime opere del
2012 – dopo essere stato tra i protago-
nisti delle nuove
tendenze espressive degli anni
Settanta unitamente a Gerhard
Richter, Sigmar
Polke, A.R.Penck,
Markus Lüpertz,
Georg Baselitz e
dopo un forte interesse per l’arte
minimalista e un
iniziale avvicinamento a Fluxus e
alla Pop Art. La svolta verso una pittura più materica e informale comincia a
partire dal 1980 circa, anno che segna
l’inizio di uno sviluppo costante, profondo e ragionato di un personalissimo
linguaggio pittorico, fortemente ispirato dalla natura.
Accanto alle opere pittoriche si darà il
giusto rilievo alla meravigliosa produzione su carta, testimonianza del Kirkeby
instancabile viaggiatore ed esploratore,
attraverso una scelta particolarmente
attenta di acquerelli realizzati nei suggestivi paesaggi della Groenlandia, campo
di ricerca dell’artista geologo dalla fine
degli anni Cinquanta ai primi del 2000,
e che ben sottolineano il rapporto com-
plesso e molto intenso con l’elemento
circostante.
Gli acquerelli di Kirkeby sono sì appunti di viaggio, presi duranti i soggiorni in
Groenlandia, Messico, Egitto, Nuova Zelanda, ma di una qualità tale da competere a pari livello con gli altri principali
capitoli della sua produzione artistica.
Oggi molte delle opere di Per Kirkeby
sono custodite nelle prestigiose collezioni
di alcuni dei più importanti musei internazionali, dal Metropolitan e il MOMA di
New York al Centre Pompidou di Parigi e
la Tate Gallery di Londra. Sue sculture si
trovano in Germania, Danimarca, Spagna,
Olanda, Irlanda, Scozia, Svezia e Italia.
La mostra di Mendrisio, frutto di una
collaborazione con la storica Galerie Michael Werner di Berlino, la Bo Bjerggaard
Galleri di Copenaghen (per la parte relativa alle opere su carta) e con il contributo della Galerie Knoell di Basilea, si
configura come la prima grande mostra
di Kirkeby in area italiana. Per l’occasione
sarà edito un catalogo di circa 150 pagine con un testo critico di Sigfried Gohr
(il maggiore studioso della sua opera),
Erik Steffensen (biografo e curatore di
alcune recenti esposizioni), e con schede
a commento delle sue molteplici attività
artistiche.
Informazioni:
www.mendrisio.ch/museo [email protected] tel. +41. 058.688.33.50
Orari
ma-ve: 10.00 – 12.00 / 14.00 – 17.00
sa-do e festivi: 10.00 – 18.00
lunedì chiuso, tranne festivi. Chiuso 24 e 25 dicembre 2016 e 1 gennaio 2017
Entrata
Intero: chf/euro 10 ridotto: chf/euro 8
ottobre 2016 La Rivista - 59
Sulle alture di
Vevey
di Augusto Orsi
Il mondo di Chaplin
Il Chaplin’s World è proprio come ogni ammiratore di Charlot potrebbe immaginarlo: un grande museo ludico in bilico tra realtà e
mondi sognati, tra le peripezie del Kid (Il monello) e la forza dirompente di denuncia del Grande dittatore, tra la poesia del Circo e la
tenerezza struggente di Luci della ribalta.
Questo grande spazio “pour s’amuser” situato sulle alture di Vevey,
tra vigne a terrazza con vista sul Lago Lemano, porta anche la firma di Alfred Grévin, genio delle statue di cera e creatore del celebre
omonimo museo, e la partecipazione della Compagnie des Alpes.
In questo maestoso paesaggio di Corsier-sur-Vevey, la famiglia
Chaplin ha vissuto dal 1952 al 2008 dopo che Charlot fu espulso dagli
Stati Uniti. Dal 16 aprile 2016 la residenza
del grande clown e attore inglese, di origine
gitana, è aperta al pubblico ed è diventata
un’attrazione turistica di primo piano non
solo per la regione, ma anche per la Svizzera.
Situato nel grande parco, di 4 ettari popolato
da alberi centenari, il Manoir de Ban cuore
della proprietà di Chaplin costruito dall’architetto “vevesyen” Philiph Frenet nel 1840 e
oggi iscritto all’albo svizzero dei beni culturali. Sia Charlie Chaplin, che vi è morto il 25
dicembre del 1977, che Oona sua moglie e i
suoi 8 figli amavano molto la loro “home” per
la pace e la tranquillità che vi regnava. “I miei
genitori vi hanno vissuto venticinque anni felici” ha dichiarato Michael Chaplin, primogenito della famiglia e uno dei promotori della
creazione del Chaplin’s World. Alle parole di
Michael, che testimoniano della vista idillica trascorsa a Corsier-sur-Vevey, fanno eco
quelle di Géraldine Chaplin “Maman aimait
bien avoir des enfants, et papa aimait la voir
enceinte”.
Con la creazione del Museo, il Manoir de Ban,
60 - La Rivista ottobre 2016
restaurato, è parte integrale del Chaplin’s
World. Qua, come ha detto lo scenografo
François Coffino, “On découvre l’home, le
père, le mari”.
L’idea d’un grande museo dedicato a Charlie
Chaplin, conosciuto universalmente come
Charlot, è nata nel 2000 da un incontro tra
l’architetto vodese Philippe Meylan e il canadese Yves Durand grande fan di Chaplin.
Ci sono voluti ben 16 anni di trattative e di
lavori prima che il mondo di Chaplin diventasse una realtà operativa, che fornisce agli
ammiratori del clown e dell’attore Charlot
la possibilità di poter vedere da vicino la
sua eredità umana e culturale. Un progetto
costato ben 60 milioni di franchi, al quale
hanno partecipato anche gli eredi, che oltre
ai figli, conta anche 28 nipoti. Secondo Jean
Pigeon, direttore operativo, il Museo Charlot
dovrebbe attirare tra 300 e 350 mila visitatori ogni anno.
Un set di circa 500metri quadrati
25 anni di un uomo e di un’icona leggendaria
del cinema, ai quali si aggiungono 40 anni
passati negli Stati Uniti li si ritrovano nel
Chaplin’s World. Il Manoir de Ban ci fa scoprire la vita di famiglia di Chaplin, le sue abitudini e i suoi riti: la quotidianità, gli incontri,
le feste, attraverso un’indovinata sceneggiatura, fatta di centinaia di foto della famiglia,
degli amici, ma anche dei personaggi celebri
che visitarono il Manoir, di video che hanno
ripreso Charlie e Oona a passeggio nel parco,
nella piscina, nella sala da pranzo e di oggetti
che sono ancora là come lo furono al tempo
dei Chaplin.
È un set di circa 500metri quadrati nel quale
si può interagire, uno spazio nel quale ci si
diverte e non solo come spettatori passivi,
ma anche attivi. A pianterreno si è accolti da
una solare e sorridente riproduzione Grévin
del grande artista.
Il sorriso era stato il marchio di fabbrica
della sua comicità e della sua umanità. Man
mano che ci si addentra nella casa si ritrova
anche quella che doveva essere l’atmosfera gioiosa della famiglia Chaplin. Al primo
piano mobili che lo stesso Chaplin ha disegnato e foto di personaggi che hanno fatto
la storia del 20° secolo: da Alberto Einstein,
che nel 1931 era stato presente alla première di City Lights (Luci della città), a Winston Churchill.
Nella visita al Manoir de Ban ci si rende conto, attraverso ritagli di giornali e documenti
che per il Tramp, non vi furono solo lodi e
riconoscimenti, ma anche attacchi spietati
da parte di una stampa statunitense maccartista che non tollerava il suo liberalismo artistico e che lo condannava, in quanto aveva
scelto di essere cittadino del mondo piuttosto che cittadino americano.
Lo studio
Nei 1350 metri quadrati dello Studio, un
edificio costruito ex novo sulla proprietà
Chaplin, si scopre tutto l’incantevole universo cinematografico dell’artista. La stupenda scenografia presenta in modo reale
ed avvincente i set dei film più significativi
realizzati da Charlot. Quest’opera fantastica,
una delle più belle della settima arte, porta
la firma dello scenografo François Confino
che nel 1987 alla Villette aveva realizzato
Cités-Cinés, una stupenda ed esaustiva esposizione dedicata al cinema.
La visita inizia con un filmato che contestualizza l’opera di Chaplin nella sua dimensione sociale. Terminata la proiezione
con una sorte di magia ci si ritrova in Easy
Street, una strada di un quartiere povero di
Londra della fine del XIX secolo, che accolse la giovinezza di Charlot che diventato
Chaplin vi ambientò The Kid, uno degli eroi
più umani del suo cinema sociale. Da qua, il
visitatore inizia il giro dei luoghi iconici di
un cinema apprezzato universalmente: dal
Circo, dove si incontrano eroi del cinema
muto Buster Keaton e Laurel e Hardy, dove
si visita la bottega del barbiere, si osservano
le macchine di Tempi Moderni e la capanna
della Febbre dell’oro…
La visita in luoghi da sogno della settima
arte dura al minimo 3 ore, ma potrebbe
durare molto di più. Basta lasciarsi andare
e sognare.
Orari d’apertura: tutti i giorni dalle 10 alle 18
Accesso in auto: autostrada A9, uscita Vevey
In treno e bus: stazione CFF di Vevey. Trasporto pubblico linea 212. Fermata “Chaplin”
chaplinsworld.com
[email protected]
ottobre 2016 La Rivista - 61
Sono stati annunciati a Milano
i vincitori dei Premi Balzan 2016
I nomi sono stati annunciati dal presidente del Comitato generale Premi della Fondazione Balzan, Salvatore Veca, con il
presidente della Fondazione Balzan “Premio”, Enrico Decleva. Ciascun premio ha un valore di 750.000 franchi svizzeri (circa
685.000 euro), metà dei quali da destinarsi a progetti di ricerca. Questi i vincitori:
Piero Boitani (Italia), Università di Roma “La
Sapienza”, per la letteratura comparata con
la seguente motivazione: “Per la sua straordinaria capacità di rappresentare la letteratura
mondiale come un dialogo vivente con i classici
dell’antichità, del Medioevo e dell’età moderna;
per i suoi studi innovativi sulla storia della fortuna e della ricezione dei miti e dei temi fondamentali della civiltà occidentale; per il suo metodo filologico che espone il senso potenziale
dei testi canonici, proiettandolo nel futuro”.
Reinhard Jahn (Germania), Max-Planck-Institut für biophysikalische Chemie,
Göttingen, per le neuroscienze molecolari
e cellulari, compresi gli aspetti neurodegenerativi e di sviluppo, con la seguente motivazione: “per lo studio pionieristico della
caratterizzazione molecolare delle vescicole
sinaptiche e del ruolo dei complessi proteici
nel processo di esocitosi - un meccanismo
essenziale per la trasmissione dei messaggi
nel sistema nervoso”.
Federico Capasso (Italia/USA), Università
di Harvard (USA), per la fotonica applicata
on la seguente motivazione: “Per il lavoro
pionieristico nel campo del design quantico
di nuovi materiali con specifiche caratteristiche elettroniche e ottiche che ha portato
alla realizzazione del rivoluzionario laser
a cascata quantica, e per i suoi importanti
contributi sul fronte della scienza e della
tecnologia fotonica nella plasmonica e nei
metamateriali”.
Il premio per le relazioni internazionali: storia e teoria il Premio Balzan 2016 non è stato assegnato: la sua attribuzione avverrà l’anno prossimo, insieme ai quattro del 2017 A tal proposito, Salvatore Veca (Pesidente del Comitato Generale Premi Balzan), considerata l’importanza
della materia e la necessità di individuare un vincitore o una vincitrice di alto livello, come tradizione del Premio Balzan, ha comunicato che
il Comitato Generale Premi si è impegnato a proseguire i lavori sulla materia delle “relazioni internazionali: storia e teoria” per pervenire
a un esito adeguato nel prossimo anno.
Il Premio Gottfried Keller 2016
assegnato a Pietro De Marchi
Il prossimo 22 ottobre, nella Capella della Helferei a Zurigo, la Fondazione Martin Bodmer assegnerà il 38esimo premio letterario Gottfried Keller al poeta, narratore e professore di letteratura
Pietro De Marchi per il suo nuovo libro La carta
delle arance. Inoltre, un premio d’onore verrà
conferito al collettivo d’autori A.J.A.R – Association de jeunes auteur.e.s romandes et romands
(Associazione di giovani autori e autrici della
Svizzera romanda) per la narrazione composta
in comune Vivre près des tilleuls (Vivere vicino
ai tigli) pubblicata lo scorso 17 agosto presso la
casa editrice Flammarion.
Gli strumenti che De Marchi è andato affinando nelle sue pubblicazioni precedenti – i
tocchi ariosi della sua poesia, gli affondi nella
storia personale e nelle storie universali della
62 - La Rivista ottobre 2016
sua narrativa, la grande capacità di ascolto di
cui dà prova nei saggi – entrano in risonanza
e partecipano a comporre una voce matura,
limpida, nitida ma anche vibrante e sonora.
