Abstracts and CVs / Riassunti e CV - WebLearn

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Abstracts and CVs / Riassunti e CV - WebLearn
"SVEVO 2011" - ABSTRACTS & CVs
AIELLO, Lucia
Transitions: The Passage to Meaning of Giacomo Joyce and Giacomo Aghios.
This paper compares two short experimental pieces, respectively Giacomo Joyce by
James Joyce and Corto viaggio sentimentale by Italo Svevo, and suggests that they
present remarkable similarities both at the level of form and at the level of content.
Besides exploring the common theme of the journey, one through the city and one to
the city of Trieste, both pieces are a reflection on the duplicity and instability of
identity as a marker of the self. The two protagonists, who share the same name,
literally and metaphorically move on the threshold of being, hovering as they do
between nationalities, gender, languages, beliefs, stages of life, traditions and
civilisations. Although the theme of the in-betweenness of being pervades Svevo and
Joyces’ most important works, the paper argues that it is in these two fragmentary
short pieces that this modernist topos reaches such an extent as to propel them onto
another, more contemporary, narrative level. For both Giacomos, being on the
threshold is not just an existential condition but a way to reframe the question of the
subject not in terms of authenticity, as they realize the impossibility of it, but in terms
of constant renegotiations of boundaries. As the paper demonstrates with detailed
examples, fluid categories such as identity and subjectivity can only be grasped in
transition, i.e. either as memory or as dreamlike projection. Ultimately, the paper
suggests that by electing transitoriness as the ground where the confrontation between
the real and the symbolic occur, Svevo and Joyce posit also the question of writing and
its artistic value as the question of meaning. As Theodor Adorno argues, in posing the
question of its transitoriness the work of art stores in itself ‚the ferment of its own
abolition‛ and the possibility of fall into meaninglessness. However, in the transition
between forms, between languages, between styles, the question of meaning can be reposed and made compelling for us. Although the paper makes reference to the
theoretical works of Theodor Adorno and Jacques Derrida, it is rooted in close textual
analysis. The paper is conference-session length and is prepared so as to appeal to both
post-graduates and senior academics.
CV
EDUCATION
2001 PhD, Humanities Research Institute, University of Sheffield
1994 Laurea, Faculty of Foreign Languages and Literatures, University of Naples
‘L’Orientale’, Italy
ACADEMIC POSITIONS
2011- Deputy Director, Languages for All Programme, University of York
Previously: Univ. of Strathclyde, John Cabot University, University of Sheffield
MEMBERSHIPS AND AFFILIATIONS
Co-founder and Assistant Editor, Journal of Literature and Trauma Studies
(http://www.jlts.stir.ac.uk/), University of Nebraska Press
Member of the Editorial board of the Journal of Philosophical Studies Il Cannocchiale,
Edizioni Scientifiche Italiane (2002-08)
PUBLICATIONS: On A. Rosselli, E. Dickinson, F. Dostoevskii, G. Deledda-A. Banti,
H. M. Enzensberger', etc.
Email:
[email protected]
ALESI, Donatella
Il groviglio, il serpente, la mossa del cavallo: forme nuove e possibili del racconto
nel quarto tempo narrativo di Italo Svevo.
Il mio contributo metterà al centro l’analisi del racconto Corto viaggio sentimentale: la
sua forma incompiuta-non finita, il suo protagonista maturo ma non ‚vecchione‛,
l’evidenza del binomio movimento-immobilità, sembrano alludere ad una esibita
ricerca formale divisa tra rispetto della tradizione letteraria (la forma chiusa della
novella) e ricerca di senso (la forma aperta dell’avventura della libert|). La relazione si
soffermerà sul supposto sternismo attribuito a questa novella: adempie principalmente
ad una esigenza sperimentale nella complessa officina dello scrittore, ormai consacrato
dalla critica europea. Corto viaggio sentimentale, infatti, si configura come un testo di
ricerca della forma dell’espressione narrativa praticabile dopo il memoriale di Zeno. A
partire dal tema del viaggio come condizione di possibilità della libertà e della felicità,
il contributo indagherà la costante contrapposizione tra la voce narrante e la voce del
personaggio protagonista, tesa ad instaurare un campo di forze che coinvolge il lettore,
sempre meno complice e sempre più avversario, in grado di depotenziare la
soggettività maschile del borghese proprietario Giacomo Aghios e la forma narrativa
secolare costruita intorno al suo potere (il denaro, gli affari, la famiglia eterosessuale, la
trasgressione erotica). Non letterato né scrittore, ma supposto filosofo e poeta, il
sessantenne Aghios sembra immune dalle minacce dell’inettitudine e del fallimento
perché cosciente della natura diversiva del viaggio e regno possibile della fantasia,
dell’incontro con l’altro e della parola, del puro accadere in una temporalit| estesa. In
questo contesto rileggerò la struttura aperta, divagante, etimologicamente divertente, di
Corto viaggio sentimentale, ovvero l’ipotetica erranza del soggetto protagonista e della
parola che ne racconta le avventure.
CV
Dottorato di ricerca in Storia delle scritture femminili (Universit| di Roma ‚La
Sapienza) (2000)
Post-dottorato di ricerca di italianistica (Università di Padova). (2004)
Docente abilitata delle scuole superiori (2005)
Pubblicazioni principali su Antonio Fogazzaro, Carlo Emilio Gadda, Franco Fortini, la
Marchesa Colombi e Matilde Serao, Vittoria Aganoor, Giulia Niccolai, Amelia Rosselli,
Maria Bellonci, Fausta Cialente.
Email: [email protected]
ANNAVINI, Silvia
‘Un filo di fumo’. Malattia, sigarette e letteratura in Italo Svevo e Fernando Pessoa.
In uno dei brevi saggi contenuti in Un baule pieno di gente, Antonio Tabucchi suggerisce
un’inedita possibilit| comparativa fra l’autore de La coscienza di Zeno e Álvaro de
Campos, uno dei più sfaccettati e complessi eteronimi pessoani. Con questa
suggestione critica, Tabucchi individua nel tema del tabagismo un importante filo
ermeneutico fra i due scrittori in grado di mettere in luce alcune tematiche essenziali
all’interno della riflessione modernista come, ad esempio, quelle legate alla malattia e
all’inettitudine a loro volta profondamente connesse alla scelta e alla pratica della
letteratura. Italo Svevo e Fernando Pessoa portano avanti, parallelamente, all’interno
della sintassi letteraria modernista, una negazione della vita pratica che coincide con la
percezione di una sorta di malattia del pensiero, una predisposizione metafisica dalla
quale sembrano riuscire a liberarsi solo per la breve durata di una sigaretta. John
Freccero ha suggerito a questo riguardo che il protagonista de La coscienza ‚converte in
malattia il ritmo della vita sostituendo all’azione la consapevolezza di sé, alla vita il
vizio del fumo‛. Allo stesso modo, [lvaro de Campos sembra attribuire alla sigaretta
lo stesso ruolo che avevano l’oppio e l’assenzio nell’ambito della letteratura del
diciannovesimo secolo, ovvero, quello di opporre al mero pragmatismo fattuale il
disagio della predisposizione metafisica. Nel poema ‚Tabacaria‛ – il cui titolo iniziale
era non a caso ‚Marcha da derrota‛, ovvero ‚Marcia della sconfitta‛– l’ingegnere navale
[lvaro de Campos identifica nel negozio di tabacchi l’allegoria di una condizione prespeculativa. La sigaretta consente, infatti, all’eteronimo pessoano di liberarsi dal rovello
ontologico derivato dalla propria malattia metafisica e che coincide con ‚la fine
dell’illusione umanistica di una possibile consolazione trascendentale‛, come ha
affermato a tal proposito il filosofo portoghese Eduardo Lourenço.
Questo intervento si propone di mettere in luce, attraverso la comparazione fra due
autori apparentemente lontani come Italo Svevo e Fernando Pessoa, alcuni motivi
cruciali del modernismo europeo partendo da una tematica come quella del tabagismo
e che sottintende una profonda riflessione sull’ambivalenza dei binomi salute/malattia,
ontologia/metafisica e letteratura/dimensione ontologica. Una prospettiva comparata
permette, conseguentemente, di corredare la già ampia ricognizione critica sveviana di
un rinnovato spiraglio interpretativo di natura più specificamente letteraria. Tale
angolazione consente, pertanto, di conferire ulteriore respiro critico a fenomeni centrali
all’interno della grammatica narrativa dell’autore de La coscienza di Zeno come, ad
esempio, la proteicit| e la scissione dell’io individuale, l’approccio alle nuove
competenze psicanalitiche nel loro coniugarsi alla scia filosofica nietzschiana e
schopenaueriana.
CV
Silvia Annavini si è laureata in filologia moderna presso l’Universit| degli studi di
Siena e ha conseguito un dottorato di ricerca in studi letterari, linguistici e filologici
con una specializzazione in letterature comparate e studi culturali presso l’Univerit| di
Trento con una tesi dal titolo ‚Intertextuality and Intratextuality in the Pessoan Epic:
Mensagem‛. È attualmente visiting lecturer di lingua e letteratura italiana presso
l’Universit| di Delhi. Si è occupata soprattutto di letteratura italiana, angloamericana e
portoghese e brasiliana. Ha iniziato recentemente ad occuparsi di letteratura indiana
contemporanea di lingua inglese e collabora mensilmente per la rivista ‚L’Indice‛
come corrispondente letteraria da New Delhi.
Email: [email protected]
ANTONINI, Gabriele
Lo scontro tra fratelli: Esaú e Giacobbe nella Coscienza di Zeno.
Con questo intervento si intende mettere in luce come la Genesi, e in particolare il
racconto delle
vicende di Giacobbe e Esaù, sia un valido strumento per la comprensione delle
caratteristiche di
desiderio, fallimento inettitudine e errore che contraddistinguono il protagonista della
Coscienza di Zeno. Sul ruolo del primo libro del Pentateuco come sottotesto dell'opera
sveviana si è soffermata Gabriella Moretti (GABRIELLA MORETTI, Le storie di
Giacobbe. Strutture bibliche nella Coscienza di Zeno, «Rivista di letteratura italiana»,
XII, 1-2, 1995); crediamo che alle affermazioni della studiosa si possano aggiungere
ulteriori rilievi. Cominciamo col notare che Svevo decide di attribuire ai suoi
personaggi le medesime caratteristiche che contraddistinguono i figli di Isacco. Nel
racconto biblico, di Esaù si dice che è un cacciatore, che è peloso e che è rosso; nel
romanzo, di Guido si sottolinea la sua passione per l'arte venatoria, si mette in
evidenza la sua folta chioma e i suoi affari vengono posti in relazione col colore
peculiare del figlio di Isacco per via dell'acquisto delle azioni Rio Tinto, sulle quali
Svevo richiama astutamente l'attenzione del lettore definendole per due volte un
«nome bizzarro». Se Guido presenta tratti peculiari di Esaù, allo stesso modo alcuni
elementi caratteristici di Zeno sembrano modellati sulla figura di Giacobbe: come il
patriarca biblico, infatti, anche il personaggio sveviano disprezza la caccia; inoltre, così
come il padre di Giuseppe è quasi completamente privo di pelo, allo stesso modo il
Cosini è contraddistinto da un'accentuata calvizie.Non manca poi nel romanzo
sveviano una riproposizione della celebre scena in cui Giacobbe, guidato dalla madre
Rebecca, si traveste da Esaù e si presenta al cospetto del padre per ottenere la
benedizione al posto del fratello. Ci pare che questa scena sia riverberata nelle pagine
della Coscienza nell'episodio in cui Nilini suggerisce a Zeno di appropriarsi del nome
di Guido per continuare il gioco in borsa cominciato dal cognato prima della morte.
Paragonabili ci paiono anche le modalità con cui si sviluppano le due scene. In
entrambi i racconti, infatti, possiamo rilevare la presenza di un aiutante che suggerisce
ai protagonisti l’idea della sostituzione e li assiste nello svolgimento del loro piano: nel
caso biblico è Rebecca a architettare l’episodio; nel caso del romanzo, invece, è Nilini a
consigliare Zeno. Equiparabili sono anche gli esiti che derivano da tali scambi
d’identit|: Giacobbe riuscir| a ottenere la benedizione del padre e a usurpare il posto
del fratello; Zeno procederà al recupero di tre quarti del passivo della ditta e in virtù di
questo successo economico sancirà la sua superiorità rispetto a Guido.
Facciamo infine notare un particolare di natura onomastica: Ada è il nome che nella
Bibbia viene attribuito a una delle mogli di Esaù (Gen 36, 2); se, come abbiamo cercato
di dimostrare, nella composizione della Coscienza Svevo aveva realmente presenti
questi episodi biblici, la comunanza tra il nome di una delle mogli di Esaù e quella di
Guido ci pare quanto mai significativa. Questa volontà da parte dell'autore di
ricondurre il suo racconto a quello biblico ci può aiutare a meglio delineare i contorni
della figura del protagonista, soprattutto per ciò che concerne le sue relazioni con il
cognato: ne risulta in maniera evidente che tali rapporti devono essere interpretati
come il resoconto della lotta tra due fratelli in contesa per la supremazia dell’uno
sull’altro.
CV
Università Cattolica del Sacro Cuore, Brescia:
Iscritto dal 2010 al Dottorato di Ricerca in Storia e letteratura dell'età moderna e
contemporanea (Prof. P. Frare e Prof. M. Corradini). Argomento: il teatro di Italo
Svevo.
Cultore della Materia (Letteratura Italiana II).
Laurea specialistica
in Filologia
moderna. Tesi in Storia della Critica e della
Storiografia Letteraria dal titolo: «Ma la psicanalisi non mi abbandonò più».
La scienza freudiana e La coscienza di Zeno. Relatore: Marco Corradini.
Laurea triennale in Lettere moderne. Tesi in Storia Contemporanea dal
titolo: Il genocidio in Rwanda e le sue implicazioni internazionali. Relatore:
Paolo Borruso.
Pubblicazioni:
Recensione pubblicata su «Testo», 60, anno XXXI, luglio-dicembre 2010, pp. 134-136:
MARIO SECHI (a cura di), Italo Svevo. Il sogno e la vita vera, Donzelli, Roma
2009, pp. 258 .
Da Freud a Sofocle. Il sottosuolo della Coscienza di Zeno, in corso di pubblicazione
presso «Otto/Novecento».
Email: [email protected]
BALDI, Valentino
Simmetria e convenzione: sul sogno nella Coscienza di Zeno.
L’obiettivo di questo intervento è proporre una nuova prospettiva su un tema classico
per gli studiosi che si sono confrontati con Italo Svevo: il tema del sogno. Per prima
cosa si terranno in considerazione le interpretazioni dei principali critici che si sono
dedicati al tema onirico in Svevo, in particolare Mario Lavagetto, Eduardo Saccone,
Elio Gioanola, Giancarlo Mazzacurati e Fabio Vittorini. Concentrandosi sulla Coscienza
di Zeno, questo studio proporr| una lettura dei sogni basata sull’opera L’inconscio come
insiemi infiniti di Ignacio Matte Blanco. In questo modo si tenterà di mettere in risalto il
ruolo della logica dell’inconscio, o logica simmetrica, nella scrittura sveviana. Grazie al
saggio di Matte Blanco, si tenter| di superare l’ingombrante concetto di inconscio per
riflettere sui rapporti tra logica simmetrica e tecniche di rappresentazione della realtà.
La tesi che si cercherà di dimostrare con questi strumenti è che la logica simmetrica
non è concentrata soltanto nel racconto delle manifestazioni oniriche, ma agisce in
modo pervasivo anche nei punti in cui la coscienza del protagonista Zeno è attiva e
vigile. Un romanzo come la Coscienza costituisce il terreno ideale per una simile
indagine matteblanchiana, soprattutto perché lo scrittore triestino, a differenza di molti
autori italiani all’inizio del Novecento, scrive con una consapevolezza estrema nei
confronti della psicoanalisi e di Freud in particolare.
Una simile proposta di lavoro seguir| soprattutto l’esempio di Francesco Orlando, in
particolare le sue riflessioni critiche successive agli anni Ottanta (a seguito della sua
lettura di Matte Blanco): Lettura freudiana del Misantropo e due scritti teorici e Illuminismo,
barocco e retorica freudiana.
Gli strumenti psicoanalitici desunti da Matte Blanco e Orlando potrebbero dimostrarsi
fondamentali, soprattutto su una materia già abbondantemente studiata. Infine,
l’intervento si baser| soprattutto sulla sezione teorica del libro Reale invisibile. Mimesi e
interiorità nella narrativa di Pirandello e Gadda (Marsilio, Venezia, 2010) e su un saggio
apparso recentemente in «Strumenti critici»: Il sogno come contenuto e come forma in Vino
generoso e nella Novella di Italo Svevo.
CV
Valentino Baldi (1982) è full time lecturer in Letteratura italiana presso la University of
Malta. Ha pubblicato il suo primo libro intitolato Reale invisibile. Mimesi e interiorità
nella narrativa di Pirandello e Gadda per Marsilio nel 2010. Il libro è frutto dei suoi studi
di dottorato con il professor Romano Luperini all’Universit| di Siena. La sua tesi di
dottorato è stata premiata con il terzo premio dell’Edinburgh Gadda Prize presso la
University of Edinburgh, giugno 2010.
I suoi principali saggi pubblicati sono:
«Questo mondo che esiste in noi». Mimesi e interiorità nel romanzo del Novecento, in
«Intersezioni. Rivista di storia delle idee», il Mulino, Anno XXXI, n. 1, aprile 2011,
pp. 65-85.
«E pensava, andando, quale cattiva stampa circondasse quel figlio». L’incontro in absentia
nella Cognizione del dolore, in Per Romano Luperini, a cura di Pietro Cataldi,
Palumbo, Palermo, 2010.
Fine dell’epifania tra l’Ulisse e La cognizione del dolore, «Studi novecenteschi», n. 79,
2010/1, pp. 346-90.
L’immaginario onirico nella cultura italiana e nel Decameron, «Studi sul Boccaccio», vol
XXXVIII, anno 2010, pp. 130-155.
Novelle dall’incubo. Immaginario onirico e strutture simmetriche in Berecche e la guerra e
Una giornata, «Critica Letteraria», n. 147, pp. 238-70.
Il sogno come contenuto e come forma in Vino generoso e nella Novella di Italo Svevo,
«Strumenti critici», a. XXV, n. 2, pp. 289-308.
Auerbach e Joyce. Ipotesi per una nuova tipologia di rappresentazione della realtà, «Moderna»,
Anno XI, n.1-2, 2009, pp. 205-212.
Critica letteraria e modelli psicanalitici in Italia, «Giornale storico del Centro Studi di
Psicologia e Letteratura», Anno 2008, n. 8, pp. 205-246.
Attualmente è nella redazione di «Allegoria» e collabora con «The Edinburgh Journal
of Gadda Studies» al progetto Pocket Gadda Encyclopedia. Sta lavorando al suo secondo
libro, Psicoanalisi, per la collana diretta da Giulio Ferroni, Romano Luperini e Ciro
Vitiello, Guida Editore, Napoli.
Email: [email protected]
BARTOLONI, Paolo
Svevo e la scrittura del corpo-cosa nella Coscienza di Zeno.
In The Ethics of psychoanalysis, Jacques Lacan celebrated the ‚thing‛ (Das Ding, la chose)
as the unattainable gift that drives all desires and artistic production. The thing is the
prohibition par excellence, that which can be invoked but never possessed or even
represented, that which is central to human action but always already external to it.
Italo Svevo’s modernist masterpiece, La coscienza di Zeno bursts at the seams with
things, segmented bodies, female boots and other fetishes. Zeno’s own body is
constantly dismembered and reinvented through a peculiar and comical handling of
sickness. But what is this ‚thing‛ in Svevo’s novel; is it the mother, the Oedipus
complex or simply Zeno’s own writing through which he subtly and cunningly feeds
the thing of his bad conscience?
My intention in this paper is to argue that Svevo’s La coscienza di Zeno is a book about
thingness, and yet this thingness assumes different tonalities and meanings, which are
at time compatible and at times divergent, structuring the whole book according to
semantic levels that although related can also be read separately. The thing in Svevo’s
novel is of three kinds: 1) the female body; 2) Zeno’s own body; 3) the body of
language. These three things as object of desire (female body), of knowledge (Zeno’s
own body), and of indistinction (language as thing) criss-cross Svevo’s novel and lend
it its famous ambiguity and complexity.
CV
PAOLO BARTOLONI is Established Professor of Italian at the National University of
Ireland, Galway (NUIG).
He has published extensively on continental theory and philosophy, especially the
work of Giorgio Agamben, Walter Benjamin, Martin Heidegger, Gianni Vattimo, and
Mario Perniola, and its impact on the reception of authors such as Blanchot, Calvino,
Caproni, and Svevo. His books and articles investigate temporal and spatial
thresholds, stressing the inherent potentiality and interstitiality of modern art. He is
currently working on the concept of thingness in European thought and art. Bartoloni
is the author of The Cultures of Exile, Translation and Writing (Purdue UP, 2008);
Interstitial Writing: Calvino, Caproni, Sereni and Svevo (Troubador Publishing, 2003); coeditor of the thematic issue Ambiguity in Culture and Literature, CLCWeb, vol. 12, no. 4,
December 2010; editor of Re-Claiming Diversity: Essays on Comparative Literature (la
Trobe University, 1996), and co-editor of Intellectuals and Publics: Essays on Cultural
Theory and Practice (La Trobe University, 1997).
Email: [email protected]
BECHERUCCI, Isabella
Tracce del processo di composizione di Seniltà di Italo Svevo.
Il recente accanimento filologico nel restituire in maniera scientifica la complessa, ma
tardiva, correzione della princeps di Senilità sembra in qualche modo mettere in ombra
la misteriosa storia compositiva di quel secondo romanzo sveviano, «quasi perfetto», a
detta di uno dei suoi più autorevoli estimatori.
In realtà il testo, di cui non possediamo né autografi né dattiloscritti, tradisce numerosi
indizi di una possibile composizione per blocchi compatti, protratta nel tempo e non
giunta ad una completa integrazione delle parti aggiunte successivamente ad un
probabile primo canovaccio.
Sul filo della cronologia e seguendo l’affascinante trattamento del tempo nel romanzo
(lo stesso che colpì subito l’attenzione di James Joyce, seppure in relazione al più tardo
capolavoro), il presente studio cerca di individuare quelle fasi compositive distinte che
fanno luce sulla natura originaria del racconto, lasciando trapelare tracce del suo
possibile processo di composizione.
CV
Nata a Firenze, dove risiede, il 1 febbraio 1965, è Professore Associato n.c. di
Letteratura Italiana presso l’Universit| Europea di Roma.
Si è laureata nel 1990 in Letteratura Italiana presso l’Universit| degli Studi di Firenze
con una tesi diretta da Domenico De Robertis sull’Adelchi di Alessandro Manzoni.
Nel 1995 ha conseguito il Perfezionamento in Discipline Filologiche e Linguistiche
Moderne presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, essendo relatore Alfredo Stussi.
Successivamente è stata borsista post dottorato presso l’Universit| degli Studi di
Firenze (1996-1999: tutor Rosanna Bettarini) e Siena, Scuola Superiore di Studi
Umanistici (2003-2004: tutor Natascia Tonelli).
Dopo aver conseguito l’idoneit| a Professore di II fascia di Letteratura Italiana (ottobre
2006), ha vinto un posto di dottorato in Italianistica presso l’Universit| degli Studi di
Ginevra (marzo 2008) con una tesi su La prosa dell’Arcadia di Iacopo Sannazaro. Nel
maggio 2010 è stata chiamata come Professore Associato di Letteratura Italiana
all’Universit| Europea di Roma.
Nel decennio 1985-´95 è stata redattrice della rivista di poesia comparata Semicerchio
(Firenze, Le Lettere), organo dall’Associazione culturale ‚Il Cenobio fiorentino‛. Ha
continuato ancora per alcuni anni a partecipare al Coordinamento redazionale. Dal
2002 è condirettrice della rivista semestrale di letteratura italiana Per leggere. I generi
della lettura (Lecce, Pensa Multi Media), per la quale cura regolarmente la sezione
dedicata a recensioni e presentazioni di edizioni critiche e commenti.
Principali pubblicazioni su: Manzoni, Sismondi, Alfieri, Sannazaro, Svevo.
Email: [email protected]
BOLOGNA, Mirco
Passeggiare (per) la città. Esplorazione e osservazione di Trieste tra Svevo e Saba.
L’ampia presenza di Trieste nei tre romanzi sveviani è un elemento ormai accertato e
più volte
rilevato dalla critica. Le pagine di Una vita, Senilità e La coscienza di Zeno offrono
puntuali
riscontri tra i procedimenti di costruzione e rappresentazione dei personaggi e i
metodi di definizione del contesto geografico urbano nel quale essi agiscono; i
personaggi stessi, i fatti e le vicende che li coinvolgono, sono sempre collocati entro
spazi precisi e identificabili, a cui l’autore attribuisce chiari significati simbolici (il
Tergesteo è il cuore pulsante degli affari della citt|, il Passeggio di Sant’Andrea e il
Giardino Pubblico i luoghi dell’amore, e così via).
A ben vedere, tuttavia, la raffigurazione di Trieste si realizza in modo particolare
attraverso le passeggiate che i protagonisti dei romanzi compiono lungo le strade della
città e della sua periferia. Alfonso Nitti, Emilio Brentani e Zeno Cosini –
individualmente, o accompagnati dai personaggi minori che si muovono intorno a loro
– percorrono la propria città in lungo e in largo, salendo alle colline di Servola e
Opicina o scendendo fino al mare; siano esse intraprese per seguire timidamente
«qualche gentile figura di donna», per abbracciare dall’alto il panorama triestino o per
rincorrere un angolo di pace, queste promenades sono uno strumento di riflessione
privilegiato, l’unico momento in cui l’inetto sveviano si trova solo con se stesso,
disposto a fare i conti con la propria malattia e i propri fallimenti. Sulla base di questa
idea, e di una analisi ravvicinata di alcuni brevi passaggi narrativi e diaristici, è
possibile inoltre confrontare i modi di osservazione della città praticati da Svevo con
quelli messi in atto da un altro scrittore triestino vissuto come lui tra XIX e XX secolo:
Umberto Saba. Come ho mostrato in un articolo (di imminente pubblicazione) su
L’immaginario triestino in Saba: le promenades dai colli al mare, anche l’io lirico del
Canzoniere tenta infatti di riappropriarsi di sé percorrendo Trieste dall’alto al basso e
sottoponendola a un ideale processo di esplorazione e di ri-scoperta.
CV
Università di Pisa:
2008-2010: Dottorato di ricerca in Studi Italianistici: Aspetti e figure del sistema sociale
folenghiano. Villani donne e stranieri nel Baldus.
2005–2007: Laurea specialistica in Lingua e Letteratura Italiana
2001–2005: Laurea triennale in Lettere – Curriculum moderno.
Agosto - Novembre 2010: Visiting scholarship presso l’Indiana University di
Bloomington, Indiana, USA.
PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE
Baldus «novus Catilina». Il dualismo città/campagna come paradigma del comico
folenghiano, «Nuova Rivista di Letteratura Italiana», XI, 1-2, 2008 [2010], pp. 27-42.
L’orazione di Gaioffo nella ‚Carossa‛. Il modello catilinario tra Chaos e Baldus,
‚Senecio‛, 2010
(www.senecio.it).
Punti di vista e punti di commento. Renzo e la parola degli altri, «Testo e
commento», Seconda Giornata di Studi della Scuola di Dottorato in Letterature e
Filologie Moderne, Pisa, 19-20 gennaio 2009, a cura di F. Accorsi e C. Tognarelli,
Pisa, Felici Editore, 2011, pp. 141-151.
Recensione a Marco FAINI, La cosmologia macaronica. L’universo malinconico del
Baldus di Folengo, Manziana (Roma), Vecchiarelli, 2010, «Giornale Storico della
Letteratura Italiana» (di prossima pubblicazione).
Grassis cantare Camoenis. Il Parnaso gastronomico del Baldus folenghiano, in Lieux
Bizarres, Actes du Colloque International du C.E.R..C.L.I. – Celec des 25-26
novembre 2010, Etudes réunies et présentées par A. Morini, Saint-Etienne, P.U.S.E.,
2011 (di prossima pubblicazione).
L’immaginario triestino in Saba: le promenades dai colli al mare, «Forum Italicum»,
2011, n. 1 (in corso di pubblicazione).
Email: [email protected]
BOND, Emma
Zeno’s Unstable Legacy: Case-Writing and Obscurity in Giuseppe Berto and Giorgio
Pressburger.
In this paper I aim to explore the profound narrative influence of Italo Svevo’s
fictionalized account of a course of psychoanalytical treatment in La coscienza di Zeno
(1923) on Giuseppe Berto’s Il male oscuro (1964) and Giorgio Pressburger’s Nel regno
oscuro (2008). I will discuss issues of subjectivity as related to the figure of an ‚ill‛ and
thereby potentially unreliable narrator, as well as looking at various narrative tropes
facilitated by the structure and praxis of analytical sessions. I will focus in particular on
analyzing the specific link between illness and narrativity, and on how although
storytelling can succeed in restoring a reassuring sense of structure to the trajectory of
one’s life story, its ability to re-confer control over the telling of that story to the
implicated protagonist does not necessarily equate to a form of ‚cure‛. In addition,
due to marked differences in the motivations, style and conclusions of the three novels
to be looked at in this paper, I will conclude that each example of telling one’s own
story seems to communicate a varying degree of desiring as much to obscure a reliable
portrait of the case history of each patient-protagonist as it does to clarify one.
CV
2009- (ongoing) Senior Retained Lecturer in Italian, Pembroke College, Oxford.
2010- (ongoing): Network Facilitator for the Italian Studies at Oxford (ISO) led
International Network ‚Destination Italy: Representing Migration in Contemporary
Media and Narrative‛.
D.Phil (University of Oxford, 2005-2009): ‚Disrupted Narratives: Illness, Silence and
Identity in Svevo, Morandini and Pressburger‛
M.St (University of Oxford, 2004-2005) in European Literature. Dissertation Title:
‚Fathers and Sons in Svevo and Saba‛.
M.A. (Hons.) (University of Edinburgh, 1997-2001). Dissertation: ‚In balia della bora.
Schopenhauerian Wille in Svevo’s Una Vita and Senilit|‛.
Selected Publications:
Monograph:
Disrupted Narratives: Illness, Silence and Identity in Svevo, Morandini and Pressburger.
Accepted for publication with Legenda, Oxford, as part of the Italian Perspectives
Monograph Series.
Edited Volumes:
Freud and Italian Culture. Ed. by Barrotta, Lepschy & Bond (Peter Lang, Oxford, 2009)
Articles and Reviews:
Italo Svevo, La coscienza di Zeno. Ed. by Beatrice Stasi (Rome: Edizione Nazionale, 2008)
cxxix + 429 pp. ISBN 978-88-8498-483-8. Published in Italian Studies 65: 3
(November 2010).
‚Verde di migrazione‛: L’estetica pertubante dell’enstrangement ne La mano che non
mordi di Ornela Vorpsi’. Published in Italies 14 (2010).
‘Riscrivere Dante in un’altra lingua: Interview with Giorgio Pressburger’ (with
Manuele Gragnolati & Laura Lepschy). Published in Dante’s Plurilinguism
(Fortuna, Gragnolati & Trabant eds.), Legenda, Oxford, 2010.
‘Beyond Voice: A Re-evaluation of Illness and Silence through the Optics of Migration
in Giorgio Pressburger’s ‘Vera’’. Published in In and Out of Italy (Ledgeway &
Lepschy eds.), Guerra, Perugia, 2010).
Email: [email protected]
BONIFACINO, Giuseppe
Da Zeno a Prosdocimo. Antieroi modernisti e soggettività del tempo in Svevo e
Gadda.
Tra Svevo e Gadda si possono rilevare (Stellardi) significative analogie ‘moderniste’:
dalla crisi ‘incurabile’(Pedriali) della soggettivit| autoriale –e del Personaggio che, tra
‘inettitudine’ e ‘malattia’, tra patita o voluta ‘estraneit|’ alla vita e sua duplicazione in
scrittura, la agisce per metafore narrative– alla sua disgregazione, vitalistica (in Zeno) o
luttuosa (in Gonzalo); dalla ricerca dell’autentico (gaddianamente schermato e
fagocitato dalle ‚parvenze‛ o svevianamente contaminato dalle finzioni della memoria
e del sogno) alla questione, in entrambi cardinale, della temporalità, nelle sue
intersezioni con l’esperienza individuale e la mimesi della vita vera, e con la loro ardua
o indecidibile configurazione semantica entro una rappresentazione letteraria segnata
dall’esaurimento storico e dalla caduta verticale del potere cognitivo-espressivo
dell’Erlebniskunst (Luperini).
Il tempo, sia in quanto asse tematico della invenzione/riflessione narrativa, sia in
quanto asse (de)-costruttivo della scrittura, delle sue movenze prospettiche e di stile,
assume importanza decisiva in Svevo e Gadda. In entrambi esso è tematizzato
attraverso un personaggio ludens o lugens: che lo interroga, o lo ‘inventa’,
‘rigenerandolo’ mentre ne espone il disordine finanche apocalittico, come Zeno,
oppure ne patisce e ne contempla la fine (come, specularmente, faranno Gonzalo e la
Madre), o ne misura la irriducibilit| ad ogni ‘euresi’ (il commissario Ingravallo),
comunque denunciandone la rovinosa perdita di Forma e Valore. E’ questo il perno
diegetico, riflesso di un trauma soggettivo quanto storico, attorno a cui ruotano, nel
loro ‘delirio d’immobilit|’, i melanconici o atrabiliari ‘reduci’ di Gadda, che -dal
saturnino e amletico Gonzalo al bizzoso capitano in congedo Gaddus, dal suo pacato
omologo Delacroix al misantropico Prosdocimo-, ne compongono come nude
maschere l’autoritratto, imprigionati nel loro vano e grottesco martirio di antieroi
senza destino di gloria né approdo di conoscenza, epigonali proiezioni, nella loro
impossibilit| di accedere all’esperienza vitale e riacquisirne il senso, della tipologia
dell’inetto di cui Svevo aveva rovesciato la parabola nel metamorfismo identitario e
temporale, paradossalmente ‘positivo’, di Zeno. E se in Zeno il tempo ‘misto’ e
inventato della scrittura istituisce una vita ‘seconda’, pervenendo alla ‚salute‛
ossimorica di una prefigurazione apocalittica, nella cognizione tragica di Gonzalo e
Ingravallo il tempo, ‚parvenza del processo deformatore‛, infine si lacera a mostrare il
vuoto che lo abita. Entro diverse, o inverse, declinazioni, in Svevo e in Gadda la
dimensione temporale –la sua costitutiva funzione di paradigma mimetico e
semantico- si attesta quale figura della soggettività modernista, che non vi attinge altra
verità se non quella, negativa e allegorica, del suo movimento senza causa né fine.
