Prima di muovere...pensa! Il gioco degli scacchi come curr aspec def

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Prima di muovere...pensa! Il gioco degli scacchi come curr aspec def
PRIMA DI MUOVERE…PENSA !
IL GIOCO DEGLI SCACCHI COME CURRICOLO
SPECIALE
Maria Rosa Fucci
Alessandro Pompa
Roberto Miletto
ed il Gruppo di Ricerca U.O.NPI*
* Il Gruppo di Ricerca della U.O.NPI di Pomezia (AUSL RomaH/4) sta
sperimentando in ambulatorio dei protocolli abilitativi con l’impiego
degli scacchi, nell’intento di esportarli poi a scuola, come Curricoli
Speciali. Ne fanno parte, ed hanno contribuito alla stesura di questo
capitolo, Giovanna SARTO, terapista della riabilitazione, Daniela
D’ALESIO, psicologa, Francesca TOZZI, Daniela AZZARELLI,
Vittoria MAROGNA , tirocinanti psicologhe.
INTRODUZIONE
Il gioco degli scacchi può costituire un originale Curricolo
Speciale per bambini con difficoltà di apprendimento: un
progetto rieducativo da proporre anche molto presto, diciamo
pure ad inizio carriera scolastica, perfino dalla scuola
dell’infanzia.
Pensare gli scacchi: è difficile sottrarsi subito ad idee che girano
attorno all’intelligenza, gli stereotipi ci portano infatti a pensare
in termini di un’attività complessa, implicante abilità multiple, e
c’è creatività, c’è ingegno, è un campo di interessi maturi per
tecnici della mente, gioco umano e gioco artificiale, lì tra
psicologia ed ingegneria. Ebbene, tutte suggestioni vere, ma noi
ci facciamo giocare i bambini, e pure quelli piuttosto piccoli.
Gli scacchi ben si adattano a quella esigenza, già sottolineata in
questo volume, di proporre delle attività di “speciale normalità”,
come curricoli per alunni con Bisogni Educativi Speciali, che
senza essere in condizioni di Handicap riconosciuto, necessitano
però di particolari attenzioni per una piena realizzazione del
diritto allo studio e del successo formativo. Una scuola davvero
inclusiva, si sa, deve essere capace di attivare risorse aggiuntive,
magari in forma di laboratorio, anche per loro, che hanno grandi
propensioni alla modificabilità. Cambiamenti prima di tutto
cognitivi, perché questi sono processi determinanti anche del
comportamento, e la modificabilità è possibile perché la struttura
cognitiva è stato del momento e non tratto permanente: processo
aperto e non chiuso (Fucci ed al., 2009).
In questo capitolo, il nostro Gruppo di Ricerca propone due
esperienze ambulatoriali, realizzate in questi mesi presso l’Unità
Operativa distrettuale di neuropsichiatria infantile (U.O.NPI)
della AUSL Roma H, a Pomezia, ma le si vuole poi esportare a
scuola. I protocolli che vengono qui illustrati sono stati proposti a
due distinti gruppi clinici opportunamente selezionati, da due
fonti diverse, l’utenza ambulatoriale o la segnalazione scolastica,
previa valutazione presso la nostra U.O.NPI.
DESCRIZIONE DEI GRUPPI
Il gruppo di scuola dell’infanzia
Il primo dei due gruppi che qui vengono descritti è costituito da 7
bambini in età prescolare, di 4-5 anni, quattro i maschi, e con 2
bambini che possono essere considerati con disabilità, ed
usufruiscono di azioni di sostegno, mentre gli altri 5 sono alunni
di scuola dell’infanzia con bisogni educativi speciali, ma non
disabili. Facendo riferimento alla Classificazione dell’OMS dei
disturbi psichici e comportamentali dell’ICD-10 nell’infanzia e
nell’adolescenza, il gruppo può essere così descritto:
- dei due bambini disabili, uno presenta un importante
Disturbo del Funzionamento Sociale, con una coartazione
che lo “paralizza” nella relazione e nella comunicazione
con il mondo, l’altro ha un Livello Intellettivo Limite che
rende basse le prestazioni e, in un certo senso, “maschera”
il Disturbo Evolutivo Specifico del Linguaggio espressivo,
di marcata dimensione clinica;
- dei cinque bambini con B.E.S., una condizione che li
accomuna è la “Dismaturità” (small for date), su più linee
evolutive, poi due di essi presentano un Disturbo della
Condotta di tipo oppositivo provocatorio, altri due sono
marcatamente Inibiti nella relazione (e nel pensiero) ed
uno mostra un Disturbo emozionale e comportamentale
specifico con Regressione ed Inattenzione.
Il gruppo di scuola primaria
Il secondo gruppo di sperimentazione è di età scolare, 8 bambini
di quarta e quinta classe di scuola primaria, quattro i maschi, e si
tratta anche in questo caso di un gruppo integrato con tre bambini
che sono disabili. Più in dettaglio, si può dire che:
- dei tre con azioni di sostegno a scuola, uno è un Borderline
Cognitivo, un altro ha un grave Disturbo del
funzionamento sociale, ed una bambina un Disturbo della
sfera emozionale così marcato da non consentirle relazioni
ed apprendimenti;
- nei restanti B.E.S. il quadro è quello del Disturbo di
Apprendimento Non Specifico (DANS), con motore
prevalente di tipo emozionale nel determinismo
dell’insuccesso scolastico.