Leggera, sì, ma più che leggera tesa a lasciare
la terra, a spiccare il volo. Giocosa, magari,
ma se il gioco è col fuoco – il fuoco fatuo
degli scomparsi, il ferro e fuoco della storia, il
calore della vita.
Questa voce è inusuale nel panorama della
poesia di lingua italiana: la lingua è italiana, lo sono tanti riferimenti, i suoi maestri
e i luoghi, specie di provincia, che visita. Ma allo stesso tempo è una
voce ricca di influssi francesi
e tedeschi e inglesi, di traduzioni, di ritmi e di can-
zoni, ed è aperta tanto alle ricerche formali
che alla prosa, alla
mescolanza dei
generi, alle collisioni tra realtà e finzione. È
una voce viva
che come le
cose vive cresce man mano,
respira, tace,
muta e torna a
pronunciare.
Per chi
suona il
campanello
di Mirko Formenti
Acidi e bassi: le frequenze
proibite della notte
“You are very welcome, my mate”. Uh, ehm, beh, grazie, penso, mentre ricambio il saluto del
gigante tatuato che mi tiene aperta la porta del bagno.
Siamo in una discoteca londinese, quindi mi dico ingenuamente che forse la garbata affabilità
del portiere (nonché il fatto stesso che ci si sia presi la briga di mettere un portiere nei cessi di
una disco) è da ricondurre alla tradizionale politeness britannica, o tutt’al più alla speranza di
arrotondare lo stipendio con una piccola mancia. Inutile dire che non è così: il nostro amico è
naturalmente uno spacciatore, lo spacciatore ufficiale del locale.
Lo capisco quando mi rendo conto che il fenomeno dell’“assistente di toilette” è diffuso in molti altri locali: un
tizio con la t-shirt dello staff, in genere enorme, nero e sorridente, apre la porta del bagno agli avventori, saluta
calorosamente, e poi attende pazientemente che uno sbrighi le sue faccende e si lavi le mani per porgergli con
estrema gentilezza delle tovagliette di carta per asciugarsele, augurandogli, se questo non indugia, “have a wonderful
evening”. Quando l’ingenuità (“forte, magari lo fanno per evitare sprechi di carta”) lascia il posto al sospetto – che è
curiosità – decido di essere uno di quelli che indugia, e mi fermo goffamente davanti all’omone, incerto sul da farsi,
aspettando che faccia la sua mossa. Questo mi squadra da capo a piedi e mi chiede con candore se sono interessato
all’acquisto di un profumo o di una caramella, indicandomi una mensola lì vicino, effettivamente ricoperta (perché
si tratta di una copertura) da improbabili cianfrusaglie da chiosco come boccette taroccate e lecca-lecca ammuffiti.
Davanti al mio cortese declino aggiunge allora “…anything else?”. Non stavolta, amico, in fondo volevo solo metterci
il nas…ehm, no, diciamo soddisfare la mia curiosità, confermare il sospetto.
Il tema delle droghe nelle discoteche, già di per sé sempre attuale, è più scottante che mai da quando, sul finire
dell’estate, la polizia londinese ha revocato tra mille controversie la licenza al Fabric, uno dei club più importanti e
conosciuti d’Europa, costringendolo a chiudere i battenti, in seguito alla morte di due diciottenni dovuta all’eccessivo
consumo di droga. Un fato che – parola dello stesso sindaco Sadiq Khan, che ha espresso dure critiche alla decisione
di chiudere il locale – è stato negli ultimi otto anni condiviso da una buona metà dei locali notturni della città (tra
l’altro, se ricordate, un clamoroso caso analogo ha avuto luogo anche l’estate scorsa in Italia, quando al Cocoricò di
Riccione sono stati imposti quattro mesi di chiusura in seguito alla morte per overdose di un ragazzino).
Così, mentre sui muri della metropoli fioriscono un po’ ovunque graffiti e manifesti con l’hashtag del momento
(#savefabric), all’entrata dei club i controlli sono più aspri che mai, mentre al loro interno lo spaccio prosegue indisturbato, e la cosa mi fa sorgere numerose domande. La prima è in che misura i locali siano o possano veramente
essere responsabili per le abitudini tossiche dei loro clienti, e quindi in che misura la loro chiusura possa risolvere
il problema; la seconda è se in fondo l’evidente tentativo dei club di monopolizzare lo spaccio tramite una sorta di
“spacciatori residenti” non sia già un miglioramento che vale la pena di valutare. Al di là dell’evidente vantaggio
economico di obbligare la gente a comprare dai loro “spacciatori in loco”, i club in genere proibiscono severamente
l’entrata a chi è già in possesso di droga anche per evitare rogne: in un certo senso, controllando lo spaccio si assicurano anche che la roba sia di buona qualità (o quantomeno non nociva) e che venga venduta in quantità ragionevoli
a persone ragionevolmente in grado di intendere e volere, evitando così di vedersi sprangare i portoni a causa di
qualche ragazzino in cerca di emozioni forti finito all’obitorio.
Questo tipo di, ehm, protezionismo in fondo non può che arginare in qualche modo l’abuso di sostanze, permettendone un uso per così dire più ragionato e ragionevole – perché, bisogna pur essere realisti, le droghe sono una realtà
che esiste da sempre e che continuerà ad esistere, e chi cerca di estirparne l’uso chiudendo i locali, dove vengono
abitualmente assunte o perseguendone legalmente il commercio, non sta di certo minimamente risolvendo il problema. Il parallelo con altri settori “proibiti” al limite della legalità funziona se si pensa per esempio alla prostituzione
o all’immigrazione clandestina: tutto ciò esiste e continuerà ad esistere, checché se ne voglia; perseguire significa
costringere nell’ombra, dare queste attività (spesso ben lucrative) in pasto alla malavita con le conseguenze che sappiamo – legalizzare significa controllare, regolamentare, portare alla luce del sole ed assicurarsi (in una certa misura,
si capisce) che non esistano abusi, vittime e carnefici arricchiti. Con questo non sto dicendo: legalizzate; dico solo:
riflettete, non sparate giudizi, valutate cum grano…grano SALIS, eh!
ottobre 2016 La Rivista - 63
Ventesima edizione
del Bobbio Film
Festival
Juliette Binoche, fra Marco e Pier Girogio Bellocchio, è stata insignita del Gobbo d’oro 2016,
l’equivalente del Pardo d’oro locarnese
Juliette Binoche e Laura
Morante ospiti d’onore del festival
di Oreste Foppiani
Il Bobbio Film Festival (www.bobbiofilmfestival.
it), compie vent’anni: venti edizioni piene di
successi ed emozioni. La manifestazione fortissimamente voluta da Marco Bellocchio e dal
Comune della ‘capitale’ dell’Alta Valtrebbia, è
sorta nel 1995 dall’iniziativa culturale e formativa Farecinema, un laboratorio per insegnare il
mestiere della regia e della critica cinematografiche ai giovani. Parte così, in sordina, a Bobbio,
uno dei progetti di formazione più interessanti e
originali mai realizzati in Italia. Da allora, infatti,
per due settimane l’anno Marco Bellocchio si
ritira a Bobbio e scrive e realizza un cortometraggio, facendosi affiancare dai giovani corsisti
che hanno l’opportunità di percorrere tutte le
fasi creative di una produzione cinematografica (cioè, l’ideazione, la sceneggiatura, la regia,
la scenografia, la fotografia, la recitazione, le
riprese, il suono e il montaggio), lavorando al
fianco di uno dei grandi maestri del cinema italiano e internazionale.
Come un sapiente artigiano, Bellocchio, il cui
film d’esordio, I pugni in tasca (Italia, 1965),
l’anno scorso ha compiuto mezzo secolo ed è
stato presentato in una nuova versione rimasterizzata al Festival di Locarno, ha plasmato
un festival prima nazionale e poi internazionale, che, fatte le dovute proporzioni, può essere
paragonato proprio al più blasonato Festival
del Film di Locarno.
Il Bobbio Film Festival, è una perla rara che
rappresenta ormai un appuntamento fisso per
i cinefili italiani ed europei. Grandi registi e attori vi hanno fatto tappa per presentare i loro
lavori, da Claudia Cardinale a Giovanna Mezzogiorno, da Abel Ferrara a Mario Monicelli,
per citarne solo alcuni.
Per il XX Bobbio Film Festival, due donne hanno aperto e chiuso i lavori: Laura Morante e
Juliette Binoche. Se la prima ha presentato il
film Assolo (Italia, 2016) da lei diretto e interpretato, la seconda ha presentato insieme al
regista esordiente Piero Messina il film L’Attesa
(Italia, 2016), tratto dal dramma pirandelliano
in tre atti del 1923 La vita che ti diedi (ispirato
64 - La Rivista ottobre 2016
cinematografico della Valtrebbia
a sua volta alle novelle del periodo bellico La
camera in attesa e I pensionati della memoria).
La pluripremiata attrice francese, ha dato prova di semplicità ed eleganza, e di un’innata
simpatia dimostrata durante la presentazione
del film davanti al folto pubblico presente nel
chiostro dell’Abbazia di Santa Chiara. Juliette
Binoche è stata, infine, insignita del Gobbo
Valeria BrUni teDeschi
d’oro 2016, l’equivalente del Pardo d’oro locarnese.
La grande kermesse cinematografica bobbiese è stata anche l’occasione per la presentazione dell’ultimo libro del giornalista Mauro
Molinaroli sui vent’anni del festival (Bobbio è
il mondo. Vent’anni di cinema, vent’anni di vita
(Bobbio, 2016).
micaela ramazzotti
Un film Di Paolo Virzì («il caPitale Umano»)
DAL 6 OTTOBRE AL CINEMA
Sequenze
di Jean de la Mulière
La Pazza gioia
Snowden
Frantz
di Paolo Virzì
di Oliver Stone
di François Ozon
Beatrice Morandini Valdirana ha tutti i tratti
della mitomane dalla loquela inarrestabile,
sedicente contessa e a suo dire in intimità
coi potenti della Terra. Donatella Morelli è
una giovane madre, tatuata, psicologicamente fragile e silenziosa, che custodisce un
doloroso segreto. Sono tutte e due ospiti di
una comunità terapeutica per donne con disturbi mentali, entrambe classificate come
socialmente disadattate. Il film racconta la
loro imprevedibile amicizia, che porterà ad
una fuga strampalata e toccante, alla ricerca di un po’ di felicità in quel manicomio a
cielo aperto che è il mondo dei sani.
Lo confida il regista stesso: l’imperfezione
del mondo e della natura umana, che è una
delle costanti del suo cinema, e una delle
cose che gli stava a cuore raccontare con
questo film. Queste imperfezioni, questo
tumulto che è la vita, fatta di gioie e dolori, di altruismi e di violenza, di sbagli e redenzioni, Virzì li racconta con una passione
totale, più sfrenata che mai: perché qui può
permettersi quello che altrove non poteva permettersi fino in fondo, perché solo i
matti superano determinati limiti, o solo chi
supera certi limiti è (è considerato) matto.
Perfettamente calato nell’universo femminile, Paolo Virzì gira un film niente affatto
rosa, ma coloratissimo e intenso, dove la
grande questione della maternità e del rapporto con la madre sono raccontati in tutta
la loro dirompente e drammatica centralità.
Con la collaborazione di Francesca Archibugi alla scrittura, il regista torna alla sua
amata Toscana che gli consente di fondere,
come ben gli riesce, ironia, buonumore e
dramma muovendosi tra le diverse temperature emotive con una sensibilità che si fa,
film dopo film, sempre più acuta e partecipe
delle sorti dei personaggi che porta sullo
schermo.
È la storia di Edward Snowden, l’ex tecnico informatico della NSA - l’agenzia per la sicurezza
degli Stati Uniti - che ha sottratto e rivelato,
tramite i più importanti quotidiani del mondo,
i dettagli segreti del massiccio sistema di sorveglianza messo in atto dall’agenzia statunitense.
Edward Snowden ha 33 anni ed è cresciuto nel
Maryland, figlio di impiegati statali: secondo
il New York Times Magazine la sua è la storia
della «trasformazione di un timido e pallido
ventenne – pieno dell’idealismo che si può avere
a quell’età – che è diventato l’eroico paladino
degli anti-establishment di sinistra». Nel 2003
si arruolò nell’esercito per entrare nelle Forze
Speciali ma dirà in seguito di esserne rimasto
deluso perché «la maggior parte di chi ci addestrava sembrava esaltata per uccidere gli
arabi, non per aiutare qualcuno». A causa di un
incidente durante l’addestramento venne esonerato e trovò lavoro in un ufficio della NSA
all’Università del Maryland.
Dopo poco ottenne un lavoro come informatico
della CIA, che nel 2007 lo mandò a Ginevra, in
Svizzera, per occuparsi di spionaggio. In seguito lavorò per Dell e di nuovo per la NSA. Disse
di aver deciso di rendere pubbliche le cose che
sapeva dopo aver visto che «Obama portava
avanti le stesse politiche che speravo avrebbe
moderato».