CV
Giuseppe Bonifacino è professore di Letteratura italiana moderna e contemporanea
nella Facolt| di Lettere e Filosofia dell’Universit| di Bari. Tra i suoi lavori più
impegnativi, la monografia Il groviglio delle parvenze. Studio su Carlo Emilio Gadda (2002)
e il dittico Allegorie malinconiche. Studi su Pirandello e Gadda (2006), che analizza
modalit| e funzioni della tensione allegorica variamente sottesa all’opera dei due
autori. Ha ora in pubblicazione un volume dedicato al rapporto tra temporalità e
scrittura in Bontempelli, nell’ultimo Pirandello, in autori ‚minori‛ del secondo e del
tardo novecento, e ancora in Gadda.
Gi| nella redazione della rivista ‚lavoro critico‛ per l’intero arco ventennale della sua
vicenda, è dal 2004 nell’Editorial Board della rivista internazionale di studi gaddiani
‚The Edinburgh Journal of Gadda Studies‛. Fa parte dell’Edinburgh Gadda Prize
Committee. E’ responsabile dal 2009 della MOD (Società Italiana per lo studio della
Modernità letteraria) per la Scuola – sez. Puglia.
Email: [email protected]
BRAIDA , ANTONELLA
Salute o malattia ? Il valore del commercio ne La Coscienza di Zeno.
Nell’ultimo capitolo de La coscienza di Zeno il personaggio annuncia al dottore, e
attraverso di lui, al lettore implicito: « Il commercio mi ha guarito ». Il capitolo,
intitolato significativamente « psicanalisi », ripercorre l’annuncio dello scoppio della
prima guerra mondiale e rivela il successo di Zeno, speculatore commerciale. Il
romanzo rovescia cosi’ l’immagine dell’ « inetto » sveviano, il personaggio incapace di
conquistare la donna che ama e amministratore fallimentare della ditta del cognato
Guido Speier : Zeno dichiara di aver ingannato il dottor S, e di aver, al contrario,
conquistato la propria salute proprio grazie al commercio. Il capitolo e il romanzo si
chiudono, non con una celebrazione, ma con un’esplosione universale, proposta dal
narratore come conseguenza della « malattia » che afflige l’umanit|.
Il rapporto conflittuale di Zeno con il commercio fa eco a frequenti affermazioni
dell’autore riguardo al rapporto commercio-letteratura. Nella sua breve autobiografia
Svevo afferma : « risolsi di rinunziare alla letteratura ch’evidentemente attenuava la
mia capacità commerciale ». Come nel caso del romanzo , le affermazioni di Svevo non
potrebbero essere più contraddittorie : Svevo non abbandona la letteratura dopo
l’assunzione nella ditta dei suoceri Veneziani, e il successo finanziario in realtà non è
quello di un imprenditore, ma di un semplice amministratore.
Romanzo indirettamente autobiografico, La coscienza di Zeno rivela attraverso il
meccanismo narrativo uno degli aspetti centrali della vita dell’autore a lungo ignorato
dalla critica : la propria formazione commerciale e l’influenza che questa esercitò sulla
sua scrittura. Dopo una formazione iniziale come corrispondente estero a Segnitz, in
Baviera , Svevo si inserisce nella Scuola superiore di Commercio Revoltella, come
studente prima e come insegnante poi. L’influenza delle letture sveviane e dei suoi
contatti con il corpo insegnante della Scuola restano ancora largamente inesplorati.
Il presente contributo intende analizzare il ruolo del commercio e del denaro nel
romanzo sveviano in rapporto al tema centrale della ricerca della salute.
CV
Titoli di studio e formazione:
* Dottorato di ricerca in letteratura inglese e italiana sostenuto il 5 dicembre 1997
(Doctor of Philosophy (D.Phil)) all’universit| di Oxford con una tesi di dottorato sulla
traduzione e ricezione dell’opera di Dante Alighieri. Titolo: «Henry Francis Cary’s The
Vision: its Literary Context and its Influence».
Relatori: professor John Woodhouse (Letteratura italiana, Magdalen College, Oxford),
professor Jonathan Wordsworth (Letteratura romantica inglese, St Catherine’s College,
Oxford).
Ricerca:
Membro dell’unit| di ricerca EA 3224 «Littérature et histoire des pays de langues
européennes», UFR SLHS, Université de Franche-Comté.
Interessi di ricerca: la ricezione di Dante nel Regno Unito e in Europa nel teatro e nelle
arti; la letteratura romantica inglese; la letteratura triestina: Italo Svevo e Silvio Benco.
Pubblicazioni principali: libri
Le soupçon Mitteleuropéen en Italie au tournant du XIXème siècle, a cura di E. Bovo,
A. Braida, A. Brambilla, Besançon, Presses Universitaires de Franche-Comté, in
corso di pubbblicazione.
Dante on View; The Reception of Dante in the Visual and Performing Arts, a cura di A.
Braida e L. Calé (Aldershot, Hampshire & Burlington, VT: Ashgate, 2007), 229 p.,
ISBN 978-0-7546-5896-2.
Dante and the Romantics (monografia) (Houndmills, Basingstoke: Palgrave, 2004), 241
p., ISBN 1-4039-3233-6.
Image and Word. Reflections of Art and Literature from the Middle Ages to the
Present, a cura di A. Braida et G. Pieri (Oxford: European Humanities Research
Centre, 2003), 248 p., ISBN 1-90075569-6.
Email: [email protected]
BROGI, Daniela
Nascita del personaggio antipatico: Senilità.
A partire da un'analisi della prima pagina del romanzo, questo intervento propone di
rileggere Senilità sostituendo alla categoria di "inattendibilità" quella di "antipatia".
Tanto il personaggio quanto la trama perseguono infatti un progetto rigoroso di
mortificazione del romanzesco che almeno in parte recupera il concetto flaubertiano di
impersonalità. Al tempo stesso, Senilità rappresenta una sorta di antimodello della Vita
nova. Emilio Brentani, come Emma Bovary, è malato anzitutto di autofiction.
CV
Daniela Brogi insegna letteratura contemporanea all'Università per Stranieri di Siena. I
suoi principali interessi riguardano le teorie e i modi della narrazione; da tempo si
occupa anche di letteratura e cinema. Ha lavorato a lungo su I promessi sposi (con un
volume, un commento e un nuovo libro in corso di elaborazione). Ha scritto saggi,
articoli e commenti su Verga, Tozzi, Bilenchi, Cassola, Pasolini, Calvino e la narrativa
della Resistenza. Ultimamente ha cominciato a seguire con una speciale attenzione le
scritture afroitaliane.
Email: [email protected]
CAMERINO, Giuseppe Antonio
L’opera di Italo Svevo come sistema unitario.
Poco meno di mezzo secolo fa Montale parlava di ‚inscindibile trilogia‛ dei
protagonisti dei tre compiuti romanzi sveviani: una definizione che s’è rivelata molto
convincente alla luce di ulteriori approfondite analisi dei maggiori testi narrativi del
Triestino, che ci restituiscono la sua intera opera come una costruzione profondamente
unitaria. Non a caso l’analisi del suo linguaggio narrativo e dei processi
dell’invenzione letteraria – come in tutti gli scrittori di genio – registra in modo
inequivocabile moltissimi tόpoi e caratteri stilistici e tematici elaborati nel corso di
lunghissimi anni, in cui, in modo sorprendente e insospettabile, il romanziere ha
coltivato la sua vera vocazione. L’unit| dell’intera opera sveviana nella presente
relazione viene documentata con riscontri testuali di particolare evidenza esegetica che
rivelano come numerosi motivi topici e modi stilistici hanno conosciuto processi di
gestazione e di assestamento molto lunghi che, anche a distanza di moltissimi anni,
hanno condizionato l’autore triestino fino alle sue prove estreme. Tra i numerosi
esempî che in questa relazione si adducono, si pensi al motivo del dubbio che paralizza
ogni scelta nel personaggio problematico, sognatore e contemplatore, come lo Zeno dei
frammenti del Vegliardo, motivo che nasce in realt| almeno vent’anni prima con un
testo come In Serenella. Oppure si pensi, nella Coscienza di Zeno, all’equazione tra
pochezza di idee e capacità affaristica e tra ricchezza di idee e vocazione
contemplativa, intuizione che nasce addirittura in un articolo giornalistico del 1889.
Oppure si pensi alle riprese in Senilità di alcune affermazioni del protagonista del
racconto Una lotta (1888) o al motivo, fondamentale nella poetica sveviana,
dell’impulso e della forza dell’autoinganno che dal giovanile racconto L’assassino di
via Belpoggio si riverbera in pagine cruciali del secondo romanzo e così via. E
naturalmente, la compatta unit| dell’opera sveviana, oltre che di una coerenza di
poetica e di autentica vocazione di ricerca morale e letteraria, son anche il risultato del
fortissimo ancoraggio alla humus culturale mitteleuropea che lo accomuna, più che ad
altri grandi scrittori dell’Italia e dell’Europa a lui contemporanee, ad alcuni grandi
interpreti della vecchia cultura viennese, segnata fortemente dalla secolare vicenda
dell’assimilazione ebraica nell’ Austria imperiale. Alla sua formazione di derivazione
ebraica e absburgica, in cui gioca un ruolo preponderante la lezione di Schopenhauer,
pure da Freud riconosciuto come suo maestro, il narratore triestino deve inesauribili
metafore letterarie con cui viene a rappresentare l’individuo in esilio nella moderna
organizzazione sociale e produttiva; oppure viene a difendere le inviolabili
particolarit| dell’uomo come singolo, comprese le sue eventuali patologie; oppure
viene a descrivere tutte le implicazioni dei temi della vecchiaia e della morte, nonché
dei conflitti tra le generazioni in sottintesa polemica con una borghesia che prima della
Grande Guerra, nel clima mondano e spensierato dell’operetta e dei grandi caffè
viennesi, aveva cercato di procrastinare l’agonia del ‚mondo di ieri‛, ostentando salute
e ottimismo.
CV
Professore Emerito di letteratura italiana, relatore in innumerevoli convegni
internazionali, ha tenuto corsi di lezioni presso numerose sedi italiane ed estere, ed è
stato Gastprofessor presso l’Universit| di Heidelberg e Visiting Professor presso
l’Universit| di Hull, ricevendo la nomina a professore onorario per il triennio 20012004.
Gi| collaboratore dell’Enciclopedia Italiana Treccani e consigliere del Centro di studi
alfieriani dal 1992 al 2003, il prof. Camerino è condirettore di ‚Aghios. Quaderni di
studi sveviani‛ e membro dell’Advisory board di ‚Annali di Italianistica‛. Gi|
direttore di un Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale, è presidente dell’Edizione
nazionale delle opere di Italo Svevo, promossa dal Ministero Beni Culturali, nonché
socio dell’Accademia Nazionale dell’Arcadia e di altre istituzioni culturali e ha
ottenuto premi per la critica letteraria, tra cui il ‚Val di Comino‛ (1997) e il ‚Corrado
Alvaro‛ (2008). Ha dedicato numerosi saggi al rapporto invenzione-dottrina in Dante,
nonché altri sparsi rispettivamente a Petrarca, a uno studio filologico su un dialogo
tassiano, al ‚Conciliatore‛, alla metrica e al linguaggio del primo Pascoli, a importanti
aspetti stilistici di d’Annunzio e a molti altri argomenti, concentrando più
continuativamente i suoi studi sul Settecento italiano (Gravina, Bianconi, Parini, Monti,
Bertola, Pindemonte), sulle varianti dell’ ‚Ortis‛ di Foscolo, sul ‚Conciliatore‛ e la
cultura letteraria tedesca. Ha condotto lunghe ricerche sull’Alfieri tragico (metrica,
varianti, rapporto con i classici), sui processi inventivi in Leopardi, su una
ricostruzione storico-critica organica della letteratura italiana in età romantica, su
Svevo interprete di frontiera (Italo Svevo e la crisi della Mitteleuropa, ed. ampliata e
riveduta, Napoli, 2002, pp. 281;1^ ed., Firenze, 1974); sulla presenza di Nietzsche in
Slataper, Campana e Saba, su Michelstaedter, diviso tra la viennese Sprachkritik e
Schopenhauer. Ha pubblicato pure lettere e frammenti inediti di Manzoni, Pellico,
Carducci, Svevo, d’Annunzio, Slataper, Cardarelli e Montale.
Email: [email protected]
CARMELLO, Marco
Limes orientalis: ovvero di Svevo e della redenzione linguistica degli irredenti.
La lingua sveviana, fatto del resto ben noto, appare particolarmente lontana e, direi,
estranea al contemporaneo sviluppo della lingua italiana contemporanea al romanziere
triestino. Si è spesse volte imputata tale estraneità alla provenienza geografica liminare
dello Svevo stesso, ora l’intento dell’intervento che propongo è quello di osservare tale
liminariet| geografico/linguistica da un’angolazione diversa rispetto a quella
solitamente adottata. Si è spesso parlato di un’antiretorica dello Svevo, tale antiretorica
può, a mio avviso, deve essere però iscritta nel contesto culturale di quell’ambiente a
cavallo non solo fra Italia ed Impero Austro-ungarico, ma anche fra il macrosegno di
una italofonia, ancora tutta teorica nel recente stato unitario, che da sempre si intende
come tratto distintivo, necessario e sufficiente dell’italianit| stessa, ed il macrosegno di
una germanofonia, gi| realmente esistente ed affermata ben al di l| dello ‚spazio
nazionale‛ tedesco, che, pur sotto le spinte delle varie ‚rinascite‛ nazionali, resta
ancora fattore sovrannazionale, rappresentante di cultura, civiltà, stabilità ed ordine
politico.
Era, in questo contesto, inevitabile che gli italofoni di cultura in quell’area, stretta fra
Trieste e Gorizia, economicamente avanzata e rilevante per l’Impero si scontrassero
con quel che di chiuso, esclusivo, artificiale e respingente che il sistema linguistico
italiano, inteso come oggetto culturale, portava con se, soprattutto in confronto con
una sistema linguistico posto sotto il segno inverso dell’apertura e della diffusione
sovrannazionale. Questo qualcosa va sotto il nome di ‚retorica‛, quella retorica che,
nel volgere di cinquant’anni, fu l’espresso bersaglio polemico di Graziadio Isaia Ascoli
e di Carlo Michelstaedter, l’uno colpendola dal punto di vista linguistico, l’altro da
quello filosofico.
È significativa questa identit| di intento culturale fra l’opera, intesa nel senso materico
di esempio e modo d’uso della lingua, di un romanziere alieno alle speculazioni
teoriche, come Svevo, quella di un linguista storico della generazione precedente
Svevo, come Ascoli, e quella di un raffinato ed ipersensibile letterato/filosofo, come
Michelstaedter, senza che per altro fra i tre vi siano stati contatti di sorta (non risulta
che Svevo o Michelstedtter conoscessero direttamente l’opera di Ascoli ed è escluso un
contatto diretto fra Svevo e Michelstaedter).
Disegnata su questo sfondo la poetica linguistica di Svevo assume uno spessore nuovo:
la scelta anti-retorica si iscrive infatti all’interno di un ambiente culturale le cui
coordinate permettono anche linguisticamente l’opera di demitizzazione e
decostruzione narrativa di Svevo. Le scelte di apparente semplicità lessicale e di
costruzione sintattica piana, il rifiuto della pompa stilistica, l’assunzione di un ductus
tipicamente prosastico, alieno all’eufonia del ritmo, il rifiuto delle forme di cursus,
appartengono quindi ad un’ottica culturale ben precisa, che è sì ‚sveva‛ nell’opzione
per una forma romanzo pienamente moderna, ma si fa anche italiana nell’indicare una
linea linguistica, prima ancora che stilistica, per una prosa che, rinunciando ad essere
‚prosa d’arte‛, si fa compiutamente moderna prosa letteraria: in questo senso il valore
di modello di Svevo, in questo senso la ‚redenzione‛ linguistica dell’italiano resa
possibile da un irredento.
Bibliografia orientativa:
Claudio Magris (1987), Danubio, Milano, Garzanti.
Pier Vincenzo Mengaldo (1994), Il novecento, Bologna, Il Mulino.
Vittorini, Fabio (2003), Italo Svevo. Guida alla Coscienza di Zeno, Roma, Carocci.
CV
Universidad Complutense de Madrid, Dep. de Filologia Italiana: Profesor visitante.
26/04/2005: laurea magistrale in lettere classiche presso l’Universit| di Milano, con tesi
su ‚Le origini aristoteliche del problema dell’azionalit| verbale‛ relatori Prof. A. Bonomi e
Prof. F. Franco Repellini.
04/2007–06/2008: studia presso la Humboldt Universität zu Berlin (Germania), col
Prof. M. Krifka( logica e semantica formale).
23/01/2009: Dottore di Ricerca con una tesi intitolata ‚An Aspectual Semantics of Tense in
Ancient Greek‛, tutor Prof. M. Squartini.
Aprile 2009: cultore della materia presso le cattedre di Linguistica Generale e didattica
dell’Italiano L2, Fac. di Lingue e Lett. Straniere, Università di Torino.
Pubblicazioni:
- Alcune considerazioni pragmatiche su ‚dovere‛ in italiano: usi deontici ed anankastici (2008)
in L’Analisi linguistica e letteraria XVI: 229-235.
- ‚Dovere‛ deontico e ‚dovere‛ anankastico fra semantica e pragmatica. Una ricerca corpusbased (2007), in Barbera M., Corino E., Onesti C. (eds.) Corpora e linguistica in rete,
Guerra, Perugia: 347-362.
- L’anankastico in italiano antico: considerazioni su ‚dovere‛ (2009), in Barbera M. Schema e
storia del ‚Corpus taurinense‛. Linguistica dei corpora dell’italiano antico, dell’Orso,
Alessandria: 1025-1047.
- Afferrare l’inafferrabile: le ellissi nel CT (2009), in Barbera M. Schema e storia del ‚Corpus
taurinense‛. Linguistica dei corpora dell’italiano antico, dell’Orso, Alessandria: 1047-1056.
- Il rompicapo del clitico nell’apprendimento dell’italiano L2. Il caso di ‚mi‛ (2009), in Corino
E., Marello C. (eds.) Studi di linguistica e di didattica, Guerra, Perugia: 97-109.
- Il concetto di anankastico fra semantica e pragmatica: note in margine ad una proposta (2009),
in Venier F. (ed.) Tra pragmatica e linguistica testuale. Ricordando Maria-Elisabeth Conte,
Dell’Orso, Alessandria: 205-235.
- I traducenti di voci verbali greche ed il problema della perfettività (2006), in Corino E.,
Marello C., Onesti C. (eds.) Proceedings XII EURALEX International Congress, dell’Orso,
Alessandria: 1233-1239.
- The ‚ethic dative‛ between late vulgar Latin and old Italian. The case of ‘mi’ (2009), in
Loudov{ K., Ž{kov{ M. (eds.), Early European Languages in the Eyes of Modern
Linguistics. Proceedings of the Colloquium on the Ancient Indo-European Languages and the
Early Stages of the Modern Romance, Germanic and Slavonic Languages, Masaryk
University Press: 71-79.
- Fra parlato e scritto: alcune considerazioni sulla retorica lisana (2009), in Consani C.,
Furiassi C., Guazzelli F., Perta C. (eds.), Atti del 9° Congresso dell’Associazione Italiana di
Linguistica Applicata: 115-133.
Email: [email protected]
[email protected]
CASELLI, Mauro
«Bisogna isolare una cosa perché diventi una cosa sola». Saggio sull’ontologia di
Svevo.
[ITALIANO] Questo studio propone di riconsiderare criticamente la tesi, diventata col
tempo canonica, di una sostanziale inerzia dell’opera di Svevo, nei termini di forma e
contenuto. La forte coesione del tessuto testuale, la ricorrenza di ben precise situazioni,
rendono conto in effetti di una componente poco variata a livello macrostrutturale.
Nella sua articolazione più interna il testo sveviano mostra altresì una decisa linea di
sviluppo, tale da portare a compimento la struttura chiusa del romanzo ottocentesco con Senilità - sia d’avviare poi quello stile d’infrazione che costituir| il filone
caratterizzante la produzione letteraria del Novecento.
La frammentazione endemica dell’insieme, la natura intransitiva degli enti - da
cui procede la particolare tonalità esistenziale del testo - costituiscono il modello
ontologico dello Svevo scrittore. Nel suo testo viene attivata una strategia di difesa
attraverso peculiari processi di delineazione. Si tratta di un movimento di diversione
espressiva al cui centro sta il concetto di malattia. In questo modo, Svevo trova nella
matericità del «dire» la situazione che gli consente di contenere la dimensione della
vita.
I primi due romanzi – Una vita e Senilità - seguono stilisticamente un impianto in
cui la parola asseconda il flusso del mondo, la cui funzione si limita cioè alla «resa» di
una realtà fatta di enti a se stanti, isolati. Passati due decenni, ne La coscienza di Zeno il
linguaggio presenta dei cambiamenti rilevanti, in quanto viene ad evidenza un deciso
tentativo di superare quella alterità ontologica fino ad allora solo descritta. Nella
Weltanschauung di Svevo – che indugia in un’articolazione della separatezza - la parola
si rapporta ora al referente in maniera differenziale. Più specificamente, in questo
autore la visione del mondo sconnesso comporta inizialmente un uso inflativo della
negazione intransitiva - di un’alterit| impossibile, assoluta. Tuttavia, nel periodo
«clandestino», di silenzio pubblico della sua opera, la forma primaria d’espressione
gradatamente si sposta in direzione d’un impiego elaborato delle figure del discorso,
vòlto ad attraversare la vertenza tra gli enti e dare effetto alla loro relazione, e che vede
ne La coscienza di Zeno la sua migliore realizzazione. Tutto ciò si articola
espressivamente attraverso un utilizzo di figure retoriche guidato da un’idea
ontologica della ripetizione intesa come misura minima della negazione. Tale
movimento diversivo presenta come risultato quello di assorbire l’imminenza
trascendente che prima aveva espresso lo iato ontologico. Da questo punto di vista, la
particolare attenzione che Svevo dedica al bordo, al limite, si delinea come una
strategia di indebolimento semantico di termini giustapposti. Conta quindi il
movimento, la considerazione di un passaggio. Il vuoto, la mancata transizione di
senso, lascia così il posto ad un’azione non tanto oppositiva, quanto di temperamento.
È questa la base su cui poggia la tonalit| ironica dello Svevo dell’ultimo periodo. Con il
padroneggiamento di quest’ultima declinazione, la «doppiezza» di Svevo si trasforma
in un rapporto con la propria opera di distanziamento e al contempo di prossimità,
distacco ed adesione, che consente di mantenere la tensione d’indecidibilit| fra le
posizioni. In Svevo, il cerchio del reale viene così a chiudersi grazie al lavoro di
scrittura, con il compimento di quella che lo scrittore stesso definisce
«letteraturizzazione».
[ENGLISH] This paper aims to review critically the thesis, which has become
canonical over time, of a substantial inertia Svevo's work, in terms of form and content.
The strong cohesion of the textual frame, the occurrence of very specific situations, in
fact realize a component varied little at the macrostructural level. In his articulation of
the inner text Svevo also shows a definite line of development, so as to complete the
closed structure of nineteenth-century novel - with Senilità - both to start the style of
infraction that will be the trend characterizing the production of literary the twentieth
century. The endemic fragmentation of the whole, the intransitive nature of beings from which proceeds the particular existential tone of the text - are the ontological
model of the Svevian writer. It is an expressive movement of diversion which has at
the center the concept of disease. In this way, Svevo founds in the materialty of
«saying» the situation that limits the violence of life. The first two novels – Una vita
and Senilità - stylistically follow a system in which the word favors the flow of the
world, whose function is limited to give back a reality of bodies stand-alone, isolated.
Past two decades, in La coscienza di Zeno the language has some significant changes,
as is evident in a determined attempt to overcome the ontological otherness hitherto
only described. In Svevo's Weltanschauung - that lingers in the articulation of
separateness - the word is related to the referent in a differential way. More
specifically, in this author's world view involves initially a inflationary use of the
intransitive denial - of impossible alterity, absolutely. However, during the public
silence of his work, the primary form of expression gradually moves towards the use
of elaborate figures of speech, turned to cross the dispute between the bodies and give
effect to their relationship, and sees in La coscienza di Zeno his best achievement. All
this is articulated through expressive use of rhetorical figures, led by the ontological
idea of repetition understood as a minimum measure of denial. This diversive
movement has as result to absorb the imminent transcendent before he had expressed
the ontological gap. From this point of view, the Svevian special attention devoted to
the border, to the limit, can be seen as a strategy of weakening semantic of juxtaposed
terms. Then counts the movement, the consideration of a passage. The emptiness, the
lack of transition effect, thus leaving room for action, not so much oppositional,
because of temperament. This is the basis upon which the ironic tone of the last
Svevo’s period. With the mastery of this variation, the «duplicity» of Svevo turns into a
relationship with his work at the same time distancing and proximity, separation and
adhesion, which keeps the tension between the positions of undecidability. In Svevo,
the circle is the real way to close by the work of writing, with the fulfillment of what
the writer himself calls «letteraturizzazione».
CV
Mauro Caselli ha studiato filosofia a Trieste con Pier Aldo Rovatti, laureandosi con una
tesi sul concetto di riso in Nietzsche. Sulla scia del pensiero speculativo del Novecento
- in particolare riferendosi ad Heidegger, Merleau-Ponty e Lévinas - ha portato avanti
un’indagine sul linguaggio letterario e le sue implicazioni ontologiche ed insieme
etiche. È questo il tema dei suoi studi, pubblicati in rivista, su autori quali Penna,
Dickinson, Di Ruscio e più specificamente sui maggiori autori di area triestina e
giuliana, quali Saba, Marin, Giotti. Cultore della materia in Psicologia Dinamica, ha
ricevuto incarichi d’insegnamento per la relativa cattedra presso l’Universit| di Trieste.
E’ autore del volume La voce bianca. Su Virgilio Giotti, Udine, Campanotto, 2004. È
inoltre poeta in proprio, ed ha pubblicato due raccolte, il giogo (2004) e Per un caso o per
allegra vendetta (2008)
Email: [email protected]
CEPACH, Riccardo
Gli Indipendenti. I romanzi ‘a otto colonne’ di Svevo, Cesari e Benco.
A Trieste, nella redazione del sequestratissimo quotidiano irredentista
"L'Indipendente", fra il 1880 e i primi anni del secolo successivo, si incontra un gruppo
di giovani intellettuali accomunati dall'orientamento filo-italiano e dalle ambizioni
letterarie; si chiamano Ettore Schmitz (che giungerà a essere piuttosto noto con lo
pseudonimo di Italo Svevo), Giulio Cesari e Silvio Benco. Pubblicheranno tutti e tre e
tutti intorno ai trent'aanni un romanzo dedicato a indagare, da punti di vistta molto
diversi, l’inesauribile tema degli amori fra giovani anime: Svevo e Cesari entrambi nel
1892 (il primo col suo celeberrimo Una vita e il secondo con il curioso Vigliaccherie
femminili), Benco, che era molto più giovane, dieci anni più tardi, nel 1903, anno in cui
esce il suo La Fiamma fredda. Tre voci narrative e tre prospettive artistiche che si
intrecciano fra di loro e con le altre che disegnano il carattere della narrativa
romanzesca e più in generale della produzione letteraria triestina di quegli anni (i
nomi di Alberto Boccardi, Cesare Rossi e Riccardo Pitteri per lo meno devono essere
fatti) fino a darne un profilo ancora solo parzialmente noto. Ne viene anche una nuova
luce sul romanzo giovanile e su tutta la prima produzione letteraria di Svevo, oggetto
di un raffronto che, da un lato, non può che confermare l’assoluta eccezionalit| della
sua vocazione e la maturità della sua poetica e, dall’altro, le offre finalmente un
contesto diremo casalingo. Un ambito ch che si affianca, senza
pretesa né voglia di sostituirvisi, a quello della grande tradizione letteraria e filosofica
europea cui, giustamente, riconduciamo l’opera del giovane Svevo. Nella redazione
dell’Indipendente, fra il fumo delle sigarette e il rumore delle rotative, Schopenhauer e
Giulio Cesari fanno due chiacchiere; Svevo ascolta, annuisce, sorride.
CV
Laureato in Letteratura Italiana con una tesi sullo scrittore Daniele Del Giudice
all’Universit| di Trieste, dove ha conseguito anche il dottorato di ricerca in Italianistica
con una tesi sul casanovismo in Italia. Ha pubblicato saggi e interventi critici di
argomento prevalentemente letterario su riviste specializzate e giornali quotidiani.
Dal 2001 lavora per la Biblioteca Civica di Trieste, dove si occupa del Museo Sveviano
e del Museo Joyce e realizza mostre, pubblicazioni e manifestazioni di promozione
della cultura letteraria fra cui Che ho scritto, che ho letto. Libri - Incontri con lo
scrittore che legge (2004), la mostra e il volume Quanto hai lavorato per me, caro
Fortuna! legata al cinquantenario della morte di Saba (2007), la mostra, il volume e il
documentario Guarire dalla cura. Italo Svevo e la medicina, (2008), la mostra Le mille e
una storia di sir Richard Burton (1821-1890). Vita nomade e fine triestina di un inglese
d’oriente (2010) cui è legato il documentario Il leone e la leonessa. Vita di Sir Richard
Burton e di sua Moglie Isabel.
Bibliografia essenziale:
Guarire dalla cura. Italo Svevo e i medici, a cura di Riccardo Cepach, Trieste, Comune
di Trieste, 2008, pp. 224. Quanto hai lavorato per me, caro Fortuna. Lettere e amicizia
fra Umberto Saba e Aldo Fortuna (1912-1944), a cura di Riccardo Cepach, Trieste,
Comune di Trieste – MGS Press, 2007, pp. 190. Passeri e fantasmi. Una favoletta inedita
di Svevo fra le carte della spiritista Nella Doria Cambon, ‚Aghios. Quaderni di studi
sveviani‛, 5, 2007, pp. 79-106. Italo Svevo e la spiritista. Una favoletta inedita del
celebre scrittore, ‚La Repubblica‛, Milano, 16 settembre 2005, p. 58. Rotative cingolate.
Giornalismo triestino del secondo dopoguerra fra censura, battaglie politiche e
violenza, in AA.VV., Trieste anni cinquanta. La città reale, Trieste, Comune di Trieste,
2004. L’origine delle comete - Appunti sulla poetica dello stupore nell’opera di Daniele
Del Giudice, ‚Italienische Studien‛, Wien, n. 20, 1999, pp. 240-249.
Email: [email protected]
CONTARINI, Silvia
«Vedere l’infanzia»: la Coscienza di Zeno e la crisi del mito rousseuiano della
memoria.
Il mio intervento si propone di analizzare la descrizione dell’infanzia nella Coscienza di
Zeno, e il rapporto tra infanzia e memoria nel libro, rispetto alla tradizione setteottocentesca. Il paradigma rousseauiano, che fa il suo ingresso in letteratura con le
Confessioni di un italiano e lascia tracce vistose nella letteratura del secondo
Ottocento, entra evidentemente in crisi con la ricezione di Freud. Scopo dell’indagine
sarà quindi di verificare quanto la dialettica psicanalitica di ricordo e dimenticanza
influenzi la possibilità di «vedere l’infanzia» che compare nella prima parte del libro,
dove si assiste a una vera e propria distruzione del mito ottocentesco della memoria.
CV
Silvia Contarini è ricercatrice di Letteratura italiana nell’Universit| di Udine, dove
tiene i corsi di Elementi di civiltà letteraria italiana e di Letteratura italiana e cultura europea.
Si è occupata prevalentemente di letteratura e storia della cultura tra Sette e
Ottocento, con qualche incursione nel Novecento. Tra le sue pubblicazioni figurano
una monografia ( «Il mistero della macchina sensibile». Teorie delle passioni da Descartes a
Alfieri, Pisa, Pacini, 1997) e una raccolta di saggi (Una retorica degli affetti. Dall’epos al
romanzo, Pisa, Pacini, 2006). Ha curato l’edizione italiana del Viaggio nell’interno
dell’Africa di François Levaillant (Firenze, Le Lettere, 1993) e gli scritti sulla letteratura
italiana del critico olandese André Jolles, (I travestimenti della letteratura. Scritti critici e
teorici (1898-1932), premessa di E. Raimondi, Milano, Bruno Mondadori, 2003). Ha
inoltre messo a punto il commento del Discorso sull’indole del piacere e del dolore di P.
Verri per l’Edizione Nazionale delle Opere (I ‚Discorsi‛ e altri scritti degli anni Settanta,
a c. di G. Panizza, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2004) e delle Osservazioni sulla
tortura dello stesso Verri (Milano, Rizzoli, 2006 e 2011).
Email: [email protected]
CURTI, Luca
Persistenza e trasfigurazioni dell’inetto.