Operativamente, il calendario dei due gruppi è stato costruito su
un ciclo abilitativo di circa quattro mesi, con sedute ambulatoriali
settimanali, ciascuna della durata di 2 ore.
NOTE SUL PROTOCOLLO VALUTATIVO
Entrambi i gruppi sono stati esaminati con una valutazione
statica, integrata da elementi di valutazione dinamica funzionale,
al tempo iniziale (To) e con re-test (Tf) al termine dell’intervento
abilitativo.
Per completezza di informazione riportiamo qui il testing
completo che è stato proposto, discutendone successivamente
alcuni aspetti più suggestivi.
Valutazione statica U.O.NPI. Baseline.
A. Prove grafiche
1° gruppo (scuola dell’infanzia)
2° gruppo (scuola primaria)
Disegno dell’omino (Goodenough)
Disegno della scacchiera
Disegno della persona umana
con schema d’azione
(bambino che calcia la palla)
Disegno della mente mentre lavora
previo colloquio sulla teoria spontanea:
Secondo te dove è che sta la mente?
E dove stanno i pensieri?
A che potrebbe assomigliare la tua mente?
(Prova di copia da modello reale)
previo colloquio sulle teorie spontanee
sull’uso dell’oggetto:
Conosci questo oggetto?
Come si chiama?
Disegno della mente mentre riposa
Sai a cosa serve?
Somiglianze e differenze.
Richiesta di descrizione.
Conosci dei giochi che si possono fare? Come funziona secondo te la tua
Chi hai visto giocare?
mente? Da che cosa lo capisci?
Ridisegno della scacchiera
(Prova di riproduzione a memoria)
B. Testing su funzioni esecutive
1° gruppo (scuola dell’infanzia)
W.P.P.S.I.
a.
b.
c.
Subtest 4 COMPLETAMENTO FIGURE
Subtest 6 LABIRINTI
Subtest 8 SOMIGLIANZE
2° gruppo (scuola primaria)
W.I.S.C.-R
a. Subtest 2 COMPLETAMENTO FIGURE
b. Subtest 3 SOMIGLIANZE
c. Subtest 4 STORIE FIGURATE
d.. Subtest 12 LABIRINTI
C. Prove scolastiche
1° gruppo (scuola dell’infanzia)
Sulle prime ipotesi di costruzione
della lingua scritta:
PROTOCOLLO U.O.NPI
(Scrivere su I foglio nome proprio,
nome proprio con inversione di
genere, parole orso e formichina,
su II foglio riscrivere parola orso
e frase L’orso mangia il miele, con
lettura successiva di quanto scritto)
Sull’ approccio al calcolo:
numerazione di biglie entro il 10,
valutazione di quantità intensiva
sempre con le dieci biglie
2° gruppo (scuola primaria)
PROVA LETTURA Mt Cornoldi
scelta testo in entrata corrispondente alla classe
valutazione velocità/accuratezza/comprensione
PROVA SCRITTURA
pensiero spontaneo su
qualcosa visto ieri in TV
PROVA CALCOLO
Biancardi Tressoldi
Valutazione dinamica funzionale. Baseline.
Ci siamo limitati all’uso di una prova unica, la nota Figura
Complessa di André Rey, con la richiesta della riproduzione a
memoria, prima senza mediazione adulta e poi con una
mediazione linguistica in entrambi i gruppi. Per il gruppo dei
piccoli di scuola dell’infanzia si è utilizzato il modello B, per gli
alunni di scuola primaria la forma A.
Fig. A di A. Rey
Fig. B di A. Rey
Un’osservazione comportamentale ha accompagnato il test e qui
si riporta lo schema adottato:
Presenza di difficoltà specifiche
Inattenzione
Impulsività
Carenza di strumenti verbali
Blocchi emotivi
Poca disponibilità alla mediazione: a.rifiuti; b.ritiro passivo
Non bisogno di padronanza sul compito: a.non persistenza; b.non
autonomia; c.non motivazione
Poca tolleranza alla frustrazione: a.rinuncia; b.rabbia
Poca fiduciosità
Poca vitalità
Soprattutto nella valutazione dinamica dei più piccoli i fattori
non intellettivi sono aspetto fondamentale.
Non è stata utilizzata una mediazione su misura ma un
insegnamento standardizzato, ad intensità media, per tutto il
gruppo. Nella prova pre-insegnamento non è stato offerto alcun
aiuto eccetto l’incoraggiamento ad effettuare il compito in caso
di inibizione iniziale.
Il miglioramento nella prova post-insegnamento è indicatore di
modificabilità, non di apprendimento stabile e durevole.
Sul re-test
A conclusione del curricolo speciale, la valutazione finale
prevede la ripetizione di prove statiche e dinamiche per il
confronto prima e dopo trattamento.
Per la valutazione statica, ci siamo limitati a:
Prove grafiche
1° gruppo (scuola dell’infanzia)
Disegno dell’omino (Goodenough)
Disegno della scacchiera
(Prova di copia da modello reale)
2° gruppo (scuola primaria)
Disegno della persona umana
con schema d’azione
(bambino che calcia la palla)
Disegno della scacchiera
(Prova di copia da modello reale)
Disegno della tua mente
mentre giochi a scacchi
VMI Test di integrazione visuo-motoria
Per la valutazione dinamica funzionale si è ripetuta la prova di
Rey, con le medesime modalità.