Patriota, dissidente o traditore? La sua è una
figura che polarizza. La pellicola, che si basa
sui due libri The Snowden Files di Luke Harding
e Time of the Octopus di Anatoly Kucherena, a
metà tra la narrazione biografica, il thriller e lo
spionaggio, segue le vicende di una delle storie
più intriganti di questi anni e Snowden è il primo
film biografico su di lui: progettarlo, finanziarlo,
girarlo e farlo uscire in tutto il mondo è stato
molto complicato. A maggior ragione se ha dirigerlo è stato OliverStone: un regista bravissimo – ha vinto tre Oscar – e con idee politiche
di sinistra sempre esibite e inserite nei suoi film.
Germania, 1919. Si è da poco concluso il primo
conflitto mondiale e in un piccolo paese, una
giovane donna si raccoglie ogni giorno sulla
tomba del fidanzato caduto al fronte. La sua
routine è rotta dall’incontro con Adrien, soldato
francese sopravvissuto all’orrore delle trincee. La
presenza silenziosa e commossa del ragazzo colpisce Anna che lo accoglie e solleva di nuovo il
suo sguardo sul mondo. Adrien si rivela vecchio
amico di Frantz, conosciuto a Parigi e frequentato tra musei e Café. Entrato in seno alla famiglia
dello scomparso, diventa proiezione e conforto
per i suoi genitori che assecondano la simpatia
di Anna per Adrien. Ma il mondo fuori non ha
guarito le ferite e si oppone a quel sentimento
insorgente. Adrien, schiacciato dal rancore collettivo e da un rimorso che cova nel profondo, si
confessa con Anna e rientra in Francia. Spetta a
lei decidere cosa fare di quella rivelazione.
Frantz è il racconto su quanto difficile sia trasformare la condivisione della perdita in un
sentimento positivo, con gli ingredienti del
melodramma e un raffinato sguardo sul momento storico.
Dramma ficcato come una spina tra le due
guerre e attraversato da un nazionalismo che
esacerbato sfocerà qualche decennio più tardi in una Seconda Guerra Mondiale, Frantz fa
risuonare in un film d’epoca le agitazioni geopolitiche contemporanee, emergendo l’universalità dei suoi propositi.
È un film sulla menzogna e sull’assenza, che
offre anche un’interessante analisi dell’elaborazione del lutto. La scomparsa di Frantz
diventa per i due protagonisti una comune
occasione per l’espiazione delle proprie colpe
e per ricostruire sopra le macerie dei rimorsi e
dei rimpianti.
Dalla morte può così nascere una nuova vita, e
persino un dipinto lugubre e inquietante come
Le Suicidé di Manet può diventare il simbolo di
una rinascita spirituale.
ottobre 2016 La Rivista - 65
Dal 7 al 9 ottobre Palazzo dei Congressi
La Fiera del Fumetto di Lugano
(Nuovo e da Collezione)
Torna anche quest’anno l’immancabile appuntamento
con la Fiera del Fumetto di Lugano organizzata grazie
all’inesauribile lavoro di Fabio e Luca Baudino, che da
anni si prodigano per diffondere la loro passione per i
comics. Ad ospitare la colorata festa dedicata al macrocosmo delle nuvole parlanti, sarà ancora una volta
la suggestiva cornice del Palazzo dei Congressi di Lugano, le cui sale si affolleranno di stand dove sarà possibile ammirare e acquistare fumetti, comics, manga,
gadget, tavole originali e molto altro ancora. Un vero
e proprio paese delle meraviglie per gli appassionati
dove perdersi e dove scoprire novità e rarità di ogni
genere ma anche dove giocare e divertirsi grazie a una
pista Tutto Slot Car, circuito automobilistico per appassionati di modellismo, voluto da Roberto Morandi,
direttore della sezione ticinese del Touring Club Svizzero e con tornei di giochi di carte e da tavolo sponsorizzati da varie associazioni locali, tra cui l’immancabile Torneo scacchistico under 15, patrocinato dalla
Federazione Ticinese di Scacchi.
Protagonista assoluto di questa sesta edizione sarà
Dylan Dog, che a Lugano aveva già vissuto una speciale avventura dal titolo: “Il Ponte del Diavolo”, su testi di
Giovanni Gualdoni e disegni di Giovanni Freghieri, per
l’albetto in omaggio dell’edizione 2013. Nato nel 1986,
dal genio di Tiziano Sclavi, per l’Editrice Sergio Bonelli,
il mitico Indagatore dell’Incubo ritorna, qui, oggi per
festeggiare i suoi trent’anni di pubblicazione. E lo fa
con uno degli episodi più strepitosi che lo hanno visto
protagonista: “L’incubo dell’indagatore”.
Si tratta di una storia disegnata dal Maestro Claudio
Villa, su testi di papà Sclavi, nel
lontano 1998, e ora ripubblicata a colori – opera del
giovane e talentuoso Matteo Valentina – in un’edizione arricchita da una nutrita serie d’illustrazioni inedite,
realizzate per l’occasione, da importanti nomi del fumetto mondiale. A corona dell’opera una cover inedita, realizzata sempre dell’ineguagliabile Claudio Villa
che sarà ospite della manifestazione per autografare
questo incredibile albo a tiratura limitata, offerto in
omaggio all’ingresso a tutti i visitatori paganti. Le prime 20 copertine di Dylan Dog da lui disegnate sono
esposte, in grande formato, davanti al Palazzo dei Congressi di Lugano, fino al 9 ottobre 2016.
E sempre a proposito di ospiti, ricchissima la lista de-
66 - La Rivista ottobre 2016
gli artisti presenti in fiera. Tra questi, Angelo Stano,
Giuseppe Montanari, Marco Villa, Carlo Ambrosini,
Pasquale Ruju, Roberto Rinaldi, Giampiero Casertano,
Silvia Ziche (Topolino), Paolo Cossi, Don Alemanno,
Giovanni Gualdoni, Tino Adamo, Marina Sanfelice. E
proprio Gualdoni, Adamo e Sanfelice, rispettivamente sceneggiatore, disegnatore e letterista della Sergio
Bonelli, saranno i promotori di una serie di Workshop a
tema, durante i quali verrà spiegato come nasce, cresce e si pubblica una storia disegnata, workshop aperti
al pubblico oltre che alle Scuole Medie e Superiori del
Canton Ticino.
Ospiti d’eccezione 2016, da Parigi, l’illustratore di fama
mondiale, Lorenzo Mattotti e Francesco Tullio Altan,
conosciuto per le sue folgoranti vignette satiriche e per
aver creato la mitica Pimpa, il cagnolino a pois entrato
nel cuore di tutti i bambini.
Numerose, naturalmente, saranno anche le conferenze con gli artisti e i professionisti del fumetto, tra cui
impossibile non segnalare la proiezione del celebre
documentario del regista Marco Soldi dal titolo “Nessuno siamo perfetti” con protagonista proprio il papà
dell’Indagatore dell’Incubo.
Per informazioni, programma e aggiornamenti non
perdete di vista il sito ufficiale della manifestazione
all’indirizzo www.fieradelfumettolugano.ch
Diapason
di Luca D’Alessandro
Calcutta
Mainstream
Jake
La
Furia
Fuori Da Qui
Mainstream s’intitola il secondo album di Edoardo D’Erme. Proviene da
Latina e il suo nome d’arte è Calcutta. Da cantante locale è riuscito a emergere sul piano nazionale. Tra i generi musicali a cui s’ispira ci sono quelli
di Lucio Battisti, di Lucio Dalla e di Luca Carboni. Ma anche influenze provenienti dalla musica tradizionale brasiliana, come quella del cantautore e
chitarrista Caetano Veloso. Mainstream è un classico album pop-rock, con
testi espressivi, che a prim’acchito possono sembrare pure banali, ma infine si collocano nella mente dell’ascoltatore proprio grazie alla loro espressività. Sono storie d’amore e di tristezza, d’inquietudini, di preoccupazioni,
di libertà di un essere umano - storie della vita quotidiana, insomma. Le
melodie sono semplici, riproducibili per chi ha voglia di tuffarsi nel mondo
di un cantautore con un potenziale ancora da far ascoltare.
Jake La Furia è accanto a Fame uno dei nomi d’arte di Francesco
Vigorelli, figlio del direttore artistico pubblicitario Giampiero Vigorelli, il quale ha avuto l’esordio con il gruppo musicale rap italiano Club Dogo. L’album Fuori Da Qui è stato anticipato dall’omonimo singolo in duetto con Luca Carboni, una melange tra
rap e il genere rock-pop. Un titolo che ha riscontrato successo,
come l’hanno fatto anche Testa O Croce, inciso in duetto con il
rapper italiano Egreen e la canzone El Chapo. Il disco contiene 14
tracce prodotte da 2nd Roof, PK, Medeline e Don Joe. Appaiono
al microfono tra l’altro Fabri Fibra, Emis Killa, Maruego e Alessio
La Profunda Melodia, quest’ultimo nel brano Me Gusta.
Lello
Petrarca
Trio
Musical Stories
Donatello
D’Attoma
Shema’
Questo disco contiene otto brani provenienti dal leader e pianista jazz Lello Petrarca, mentre il famoso brano Roma Nun Fà
La Stupida Stasera nasce dalla penna del noto compositore e
direttore d’orchestra Armando Trovajoli. Petrarca in questo progetto è affiancato dal contrabbassista Vincenzo Faraldo e dal
batterista Aldo Fucile. Insieme toccano vari generi di musica:
oltre al blues si può ascoltare anche la musica classica di Chopin e Martucci. E non solo! Tracce dei Beatles e naturalmente
l’elemento base, il jazz lasciano l’intera esperienza in un’unione
perfetta tra melodia e ritmo. Essendo i brani strutturati secondo
lo schema classico di composizione jazz, ossia tema-improvvisazione-tema, il tutto è ben compreso per chi ama le melodie
chiare ed armoniche.
Si tratta di un album di assolo di pianoforte l’ultimo lavoro del formidabile musicista jazz Donatello D’Attoma. Tuttavia, poiché gli interventi della cantante Daniela Spalletta in Weird Nightmare, Goodbye Pork Pie Hat, e Open Heart, quest’ultimo composto dalla stessa
cantante, unito alle registrazioni elettroniche di Stefano Quarta in
Via Turner 27, quest’album potrebbe passare pure come un progetto a tre. Il riferimento al mondo del contrabbassista statunitense
Charles Mingus è fortemente evidente. D’Attoma in questo suo disco
propone una riflessione profonda dell’eredità di questo celebre artista che nel mondo del jazz ha lasciato le sue impronte. Per citare
D’Attoma: “È un Mingus allo specchio, è un Mingus che seduto al pianoforte interpreta alcune delle pagine musicali più profonde della sua
infinita produzione.”
(Bomba Dischi / Sony)
(Dodicilune)
(Universal)
(AlfaMusic)
ottobre 2016 La Rivista - 67
Anche quest’anno,
al Palazzo dei
Congressi di
Lugano, è tornato
“Il Viso del Vino”
TicinoWine
di Rocco Lettieri
Il meglio della produzione
vitivinicola 2014
Lo scorso 5 Settembre, TicinoWine, come consuetudine, ha organizzato “Il Viso del Vino”, la tradizionale manifestazione per presentare in anteprima i vini ticinesi in arrivo sul mercato. Questa
edizione vedeva sfilare i vini della vendemmia 2014.
Lo scopo principale di TicinoWine (presidente Uberto Valsangiacomo, direttore Andrea Conconi) è quello di coinvolgere il massimo numero di addetti ai lavori (i wine lovers, si dice oggi) in
un emozionante viaggio dove 52 produttori hanno proposto in
degustazione 172 vini così suddivisi: 116 rossi, 50 bianchi, 1 rosato, 4 spumanti e 1 dolce. Vini che sono stati degustati dalle 10
di mattino e sino alle 13 dai professionisti: giornalisti (tanti anche dalla svizzera tedesca e francese, come da altre parti d’Europa
ed extraeuropei), sommelier, ristoratori, enotecari e venditori alla
presenza del produttore o da personale dipendente, e dalle 15 alle
19 in degustazione libera anche da privati e ad amanti del vino.
Testimoni del prestigio della
produzione enologica del
Canton Ticino
Si è così potuto mettere a confronto le caratteristiche di vini con spiccata tipicità e
carattere, veri testimoni del prestigio che la
produzione enologica del Canton Ticino ha
saputo guadagnarsi negli ultimi trent’anni.