Quasi vent’anni or sono ho pubblicato – e sto ora ripubblicando - uno studio su
Una Vita nel quale proponevo, del primo romanzo di Svevo, una lettura che muovesse
dalle premesse filosofiche – il pessimismo schopenhaueriano - proclamate dallo stesso
autore nel Profilo autobiografico. La mia proposta era, e resta, quella di leggere il testo
sveviano come una sintesi narrativa tra lo Zola del Romanzo sperimentale e i fondamenti
del pessimismo. Secondo questa lettura, che ridimensiona e riformula la componente
autobiografica della figura del protagonista, nel romanzo Svevo pone se stesso al
centro dell'osservazione: quindi, sperimentalmente, reseca dalla sua figura – che, nella
prassi esistenziale a noi nota, la contiene - la filosofia di Schopenhauer. Questo è
l'esperimento cruciale di cui Una Vita forma il resoconto. Come, in una simulazione
sperimentale, è essenziale che la situazione ricostruita (in laboratorio o al banco di
collaudo) sia il più possibile sovrapponibile a quella reale, così il protagonista del
romanzo, che vediamo muoversi attraverso le situazioni-chiave della riflessione
schopenhaueriana ( trattato di morale, romanzo per il successo, duello, suicidio) e
comportarsi antiteticamente rispetto all'insegnamento del filosofo - incorrendo per
questo nella rovina - è segnato da tratti che appartengono certamente all'autore. Il
quale, però, si osserva dall'esterno e si modifica sperimentalmente: verificando la
teoria di Schopenhauer con quella di Zola. Il titolo originario di Una Vita era Un inetto;
da questo titolo, infine rifiutato, discende (fondamentalmente per influsso del
Debenedetti di Svevo e Schmitz ) la categoria critica dell’ ‘inettitudine’. Coerentemente
con la lettura proposta sarà necessario liberarsene o almeno riformularla. L'inetto in
questione non è una semplice proiezione dell’ebreo mal confesso Hector Aron Schmitz,
ossia di Svevo: è invece Alfonso Nitti, cioè ‘Svevo privato di Schopenhauer’: Svevo
come sarebbe stato senza quella filosofia nella cui luce il romanzo fu scritto.
In un seminario da me condotto nello scorso anno accademico ho iniziato una
ricognizione, condotta in particolare sui manuali di scuola secondaria, della fortuna
attuale della categoria critica sopra ricordata. Gli esiti di questa ricerca, sorprendenti e
istruttivi, formano il contenuto della mia comunicazione.
CV
Luca Curti è professore ordinario di Letteratura italiana ( L-FIL LET/10) nella
Facolt| di Lettere e filosofia dell’Universit| di Pisa. E’ presidente del corso di laurea
magistrale in Lingua e letteratura italiana (LM 14) e si è occupato, con incarichi diversi
a partire dal 1997, della formazione universitaria degli insegnanti di scuola
secondaria.
Ha diretto, con Antonio Tabucchi, una breve serie (1999-2000) della ‚Rassegna
lucchese‛ ed è condirettore della ‚Nuova Rivista di Letteratura italiana‛ (Pisa, ETS).
Ha pubblicato studi sulla storia della cultura filologico-letteraria tra Otto e Novecento,
sulla teoria del comico e – oltre a Svevo - su Dante, Folengo, Parini, Carducci, Gadda,
Fenoglio, Calvino.
Email: [email protected]
[email protected]
DE SETA, Ilaria
L’inetto nello studiolo. Le biblioteche di Alfonso Nitti ed Emilio Brentani.
L’inettitudine dei personaggi nei romanzi di Svevo prende diverse forme e ne La
coscienza di Zeno trova due esemplificazioni. La prima è il celebre corollario alla
conquista della moglie: ‚a me toccava come a quel tiratore cui era riuscito di colpire il
centro del bersaglio, però di quello posto accanto al suo‛; e la seconda è la favola,
attribuita a Guido Speier, e che ricompare con varianti in altre due opere, dell’uccellino
che vedendo aperto lo sportellino della gabbia pensa di uscire, ma temendo che lo
sportellino si possa richiudere lasciandolo fuori, cambia idea e rimane in gabbia. Nei
romanzi numerose sono le coppie dicotomiche che rappresentano uno stato di perenne
scissione: dalle più esplicite e indagate quali salute vs. malattia e vecchiaia vs.
giovinezza, ad altre forse meno evidenti e meno sondate quali vita vs. scrittura,
intellettuale vs. società, spazi chiusi vs. spazi aperti.
In questo paper si esaminano le rappresentazioni e le funzioni delle biblioteche negli
scritti narrativi di Svevo, con particolare riferimento a Una Vita e Senilità, quali gusci
spaziali dei protagonisti, anti-eroi in continuo andirivieni tra vita e scrittura, vasi
comunicanti che mai si soddisfano, se non a vicenda. Siano esse luogo d’azione (Mieke
Bal), motore narrativo (Peter Brooks), oggetto di descrizione (Philippe Hamon), o
cronotopo (Michail Bachtin), le biblioteche di Alfonso Nitti ed Emilio Brentani sono
luoghi in cui prevale la dimensione intellettuale, in contrasto agli spazi aperti (si pensi
alle passeggiate in riva al mare di Alfonso) dove si svolge la vita attiva. In questo
senso, il personaggio nel suo studiolo, o diviso e vagabondo fra più biblioteche, private
e pubbliche, mette in scena la condizione intellettuale e l’inettitudine che essa
comporta.
CV
Ilaria de Seta si è formata all’Universit| di Napoli Federico II, laureandosi in Lettere
Moderne (2001) e conseguendo il dottorato di ricerca in Filologia Moderna (2006). Ha
perfezionato gli studi all’University College Cork, dove si è recata con una borsa di
Perfezionamento all’Estero erogata dall|Istituto Universitario Orientale di Napoli
(2001-2002) e successivamente con una borsa del Ministero degli Esteri (2004),
compiendo un Mphil, Master di ricerca con tesi in Letteratura Italiana (2004). Nel corso
dei suoi studi in Italia e in Irlanda si è specializzata nell’indagine dello spazio nel
romanzo dell’Ottocento e del Novecento: Manzoni, Nievo, De Roberto, Pirandello,
Tozzi, Svevo e Tomasi di Lampedusa. È stata borsista dell’Istituto Italiano per gli Studi
Storici di Napoli, con una ricerca su Giuseppe Antonio Borgese (2003-2005). Ha
insegnato Lingua e Letteratura italiana presso UCC e altre istituzioni in Irlanda.
Attualmente vive a Bruxelles e insegna all’Universit| di Liegi. Ha collaborato con
recensioni e schede alle riviste: «Rivista di studi Danteschi», «Forum Italicum»,
«Forum for Modern Languages Studies» e al progetto «Italinemo: le riviste di
italianistica nel mondo». Attualmente collabora al progetto «OBLIO: Osservatorio
Bibliografico della Letteratura Italiana Otto-novecentesca». Tra le sue pubblicazioni si
segnalano i seguenti titoli di articoli: La dissacrazione dei luoghi di culto. Anticlericalismo
ne I viceré,I vecchi e i giovani e Il gattopardo; «Una impressione globale nello spazio» e
alcune presenze fantastiche nel Gattopardo; From cage to nest: the library of ‚Il fu Mattia
Pascal‛; The ‚vecchio cascinone‛ and ‚the vecchia signora‛ I vecchi e i giovani in the light of
L’Umorismo; Pirandello far from Nature? A reading of I vecchi e i giovani Focusing on
Landscape; Giuseppe Antonio Borgese viaggiatore perenne; Spazi reali e spazi fantastici in
Lighea. Sta ultimando la monografia I luoghi della storia: dimore, conventi e paesaggi ne I
vicerè, I vecchi e i giovani e Il gattopardo.
Email: [email protected]
DI BIASE, Carmine
Hamlet in the Life and Work of Italo Svevo.
When Ettore Schmitz was a young man at boarding school in Segnitz, he learned
German quickly and, in German translation, read Hamlet for the first time. His brother
Elio, who was there with him, said that Ettore ‚went many nights without sleeping,
hunched over Hamlet the whole time. He memorized it. He grew pale and his
complexion turned sickly.‛ And even after he read it, Ettore ‚thought so much about
Hamlet,‛ said Elio, ‚that he didn’t sleep for many nights in a row, thinking the whole
time about ‘To be or not to be.’‛ Years later, after he learned to read in English, and
after he became Italo Svevo, he would read Shakespeare’s other works – Othello
certainly, and the sonnets – in the original; and he must have reread Hamlet as well,
and relived his first experience, this time in English. That first experience of Hamlet
was, I believe, formative in the purest sense of the word. It shaped Svevo’s
imagination. It gave him the major themes – life as sickness, ineptitude as the modern
human condition, and writing as a means of redemption – that would course through
his own works. When Svevo called his third novel La coscienza di Zeno, I believe he was
thinking of the moment when Hamlet says that ‚conscience does make cowards of us
all.‛ Zeno, like all of Svevo’s anti-heroes, is a coward, incapable of action because he is
self-aware, a dreamer who renders his life harmless by writing about it and turning it
into the past.
And one can see, in Svevo’s letters and diaries, that Hamlet even informed his life. My
study will concentrate on Svevo’s imaginative writing.
There has been no
comprehensive study of the influence of this play on Svevo’s life and works.
CV
Carmine Di Biase is professor of English at Jacksonville State University in Alabama.
His translation, The Diary of Elio Schmitz: Scenes from the World of Italo Svevo, will be
published this year by Troubador Press. Other publications include ‚Borrowed
Identities and the Writer’s Exile: Joyce, Svevo and Their Younger Brothers,‛ in Bele
antiche storie: Writing, borders, and the Instability of Identity. Trieste, 1719-2007 (2009).
Travel and Translation in the Early Modern Period, edited and introduced (2006). ‚‘Pare
che il telefono inglese non trasmetta le mie sillabe’: traducendo Svevo,‛ in Aghios (Vol
V. 2007). ‚A Writer’s Resistence‛ *review of Svevo translations] in the Times Literary
Supplement (June 11, 2004). ‚Private Property‛ *translation of a chapter from Melania
Mazzucco’s ‚Propriet| privata‛+, in After the War: A Collection of Short Fiction by PostWar Italian Women (2004). ‚The Passion of the Prazzesco‛ *review of two collections by
Mario Praz], in Times Literary Supplement (May 2, 2003). ‚A Short Walk to Woolwich:
Of Men and Things in a London District‛ *translation of Svevo’s ‚Uomini e cose in un
distretto di Londra‛+, in the Times Literary Supplement (October 11, 2002). ‚Recent
English Studies of Travel Literature,‛ in Annali d’Italianistica (Vol. 21, 2003). ‚ ‘I am as I
have spoken’: The Act of Naming in Macbeth,‛ in Renaissance & Reformation (Vol. 25.1,
2001). ‚Ovid, Pettie, and the Mythic Foundation of Cymbeline,‛ in Cahiers Elisabethains
(October, 1994). ‚Another Ovidian Source for Pettie’s Cephalus and Procris.‛ In Notes
& Queries (June, 1993).
Email: [email protected]
DI NUNZIO, Novella
La differenza tra il concetto di inettitudine e il concetto di senilità nell'opera di Italo
Svevo.
Secondo una tradizione critica ormai consolidata, i romanzi sveviani Una vita,
Senilità e La coscienza di Zeno sarebbero interprebili alla luce di una linea evolutiva che
individua nei rispettivi protagonisti, Alfonso Nitti, Emilio Brentani e Zeno Cosini, la
realizzazione narrativa di una figura intellettuale ed esistenziale identica, quella
dell'inetto. Dopo la tempestiva lettura di Debenedetti, infatti, per il quale i tre eroi
rappresentano un personaggio uno e trino, le interpretazioni critiche successive non
hanno mai messo in dubbio tale presupposto. È nostra convinzione invece che quello
che parte da Una vita e arriva fino alla Coscienza non rappresenti affatto un percorso
lineare, ma almeno bipartito. Ovvero, si ritiene che a fronte di Alfonso Nitti e Zeno
Cosini, i quali è lecito posizionare sullo stesso piano, in quanto espressioni di un'idea
di inettitudine che, fatte le dovute distinzioni, si può considerare analoga, Emilio
Brentani rappresenti invece un'identità intellettuale, se non opposta, sicuramente
diversa. Tale affermazione si basa sull'ipotesi che la senilità non è rapportabile
all'inettitudine, come invece generalmente si tende a fare, individuando nei due
termini l'espressione di uno stesso concetto di inadeguatezza alla vita. Al contrario, la
senilità è l'espressione di un blocco dell'azione dovuto ad una falsa coscienza e ad un
perbenismo interni alla dimensione borghese, laddove l'inettitudine, tanto quella di
Nitti, quanto quella di Cosini, rappresenta un blocco dell'azione dovuto alla scelta di
un modello di vita alternativo e dunque esterno, o comunque critico, rispetto alla
borghesia. L'acerbo shopenhauerismo di Nitti e il più consapevole approccio
autoanalitico di Zeno, approccio che, questo sì, può essere interpretato come la
maturazione del primo shopenhauerismo, sono entrambi strategie di opposizione,
resistenza, protezione e, alla fine, di vittoria verso la borghesia. La senilità di Brentani,
invece, è l'espressione di un'incapacità di apertura alla vita e al desiderio, attuata
attraverso gli schermi autorepressivi tipicamente borghesi del perbenismo e del
velleitarismo letterario. Dunque, se Nitti e Cosini sono entrambi 'malati' di
inettitudine, e per questo sono antitetici rispetto al lato 'utile' della vita, al contrario la
malattia di Brentani si esplica nei termini di un conformismo borghese che rende l'eroe
incapace di vivere e accettare senza riserve o traumi l'aspetto più autentico della vita,
quello, cioè, di un'imprevedibile e caotica originalità. Questa conquista sarà propria
solo di Zeno, l'unico dei tre capace di affermare e accettare senza alcun pregiudizio né
alcuno schema interpretativo prestabilito il fatto che «la vita non è né bella né brutta»,
ma, appunto, «originale». Pertanto, se si vuole analizzare il percorso che ha portato a
tale conquista, bisogna risalire direttamente ad Alfonso Nitti e lasciare da parte Emlio
Brentani, nel quale, lo ripetiamo, si riconosce il portavoce di una problematica diversa
rispetto a quella dell'inettitudine come alternativa potenzialmente vincente al mondo
boghese.
CV
Ottobre 2008 - ancora in corso: dottorato con borsa di studio in «L’Interpretazione»
(sezione «Letteratura italiana») presso l’Universit| degli Studi di Siena (XXIV ciclo).
Docente di Riferimento: Prof. Romano Luperini.
Settembre 2010-febbraio 2011: visiting presso l’Universit| di Toronto (UoT),
Dipartimento di Italian Studies. Docente di riferimento: Prof. Domenico
Pietropaolo.
Giugno 2010: conseguimento attestato inglese scientifico presso il CLA
dell’Universit| degli Studi di Siena.
Giugno 2009: conseguimento attestato lingua inglese, livello intermediate, presso il
CLA dell’Universit| degli Studi di Siena.
Luglio 2008: conseguimento della laurea specialistica in Storia, Filologia e Analisi
del Testo Letterario presso l’Universit| degli Studi di Perugia; votazione finale:
110/110 con lode. Relatore: Prof. Massimiliano Tortora.
Convegni e pubblicazioni
Il modernismo italiano nella narrativa breve del Novecento, convegno sul tema «Racconti
d'Italia. La storia italiana dall’Unit| ad oggi nella narrativa breve», Gent, 5-6 aprile
2011.
Il metodo modernista di Debenedetti, «Esperienze letterarie», 3, 2010, pp. 101-117.
Debenedetti lettore di Michelstaedter, convegno sul tema «A cento anni dalla morte, Carlo
Michelstaedter. Un intellettuale di confine», Perugia, 10-11 novembre 2010.
La città labirinto: Trieste e la scomparsa di Angiolina, convegno annuale MOD sul tema «La
citt| e l’esperienza del moderno», Milano, 15-18 giugno 2010.
Svevo e il racconto analitico del Novecento, giornata di studi sul «Narrar breve», Siena, 17-18
febbraio 2010.
In nessun modo ancora, «Allegoria», 59, 2009 [rec. a S. Beckett, In nessun modo ancora,
Einaudi, Torino 2008 ].
Romanzo come tragedia. Il tragico nel romanzo italiano moderno, «L’immaginazione», 244,
2009 *recensione a M. D’Urso, Romanzo come tragedia. Il tragico nel romanzo italiano
moderno, Bulzoni, Roma 2008].
Email: [email protected]
DONNARUMMA, Raffaele
«Un’autobiografia, e non la mia». Intrecci di generi nella Coscienza di Zeno.
Scrivendo a Montale, Svevo invitava a leggere la Coscienza come «un’autobiografia, e
non la mia». Quali generi mobilita infatti quel libro? A reggerlo, c’è un latente conflitto
fra le scritture autobiografiche di Zeno (il memoriale e il diario) e l’impianto
romanzesco predisposto ai suoi danni da Svevo, con gli ausili di un pandeterminismo
freudiano che riordina il caso autobiografico e trova un senso dove l’autobiografo
ricorda senza intendere. Tuttavia, entrambi i generi sono sottoposti a una revisione
modernista: sia l’autobiografia, parodizzata nella sua tradizionale retorica della
sincerità; sia il romanzo, il cui ordine narrativo viene disgregato. Per individuare
quelle due logiche occorrerà dunque rifarsi non solo alle caratteristiche della voce
narrante e al patto instaurato col lettore (Lejeune), ma alla stessa scelta e
concatenazione dei fatti (e qui sar| d’aiuto D. Cohn). Il contrasto di voci fra il
personaggio-narratore e l’autore è dunque anche un contrasto di generi; un contrasto
che però non sopravviverà alla Coscienza, se le Continuazioni, liquidando il narratore
inattendibile, inaugurano un nuovo tipo di racconto, dove Zeno acquista un’inattesa,
conciliata saggezza. Proporrò quindi di leggere la Coscienza come falsa autobiografia,
ibrido di generi che, oltre alla Recherche, ha pochi corrispettivi nello stesso dilagare di
narrazioni in prima persona della fase modernista, ma che pone già alcuni problemi
dell’autofiction contemporanea.
CV
Raffaele Donnarumma (Torino, 1969) è professore associato di Letteratura italiana
contemporanea presso l'Università di Pisa dal 2007. È membro del comitato direttivo
della rivista "Allegoria" e dell'Editorial Board della rivista informatica "The Edinburgh
Journal of Gadda Studies". Ha studiato presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e
insegnato presso la stessa Scuola, l'Università di Siena, l'Università per Stranieri di
Siena.
Si occupa di didattica della letteratura nelle scuole superiori. I suoi principali campi di
interesse attuale sono Gadda, Pirandello, Calvino, la narrativa modernista, il
postmoderno, l'evoluzione della narrativa contemporanea, il tema del terrorismo nel
romanzo italiano.
Email: [email protected]
DUYCK, Mathijs
Il motore guasto. Perversione narrativa di Svevo e di Flaubert in Una vita e
L’Éducation sentimentale.
La relazione chiama in causa i due ben noti «giovani letterati» Frédéric Moreau e
Alfonso Nitti. Tanto Flaubert quanto Svevo concepiscono un protagonista con una
costituzione mentale particolare, che contrasta fortemente con quella degli altri
personaggi in gioco e che lo fa fallire nel contesto topico che fa da struttura ai romanzi
L’Éducation sentimentale (1869) e Una vita (1892). La costruzione di una tale costituzione
interiore deviante, che impedisce ai protagonisti di attuare il loro desiderio nel reale, si
sviluppa parallelamente nei due testi, a partire dalla giovinezza e dalla formazione
letteraria dei due eroi e poi attraverso la loro educazione sentimentale e anzitutto
sociale, cioè la loro integrazione nel ‚mondo degli altri‛, processo doloroso destinato
all’insuccesso.
La ben nota ‚inettitudine‛ sveviana viene quindi indagata nel paper in chiave
narratologica e comparatistica e legata al capolavoro del maestro francese, di sicuro
non ignorato dal lettore Schmitz. Il concetto chiave dell’analisi è il «desiderio», nozione
schopenhaueriana qui intesa come entità capace di fungere da motore narrativo nel
testo, di alimentare una qualsiasi quête, secondo lo schema seguente: il desiderio porta
all’azione, l’azione porta al cambiamento dell’universo romanzesco, della realt|.
Non preme il poter ricondurre la scrittura sveviana a Flaubert quanto il censire i temi e
le strutture di scrittori del (tardo) Ottocento, che riprendono processi e strutture
narrative ritenute canoniche – quali quelle di un Balzac, maestro per Flaubert come per
Svevo – per variarle, deformarle, pervertirle. Il risultato, insomma, è un motore
‚guasto‛: con una sorprendente analogia, nei due romanzi si assiste al capovolgimento
della natura del desiderio e del suo ruolo nel processo narrativo; da forza portante esso
evolve verso una sempre maggiore autoreferenzialità, che sembra preludere ai
cataclismi del modernismo.
CV
Congressi
‚L’Ingegnere alle prese con l’impianto narrativo. La struttura macrotestuale ne Il
castello di Udine.‛: ‚Racconti d’Italia. La storia italiana dall’Unit| ad oggi nella
narrativa breve.‛, Universiteit Gent, 5-6 aprile 2011.
‚Deformazione gaddiana del modello novellistico boccacciano‛: ‚La letteratura
degli Italiani, gli Italiani della letteratura 3‛, XV congresso nazionale dell’ADI,
Torino, 14-17 settembre 2011.
‚Verhalenbundels als complexe narratieve structuren: theorievorming en
toekomstperspectiven‛ Herfstvergadering van de Koninklijke Zuid-Nederlandse
Maatschappij, Gent, 15/10/2011.
Saggi
‚Il desiderio problematico di Frédéric Moreau e di Alfonso Nitti: studio delle
analogie tra L’Éducation sentimentale e Una vita‛, Confronto letterario, 54, 2011.
‚Verhalenbundels als complexe narratieve structuren: theorievorming en
toekomstperspectiven‛, handelingen van de KZM, 2012 (in stampa).
Il funzionamento della raccolta strutturata in Boccaccio e Gadda‛, Atti del XV
Congresso ADI, Torino, 14-17 settembre 2011, 2012 (in stampa).
Voce ‚Gulliver‛, Pocket Gadda Enciclopedia, EJGS, 2012 (in stampa)
‚Il capitano in congedo e la buona attuazione dell’idea italiana‛, in AA.VV.
‚Racconti italiani‛, Raccolta di studi a cura di Mara Santi, Massimiliano Tortora,
Mathijs Duyck, 2013, (submitted).
Recensioni
‚Ravvivare i tempi perduti‛, Otto/Novecento, 2011 (in stampa) (Alle sponde del
tempo perduto, Anna Maria Terzoli, Milano, Effigie, 2009).
‚Quanto hai lavorato per me, caro Fortuna!‛, Otto/Novecento, 2011 (in stampa)
(Quanto hai lavorato per me, caro Fortuna! Lettere e amicizia fra Umberto Saba e Aldo
Fortuna, a cura di Riccardo Cepach, Trieste, Mgs Press, 2007).
‚La farmacia degli incurabili‛, Otto/Novecento, 2011 (in stampa) (La farmacia degli
incurabili. Da Collodi a Calvino, Federica G. Pedriali Ravenna, Longo, 2006).
‚Tozzi – Novelle Postume‛, Otto/Novecento, 2011 (in stampa) (Federigo Tozzi.
Novelle postume, a cura di Massimiliano Tortora, Edizione critica delle opere di
Federigo Tozzi, Pisa, Pacini Editore, 2009).
Curatela
AA.VV. ‚Racconti italiani‛, Raccolta di studi a cura di Mara Santi, Massimiliano
Tortora, Mathijs Duyck, 2013.
Email: [email protected]
FABRIS, Angela
Il trattamento del soggetto in Italo Svevo.
Nell’arco dei tre romanzi sveviani si cercher| di indagare sul differente trattamento cui
viene sottoposto il soggetto e sulla scelta di rinunciare a una realtà avvertita come
inautentica a più livelli; per esempio rispetto a una routine professionale percepita
come priva di senso o in relazione alle complesse dinamiche nei confronti dell’altro
sesso. L’imperativo dell’identit| viene poi a sfociare, nel caso specifico di Zeno Cosini,
in una critica delle convenzioni sociali, familiari e anche psicoanalitiche che lo porta a
dedicarsi – in forma sostitutiva e con tratti ironici – alla scrittura fino ad annotare: ‚per
rimpiazzare la psicoanalisi, io mi rimetto ai miei cari fogli‛. Ne La coscienza di Zeno si
individuano così alcuni elementi caratteristici di una perdita di soggettività
tipicamente moderna e di conseguenti forme di ambivalenza che, se da un lato lo
inducono ad attuare specifiche misure per sottrarsi ai valori borghesi, dall’altro lo
vedono orientato verso una forma di esteriore rispetto nei loro confronti. In effetti, in
assenza di un programma ideologicamente fondato, la coscienza e l’agire di Zeno
rinviano a un atteggiamento ambivalente, per esempio nei riguardi dell’amico Guido o
– ed è una delle conseguenze di questa crisi della soggettività – al suo lasciarsi dirigere,
nei momenti decisivi, dal caso. In questo orizzonte dai contorni obliqui, in ultima
analisi, quello a cui si assiste è il progressivo scomporsi della soggettività e la messa in
scena di una serie di inutili tentativi di salvataggio; senza trascurare la malattia che, di
fronte alla crisi del soggetto, si trasforma in una proficua categoria conoscitiva.
CV
Laurea in Italianistica presso l’Universit| degli Studi di Trieste. Dott. di ricerca presso
l’Alpen-Adria-Universität Klagenfurt sotto la guida di H. Meter ed E. Guagnini.
Assistente di letteratura italiana presso l’Istituto di Romanistica dell’Universit| di
Graz. Dal 2006 ‚Assistenz-Professorin‛ di lett. italiana e spagnola presso l’Ist. di
Romanistica di Klagenfurt. Attualmente svolge una ricerca sui fogli periodici di
intonazione moralistica a Venezia nel medio Settecento (tesi di abilitazione per il ruolo
di professore associato). Altri suoi contributi riguardano il trattamento del soggetto
nella letteratura triestina del Novecento (in prospettiva comparatista), la questione
dell’identit| nella letteratura ebraica in lingua italiana, la fisionomia dei ritratti al
femminile del medio e tardo Ottocento e i racconti campagnoli nieviani (in particolare
in relazione ai romans champêtres di George Sand).
Pubblicazioni principali:
(2004) Un ‚de/scrittore irriverente‛. Le strategie letterarie di Francesco Burdin. Pasian di
Prato (Udine): Campanotto, 170 p.
(2008) Le traiettorie al femminile di Caterina Percoto, in: Romano Vecchiet (a cura di):
Caterina Percoto e l’Ottocento. Udine: Comune di Udine - Biblioteca Civica "Vincenzo
Joppi", Quaderni della Biblioteca Civica "V. Joppi", 2, pp. 83-98.
(2009) Le latitudini letterarie di Francesco Burdin, in: E. Guagnini/A. Crozzoli/W.
Fischer (a cura di): La frontiera rovesciata. Francesco Burdin (1916-2003): Archivio e
Centro di Documentazione della Cultura Regionale, Trieste, I Quaderni
dell’Archivio, Nr. 16, pp.. 11-16.
(2010) Viaggio negli spazi dell’identit| e della memoria. Il destino itinerante di Giorgio
Pressburger, in: Metodi & Ricerche. Rivista di studi regionali, n.s., 29/1, pp. 127-139.
(2011) Das Subjekt bei H. Broch und F. Burdin in Simona Bartoli, Dorothea Böhme,
Tatiana Floreancig (a cura di): Das Subjekt in Literatur und Kunst. Festschrift für Peter
Zima, Tübingen: A. Francke Verlag Tübingen und Basel, pp. 131-145.
(2011) „Il novelliere campagnuolo e altri racconti‚: scenari recepiti e spazi autonomi nel
Nievo rusticale, in: Helmut Meter/ Furio Brugnolo (a cura di). Con la collaborazione
di Angela Fabris: Vie Lombarde e Venete. Circolazione e trasformazione dei saperi letterari
nel Sette- Ottocento fra l’Italia settentrionale e l’Europa transalpina. De Gruyter: BerlinNew York, pp. 41-56.
(2011) Presenza e forma dell’epigrafe nella ‚Gazzetta Veneta‛ e nelle due stagioni
dell‛Osservatore‛ di Gasparo Gozzi. In: ‚La Repubblica delle Lettere, il Settecento italiano
(e La Scuola del secolo XXI), Atti del Congresso Internazionale a cura di Claudio
Griggio, pp. 146-155.
Email: [email protected]
FASAN, Rosa
Svevo e Saba: Trieste nuova frontiera fra letteratura e arte.
Trieste è nata come città di frontiera, con la sua piazza sul mare, gli
svariati luoghi di culto, l’incontro di gruppi etnici diversi, e le molte figure
che in essa si sono intrecciate. Trieste è ancora la città di Svevo e di Saba, una
città di confine che ha sempre dialogato con la grande tradizione europea. È in
questo crogiuolo di etnie, in questo humus fertilissimo, che sono sorte nel
Novecento delle figure che hanno fatto la grande letteratura, hanno creato
una nuova idea d’intellettuale, hanno preluso all’apertura europea dei confini
nazionali. Per capire al meglio quanto queste personalità abbiano influito
sulla creazione della figura d’intellettuale aperto alla situazione Europea non
vi è modo migliore che analizzare i contatti fra letteratura e arti figurative.
Questo binomio è profondamente radicato negli scrittori triestini, così attaccati
alle immagini da non poter fare a meno di guardare continuamente
all’aspetto artistico, allo sviluppo pittorico, all’unico linguaggio che è
compreso da tutti senza bisogno di tradurre o d’imparare una nuova
lingua. Prendendo come riferimento un illustre studioso triestino di
quest’ambito, il professor Sergio Molesi, recentemente scomparso, esporrò
volta per volta indicando i passaggi fondamentali che uniscono l’opera di
Svevo e di Saba alle tele degli artisti che li circondavano e
davano forma alle loro parole.
li ispiravano, e che
CV
Laureata in Lettere Moderne all’Universit| di Pisa nel 2010 con una tesi
dal titolo ‚L’Anima di Trieste: l’Epistolario di Anita Pittoni (1920 – 1978)‛ è
tuttora impegnata nel conseguimento della Laurea in Lingua e Letteratura
Italiana presso la medesima Istituzione, con una ricerca su la vita e l’opera di
Paul Klee.
Allieva del corso ordinario in Lettere della Scuola Normale Superiore di
Pisa ha affrontato tematiche di ricerca quali: ‚Preludio e nascita delle
Myricae di Giovanni Pascoli‛ nel 2008; ‚Immagini per Saba: alla ricerca di
un’iconografia sabiana‛ nel 2009 (ora in corso di stampa presso la rivista
annuale ‚Letteratura & arte‛, Fabrizio Serra Editore, Pisa---- Roma, 2012); ‚Per
un’edizione critica di Scoperte e Massacri di Ardengo Soffici‛ nel 2010.
Ha partecipato, inoltre, a diversi concorsi letterari, presentando dei racconti, che
sono stati valutati positivamente dalle giurie. In particolare nel settembre del
2007 è stata inclusa fra i cinque finalisti del premio letterario ‚Campiello
Giovani‛, organizzato dalla Confindustria del Veneto e ha vinto il premio
speciale del Banco di Sicilia, quale finalista della XX edizione del concorso
letterario ‚Modello Pirandello‛, organizzato dal Kiwanis International Club
di Agrigento. Ha pubblicato come scrittrice i racconti: ‚Notti somale‛ ne ‚Le
novelle del modello Pirandello‛, Akira Edizioni, Agrigento, 2007; ‚Sonata per
mandolino solo‛ ne ‚I ragazzi del Campiello‛, Marsilio Editori, Venezia,
2007; ‚Irraggiungibile melodia‛ nella ‚Dodicesima rassegna nazionale di
poesia e narrativa della scuola ‚Anna Malfaiera‛, Società Dante Alighieri,
Fabriano, 2008; ‚Verso il Vermiglio‛, nel premio ‚Si libri la Mente‛ per
l''edizione 2011.
Email: [email protected]
FLEMROVA, Alice
"La vita sarà letteraturizzata", ovvero: avrebbe oggi Zeno Cosini il suo blog?
Il rapporto tra la scrittura privata e quella istituzionalizzata nell’opera di Italo Svevo è
strettamente legato al tema della malattia del personaggio sveviano. Percorrendo
l’opera dell’autore triestino dagli inizi alle ultime pagine e non limitandosi soltanto alla
narrativa o al teatro, bensì frugando anche tra le pagine sparse, i diari e le lettere
possiamo vedere come e per quali strade l’empiria della vita entra nell’immagine
letteraria. Si tratta di un processo molto complesso che non va liquidato in nome di
una causalità autobiografica.
Nel titolo si cita la chiaroveggente prognosi di Zeno Cosini tratta dal testo Le confessioni
del vegliardo, cioè dal frammento del quarto romanzo di Svevo, che doveva essere il
seguito della Coscenza di Zeno. Leggendo le ultime pagine di Svevo ci accorgiamo
subito che poteva trattarsi piuttosto di una riscrittura, di una correzione della storia di
Zeno, raccontata da un nuovo punto di vista, quello di un vegliardo appunto, cioè del
personaggio che si rende conto che ora vive quel futuro una volta così temuto e che
questo futuro: ‚va via senza prepararne un altro‛.1 Zeno dichiara di voler scrivere
ancora. Anche Svevo voleva scrivere ancora e nella lettera del 16. 5. 1928 confessa a
Benjamin Crémieux a proposito del progetto del nuovo romanzo: ‚Non ci sar| niente
di male se non arriverò a terminarlo. Intanto avrò riso di gusto una volta di più nella
mia vita.‛
Cominciando così dalla fine procederemo a ritroso per cercare di scoprire quando
Svevo ha iniziato a liberarsi dalla ‚schiavitù‛ letteraria, dalla condizione di prigioniero
della sua immaginazione e dei sogni, avendo capito che la letteratura avrebbe potuto
mettersi al suo servizio per consentirgli di arrivare a una delle poche verità accessibili:
la verità su se stesso. Oramai è noto (Giancarlo Mazzacurati ‚Dentro il silenzio di
Svevo‛ in Il secondo Svevo. Napoli: Liguori 1982) che Svevo comincia a scoprire gli
effetti terapeutici della scrittura nel periodo del suo silenzio, quindi dopo la sua rottura
ufficiale con quella ‚ridicola e dannosa cosa che si chiama letteratura‛. Da buon
recidivista (non solo) letterario però continua a ‚scribacchiare‛, anche se
clandestinamente, nella convinzione che ‚fuori della penna non c’è salvezza‛ (Ibidem,
p. 808). Circa quattro anni più tardi, il 10. 1. 1906, troviamo tra i suoi appunti questa
frase: ‚Non rimpiango di non aver goduto abbastanza ma sinceramente rimpiango di
non aver fissato tutto questo periodo di tempo‛ (Ibidem, p. 822). Con ciò siamo già
molto vicini alla convinzione del vecchio Zeno che ‚l’unica parte importante della vita
è il raccoglimento‛ (Ibidem, p. 372).