SUL METODO
I materiali
Questo Curricolo Speciale richiede come materiale gli scacchi e
le scacchiere da tavolo ma, scendendo in qualche dettaglio, sono
utili la scacchiera di stoffa da pavimento (cm 320 x 320 per il
gruppo dei piccoli e cm 480 x 480 per gli altri), la scacchiera
murale, gli scacchi giganti. Per il nostro approccio che si avvale
di spunti tratti dal metodo di potenziamento cognitivo di Reuven
Feuerstein, servono anche gli strumenti del PAS, il Programma di
Arricchimento Strumentale, e in particolare il PAS Basic
(Feuerstein ed al., 2008).
Per la documentazione, filmati di spezzoni delle sedute, disegni,
commenti, racconti dei bambini (previa autorizzazione delle
famiglie all’uso scientifico e didattico del materiale), annotazioni
diaristiche anche con l’ausilio di griglie appositamente
predisposte per le osservazioni comportamentali.
Il setting
La nostra sperimentazione ambulatoriale è durata quattro mesi,
ogni gruppo si è incontrato con una frequenza di una volta a
settimana e le sedute hanno avuto una durata di due ore.
L’ambiente fisico che ha accolto il gruppo era costituito da una
ampia stanza, ben illuminata e riscaldata, con un arredamento
spartano: due armadi sempre chiusi e posti lateralmente in modo
da lasciare ampio spazio centrale in cui il gruppo poteva
muoversi liberamente sulla scacchiera di stoffa da pavimento o
sulle piastrelle 40x40 del pavimento stesso, riproducesti una
scacchiera immaginaria.
Solo quando è stato necessario, nelle ultime sedute, è stato
introdotto un grande banco con otto posti e le relative seggioline,
per realizzare i lavori grafici a tavolino, finalizzati al
consolidamento di concetti complessi, esperiti con il corpo che
agisce sotto la guida costante, linguistica, del maestro di scacchi,
conduttore principale dei gruppi.
Il gruppo di lavoro adulto è composito: oltre la presenza tecnica
del maestro di scacchi, un docente di scuola pubblica con chiare
competenze specialistiche (istruttore UISP, AICS e FSI) e
conduttore preminente, ne fanno parte una psicologa
psicoterapeuta, formata sul metodo Feuerstein, e con esperienza
di terapie di gruppo, una terapista della riabilitazione, due
tirocinanti psicologhe, una utilizzata come operatore per le
riprese, sempre filmate in modo discreto, l’altra di supporto per
interazioni nei giochi. La funzione dei tecnici dell’età evolutiva è
sostanzialmente quella di consolidare gli apprendimenti proposti
nel gioco degli scacchi con interventi connessi al potenziamento
cognitivo, con l’uso di situazioni stimolo o di strumenti cartacei
tratti dal programma di arricchimento strumentale del metodo
Feuerstein, il PAS Basic (1995. 2008).
Il progetto si ispira, dunque, ai fondamenti teorici ed alla pratica
del metodo creato da Reuven Feuerstein, perché una buona
mediazione cognitiva modulata sui bisogni del momento può
stimolare quelle funzioni attese per l’età ma che stentano ad
emergere: e può costituire un programma che è già di recupero di
funzioni cognitive carenti in questi alunni con Bisogni Educativi
Speciali.
Nella prima fase, durata poco più di un mese, le due ore di lavoro
sono state condotte unicamente dal maestro di scacchi, con tutti
gli altri operatori in funzione supportiva ; nella fase intermedia il
tempo é stato ridistribuito tra il conduttore e le co-conduttrici,
mentre nella fase finale la conduzione è stata affidata alle coconduttrici per mettere il fuoco dell’attenzione sulla
mentalizzazione dei contenuti agiti, intuiti, raccontati a
frammenti.
Per ottenere questo, il lavoro è stato centrato sulle
rappresentazioni grafiche dei movimenti dei pezzi, sul confronto
dei movimenti di ogni pezzo, sulle narrazioni delle regole base,
sempre secondo i principi di mediazione adulta del metodo
Feuerstein.
Alla fine del ciclo riabilitativo, il setting ha avuto una vera (e
benefica) rivoluzione nel senso di una de-sanitarizzazione;
infatti, i bambini hanno potuto usufruire della frequenza gratuita,
per una volta a settimana e per due ore, presso un ambiente
“professionale” come la locale associazione scacchistica “Le
Quattro Torri” di Pomezia, di pomeriggio, dunque senza alcuna
sottrazione al tempo scolastico, ed in più con l’inclusione dei
propri genitori in un progetto di avvicinamento tra le generazioni
attraverso il giocare insieme. L’associazione promuoverà altresì
per i nostri soggetti altre inclusioni in gruppi allargati di
appassionati di scacchi che si incontreranno nel prosieguo nei
tornei sportivi,ciascuno secondo il livello raggiunto.