Anche in questa edizione è stato previsto un
ulteriore spazio degustativo, dove il pubblico
ha avuto la possibilità di assaporare altri 26
vini che non hanno potuto essere presentati nell’edizione precedente, in quanto non
ancora pronti o non ancora disponibili. Una
imperdibile occasione per degustare il frutto
del lavoro di un intero settore, che ha fatto
della qualità il proprio emblema. Ancora presente a questa edizione c’era l’Associazione
VITI, che al proprio stand di degustazione
(con Daniele Maffei) ha proposto una scelta di prodotti contraddistinti dallo storico
marchio di qualità. Un’anteprima che ha già
68 - La Rivista ottobre 2016
avuto una più ristretta cerchia di validi produttori presenti a Zurigo lo scorso 29 Agosto
e selezionati per la Memoire des Vins Suisses.
I suggerimenti di TicinoWine erano tali: “…
in un ambiente professionale e rilassante,
prendetevi un pò del vostro tempo per degu-
stare e scegliere il vino da mettere in cantina.
Lasciatevi consigliare dagli imprenditori vitivinicoli che sapranno descrivervi al meglio le
caratteristiche dei loro vini. Fatevi sorprendere da questo 2014 che punta all’eleganza
e al fruttato. I vini sono freschi ed equilibra-
Sylvia Berger, responsabile Coop ritira il premio TicinoWine
ti, piacevoli, pronti per essere sorseggiati e
per accompagnare le gustose pietanze del
territorio… In questi anni le cantine ticinesi
hanno investito in tecnologia che unitamente all’esperienza degli enologi, così come la
sapiente e paziente cernita delle uve da parte
dei viticoltori, hanno permesso di ottenere risultati inimmaginabili solo una decina di anni
addietro.…”.
Un’annata complicata
Per prepararmi alla degustazione anch’io ho
fatto ricerca nel web per avere certezze su
questa a dir poco annata difficile, come si sapeva. E così ho appreso dalla Sezione dell’Agricoltura del Dipartimento delle finanze e
dell’economia (DFE) e l’Interprofessione della
Vite e del Vino Ticinese (IVVT) che la vendemmia 2014 è stata contraddistinta da un inizio primavera molto favorevole con i mesi di
aprile, maggio e buona parte di giugno particolarmente soleggiati e miti, che hanno dato
origine ad un importante anticipo nello sviluppo vegetativo delle viti, permettendo così
una fioritura leggermente anticipata e ben
riuscita, con ottime prospettive produttive.
I mesi successivi non si sono invece rivelati
favorevoli.
Come noto, l’estate 2014 è stata contraddistinta da temperature piuttosto fresche e da un soleggiamento nettamente
al di sotto della media. Questo clima ha
causato la totale erosione dell’anticipo
vegetativo, creando ai viticoltori non poche difficoltà nella coltivazione della vite.
Indiscutibile l’abilità dei viticoltori nel
ottobre 2016 La Rivista - 69
gestire la maturazione in condizioni non
sempre ideali. Il clima umido, poco soleggiato che ha contraddistinto i mesi di
agosto e settembre ha messo a dura prova
la professionalità dei viticoltori che hanno
dovuto dare il meglio. Ritardo di maturazione, malattie fungine e Drosofila Suzukii
hanno dato origine ad una notevole mole
di lavoro supplementare che alla fine si è
però rivelata pagante.
la parte di acini attaccati dalla drosofila. Il livello qualitativo dei grappoli del 2014 riflette
l’andamento stagionale, almeno per quanto
concerne i tenori zuccherini. Dopo anni di
opulenza ci si confronta con questa vendemmia 2014 con tenori inferiori del 10%
rispetto alla media decennale. Dai primi riscontri degustativi dei vini appena prodotti si
può affermare che ci si trova di fronte ad una
annata più che valida per quanto concerne i
schi, aromatici, fruttati, eleganti, con sentori
agrumati (limoncella, ananas, pompelmo,
cedro) e di frutta fresca verde (mela, pera,
pesca-noce) e buona presenza in bocca di
acidità e ottima sapidità. Buona la sferzante
mineralità nel retrogola. Buoni anche i toni
finali ammandorlati.
Degustati 35 vini su 50 (dove erano presenti
ho preferito degustare il 2014 alla 2015) e il
ricordo sopra gli 88/100 va verso i seguenti
Raccolto inferiore alle aspettative.
vini bianchi. Per quanto riguarda i rossi ci si
dovrà aspettare un’annata con vini fruttati,
delicati e tendenzialmente con un grado di
prontezza superiore rispetto alle annate precedenti, fatte salve le riserve che, grazie alla
forte selezione eseguita in vendemmia, quasi
tutti i produttori proporranno, anche se in
quantitativi certamente inferiori.
vini (in ordine di presentazione sul libretto):
Granito di Agriloro 2014; Bianco Rovere di
Brivio 2015; Bianca Maria Castello di Morcote 2015; Ottavo Cantina Il Cavaliere 2015;
Sinfonia Bianco di Chiericati 2014; Sileno
Chardonnay di Corti 2014; Dialogo di Ghidossi 2015; Nottambulo di Klausener 2014;
Centoquindici Viognier Tenuta Luigina 2015;
Bianco di Cademario di Monti 2015; Bianco della Piana di Pelossi 2015; Chardonnay
di Rovio 2015; Terre Nobili Tamborini 2015;
Fortuna di Weingartner 2015 e Dosso Chardonnay di Zǚndel 2014.
Per i vini rossi bisogna fare un po’ di riflessio-
In termini quantitativi l’annata 2014 è da annoverarsi fra le più esigue degli ultimi anni.
Solo nel 2008 si sono registrati quantitativi
inferiori. La produzione globale di uve Merlot, vitigno che rappresenta oltre l’80% della
superficie vitata cantonale, è stata di 53’271
quintali, dell’8.94% inferiore alla media decennale. Quantitativi che hanno consentito
di mettere sul mercato il 15.75% in meno di
bottiglie rispetto alla vendemmia 2013. Gran
parte del calo di produzione è stato causato
dall’importante lavoro di cernita dei grappoli
durante il raccolto, necessario per eliminare
70 - La Rivista ottobre 2016
La mia personale degustazione
In effetti, non si può parlare che bene dei
vini bianchi degustati poiché pochi facevano capo alla vendemmia del 2014, infatti,
molti erano della vendemmia 2015. Vini fre-
la gastronomia italiana in svizzera
ni. Mi aspettavo quanto comunicato nel documento ufficiale della Sezione agricoltura, ma credo senza ombra di smentita che si sia andato
oltre le buone aspettative. Le motivazioni: chi non aveva grande materia prima per fare vini da invecchiamento ha portato in bottiglia vini
di grande qualità poiché era stata fatta una grande selezione. Quindi
l’astuzia del vero professionista è stata quella di fare un solo vino con
tutte le uve e di buona/ottima piacevolezza di beva, conferendo al
vino frutta rossa fresca, grandi profumi, eleganza e finezza, freschezza
e integrità, sapiente uso del legno. In bocca, bella coerenza naso bocca, carnosità del frutto, legno calibrato, setosa trama tannica, tannini
levigati e garbati. Il finale puntato sulla balsamicità. Vini che avranno
grande piacevolezza nei prossimi due/tre anni per poi lasciarsi andare
alla buona conservazione per poter resistere qualche anno dopo i cinque canonici di cantina. Discorso diverso per chi ha scelto di fare vini
da conservazione. Direi quasi tutti ottimi, anche se chi li ha proposti
ha dimezzato o quasi la quantità di produzione solita.
Per la mia degustazione dei vini rossi (degustati 45 su 116), diciamo tra
quelli freschi e fruttati, le scelte sono andate per questi vini: Machìa
di Chiappini; Artù de Il Cavaliere; Ultima Goccia di Chiodi; Salorino di
Corti; Lavertezzo di Delea; Meride di Favino; Acqua Reale di Garzoli;
Saetta di Ghidossi; Serravalle di Gialdi; Belcantonissimo di Klausener;
Tendro di Matasci; Bongio di Mezzana; Merlot di Pugerna di Chiesa; Sottoroccia di Tenuta San Giorgio; Silbernagl di Andrea; Gaìo di
Trapletti e Roncobello di Valsangiacomo.
Tra i vini rossi 2014 dichiarati in barriques, queste le mie preferenze
tra quelli degustati con punteggio superiore ai 93/100 (se qualche vino
manca vorrà dire che non è stato possibile degustarlo per mancanza
di tempo): Sottobosco di Agriloro; Riflessi d’Epoca di Brivio; Lenéo di
Corti; Pinot Nero Pinea di Miriam Hermann-Gaudio; Sassi Grossi di
Gialdi; Ronco di Persico di Huber; Balin di Kopp von der Crone Visini;
Vittoria e Rosso del Principe di Tenuta Luigina; Rovere e Malcantone
di Monti; Lamone Riserva di Pelossi; Arco Tondo di Tenuta San Giorgio;
Emozione di Weingartner e Orizzonte di Zündel.
Ticino Wine Night
La manifestazione si è chiusa con la Ticino Wine Night, cena con abbinamento vini svoltasi nell’adiacente Ristorante Ciani. Circa 50 vini
proposti tra spumanti, bianchi, rosati, e gli immancabili Merlot DOC
Ticino.
In chiusura doveroso segnalare che gli ospiti della stampa provenienti
da fuori Ticino sono stati accompagnati in visita alla Cantina del Castello di Emanuele Scotti, in zona cantine storiche di Mendrisio, per
un saluto di benvenuto con salumi di primissima qualità (prosciutto
crudo, culatello, lardo, pancetta e mortadella di fegato) con spumante
Brut di Guido Brivio. Ancora uno spostamento in bus alla ex Osteria
del Ghitello di Balerna (che diventerà la sede della TicinoWine) dove
sono stati proclamati i vincitori del premio TicinoWine (andato alla
Coop e ritirato dalla responsabile Sylvia Berger) e del premio TicinoWine alla carriera andato all’ing. Giovanni De Giorgi, capo della Sezione
Agricoltura dal 1982 al 2007. Alla cena tipicamente ticinese è stata
offerta una degustazione libera di vini del Sopra e Sotto Ceneri, molto
apprezzata.
Agli stessi giornalisti, il giorno della degustazione, è stato offerto un
pranzo di grande classe presso il Grand Hotel Villa Castagnola. 3 vini
per tre piatti: appetizer; trancetto di luccioperca in manto di mandorla
e agrumi su spinacini e crema di fave; fondente di pistacchio e fichi
con nocino turbinato.
TicinoWine è parte integrante dell’Interprofessione del Vite e della Vino Ticinese, organizzazione mantello che si occupa di tutto
ciò che ruota attorno alla filiera vitivinicola cantonale. Si occupa
prevalentemente della promozione, della produzione enologica ticinese e della sua immagine.
[email protected] www.ticinowine.ch
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dalla nostra prelibata pasta fresca e dai
succulenti dolci. Il tutto accompagnato da una
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La Zurigo
Rivista - 71
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Convivio
di Domenico Cosentino
Dalla Zuppa d’orzo
alle bistecche di capra
Dai fichi secchi alla pasta
Da 2700 anni sulla tavola degli atleti olimpionici
A sentire quanto hanno dichiarato gli atleti italiani presenti ai giochi
Olimpici di Rio, sembra che una parte del merito relativo alle 28
Medaglie (8 di oro, 12 di argento e 8 di bronzo) vinte nelle recente
edizione delle Olimpiadi, sia da attribuire a quella dieta iperproteica (corretta alimentazione) già praticata 2700 anni fa dagli atleti
dell’Antica Grecia, nonché a quella vegetariana dei gladiatori Romani; ma anche a quella che subisce la “dittatura della bistecca”,
imposta per 80 anni, fino alla rivincita della pasta.
Zuppe d’orzo, minestre di legumi, pesce, bistecche di capra, infusi,
frutta fichi secchi e naturalmente la pasta! Ogni epoca ha avuto ed
ha i suoi “superfood” sulla tavola degli sportivi. Gli atleti, secondo gli
allenatori, che li conoscono bene, hanno bisogno di allenarsi anche
quando non praticano sport: ritmi del sonno e corretta alimentazione fanno parte del regime di vita che li mantiene in forma. E ogni
sportivo ha la sua dieta e il suo nutrizionista che lo segue.
Oggi, finalmente sappiamo che i carboidrati hanno un ruolo fondamentale nell’alimentazione degli sportivi. Quindi – sempre basandoci
sulle dichiarazioni degli organizzatori dei giochi -è certo che gli atleti
italiani a Rio de Janeiro non hanno sentito la mancanza della Pasta!
Sono stati ben 2.700 i kg di spaghetti, linguine, vermicelli, fusilli,
con i fichi secchi preferiti dai Gladiatori
penne, paccheri e rigatoni proposti a Casa Italia e nei punti ristorazione del Villaggio Olimpico, per oltre 1.000 piatti di pasta al giorno,
per un pieno di energia prima delle gare.
I Cibi magici dell’Antica
Grecia: Fichi secchi e Carne
I cereali: orzo, farro e riso…
72 - La Rivista ottobre 2016
Ma cosa mangiavano gli atleti in passato? Per tenere in forma gli
atleti ai tempi delle Olimpiadi nell’Antica Grecia – per circa 300 anni
– la dieta energetica era basata su cereali, fichi secchi e formaggi
molli. Finché, stando a quanto racconta Diogene Laerzio, gli atleti
furono sottoposti a regime basato sulla carne.