Interessante risulta però tornare al Diario per la fidanzata, scritto nel 1896 per la futura
moglie Livia Veneziani. A volte sembra di leggere pagine della Coscienza destinate ad
Augusta, non tanto per il contenuto (fumo, gelosie...) quanto per lo stile sciolto e
ironico che è quasi assente nei primi due romanzi di Svevo.
Zeno Cosini così ‚nasce‛ nelle pagine private di Italo Svevo ancora prima della
pubblicazione del romanzo Senilità. Nell’intimit| dello scribacchiare Svevo impara a
rinunciare alla virtuosit| letteraria e punta alla sincerit| (nel 1905 scriver|: ‚È un uomo
che scrive troppo bene per essere sincero‛ (Ibidem, p. 820)) che però non va scambiata
per trascrizione documentaria dei fatti. Svevo opta per la sincerità della sua
immaginazione nel desiderio di costruire il proprio mondo.
--------------------------------------------------------------------1 SVEVO, Italo. Racconti, saggi, pagine sparse. Milano: dall’ Oglio editore, p. 373
CV
EDUCATION
Charles University in Prague:
2004 – Ph.D. in Romance literatures
1995 – Master´s degree in Italian and Spanish philology
TEACHING EXPERIENCE
Charles University in Prague:
2000- 2004 Lecturer in Italian Literature, from 2004 Senior Lecturer
2002-2011 deputy director of the Institute
AWARDS
Josef Jungmann´s award for the best Czech translation (2001, 2006)
Francesco Petrarca´s award for the best Italianistic thesis (1997)
PUBLICATIONS
Books
(ed.). Hořký život. Antologie současné italské prózy a dramatu (Bitter Life. Anthology of
Contemporaneous Italian Prose and Drama). Praha: Havran 2007, 369 p.
Protagonisté italského modernistického románu (Protagonists of Italian Modernistic
Novel). Praha: Univerzita Karlova v Praze 2004, 211 p.
PELÁN, J. et al. Slovník italských spisovatelu (Dictionary of Italian Writers). Praha:
Libri 2004, 751 p. Author of 170 headings
Italo Svevo a jeho literární postava (Italo Svevo and his Literary Character). Praha:
Pražsk{ imaginace 1997, 142 p.
Selected Studies
Karel Pol{ček: la Grande Guerra nell´imminenza di Auschwitz; In SENARDI, F. (ed.):
Scrittori in trincea. La letteratura e la Grande Guerra . Roma: Carocci editore 2008;
p. 86-93.
Těžké časy ve šťastných povídk{ch Vitaliana Brancatiho (Hard times in lucky short
stories of Vitaliano Brancati); In: GRAUOV[, Š. (ed.) : Liter{rní paměť a kulturní
identita. Praha: Torst 2008; p. 129-142.
Pirandello e Bergson. Il sentimento pessimistico dell´intuizione ottimistica In: DE
MICHELE, F., RÖSSNER, M. (eds.). Pirandello e l´identita Europea. Pesaro: Metauro
Edizioni S.r.l. 2007; p. 133-142.
Origin{lní život Ettora Schmitze (Original Life of Ettore Schmitz). In SVEVO, I.
Vědomí a svědomí Zena Cosiniho. Kutná Hora: Tichá Byzanc 2005, p. 389-406.
Author of afterword to her own translation of (selection):
Vasta, G. Il tempo materiale (2011)
Giordano,P. La solitudine di numeri primi (2009)
Moderata Fonte. Il merito delle donne (2007)
Pirandello, L. L´umorismo (2006)
Ammaniti, N. Io non ho paura (2005)
Tabucchi, A. La testa perduta di Damasceno Monteiro (2004)
Benni, S. Saltatempo (2003)
Email: [email protected]
GALLO, Cinzia
I nostri simili di Pier Antonio Quarantotti Gambini fra influssi sveviani e originalità
creativa.
La comunicazione intende analizzare I nostri simili di Pier Antonio Quarantotti
Gambini, mettendone in evidenza gli influssi della letteratura triestina, in particolare
di Svevo, e gli apporti originali del loro autore. Nei primi due racconti (I tre crocefissi e
Il fante di spade), infatti, rimanda a Svevo la contrapposizione fra due personaggi, il
protagonista e il «rivale»: Luigi e Pistacchio nel primo, Carlo e Maurizio nel secondo.
In entrambi i casi, poi, i protagonisti appaiono deboli, inetti, costretti a subire le varie
situazioni e la superiorità dei «rivali»: ne I tre crocefissi, Luigi, che vive in uno stato di
dissociazione fra gli istinti della sua mente e le sue azioni reali, è irretito, quasi senza
rendersene conto, in una trappola matrimoniale che determina in lui uno stato di
disagio, acuito dalla coscienza del tradimento della moglie con Pistacchio, per la
normalità della quotidianità. Ciò lo conduce, a testimoniare il rifiuto della società
borghese, ad isolarsi. Come però teorizza Svevo in L'uomo e la teoria darwiniana, l'inetto
non è necessariamente condannato alla sconfitta: Luigi, dopo la morte della moglie,
una vera e propria liberazione, trova per caso a Trieste, luogo salvifico, la possibilità di
riappropriarsi della vita.
Anche nel secondo racconto emergono i temi sveviani già ricordati: è portata in primo
piano la psiche del protagonista, l'inetto che riesce a beffare il suo colonnello, a
prendersi una rivincita sul suo rivale.
L'ultimo racconto, La casa del melograno, presenta maggiore originalità. Riporta ancora a
Svevo il problematico rapporto del protagonista, Guerino, con il padre ma
appartengono a Quarantotti Gambini la suggestione della campagna istriana - unita al
mito dell'italianità -, la proiezione verso il futuro, nella consapevolezza di dover
abbandonare un mondo ormai superato.
In tutti i racconti, inoltre, la narrazione è condotta sul filo della memoria, con la
conseguente mescolanza, di impronta sveviana, di più piani temporali.
CV
Dottorato di ricerca in Scienze letterarie e linguistiche (Università di Catania);
Post-dottorato, Università di Catania (anni 2002-2003);
Docente di Italiano e Latino nei Licei.
2) Partecipazione a Convegni:
Ha partecipato a convegni dall'ADI, dalla MOD, al Seminario Scandinavian Grand Tour
(Università di Bergen, novembre 2010), con la relazione Dalla Sicilia alla Scandinavia: le
note di viaggio di Natale Condorelli; al Congresso Internazionale From the Unity of Italians
to the Unity of Italics: the languages of Italicity around the world; (University of
Pennsylvania, aprile 2011), con la relazione Palomar di Italo Calvino e le sue influenze sui
media: il caso Alias; al Congresso Internazionale Giani Stuparich. Tra ritorno ricordo
(Trieste, ottobre 2011) con la relazione Giani Stuparich secondo Pier Antonio Quarantotti
Gambini.
3) Pubblicazioni:
- Secondo Ottocento minore e sconosciuto, Caltanissetta-Roma 1999;
- Il Verismo minore in Sicilia: teorie e "teorici" nel ventennio 1875-95, Acireale-Roma 1999;
- Lettere di Girolamo Ragusa Moleti, Acireale-Catania, Bonanno, 2000;
- "Padre Leonardo": la volontà di cambiamento nell'immobilismo, in S. A. Guastella, Padre
Leonardo, Acireale-Roma 2001;
- Nobiltà corrotta di Vincenzo Maugeri Zangàra, in "Siculorum Gymnasium", LIV, 1-2,
2001;
- Beatrice tra realtà e idealità nel dibattito culturale siciliano degli anni 1875-1910, in
"Siculorum Gymnasium", LVI, 2.
- Girolamo Ragusa Moleti collaboratore della rivista "Psiche", in Narrativa minore del secondo
Ottocento in Sicilia, Atti del Convegno (Messina, 11-13 dicembre 2003), Messina 2004.
- Lettere di Girolamo Ragusa Moleti ad Alessio Di Giovanni, in 7° Quaderno di studi
Digiovannei, Cianciana 2006;
- Progetto L.I.Re.S. I canti popolari di Corrado Avolio, in AA.VV., Progetto L.I.Re.S.,
Palermo 2006;
- Una dantista siciliana di fine Ottocento: Vincenzina Inguagiato, in Studi in onore di Nicolò
Mineo, "Siculorum Gymnasium", LVIII-LXI (2005-2008).
- Fra le 'rotte' del Decameron: le novelle siciliane, in La letteratura degli Italiani: rotte,
confini, passaggi, Lecce 2010.
Email: [email protected]
GEERTS, Walter
On ethos and ethics in Svevo.
It is often said that Svevo’s writings are situated largely outside the main literary
currents of their time. Does this mean his works are out of touch? In our opinion, the
contrary is true. Svevo thoroughly connects with his Zeitgeist and with society’s
changing rules of behavior and human interaction. How? Man’s ethos is at the heart of
Svevo’s oeuvre. In it he deals with a wide array of questions ranging from what could
be labeled ‚human ethology‛ to proper ethics. Human behaviour is the prime content
of what Svevo puts on paper, by whatever impulses or principles that behaviour may
be inspired. The difference, however, between the two categories , ‚instinctive‛ and
‚principled‛ behaviour, is seldom preserved. Some times the two spheres swap places
and moral conduct is presented as ethology, whereas the latter is presented as though
it would involve ethical considerations. Very often such distinctions are blurred in the
eyes of both the protagonist and the reader. Much effort is put in hiding the choices
that precede action. Why specific options are taken is frequently a question dealt with
after they were taken, once their effect in the material world – although not in the
moral mind – is long time gone. Though obsessed with human behaviour, Svevo is not
a philosopher nor an ethicist. His writings are a novelist’s and a dramatist’s creation.
As such, the rhetoric underpinning his texts converts his special version of casuistry
into poetics: a casuistry conveyed and repacked by the novel, or the drama. In front of
the reader’s puzzled mind a certain mechanism of decision making unfolds in which
ellipses are more frequent than sound reasoning. Whenever clarification is given, it
often rather appears as camouflage. We would like to elaborate on some aspects of this
special feature of Svevo’s literary endeavours: casuistry as poetics. Is it a constant
given throughout the author’s atypical career as a writer? Does it mature in the process
of Svevo’s creative work? Where are the roots of such ‚reasoning‛ to be found? its
fields of reference?
CV
Professor of Italian and Comparative Literature, University of Antwerp, Belgium, 1994
–
Currently Director of Academia Belgica in Rome (October 2003- ending 2012)
Selected papers on Italo Svevo :
"Svevo en porte-à-faux", in: D.Budor (ed.), Dire la création. La culture italienne entre
poétique et poïétique, Lille, Presses universitaires de Lille, 1994, 231-239
‚Tra il dire e il fare - Da Alfonso a Zeno", in: N.Cacciaglia e L.Fava Guzzetta (ed.), Italo
Svevo. Scrittore europeo, Firenze, Olschki, 1994, 243-252
"Posizione di Una Vita: Svevo, Nietzsche, la moda, la modernità", in: A.V., Italo Svevo
tra moderno e postmoderno, Ravenna, Longo, 1995, 107-115
« Italo Svevo », in : B.Van den Bossche, F.Musarra (eds.), Italiaanse literatuur na 1900
(Leuven, Peeters, 2002), 2 vols ; vol. 1, pp. 23-48
Entries for ‘Italo Svevo’, ‘La Coscienza di Zeno’, ‘Senilit|’, ‘Una Vita’, in: G.Marrone
(ed.), Encyclopedia of Italian Literary Studies (New York-London, Rotledge, 2007).
Email: [email protected]
GODIOLI, Alberto
Mockers, fools, victims: 'Una burla riuscita' and other jokes.
Laughter, in its various types, plays a capital role in the works of Italo Svevo – both as
a narrative device and as an object of representation. Una burla riuscita can be
considered as a key text in this respect: its short-story status fosters confrontation with
the traditional patterns of hoax tale, thus giving way to a bitter reflection about the
social meaning of mockery.
In my talk I would like to examine the functions of laughter in Svevo’s tale, with
particular regard to the relation between the inept (Mario Samigli) and his mocker
(Enrico Gaia). In order to underline the peculiar modernity of this text, it may be useful
to analyse its complex dialogue with tradition: my remarks will mostly concern some
previously undetected allusions to 19th-century narrators (Balzac, Dostoevsky). The
typological and intertextual notes will show the way Svevo builds on his models to
emphasize the hidden violence underlying the hoax, and to develop an original
apologue about the inescapable laws of social laughter.
I will then focus on some basic (and debated) questions suggested by the story: why is
Svevo so interested in comicity as a means of tribal violence? how do his thoughts
about sanity and illness relate to that? Some hypotheses will briefly be presented, also
through the analysis of other works: special attention will be given to Corto viaggio
sentimentale, Inferiorità, and to selected passages from Svevo’s novels.
CV
Education
2008-Present. PhD candidate in Contemporary Italian Literature, Scuola Normale
Superiore (Pisa).
2008. Second Level Degree («Diploma di licenza») in Modern and Contemporary
Italian Literature, Scuola Normale Superiore (Pisa). MA in Modern and Contemporary
Italian Literature, University of Pisa, with honours (110/110 cum laude).
Publications
1. Authored books
- «La scemenza del mondo». Riso e romanzo nel primo Gadda, Pisa, ETS, 2011
2. Edited works
- «Come (non) lavoriamo». EJGS Decennial Supplement, ed. by F. Pedriali, senior editorial
assistant A. Godioli, forthcoming (Supplement to «The Edinburgh Journal of Gadda
Studies» 7, 2011)
3. Journal articles
- Gadda and the reading public, in Come (non) lavoriamo, «The Edinburgh Journal of
Gadda Studies» 7, 2011, Decennial Supplement (forthcoming)
- Le ambiguit| dell’infinito. Aspetti cognitivi dei «Canti Orfici», «Italianistica» 3, 2011
(forthcoming)
- La figura dell’esule in Bassani: il paradigma della novella moderna, in «Studi
Novecenteschi» 1, 2011, 123-136
- Novella, pointe, modernismo. Gadda, «San Giorgio in casa Brocchi», in «Moderna» 2, 2010,
95-102
- La prima satira di Ariosto e la poesia delle corti padane, in «Italianistica» 2, 2010, 115-127
- «L'Omero del cristianesimo»: alcuni dantismi nei «Poemi Conviviali», in «Italianistica» 1,
2009, pp. 93-105
- «Era... un'idea fissa… la sua». Sulla satira di «San Giorgio in casa Brocchi», in «The
Edinburgh Journal of Gadda Studies» 5, 2007
- Citazione e allusività in «Laborintus» di Edoardo Sanguineti, in «Contemporanea» 2, 2004,
pp. 23-38
Main research interests
- The short-story form, mainly in its twentieth-century interpretations
- Humour and laughter in European fiction, between the nineteenth and twentieth
centuries
- Intertextual issues in twentieth-century Italian poetry
Email: [email protected]
GUBERT, Carla
Letture critiche di Senilità nelle riviste letterarie italiane degli anni Venti.
E’ risaputo che il caso Svevo, con la conseguente attenzione, seppur controversa, da
parte della critica italiana, scoppia piuttosto tardivamente, salvo alcune recensioni
positive da parte di Montale tra il 1925 e il 1926, come dichiarato nella prefazione alla
seconda edizione di Senilità dall’autore: «Ma per ritornare a Senilità debbo dire ch'essa
da noi trovò un acuto e affettuoso critico in Eugenio Montale che pubblicò uno studio a
me dedicato nell'‛Esame‛ (Novembre-Dicembre del 1925)».
La critica si è occupata della fortuna dell’opera sveviana in generale (come non
ricordare le accurate ricerche bibliografiche di Bruno Maier a partire dal 1951), e
dell’accoglienza di Senilità in particolare, basandosi, oltre che sugli epistolari,
soprattutto sul noto Omaggio a Svevo pubblicato a più voci sul fascicolo 3-4 del marzoaprile 1929 dalla rivista fiorentina «Solaria». Una consacrazione ufficiale un anno dopo
la morte dello scrittore e rimasta celebre per avere raccolto, caso unico fino a quel
momento, testimonianze provenienti da Italia e Francia in uno sforzo comune di
tributo postumo. Ma interessante, e poco studiata finora in modo sistematico, è invece
la lettura critica del romanzo Senilità apparsa su altre riviste letterarie come ad esempio
«La Fiera letteraria», «La Libra», «Pégaso». Attraverso lo spoglio sistematico dei
periodici dell’epoca, operazione possibile anche grazie al Progetto CIRCE (Catalogo
Informatico sui Periodici Culturali Europei - http://circe.lett.unitn.it), noto a livello
internazionale, è possibile valutare la ricezione del romanzo sveviano misurandone
l’incomprensione da parte dei suoi contemporanei, in un’Italia ancora frenata da un
provincialismo che guarda con diffidenza oltre le forme brevi della prosa lirica.
CV
Carla Gubert è professore aggregato e titolare della cattedra di Letteratura italiana
contemporanea presso la Facolt| di Lettere e Filosofia dell’Universit| degli studi di
Trento nonché membro della Scuola di Dottorato in Studi Umanistici. Dal 2005 dirige il
Laboratorio di ricerche informatiche sui periodici culturali europei ed è responsabile
scientifico del Progetto CIRCE (Catalogo Informatico delle Riviste Culturali Europee),
un importante centro di documentazione, studio e conservazione digitale delle
pubblicazioni periodiche del XX secolo che ha avuto per quattro volte consecutive il
riconoscimento quale progetto di ricerca di interesse nazionale (Prin). È autrice del
volume Un mondo di cartone. Nascita e poetica della prosa d'arte nel Novecento (2003) e,
oltre a numerosi articoli sulla letteratura italiana del Novecento, ha pubblicato come
curatrice Le riviste dell'Europa letteraria (2002), Frammenti di Europa. riviste e traduttori del
Novecento, prima, seconda e terza serie (2003, 2005, 2011) e La scoperta della poesia (2008).
Email: [email protected]
GUIDA, Patrizia
La traduzione tedesca di La coscienza di Zeno.
‚Confesso che non so come se la siano cavata i traduttori di Senilit| e della Coscienza
di Zeno. Certo avranno evitato gli anacoluti di un autore che guardò sempre con
invidia alla lingua toscana e fu in questo più purista degli odierni antipuristi.‛ Così
scriveva Montale a Italo Svevo intuendo le difficoltà che i traduttori avrebbero avuto
nel tradurre in un’altra lingua la ‚singolarit| espressiva‛ e le ‚originalissime
soluzioni‛ della scrittura sveviana. Il presente saggio propone un’analisi della
traduzione tedesca di Rismondo (Rheinverlag 1929) della Coscienza di Zeno,
limitatamente, in questa sede, al capitolo Il fumo.
La scrittura di Svevo viene generalmente considerata originale a causa delle
‚singolarit| espressiva‛ e delle ‚originalissime soluzioni‛. Conseguentemente, la resa
in tedesco del romanzo risulta difficile dal momento che l’italiano avventizio di Svevo
apre una serie di possibilità interpretative da parte del traduttore. A cominciare dal
titolo, solo per citare un esempio, che nella versione tedesca di Rismondo diventa Zeno
Cosini, invece che Zenos Gewissen (come sarà tradotto da Barbara Klein per l’edizione
tedesca del 2009), che risponde ad una prima scelta interpretativa del traduttore.
Per l’analisi comparativa tra la traduzione tedesca e il testo originale mi servirò del
carteggio, in gran parte inedito, tra Rismondo e Svevo. Le lettere riportano i
suggerimenti interpretativi di Rismondo, le sue difficoltà, le richieste di delucidazione
e gli interventi di Svevo sulle scelte lessicali ed interpretative del traduttore tedesco.
Dalle lettere di Rismondo si evince anche l’intervento di altri traduttori della casa
editrice sulla prima bozza di traduzione, che furono fortemente criticati sia dallo stesso
Rismondo che da Svevo, in quanto alteravano profondamente il senso di alcuni brani
del testo originale. Dal carteggio di Rismondo si deduce, infatti, il controllo che
l’autore della Coscienza volle esercitare sulla edizione tedesca del romanzo, che,
tuttavia, uscì solo nel 1929, un anno dopo la sua morte.
CV
Prof. Agg. di Lett. Ital. Contemporanea presso la Facoltà di Lingue e Letterature
dell’Universit| del Salento.
Visiting scholar presso la Princeton University NJ, USA (1987-1988)
Laureata presso l’Universit| degli Studi di Bari nell’a.a. 1985-1986.
Dottore di ricerca in ‚Italianistica‛ (a.a. 1985-1986).
Membro del Comitato Scientifico della rivista ‚Symbolon. Nuova serie‛.
Co-direttore della collana ‚Filigrana‛ della Editrice PensaMultimedia.
Vice-Direttore del Centro Linguistico di Ateneo dal 2001;
Pubblicazioni principali
Monografie
Invisible Women Writers in Exile in the U.S.A., Peter Lang Publishing Inc., New York,
USA 1999 (pp. 1-180)
Letteratura femminile del Ventennio fascista, Pensa Editore, Lecce, 2000, (pp. 9-311)
Oltre la linea gotica e oltre l’ideologia. «Il Mondo» di Bonsanti, Pensa Editore, Lecce, 2002
(1-173)
Francesco Jovine. Scritti critici (1927-1950), Lecce, Milella, 2004 (pp. 9-883)
Scrittrici di Puglia. Percorsi di storiografia letteraria femminile dal XVI al XX secolo,
Galatina, Congedo, 2008 (pp. 3-494)
Curatele
Girolamo Comi. Atti del Convegno internazionale, Lecce-Tricase-Lucugnano 18-20 ottobre
2001, Edizioni Milella, Lecce, 2002.
Il segreto della scrittura nella poesia del Novecento, in Il segreto della scrittura, a cura di G.
Scianatico e P. Guida, PensaMultimedia, Lecce 2010.
Riviste e libri
Raccontare il disagio: I segni del mal-essere giovanile nella narrativa femminile degli anni
Novanta, in Levabili raccontate nelle letterature del Novecento, a cura di C. A. Augieri,
Lecce, Manni, 2005, pp. 350-361.
Scrittura di sé e parola del corpo, in Progetti e bisogni e progetto di sé, a c. di M. Forcina,
Lecce, Milella, 2005, pp. 73-84.
Scrittura femminile negli anni del Neorealismo, in In un concerto di voci amiche. Studi di
Letteratura italiana dell’Otto e Novecento in onore di Donato Valli, Tomo secondo a cura di
A. L. Giannone, Galatina, Congedo editore, 2008, pp. 865-883.
Alcune note sulla scrittura femminile in Puglia dal Rinascimento al Novecento, in Salento da
leggere, a cura di A. L. Giannone e E. Filieri, Lecce, Lupo Editore, 2008, pp. 179-190.
Il segreto della scrittura nella poesia del Novecento, in Il segreto della scrittura, a cura di G.
Scianatico e P. Guida, PensaMultimedia, Lecce 2010.
Voce e vocativo nella solitudine: sulla presenza femminile nei versi di Salvatore Quasimodo, in
corso di pubblicazione su ‚Italica‛.
Email: [email protected]
GUTHMÜLLER, Marie Christine
L’economia di veglia e sonno nell’opera di Italo Svevo.
Poiché nella ricerca su Svevo il rapporto fra la sua opera ed i discorsi filosoficoscientifici sulla vita dominanti fra Ottocento e Novecento si è discusso solo
occasionalmente, ci si propone di rileggere i testi di Svevo e su questa base di
esaminare come nei suoi racconti e romanzi vengano elaborate (ironizzate, confutate)
le concezioni della vita di allora. Particolare interesse sar| dato all’economia della forza
vitale, argomento prediletto da una gran parte di narratori e protagonisti sveviani, e
alla sua applicazione ai fenomeni del sonno e della vita onirica. Iniziando con il primo
romanzo Una vita (1892), in seguito in racconti come ‚Ombre notturne‛ e ‚Lo specifico
del dottor Menghi‛ fino alle ultime ‚Continuazioni‛, i personaggi sveviani sembrano
non solamente prestare un’attenzione particolare al loro consumo di forza vitale, ma
paiono anche applicare le riflessioni sulla propria ‘economia vitale’ all’equilibrio
spesso precario tra sonno e veglia nell quale si trovono. In questo contesto nasce la
questione se la vita si consumi in modo più intenso e più veloce durante il sonno o
durante la veglia – e quali deduzioni si possano trarre da tali osservazioni per la
‘psicologia sveviana’ e le sue implicazioni con il pensiero freudiano.
CV
Education:
1997 Maîtrise en histoire, Paris IV, Nouvelle Sorbonne.
1999/2000 M.A. & Teaching Certificate for secondary level in French, History and
German (Albert-Ludwig University of Freiburg).
2007 PhD in French literature: "Fighting for the Author. Dissociation and Interactions
between French Literary Criticism and Psychophysiology, 1858-1910" (University
of Osnabruck).
Career
2002-2007 Assistant Lecturer and Researcher (Dep. of Romance Languages and
Literature, Osnabruck).
2001-2003 Assistant Researcher „Aesthetical Knowledge in the Light of the Relation
between Cultural and Natural Sciences‚ (ZFL, Berlin).
2007/2008 Assistant Lecturer and Researcher (Department of Romance Languages and
Literature, Bochum).
2008 until today: Primary investigator in the project ‚Oltre Freud? The Dream and the
Knowledge about Dreams in Italian modern age" (own project, funded by the
German Research Foundation, Bochum).
Selected publications
Books:
Schwindend schreiben. Briefe und Tagebücher schwindsüchtiger Frauen im Frankreich
des 19. Jahrhunderts. Köln 2011. (written with S. Goumegou und A. Nickenig
Traumwissen und Traumpoetik. Onirische Schreibweisen von der literarischen Moderne
bis zur Gegenwart, Würzburg 2011. (ed. with S. Goumegou)
Der Kampf um den Autor. Abgrenzungen und Interaktionen zwischen französischer
Literaturkritik und Psychophysiologie 1858-1910. Tübingen 2007.
Ästhetik von unten. Empirie und ästhetisches Wissen. Tübingen 2006 (ed. with W.
Klein).
Articles in books ands reviews:
Optimierung und Authentizität. Zu Psychopharmaka und autobiographischer
Literatur in Frankreich und den USA (Marie Cardinal, Lauren Slater), in: Katja
Sabisch-Fechtelpeter, Anna Sieben, Jürgen Straub (Hgg.): Menschen machen. Die
hellen und dunklen Seiten humanwissenschaftlicher Optimierung. Bielefeld 2011.
Der Traum im psychopathologischen Fallbericht des 19. Jhd,: Macario, Maury,
De Sanctis. In: Rudolf Behrens, Carsten Zelle (Hgg.): Der ärztliche Fallbericht.
Epistemische Grundlagen und textuelle Strukturen dargestellter Beobachtung.
Wiesbaden 2011.
Zenos Triebökonomie. Zum Haushalt des Begehrens in Italo Svevos La coscienza
di Zeno. In: Scientia Poetica 13 (2009), 135-170.
‘Structures de violence’ - Cannibale de Bolya Baenga. In: Anne BegenatNeuschäfer, Jean-Marie Kouakou (Hgg.): Nouvelles tendances du conté et du narré
en langue française en Afrique de l‘Ouest. Frankfurt am Main u.a. 2011.
Wirt und Gast? Interaktionen zwischen Literaturkritik, Psychologie und
Medizin, 1890-1910. In: Bernhard Dotzler, Henning Schmidgen (Hgg.): Parasiten
und Sirenen. Zwischenräume als Orte der materiellen Wissensproduktion. Bielefeld
2008, 21-48.
Email: [email protected]
JURISIC, Srecko
La fenomenologia dell’inetto da D’Annunzio a Svevo.
La galleria dei protagonisti esibita dal D’Annunzio romanziere si pone,
apparentemente, agli antipodi rispetto agli inetti sveviani. Ciò è vero soltanto in parte e
soltanto se per D’Annunzio si accettano le categorie critiche della manualistica corrente
che lo vedono ancorato all’estetismo epidermico come l’unica modalit| di scrittura. La
prosa dannunziana dei romanzi (ma anche di una parte delle prose giornalistiche, del
teatro e delle novelle) esibisce uno sperimentalismo psicologico e filosofico che
riflettono una precoce coscienza della crisi e della decadenza. Tali evoluzioni poetiche
non possono che dare vita a dei personaggi imperfetti: il goffo tentativo di muovere
sulla pagina dei personaggi ‚a tesi‛ porta allo svelamento dello scacco
dell’inettitudine. Al di l| delle coincidenze cronologiche (gli assassini ‚dostoievskiani‛
dei due autori, il Giovanni Episcopo dannunziano (1892) e L’assassino di Via
Belpoggio sveviano (1890)) la prosa di entrambi denota l’impegno nella descrizione di
diverse classi sociali, con l’attenzione ai particolari minuti caratterizzanti un
personaggio, la capacit| di rappresentazione completa della figura umana, l’attenzione
con cui viene reso un ambiente, (la Roma dannunziana e Trieste in Svevo), nella varietà
delle stagioni; tutti questi aspetti interessano Svevo e D’Annunzio solo relativamente,
come riflessi sull’intimo dei protagonisti determinandone l’ambiguo rapporto col
mondo esterno. Infatti, sia i flebili ‚superuomini‛ dannunziani che gli inetti sveviani
incapaci di affrontare la realtà si autoingannano, cercano di camuffare la propria
sconfitta con una serie di atteggiamenti psicologici inutili: è la vita ambigua e
imprevedibile contro la quale a nulla vale l’autoinganno ad avere partita vinta, ed alla
fine essa, salvo rare eccezioni, stritola i protagonisti dei romanzi di Svevo e di
D’Annunzio, che in comune hanno la totale inettitudine a vivere.
CV
Affiliazione accademica: Vicedirettore del Dipartimento di Italianistica, Facoltà di
Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Spalato (Croazia)
Breve CV: Srecko Jurisic è ricercatore confermato di Letteratura italiana presso il
Dipartimento di Italianistica dell’Universit| di Spalato, dipartimento di cui è
vicedirettore. Si occupa prevalentemente di Otto-Novecento italiano (D’Annunzio e
Pirandello su tutti) e del giallo all’italiana (Camilleri). Su questi argomenti ha
pubblicato numerosi saggi su riviste nazionali e internazionali (Critica letteraria,
Bollettino di Italianistica, Sincronie, Italies, Narrativa, Esperienze letterarie, Studi medievali e
moderni ecc.). È uno dei traduttori di D’Annunzio e Pirandello in lingua croata. Ha
curato il volume di Novelle sparse di D’Annunzio (Roma, Bel-ami, 2010) e, sempre di
D’Annunzio, Episcopo & Co., (Firenze, Barbés, 2011). Sta attualmente curando un
volume di saggi dal titolo L’omicidio nella letteratura italiana del XX.
Email: [email protected]
LA PORTA, Filippo
Italo Svevo - Sandro Veronesi: la via italiana al tragico.
Svevo e Veronesi rientrano in una italianissima elaborazione del tragico attraverso
l’ironia, la leggerezza della narrazione e il tono della commedia, conservando però del tragico - una percezione disincantata dell’esistenza, del nulla che sottende le
nostre relazioni sociali e la ‚civilt|‛ stessa (e ovviamente tenendo conto delle rilevanti
differenze di formazione, cultura, epoca storica, esiti letterari<). Il protagonista che
attraversa le loro rispettive opere (benché con nomi diversi) - insidiato dal fallimento,
e poi sentimentale e arido, inetto e velleitario - ‚duella‛ incessantemente con la
propria maschera (Pampaloni su Svevo), in modi via via comici o drammatici, entro
una commedia degli equivoci inesauribile che non rinuncia però a cercare una
ulteriore verità morale. In un certo senso scandisce i capitoli di una ‚autobiografia
della nazione‛ che ritroviamo nella antropologia della nostra letteratura novecentesca.
Al di là di precise analogie tematiche (l’ossessione della famiglia, del rapporto
genitori-figli, l’interesse per il mondo degli affari, poi sia Zeno che il Gianni della Forza
del passato provano a smettere di fumare, mentre nel recente XY c’è una critica della
psicanalisi<) i loro personaggi, scettici sulla possibilit| di conoscere alcunché del
reale, tentano di abbandonarsi al fluire degli eventi, semplicemente assecondandone
l’inclinazione: una singolare, quasi istintiva arte del vivere che si traduce in nonscelta, rifiuto del rischio, ipocondria, sospensione< Eppure - insisto su questo punto il tragico benché dissimulato nel ‚codice‛ della commedia, si manifesta per intero:
come impossibilit| di ‚chiudere‛ le contraddizioni, come scarto ineliminabile tra
essere e apparire, tra finzione e realtà, come presentimento apocalittico e presagio di
un male radicale.
CV
Insegnamento: Lavora a contratto con università e istituti
Collaborazioni: Collabora regolarmente a ‚Corriere della sera‛, , ‚Messaggero‛,
Domenicale‛ del ‚Sole 24 ore‛, ‚Espresso‛. Ha una rubrica sul settimanale ‚Left‛.