SUGLI OBIETTIVI
Sulla scelta degli scacchi come strumento rieducativo, le
motivazioni sono certo più d’una. La prima idea è che questo è
un gioco che sa ben stimolare le funzioni cognitive e lo può fare
con gradualità. Il nostro punto di vista clinico-riabilitativo al
riguardo lo abbiamo articolato così (Fucci ed al., 2009):
Il gioco degli scacchi spinge all’INTERAZIONE
COSTANTE con l’altro e con il gruppo: facilita
l’intenzionalità comunicativa e questo succede perfino nel
momento del silenzio nel gioco (si é sempre in relazione
con chi gioca dall’altra parte della scacchiera)
Richiede COERENZA tra il pensare la mossa ed il farla:
tra il dire (pensare) ed il fare non ci puoi lasciare il mare !
E lo si verifica immediatamente, anche nell’efficacia
Si
può
far
bene
emergere
l’ATTIVITA’
METACOGNITIVA SPONTANEA: non interessano
verifiche fini a se stesse, per il risultato: le mosse sono
usate per un’argomentazione in gruppo sulle ipotesi di
azione (propria e dell’altro) implicite, dunque
inconsapevoli, per farle diventare esplicite, consapevoli
per tutti
Il gioco degli scacchi è un eccellente strumento per il
POTENZIAMENTO COGNITIVO di funzioni carenti,
dall’orientamento spaziale al comportamento sommativo,
dall’analisi percettiva al controllo degli impulsi, dalle
funzioni esecutive a quelle di anticipazione
Si costruisce attorno un accogliente, giocoso AMBIENTE
LUDICO NON GIUDICANTE, perché l’errore di mossa è
tutto sommato una buona cosa: uno spunto che consente di
ragionare insieme sul senso di ciò che si è fatto
Il GRUPPO DEI PARI COINVOLTO NELLA
FUNZIONE MEDIATRICE degli apprendimenti: il senso
della mossa di ciascuno viene esplicitato nel gruppo e
diventa patrimonio comune
Il gioco degli scacchi serve per il POTENZIAMENTO
DELL’AUTOSTIMA nel raggiungere successi condivisi,
al di là del dare scacco matto: ciò che conta come
successo è imparare a pensare
Facilita una MODULAZIONE DELLE EMOZIONI,
addestrando gradualmente alla lettura degli stati
emozionali, propri ed altrui
Promuove CONDOTTE PRO-SOCIALI, allenando alla
turnazione regolare, al rispetto di regole, al confronto.
SULLO STILE DELLA CONDUZIONE DEL GRUPPO
L’accoglienza
Riportiamo qui l’esperienza ambulatoriale sui nostri gruppi
clinici, ritenendola modello possibile per un’esportazione altrove,
soprattutto negli ambienti scolastici.
Il conduttore va ad accogliere i bambini del gruppo in sala
d’attesa e comincia a dare le informazione sul lavoro che si farà
insieme.” Bisognerà giocare in un modo…un pochino speciale
oggi…siete pronti? Per giocare faremo una piccola sosta qua
all’ingresso, resteremo con i calzini togliendo le scarpe, poi non
andremo a letto senza scarpe naturalmente, ma saliremo…e non
vi possiamo dire dove!” Il conduttore crea una forte dissonanza
cognitiva, portandoli fuori dal qui ed ora, sia rispetto alla
categoria spaziale (nell’altra stanza, sopra dove non si sa) che
temporale (stasera andremo a letto senza scarpe). Questo
trasporto fuori del tempo e dello spazio crea l’ambiente
fabulatorio. “ Dobbiamo fare una passeggiata in questa stanza e
c’ è una sorpresa… non provate già ad indovinare tanto non
indovinerete mai…lo saprete soltanto quando ci sarete sopra…
Ma sopra a che cosa? Ma chi lo sa?! Chi è che vuole venire per
primo e andiamo a passeggio in questo posto bellissimo?”
L’attenzione è catturata al massimo livello: nel filmato si
osservano i bambini che lo guardano intensamente mentre stanno
vicini ai propri genitori o addirittura in braccio. Gli stessi adulti
sono entrati in una sorta di magnetismo comune non solo ai loro
bambini, ma anche al gruppo di persone presenti nella sala
d’attesa dell’ambulatorio. L’incrocio degli sguardi tra ogni
genitore e il proprio bambino, l’attesa condivisa, la curiosità, i
sorrisi, intensificano l’affettività come base sicura, agevolatore
della separazione prossima. I bambini sanno che anche i genitori
hanno le stesse finestre di conoscenza aperte, e dopo l’esperienza
le riempiranno insieme attraverso i racconti. I bambini
cominciano a togliersi le scarpe, alcuni si fanno aiutare dai
genitori, altri se le tolgono da soli pensando che questo li
avvicinerà più rapidamente alla sorpresa nella stanza. Il pensiero
anticipativo è stato così naturalmente attivato:”Quale sarà la
sorpresa non lo indovinerete mai, ma c’è la sorpresa!”. Persino
Lorenzo, un bambino molto inibito, che nelle sedute di
riabilitazione individuale ha sempre ostinatamente rifiutato di
togliersi le scarpe, le ha sfilate rapidamente dai suoi piedi. Il
sistema motivazionale è stato innescato con la strategia del dire
senza dire tutto, e ciò è finalizzato a mantenere aperto un campo
mentale di particolare ricettività agli apprendimenti proposti. È
necessario preparare il terreno fertilizzando prima della semina,
se si vuole un buon raccolto.