Si narra che nel 500 a.C. Milone, leggendario lottatore crotonese
vincitore di 7 Olimpiadi, mangiasse 10 kg di carne (annaffiate da 8
litri di vino, certamente vino di Cirò!) al giorno. Verità o legenda, gli
atleti di allora, cercavano nella carne le ‘pozioni magiche’ della loro
alimentazione: carne di capra ai saltatori per le prerogative “salterine” dell’animale; carne di antilope ai corridori per la velocità; carne
di bue ai lottatori per sviluppare colli taurini...
I legumi: fagioli ceci e lenticchie, arricchivano la dieta dei Templari
Una tradizione durata a lungo e documentata, tra gli altri, da Pausania. Ma, come in tutte le epoche, anche allora, c’era chi era contrario agli effetti ‘magici’ della carne. Il medico Galeno, ad esempio, che nel 180 d.C., si lamentava degli atleti che s’ingozzavano
di “carne e sangue” pensando solo a “mangiare, bere, dormire e
rotolarsi nel fango”.
Nell’Antica Roma i primi
vegetariani: I Gladiatori
A Roma, invece, i Munari e i Ludi gladiatori, battevano in popolarità i
Giochi di Olimpia. Ma è stato approvato che la dieta iperproteica, basata
sulla carne, nel circo non prese mai piede: sembra, infatti, che i gladiatori non amassero la carne e neanche il vino! E che quando ci avessero a
che fare avveniva più con quell’umana nell’arena che a tavola.
Lo conferma una recente ricerca di Fabian Kanz e Karl Grossschmidt, antropologi forensi austriaci, che hanno ricostruito la “dieta
del gladiatore” a partire dai resti di 67 combattenti rivenuti in una
tomba ad Efeso, in Turchia. Utilizzando metodi della polizia scientifica hanno rilevato percentuali di stronzio (elemento presente nelle
proteine vegetali fornite dai legumi, nei cereali e nel latte), Quella
del gladiatore è una dieta funzionale e a suo modo “scientifica”,
mirata ad avere ossa forti, resistenza al dolore e guarigioni rapide
dalle fratture. Secondo i ricercatori austriaci, il menù del gladiatore,
era basato su focacce dolci d’orzo e cereali per l’energia, infusi di
fieno (con proprietà anaboliche e stimolanti) e bevande a base di
frutta fermentata, per euforizzare e avvertire meno dolore. Inoltre,
mangiavano molte cipolle e aglio, semi di finocchio, frutta e tanti
fichi secchi. Solo la sera prima degli incontri ci poteva essere qualche strappo alla regola, ma il loro piatto forte era la “sagina”, una
zuppa d’orzo con legumi, bagnata con vino acetato e cenere. Non a
caso, Plinio li soprannomina “Hordearii”, mangiatori d’orzo.
Milano, quel Sant’Ambrogio, tanto caro ai milanesi, riuscì ad ottenere dall’imperatore d’Oriente l’editto per la cancellazione ufficiale
delle Olimpiadi. Sparirono, dunque, la ginnastica educativa e gli
spettacoli atletici.
Ma nel Medioevo c’è la cavalleria a trasmettere i caratteri dell’olimpismo greco. Certo è che il menù del tempo non aiutava a dimostrare il proprio valore in battaglia e nei tornei: un’alimentazione, almeno solo per le classi agiate, con un surplus di grassi
e calorie che innalzava i livelli del colesterolo e trigliceridi, che
provocava gotta, diabete e obesità, come ai tempi nostri. Facevano eccezione solo i Templari, che nella loro regola includevano
capitoli riguardanti l’alimentazione e l’igiene a tavola, che non sfigurerebbero sulle tavole degli atleti di oggi: varietà degli alimenti,
pochi grassi, poca carne e tanti legumi, pesce e frutta fresca. Da
bere: vino di palma diluito con aloe vera e acqua insaporita con
agrumi per la vitamina C.
Ma per un primo e vero approccio scientifico e razionale all’alimentazione applicata all’esercizi fisico, bisogna aspettare l’Ottocento.
Nel 1841 il chimico Juts von Liebig scrive che “le proteine sono il
principale substrato energetico per il lavoro muscolare”, gettando
le basi per le future diete iperproteiche per gli sportivi, nel 1866;
mentre i colleghi Max von Pattenkofer e Carl von Voit giungono ad
una conclusione opposta, e cioè, che glucidi e lipidi sono i principali
substrati energetici per un lavoro muscolare.
La Dittatura della Bistecca o
La Dieta del Marine
Nell’era delle Olimpiade moderne, per quasi 80 anni, l’immagine
tipica – che dettava legge nell’alimentazione per lo sport – era
quella dell’americano vincente e muscoloso, una sorta di “marine
degli stadi”. E la sua arma segreta era: più proteine nobili: “a piece of steak”, una bella bistecca prima di ogni incontro o attività
Pochi grassi, poca carne e
tanti legumi per i Templari
Lo sport e i Giochi non hanno avuto fortuna con l’avvento del Cristianesimo. I Cristiani ritenevano che i Giochi fossero espressone di
paganesimo e corruzione. E se Novaziano condannava “abbracci e
prese indecenti”, la “sconfitta del pudore” e la “celebrazione della
folla” da cui il buon cristiano “deve tenersi lontano”, il vescovo di
“La dittatura della bistecca” resse a lungo…
ottobre 2016 La Rivista - 73
sportiva! Anche in Italia, ameno fino agli anni settanta, chiunque
praticasse un po’ di attività fisica mangiava sempre la sessa cosa:
riso in bianco, bistecca e insalata. “Pazzesco – commentava in quegli anni Michelangelo Giampiero, uno dei più bravi nutrizionisti
e medico dello sport - , soprattutto sapendo che per dirigere la
bistecca ci vogliono 4 ore. Praticamente il momento peggiore lo si
aveva durante una gara, quando il sangue deviava verso le viscere
proprio nel momento in cui serviva ai muscoli”.
La dittatura della bistecca non vacillò neanche di fronte a testimonial eccellenti come il campione olimpico per antonomasia,
quel Jesse Owens che tornò da Berlino ’36 con 4 medaglie d’oro al
collo, che prima delle gare mangiava solo pasta, fornitagli da un
amico della Little Italy. L’abbattimento della “dittatura della carne”
in favore del “governo dei carboidrati” avvenne a metà degli anni
settanta, dopo le Olimpiadi di Monaco. Furono gli esperti di nutrizione italiani a ribellarsi, convinti della serietà dei vantaggi della
dieta mediterranea.
E la pasta arrivò al villaggio
olimpico
Pasta con le melanzane
(Pennette alla Norma)
…finché si affermò la “democrazia dei corboidrati”
La svolta
arrivò nel 1976 a Montréal,
quando un cuoco italiano
venne per la prima volta accolto dalle
cucine del paese ospitante. Un’eccezione incredibile alle abitudini del Villaggio Olimpico, tanto più che quel cuoco era lì solo per preparare la pasta.
Un “valore aggiunto” riconosciuto fino ad allora solo alla bistecca. Da allora
la rincorsa è diventata un percorso in discesa: consigliati dai nutrizionisti,
anche i grandi velocisti americani hanno incominciato a tradire la bistecca
per gli spaghetti. E quindi è nata una tradizione, fino ad Atlanta ’96 , quando il cuoco “pastasciuttaio” italiano è diventato istituzionale. E due anni
dopo, alle Olimpiadi invernali di Negano ’98, accanto allo chef italiano,
troviamo un cuoco giapponese che prepara spaghetti con sughi italiani
tradizionali: vongole, amatriciana o aglio, olio e peperoncino.
La conferma che la pasta è indispensabile per chi pratica sport, anche
a livello amatoriale, arriva con la Dichiarazione di Consenso Scientifico “Healthy Pasta Meals”, firmata da un comitato internazionale
di 20 medici e scienziati della nutrizione e presente in occasione del
World Pasta Day 2015. “La Pasta – si legge nel documento – come altri
cereali, fornisce carboidrati ed è anche una fonte di proteine. Per avere
una migliore prestazione fisica, può essere consumata scondita o con
poco condimento prima di un allenamento oppure insieme ad altri cibi
dopo aver praticato attività sportiva. Ad una condizione: che il consumo regolare e moderato della pasta non superi i 50 grammi al giorno!”
74 - La Rivista ottobre 2016
Ingredienti per 4 persone (50 g a persona):
200 g di pennette,
250 di melanzane,
500 g di pomodorini ciliegino,
40-50 g di olio extravergine d’oliva,
foglie di basilico,
1 spicchio d’aglio,
ricotta salata,
sale e olio di semi per friggere le melanzane.
Come la preparo:
Lavo e asciugo le melanzane, le taglio a cubetti, aggiungo sale e le
metto in uno scolapasta per far perdere l’acqua. Le friggo in una
padella con abbondante olio di semi per 5-6 minuti. Le trasferisco
su carta da cucina perché perdano una parte dell’unto. Preparo il
sugo: in un’altra padella faccio soffriggere l’aglio in olio d’oliva.
Aggiungo i pomodorini interi. Copro e faccio cuocere, a fuoco lento
per 10 minuti. Contemporaneamente cuocio le pennette (al dente)
in un casseruola con acqua abbondante. Le scolo, le trasferisco
nella padella con i sugo, aggiungo le melanzane fritte, amalgamo il
tutto, aggiusto di sale, spolvero con la ricottina salata e grattugiata e finisco con le foglie di basilico. Servo a tavola in singoli piatti.
Il Vino:
Un rosso dell’Etna (Ma che non sia diluito con aloa vera o acqua
in- saporita con agrumi, come facevano i Templari, per favore!)
La dieta
Rivista
di Tatiana Gaudimonte
Colazione,
questa sconosciuta
“Chi ti ama, al mattino non ti parla”, recita una vignetta che gira su Facebook. Otto paroline che rendono benissimo l’immagine di chi, dopo aver rimandato la sveglia tre o quattro
volte, si alza ancora con gli occhi chiusi e striscia laconico i piedi fino alla cucina per farsi
la prima dose di caffè giornaliera. Poi, forse, si inizia a connettere, giusto in tempo per
accorgersi che è tardissimo e bisogna prepararsi in fretta e schizzare al lavoro.
Così la maggior parte di noi, anzi di voi, resta a digiuno fino a metà mattina, quando i crampi allo stomaco
chiamano a gran voce un caffè accompagnato da una brioscina o qualche biscotto.
Si riesce così a tirare fino all’ora di pranzo, anche se, già un’oretta dopo la pausa caffè, lo stomaco ha
iniziato a brontolare.
A questo punto, chi ha più autocontrollo si limiterà a un’insalatona, col risultato che arriverà a cena
famelico e inizierà a mangiucchiare di tutto dal momento in cui varca la soglia di casa fino a quando si
alzerà da tavola, finalmente, ma tardivamente, sazio. Altri invece, all’ora di pranzo mangeranno come se
non ci fosse un domani, ordinando un piattone di pasta o una bella wienerschnitzel con patatine, per poi
magari concedersi pure una fetta di dolce. E via, all’abbiocco pomeridiano!
Voi direte: vabbè, allora non c’è soluzione. E io vi risponderò: certo che sì, basta imparare a fare colazione!
Vi ricordo che, per quanto l’idea possa non esservi di conforto, sotto il vostro doppio petto o la vostra
camicetta di seta abita un uomo delle caverne. Avrà pure abbandonato (si spera) i peli sulla schiena e la
clava, ma la fisiologia resta uguale e così i suoi bisogni nutritivi.
Quindi, se pensiamo che durante tutta la giornata il nostro cavernicolo doveva farsi il mazzo cacciando
e/o raccogliendo per poter mangiare, è facile capire che per svolgere queste attività durante le ore di luce
doveva rifornirsi di energia pronta all’uso il prima possibile, ossia appena alzato.
Ed ecco che, noi come loro, non solo abbiamo bisogno dello stesso carico di energia, ma reagiamo allo
stesso modo, bruciando tutta l’energia del “pasto più importante della giornata” per svolgere le attività
delle prime ore del giorno e per produrre calore. Avete letto bene: TUTTA l’energia. Insomma, chi fa una
buona colazione non mette nemmeno un grammo di grasso su pancia o fianchi, perché l’energia apportata con questo primo pasto (se ben equilibrato) viene utilizzata completamente. Alla faccia di quelli che
si limitano a un caffettino e forse una fetta biscottata per non ingrassare!
Ma che vuol dire, chiederete ancora voi (certo che siete ben curiosi!), fare una colazione equilibrata? Vuol
dire che bisogna lasciarsi ispirare dai nostri amici nordici, mangiare di più e introdurre anche una buona
porzione di proteine. Quindi accanto, per esempio, a un paio di fette di pane tostato (integrale, eh? Ormai
lo sapete) o ad altri carboidrati via libera a prosciutto, formaggio, uova e quant’altro la fantasia ci ispira.