Collabora abitualmente a Radiotre.
Pubblicazioni:
La nuova narrativa italiana(1995 e nuova edizione 1999) Bollati Boringhieri
Non c’è problema. Divagazioni morali su modi di dire e frasi fatte Feltrinelli 1997
Manuale di scrittura creatina Minimum Fax 1999
Narratori di un Sud disperso L’Ancora 2000
Pasolini, uno gnostico innamorato della realtà Le Lettere 2002
L’autoreverse dell’esperienza. Euforie e abbagli della vita flessibile (Bollati Boringhieri 2005)
Maestri irregolari(Bollati Boringhieri 2007); vincitore del premio De Lollis di Chieti
Dizionario della critica militante, con Giuseppe Leonelli(Bompiani 2007)
Diario di un patriota perplesso negli Usa e/o 2008
E’ un problema tuo, Gaffi, 2009
Uno sguardo sulla città(Donzelli) – 23 interviste a scrittori italiani sulla loro città
(Donzelli 2010)
ristampa (con nuova nota) di Pasolini, uno gnostico innamorato della realtà(Le Lettere
2010)
Meno letteratura, per favore(Bollati Boringhieri, 2010).
In corso di pubblicazione(tra il 2011 e il 2012):
Poesia come esperienza(Fazi)
Pasolini(Il Mulino)
Roma – La città dove tutto non finisce di finire(Laterza)
Ha inoltre curato
Racconti italiani d’oggi Einaudi Scuola 1997
Il dovere della felicità
Baldini & Castoldi
Suoi saggi sono presenti nelle raccolte
Patrie impure, Rizzoli, 2002
Il banco dei cattivi(Donzelli 2006)
E’finita la controra(Manni 2009), antologia di nuova narrativa pugliese.
In inglese:
"The Horror Picture Show and the Very Real Horrors: about the Italian Pulp" in
Stefania Lucamante, ed. The New Narrative of the Giovani Cannibali Writers 57--75
(Fairleigh UP, 2001)...
An essay about Elsa Morante and Pasolini in a miscellaneous book that will be
published by Purdue UP in 2004..
Ha svolto conferenze, nella seconda met| degli anni ’90 in varie universit|
americane(Georgetown, NYU, Yale<) e istituti di cultura(New York, Washington).
Da marzo ad agosto 2007 borsa Fulbright di ricerca a New York presso università
Fordham di New York
Email: [email protected]
LANSLOTS, Inge & VAN DEN BOGAERT, Annelies
L’inettitudine dai margini: Pressburger dialoga con Freud tramite Svevo.
Il presente contributo propone una lettura dell’ultimo romanzo dello scrittore italoungherese Giorgio Pressburger, Nel regno oscuro (Milano: RCS (‚Romanzi e racconti‛),
2008), alla luce della sua parentela con il romanzo sveviano. Come avviene in La
coscienza di Zeno, Nel regno oscuro si presenta al lettore come un viaggio terapeutico che
il protagonista, che all’interno della sua storia rimane anonimo, intraprende in
compagnia della sua guida, il dottor Freud. Invece di concentrarsi sui grovigli della
propria vita poco sana, che gli impediscono di avere un rapporto sereno con i parenti e
i cari, il protagonista – e l’io narrante della propria terapia – indaga il Male avvenuto
nel corso del Novecento. Così passa in rassegna in modo non (crono)logico quei
protagonisti storici del secolo scorso che avrebbero potuto fare il bene, ma che invece si
sono rivelati spietati carnefici da una parte e, dall’altra, personaggi storico-letterari
perseguitati a cui il Male si è imposto nelle forme più variegate. Nella riesplorazione
tortuosa del Novecento riaffiorano luoghi biografici che si riallacciano alla cultura
mitteleuropea – il titolo del romanzo è un omaggio esplicito al romanzo di Goethe.
Una componente polifonica si iscrive nella scrittura terapeutica del romanzo che
appartiene al genere dell’autofinzione, ma tramite il fitto apparato delle note spunta
anche la figura dell’autore stesso, di madrelingua ungherese, che si analizza a sua volta
sdoppiandosi ulteriormente. Le confessioni di Nel regno oscuro, provenendo da più
istanze, cioè storiche, finzionali e autobiografiche, si confondono in una scrittura simile
ad un flusso di coscienza che avvolge uno spaziotempo non realistico ma metaforico e
‚misto‛. Nel regno oscuro viene quindi caratterizzato da una ibridazione narratologica e
svela una ricerca identitaria stratificata di un io multiplo, oggetto di inettitudine e
fallimenti che dialoga con un personaggio sveviano, che, secondo l’autore, rimane
invisibile. In Nel regno oscuro l’autodiegesi, gi| presente in La coscienza di Zeno, si
complica ulteriormente ma segna anche una nuova tappa della vera esistenza che
progressivamente diventa meno incurabile. Una tappa che l’io raggiunge scavando nel
Male, fonte della propria malattia.
CV
Inge Lanslots (Lessius – Università di Lovanio, Università di Anversa)
Sotto gli auspici del professore Walter Geerts ha iniziato una ricerca di dottorato sulla
nozione del tempo nella letteratura contemporanea, dal titolo Gli orologi molli. La
narrativa italiana contemporanea e la conoscenza del tempo, ricerca conclusasi nel 1998.
Specializzatasi nella narrativa italiana contemporanea, ha scritto vari contributi su più
autori (quali Baricco, Buzzati, Calvino, Camilleri, De Luca, Eco, Ortese, Tabucchi), ma
anche sul giallo, sui (cant)autori, sulla fantascienza, sui fumetti e sulla cultural memory
nella narrativa contemporanea.
Ora è docente d’italiano presso Lessius (Universit| di Lovanio) e l’Universit| di
Anversa (UA).
Annelies Van den Bogaert (Artesis – Università di Anversa)
Nata il 14 aprile 1971.
Laureatasi in ‚filologia romanza‛ all’Università di Anversa (UA).
Sotto gli auspici del professor Walter Geerts sta preparando una ricerca di dottorato
sul significato della musica nell’opera narrativa di alcuni scrittori contemporanei. In
questo contesto ha scritto contributi su Capriolo, Baricco e Pressburger.
Ora insegna l’italiano presso l’Artesis Hogeschool, un Istituto Superiore per Interpreti
e Traduttori ad Anversa, e all’universit| di Anversa (UA).
Email: [email protected] [email protected]
LIVORNI, Ernesto
La critica di Svevo su Joyce e risvolti sulla sua narrativa.
Come è noto, la presenza di Svevo e dei suoi familiari, a cominciare dalla moglie dello
scrittore, nella sperimentazione linguistica e narrativa di Joyce non ha bisogno di
essere sottolineata. Meno noto è lo scambio intellettuale tra i due sul versante di Svevo.
Nella relazione, intendo discutere la conferenza che Svevo preparò su Joyce dietro
invito di Ferrieri e che tenne a Milano nel febbraio 1927. Nell'analisi sia del carteggio
con quest'ultimo, che soprattutto della conferenza sullo scrittore irlandese, metterò in
risalto quegli aspetti della narrativa di Joyce su cui Svevo si sofferma e che risultano
essere cruciali anche per la sua scrittura. Questa conferenza di Svevo su Joyce è molto
utile almeno su due versanti: da una parte, aiuta ad inserire lo scrittore triestino
nell’ambito di un dibattito intellettuale in Italia che finalmente cominciava a
riconoscerlo come esponente di rilievo ed in contatto con altre culture (in un primo
momento, la conferenza avrebbe dovuto essere su Freud); d’altra parte, aiuta a capire
la profonda riflessione che lo scrittore triestino condusse sulle opere dello scrittore
irlandese; inoltre, essendo elaborata poco tempo prima della prematura scomparsa di
Svevo, finisce per essere un punto riassuntivo sullo scrittore irlandese, ma anche sulle
prospettive narrative che Svevo stesso aveva a quel punto ampiamente maturato e che
cominciavano ad essere conosciute anche all’estero. Nella conferenza e soprattutto
nella corrispondenza che Svevo coltivò in preparazione di quella soprattutto con Enzo
Ferrieri (che l’aveva invitato a tenerla), tornano a circolare immagini che
accompagnano Svevo dall’inizio della sua scrittura, sin dal suo primo romanzo, e che
emergono per l’appunto, e forse non a caso, nella corrispondenza con la moglie.
Quindi, passerò a trattare esempi soprattutto dalla narrativa breve (racconti,
‚Soggiorno Londinese‛, ‚La novella del buon vecchio e della bella fanciulla‛, teatro,
ma anche i materiali per il quarto romanzo mai realizzato) e dalla corrispondenza.
Inoltre, prenderò in considerazione gli scritti su Svevo che apparvero in inglese anche
per mano di Stanislaus Joyce, nonché l’introduzione di quest’ultimo alla traduzione in
inglese di Senilità.
CV
Ernesto Livorni is Professor of Italian Language and Literature, and Affiliate of
Comparative Literature, at the University of Wisconsin – Madison. After his degree in
Letters and Philosophy at the University of Urbino, in Italy, he received his Ph.D. in
Comparative Literature at the University of Connecticut in 1990. He taught at Yale
University from 1988 to 2000, when he joined the University of Wisconsin.
Livorni’s scholarly publications include Avanguardia e tradizione: Ezra Pound e
Giuseppe Ungaretti (Florence: Casa Editrice Le Lettere, 1998) and T. S. Eliot, Montale e
la modernità dantesca (Florence: Casa Editrice Le Lettere, forthcoming). He also
translated into Italian and edited Ted Hughes, Cave-Birds: Un dramma alchemico
della caverna (Milan: Arnoldo Mondadori Editore, 2001).
Livorni’s critical activity, although privileging the investigation of modernity,
does not shy away from the reading of the classical authors: He has published more
than thirty articles in Italian and in English on medieval, modern and contemporary
Italian literature (authors include Giovanni Papini, Gabriele D’Annunzio, Filippo
Tommaso Marinetti, Clemente Rebora, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo,
Mario Luzi, David Maria Turoldo, Nanni Balestrini, Antonio Tabucchi), English and
American literature (James Joyce, Ezra Pound), Italian-American literature (John
Fante), and comparative literature.
Livorni has published three collections of poems: Prospettiche illusioni (19771983) (Pescara: Edizione Tracce, 1987), Nel libro che ti diedi. Sonetti (1985-1986)
(Udine: Campanotto Editore, 1998) and L’America dei Padri (Lecce: Manni Editore,
2005; the translation into English by Jason Laine forthcoming). A fourth collection,
Onora il Padre e la Madre, is forthcoming.
Livorni is the founding editor of L’ANELLO che non tiene: Journal of Modern
Italian Literature, which began publication in 1988, and was the co-editor of the review
YIP: Yale Italian Poetry (1997-2000).
Email: [email protected]
LÜDERSSEN, Caroline
Per una poetica del melodrammatico in Senilità.
Trieste, le sue strade e le sue piazze e i suoi spazi sociali sono una parte integrante del
tessuto narrativo del romanzo ‚Senilit|‛ di Italo Svevo. La disposizione psichica del
protagonista Emilio Brentani si esprime e viene narrata con le sue passeggiate
stancanti, la coscienza di Emilio iscrivendosi, per così dire, nella topografia della città.
La narrazione quasi teatrale delle inquietudini ansiose di Emilio suggerisce
un’interpretazione dell’inettitudine del personaggio sveviano in chiave
melodrammatica. Il melodrammatico, da definire come relativo all’ambito del
melodramma come pure, in una prospettiva più generale, come „caricato di tinte e toni
calcatamente patetici o tragici‚ (Devoto/Oli), può servire in un quadro di critica
testuale come categoria culturale e psicologica. L’ipotesi di una poetica sveviana del
melodrammatico si aggancia a tre punti essenziali del romanzo. In primo luogo, la
tecnica narrativa di certi brani del romanzo è sottoposta ad un’analisi drammaturgica
rispetto alla tipologia del melodramma. La descrizione della visita in teatro di Emilio e
Amalia e le reazioni diverse dei due allo spettacolo è indicativa di una consapevolezza
dell’autore a riguardo del tema. In secondo luogo una certa arcaicità del registro
linguistico potrebbe essere interpretata come l’indicazione a riferimenti al linguaggio
del libretto d’opera ottocentesco. In terzo luogo, il comportamento di Emilio porta
tratti melodrammatici non solo nel senso divulgativo della parola, ma anche in quanto
segno di una identità simulata e cioè instabile e costruita. Il modo melodrammatico
così, forse paradossalmente, aiuta a dare forma al self-fashioning in uno dei primi
romanzi italiani moderni.
CV
Caroline Lüderssen, nata nel 1964 a Francoforte sul Meno, studia Letteratura Inglese e
Italiana e Musicologia presso le Università di Francoforte, Bonn e Aberdeen. Dottorato
di Ricerca1999 con una tesi sulle opere shakespeariane di Giuseppe Verdi („Giuseppe
Verdis Shakespeare-Opern: Musik als verborgener Text‚, Bonn 2001). Libera docenza
2010 (Facolt| di Filologie moderne dell’Universit| di Heidelberg) con uno studio sul
libretto d’opera italiano fra il 1963 e il 1984 („La virtù semantica. Ästhetische Konzepte
des Librettos im italienischen Musiktheater nach 1960‚). Redattrice della rivista di
studi italiani „Italienisch‚ e docente all’Universit| di Heidelberg. Pubblicazioni sulla
Letteratura Contemporanea Italiana, Letteratura dell’emigrazione, Opera lirica, Teatro.
Pubblicazioni recenti: „Mythos und Erfahrung: Salvatore A. Sanna im Dialog mit
Cesare Pavese.‚, Das Gesetz der Osmose. Salvatore A. Sanna zum 70. Geburtstag, a
cura di C.L. e Cristina Ricca, Tübingen: Gunter Narr Verlag 2004, p. 57–68;
„Shakespeares Othello in Italien und Deutschland. Parallelen und Differenzen der
Rezeption.‚, Marcus Chr. Lippe (a cura di): Oper im Aufbruch. Gattungskonzepte des
deutschsprachigen Musiktheaters um 1800. Kassel: Gustav Bosse Verlag 2007, p. 251–
266; „Alessandro Baricco: Novecento. Un monologo‚. Manfred Lentzen (a cura di):
Italienisches Theater des 20. Jahrhunderts in Einzeldarstellungen. Berlin: Erich Schmidt
2008, p. 378–390.
Email: [email protected]
LUNZER, Renate
Superuomini alla rovescia. La teoria dell’antiselezione etica di Giorgio e Guido
Voghera.
Nel 1961 Linuccia Saba, la figlia del poeta, fece pubblicare presso l’editrice Einaudi un
ampio testo dal titolo Il segreto, ove in corrispondenza del nome dell’autore compariva
un Anonimo Triestino. Il libro, uscito con un alone pragmatico così insolito, suscitò
scalpore e infine si credette di aver identificato l’autore nell’agente di assicurazioni
Giorgio Voghera, triestino, che comunque per tutta la sua vita indicò suo padre Guido
come il vero autore dell’opera. Il segreto, anche a causa della sua ‚quasi maniacale
coerenza‛ (Magris) nell’autoriflessione, è senz’altro un documento letterario sui generis,
una tappa indimenticabile nella casistica europea dell’amore: il modello dettagliato di
una voluta sconfitta, la consequenziaria dissociazione delle energie vitali eros e sexus
da parte di un misogino innamorato e la loro trasformazione ‚in una calcolata
geometria della rinuncia‛. Anche se oggi non ci possono più essere dubbi quanto
all’attribuzione dell’opera a Giorgio Voghera, in un certo senso non era sbagliato
considerarla un palinsesto nel quale l’anziano racconta la storia del giovane. Palinsesti
sono tuttavia anche il Pamphlet postumo (1967) di Guido Voghera - dov’è
compattamente codificata la teoria dell’antiselezione etica sulla via del successo - e
larga parte dell’œuvre del figlio Giorgio; traspare sempre la scrittura dell’uno sotto
quella dell’altro, innanzi tutto nelle strutture filosofiche portanti del discorso, che sono
costitutive anche per la comprensione de Il Segreto. Per quanto si cerchi di occultare il
rapporto esistente tra ‚capacit|‛ e ‚mancanza di scrupoli morali‛, dice il Pamphlet, vale
la legge empirica che ‚moralit| e successo individuale sono inversamente
proporzionali‛.
È possibile vedere nei Voghera, come fa Cesare Cases, due campioni di quegli
inetti triestini non all’altezza della vita, inibiti nell’azione, per come ci sono stati
tramandati in modo esemplare nei romanzi di Italo Svevo. Sarebbe comunque da
discutere – anche in base a nuovi documenti messimi a disposizione - quanto sia
riduttivo questo giudizio, quanto antistoricismo austriaco-mitteleuropeo e quanta
secolare esperienza ebraica del dolore siano confluiti nella malinconica ontologia dei
due anti-eroi triestini
CV
Nata a Vienna. Docente di letteratura italiana e teoria della traduzione presso l’Istituto
di lingue e letterature romanze dell'Università di Vienna.
Studi di filologia classica, lingua e letteratura tedesca e italiana all'Università di
Vienna; soggiorni di studio in varie università italiane. Si occupa in particolare di:
contatti e conflitti culturali italo-austriaci dal 1880 in poi; letteratura giuliana;
letteratura italiana relativa alla prima guerra mondiale e al periodo tra le due guerre.
Numerose pubblicazioni sulla letteratura italiana moderna e su questioni bilaterali in
tedesco e italiano. Attività di traduttrice letteraria (Magris, Stuparich, Voghera).
In volume:
Triest. Eine italienisch-österreichische Dialektik, Klagenfurt 2002; Tracce di storia italiana a
Vienna, Vienna 2002; Irredenti redenti. Intellettuali giuliani del ´900, Trieste 2009 (Premio
Roma 2010)
Email: [email protected]
MARASCO, Chiara
«Il presente dirige il passato come un direttore d’orchestra i suoi suonatori». Le
avventure della memoria nelle pagine dell’ultimo Svevo.
Protagonista dell’ultima produzione sveviana è la ‘vecchiaia selvaggia’, una
dimensione che, come quella infantile, è ‚fuori dall’et|‛ «dispensata dalle convenzioni
che l’esistenza sovrappone ad ogni originalit|», più adatta a cogliere la fluida
superficie della vita, ad accettare il carattere ermeneutico del divenire. Il vegliardo
prova a truffare madre natura, prima con un’operazione di ringiovanimento, poi con
un’avventura erotica, per poi rendersi conto di essere fuori posto e che quella che
prima sembrava fosse la vita «era invece una specie di morte» 1. Rassegnato alla propria
debolezza ontologica e consapevole della mancanza di un senso ultimo dell’esistenza,
ha bisogno ora del raccoglimento per conciliare il tempo misto della vita con i tempi
puri della grammatica. L’esito di questa sintesi, che non può più essere quella conclusa
del romanzo, sarà il frammento, unica forma aperta della scrittura.
Tutti i vegliardi fanno passare l’ultimo anelito di vita attraverso la scrittura: anche le
cose non raccontate attraverso i silenzi della pagina, le omissioni e gli spazi vuoti
assumono un significato, sottratti ad ogni disordine: «Il tempo vi è cristallizzato e lo si
ritrova se si sa aprire la pagina che occorre. Come in un orario ferroviario»2.
Il tempo, che nelle Continuazioni Zeno chiama la sua ‘specialit|’, tanto da arrivare a
teorizzarne una sorta di grammatica, assume un rilievo particolare e forme talvolta
inconsuete: il tempo «non è quella cosa impensabile che non s’arresta mai»3, può
percorrere all’indietro i labirinti del passato, ma non è mai veramente il tempo vissuto,
ma solo una costruzione incompleta, parziale. Attraverso la scrittura il tempo varca i
confini della memoria4: il passato incombe sul presente, diventa la memoria stessa, una
memoria assolutamente volontaria perché attivata solo dietro un preciso
proponimento dell’intelletto, un atto laborioso e imperfetto, che permette di vedere il
passato come «piccole isole emergenti» che riaffiorano sotto forma di brevi
fotogrammi, schegge, frammenti di un tempo perduto e a cui la memoria deve mettere
ordine. «Il lavoro della memoria può muoversi nel tempo come gli avvenimenti stessi»:
è la coscienza a correggere il passato che può diventare «sempre nuovo» in base alle
esigenze del presente.
Il tema della memoria percorre le pagine dell’ultimo Svevo come un filo conduttore e
chiarisce il segreto del laboratorio della scrittura sveviana, dalle Continuazioni alla
commedia La Rigenerazione, trovando la sua chiave di lettura forse nel più emblematico
racconto ‚incompiuto‛ di questi ultimi anni, L’avvenire dei ricordi.
----------------------------------------------------------------------------------
I. Svevo, La rigenerazione, in Teatro e Saggi , Mondadori, ‚I meridiani‛, Milano, 2004, p.
765.
2 I. Svevo, Prefazione, in Romanzi e «Continuazioni», Mondadori, ‚I meridiani‛, Milano,
2004, p. 1227.
3 I. Svevo, La coscienza di Zeno, ivi, p. 635.
4 Cfr. Anna Laura Lepschy, «Come la parola sa varcare il tempo». Tempo e narrazione nella
Coscienza di Zeno, in Narrativa e teatro fra due secoli, Olschki, Firenze, 1984, pp. 113-146.
1
CV
Chiara Marasco è docente di scuola media superiore e cultrice di Letteratura italiana
moderna e contemporanea presso l’Universit| della Calabria, dove ha conseguito nel
2006 il dottorato di ricerca in Scienze letterarie, retorica e tecnica dell’interpretazione
(titolo della tesi: Simulazione e dissimulazione nel teatro di Italo Svevo). Si è occupata
soprattutto di Svevo, ma anche di Vittorini, Giacosa e Saba, di letteratura triestina e di
narrativa breve contemporanea. Ha pubblicato numerosi articoli e saggi in riviste e
miscellanee fra cui:
Lo scrittore e il suo critico: Italo Svevo ed Eugenio Montale, in «Filologia antica e moderna»,
XIV, 26, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004.
I luoghi della memoria Saba, Trieste e la letteratura triestina «Filologia antica e moderna»,
XV, 28, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005.
Suggestioni fantastiche e rivelazioni scientifiche in una novella di Italo Svevo: Lo specifico del
dottor Menghi,in La tentazione del fantastico. Racconti italiani da Gualdo a Svevo,
Pellegrini, Cosenza, 2007.
La scrittura necessaria. L’autobiografia in Italo Svevo, in Memorie, autobiografie e diari nella
letteratura italiana dell’Ottocento e del Novecento, ETS, Pisa, 2008.
I luoghi e i tempi della scrittura. Note su Italo Svevo e Umberto Saba, in «Si pesa dopo morto»,
Atti del convegno internazionale di studi per il cinquantenario della scomparsa di
Umberto Saba e Virgilio Giotti, Trieste, 25-26 ottobre 2007, in «Rivista di Letteratura
italiana», XXVI,1, Pisa-Roma, Fabrizio Serra Editore, 2008.
La vocazione teatrale di Italo Svevo, in La Letteratura italiana a Congresso. Bilanci e
prospettive del decennale (1996-2006), Pensa Multimedia, Lecce, 2008.
Teatralità e narrazione in Italo Svevo, in Italo Svevo- il sogno e la vita vera, a cura di M.
Sechi, Roma, Donzelli, 2009.
La «Continuazione di Zeno» ovvero il «tempo ultimo» del romanzo, in Le forme del romanzo
italiano e le letterature occidentali dal Sette al Novecento, Pisa, ETS, 2010.
Da «Solaria» a «il Menabò»: la scrittura letteraria e l’attivit| intellettuale di Elio Vittorini, in
Autori, lettori e mercato nella modernità letteraria, Tomo II, Pisa, ETS, 2011.
Email: [email protected]
MARIANI, Maria Anna
«All’epoca mi nutrivo di Svevo». Firmato: Georges Perec.
La lettura di Svevo, condensato per sineddoche nella citazione «una confessione in
iscritto è sempre menzognera», diventa per Perec una lezione di poetica. Lo scrittore la
applica alla sua intera produzione autobiografica – ma in che modo prova a
modularla? Quanto e come la deforma? Quali nuovi potenziali riesce a liberare? Perec
dimostra come la sopravvivenza di Svevo può essere affidata a una sola scheggia di
frase e intanto ci propone una meditazione sulla memoria, sulla scrittura e sul loro
groviglio di inganni.
Maria Anna Mariani
Hankuk University of Foreign Studies
CV
Maria Anna Mariani (1982) insegna italiano alla Hankuk University of Foreign Studies
di Seoul. Si è formata all’Universit| di Siena, dove ha conseguito la laurea e il dottorato
di ricerca. Ha studiato a Parigi e New York, scrivendo saggi su Nietzsche, Svevo,
Pasolini, Jonathan Littell, Anne Carson. È coautrice di una storia e antologia della
letteratura destinata alle scuole superiori (LiberaMente, Palumbo 2010). La sua tesi di
dottorato – Sull’autobiografia contemporanea. Nathalie Sarraute, Elias Canetti, Alice Munro,
Primo Levi – è in corso di pubblicazione per i tipi Carocci.
Email: [email protected]
MARTINEZ GARRIDO, Elisa Maria
Della vendetta, della gelosia e del veleno tragico. La traccia shakesperiana ne La
coscienza di Zeno.
Sappiamo della grande ammirazione di Italo Svevo per Shakesperare. È anche noto
che James Joyce considerava l’opera tragica e poetica del grande scrittore inglese come
uno degli esempi paradigmatici della letteratura occidentale. Sicuramente l’autore di
Hamlet, di Otello e di Romeo e Giulietta è stato uno dei punti determinanti
nell’amicizia letteraria dei due grandi narratori del Novecento. D’altra parte è anche
noto che la tragedia classica si trova alla base di tutta la teoria freudiana della nevrosi
edipica, perché anche Freud è stato un altro grande ammiratore dei personaggi tragici
del teatro classico.
Per questo motivo, non sembra strano sospettare che sotto la figura dell’ironico e
dell’inetto Zeno Cosini (che in realt| non è tale) e lungo tutto lo sviluppo letterario de
La coscienza di Zeno sia possibile trovare delle tracce tragiche. Il presente contributo
lavora, quindi, all’interno della prospettiva tragica nell’opera sveviana, in modo
speciale nel romanzo del ’23, tentando di collegare lo Svevo tragico allo studio delle
grandi passioni umane, iniziato nell’et| moderna da William Shakespeare.
Sulla strada del ‚riconoscimento‛ del sostrato tragico shakesperiano in Italo Svevo
(sebbene rovesciato o a prima vista persino ‚parodiato‛), secondo noi, il romanzo,
deve essere letto alla luce di una nuova ottica sulla tragedia, segnata dalle
contraddizioni epocali della contemporaneità. In questa linea devono essere lette le
parole di Zeno narratore dedicate a Yago (all’interno del capitolo Storia di
un’associazione commerciale) o la decisa volontà di vendetta del personaggio sveviano in
rapporto a Guido e la sua stessa tragica morte, tramite il veleno sbagliato. Tutte questi
momenti centrali del testo del ‘23 costituiscono piste interpretative che ci portano verso
una visione tragica, e fondamentalmente verso l’impatto che il grande scrittore inglese
ha lasciato sull’opera dell’autore triestino.
Per Svevo, come per tanti altri scrittori del Novecento, la tragedia è ‚la coscienza‛ e la
contemplazione della verit| (G. Stellardi, ‚Gadda Tragico?‛, in Gadda: Miseria e
grandezza della letterattura, 2006, p. 106) , anche se nel suo caso questa non va mai
apertamente confessata, ma continuamente nascosta dietro la strategia discolpatrice
dell’inettitudine e della bont| del suo protagonista.
CV
Prof. Associato di Letteratura Italiana Contemporanea, Università Complutense di
Madrid.
Pubblicazioni principali:
1. Scrittrici italiane dell’Ottocento e del Novecento:
‚Modelos sentimentales en el melodrama y en la narrativa femenina del
"Ottocento" italiano‛, ASPARKIA , 4, 1995, pp. 79-86.
‚Del espiritualismo conservador a la defensa de la igualdad de las mujeres: la doble
contradicción del pensamiento de Neera‛, en Cuadernos de Filología Italiana, 6, 2, 199,
pp. 186-204.
Bestiario, allegoria e parola ne La storia di Elsa Morante. Un’altra via verso il sacro, in Elsa
Morante: la voce di una scrittrice e di un’intelettuale rivolta al secolo XXI (ed. Elisa
Martínez Garrido), 2003, pp. 315-359.
Between Italy and Spain: the Tragedy of History and the Salvific Power of Love in Elsa
Morante and María Zambrano, in The Power of Disturbance: Aracoeli of Elsa Morante,
2009, pp. 116-125.
‚De nuevo en torno a Elsa Morante y María Zambrano. Algunas consideraciones
acerca de la piedad, el amor y la Historia‛, Cuadernos de Filología Italiana , 12, 2009,
pp. 221-241
2. Studi di genere
Il romanzo rosa: esemplificazione di un'analisi stilistica, retorica e pragmatica, in La
linguistica pragmatica, 1992, pp. 531-543
Amor y feminidad en las escritoras de principios de siglo, en Carmen De Burgos:
Aproximación a la obra de una escritora comprometida, 1999, pp. 8-56
‚Bildungsroman y crítica de género. Novela rosa y narrativa de mujeres‛, Cuadernos
de Filología Italiana, nº extraordinario, 2000, pp. 529-546
‚Palos, animales y mujeres. Misoginia verbal, paremias y textos persuasivos‛,
Cuadernos de Filología Italiana, 8, 2001, pp. 79-98.
La violencia contra las mujeres al renacer de la nueva identidad, en Transmisión y apología
del uso de la violencia contra las mujeres: refranes, dichos y textos literarios (ed. Elisa
Martínez Garrido), 2009, pp. 128-148.
‚Neera's Teresa: The Mystic Woman's Rebellion In The Name Of Love‛, The
Italianist, extraordinar number, 2010, pp. 123-135.
3. Scrittori italiani del XX secolo
Introducción a La consciencia de Zeno de Italo Svevo, 2004, pp.5-55.
Introducción y traducción de El humorismo de Luigi Pirandello, 2007, p. 225.
Los viajes en vertical de Dino Buzzati, en El tema del viaje: un recorrido por la lengua y la
literatura italiana, 2010, pp. 345-363.
Del ‚instante est{tico‛, del ‚estado de gracia‛ y de la experiencia sensorial en Cesare Pavese:
¿Ecos y reflejos de pinceladas proustianas?, dans/ en Marcel Proust: écritures, réécritures,
2010, pp. 315-342.
Email: [email protected]
MEDRZAK-CONWAY, Marta
Follie di Trieste: Svevo e la cultura ebreo-americana.
Svevo, come è noto, 'negletto' nella sua patria dovette trovare riconoscimento
all'estero. La fama venne dalla Francia grazie ad un famoso amico irlandese.
All’interesse nella natia Italia, seguirono le traduzioni in diverse lingue europee. In
Inghilterra il primo ad accettare l'opera sveviana per la pubblicazione fu Leonard
Woolf: il pubblico inglese fu introdotto alla narrativa dello scrittore triestino con „Una
burla riuscita‛, tradotto come „The Hoax‛, pubblicato dalla leggendaria Hogarth Press.
Il riconoscimento sulle isole britanniche spinse inevitabilmente a lanciare la
narrativa dello scrittore triestino anche sull’esigente mercato americano e nonostante
le difficoltà iniziali – in gran parte legate alla crisi degli anni '30 – il successo di Svevo
negli Stati Uniti fu relativamente grande.
È interessante domandarsi il motivo per il quale le opere di Svevo ottennero il
plauso della critica, l'attenzione delle case editrici e l'entusiasmo dei lettori in America.
Senza dubbio la provenienza dello scrittore dalla Trieste commerciale e la sua
posizione di businessman di successo influenzò in gran misura l'accoglienza degli
scritti sveviani nella patria di Benjamin Franklin. A ciò si aggiunse un altro fattore che
legò Svevo alla scena letteraria americana, ossia Trieste, un piccolo porto dalla storia
turbata, un microcosmo che ospitò nazioni diverse, dove la comunità ebraica svolse un
ruolo importante, assomigliando così, al macrocosmo di New York – innegabile centro
della cultura ebreo-americana. Tale ambiente favorì la nascita di un particolare tipo di
narrativa che introdusse personaggi altrettanto particolari. L'aspetto ebraico,
ampiamente compreso, del corpus sveviano, la sua universalità e la sua modernità
inquadrano lo scrittore triestino nella tradizione letteraria ebreo-americana e rendono
facilmente possibile vedere i personaggi di Svevo come i fratelli maggiori di quelli di
Saul Bellow, Bernard Malamud o Philip Roth. Il legame tra Svevo e la cultura ebreoamericana viene evidenziato ancora oggi nelle recenti pubblicazioni degli scrittori
contemporanei.