Ad incentivare l’apertura del campo di ricettività della mente, il
conduttore introduce con stile soffice, apparentemente
sprovveduto e distratto, e crea un’intensa vicinanza al mondo dei
piccoli quasi annullando la distanza generazionale: “Oh non vi ho
detto una cosa!! Quando avrete tolto le scarpe dovrete anche
chiudere gli occhi, così…” E fa il gesto di ripassare la mano sugli
occhi più volte, ma appena si accorge che qualche bambino non
gradisce la proposta, aggiusta il tiro: “anche un occhio solo…”.
Li invita a fare un treno uno dietro l’altro con le mani appoggiate
sulle spalle del compagno precedente, creando un dolce
passaggio dal sostegno offerto dal genitore a quello ora offerto
dal compagno e dal treno, che rappresenta già un precursore
simbolico della fondazione di un gruppo. Ci si deve fondere in
un’unità e per questo si devono un po’ perdere i confini
individuali per un po’, per poi ritrovarli. Ed infatti il conduttore
insiste nella chiusura degli occhi :”Allora facciamo così,
facciamo aprire gli occhi solo a te per adesso…” Si rivolge alla
bambina capofila che deve guidare gli altri attaccati dietro a lei e
continua :”Voi con gli occhi chiusi, tanto sapete dove andare
perché, l’uno tocca l’altro…e questa sera a letto senza scarpe!” In
una implicita rassicurazione che dopo il gioco saranno restituiti a
mamma e papà che li metteranno a letto, naturalmente senza
scarpe. Il gruppo si fonde ma solo per il tempo del gioco e poi
ognuno si ritrova nel proprio Sé, persino quando dorme e con
questa garanzia si procede ancora alla fondazione del gruppo con
le presentazioni di ciascuno, introducendo già il gioco del
contrasto delle parole, l’incoerenza spiazzante suscita un sorriso
ed uno stordimento. “Questa signorina così anziana come si
chiama?” Giulia non risponde, è disorientata (proprio lei che di
solito è molto disinvolta nella relazione...). “Ci sta pensando,
quando avrà finito di pensare ce lo dirà...”. Il conduttore accoglie,
ma dà significato e attende. Lei dice “Mi chiamo Giulia”. E lui
“Oh, sei sempre Giulia, tu non hai cambiato nome!”. Giulia tira
su la sua manina e mostra quattro dita per dire la sua età in
risposta ritardata alla sua anzianità. Il conduttore legge il
significato del messaggio mantenendo in forma fluttuante il
conflitto cognitivo e scherzosamente continua dicendo ”Oh,
beh… tu hai 44 anni! Cioè quattro anni e tu invece?”.
“ Sono Silvia!”
“Bene, Silvia è pronta”
“E tu?”
“Martina!”
“Il buongiorno si vede dal Martina”.
Il conduttore utilizza ogni occasione per proporre il gioco delle
parole, grande e potente arma organizzatrice della mente. E poi
continua con le presentazioni: “E tu?”
“Lorenzo”
“Sempre Lorenzo!?” “… tutti i giorni?”
Tutti gli operatori che si occupano di sviluppo ben sanno come
l’acquisizione del concetto di invarianza non sia scontato e lui ne
introduce il sano dubbio in modo subliminale e poi continua:”E
questo bimbo come si chiama?” indica il bambino più piccolo e
più coartato del gruppo, di solito non si muove proprio, né parla.
Ed infatti Denis non risponde. Il conduttore dà alcuni significati,
ma evita attentamente di sottolineare il problema dell’inibizione
e devia il significato su una difficoltà momentanea di memoria
che Denis sa di non avere, così può già avere un granello di
fiducia in sé. Infatti comunica al gruppo l’ipotesi con l’attesa
positiva :”Non se lo ricorda, appena lo ricorderà… ce lo dirà!”. Il
tema tattico della deviazione negli scacchi viene da lui usato
spesso nel suo stile magnetico, fatto di voce modulata, ma sui
toni bassi, accompagnata da una gestualità facciale molto intensa
che si armonizza con le pause d’attesa, le consegne, la lettura dei
significati che vengono sempre restituiti ad ogni comportamento.
Nel rispetto delle regole della fondazione di un gruppo il
conduttore annuncia gli assenti perché malati.
“Non mi dite che siete già… pronti!”
Spesso usa dire il contrario di ciò che é atteso.
“Alzi la mano chi è pronto”, ma solo la prima bambina alza la
mano, gli altri sono in una situazione di immobilità, a questo
viene dato un significato positivo di salvaguardia dell’unità del
gruppo appena formato. “Oh va bene, non potete alzare la mano,
altrimenti non toccate più il compagno davanti…E si rompe il
treno! Allora siete pronti, toccate la spalla del bambino davanti,
chiudete gli occhi, solo la prima li tiene aperti, chiudete, chiudete
(e fa il gesto di chiudere con la mano i suoi occhi)”. I bambini lo
guardano incantati senza poter staccare lo sguardo da lui. Una
bambina del gruppo ne imita il movimento ripetendolo sui suoi
occhi. Gli altri li chiudono ad un invito ulteriore, mentre iniziano
a camminare verso la stanza. Entrano nella stanza con gli occhi
chiusi, alcuni si aiutano tappandoseli con le mani. In questa
atmosfera pseudo-onirica si avviano ad un’esperienza
trasformativa.