Una bevanda calda o fredda e un bel frutto completerà il tutto.
Il risultato? Zero buchi allo stomaco fino al pranzo, che sarà accolto con gratitudine all’ora giusta ma non
agognato già da metà mattina e più equilibrio nei pasti nel resto della giornata.
“Eh ma io non ho fame al mattino! Figurati se mangio tutta quella roba lì!”. Tempo al tempo. Ci si può arrivare gradualmente: chi affronta la giornata completamente a digiuno potrà iniziare da un frutto, mentre
chi già si concede per esempio tè e biscotti, potrà aggiungere una manciata di noci o mandorle e così via
crescendo. I risultati, in termini di energia, rendimento sul lavoro e resistenza allo stress, vi sorprenderanno. Tutto sta ad iniziare. Magari già domattina.
Buon risveglio a tutti voi!
[email protected]
ottobre 2016 La Rivista - 75
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 ­€­€‚
Motori
di Graziano Guerra
Jeep Renegade “75th Anniversary”
La serie celebra i 75 anni di vita del Marchio.
Oggetto delle nostre attenzioni la Renegade “75th Anniversary”
1,4 Multiair da 170 CV.
Tutto ebbe inizio nel 1941 con la produzione dell’inarrestabile Willys-Overland MB. Divenuta la prima Jeep a uso civile con la sigla
CJ-2A (dove “CJ” sta per Civilian Jeep). Jeep diventerà poi anche
pioniere dei SUV (Sport Utility Vehicle), un segmento che continua
ad affascinare il pubblico. Nel 2014, con l’entrata ufficiale nel segmento degli “Small SUV” della nuova Renegade si aprì un nuovo
capitolo nella storia leggendaria del marchio.
Costruita in Italia e venduta in oltre 100 Paesi è, fra l’altro, la prima del segmento ad avere un modulo di disconnessione dell’assale
posteriore; abbinato agli avanzati sistemi 4x4 Jeep Active Drive e
Jeep Active Drive Low.
L’esclusiva edizione speciale 75th Anniversary, disponibile in Svizzera dal secondo trimestre 2016, si distingue per la nuova livrea,
per il badge 75th Anniversary, i cerchi di colore Low gloss bronze,
gli inserti esterni color bronzo e arancio e gli interni esclusivi contraddistinti dai sedili con il logo 75th Anniversary a rilievo.
In test vestiva un’inedita livrea Jungle Green, e sotto al cofano
rombava il 1.4 Turbo MultiAir II da 170 CV, in abbinamento al cambio automatico a nove marce e all’esclusivo sistema 4x4 Active
Drive Low. Renegade offre prestazioni di riferimento sia su strada
sia in offroad. Si muove sempre sicura, a vederla nella City può
sembrare un pesce fuor d’acqua, ma a bordo si vive bene pure la
città. L’ambiente è ovattato, il condizionatore funziona perfettamente e il cambio automatico fa dimenticare quanto sia uggioso
viaggiare in coda nello stop&go cittadino. La posizione di guida si
trova facilmente, il sedile del pilota si può regolare al millimetro,
forse in altezza si potrebbe fare meglio.
I 170 CV tolgono da qualsiasi imbarazzo e i consumi del turbo
1,4 sono contenuti. La dotazione comprende, fra l’altro: cerchi da
18” Low gloss bronze, l’esclusivo tetto apribile MySky con pannelli
rimuovibili e sedili speciali con impunture color Tangerine. Non
mancano certo le dotazioni digitali dei nostri giorni – connettività
smartphone bluetooth, navigatore, USB … e un impianto stereo da
favola.
In listino la famiglia Renegade parte da 22’980.- franchi già ben
equipaggiata, ma si lascia personalizzare, e arricchire con accattivanti pacchetti. Function, 550.-; Visibility 990.-; Parking, 890.quelli della vettura in test, la 75th Anniversary che in listino parte
però da 39’230 franchi.
ottobre 2016 La Rivista - 77
Design italiano vincente in Germania
Il fascino del design italiano conquista gli esperti lettori della rivista tedesca Auto,
Motor und Sport - Autonis Design Award per Ferrari, Alfa Romeo e Abarth.
Alla 16esima edizione dell’annuale Autonis Design
Award, gli oltre
18.000 lettori della
nota rivista tedesca
Auto Motor und
Sport hanno dato la
preferenza scegliendo tra 115 nuovi
modelli suddivisi in
otto differenti categorie. Il risultato del
sondaggio sull’innovazione di design,
condotto dalla più importante rivista automobilistica tedesca, ha visto
primeggiare La Ferrari 488 Spider. “È un grande onore per la Ferrari conquistare un Autonis Design Award per la 488 Spider”, ha affermato Flavio
Manzoni, Senior Vice President, Ferrari Design, durante la cerimonia di
premiazione a Stoccarda. “È un risultato significativo in una categoria
Giulia dei record
Miglior tempo per l’automatica sulla pista tedesca
del Nurburgring
Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio nella versione con cambio automatico ha archiviato un risultato straordinario sulla “Nordschleife Track”, detta anche “inferno verde” siglando con 7,32 minuti
un incredibile nuovo record di categoria. Il potente 6 cilindri a
V turbo benzina 2.9 litri da 510 CV assicura prestazioni entusiasmanti: 307 km/h, da 0 a 100 km/h in soli 3,9 secondi e una
così competitiva e di alto livello, e un ulteriore riconoscimento per gli
sforzi di tutto lo staff di Ferrari Design”.
Alfa Romeo (foto) è stata eletta “Marchio di design dell’anno” e si è
aggiudicata due titoli di categoria. Giulia si è affermata tra le vetture di media cilindrata con più della metà dei voti (54,3 per cento) e
la compatta Mito, con addirittura il 59,3 per cento dei consensi nella
classifica riservata alle auto di piccola cilindrata. “Siamo grati e onorati
dell’apprezzamento che gli appassionati di auto tedeschi stanno dimostrando per l’Alfa Romeo - ha affermato Klaus Busse, Head of Design
EMEA, durante la cerimonia di premiazione a Stoccarda -. Ricevere questi riconoscimenti per il marchio Alfa Romeo, la Mito e la Giulia è, per noi
del Centro Stile, un ulteriore incoraggiamento a continuare a portare nel
mondo il design emozionale italiano”.
Grande successo anche per il marchio dello Scorpione che ha vinto nella categoria “minicar” con la nuova 595 ottenendo più della metà dei
voti (56,5 per cento) e confermando il fascino della vettura rinnovata di
recente. Ha commentato Klaus Busse: “Siamo davvero felici per l’importante premio attribuito alla Abarth 595, un riconoscimento anche del lavoro di squadra dei designer del Centro Stile e dei tecnici Abarth che sono
riusciti a produrre un perfetto equilibrio di design e prestazioni italiane”.
coppia di 600 Nm. La trasmissione ZF a 8 rapporti ha una calibrazione tale da permettere cambiate in soli 150 millisecondi in
modalità Race. Il nuovo cambio è dotato di frizione lock up che
assicura al guidatore una forte percezione di ripresa una volta
innestata la marcia, inoltre, grazie al DNA, è in grado di ottimizzare la fluidità, il confort e la facilità di guida in tutti gli ambiti
di utilizzo, compreso quello urbano, e permette di migliorare i
consumi di carburante e le emissioni di CO2 rispetto alla versione
manuale. Il video del tempo record sulla Nordschleife è visibile al
sito www.tuttosprint.ch
La Panda si aggiorna
Con il modello 2017 arriva un’offerta
rinnovata nella personalità,
connettività e funzionalità
La rinnovata Panda 2017, la vettura più venduta in Italia dal 2012 e
la più venduta in Europa nel suo segmento, si aggiorna, ma sempre in
linea con le caratteristiche che ne hanno decretato il successo. E con
le sue anime city-car e city-SUV. Dimensioni esterne compatte, grande
spazio interno configurabile per ogni esigenza di trasporto, ampia scelta
di motori e combinazioni cromatiche e un’offerta semplice arricchita ora
dal nuovo sistema di infotainment Uconnect, dalla app specifica Panda Uconnect e dai nuovi contenuti di sicurezza attiva. La 5porte porta
in dote climatizzatore, paraurti verniciati in tinta carrozzeria, 4 airbag
laterali e frontali, ESC con hill holder e sensore pressione pneumatici,
chiusura centralizzata, appoggiatesta anteriori con sistema anti colpo di
frusta, volante guida regolabile in altezza, alzacristalli elettrici anteriori
e predisposizione radio, due nuovi colori - Rosso Amore pastello e Grigio
Colosseo metallizzato - e cerchi in lega da 15”. La gamma motori Euro 6:
78 - La Rivista ottobre 2016
benzina 1,2 litri da 69 CV, anche a doppia alimentazione benzina e GPL;
benzina TwinAir 0,9 litri da 85 e da 90 CV; in versione benzina e metano
da 80 CV; turbodiesel Multijet da 95 CV.
Al Volante
Nuova monovolume
Toyota Proace Verso
Tre lunghezze e tre diversi
allestimenti, può accogliere fino
a otto passeggeri
Le impressioni al volante raccolte alla presentazione internazionale della nuova monovolume di Toyota sono state buone. Viaggiare nel nuovo van Proace Verso, con posizione di guida rialzata,
che assicura un’ottima visibilità generale, spinti da un 180 CV su
ruote in lega da 17 pollici, in un fruscio ovattato di un ambiente
funzionale e confortevole, è rilassante. Potente in accelerazione e
sicuro in frenata, sia in versione trasporto-persone sia in versione
furgone merci (il secondo in test con motore 2.0 diesel da 150 CV)
procede senza vibrazioni o rumorini molesti. In curva il pilota è sostenuto in modo adeguato. Grazie all’hot spot i passeggeri possono
connettersi al web via WiFi (attenzione ai costi di roaming quando
si viaggia all’estero!). Versatile, generoso di spazio e di prestazioni
Proace Verso rappresenta una buona scelta sia per la vita di fami-
glia sia per il lavoro. Anche grazie a sedili e porte scorrevoli. Gli
innesti corti e la leva del cambio sistemata vicino al volante agevolano le cambiate e rendono più sicuri i viaggi, ma l’automatico
rende la vita più lussuosa. La versione di base “Shuttle” accoglie
fino a sei persone, buona pure per le aziende. “Family” è perfetta
per famiglie grandi, i sei posti posteriori hanno il fissaggio Isofix
per i seggiolini dei bimbi. La “VIP” ha vetri oscurati, e la variante
lusso può avere 6 o 7 passeggeri con sedili che si possono girare
per riunioni o colloqui di lavoro. Tutte hanno il portellone incernierato sul tetto. La propulsione è affidata a due diesel 2,0 litri,
uno da 150 CV con cambio manuale a 6 marce e start-stop, l’altro
da 180 CV con cambio automatico. Bassi i consumi di carburante
dichiarati. È in listino da 37’600 franchi.
Renault Scenic e Grand Scenic
La seduzione francese
Nuova Scenic rinnova le monovolume, con versioni attraenti, pratiche, prestazionali e tecnologiche, proprio come vogliono le famiglie
moderne. Vent’anni fa Renault inventava la “monospace” compatta
Scenic, eletta auto dell’anno 1997. Oggi, dopo cinque milioni di unità
prodotte, la Maison reinventa la proposta e presenta la 4a generazione. Svelata a marzo al Salone di Ginevra in versione 5 posti (Scenic) e
a maggio 2016 in versione 7 posti (Grand Scenic), la nuova è stata presentata in sessione dinamica. Il “vostro” ha guidato entrambe le varianti con soddisfazione e … desiderio, sedotto dal fresco fascino delle
francesine. Il design è stato completamente rivoluzionato, mantiene
però le caratteristiche che hanno portato al
successo le precedenti generazioni: modularità, spazio, ergonomia, piacere di vita a bordo. Attrae la silhouette slanciata e possente
della carrozzeria be-style, con le grandi ruote da 20’’ su tutte le versioni, un’anteprima
mondiale nel segmento. E si rivela pratica,
perché tra l’altro propone il miglior volume
nel segmento per i vani portaoggetti e bagagli. Introduce la consolle centrale scorrevole e il sistema “One Touch Folding”. Nuova
Scenic seduce pure con le prestazioni, sia in
versione 5 posti sia a 7; possente il 160 CV
diesel abbinato al cambio automatico EDC
a 7 rapporti con doppia frizione della Grand
Scenic, piccante il 130 CV a benzina Energy
TCe 130 CV con trasmissione manuale a 6 rapporti della Scenic. È pensata per le famiglie (di più la “Grand”) e anche come vettura aziendale
ha buone carte da giocare. Regala un grande senso di sicurezza, con
una ricca dotazione tecnologica di dispositivi di assistenza alla guida
– come la frenata di emergenza attiva con riconoscimento pedoni - su
tutti gli allestimenti. L’ampia gamma di motori, 6 diesel e 2 benzina,
integra nella versione a gasolio una nuova tecnologia Hybrid Assist
(arriverà a inizio 2017). Il ventaglio prezzi, da 23’400 a 35’300 per la
5 posti, passando per gli allestimenti Life, Zen e Bose, mentre per la
Grand Scenic vanno da 24’200 a 36’100 franchi.
ottobre 2016 La Rivista - 79
Con Pirelli incontro all’inverno
Cinturato winter lo specialista per l‘inverno
Il nuovo invernale per il mercato di sostituzione è stato sviluppato per le autovetture di forte utilizzo della classe media, per
esempio le vetture aziendali e le più usate dai pendolari. La sua
costruzione particolare, dal profilo ribassato, riduce notevolmente
i rumori di rotolamento, che nelle dimensioni 195/65 R 15 sono di
66 Decibel. Valore che vale sia per il rumore esterno sia all’interno
del veicolo. Di conseguenza, lo pneumatico si presta come prima
scelta pure per veicoli elettrici e ibridi, per i quali i bassi valori di
rumorosità nell’abitacolo sono una caratteristica chiave. Il sofisticato battistrada contribuisce in modo decisivo all’incanalamento
della neve nelle scanalature garantendo massima stabilità e tenuta di strada in frenata. Il nuovo Cinturato Winter offre massima
sicurezza in determinate condizioni d’uso, inoltre coniuga confort
e divertimento in dimensioni che finora si riscontravano solo con
pneumatici estivi. Per la stagione invernale 2016 è disponibile in
38 versioni da 14 a 17 pollici.