CV
Formazione e titoli
2008- presente: dottorato di ricerca (Università di Varsavia, Dipartimento di
Culturologia e Linguistica Antropologica)
2007-2011 laurea magistrale (Università di Varsavia, American Studies Center), tesi di
laurea:‘The Culture of Rome in writings of Margaret Fuller, Nathaniel
Hawthorne and Henry James’
2001-2007: laurea magistrale (Università di Varsavia, Facoltà delle Lingue e Letterature
Moderne), tesi di laurea: ‘Maestro e il suo allievo: affinit| e influssi reciproci nelle
opere di Italo Svevo e James Joyce’
Convegni e pubblicazioni
‘Under the Roman Sky: the Reciprocal Influences’. Universit| Jagiellonica, convegno:
Amerykanizacja kultury jako zjawisko powszechne (2009) (atti; pubblicazione
prevista: 2011)
‘È un ebreo gentile o un cattolico romano o un metodista, che diavolo è?’: Italo Svevo e
il problema dell’identit|.’ Universit| di Varsavia: Sessione Accademica
Internazionale (2009)
‘Una filosofia umanizzata: Italo Svevo e le teorie freudiane’. Universit| di Adam
Mickiewicz convegno: III Krajowa Konferencja Młodych Italianistów: Intorno
alla lingua e letteratura italiana: teoria e pratica (2009). Romanica.doc. 2 (3) 2011
‘Italo Svevo. Il caso di uno scrittore negletto’ (2010). University of Warsaw, conferenza
internazionale: Italianistica ieri e oggi. (atti; pubblicazione prevista: 2012)
‘Italo Svevo: uno scrittore nel mare degli imperi’. XIX convegno internazionale AIPI:
Insularità e cultura mediterranea nella lingua e nella letteratura italiane Cagliari
(2010) (atti; pubblicazione prevista: 2012)
Borse di studio e sovvenzioni
2012: soggiorno di ricerca, New York University e Columbia University (sovvenzione
per la ricerca,The Kościuszko Foundation)
2011: Università degli studi di Trieste (borsa di studio del Governo Italiano)
2006: The Trieste Joyce School (borsa di studio)
2006: Università degli studi di Trieste (borsa di studio del Governo Italiano)
Email:
[email protected]
MEIRLAEN, Kianoush
La figura dell’inetto come funzione primaria nella narrativa breve sveviana.
Come è noto la prima prova narrativa di Svevo fu la novella Una lotta, presentata al
pubblico nel 1888 con lo pseudonimo di E. Samigli, il 6, il 7 e l’8 gennaio su
‚L’Indipendente‛. Il testo venne per la prima volta ristampato da F. Carlini, su
‚Paragone‛, nel febbraio del 1972.
Questo testo che viene giustamente definito da Maria Cecilia Moretti ‚Il palinsesto
della narrativa sveviana‛ nell’omonimo intervento del 1994 (in Italo Svevo scrittore
europeo) rappresenta il momento di inizio di numerosi dei motivi dominanti nella
ricerca letteraria di Svevo.
Tra questi vi è certamente anche il tema cardine dell’inettitudine, che verr| poi
trasmesso alle altre opere letterarie sveviane e che non abbandona mai la produzione
novellistica.
A tale proposito è interessante cercare di valutare se il minore spazio narrativo e
argomentativo che la forma novella consente all’autore comporta una diversa
trattazione del tema, una sua specializzazione rispetto a determinati motivi o una
selezione dei motivi in cui il tema si articola e, di conseguenza, la riduzione della
fenomenologia dell’inettitudine.
Inoltre è necessario esaminare se ci sono strutture narratologiche che ricorrono
all’interno delle novelle. Le strutture narratologiche dovrebbero venire analizzate per
sondare l’esistenza di corrispondenze tra determinate strutture e il tema enunciato, in
modo tale da verificare se si danno o meno corrispondenze ricorsive, che unificano la
produzione novellistica contrastivamente al resto della produzione narrativa sveviana.
Il paper intende pertanto svolgere l’analisi del tema dell’inettitudine con un duplice
intento: da un lato ci si propone di definire la specifica trattazione del tema della
grande costante tematica sveviana all’interno delle sole novelle, cercando di valutare se
la forma narrativa incida o meno sulla trattazione del tema. Dall’altro lato si intende
valutare se le novelle possano essere considerate alla stregua di uno short story cycle, i
cui elementi di unitarietà partono da questo elemento tematico intertestuale, e vanno
sostenuti e verificati alla luce del ripetersi o dell’innovarsi delle strutture
narratologiche.
CV
Congressi
‚«Era la solita Roma e i soliti romani: come li avevo lasciati, così li ritrovavo».
Presenza belliana nei Racconti romani di Alberto Moravia‛: ‚La letteratura degli
Italiani, gli Italiani della letteratura 3‛, XV congresso nazionale dell’ADI, Torino,
14-17 settembre 2011.
Saggi
‚«Era la solita Roma e i soliti romani: come li avevo lasciati, così li ritrovavo».
Presenza belliana nei Racconti romani di Alberto Moravia‛: Atti del XV
Congresso ADI, Torino, 14-17 settembre 2011, 2012 (in stampa).
‚Italo Calvino, membre étranger: esperimenti e giochi oulipiani nelle ‘Citt|
Invisibili’‛ (in preparazione)
Email: [email protected]
MORATTI, Sofia
Ettore Schmitz, il progressista borghese.
Il mio intervento vuole essere un’analisi dello Svevo politico, figura che ha finora
ricevuto relativamente poca attenzione da parte della critica. Intendo dimostrare che le
contraddizioni che caratterizzano le opinioni politiche del ‚progressista borghese‛
Schmitz hanno avuto un
ruolo fondamentale nell’originalit| artistica di Svevo come scrittore.
Nel mio intervento, ricostruisco il contesto storico e socio-politico di Trieste,
dell’Austria-Ungheria, e dell’Italia nell’epoca in cui è vissuto Svevo, passando
attraverso l’irredentismo triestino ed i suoi esponenti da Guglielmo Oberdan a Felice
Venezian a Scipio Slataper; analizzo la questione nazionale e identitaria, il ruolo del
Partito Liberale Nazionale e le sue politiche ufficiali ed ufficiose; ricostruisco
l’affermarsi del socialismo, anche attraverso gli organi di stampa e le societ| culturali.
Discuto poi la partecipazione alla vita politica di
Ettore Schmitz (tra le altre cose, in qualit| di redattore de L’Indipendente); e
ricostruisco le opinioni politiche di Schmitz per come emergono, direttamente e
indirettamente, da materiale personale, come l’Epistolario e gli scritti in edizioni rare;
presento anche episodi
ed aneddoti tratti dalla vita di Schmitz che contribuiscono a rivelare le sue opinioni
politiche, mi riferisco in particolare ai rapporti dell’industriale Schmitz con i propri
operai ed al suo adattamento al contesto politico-sociale dei nazionalismi e della
guerra. Analizzo poi gli aspetti latamente ‚politici‛ dei personaggi di Emilio Brentani e
Zeno Cosini, e mi soffermo sugli altri lavori di Svevo con un più denso contenuto
politico, ed in particolare gli articoli a firma E.S. apparsi in L’Indipendente e La
Nazione, i racconti La Tribù, Vino Generoso, La Novella del Buon Vecchio e della Bella
Fanciulla e i saggi La Corruzione dell’Anima, L’uomo e la teoria darwiniana,
Ottimismo e pessimismo oltre ad alcune tra le Favole sveviane ed agli Scritti pacifisti,
che restituiscono l’immagine di uno Svevo ideologicamente diviso tra darwinismo e
socialismo utopico tolstoiano.
CV
Sofia Moratti is a Max Weber Fellow at the European University Institute in Florence.
She is also affiliated to the Faculty of Law of the University of Trieste, Italy. She holds a
J.D. from the University of Pavia, Italy and received her Ph.D. from the University of
Groningen in the Netherlands. Her primary research is in Medical Ethics, Regulation
of Medical Behaviour, Neuroethics and Law and Neuroscience. She has published her
work in the Cambridge Quarterly of Healthcare Ethics, the Journal of Medical Ethics,
the Medical Law Review and other refereed journals. Some of her work is in Italian
and has appeared in Bioetica Rivista Interdisciplinare and Notizie di Politeia. In
addition, she carries out research in Law and Literature in relation to her two favourite
authors, Italo Svevo and Primo Levi, paying special attention to their political views
and the historical and political context in which they lived. Her list of publications and
CV are available at www.sofiamoratti.eu
Email: [email protected]
PALMIERI, Giovanni
Le sviste del 'buon vecchio' nella novella sveviana della 'bella fanciulla'.
A partire da un'analisi sul genere novellistico e sulla struttura narratologica della
sveviana Novella del buon vecchio e della bella fanciulla, ricostruirò il sistema di
programmatiche allusioni su cui si articola il testo, venendo così a scoprire alcuni suoi
"segreti" e la sua paradossale "morale". La mia interpretazione sarà pertanto rivolta ai
grandi temi etici e filosofici presenti nel testo e in particolare al rapporto tra il denaro e
la coscienza morale.
L'analisi di alcune fondamentali varianti della Novella… mi aiuterà in questo
compito.
CV
Giovanni Palmieri è un italianista di formazione filologica che si è occupato molto di
Svevo a cui, tra l'altro, ha dedicato una monografia e l'edizione Giunti della Coscienza
di Zeno. Recentemente sul n.7/2010 di "Filologia italiana" è uscita la sua edizione critica
della sveviana Novella del buon vecchio e della bella fanciulla. Tra i suoi numerosi scritti, si
trovano anche saggi su Calvino, Boccaccio, Tabucchi e Gadda. Attualmente è
dottorando (con una tesi sul viaggio in Gadda) presso l'Université de Provence.
E-mail: [email protected]
PALMIERI, Nunzia
Dalla parola al libro: una mappa dell'italiano letterario di Svevo.
È lo stesso Svevo a segnalare, nel Profilo autobiografico, le critiche mosse dai primi
recensori alla povertà della sua lingua, infarcita di solecismi e di formazioni dialettali.
Anche se può apparire paradossale, le critiche più feroci alla lingua di Svevo vennero
proprio dagli stessi triestini, soprattutto dall'ambiente degli intellettuali irredentisti
raccolti intorno all'«Indipendente», che in fatto di purismo linguistico si dimostravano
"più realisti del re". Difficile negare d'altra parte il carattere avventizio di certe
costruzioni sintattiche (frequenti gli anacoluti) o la presenza di calchi dialettali.
Tuttavia non si può non notare come la lingua di Svevo riveli anche una marcata
ascendenza letteraria, testimoniata dalla presenza di termini desueti e di un lessico
raro, di cui forse non è stata sufficientemente sottolineata l'importanza. L’analisi
lessicografica del primo romanzo rivela, sotto questo profilo, alcune sorprese,
consentendo di costruire uno nuovo scaffale di classici italiani, includendo nuovi testi
nella biblioteca di Svevo.
CV
Professore aggregato presso la Facoltà di Scienze Umanistiche di Bergamo. Si
è occupata, nel corso dei suoi studi, di autori e testi della letteratura italiana fra
Ottocento e Novecento e ha pubblicato in rivista saggi dedicati a Svevo, Calvino, Saba,
Celati, Palazzeschi, Fenoglio. Ha collaborato al progetto di ricerca nazionale ‚Filologia
e critica della modernit|: studi d’archivio, edizioni di testi e carteggi fra Settecento e
primo Novecento‛, con uno studio sull'epistolario inedito di Umberto Saba. Ha curato
Una vita e Senilità nell’edizione critica delle opere di Italo Svevo, per la collana «I
Meridiani» Mondadori, e Il canzoniere di Saba per i «Tascabili» Einaudi. Ha tradotto e
curato Stendhal, Armance (Einaudi) e Vita di Henry Brulard (Garzanti). A Celati e il
comico è dedicato Comiche, pubblicato in Riga 28 e la voce Comico del dizionario
Annisettanta. Il decennio lungo del secolo breve, a cura di Marco Belpoliti, Gianni Canova e
Stefano Chiodi (Skira). Ha curato il primo numero della rivista on-line
«Elephant&Castle. Nuova serie», dove ha pubblicato un intervento dedicato al
Bollettino del diluvio universale di Celati. Una monografia su Beppe Fenoglio è in corso
di pubblicazione presso Le Lettere di Firenze.
Attualmente lavora a uno studio sull’opera letteraria e cinematografica di
Gianni Celati, confluito in parte nel volume Documentari imprevedibili come i sogni. Il
cinema di G. C., in G.C., Cinema all’aperto, Fandango 2011.
Email: [email protected]
PEDRIALI, Federica
Biochemical Opportunism. Zeno, the watch and the ruler.
In this paper I come provided with props (literally) to look into how the Svevian
subject undermines the basics (i.e., systems of measure and ruling based on the body)
in order to maximise resistance (and counter-measurement). Augusta’s placeholders
theory, Zeno’s puzzling claim "Ma di Basedow vissi sol io!" and the scandalous "mors
tua vita mea" game in the short story "Vino generoso" will all be part of the analysis.
CV
Federica G. Pedriali è professore ordinario di Metateoria letteraria e Letteratura
italiana contemporanea presso l’Universit| di Edimburgo, dove dirige il Dipartimento
di Lingua e Letteratura Italiana e la Scuola di Dottorato di Italianistica. Ha fondato e
dirige l’Edinburgh Gadda Journal (www.gadda.ed.ac.uk – oltre 200 titoli a stampa e
oltre 4 milioni di visite in undici anni di attività) e presiede il Comitato del Premio
Internazionale Carlo Emilio Gadda (www.gaddaprize.ed.ac.uk - prima edizione 2010;
prima edizione giovanile italiana 2011). È membro dei comitati editoriali di
Contemporanea, Scuola Normale Superiore Pisa, Mosaici, Università di St Andrews, RSI
Rivista di Studi Italiani, Canada, e Le Simplegadi, Università di Udine. È stata Visiting
Professor e Visiting Fellow a Harvard (2001 e 2005) e sarà Visiting Professor a Pavia
(2012). Tra i suoi volumi: Altre carceri d’invenzione. Studi gaddiani (2007, 311pp.); La
Farmacia degli incurabili. Da Collodi a Calvino (2006, 184pp.; Premio Nuove lettere 2005,
e Premio Mario Soldati 2005, secondo classificato, coi saggi su Italo Svevo e
Pirandello); (a cura di) A Pocket Gadda Encyclopedia (2012 prima edizione cartacea, 4
voll., 1200pp. – edizioni online 2008, 2004, 2002). Sta lavorando a due volumi di studi,
da Giordano Bruno a Carlo Emilio Gadda e da Freud a Foucault. Sta inoltre curando
un volume di saggi sulla circolazione di Gadda in area anglofona. Quest’ultimo
volume, che conterrà la traduzione inglese del monologo di Fabrizio Gifuni, L’ingegner
Gadda va alla guerra (Premio Ubu 2010), con testo italiano a fronte, uscirà in occasione
della Premiere britannica dello spettacolo, a Edimburgo, nel settembre del 2012, come
parte della seconda edizione del Premio Gadda.
Email: [email protected]
PERSIC, Ilonka
The Theme of the Artist and Artistic Creation in James Joyce’s A Portrait of the
Artist as a Young Man and in Italo Svevo’s Senilità.
This paper explores the problem of the artist and artistic creation in James Joyce’s
A Portrait of the Artist as a Young Man and Italo Svevo’s Senilità. Critical work dedicated
to a comparison of Joyce and Svevo has overwhelmingly concentrated on biographical
influences. Such studies stress the importance of their friendship which started during
Joyce’s sojourn in Trieste. The paper is a departure from existing comparisons of the
two writers in arguing not only for the possibility but also the significance of textual
parallels.
In linking the two writers through the theme of the artist and artistic creation, I
compare Joyce’s Stephen Dedalus with Svevo’s failed artist Emilio Brentani, and argue
that the inclination of both protagonists to idealise reality, more specifically the women
who inspire their art, makes them unsuccessful as artists. However, while the
development of Dedalus’s artistic consciousness reveals a movement away from his
inclination to withdraw from reality through poetry towards his decision to accept
reality as a source of his art, Brentani never ceases to idealise Angiolina’s image.
Although Stephen’s villanelle, and his representation of womanhood in it, still reveals
a disjuncture between art and reality, at the end of A Portrait he fully realizes that he
has to ‘encounter the reality of experience’ in order to become the artist of his ‘race’.
On the other hand, Brentani abandons working on his novel and fails to incorporate
Angiolina’s image into it: he loses his grip on reality because of his final vision of
idealised womanhood.
CV
Ilonka Persic studied at the University of Zagreb (BA, M.Phil), and is presently
finishing her D.Phil at Oxford University. Her thesis focuses on a comparative textual
study of James Joyce and Italo Svevo.
She is a lecturer in English at the University of Split where she teaches courses on
Twentieth-Century British and Irish literature, literary theory, and Joyce.
Research Interests: Comparative literary studies, Modernist literature, Joyce, Woolf,
Eliot, Mitteleuropa as a cultural phenomenon.
Email: [email protected]
PETRONI, Franco
Italo Svevo e la letteratura come pratica igienica.
Svevo riduce la letteratura a un'operazione quotidiana, a una pratica igienica,
togliendole ogni ‚aura‛. La letteratura rinuncia all'universalit| e alla totalit| per
restringersi al privato e all'occasionale. Essa diventa un atto terapeutico: un «clistere»,
come si esprime il protagonista di Una burla riuscita. Cioè rinuncia alla sua funzione
sociale di sublimazione e neutralizzazione dei conflitti per essere soltanto il mezzo col
quale tali conflitti si esprimono. Il luogo dove essa opera è la coscienza in crisi
dell'uomo contemporaneo, nella quale lo spazio per ogni mediazione si restringe fino a
scomparire. Diversamente dalle avanguardie letterarie attive in Italia ai primi del
Novecento, quella futurista e quella vociana-espressionista, per Svevo lo scrittore non
ha un ruolo privilegiato in quanto guida della società e propositore di valori. Svevo si
attende dalla letteratura niente altro che una migliore conoscenza di sé: cioè crede nella
letteratura «analisi di contraddizioni» e non nella letteratura «forma di valori». In
relazione col rifiuto della letteratura «forma di valori» è anche il suo «scriver male», in
quanto il «decoro» della forma, magari celato dietro un’ostentata sprezzatura,
testimonia il legame dello scrittore con la tradizione, e quindi la continuità della
funzione che egli svolge come conservatore dei vecchi valori e propositore dei nuovi
per conto degli strati sociali dominanti. Per Svevo la scrittura serve solo a una migliore
conoscenza di sé, e alla funzione conoscitiva è collegata quella terapeutica: scrivere è
un modo di mantenere il punto di equilibrio tra il «principio di realtà» e il «principio di
piacere». Essa non dà voce a mitologie, sublimando e celando attraverso la forma le
contraddizioni che esistono in seno alla collettività: è principalmente uno strumento
terapeutico che funziona mediante una continua e capillare presa di coscienza.
CV
Franco Petroni è professore ordinario di Letteratura Italiana Contemporanea nella
Facolt| di Lettere e Filosofia dell’Universit| di Perugia. È redattore delle riviste
‚Allegoria‛ e ‚Moderna‛; ha collaborato e collabora a molte altre riviste culturali con
saggi sulla letteratura italiana dell’Ottocento e del Novecento, sulla teoria della
letteratura e sul cinema. I suoi libri più importanti sono: L’inconscio e le strutture formali.
Saggi su Italo Svevo (Liviana, Padova 1979); Svevo (Milella, Lecce 1983); Ideologia del
mistero e logica dell’inconscio nei romanzi di Federigo Tozzi (Manzuoli, Firenze 1984); Le
parole di traverso - Ideologia e linguaggio nella narrativa d'avanguardia del primo Novecento
(Jaca Book, Milano 1998); Ideologia e scrittura. Saggi su Federigo Tozzi (Manni, Lecce
2006).
I più recenti saggi di Franco Petroni su Italo Svevo e sulla critica sveviana sono i
seguenti: L’ultima pagina de ‚La coscienza di Zeno‛, in A.A.V.V., Italo Svevo: il sogno e la
vita vera, a cura di Mario Sechi, Donzelli Editore, Roma 2009; L’Italo Svevo di
Debenedetti: dal saggio ‚Svevo e Schmitz‛ a ‚Il romanzo del Novecento‛, in ‚OttoNovecento‛, anno 2010, n. 3 (pubblicato anche, in redazione corretta, in A.A.V.V.,
L’ottimismo della volont|. Scritti in onore di Giovanni Falaschi, a cura di A. Tinterri e M.
Tortora, Morlacchi Editore, Perugia 2011); Italo Svevo e la cultura europea del Novecento,
in ‚451‛, numero 10, ottobre 2011.
Email: [email protected]
PUPPA, Paolo
Motivi ibseniani nel salotto sveviano.
Passato che ritorna e crisi di coppia incapace di essere tale una volta che vengano a
cadere le reciproche finzioni coniugali, nella recita richiesta da un buon matrimonio
per funzionare. Questo, in pratica, il plot di Un marito, forse la più ibseniana delle
commedie italiane a cavallo tra 800 e 900, se escludiamo il galliniano La famegia del
santolo, ricavato da L’anitra selvatica. Prima ancora di frequentare lo studio di Weiss e
di sfiorare quello di Freud (ma la datazione del copione, come per tutta o quasi la
drammaturgia del triestino, risulta incerta), Svevo sembra qui spostarsi decisamente
nel versante nordico della drammaturgia, Ibsen e Strindberg soprattutto, anticipando
per molti aspetti la rivoluzione psicocritica. L'unica grande pulsione emotiva che
colpisce infatti il protagonista, l’avvocato Federico Arcetri, risposatosi con Bice dopo
aver ucciso per onore la prima moglie Clara, l'unico soggetto femminile vivo, capace di
turbarlo ancora, è proprio la suocera, la madre della morta. Tra Arianna e Federico,
con qualche velata allusione al rapporto tra Ettore Schmitz e
la terribile Olga
Veneziani, nella realtà biografica dello scrittore la suocera effettiva, il legame di
parentela si fa morbido e poco ortodosso. Sussurri e grida del commediografo
norvegese sembrano provenire dalla strana affettività che lega Federico alla vecchia,
anticipando in termini oggettivi quello altrettanto turbevole tra il Signor Ponza e la
Signora Frola nel Così è (se vi pare) pirandelliano. La sola scena forte in tutto il dramma
dove si colgono brandelli di passione malcelata è quella che scoppia tra i due nel primo
atto, in un ambiguo conflitto fatto di odio, di disperazione, di reciproco bisogno tra i
due. Arianna ad un certo momento ammette di lottare con la tentazione di un grande
sentimento che la sospinge verso il genero, moto d’animo che pare aggirare, tramite
ellissi, crepe, spiragli, il controllo dell'Io. Ora, la vecchia è metonimica alla morta,
uccisa per onore, o meglio per amore. Tanto più che la hantise, ovvero lo spettro della
prima moglie, è rafforzata dalla presenza incombente del suo grande quadro (quadro
che il personaggio non ha saputo o voluto espellere nel nuovo arredo) che sovrasta il
severo studio dell’avvocato, un po’ come le icone del passato bloccavano gli impulsi
vitali dell’ibseniano Rosmer. Del resto, già il nome Arianna evoca quasi un lugubre
memento da Erinni, da passato coattivo che ritorna inesorabile e sgretola la possibilità
di sblocco nel futuro. Arianna è dunque la sacerdotessa di un mito originario e
fondante, che deve assolutamente essere ripresentato, la demoniaca coazione a ripetere
di scene lontane che esigono una ossessiva ripetizione nel presente. La donna infatti da
un lato pretende che il genero torni ad uccidere la nuova sposa, davanti alle prove
presunte della sua colpevolezza (le classiche lettere che testimonierebbero il fallo,
secondo i moduli della pièce bien faite), e dall'altro lo incalza con laceranti frammenti,
con torbidi particolari dell'antico cerimoniale delittuoso. Nel terzo atto, Bice convince
in compenso Federico che le lettere trovate erano solo degli innocenti indizi, delle
tracce lasciate da lei, trascurata e umiliata, per attirare il marito, staccandolo dalla
ossessione per la defunta. Ma la conclusione rassicurante, che sancirebbe i diritti e la
tenuta della buona famiglia, colla riconciliazione immancabile tra marito e moglie, e
colla riabilitazione della consorte irrequieta (la memoria della Nora ibseniana intesa in
chiave adulterina), viene da Svevo rifiutata. Non si tratta della riunificazione della
coppia, che si ritrova dopo tante peripezie emotive. Tutt’altro. Con Bice, l'avvocato si
lancia in lunghe tirate sugli equivoci sorti nelle immagini incrociate con cui i due
partners si sono scoperti diversi dai modelli iniziali, logorando irrimediabilmente il
loro legame. Ed è questa relazione interpersonale disturbata una storia che da Ibsen
conduce a Pirandello. Se lui infatti ha sposato lei, cercando inutilmente di rimuovere il
fantasma, lei ha visto in compenso in lui il grande eroe romantico capace di passioni
viscerali e pronto di conseguenza ad uccidere, e ora si trova accanto viceversa un uomo
spento, tutto impegnato a accumulare denaro. In più, come il protagonista ammette, è
avvenuto un mutamento ideologico nella sua professione. Prima del suo crimine per
cui è stato assolto, allorché amava, Federico si dava allo studio del diritto e alle grandi
idee giuridiche basate su di uno spirito umanitario e sulla solidarietà tollerante. Dopo,
s'è trasformato cinicamente in un civilista, impegnato in cause amministrative che gli
hanno reso molto sul piano finanziario. Federico insomma sembra quasi un revival
dell'architetto ibseniano Solness, colui che ha smesso di innalzare chiese a Dio e s'è
ridotto, sempre per denaro, a costruire prosaiche abitazioni per coppie che vi abitano
senza amore. Ed in Svevo, forse, dietro la metafora relativa alle categorie professionali,
qui gli avvocati, là gli architetti, si celano sempre allusioni al rapporto disturbato,
ostacolato, con la scrittura, nel dilemma tra mestiere ed arte relativo all'ambito
letterario.
Un altro motivo però di espliciti prelievi nel serbatoio del norvegese è dato dalla
famiglia notturna, dall’asse buon vecchio e bella fanciulla, come l’omonima novella
tardiva di Svevo suggella, coll’implicazione di forti tensioni incestuose. Il tema al
centro dell’Architetto Solness (ma anche nel Padre strindberghiano) prorompe nella
Rigenerazione, oltre che nel coevo Vino generoso, colla sovrapposizione stressante tra
figlia e figure del desiderio (la fanciulla amata nel passato, la servetta obbligata nel
gioco del metateatro a sostituirla nel presente).
CV
Paolo Puppa è ordinario di storia del teatro e dello spettacolo alla Facoltà di Lingue e
Letterature dell’Universit| di Venezia, nonché direttore del Dipartimento delle Arti e
dello Spettacolo. Ha insegnato e diretto laboratori teatrali in università straniere, come
a Londra, Los Angeles, New York, Princeton, Toronto, Middlebury, Budapest, Parigi,
Lilles.
Dirige la collana di drammaturgia Il Metauro. Ha pubblicato numerosi volumi di storia
dello spettacolo e monografie e saggi vari, tra cui studi su Pirandello, Ibsen, Fo,
D’Annunzio, Svevo, Rolland, Goldoni, Brook, Baseggio, Ferrero (di recente è stato
coeditor di History of the Italian Theatre per la Cambridge University Press, e di
Encyclopedy of the Italian Literature per la Routledge). Si segnalano, tra gli ultimi
editi, Il teatro dei testi (Utet) e Lingua e lingue nel teatro italiano (Bulzoni).
Come drammaturgo, ha all’attivo molti copioni, pubblicati, tradotti e rappresentati
anche all’estero, tra cui La collina di Euridice (Premio Pirandello ‘96) e Zio mio (Premio
Bignami-Riccione ‘99). Si ricordano, in particolare, Famiglie di notte (Sellerio 2000) e
Venire, a Venezia (Bompiani 2004). Sempre nel 2006 ha ottenuto il premio come autore
dall’Associazione critici di teatro per Parole di Giuda da lui stesso recitato. Nel 2008 ha
vinto il Premio teatrale Campiglia Marittima con Tim e Tom.
Email: [email protected]
RAPPAZZO, Felice
Educazione, esperienza, eredità: temi modernisti in 'La novella del buon vecchio e
della bella fanciulla'.
Chiamare ipocritamente ‚educazione‛ i rapporti di potere, sperimentare la crisi
dell’esperienza (vero tema di fondo, recursivo, di tanta parte della letteratura del
primo Novecento europeo), verificarne dolorosamente la non trasmissibilità da una
generazione all’altra. Il denaro, grande e diabolico mediatore e sovvertitore dei
rapporti umani, si rivela tuttavia fra i protagonisti occultati della vicenda. Sono questi
– assieme a quelli del denaro e dell’eros – fra i principali temi della Novella di Svevo,
rigorosa demistificazione di una civiltà che pretende di crescere diffondendo i suoi
interessi e le sue meschinità, chiamandoli valori, e di migliorare così la vita mentre ne
soffoca le radici.
Svevo costruisce un lungo apologo, dallo spessore allegorico appena dissimulato
nell’apparente linearit| e semplicit| della forma enunciativa, in terza persona. Ironia e
antifrasi ne sono la cifra stilistica e retorica. Ma, dietro la denuncia sorridente di una
corruzione sociale e culturale, appare anche, drammatica, la crisi della civiltà del
dialogo e delle relazioni umane.
La novella del buon vecchio e della bella fanciulla, così come altri scritti del medesimo
periodo, è strettamente legata alla Coscienza di Zeno (e non solo per la prossimità
cronologica), ma anche a temi che appaiono già elaborati in Senilità; la ‚bella fanciulla‛
ricorda tanto Carla quanto Angiolina (ma con una maggior quota di cinismo), e il
‚buon vecchio‛ sembra aver ereditato da Emilio Brentani e da Zeno Cosini la vuota
presunzione della saggezza e la pretesa di ‚educare‛ ad una superiore moralit| le
fanciulle che si corrompono. Appare dunque un filone tematico costante e tenace nella
narrativa di Svevo, che rivela evidenti legami con la cultura della crisi europea.
Condurre la riflessione a partire dalle tre parole-chiave enunciate nel titolo
(educazione, esperienza, eredità) limita certamente la complessità e il movimento della
novella, ma consente anche l’individuazione di uno strato tematico solido e stabile per
la sua interpretazione.
CV
Felice Rappazzo attualmente insegna Letteratura Italiana moderna e contemporanea
presso la Facolt| di Lingue dell’Universit| di Catania, dove ha studiato e ha conseguito
la laurea con Carlo Muscetta, avendo come docenti, fra gli altri, Giuseppe Giarrizzo e
Marisa Bulgheroni. Ha partecipato alla fondazione della rivista ‚Allegoria‛, diretta da
R. Luperini, e ne è tuttora redattore. Ha studiato soprattutto, con monografie e saggi,
Vittorini, Fortini, Pirandello, Verga, Pagliarani, questioni di metodologia e teoria
letteraria (Derrida, Della Volpe) e problemi della traduzione letteraria (Pavese,
Vittorini, Bianciardi, Jahier e altri). Ha collaborato, oltre che ad ‚Allegoria‛, a
‚Moderna‛ e a ‚L’ospite ingrato‛, e ad altre riviste di critica letteraria.
Email: [email protected]
SACHS-BERNSTEIN, Dalya M.
The Imperatives of Self-Representation: Artifice and Identity in Zeno's Conscience.
My paper will explore the ironic tone with which autobiographical and confessional
literature, as well as psychoanalysis, are all undermined by Svevo's prosaic anti-hero,
Zeno, whose existence as both charming businessman and ironic autobiographer fuses
several fictional models normally represented in separate characters by disparate
narrative voices. My presentation will also consider the imperatives and opportunities
faced by authors whose work fabricates a consciousness aiming to understand and
then represent itself. I trace the ways in which Svevo's masterpiece, La Coscienza di
Zeno, relies on but comically subverts devices employed by his literary predecessors in
autobiography, such as St. Augustine, Rousseau and Montaigne, as well as in fictional
autobiographies such as Marcel Proust's À la recherche du temps perdu.
At least since Rousseau’s Confessions, the strategy of creating sincerity through selfrevelation has been regularly attempted with the paradoxical result, however, of
having schooled modern readers to doubt every anecdotal event, every self-description
that narrators like Rousseau and his inheritors propose. Svevo’s appropriation of
psychoanalysis as a framing device for Zeno’s Conscience frees him of the obligation to
justify the revelations of self-representation that traditionally precede and pervade
both autobiographical and fictionally autobiographical works. But it is to a
fundamentally different attitude toward both the self and its representation
that Zeno’s Conscience adheres.
While Freudian psychoanalysis offers a justification for self-examination in general,
and gives license to Zeno to initiate the written collection of self-examination that
makes up Zeno’s Conscience, the greatest irony of this representation of a willed
exploration of subjectivity is that the tedium of performing a ‚self‛ designed to satisfy
the formal structure of an already codified concept of consciousness does not end up
undermining the project of artistic epiphany, but actually enables a redefinition of the
trope.
Sincerity is hardly the sole, nor even primary motivation for the stylistic choices that
govern Zeno’s Conscience and the characterological peculiarities that define Zeno’s
personality. On the contrary: Svevo’s novel has at its foundation an aesthetics of the
self that rejects the presupposition of confessional literature as well as psychoanalysis
that knowledge of the self can only be accessed through sincerity.
My analysis of the representation of subjectivity in Zeno’s Conscience will illuminate
Svevo's redemption of artifice as not merely a byproduct of the act of selfrepresentation, but as the necessary educational tool that underlies the protagonist’s
lifelong obsessions and the fascination that trying to understand those obsessions -through their perpetual eradication and renewal -- exerts on him.
CV
Dalya Sachs-Bernstein is an unaffiliated scholar and translator. She completed a
commission by Northwestern University Press to produce an annotated translation of
La Coscienza di Zeno. Publication of the Northwestern edition has been blocked by
Random House in a copyright
dispute since 2001. She is presently working on a new translation of Svevo's Diario.
Education
May 2000 University of California, Berkeley, Ph.D. in Comparative Literature (French,
Italian, English & Latin)
May 1993 University of California, Berkeley, M.A. in Comparative Literature (French,
Italian & English)
May 1991 University of California, Berkeley, B.A. in Comparative Literature (Italian &
English)
Invited Lectures & Readings
April 1995 Guest lecturer at the Oakland campus of the California College of the Arts:
‚Montaigne & Musil: The Essayistic Imagination.‛
February 1999 Panelist on ‚Translation and Academia‛ at UCLA’s Center for Modern
and Contemporary Studies.
Fall 2000 Visiting Lecturer for the M.F.A. graduate seminars at the San Francisco
campus of the California College of the Arts on Translation as a Literary Form.
May 2000 Reading and commentary on my translation of Italo Svevo’s Zeno’s
Conscience, Cody’s Books, Berkeley, California.