Il processo
Si entra nella stanza, si aprono gli occhi, si guarda la sorpresa;
c’è la grande scacchiera da pavimento lì per terra, subito definita
come “tappeto magico”: chi si sente pronto può salire ed iniziare
il viaggio. Sul tappeto ci si può muovere come si desidera, ma
“dentro”, senza cascarne “fuori”: così introducendo assai
concretamente i primi concetti spaziali. I più inibiti, specie i
piccoli, una volta saliti, non si muovono affatto, altri si muovono
piano piano in spazi ridotti. L’adulto usa le parole per dare
indicazioni più precise per movimenti direzionati nello spazio
(fai la strada “dritta davanti” a te ancora di un passetto; fai la
strada “dietro” a te di quanti passi vuoi…contiamoli uno, due,
tre); usa le braccia, in avanti e indietro e poi posizionate “come
un uccello”, per introdurre il destra-sinistra. Si introduce il gioco
del vigile, che indica la direzione con le braccia. L’adulto dirige
il traffico ed i bambini a turno si possono muovere eseguendo il
numero di passi richiesto, un passo una casa, senza mai uscire dal
tappeto, altrimenti non si fa il viaggio insieme. In forma
subliminale, si introducono fin da subito concetti spaziali
topologici, come confine, limite (dentro-fuori), di direzione
(avanti, indietro, destra, sinistra), con accenno all’uso della conta
numerica, attuando anche la corrispondenza biunivoca, con il
gruppo che ad ogni passo di ciascuno dice il colore della casa,
così constatando l’alternanza ritmica bianco-nero, quando si
cammina “per dritto”. Poi l’insegnante invita a fare una
passeggiata “per storto”, usando sempre le braccia indicatrici del
vigile, lungo “la strada della cioccolata” e poi lungo “la strada
del latte”. E quando qualcuno perde la giusta via:
Adulto:…oh, Lorenzo, sei finito nella strada del latte, così! Mi sa
allora che tu ami più il latte della cioccolata, è vero?
L’attenzione è dunque posta sull’alternanza bianco-nero di chi
cammina dritto e l’uguaglianza di colore di chi cammina obliquo.
Il gioco si conclude con libero movimento, attivando sulle strade
del latte o della cioccolata o dell’alternanza, chi era partito per
questo viaggio in modo molto bloccato. Il gioco trasformativo
porta poi al “mare mosso”: il gruppo scende dal tappeto magico,
si dispone in cerchio, tenendo i lembi della scacchiera, la si
solleva agitandola “fortissimamente”. Energia che si esprime, per
essere poi governata:
A: Bene… ed adesso facciamo il mare calmo!
E le urla concitate di prima lasciano il posto ad un silenzio di
attesa…
A: Ed ora facciamo i pesciolini che vanno sotto le onde, dai…
Con i lembi ora tenuti dagli adulti, il gruppo si scatena sotto la
scacchiera, simulando pesci in verità schiamazzanti…Per poi
tornare sopra le onde, in una situazione distesa che conclude
l’incontro.
Le sedute successive sono ancora dedicate a giochi di movimento
e di calma, per le esigenze della regolazione, in quanto nei gruppi
servono nel contempo interventi contenitivi per alcuni soggetti,
attivatori per altri. Senza una riorganizzazione delle difficoltà
comportamentali di ciascuno il lavoro gruppale sulle funzioni
cognitive carenti rischia sempre di soffocare nel caos dei bisogni
dei singoli e di un’istintualità mal governabile.
Viene poi il momento della presentazione dei pezzi degli scacchi,
che vengono associati ai modi di muoversi già sperimentati nel
gruppo sul tappeto magico, ora definito come scacchiera; il
conduttore annuncia l’arrivo di un ospite d’onore, esce dalla
stanza, poi bussa ed il gruppo dice di entrare; e lui entra, con
pausa di attesa da tempo teatrale, con il pezzo gigante in mano (e
nel nostro caso anche indossando lo specifico copricapo
identificante il pezzo).
A: Buongiorno a voi, io sono la Torre e tu chi sei? Rivolgendosi
ad ogni bambino.
E con ciascuno si fa una bella passeggiata sulla scacchiera,
muovendosi come quel pezzo sa muoversi. Poi è tutto il gruppo
trasformato in Torre, tutti bambini-Torre, o meglio c’è nel nostro
gruppo TorLorenzo, TorSilvia, TorDenis, TorGiulia e le altre
torri, e si comincia a giocare all’acchiappa-Torre. Quella
acchiappata va in vacanza, e torna nel giro successivo, scegliendo
allora un posto adatto per evitare di mettersi a tiro di altre Torri,
altrimenti sarà riacchiappata. Inizia così un gioco di
pianificazione, di scelte da attuare o da scartare, che possono
essere commentate dal gruppo.
Dalla azione sulla scacchiera da pavimento alla rappresentazione
mentale attraverso il disegno della Torre e le tracce delle strade
che può fare, con la mediazione adulta (Fig.1).