Il Cinturato Winter è un progetto senza frontiere, al quale hanno
lavorato gli ingegneri di Milano e di Breuberg, sostenuti da partner importanti dell’industria automobilistica come BMW, Mercedes
e Porsche. Le gomme invernali sono prodotte negli stabilimenti Pirelli
dell’Europa del Nord. L’ultimo nato nella famiglia Cinturato ha profittato dell’enorme esperienza che la Marca detiene nello sviluppo di
pneumatici invernali ad alte prestazioni, per questo è il preferito come
primo equipaggiamento di gomme invernali. Per la linea Sottozero,
Scorpion e Ice Zero, il Gruppo detiene oltre 600 omologazioni. Questo prova che Pirelli ha brillantemente superato i test più duri nella
scelta dei produttori automobilistici per
la prima dotazione.
Winter sottozero 3 per una guida sportiva in tutte le condizioni invernali
È il risultato di una continua collaborazione fra Pirelli e i più rinomati costruttori del mondo. L’ultra prestazionale del produttore
premium italiano è particolarmente adatto a vetture sportive,
forte nelle prestazioni e affidabile in tutte le condizioni.
Il battistrada maggiorato
e la nuova mescola riducono lo spazio di frenata offrendo al guidatore
un eccellente controllo,
inoltre, la nuova tecnologia lamellare assicura
un handling preciso su
fondo freddo e asciutto,
come pure un convincente grip sulla neve. Winter
Sottozero 3 permette
una guida sportiva anche a basse temperature,
nel contempo garantisce
un elevato grado di confort. È disponibile in tutto
il mondo per cerchi da 16
a 21 pollici e in 29 dimensioni Run-Flat (135 varianti).
80 - La Rivista ottobre 2016
Nell’autunno scorso i Winter Sottozero 3 hanno convinto in molti
test invernali. Dalla rivista tedesca Auto Moto und Sport (Edizione
10/2015) hanno ottenuto il predicato ”Molto consigliati“, mentre
Auto Bild Spotcars (Edizione 10/2015) ha conferito loro il marchio
”Vorbildlich“ (Esemplari).
Scorpion winter – sicurezza e
dinamismo per suv moderni
Gli specialisti della Casa hanno dato particolare valore alla massima
stabilità e al controllo sulla neve, come pure su fondo bagnato, sviluppando Scorpion Winter espressamente per i moderni SUV (Sport Utility
Vehicles) e per i più compatti CUV (Crossover Utility Vehicles). Sono
riusciti a ottenere ottime prestazioni di frenata in discesa come pure
un elevato controllo su strade innevate e ricche di curve. Con questo
contribuisce in modo molto importante alla sicurezza dei passeggeri.
Per le sue prestazioni di primordine su neve (frenata, handling e trazione) ha ottenuto il riconoscimento “molto consigliato” dalla rivista SUV
Magazine (edizione 10/2015) per l’ottimo comportamento in curva e
l’irreprensibile frenata. Per la stagione invernale 2016/2017 è disponibile in 96 varianti, di queste 8 Run-Flat, da 16 a 22 pollici.
Mondo in Camera
Incoming per buyer svizzeri nelle
Marche
Taste of Italy raddoppia
la due giorni del vino italiano
in Svizzera
Montecatini terme: terme d’Europa
tra Leonardo e Pinocchio
Strategic networking: how to
evolve your connections into
Prossima fermata Sardegna
successful collaborations
FOOD ZURICH 8-18 settembre
2016 Osteria italiana: due
giorni di dolce vita
Contatti commerciali
Benvenuto ai nuovi soci
Servizi camerali
ottobre 2016 La Rivista - 81
Incoming per buyer svizzeri
nelle Marche
La Camera di Commercio Italiana per la
Svizzera (CCIS), in collaborazione con
Confindustria Macerata, organizza un incoming di buyers svizzeri il 19 e 20 ottobre
nelle Marche, non solo patria delle scarpe Made in Italy ma anche di produzioni
agroalimentari di qualità. Il programma
prevede due giorni di incontri con produttori dei settori:
- Food (conserve vegetali, pasta, caffè, vino)
- Moda (abiti da donna e uomo casual, da
cerimonia, maglieria, sportswear, cinture,
borse, articoli in pelle)
- Calzature (scarpe uomo, donna, bambino)
Tutti i costi di viaggio e soggiorno saranno
a nostro carico!
Programma di massima:
Martedì 18 ottobre: arrivo dei buyers
svizzeri all’aeroporto di Ancona e transfer
a Macerata
Mercoledì 19 ottobre: Incontri B2B per i
buyer dell’agroalimentare, moda e calzature presso il Chiostro di San Domenico (San
Severino Marche)
Giovedì 20 ottobre: - Incontri B2B per i
buyer dell’agroalimentare, moda e calzature presso il Chiostro di San Domenico (San
Severino Marche) - Visita del territorio e
visite alle aziende
Venerdì 21 ottobre: rientro in Svizzera
Siete interessati? Affrettatevi allora perché
ci sono solo 3 posti disponbili!
Per iscrivervi inviate una mail a
[email protected]
con oggetto “Incoming Marche”.
Per maggiori informazioni:
Lysiane Bennato: [email protected]
Tel: 022 906 85 95 / Fax: 022 906 85 99
Taste of Italy raddoppia
la due giorni del vino italiano in Svizzera
Dove:
• a Lugano al Palazzo Congressi
(Piazza Indipendenza 4 CH-6901
Lugano)
• a Zurigo su una
barca attrezzata
per ospitare eventi
attraccata presso il
porto di Wollishofen sul lago di Zurigo (Battello SATURN- c/o Kibag,
Mythenquai 383,
CH-8038 Zürich)
Dopo il grande successo di marzo a Lugano
e di Giugno 2016 a Zurigo presso il FIFA
World Museum torna in autunno Taste of
Italy l’evento a marchio CCIS e Go-Italy cui
potranno iscriversi cantine selezionate da
tutta Italia e dedicato ad importatori, ristoratori, sommelier e wine lover svizzeri.
Quando:
• a Lugano, lunedi 24 ottobre 2016
• a Zurigo, martedi 25 ottobre 2016
82 - La Rivista ottobre 2016
Programma:
• Dalle ore 14.30 alle 18.00: incontri BtoB
(ristoratori, importatori, dettaglianti, sommelier, stampa)
• Dalle ore 18.00 alle 21.00: apertura ai wine
lovers e ad un pubblico selezionato della business community ticinese e zurighese.
Condizioni di partecipazione per le cantine italiane:
1. Il costo di partecipazione è di 880.00
Euro ad azienda (1 tavolo ca. 80x80cm).
In caso di partecipazione ad entrambe le
manifestazioni il costo è di 1400.00 Euro
(prezzo speciale) 2. L’azienda dovrà sostenere i costi di viaggio e pernottamento e
della spedizione del vino 3. Ogni azienda
dovrà essere rappresentata direttamente
dal titolare o da una persona delegata a
condurre trattative commerciali.
Condizioni di partecipazione per i visitatori svizzeri
L’entrata è libera, ma è obbligatorio iscriversi compilando il modulo in allegato che
vi preghiamo di volerci tornare firmato
via fax, o via mail ([email protected]) entro e
non oltre il 3 ottobre 2016 per entrambi
gli eventi.
Per maggiori informazioni
CCIS LUGANO
Fabio Franceschini
Tel: +41 (0)91 924 02 32
Email: [email protected]
CCIS ZURIGO
Luigi Palma
Tel: +41 (0)44 289 23 29
Email: [email protected]
Montecatini terme:
terme d’Europa tra
Leonardo e Pinocchio
Nel quadro della settimana della cultura e
della lingua italiana nel mondo, la Camera di
Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS), in
collaborazione con Lucca Promos e Toscana
Promozione, organizzerà l’evento “Montecatini Terme: Terme d’Europa tra Leonardo e Pinocchio” il 21 ottobre 2016 presso lo Studio
Foce di Lugano.
Con l’obiettivo di promuovere il territorio toscano e la terra di Montecatini, sarà invitato
all’evento un pubblico selezionato di tour operator, agenzie di viaggio, giornalisti, funzionari
di istituzioni locali ed internazionali, soci della
CCIS.
- Ore 19.15-20.00: opera dedicata all’Estate
Regina
- Ore 20.00-21.00: cocktail con specialità tipiche del territorio e concorsi a premio
Il programma sarà come segue:
Per maggiori informazioni e iscrizioni su invito:
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Ufficio di Lugano
[email protected]
Tel. +41 91 924 02 32
- Ore 18.00-18.30: arrivo invitati
- Ore 18.30-19.15: presentazione del territorio con proiezione video
Strategic networking: how to evolve your
connections into successful collaborations
La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, in collaborazione con 24adv
GmbH vi dà il benvenuto al secondo appuntamento di STRATEGYM, un ciclo
di incontri su innovazione e networking. Avrete l’opportunità di incontrare,
dialogare e condividere esperienze in un ambiente interdisciplinare e internazionale, ottenendo nuove prospettive per il vostro business e le vostre sfide.
Nel prossimo evento in programma per il mercoledì 12 ottobre si parlerà
di: Strategic Networking: How to Evolve your Connections into Successful
Collaborations. L’incontro, aperto ai Soci e non della CCIS e ad un pubblico
internazionale, si svolgerà in inglese e a conclusione ci sarà la possibilità di
partecipare a una cena di networking. Per le iscrizioni vi preghiamo seguire
il seguente link: https://www.eventbrite.com/e/strategym-strategic-networking-how-to-evolve-your-connections-into-successful-collaborations-tickets-27813459807
Per ogni ulteriore informazione potete rivolgervi a: [email protected]
Prossima fermata Sardegna
Lo splendido mare e le luminose spiagge
della Sardegna rappresentano solo una parte dei tesori che questa terra ha da offrire.
Storia, cultura, sport, enogastronomia,
sono solo alcuni degli elementi che caratterizzano la ricca offerta turistica dell’isola
e che consentono di godere della bellezza
dei suoi paesaggi anche in bassa stagione
lontano dai mesi estivi.
Con l’intenzione di presentare a tutti gli
operatori svizzeri interessati, questa offerta turistica meno conosciuta e di nicchia,
l’Unione Regionale delle Camere di Commercio della Sardegna - con il supporto
tecnico della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera - sarà presente al TTW
con uno stand presidiato da operatori turistici sardi e da rappresentanti del Sistema
camerale.
Oltre alla presenza fieristica la Sardegna verrà presentata nell’ambito di una
spot-light presentation alle ore 13.00, cui
seguirà un aperitivo con prodotti tipici
sardi aperto ad operatori turistici e stampa
svizzeri. Altre attività promozionali sono
in fase di definizione e Vi verranno comunicate quanto prima. Siete interessati ad
incontrarci in fiera?
Mandate una prima manifestazione di interesse non vincolante alla mail:
[email protected] con oggetto Sardegna 2016
ottobre 2016 La Rivista - 83
Osteria italiana:
due giorni di dolce vita
FOOD ZURICH 8-18 settembre 2016
FOOD ZURICH ha portato una varietà di eventi culinari a Zurigo senza precedenti, tra cui, nella cornice un po’ stravagante, ma azzeccata,
anche se non del tutto funzionale, della Papiersaal, l’Osteria Italiana,
organizzata dalla Camera di Commercio Italiana per la Svizzera.