March 2006 Guest Lecturer, UC Berkeley Department of Comparative Literature,
Seminar on Translation Theory & Practice.
Writing
‚The Language of Judgment: Primo Levi’s Se questo è un uomo,‛ MLN
110.4 (1995): 755-84.
Dissertation: Write for Me: 'Zeno's Conscience' and the Imperative of
Self-Representation, May 2000.
Translation commission by Northwestern University Press: Zeno’s
Conscience, by Italo Svevo, an annotated edition.
Email: [email protected]
SANTI, Mara
La cultura senile: la rappresentazione dell’inettitudine come depauperamento del
sistema culturale italiano ed europeo nel secondo romanzo sveviano.
Notoriamente Senilità rappresenta un caso eccezionale nel contesto degli studi
sveviani, per lo meno filologici, per la circostanza, unica per il corpus sveviano, della
particolare consistenza filologica dei testimoni conservatesi, che possono consentirci di
ricostruire la storia del romanzo nonché qualche aspetto del metodo di lavoro di
Svevo.
Se, però, gli studi si sono sinora rivolti all’analisi dell’evoluzione testuale successiva
alla prima edizione questa non può essere non associata a una ricognizione sulla fase
di redazione del testo, di cui è pur vero che non rimangono testimoni diretti ma di cui
si possono tuttavia trovare testimonianze indirette.
In particolare lo studio filologico delle carte private di Svevo consente di ricostruire la
genesi del secondo romanzo sveviano e di dimostrare la sua stretta connessione sia con
una lettera inviata da Svevo ai fratelli e relativa alla morte della madre, sia con le
lettere a Livia Veneziani e con il Diario per la fidanzata.
Oltre a portare dati utili alla datazione della redazione dell’opera queste fonti aprono a
una vautazione della effettiva esperienza biografica cui il romanzo attinge, consentono
di valutarne il peso e il procedimento di letteraturizzazione e, infine, permettono di
meglio enucleare quali sono i primi e più forti nuclei di interesse della riflessione su cui
matura la redazione del testo medesimo.
In particolare nella corrispondenza che si viene a stabilire tra Angiolina ed Emilio da
un lato e Livia ed Ettore dall’altro emerge come Svevo attraverso la fenomenologia
d’amore analizzi il soggetto finzionale e reale Ettore/Emilio quale «ultimo prodotto
della fermentazione di un secolo», quale tardo esponente di un’epoca che volge al
proprio epilogo e che viene portato sulla scena, per espediente narrativo e tematico,
attraverso il rapporto d’amore che gli capita di poter vivere.
Il contributo si propone di illustrare come la prima ragione di interesse per Svevo sia
l’analisi e la rappresentazione della strutturalit| della condizione senile di Emilio in
quanto individuo culturalmente e psicologicamente sorpassato e inteso come
campione di un’intera generazione che non trova più gli strumenti per adattarsi alla
realtà quotidiana né per farsene attivo interprete.
Il contributo poggia sugli studi presentati nella monografia e nell’edizione critica di
recente compilazione: Mara Santi, Intorno al testo di ‘Senilit|’. Studio critico e filologico
sulla genesi e sull’evoluzione del secondo romanzo sveviano seguito dall’edizione critica della
prineps, Genève, Droz, 2011, 2 voll.
CV
Mara Santi è professore associato di letteratura italiana all’Universit| di Gent, ha
collaborato con l’Universit| di Zurigo (2005-2008) e con l’Universit| di Basilea (20022005). Ha conseguito il dottorato in Filologia Moderna all’Universit| di Pavia e il
Master internazionale in Media Science & Technology, New Media dell’European
School of Advanced Studies di Pavia, è stata alunna del Collegio Nuovo di Pavia.
La sua ricerca si concentra su Verga, Svevo, d'Annunzio, Gadda, Covacich e sulla
narrativa italiana dall’800 ad oggi, in particolare sull’analisi filologica, narratologica e
teorica delle forme e dei generi narartivi.
Pubblicazioni recenti:
Volumi
Intorno al testo di ‘Senilit|’. Studio critico e filologico sulla genesi e sull’evoluzione del secondo
romanzo sveviano seguito dall’edizione critica della prineps, Genève, Droz, 2011, 2 voll.
Commento al Notturno di Gabriele d'Annunzio, Milano, Università Cattolica del Sacro
Cuore – EDUCatt, 2008-2009, 2 voll.
AA.VV., Racconti italiani dell'Ottocento, a cura di Mara Santi, introduzione di Carla
Riccardi, Milano, Mondadori, 2005.
Saggi
Antichità/Unità. Storia, cultura e cinema in Italia, a cura di Luciano Curreri, Giuseppe
Palumbo, Licia Ferro, Cuneo, Nerosubianco, 2012.
Il racconto della storia: a proposito di un testo di Angelica Balabanoff su Benito Mussolini, in
AA.VV. ‚Racconti italiani‛, a cura di Mara Santi, Massimiliano Tortora, Mathijs Duyck,
2013.
Le varianti interpuntive di Senilità di Italo Svevo, in Atti del XI Congresso della Società
Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana Napoli 5-7 ottobre 2010, (in stampa).
Per l'edizione critica di ‚Senilit|‛ di Italo Svevo, «L'Ellisse. Studi storici di letteratura
italiana», fascicolo 3, 2008.
Angiolina e Amalia, ovvero della crisi di un sistema letterario e sociale, in AA.VV., Selvagge e
Angeliche. Personaggi femminili della tradizione letteraria italiana, a cura di Tatiana Crivelli,
Alessandro Bosco e Mara Santi, Rosa Pittorino, Leonforte, Insula, 2007, pp. 181-98.
Voci di enciclopedia
Racconto, Cinema, Cinema, seconda parte e Teatro, Cinema –Domingo del señorito en escasez,
Dal Carso alla sala di proiezione, Il palazzo degli ori e Un maledetto imbroglio, PGE, EJGS,
2008, 2010.
Email: [email protected]
SAVELLI, Giulio
Legge e trasgressione: per una lettura ebraica di Svevo.
Il contributo intende ricapitolare alcuni dei termini fondamentali del mondo
intellettuale ed esistenziale caratteristico di Svevo, con le sue note polarità poste in
paradossale opposizione ed equivalenza, considerandoli a partire da una originaria
matrice religiosa ed esistenziale ebraica.
Volendo individuare nel sistema assiologico di Italo Svevo una qualche convinzione
che abbia caratteri di trascendenza, l’unica rintracciabile è l’imperativo ad essere
adeguati al mondo così com’è dato: la salute, nei termini della Coscienza di Zeno contrapposta all’inadeguatezza, la cosiddetta inettitudine. Più precisamente, la
convinzione che l’essere conformi alle leggi del mondo sia il compito morale ed
esistenziale assegnato a ciascun individuo per essere in armonia con se stesso e con la
vita, accanto alla convinzione che tale compito sia impossibile da assolvere.
La necessità di essere conformi alle leggi del mondo e della natura – potremmo
chiamarlo ‘principio di adeguatezza’ – attraversa la narrativa occidentale dal
Decameron al don Chisciotte ai naturalisti. Si tratta essenzialmente di uno degli aspetti
del processo di laicizzazione, mondanizzazione e secolarizzazione del pensiero
religioso cristiano. In termini molto generici, la natura e la realtà mondana prendono il
posto della divinità conservandone la forza prescrittiva, così che adeguarsi al mondo così com’è - ha lo stesso valore e lo stesso significato morale che ha il seguire la legge
divina.
In Svevo la secolarizzazione dell’originario modello religioso si plasma a partire dalla
fede ebraica. Il più evidente segno di tale riferimento sono alcuni dei caratteri peculiari
dell’inadeguatezza degli eroi sveviani; il secondo si scorge nel ruolo della
trasgressione. Su questi due aspetti si concentra appunto il presente contributo.
Che la trasgressione condensi in sé un’ambivalenza fondamentale verso la modernit|
appare evidente quando si consideri come la malattia sia, nella Coscienza, l’infrazione
dell’«occhialuto uomo» che inventa gli «ordigni» utili all’adattamento fuori del proprio
corpo. La colpa e il male, la malattia e l’inosservanza delle leggi della natura, la libert|,
sono cioè il corollario esistenziale della modernit| e dall’uscita dal mondo della Legge,
che di per sé non è tuttavia attingibile. Tutti temi che la letteratura ebraica del
Novecento – da Kafka a Philip Roth a Mordecai Richler – ha variamente sviluppato, e
che si riassumono nel problema di quale possa essere il significato della vita, a fronte
all’inevitabile rottura con quella forza prescrittiva trascendente capace di plasmare
l’esistenza dell’individuo, offrendole un senso.
CV
Nato nel 1959, italianista. Fra le sue pubblicazioni, quelle sveviane più rilevanti sono il
saggio dal titolo L’ambiguit| di Zeno, uscito nel 1989 su «Comunità», il volume
L’ambiguit| necessaria. Zeno e il suo lettore (Milano, Franco Angeli, 1998) e un’edizione di
Senilità (Bologna, Millennium, 2005). Altri articoli su Svevo sono stati pubblicati, fra il
1984 e il 2010, in volumi miscellanei e in varie riviste, fra cui «MLN», «Lingua e Stile»,
«Strumenti critici».
Email: [email protected] [email protected]
SAVETTIERI, Cristina
L’identità narrativa di Zeno Cosini.
In Tempo e racconto e in Sé come un altro Paul Ricoeur ha elaborato il concetto di identità
narrativa, proponendo una reinterpretazione dello sviluppo storico della narrativa
occidentale fondata proprio sulle trasformazioni della capacità di sottoporre la propria
vita a esame e di darle una forma narrativa che sia, al tempo stesso, un ordine
semantico. L’identit| narrativa, infatti, è frutto di una negoziazione continua tra il
carattere e l’esperienza, tra ciò che, nella costruzione del sé, non cambia e ciò che,
invece, è soggetto al mutamento. Secondo Ricoeur l’equilibrio tra permanenza e
mutabilità che ancora caratterizza i protagonisti del Bildungsroman ottocentesco si va
esaurendo nei romanzi di inizio Novecento, dove «l’identificazione del medesimo» (Sé
come un altro), che garantisce la tenuta dell’identit| narrativa, diventa sempre più
difficoltosa e precaria. I cosiddetti uomini senza qualità, quei personaggi, cioè, il cui
carattere si è dissolto sotto il peso dell’oscillazione etica e psichica, sono spesso affetti
da un radicale vizio mimetico – Pier Paolo Antonello ha proposto una lettura
girardiana della Coscienza – che nasce da una sostanziale incapacità a orientare i propri
desideri e a trasformarli in maniera lineare in azioni e comportamenti. Zeno Cosini
rientra perfettamente in questa tipologia, in quanto misura e modula se stesso solo in
rapporto a coloro che lo circondano. Zeno non somiglia mai a nessuno degli altri
personaggi, seppure il suo racconto è attraversato da una retorica contraddittoria, che,
se analizzata, permette di illuminare le due spinte essenziali che ne formano l’identit|:
il desiderio di essere l’altro, il desiderio di eliminare l’altro. La fluidit| della sua
identità narrativa, che presenta tratti permanenti del tutto privi di ossatura, produce
un racconto di sé fondato su un sentimento del tempo frantumato: tanto la
scomposizione del movimento dei muscoli quanto l’incapacit| di gestire il ritmo
nell’esecuzione musicale, ad esempio, sono figure corporee di una identit| in cui il
concetto di ‘identico’ – ciò che permane e garantisce la tenuta del sé – assume
esclusivamente la forma della coazione nevrotica. Ciò che resta stabile in Zeno è la
«convinzione», che si potrebbe intendere come vera e propria aspirazione alla
permanenza, svuotata di qualunque contenuto. Il fumo, il feticismo e le ossessioni
erotiche sono i puntelli illusori di un’identit| altrimenti in fuga. La malattia misteriosa
e indeterminata di cui Zeno soffre appare, secondo questa prospettiva, frutto di una
resistenza fallimentare al mutamento.
L’intervento, partendo dal quadro teorico qui delineato, intende indagare forme e
modi della costruzione dell’identit| narrativa di Zeno: verr| analizzato il carattere
aporetico della temporalità del racconto in relazione alla dimensione del desiderio; si
tenterà una reinterpretazione del concetto di «convinzione» e delle sue ricadute
narrative; verranno proposti alcuni confronti con i protagonisti dei precedenti romanzi
di Svevo e con i personaggi di altri romanzi coevi alla Coscienza di Zeno.
CV
Cristina Savettieri (Palermo, 1978) ha studiato all’Universit| di Pisa, dove ha
conseguito il dottorato di ricerca nel 2005. È stata borsista post-doc al Dipartimento di
Studi Italianistici dell’Universit| di Pisa dal 2007 al 2009. Ha collaborato col
Dipartimento di Scienze Umane dell’Universit| per Stranieri di Siena, dove ha svolto
un progetto di ricerca su Gadda e il fascismo. Ha insegnato come Adjunct Professor al
Graduate Program della New York University in Florence e attualmente lavora, in
qualità di Alexander von Humboldt Stipendiatin, al Peter Szondi-Institut für
Allgemeine und Vergleichende Literaturwissenschaft della Freie Universität di Berlino.
Nel 2010 è stata dichiarata vincitrice dell’Edinburgh Gadda Prize, nella categoria
«Gadda First. Best Early Career Scholarly Work on Gadda» per il volume La trama
continua. Storia e forme del romanzo di Gadda, ETS, 2008. Ha pubblicato diversi saggi
in rivista e in volume su narrativa e poesia del Novecento e su questioni di teoria del
romanzo e della narrativa.
Principali pubblicazioni
Malattie del tempo, risorse del racconto, in «Allegoria», XXI, 60, luglio-dicembre 2009, p.
122-152
Il Ventennio di Gadda, in Scrittori italiani tra fascismo e antifascismo, a cura di Romano
Luperini e Pietro Cataldi, Pisa, Pacini, 2009, pp. 1-33
La trama continua. Storia e forme del romanzo di Gadda, Pisa, ETS, 2008, pp. 188
Immagini e memorabilità nella Libellula, in La furia dei venti contrari. Variazioni Amelia
Rosselli, a cura di Andrea Cortellessa, Firenze, Le Lettere, 2007, 48-59
Personaggi malati di tempo. Due esempi modernisti, in Memoria e oblio: le scritture del tempo,
a cura di Carlo M. Augieri e Niccolò Scaffai, in «Compar(a)ison. An International
Journal of Comparative Literature», I/II 2005, pp. 49-57
Le forme dell’esperienza. Alcune note su un libro virtuale di Gadda, in Gadda. Meditazione e
racconto, a cura di Cristina Savettieri, Carla Benedetti e Lucio Lugnani, Pisa, ETS,
2004, pp. 85-104
Il racconto del tempo nella «Cognizione del dolore», in «Italianistica», 31, nn. 2-3, 2002, pp.
237-52
Email: [email protected]
SCHÄCHTER, Elizabeth
Svevo on Svevo.
The years 1926-1928 represented a period of belated fame for Italo Svevo when at last
he was accorded due recognition as a writer of international stature. His neglected
novels were about to be reprinted and translated. However, little was known about
him and he needed to publicise himself. Thus in 1928, at the request of the publisher
Giuseppe Morreale, Svevo asked his journalist friend Giulio Cesari to draft some
biographical notes which he then extensively revised; this became the Profilo
autobiografico. It was published posthumously in 1929.
My paper will examine the ways in which Svevo constructed his public persona,
focusing on leitmotifs of the Profilo autobiografico and comparing them to aspects of his
life as revealed in his private correspondence. Drawing also on critical biographies and
the diary of his brother Elio, I shall attempt to unravel the ambiguities and deconstruct
the myths that surround ‘il caso Svevo’.
The Profilo autobiografico appeared at the height of Fascism; Giulio Cesari was then
writing for Il Popolo di Trieste, the official Fascist newspaper. The Profilo opens with an
explanation of the writer’s pseudonym which ‘sembra voler affratellare la razza
italiana e quella germanica’. Svevo is evasive about this connection; he deliberately
diminishes his German and Austrian origins and is critical of his German education.
On the other hand, throughout the piece he emphasises his patriotic credentials and
those of his father. His Jewish identity is completely erased, not surprisingly given the
prevalent anti-semitism.
The breadth of Svevo’s literary tastes encompassing German, French, Russian and
English authors is contrasted, with self-deprecatory irony, to his ‘long-standing
linguistic inferiority complex’. He perpetuates, with ironic delight, his role as a hero
and martyr: heroic in his efforts to write despite the total lack of critical acclaim, and
then, after the publication of Senilità, his renunciation of literature, ‘un proposito
ferreo’, in favour of work and the family. It was, he relates, only a moment of
overwhelming inspiration that drove him to write La coscienza di Zeno.
The Profilo autobiografico also contains synopses of the three novels, references to
Freudian psychoanalysis, an account of James Joyce’s assistance, and quotations from
recent French critics who compare him to Flaubert, Proust and Dickens. Svevo can thus
take revenge on those Italian critics, whom he names, who refused to review his third
novel.
CV
Name:
Elizabeth Mahler Schächter
Affiliation: School of European Culture and Languages, University of Kent
Qualifications: BA; PhD
Recent and Relevant Publications: Books:
The Svevo Papers, edited with Introduction, UCL Centre for Italian Studies, London,
1999.
Origin and Identity: Essays on Svevo and Trieste, Northern Universities Press, 2000.
The Jews of Italy, 1848-1915: Between Tradition and Transformation, Vallentine Mitchell,
2011.
Articles:
‘L’Istruzione del giovane Ettore Schmitz’, in Irene Battino (ed.), Vita di mio marito. Livia
Veneziani racconta Svevo, Trieste: Museo Sveviano, 2001, pp. 21-30.
‘Italo Svevo and England’, Notes and Queries, 253:4, 2008, pp. 501-505.
‘The Anguish of Assimilation: the Case of Italo Svevo’, in Pierluigi Barrotta and Laura
Lepschy with Emma Bond (eds), Freud and Italian Culture, Peter Lang, 2009, pp. 65-81.
Email: [email protected]
SCHOMACHER, Esther
Monetary Ineptitude and its Profits in Una Vita and La Coscienza di Zeno.
Whether they are working as (bank-)clerks, the proprietors of trading companies,
speculating on the stock market, or merely dreaming of financial independence,
Svevo’s protagonists are immersed in the trade-centred Triestine culture. If judged in
the light of mainstream economic theory however, their own monetary exchanges
seem to be conducted in ‘unconventional’ ways, to say the least. Whereas classic
national economics sees economic behaviour as being the efforts of self-interested
entities who act in rational and calculating ways, Alfonso Nitti (Una Vita, 1892) and
Zeno Cosini (La Coscienza di Zeno, 1923) act out of gut feeling or dreamy imagination,
and have, in most cases, only the vaguest ideas of what financial returns to expect
when they start ‘doing business’. Nevertheless, they rarely seem unhappy with their
trades’ results – even if they seem to have made a loss, or cannot say what ‘the result’
really is. As the significance of the purely financial side of their transactions seems to
be somewhat variable to them, this paper will thus focus on the question of what it is
that Svevo’s inetti ultimately gain from their attempts at ‘business’.
I will pursue this question in two ways: first by placing the protagonists’ trading
practices in the contexts of contemporary economic thought, and also in the context of
the rather troubled financial history of Svevo’s own times. Here, particular attention
will be given to the Austrian School of Economics, founded by Carl Menger in 1870s
Vienna. Of particular relevance to this study will be their specific value theory, as well
as their rejection of the classical notions of economic rationality such as ‘economic
man’ (homo oeconomicus). Monetary value will therefore become visible as an
unstable category that is subject to a never-ending process of both personal and social
evaluation.
In the second step, I intend to show how, due to this ‘openness’ of the processes of
monetary exchange, the value of money can be seen as determined (if always only
temporarily) by three interrelating dimensions: the first one being the sign-structure of
money, the second being the social dimension of monetary exchange, and the third one
being the corporeal or material dimension of money and its impact on those who
handle it. The protagonists’ monetary ineptitude causes the emergence of values that,
in their multi-dimensionality, fuel the protagonists’ notoriously indefinite attempts of
making sense of their lives and/or their environments in a peculiar way: whereas the
omnipresent writing is oriented towards the past and guided by the failing (and
therefore in some ways productive) urge to come to terms with it, money and its
ephemeral value are both oriented towards the future. Their openness offers options
for possible future actions, rather than the (re-)interpretation of past ones. Thus, as I
will try to show, the profits gained by the protagonists’ in their various monetary
exchanges are ‚futures‛ – in both the metaphorical and the literal senses of the term.
CV
Esther Schomacher is a PhD student at Ruhr-University, Bochum, Germany, currently
writing up her thesis on money and writing in the works of the Italian writer Italo
Svevo (working title: ‚Buchführung. Schrift und Geld bei Italo Svevo‛; ‚Keeping books.
Money and Writing in the works of Italo Svevo.‛). The thesis is being supervised by Prof.
Rudolf Behrens. It will be submitted in autumn 2011 at the University of Bochum,
where she has worked for six years as a researcher and lecturer in Italian Literature,
before moving to London with her family. She studied Italian and Comparative
Literature and Communication Sciences in Bochum (Germany) and Padova (Italy).
The research interests she has pursued over the past years beside her work on Italo
Svevo range from Italian renaissance comedy, its concept of space, and its use of
economic notions, to modern and contemporary literature, where she focused on the
representation of sports (in particular boxing) and questions of embodiment. Her
theoretical interests include theories of writing, economic theory, theories of
embodiment, enactivism, and enactive criticism, as well as phenomenological
philosophy. She has teaching experience in Italian language as well as literature classes
on undergraduate and postgraduate level.
She presented her work on several conferences in Germany (Deutscher Italianistentag
2010, Forum Junge Romanistik 2010, Romanistentag 2007) and abroad (as for example
University of London, ‚Speculation and Displacement, 1700-2005‛, 2005 with a paper
on ‚Making Sense. Money, Accounting and Literature in Italo Svevo’s work.‛;
Università di Pisa, 14th International CESH (European Committee for Sports History)
Congress, 2009, with a paper on „The Body Does Not Know “As-Ifs‘ – Why Boxing Is
More Than a Game‛ (together with Dr Jan Söffner)).
Publications include:
- Haus-Ordnung. Der häusliche Raum in der Ökonomik und in der Komödie des 16.
Jahrhunderts. In: Horizonte 10 (2007), Sonderheft: Renaissancetheater: Italien und
die europäische Rezeption. Hrsg. v. Rolf Lohse. S. 165-191.
- ‚O guardi, o giochi‛ – Sport in Alessandro Bariccos City oder: Das Subjekt und das
Spiel. In: Italienisch 63 (2010), S. 35-55.
- (with Rudolf Behrens): Semantische Subversionen städtischen und häuslichen Raums
in der Komödie des Cinquecento. In: Elisabeth Tiller, Christoph Mayer (Hgg.):
RaumErkundungen. Einblicke und Ausblicke. Heidelberg: Winter 2011 (im
Druck).
- (with Jan Söffner): Warum es mit Repräsentationsformen nicht getan sein kann: Sieben
Thesen zum Enactive Criticism. In: Eva Siebenborn, Annika Nickenig et. al. (Hrsg.):
Repräsentationsformen des Wissens. Akten des Forum Junge Romanistik,
Bochum 2010. (im Druck).
- (with Jan Söffner and Tanja Klemm): Enactive Criticism: Research as embodiment. In:
RES: Anthropology and Aesthetics, 2011. (accepted)
Email: [email protected]
SPIGNOLI, Teresa
Da Zeno Cosini a Albino Saluggia: malattia e nevrosi nei romanzi di Italo Svevo e
Paolo Volponi.
La presente comunicazione intende riflettere sull’eredit| della sperimentazione
sveviana nella letteratura del secondo Novecento, prendendo in considerazione la
produzione narrativa di Paolo Volponi con particolare riguardo al romanzo d’esordio,
Memoriale (pubblicato nel 1962 per i tipi di Garzanti) che mostra numerose tangenze
con La coscienza di Zeno, sia relativamente alla forma narrativa adottata – il memoriale,
appunto – che relativamente alla dialettica tra salute e malattia, nevrosi e normalità. In
entrambi i testi è inoltre presente il riferimento alle teorie freudiane, laddove nella
Coscienza di Zeno esse vengono assunte criticamente – e polemicamente – nella
definizione della malattia che caratterizza il protagonista (e ovviamente nella figura
del Dottor S.), mentre in Memoriale la nevrosi di Albino Saluggia, mostra molti punti di
contatto con il delirio paranoico individuato da Freud nelle Osservazioni psicoanalitiche
su un caso di paranoia (dementia paranoides) descritto autobiograficamente (caso clinico del
Presidente Schreber). Entrambi i romanzi mettono dunque in scena un ‚narratore
inattendibile‛, mantenendo il lettore in uno stato di continuo sospetto ed incredulità,
incapace di scindere, all’interno della trama narrativa, verit| da menzogna. L’adozione
di un punto di vista ‚altro‛ rispetto alla consueta interpretazione della realt| – che è
caratteristica sia del macrotesto sveviano che di quello volponiano – mette quindi in
evidenza, attraverso la dialettica tra salute e malattia, l’ambiguit| del concetto stesso di
normalit|, e diviene metafora sia della condizione esistenziale dell’uomo, che – per
quanto riguarda Volponi – della alienazione dell’individuo nel contesto socioeconomico della realt| industriale degli anni Sessanta. Partendo dunque dall’analisi
comparata dei due romanzi, si intende centrare l’attenzione sulla persistenza della
lezione sveviana in ambito secondo-novecentesco, rilevandone le continuità e le
discontinuità.
CV
Dottore di ricerca in ‚Lingue e culture del Mediterraneo‛, attualmente titolare di un
assegno di ricerca presso il Dipartimento di Italianistica dell’Universit| degli Studi di
Firenze, e Cultrice della materia in Letteratura italiana moderna e contemporanea
presso il medesimo dipartimento. Il 21 settembre 2011 ha inoltre ottenuto il
finanziamento per il progetto di ricerca «Verba picta. Interrelazione tra testo e
immagine nel patrimonio artistico e letterario della seconda metà del Novecento», di
cui è Responsabile scientifico. Il progetto sar| condotto nell’ambito del programma
‚Futuro in Ricerca‛ 2010, finanziato dal Ministero dell’Istruzione dell’Universit| e
della Ricerca.
Durante la sua carriera universitaria, Teresa Spignoli si è occupata di scritture
epistolari e di archivi novecenteschi, pubblicando il carteggio intercorso tra Piero
Bigongiari e Giuseppe Ungaretti («La certezza della poesia». Lettere 1942-1970, Firenze,
Polistampa, 2008), ha dedicato inoltre particolare attenzione allo studio della poesia e
della narrativa novecentesca, con contributi sull’opera di P. Bigongiari, G. Ungaretti, A.
Pizzuto, A. Delfini, G. Testori, T. Landolfi; si è interessata ai rapporti tra letteratura e
arti figurative, con una serie di saggi sulla poesia verbo-visiva. Ha inoltre curato,
assieme a M. C. Papini e D. Fioretti, il volume Il romanzo di formazione nell’Otto e nel
Novecento, Pisa, Edizioni ETS, 2007, ed ha partecipato con comunicazioni a convegni
nazionali e internazionali, di cui è fornita una lista completa nel curriculum vitae
allegato.
Email: [email protected]
STASI, Beatrice
«Sans trop de dommage»: lo Zéno francese di Paul Henri Michel (1927).
Oggetto della comunicazione sarà la prima traduzione in lingua francese della
Coscienza di Zeno, tappa fondamentale per la fortuna del romanzo in Europa, resa
possibile dall’interessamento di Benjamin Crémieux, ma pesantemente condizionata
dai tagli imposti dall’editore Gallimard («un homme redoubtable» lo definisce il
traduttore, Paul Henri Michel, in una lettera in cui dichiara l’entit| delle soppressioni
effettuate a uno Svevo sempre più sconcertato). La consultazione della corrispondenza
tra autore e traduttore conservata presso il Museo Sveviano di Trieste (alcune lettere di
Paul Henri Michel, finora inedite, sono state da me pubblicate in una recente edizione
critica del romanzo), delle ricerche sulla figura stessa del traduttore, giovane e
promettente italianista ed erudito, destinato a una lunga e felice carriera di studioso e
bibliotecario, cercheranno d’inquadrare un’analisi del prodotto ultimo di tale
operazione editoriale, che l’autore volle seguire e controllare solo nella prima parte,
rifiutandosi successivamente, con garbata ma chiara polemica, di rivederne anche le
bozze. Proprio la quantità dei tagli effettuati, tali da poter modificare alcuni
lineamenti, se non la fisionomia complessiva dell’opera, consiglia una messa a fuoco
del testo francese pubblicato nel 1927, che rappresenta, comunque, la prima traduzione
in un’altra lingua della Coscienza di Zeno, l’unica comparsa vivente l’autore, il quale
ebbe il modo, confrontandosi col lavoro del traduttore, di definire e ribadire la
peculiarità delle proprie scelte linguistiche ed espressive. Se la consultazione della
corrispondenza anche privata del traduttore, resa possibile dalla grande disponibilità
degli eredi, offre elementi nuovi e importanti per ricostruire l’iter compositivo della
traduzione, ancora più rilevante dal punto di vista filologico è il ritrovamento della
copia del romanzo inviata da Svevo al traduttore, che, per quanto concerne
l’argomento di questa comunicazione, consente di distinguere i tagli suggeriti
dall’autore stesso da quelli effettuati successivamente dal traduttore, offrendo elementi
di riflessione importanti per definire l’immagine del romanzo elaborata dallo scrittore
successivamente alla pubblicazione.
CV
Formatasi tra Pisa (Scuola Normale Superiore) e Bologna (dottorato di ricerca in
italianistica), Beatrice Stasi è attualmente ricercatrice di Letteratura Italiana presso
l’Universit| del Salento. In precedenza, è stata per alcuni anni (1993-1996) «visiting
professor» presso l’Université de Montréal. Oltre ad aver collaborato ad alcuni
manuali di Letteratura Italiana per le scuole superiori (Prisma letterario, Prisma, Scenari),
ha pubblicato monografie sulla fortuna di Leopardi (Apologie della Letteratura. Leopardi
tra De Roberto e Pirandello, Bologna, Il Mulino, 1995), sulla poesia novecentesca
(Ermetismo, Firenze, La Nuova Italia, 2000), sulla storiografia umanistica (Apologie
umanistiche della «historia», Bologna, CLUEB, 2004), su Italo Svevo (Svevo, Bologna, Il
Mulino, 2009) e diversi articoli, in riviste specializzate italiane e straniere e in Atti di
convegno, su autori come Leopardi, Campana, Tozzi, Pirandello e Landolfi. Su incarico
del Comitato per l’Edizione Nazionale delle opere di Italo Svevo ha curato l’edizione
critica della Coscienza di Zeno (Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2008). È segretaria
di redazione di «Aghios. Quaderni di studi sveviani».
Email: [email protected]
STURMAR, Barbara
‚Un inciampatore per natura‛: lo shlémiel sveviano.
Nonostante Svevo dissimuli il suo ebraismo con una sorta di sornione indifferentismo
religioso, il rimosso delle sue radici ebraiche affiora nei suoi personaggi, spesso ispirati
allo shlémiel: maschera che, con i suoi impacciati tentativi di adattamento e
assimilazione, ha fornito innumerevoli spunti alla tradizione culturale yiddish.
L’insicurezza dell’atteggiamento dei disagiati shlemiel sveviani, che parallelamente allo
scrittore hanno interiorizzato l’ebraicit| e sono vittime di un’ancestrale inquietudine, è
disseminato di indizi che attirano l’attenzione sulla loro instabilit| fisica: specchio di
un equilibrio psichico claudicante.
Attraverso un’onomastica ricca di significati e con rimandi inaspettati, anche
all’arte contemporanea, gli ‚inciampatori per natura‛ (come evidenziato dallo scrittore
grazie al parallelismo con Charlot nel Profilo autobiografico) si affannano
sgangheratamente alla ricerca della loro sbilenca identità.
CV
Barbara Sturmar ha conseguito nel 2006 il titolo di dottore di ricerca in Italianistica,
presso l'Università degli Studi di Trieste, dove si è laureata in Filologia italiana e in
Storia dell’arte; ha svolto attivit| di pubblicista, ha lavorato in ambito storico artistico
ed è docente abilitata delle suole secondarie di primo e secondo grado. I suoi ambiti di
ricerca e le sue pubblicazioni riguardano la letteratura modernista, prevalentemente
indagandone le implicazioni con l’arte figurativa; ha pubblicato numerosi articoli e
saggi su Italo Svevo in riviste e Atti di convegni (in particolare «Menzogne, titubanze e
rossori lasciano traccia anche sulla tela.» Italo Svevo e l’arte figurativa, «AFAT ARTE IN
FRIULI ARTE A TRIESTE», 2006; ‚Una pietra nel cuore.‛ Un Ulisse a Trieste di Giorgio
Strehler, in Strehler privato, 2007; Bruno Maier svevista. Bibliografia in «Aghios. Quaderni
di Studi Sveviani», 2007; «Wo der Teufel Sie tragen will.» Svevo e la Grande Guerra, in La
letteratura e la storia, Bologna, 2007; «Anch’io ò scritto e scrivo e faccio ‚il pittore‛ a Parigi.»
Appunti sulle lettere di Filippo de Pisis a Italo Svevo, in «AFAT ARTE IN FRIULI ARTE A
TRIESTE», 2008; «Che ogni giorno mi dia un’idea e un sentimento.» Il «Diario per la
fidanzata» di Italo Svevo, in Memorie, autobiografie e diari nella letteratura italiana
dell'Ottocento e del Novecento, Pisa, 2008; «La ricetta dell’orso domato». Italo Svevo e il
romanzo di consumo, in Le forme del romanzo italiano e le letterature occidentali dal Sette al
Novecento, Pisa, 2010), inoltre si ricordano la curatela di Senilità di Mauro Bolognini dal
romanzo di Italo Svevo. Storia di un film e due sceneggiature, Pistoia-Trieste, 2005 e la
monografia «La vera battaglia.» Italo Svevo, la cultura di massa e i media, Trieste, 2008.