Figura 1. Lorenzo 5,10 anni
Si può anche usare una scacchiera plastificata e, legando al pezzo
un pennarello non indelebile, si può far tracciare al gruppo le
strade possibili per una Torre. E si passa da un bambino all’altro
la torre che scrive, con esercitazioni che vanno sempre
commentate in gruppo, nella correttezza come nell’errore. Questo
è un momento molto forte perché porta i nostri apprendisti
scacchisti a prendere una distanza dall’agito ed a fare prime
rappresentazioni mentali con il disegno e con le parole che
descrivono il concetto. La mediazione si intensifica chiedendo di
introdurre un comportamento sommativo (contare le case
percorse), di denominare l’alternanza dei colori, di pianificare
l’azione dicendola prima di farla (utile per frenare i
comportamenti impulsivi), di verificare la coerenza tra ciò che si
è detto e ciò che si è fatto.
Nelle sedute successive si introducono gli altri pezzi con
medesima modalità. Alla Torre segue l’Alfiere e si muoveranno
sulla scacchiera dunque AlfierGiulia, AlfierSilvia ed altri alfieri,
ma ci saranno ancora TorLorenzo e TorDenis (nel nostro caso
ciascuno con il copricapo congruo al proprio essere); il gioco
dell’acchiappa-pezzo dunque si comincia a complicare. E così
via, per tutti gli altri pezzi. E’ interessante il lavoro a tavolino,
sulla forma dei movimenti di ciascun pezzo (p.e., la Torre fa
strade a croce, l’Alfiere ad x) e la generalizzazione che ne
consegue:
Gruppo:…ognuno fa la sua stradina!
E poi ancora, Giulia: io vado con lei sempre per la stessa strada
a scuola…’sti altri no…fanno sempre altre strade…
Dalla scacchiera da pavimento si passa a quella murale, con
pochi pezzi che si inseguono o fuggono a turno, nel solito gioco
di acchiapparella.
Vogliamo qui fornire un esempio di come le rappresentazioni
grafiche sanno raccontare sui risultati di uno sforzo cognitivo
grande tramite la mediazione cognitiva adulta, ed impieghiamo
ancora Lorenzo come modello (Figg. 2a; 2b). Prima della
mediazione, il bambino rappresenta il movimento della Regina
con un’idea semplice, intuitiva, spontanea, di un pezzo che si sa
muovere tanto (Fig. 2a); poi il maestro fa vedere al gruppo come
il Re e la Regina sanno fare strade a croce e ad x, usa fogli con
le loro tracce sovrapposti ed in controluce; subito dopo, Lorenzo
su altro foglio (Fig. 2b), non solo rappresenta la grandezza
diversa degli spostamenti tra i due pezzi, ma il numero preciso
delle direzioni possibili, integrando i due elementi insieme.
Figura 2°. Lorenzo
Figura 2b. Lorenzo
Interessante anche la generalizzazione che segue:
A: Allora, proviamo insieme a dire qualcosa su che cosa
abbiamo imparato oggi di importante da questo gioco…
Nel dibattito, viene anche fuori dal gruppo: … che è sempre meio
contà…così lo sai che le stradine so’ tante! Otto, so’ otto, eh!
Il collegamento con le proprie esperienze, guidato dall’adulto,
porta infine alla considerazione:
Cristian: …contare serve…quando scambio le figurine, se non
conto mi fregano!
Per dare un’idea sommaria del processo si è utilizzato materiale
tratto dal lavoro nel gruppo di età prescolare. Per il gruppo di
scuola primaria, essendo i bambini meno piccoli, il processo è un
po’ differente, e sostanzialmente può essere così sintetizzato:
- Il tempo dedicato agli agiti è ovviamente più contenuto;
- Il passaggio all’uso della scacchiera murale è decisamente
più celere, fin dalle prime sedute, anche se per tempi brevi;
- C’è un uso di termini e concetti più puntuale fin da subito
(movimento
in
orizzontale,
verticale,
obliquo),
contestualizzandoli opportunamente;
- Il progetto porta oltre la presentazione dei pezzi associata
al lavoro di rappresentazione grafica, si giunge a giocare
con la supervisione del maestro delle partite su scacchiere
magnetiche da tavolo;
- Il disordine comportamentale nel gruppo ha richiesto un
lavoro supplementare per contenere prevaricazioni,
regressioni, distraibilità, impulsività; lo spezzone che
segue può dare un’idea dell’atmosfera caotica di qualche
momento.
A: Allora sei pronto per fare la tua mossa alla scacchiera
murale?, rivolgendosi a Francesco;
Gruppo: vengo io!; No, tocca a me, l’ha detto a me!;
Ioooo…maè, te pregooo!; Ahoo…me hai proprio stufato tu…;
A: Io,io….bé allora lo chiederò allo zio! O, in altra occasione:
alzate la mano senza lottare! Si può pensare anche senza
muovere!
CENNI SUI RISULTATI
In entrambi i gruppi, si sono osservati alla conclusione del ciclo
abilitativo dei macro- e dei micro-cambiamenti, riscontrati anche
a casa ed a scuola.
Per necessità di sintesi, ne proponiamo un’elencazione:
• Tolleranza maggiore alla frustrazione;
• Riduzione dell’evitamento del compito;
• Disponibilità maggiore a portare a termine il compito;
• Attenzione selettiva e sostenuta incrementata;
• Precisione maggiore nelle rappresentazioni grafiche;
• Descrizioni su modalità più ordinate a casa;
• Anticipazioni degli esiti delle azioni;
• Attivazione delle iniziative, evidente nei bambini più
coartati;
• Maggior governo sugli agiti;
• Comparsa del bisogno di usare parole precise per indicare
e descrivere;
• Comparsa del confronto tra i membri del gruppo nel
dialogo;
• Rispetto della turnazione;
• Osservazione di comportamenti riflessivi rispetto ai tratti
regressivi e/o impulsivi così ben evidenti prima.