È il naso che per primo ci guida nei profumi che dalla semplice ma gustosa cucina del Bel Paese che di solito si diffondono nell’osteria Italiana. Poi l’occhio: le
tovaglie a quadretti rossi e bianchi anticipano già a prima vista un autentico
stile italiano che trova conferma nelle
note di una fisarmonica e nelle specialità tipiche che deliziano, viziandolo, il
palato. Proprio come quando si cammina per le strade di una città italiana e
si entra casualmente in una qualsiasi
osteria, in cui sono serviti piatti sfiziosi, dove sugli accordi musicali ti ritrovi
84 - La Rivista ottobre 2016
immerso in un’atmosfera familiare. Improvvisamente nessuno si sente straniero nella coinvolgente atmosfera della
“Grande Famiglia Italiana”.
Dici, o solo pensi, Osteria italiana ed è
questo che ti viene alla mente e che ti
aspetti.
Attesa soddisfatta anche a Zurigo gli
scorsi 15 e 16 settembre nella riproposizione, ahinoi nel solo spazio di due
giorni, di ambienti ed atmosfere che
intenzionalmente si richiamano alla
tradizione popolare dell’osteria. Grazie
alla Camera di Commercio Italiana per
la Svizzera che ha sviluppato il concetto
e sostenuto la parte organizzativa, ma
soprattutto dai veri protagonisti: il Ristorante Maranello di Spreitenbach, che
con professionalità ha proposto antichi,
ma sempre attuali, sapori, la Pasticceria Caredda, una sorta di istituzione nel
panorama dolciario italiano a Zurigoi;
Sapuri, l’importatore di raffinati prodotti siciliani, che ha garantito gli aperitivi,
il vino, lo spumante, originali birre artigianali e il caffè, rigorosamente italiano.
La classica sosta all’Osteria ha permesso
di gustare taglieri di formaggio, prosciutto di Parma e salumi. Cui far seguire primi piatti come Risotto servito
in una grande forma di parmigiano, o la
Pasta e fagioli per chiudere, prima che
con un dolce, con succulento Brasato al
Barolo e cialde di polenta.
Accanto ai vini, anche la curiosa e piacevole scoperta di quella che si prospetta come una nuova bevanda italiana di
tendenza: l’Amara Drink. Una sorta di
cocktail rinfrescante, direttamente dalla
Sicilia, a base di Amara (amaro siciliano
d’arancia rossa), spumante, soda e una
fetta di arancia e ha tutto il potenziale
per conquistare la prossima estate zurighese.
Come detto, purtroppo breve, ma colorata, è stata la vita dell’Osteria italiana:
alla stregua di una farfalla, ha svolazzato due giorni di fiore in fiore e ormai è
già parte della storia.
Se ne riparla alla prossima edizione di
Food Zurich.
Questi i partner che hanno dato vita all’Osteria Italiana:
Catering Gastronomia: Ristorante Maranello, Spreitenbach, www.restaurant-maranello.ch
Catering Pasticceria: Caredda , Zurigo, www.konditorei-caredda.ch
Catering Bevande: Sapuri , Zurigo, www.sapuri.ch
ottobre 2016 La Rivista - 85
CONTATTI
COMMERCIALI
Dal mercato italiano
OFFERTE DI MERCI E SERVIZI
Vino e liquori
PERLINO SpA
Località Valgera, 94
IT - 14100 ASTI
Tel. +39 0141446846
Fax +39 0141446844
E-mail: [email protected]
www.perlino.com
Prodotti cosmetici
Bioline S.r.l.
Viale Bolognini, 78
I – 38122 Trento
Tel: + 39 0461 933209
Fax: + 39 0461 914663
E-mail: [email protected]
www.bioline-jato.com
Torneria di precisione
Guerrini SpA
Via delle Fisarmoniche 41/43
I – 60022 Castelfidardo AN
Tel. 0039/071 7808177
Fax 0039/0717820949
E-mail: [email protected]
www.guerrinispa.com
Motori Torque
Technai Team srl
Via Gelada 15 I – 21015 Lonate Pozzolo (VA)
Tel. 0039/0331 66162415
E-mail: [email protected]
www.technai.it
Ristrutturazione negozi
AD Store & More srl
Via de Gasperi, 16
I – 63074 San Benedetto del Tronto (AP)
Tel: +39 0735381644
Fax: +39 0735585780
E-mail: :[email protected]
www.adsm.eu
General contractor
BDR SRL
Via Torino 1
I - 10034 Chivasso (TO)
Tel: +39 011 9114836
Fax: +39 011 9136280
86 - La Rivista ottobre 2016
E-mail: [email protected]
www.avanspace.com
Impresa edile
Eco Edile srl
Via dei Partigiani, 5
I – 24121 Bergamo
Tel: +39 035 5292527
Fax: +39 035 0662061
E-mail: [email protected]
www.ecoedilesrl.com
Impianti zootecnici
Pignagnoli s.r.l. via XXIV Maggio, 38
I - 27017 Pieve Porto Morone (PV)
Tel : +39 0382 718055
Fax : +39 0382 718056
E-Mail: [email protected]
www.pignagnoli.com
Scaffalature metalliche
Torri SpA
Via Roma,15
36040 Torri di Quartesolo (VI)
Tel +39 0444 265800
Fax +39 0444 26580
E-mail: [email protected]
www.torri.it
Stampaggi in plastica
Reca Plast srl
Via dell’Artigiano 15
I – 60027 Osimo AN
Tel. 0039 071 7231208
Fax 0039 071 716940
E-mail: [email protected]
www.recaplast.it
Automazione industriale
Proteo Engineering srl
Via S. Vito 693
I – 41057 Spilamberto MO
Tel. 0039/059 789611
Fax 0039/ 059 789666
E-mail: [email protected]
www.proteoeng.com
Arredamento di negozi
EFFEBI SpA
Via delle Industrie 8
I – 61040 Sant’Ippolito PU
Tel. 0039/0721 74681
Fax. 0039/0721 728600
E-mail: [email protected]
www.effebispa.it
Stampi per pressofusione materie plastiche
SPM s.p.a.
Via Bargnani, 7
I - 25132 S.Eufemia BS
Tel: 0039/ 030 3363211
Fax: 0039/030 3363226
E-mail: [email protected]
www.spm-mould.com
Lamiere forate
SCHIAVETTI Lamerie forate srl
Viale della Vittoria 4
I – 15060 Stazzano AL
Tel. 0039/0143 607911
Fax 0039/0143 61297
E-mail: [email protected]
www.schiavetti.it
Complementi di arredo urbano
SMEC
Via Vivaldi 30
I – 41019 Soliera MO
Tel. 0039/059 566612
Fax 0039/059 566999
E-mail: [email protected]
www.smec-onweb.it
Consulenza marketing settore cosmetica
e lusso
Adamis Group Italia SRL
P.le delle Medaglie D’oro, 46
I – 00036 Roma
Tel: +39 06 43400123
E-mail: [email protected]
www.adamis.it
Per le richieste di cui sopra rivolgersi a:
Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera
Seestr. 123, casella postale, 8027 Zurigo
Tel. 044/289 23 23
Fax 044/201 53 57
e-mail: [email protected]
www.ccis.ch
Dal mercato svizzero
OFFERTE DI MERCI E SERVIZI
Impresa Edile
BA Swiss GmbH
Seestrasse 123
CH - 8002 Zurigo
Tel +393311295000
E-mail: [email protected]
www.artigianoexpress.it
Trasporti di rifiuti
Paul Baldini AG
Reussacherstrasse 9
CH-6460 Altdorf
Tel. +41 (0)41 874 50 50
E-Mail: [email protected]
www.baldini.ch
Profumi
Musk Collection Switzerland
Sihleggstrasse 23
CH-8832 Wollerau
TEL +41 (0)44 787 40 55
FAX +41 (0)44 787 40 59
[email protected]
www.musk.ch
Prodotti tipici italiani
La bella Italia essence of Italy GmbH
Griedstrasse 1
5444 Künten
Tel: +41 (0)786751612
E-mail: [email protected]
Rinomata attività commerciale
Nella città di Zurigo, che dispone di
una pluriennale clientela affezionata e
che è gestita in maniera assai moderna
(ricca presenza nei Social Medias, etc.),
offre ad un dinamico successore, ad un
interessato investitore, un’attrattiva
impresa con clientela e fatturato già in
essere.
Per ulteriori informazioni rivolgersi alla:
Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera
Seestr. 123, casella postale, 8027 Zurigo
Tel. 044/289 23 23
Fax 044/201 53 57
e-mail: [email protected]
www.ccis.ch
BENVENUTO AI NUOVI SOCI
CHOC SAGL
PICCIONI PAOLO
VIA DUFOUR 1
CH-6900 LUGANO
TEL. +41 (0)91 863 11 04
[email protected]
WWW.CHOC.EVENTS
MAGGIONI CONSULTING
MAGGIONI BRUNO
VIA MOLA 24A
CH-6877 COLDRERIO
TEL. +41 (0)79 443 33 40
[email protected]
[email protected]
WWW.MAGGIONI.CONSULTING
MATHYS.SCHMID.PARTNER
PEDUZZI ROBERTO
RITTERGASSE 12
CH-4051 BASEL
TEL. +41 (0)61 270 99 00
FAX +41 (0)61 270 99 05
[email protected]
WWW.MSP-LAW.CH
PROMOVE - PROMOTION
ECONOMIQUE DE LA RIVIERA
SCHMID BERNARD
RUE DE LA GARE 2
CH-1820 MONTREUX
TEL. +41 (0)21 963 48 48
[email protected]
WWW.PROMOVE.CH
VENTURA - LAB GMBH
C/O FRANCESCO SALA
VICINI DAVIDE
VIALE LUNGO BREGGIA 11B
CH-6983 MORBIO INFERIORE
[email protected]
WWW.VENTURA-LAB.COM
ottobre 2016 La Rivista - 87
Sede Lugano
Via Nassa 5CH-6900 Lugano
Tel: +41 (0)91 924 02 32
Fax: +41 (0)91 924 02 33
E-Mail: [email protected]
Sede Zurigo
Seestrasse 123CH-8027 Zurich
Tel: +41 (0)44 289 23 23
Fax: +41 (0)44 201 53 57
E-Mail: [email protected]
Servizi
Camerali
Sede Ginevra
12-14 rue du Cendrier CH-1211 Ginevra 1
Tel: +41 (0)22 906 85 95
Fax: +41 (0)22 906 85 99
E-Mail: [email protected]
La CCIS (Camera di Commercio Italiana per la Svizzera) è l’hub di riferimento in Svizzera per imprese medie
e piccole, grandi aziende e marchi del Made in Italy, consorzi, associazioni di categoria ed enti pubblici che
abbiano l’obiettivo di accrescere la presenza economica italiana in Svizzera. Fondata nel 1909 la Camera
appartiene alla rete delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, riconosciute dal Governo italiano quali
strumenti di promozione del Made in Italy nel Mondo e suscitatrici di opportunità e investimenti delle imprese
dei paesi in cui operano verso il mercato italiano.
La CCIS assiste con i suoi servizi tutti i soggetti
svizzeri e italiani coinvolti negli scambi economici tra
Italia, Svizzera e Liechtenstein.
La gamma dei suoi servizi è ampia e strategicamente
strutturata in aree tematiche:
Esportazioni
- Ricerca buyers/clienti
- Consulenza fiscale (rappresentanza fiscale e
recupero dell’iva italiana, svizzera e tedesca)
- Consulenza di natura commerciale e doganale
- Export & Investment Desk - Dalla Svizzera nel
mondo
- Informazioni finanziarie e legate alla solvibilità dei
partner (visure, rapporti commerciali, ecc.)
- Organizzazione di degustazioni, workshops ed
eventi
- Realizzazione di delegazioni ed export strikes
(visite presso buyers svizzeri)
- Organizzazione ed accompagnamento di espositori
italiani a fiere svizzere e di visitatori elvetici a fiere
italiane
- Organizzazione di seminari ed incontri di affari
- Focus settoriali
88 - La Rivista ottobre 2016
Investimenti
- Apertura di un’attività
- Investire nella ristorazione
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NEW IVECO EUROCARGO.
BENVENUTO IN
TUTTE LE CITTÀ.
Nuovo stile, prestazioni migliorate, qualità comprovate: nei trasporti per la distribuzione
urbana e regionale, il nuovo EUROCARGO non conosce pari – non per niente ha
ricevuto l’ambito titolo di Truck of the Year 2016! Il vostro par tner Iveco è lieto di
spiegarvi perché il nuovo Eurocargo può tornare utile anche a voi.
IVECO (Schweiz) AG, Oberfeldstrasse 16, 8302 Kloten, Tel. 044 804 73 73
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DISEGNATA DAL VENTO
La Rivista Anno 107 - n.10 - Ottobre 2016
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Alfa Romeo Giulia, 2.2 Diesel, 132 kW / 180 CV, consumo di carburante ciclo misto 4,2 l/100 km, emissioni di CO2 109 g/km, categoria d’efficienza energetica A.
Il valore medio (CO2) di tutti i veicoli nuovi immatricolati in Svizzera è pari a 139 g /km.
ALFA ROMEO
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Nelle alture sopra Vevey
Il mondo di Chaplin