Email: [email protected]
TERRILE, Cristina
La parola all’ombra dell’idea. Narrazione e sentimento nell'opera di Svevo.
Nel saggio Del sentimento in arte, Svevo distingue il ragionamento, che non può esistere
senza parole — « Si pensa sempre la cosa e contemporaneamente la parola » —, dal
sentimento, il quale è « irragionevole », « abbisogna di tempo per maturarsi » e « non
ha per natura la parola ». Il saggio poneva così, implicitamente, il problema per
eccellenza della letteratura, che, più di qualsiasi altra arte, dispone di un mezzo
imperfetto, dovendo adattare una parola essenzialmente fatta per il ragionamento
all’espressione del sentimento, che è muto. Per affrontare questo problema di ordine
estetico, Svevo pensa la parola nella sua materialità, nella sua singolarità di fenomeno.
Nelle opere sveviane, il rapporto della parola con l'interiorità del sentimento procede
in effetti da un’inversione: se il ragionamento si esteriorizza nella parola,
accompagnandosi ad essa, nel caso del sentimento, la parola è anticipatrice. Il
sentimento si configura allora come coscienza dell’effetto prodotto dalla parola. La
funzione di una tale parola anticipatrice è quella di condensare l’inavvertito, di
captare, con leggero anticipo, quello che non si sa ancora. Fra la parola e il sentire, nel
presente che si ignora, vi è uno iato, un’aderenza ritardata. Ed è proprio questo scarto
rispetto al reale, questa prolungata autonomia del verbo rispetto al senso, che
distingue l’espressione del sentimento dal ragionamento. Sotto questa luce, la parola
che sboccia nel presente indaffarato si presenta come stabilizzazione provvisoria di un
ordine fenomenico. Un tale ordine provvisorio, una volta riconosciuto, creerà nuove
insorgenze verbali dislocate e nuovi sentimenti, anche laddove subirà le successive
manipolazioni di una scrittura che, come quella del Vegliardo, ambisce a « mettere tutte
le cose al posto ». Ora, nel rappresentare la singolarità della parola come continuum,
sempre incompiuto, come forma in via di costituzione, lontana dalla generalità dei
concetti, Svevo realizza di fatto la concezione schopenhaueriana di un’arte capace di
esprimere l’idea, cioè la singolarit| della forma, e di avvicinarsi così all’essenza della
volont|. La lingua dei personaggi sveviani nasce e prolifera proprio nell’intervallo che
separa l’idea dal concetto; configurandosi come manifestazione dell’individuo e
anticipazione del sentimento, la parola si sviluppa all’ombra dell’idea, compresa in
senso schopenhaueriano, e porta con sé concetti e pezzi di ragionamento come una
sorta di ornamento, secondario, ma ineludibile, della propria singolarità.
Attraverso lo studio di alcune opere narrative e teatrali di Svevo, si tratterà di mettere
in luce le diverse forme di un’arte che si presenta come un percorso di avvicinamento
della parola all’idea, cioè all’unitas ante rem, pur dovendo, ad ogni passo, fare i conti
con l’unitas post rem dei concetti.
CV
Cristina Terrile insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea presso il
Dipartimento di Italianistica dell’Universit| di Tours. Autrice di saggi vari su
autori italiani del Novecento (Pirandello, Svevo, Tozzi, Borgese, Palazzeschi,
Banti, Delfini, Calvino, Gadda, La Capria ed altri), sulla critica letteraria e sul
rapporto fra letteratura e filosofia, ha pubblicato i libri La crise de la volonté ou le
romanesque en question. Borgese, Green, Perutz, Pirandello, Kafka (Paris, Champion,
1997) e L’arte del possibile. Ethos e poetica nell’opera di Tommaso Landolfi, (Roma,
Edizioni di Storia e Letteratura, 2007).
Email: [email protected]
TOMASELLO, Dario
Tra senilità e buona vecchiaia: il crepuscolo di Svevo.
C’è nella condizione crepuscolare che attraversa la stagione primonovecentesca,
informando di sé opere e fenomeni poetici, qualcosa che riguardi una specifica
vocazione sveviana? Analizzando il portato delle antinomie sveviane, (in particolare:
salute e malattia; desiderio e frustrazione di esso), sembrerebbe di sì. Quanto del
successo futuro dell’autore triestino si deve a questa estenuata consapevolezza? È sul
rapporto tra senilità precoce e vecchiaia, come metafora di un’epoca, che ci si
concentrerà in questo intervento con particolare riguardo per la stagione cruciale, (in
particolare il fatidico 1926), a cui è ascrivibile la revisione di Senilità e la stesura de La
novella del buon vecchio e della bella fanciulla.
La condizione crepuscolare, che, in Italia, è la vera novità letteraria della stagione
inaugurale del secolo scorso, testimonia di una disillusione profonda, radicata,
destinata ad alimentare, con diffusione epidemica, i numerosi esiti dell’epoca delle
avanguardie. «*<+ il referente di significazione (tra il ‚piccolo fanciullo‛ di Corazzini,
l’uomo qualunque ‚detto guido-gozzano‛, il ‚saltimbanco dell’anima‛ di Palazzeschi),
è connesso ad una precisa situazione della cultura letteraria e morale, ad un
orientamento morale che fu dei giovani in quel particolare momento storico: un
dolente rifugio nel mondo interiore, un rifiuto della società e della storia», (LUCIANO
ANCESCHI, Le poetiche del novecento in Italia, Torino, Paravia, 1976, p. 125). Le
implicazioni cronologiche di questo malessere, però, sembrano potersi ascrivere ad
una fase decisamente anteriore al crepuscolarismo storicamente inteso. C’è una
generazione capace di somatizzare sino allo sfinimento i segni di un tempo che
trascorre rapidamente e muore: «Se l’anima tua invecchia innanzi tempo, invecchier|
innanzi tempo anche il tuo corpo» (ARTURO GRAF, Ecce homo. Aforismi e parabole,
Milano, Treves, 1908, p. 163).
Rimasticature, certo, di una malinconia che sperimenta, in un lungo tirocinio, l’inanit|
del proprio impegno e la senilit| precoce di un’ambigua genealogia che sta scontando,
nel Novecento, il retaggio angusto del secolo precedente. La malattia fatale di un’epoca
rischia così di trasferirsi dal corpo della società al corpo di coloro che vorrebbero
rappresentarne il vizio ben riposto: «Il vecchio che cova dentro se stesso, o millanta
esplicitamente la sua capacit| di desiderare e di ‚procreare‛, e guarda e sogna, è la
proiezione figurale, anarchica e dolente, del qualunque individuo – giovane o vecchio
che sia – gettato fuori della vita stessa, e condannato a una sorta di strazio dell’attesa,
che ancora interroga e nega» (MARIO SECHI, Senilit| precoce e vecchiezza d’Europa. Italo
Svevo fra medici e filosofi: 1898-1905, e oltre, in Italo Svevo. Il sogno e la vita vera, Roma,
Donzelli, 2009, p. 228).
CV
Dario Tomasello è professore associato in Letteratura italiana contemporanea presso
l’Universit| degli Studi di Messina.
È coordinatore scientifico del Centro interdipartimentale di Studi sulle Arti
Performative presso l'Università degli Studi di Messina
Dirige la collana di studi letterari "Iride" per l'editore Sicania e codirige, insieme a
Massimo Fusillo, la collana di studi sulla Performatività delle Arti "AlterAzioni" per la
casa editrice Le Lettere di Firenze.
Ha tenuto conferenze in molti Atenei e Istituzioni italiane ed internazionali (fra gli
altri: Sorbonne Nouvelle - Paris III; Columbia University; State University of New
York; Istituto Italiano di Cultura di Chicago; Katholieke Universiteit Leuven;
Università degli Studi di Bologna).
I suoi interessi spaziano dallo studio delle avanguardie storiche ad un'indagine
relativa alla drammaturgia italiana contemporanea; dallo studio della poesia italiana
del secondo novecento al romanzo italiano contemporaneo.
Fra le sue pubblicazioni più recenti:
- Poesia di narratori Alvaro, Delfini e Landolfi, Messina, Centro interdipartimentale di
studi umanistici, 2005
- La realtà per il suo verso e altri studi su Pascoli prosatore, Firenze, Olschki, 2005.
- AA. VV., Viaggio verso Qualcosa di preciso. Percorsi della poesia di Bartolo Cattafi, a cura
di Dario Tomasello, Firenze, Olschki, 2006
- Il fascino discreto della tradizione. Annibale Ruccello drammaturgo, Bari, Edizioni di
Pagina, 2008
- Un assurdo isolano. Il teatro di Spiro Scimone e Francesco Sframeli, Roma, Editoria &
Spettacolo, 2009
- AA.VV., Nessuno torna alla sua dimora. L’itinerario poetico di Jolanda Insana, a cura di
Dario Tomasello, Messina, Sicania, 2009
- Bisogno furioso di liberare le parole. Percorsi analitici delle Tavole parolibere futuriste,
Firenze, Le Lettere, 2010 (con Francesca Polacci)
Email: [email protected]
TORTORA, Massimiliano
Zeno antieroe modernista.
L’intervento si concentra sulla figura di Zeno Cosini, nella Coscienza di Zeno, quale
antieroe modernista. La narrativa modernista, italiana ed europea, denuncia in genere
l’opacit| del mondo, e la sua irriducibilit| a qualsiasi comprensione ultima e definitiva.
Lo stesso procedimento viene attuato da Svevo nella Coscienza. Tuttavia ciò che
avrebbe travolto qualsiasi eroe ottocentesco, diventa linfa vitale per Zeno.
Quest’ultimo infatti, conoscendo una parabola crescente all’interno del romanzo,
prende atto dell’impossibilit| di ridurre il mondo ad un’unica e persuasiva definizione,
e si rivela capace di adattare i suoi comportamenti a una realtà imperscrutabile,
imprevedibile e caotica. Sicché molte delle scelte che inizialmente sembravano perdenti
per l’eroe (la scelta della moglie, l’inettitudine al lavoro, la scelta dell’amante) si
riveleranno estremamente produttive e perfettamente confacenti alle sue esigenze di
vita: il motivo è queste non sono le migliori in assoluto, ma le migliori relative alla
particolare condizione di Zeno. Naturalmente tutto ciò ha delle conseguenze anche a
livello formale: si pensi, per presentare un solo esempio, al cambio di registro tra il
settimo e l’ottavo capitolo. Non si tratta soltanto del passaggio dalla forma memoriale,
con un destinatario prefissato, a quella diaristica, che non prevede destinatario, ma
anche di un cambio di codice linguistico adottato da Zeno. Viene a cadere ad esempio
l’esigenza della menzogna, che invece sappiamo essere strutturale nei primi sette
capitoli del romanzo: il fatto è che Zeno ha compiuto la sua piena maturazione e può
dunque affrontare il mondo e la realtà a viso aperto.
CV
Massimiliano Tortora insegna Letteratura Italiana Contemporanea presso l’Universit|
degli Studi di Perugia. È direttore de «L’Ellisse. Studi storici di letteratura italiana» e
redattore di «Allegoria». Ha pubblicato Svevo novelliere (Pisa 2003) e altri saggi di
argomento sveviano, su riviste e in volumi miscellanei. Ha altresì curato l’edizione
critica delle novelle di Federigo Tozzi (Pisa 2009), e il carteggio Giorgio BassaniMarguerite Caetani (in corso di stampa, Roma 2011).
Email: [email protected]
VALDEMARCA, Gioia
La macchina mostruosa. Zeno come cyborg.
Essere umano indeterminato, incompleto, critico feroce degli ‚ordigni‛ posti fuori
di sé, ma al contempo ammaliato dalle possibilità della tecnica, il protagonista de La
coscienza di Zeno è il simbolo dell’uomo rimasto vittima dello sviluppo tecnico. Ogni
malattia, secondo Zeno, è causata proprio dalla tecnica, dagli ‚orpelli‛ che recidono il
legame con la natura e non permettono lo sviluppo: ‚è l’ordigno che crea la malattia
con l’abbandono della legge che fu su tutta la terra la creatrice‛. La tecnica è, per
Svevo, la causa dell’immobilit| biologica che attanaglia l’uomo, che cerca la sua
completezza nell’aggiunta di orpelli meccanici e non più nello sviluppo delle proprie
caratteristiche biologiche.
Zeno pensa con difficolt| a se stesso come a un’unione di più parti indipendenti
tra loro. Il pensiero, ad esempio, dei muscoli che si muovono dentro al corpo lo
conducono a un momento di alienazione da se stesso, che non riconosce più una parte
di se come propria. In questo modo Zeno si decentralizza da se stesso, per osservare il
proprio corpo (e non più solo la propria coscienza) da una posizione che vuole essere
esterna, neutrale, ma che alla fine causa solo un’enorme disordine. Quasi un
precursore del cyborg, l’uomo de La coscienza di Zeno comprende le infinite possibilità
della tecnica applicata al corpo umano, e il potere potenzialmente estraniante della
presenza di ‚ordigni‛ esterni a sé. L’uomo bionico non è un accrescimento delle
potenzialit| umane ma soltanto una complicazione e un’alterazione di uno stato
naturale primigenio e non più raggiungibile.
CV
Gioia Valdemarca (1981), germanista di formazione, è dottore di ricerca in Italianistica
presso l'Università di Trieste e in Romanistik presso la Heinrich-Heine-Universität
Düsseldorf con una tesi sull'influenza dell'indeterminismo scientifico sulle opere di
Robert Musil e Italo Svevo. Ha pubblicato recensioni e vari saggi di comparatistica,
prevalentemente sul rapporto tra la letteratura italiana e la letteratura in lingua
tedesca, e su autori italiani contemporanei del "Nordest", come Gian Antonio Stella,
Luigi Meneghello e Vitaliano Trevisan. Campi di ricerca: letteratura e scienza, spazi
urbani nella letteratura, processi mediali, culturali e comunicativi nei rapporti tra
Germania, Austria e Italia.
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VERBARO, Caterina
Prolegomeni dell’anti-eroe sveviano: lettura di Marianno.
L’operazione sveviana di costruzione di una nuova soggettivit| narrativa, il cui
culmine è dato dalla Coscienza di Zeno, ha un antefatto significativo e poco indagato
nel più rilevante dei cosiddetti «racconti muranesi», Marianno.
Il racconto, le cui due redazioni sono generalmente attribuite agli anni delle
prime letture freudiane (1911-1914), presenta numerosi motivi che sembrano in realtà
collocarlo in quella costellazione concettuale e tematica che sarà propria del secondo
Svevo, dalla Coscienza di Zeno ai racconti del 1925-1928, fino ai frammenti delle
«Continuazioni» del 1928.
Del testo verrà indagata una triplice direzione di connessioni:
1.
I rapporti con le teorie freudiane, che in questo abbozzo narrativo trovano per la
prima volta un tentativo di diretta traduzione testuale soprattutto nell’episodio del
racconto onirico.
2.
I rapporti intratestuali con più compiute e successive opere sveviane: laddove i
nessi con la Coscienza di Zeno sono stati già notati dalla critica (specie a proposito
della definizione di duplicità morale del bambino buono/cattivo che troverà nel
romanzo una puntuale eco testuale), ancora più incisive appaiono le concordanze con
alcuni racconti, come Corto viaggio sentimentale (il nesso orfano/viaggiatore/straniero,
la selettivit| della memoria, il quadro onomastico, l’ambientazione veneziana, oltre a
numerosi singoli episodi e topoi), L’avvenire dei ricordi (l’assetto narrativo del
racconto memoriale, la teoria delle ‘isole di memoria’, il quadro psicologico della
privazione affettiva del protagonista-bambino), La madre (il fantasma affettivo della
madre assente e la condizione di orfanità).
3.
I rapporti intertestuali con gli autori letti in quegli anni da Svevo, specie di area
anglosassone, già in parte notati dagli studi di B. Moloney, in particolare Joyce
(Dubliners, Exules) e Dickens (Oliver Twist), soprattutto in relazione al nesso tra
orfanità e compensazione eroica (o anti-eroica) del protagonista.
In questo quadro il personaggio dell’orfano verr| letto come prima e embrionale
figurazione di una condizione del soggetto fondata sullo straniamento, sullo
sradicamento e sull’esilio dalle proprie origini, che si preciser| nelle opere più mature
come costruzione di un nuovo statuto del soggetto modernista, fondato sulla duplicità
e sul decentramento, il personaggio-straniero (Zeno) e esule (Aghios).
CV
Caterina Verbaro è professore associato di Letteratura italiana contemporanea presso
la Facoltà di Lettere della Seconda Università di Napoli, dopo avere insegnato presso
l’Universit| della Calabria, dove nel 1991 ha conseguito un dottorato di ricerca in
Scienze letterarie. Ha dedicato numerosi saggi e monografie ad autori come Lorenzo
Calogero, Carlo Emilio Gadda, Italo Svevo, Amelia Rosselli, Antonella Anedda,
Giuseppe Occhiato, e si è inoltre occupata di narrativa fantastica di fine Ottocento e di
poetiche del Novecento.
Fa parte del Comitato Scientifico per l’edizione delle opere di Lorenzo Calogero ed è
referente scientifico del progetto editoriale ‚Oblio – Osservatorio bibliografico della
letteratura italiana otto-novecentesca‛.
PUBBLICAZIONI
Le sillabe arcane. Studio sulla poesia di Lorenzo Calogero, 1988.
(con G. Luti) Dal Neorealismo alla Neoavanguadia. Il dibattito letterario in Italia negli
anni della modernizzazione (1945-1969), 1995.
Il lettore burlato: riflessioni in margine a ‚Una burla riuscita‛ di Italo Svevo, in AA. VV.,
Otto-Novecento. Studi in onore di Giorgio Luti, 1996, pp. 207-222.
Italo Svevo, 1997.
Italo Svevo e la scrittura discordante, in ‚Filologia antica e moderna‛, 16, 1999, pp. 2365.
Canone espressivista e autobiografismo: appunti per una comparazione tra Dossi e Gadda,
in AA.VV., Il canone letterario del Novecento italiano, 2000, pp. 117-130.
Il castello di carta. L’impotenza sperimentale della narrazione scapigliata, 2001.
L’invisibile confine. La narrazione epica di ‚Oga Magoga‛ tra umano e divino, in
‚Filologia antica e moderna‛, 24, 2003, pp. 257-267.
La cognizione della pluralità. Letteratura e conoscenza in Carlo Emilio Gadda, 2005.
AA.VV., ‚Scrivere è chiedersi come è fatto il mondo‛. Per Amelia Rosselli , a cura di C.
Verbaro; comprende C. Verbaro, ‚Al bivio di tutte le sognanze‛: Amelia Rosselli e
Lorenzo Calogero, ivi, pp. 33-56, e Rosselli-Betocchi, Carteggio su Calogero, a cura e con
una nota di C. Verbaro, ivi, pp. 157-169.
Vedere è potere: paradigma del fantastico e sapere psicoanalitico nel ‚Malocchio‛ di Italo
Svevo, in AA.VV., Italia magica. Letteratura fantastica e surreale dell’Ottocento e del
Novecento, 2008, pp. 250-261.
Il viaggio e il sogno: i modi analitici dello straniamento in ‚Corto viaggio sentimentale‛, in
AA.VV., Italo Svevo: il sogno e la vita vera, 2008, pp. 85-111.
‚Fui, volai, caddi tremante‛: la semantica dello spazio e del movimento nella poesia di
Amelia Rosselli, in AA.VV., Studi sulla letteratura italiana della modernità. Per Angelo R.
Pupino, vol. II, tomo 2, Dal secondo Novecento ai giorni nostri, 2009, pp. 487-511.
Natura morta con cornice. La poesia di Antonella Anedda, in «Italian Poetry Revue», V,
2010, pp. 59-82.
I margini del sogno. La poesia di Lorenzo Calogero, 2011.
Email: [email protected]
WELGE, Jobst
Svevo’s Una vita, inettitudine, and the novel of the employee.
In this presentation I will discuss Svevo’s novel Una vita (1892) with regard to the
topos of the incapacitated anti-hero (inettitudine) and a new conception of authorship
embodied by Svevo’s self-conception as literary dilettante (drawing on various
autobiographical sources). I argue that Svevo’s novel may usefully be compared with
other literary figurations of the employee (by Pessoa, Walser, Dos Anjos). These
novels, characteristically located in „peripheral‚ places that experience sudden
modernization, represent a new combination of the psychological novel with the
experience of daily life and the routine of work, where the evasion from this banality is
reflected by the text itself. A guiding question is how these „weak‚ anti-heroes imagine
themselves as „strong‚, and how these novels re-imagine the relation between life and
literature.
CV
Jobst Welge is currently guest professor in the Department of Romance Philology at
Freie Universität Berlin. He received his Phd in Comparative Literature from Stanford
University in 2001 and his Habilitation degree from FU Berlin with a thesis entitled
Allegories of Nationhood: Periphery, Genealogy, and Historical Change in the Modern Novel
(2009). He has taught and published on the modern literatures of Italy, Spain, Portugal,
Argentina and Brazil, with a special emphasis on the comparative history of the novel.
His publications on Italian culture and literature include an edition of the travel
writings of Curzio Malaparte, as well as essays on Fascist architecture, Mario Rigoni
Stern, Tomasi di Lampedusa, Italo Svevo, F. T. Marinetti, Giordano Bruno, and
Petrarca.
Email: [email protected]
YAMASAKI, Aya
Invenzione dell'ordigno narrativo. I racconti sveviani nel periodo del silenzio.
La nostra analisi cerca di dimostrare la continuità nelle attività letterarie di Svevo,
analizzando i racconti scritti durante il ‚periodo del silenzio‛, che va da Senilità a La
coscienza di Zeno.
Con la pubblicazione dei testi critici curati da Lavagetto (2004), si è venuti a
conoscenza che la data di compilazione di alcuni racconti di Svevo ricadeva proprio
nel cosiddetto ‚periodo del silenzio‛. Analizzando questi racconti, il nostro intervento
mira a dimostrare, per prima cosa, che in quell’epoca Svevo stava continuando a
sperimentare vari modi di scandagliare i desideri intimi degli esseri umani, e, in
secondo luogo, a proporre l’ipotesi che la forma peculiare de La coscienza esistesse fin
dalla prima stesura.
In questo studio prendiamo in esame, in particolare, cinque tra i racconti scritti in
quell’epoca: Lo specifico del Dottor Menghi, ‚Diario di bordo‛, ‚Un medio ingenuo‛, ‚Il
malocchio‛, Ombre notturne1. Dall’analisi di questi racconti si osserva che: 1) alcuni di
essi hanno già una struttura a cornice ed un narratore inattendibile; 2) vengono trattati
di frequente alcuni fenomeni di moda all’epoca (per es. la cura rigenerante, lo
spiritismo, la psicoanalisi), i cui benefici vengono spesso messi in dubbio. A questi
fenomeni, che abbiamo chiamato ‚ordigni‛, usando un’espressione dello stesso Svevo,
egli aveva affidato un’interessante funzione narrativa, cioè quella di far emergere i
desideri intimi ed egoistici dei personaggi.
Queste osservazioni ci portano a dedurre che, nonostante Svevo non avesse molto
tempo da dedicare alla letteratura, in quel periodo stesse comunque cercando di
sperimentare vari modi di raccontare (il narratore inattendibile, la struttura a cornice
ed i diversi ‚ordigni‛) per svelare l’intimo degli esseri umani dai suoi protagonisti.
A questo punto se si pensa alla psicoanalisi ne La coscienza di Zeno, le sue funzioni
narrative si dividono in due livelli e sono simili alle caratteristiche narrative dei
racconti del ‚periodo del silenzio‛: 1) a livello della narrazione, la psicoanalisi
funziona come una cornice che unisce tutti i racconti in cui il narratore è inattendibile;
2) a livello del contenuto invece, la psicoanalisi funziona come ‚ordigno‛, che
trasmette ai lettori delle informazioni non volute dal narratore Zeno.
Da questa osservazione si ipotizza che fin dall’inizio della stesura de La coscienza,
l’intenzione di Svevo fosse di sfruttare doppiamente la psicoanalisi, sia a livello della
narrazione che a livello del contenuto, per rivelare i desideri intimi del protagonista
Zeno. Pertanto sosteniamo che Svevo avesse fin dall’inizio l’idea della struttura attuale
del romanzo.
-----------------------------------------------------------1 I titoli originali sono in corsivo, quelli adottati successivamente dalla critica tra
virgole.
CV
Nel 2009 ha conseguito il dottorato presso l’Universit| di Tokyo con la tesi ‚I romanzi
di Italo Svevo: simulazione e rovesciamento delle tendenze di pensiero dell’epoca‛.
Collabora con la rivista ‚Studi Italici‛, edita dall’Associazione di Studi Italiani in
Giappone, pubblicando alcuni saggi su Svevo. Si è interessata anche ad altri scrittori
triestini del primo Novecento, come Saba e Slataper. Attualmente insegna lingua e
cultura italiana al Kunitachi College of Music di Tokyo.
Email: [email protected]
ZAZZARONI, Annarita
Trieste, fine e inizio di un mondo. Presenza di Svevo in Bettiza, Rosso e Cialente.
Trieste, la città mercantile di frontiera, la città che sembrava senza letteratura e senza
poesia, diviene con Svevo (e Saba) l’esempio di un nuovo modo di scrivere, fondato
sulla psicanalisi, sulle contraddizioni della vita borghese e sulla scissione di un
individuo incapace di scegliere. Con Svevo Trieste diventa emblema di una letteratura
italiana di stampo mitteleuropeo, ma soprattutto di una letteratura di frontiera in cui il
rapporto con la propria identit| è meditato e ricercato. Il tema dell’inquietudine
esistenziale che frattura continuamente l’uomo, declinato sullo sfondo di una Trieste
duplice (divisa tra italiani, sloveni e croati, tra lingue diverse, tra città e Carso), è
quanto maggiormente permane dell’opera di Svevo negli scrittori triestini del secondo
dopoguerra. La citt| presta le immagini alla condizione dei protagonisti, entro un’eco
di rimandi alla tradizione triestina per antonomasia, e quindi alla lezione di Italo
Svevo.
Nel romanzo di Enzo Bettiza Il fantasma di Trieste (1958), ambientato nei primi anni
del ‘900, il protagonista Daniele Solospin vive le contraddizioni della decadenza della
sua ricca famiglia e, al tempo stesso, quelle di un’epoca in declino; è la grandezza
mercantile e commerciale della Trieste di Svevo in cui però si annida il germe della fine
e dell’incertezza della propria identit|, divisa tra componente austriaca e italiana. È in
questa confusione interiore che Daniele, in nome dell’Italia, prende parte a un attentato
contro l’imperatore, organizzato però da sloveni e croati. Inoltre è interessante che la
condizione tipica della frontiera riconosciuta in Trieste sia stata pienamente recepita da
uno scrittore non triestino: Bettiza è infatti nato a Spalato.
Ancora un mondo in decadenza è al centro della Dura Spina (1963) di Renzo Rosso:
ambientato nel 1945, il romanzo vede come protagonista un altro inetto triestino, il
musicista Ermanno Cornelis. Di nuovo la triestinità lega le contraddizioni della storia e
l’impotenza di un protagonista, che riesce a sopravvivere proprio grazie a questa sua
caratteristica.
Esplicitamente dedicato alla Trieste di Svevo e a quel mondo borghese è il romanzo di
Fausta Cialente, Le quattro ragazze di Wieselberg (1976). La Cialente è nata a Cagliari da
madre triestina ed ha sempre sentito Trieste come la sua vera terra d’origine; di qui il
bisogno di scrivere un libro di memorie familiari. Come nel caso di Bettiza, Trieste
diviene una città letteraria a cui ispirarsi e in cui riconoscersi, anche attraverso la
mediazione di Svevo. Le quattro sorelle protagoniste hanno tutte nomi che iniziano
con la a e la Cialente rivela che fu sua madre, durante un ballo, a raccontare a Ettore
Schmitz di avere tre sorelle, in cui nomi iniziavano con la lettera a; questa poté essere
l’ispirazione dei nomi di Ada, Augusta, Alberta e Anna nella Coscienza di Zeno.
CV
Annarita Zazzaroni ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Italianistica nel 2009,
presso l’Universit| di Bologna, sotto la guida del prof. Emilio Pasquini. La sua
dissertazione, dal titolo Melodramma senza musica: Giovanni Pascoli, gli abbozzi teatrali e le
Canzoni di Re Enzio, ora in corso di pubblicazione, ha analizzato i libretti pascoliani,
mettendoli in relazione con la silloge tarda Le Canzoni di Re Enzio.
Dal 2007 è tutor di corso di laurea in Lettere all’universit| di Bologna e supporto
alla didattica della cattedra di Letteratura Italiana del Romanticismo e Contemporanea
(tenuta dal prof. Marco Antonio Bazzocchi).
Nel 2011 ha vinto un assegno di ricerca per indagare la persistenza dell’archetipo
del mito di Aracne in alcuni testi del Secondo Novecento italiano, includendo tra
questi lo studio di Ernesto De Martino, La terra del rimorso, che viene indagato da un
punto di vista letterario e attraverso l’influenza che ebbe su alcuni scrittori
contemporanei.
Si è occupata anche di Dante, autore a cui era già stata dedicata la tesi di laurea.
Nel 2009 è infatti uscito un lavoro sulla metafora della ruota a confronto tra Dante e
Ildegarda di Bingen, in cui sono riportate alcune nuove indicazioni sulla presenza delle
opere della mistica renana in area toscana.
I suoi interessi di ricerca riguardano il rapporto tra musica e letteratura,
soprattutto ottocentesca, la persistenza di archetipi mitici e simbolici nell’elaborazione
letteraria e la critica dantesca.
Email: [email protected]
ZIOLKOWSKI, Saskia
Living like Dogs: Humor and Compassion in Svevo and Kafka.
From one of the first pieces of writing of Svevo’s that we have, his announcement of a
lost dog (‚Ettore‛) in the family’s newspaper, to his posthumously published ‚Argo e
il suo padrone,‛ man’s best friend makes repeated appearances in Svevo’s work. Svevo
shares this canine fascination with his ‚last literary love,‛ Franz Kafka, whose most
wellJknown dog tale states, ‚All knowledge, the totality of all questions and answers,
is contained in the dog.‛ Both Svevo and Kafka use dogs to highlight man’s inability to
see outside of himself and to problematize perspective. In both authors’ works, canines
frequently underscore human beings’ egoism, not only when they are the narrators,
but also when they appear in less fantastical ways. For example, Stefano Balli walks
behind the cart of the ‚canicida‛ and contemplates the dogs’ fates, hardly listening to
Emilio Brentani discuss his sister, who is also headed for an undeserved death.
Through an exploration of their dogs, this paper will discuss the resemblances between
the Svevo and Kafka’s irony, playful focalization, and representations of the
impossibility of ever knowing another’s perspective, human or dog. The more
abundant criticism on Kafka’s dogs will help underscore unnoted aspects of Svevo’s
canine figures. For instance, the idea of Kafka’s dogs as potentially representing the
Jewish people has been fiercely debated. In fact, all of Kafka’s animals have been
interpreted as representing the difficult position in which Jewish dwellers in Prague
found themselves. This paper will investigate the relevance of the idea of animal as
‚other‛ and the multivalences of dogs for these particular authors, including a
discussion of Svevo and Kafka’s biographical affinities that contribute to the range of
similarities between their works. Their notable biographical analogies are in part due
to and are strengthened by the fact that both authors came from borderline
communities of the AustroJHungarian Empire that informed their writings. Relatedly,
the two authors employ dogs, often overlooked, marginal figures, to offer new
perspectives on reality.
CV
ACADEMIC POSITIONS
University of California, Berkeley, Berkeley, California
Mellon Postdoctoral Fellow in the Humanities, Italian Studies 2010—2012
Duke University, Durham, North Carolina
Lecturing Fellow, Romance Studies 2009—2010
EDUCATION
Columbia University, New York, New York 2002—2009
Ph.D. in Comparative Literature and Society & Italian May 2009
Dissertation:
‚Trieste and the Migrations of Modernism: Fin-de-siècle Austria in the Italian Literary
Landscape.‛
M.Phil. in Comparative Literature and Society 2006
M.A. in Italian 2004
Universität Wien, Vienna, Austria 2001—2002
Courses on Austrian History and German (part of a Fulbright Fellow Grant).
Princeton University, Princeton, New Jersey 1997—2001
A.B. magna cum laude, Concentration in Romance Languages and Literatures (Italian)
PUBLICATIONS
‚Kafka and Italy: A New Perspective on the Italian Literary Landscape,‛ Franz Kafka
for the
Twenty-first Century. Eds. Ruth Gross and Stanley Corngold. Rochester: NY:
Camden House. Forthcoming (Spring 2011).
‚Svevo’s uomo senza qualit|: Musil and Modernism in Italy,‛ Gender and Modernity
in Central
Europe: The Austro-Hungarian Monarchy and its Legacy. Ed. Agatha Schwarz.
Ottawa:
University of Ottawa, 2010. 83-101.
‚‘So, then people do come here in order to live’: Interiority in the Novels of Rainer
Maria Rilke and Scipio Slataper,‛ The Comparatist. Vol. 33: (May 2009) 109—131.
‚Svevo’s Last Love: Kafka in Trieste and the Remapping of Italian Modernism,‛
Diversity, Otherness, and Pluralism in Italian Literature, Cinema, Language, and
Pedagogy.
Yesterday Today, and Tomorrow. Eds. F. Calabrese, L. Ghezzi, T. Lobalsamo,
W. Schrobilgen. Ottawa: Legas Publishing, 2009. 87-109.
Translation of selections from the Cronaca di Partenope and from Bonamente
Aliprandi in The
Virgilian Tradition: The First Fifteen Hundred Years. Eds. Jan M. Ziolkowski and
Michael C.
J. Putnam (New Haven, CT: Yale University Press, 2008) 945—953, 991—1000.
Email: [email protected]