Senza qui entrare nel merito di un nostro originale protocollo di
valutazione, presentiamo il Disegno della Scacchiera di uno
stesso bambino, prima e dopo trattamento (Figg. 3a; 3b).
Evidenti le modificazioni.
Figura 3 a. Silvia 5, 11 anni
Figura 3 b. Silvia 6, 3 anni
Commentiamo brevemente sulle teorie spontanee raccolte circa il
funzionamento della loro mente mentre giocano a scacchi.
Emergono delle differenze suggestive tra i due gruppi.
Nei bambini di scuola primaria c’è l’affermazione sicura che i
pensieri nascono dalla mente, mentre in quelli di scuola
dell’infanzia le idee sono diverse: Thiago (Fig.4) ha una sua
stramba teoria, i pensieri provengono dalla luna e dalle stelle,
nascono nel buio dello spazio e scendono sulla Terra (che la notte
ed il sonno portino consiglio?),
Figura 4. Thiago 5, 5 anni
Lorenzo ha una concezione “digerente”, sostiene che i pensieri
vengono dalla pancia (il mangiare un’idea di Giorgio Gaber?),
poi risalgono fino alla bocca per diventare parole, Giulia sente da
iperattiva che i pensieri partono dalle mani che fanno qualcosa,
escono in punta di dita, mentre Denis, bambino coartato che
ascolta molto e parla pochissimo, sa che escono dalla testa ed
infatti indica le orecchie.
Al termine del lavoro, i bambini di scuola primaria hanno
maturato idee piuttosto precise sul malfunzionamento della loro
mente. Francesca, bambina impulsiva, sa paragonare la sua
mente ad un’automobile che ogni tanto va fuori strada (“E’ che
non mi ubbidisce…i freni non funzionano bene!”); Valerio
percepisce la sua mente (Fig. 5) come “un tondo vuoto,
completamente vuoto…per forza non sa niente e non ricorda!”.
Decisamente evoluta è, infine, la rappresentazione di Francesco
(Fig. 6) che della propria mente ha un’ipotesi di stampo già
“ingegneristico”.
Figura 5. Valerio 10, 6 anni
Figura 6. Francesco 10, 7 anni
CONCLUSIONI
Il bisogno di giocare è una cosa molto seria, ed il nostro gruppo
di lavoro e di ricerca ne fa la sostanza dei diversi progetti
riabilitativi che in questi anni ha realizzano nell’ambulatorio
specialistico di Pomezia, sperimentati lì ma con il costante
intento di esportati poi nelle scuole, come Curricoli Speciali per
alunni Disabili o con Bisogni Educativi Speciali. Far giocare in
aula il cervello migliora le abilità sociali, le coesione di gruppo,
riduce lo stress, aiuta a superare situazioni problematiche,
addestra ad affrontare l’imprevisto, potenzia il pensiero. Gli
scacchi, dunque, come in altre occasioni le vignette umoristiche,
le barzellette, i corti comici, i videogiochi, esperienze
sperimentali descritte in altri capitoli del presente volume.
Nel manuale I bambini e gli scacchi scritto alcuni anni orsono
(2005), riportavamo una vecchia metafora, classica e da tanti
usata, quella della chioccia di Anthony, che descriveva la
chioccia mentre guida nello spazio i suoi pulcini; arriva poi
sempre il momento che li deve lasciare andare alla scoperta di
quel piccolo mondo; ed i pulcini vanno ma, non appena trovano
un ostacolo di qualsiasi genere, un’evidente occasione di
frustrazione, ritornano alla chioccia ed essa, beccandoli
dolcemente, li riaccompagna per un breve tratto e li sollecita così
a riprendere l’avventura nello spazio, se possibile, con maggiore
energia, con più aggressività. E loro ci riprovano, ributtandosi in
quel percorso accidentato, ma funzionale alle esigenze di crescita
d’esperienza, un percorso fatto di successi ed anche di insuccessi.
Ma ciò che conta è che ci sia sempre la chioccia a beccarli nel
momento giusto.
Ci piace concludere pensando che quel compito della chioccia è
molto vicino nella sostanza a quello che si fa nella mediazione
cognitiva.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Feuerstein R., Rand Y., Rynders J.E. (1995), Non accettarmi
come sono. Sansoni, Milano.
Feuerstein R., Feuerstein R.S., Falik L., Rand Y. (2008), Il
Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein.
Edizioni Erickson, Trento.
Fucci M.R., Miletto R., Tozzi F. (2009), Il punto di vista clinicoriabilitativo. Il Curricolo Speciale “Prima di muoverti…pensa!”.
In Miletto R., Pompa A. (a cura di) Atti 1°Convegno Giocare a
scacchi con la mente, ITOP Ed., Palestrina.
Miletto R., Pompa A., Fucci M.R., Morrone F. (2005), I bambini
e gli scacchi. Appunti per una teoria della mente. Armando
Editore, Roma.
Tzuriel D. (2004), La valutazione dinamica delle abilità
cognitive. Edizioni Erickson, Trento.