valori del paesaggio agrario: l`olivo

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valori del paesaggio agrario: l`olivo
VALORI DEL PAESAGGIO AGRARIO: L’OLIVO
La pianta dell’olivo ( Olea europaea L.
ssp. sativa Hoffman & Link, sinonimo
Olea europea L. subsp. Europea) e la
sua coltivazione siciliana hanno una
storia millenaria.
Pare del tutto probabile che sia nativa
della Siria e che sia stata introdotta
nell’isola ad opera dei Fenici e dei
Micenei ed è ben presente anche in tutte
le regioni del Mediterraneo, soprattutto nelle aree collinari e
montane dell’entroterra, anche se si è ben adattata nelle zone
costiere.
Il processo storico del radicamento della coltivazione
dell’olivo ha fasi alternanti tra l’incoraggiamento della
produzione e la marginalizzazione della coltivazione e della
produzione.
Incoraggiata fortemente dai Romani conobbe un periodo di crisi con gli Arabi mentre i
Normanni ne ripresero la diffusione della coltivazione cui seguì una nuova crisi con la
presenza degli spagnoli.
La rivincita produttiva si ebbe con la dominazione borbonica.
La pianta dell’olivo continua ancora oggi a detenere il primato presenza nella storia e
nella cultura delle popolazioni isolane e del mediterraneo, in genere.
Questa antica tradizione che in Grecia si fa risalire alla diretta volontà della Dea Atena ha
anche riferimenti biblici e documenti storici ben precisi come il Codice mesopotamico di
Hammurabi (IRAQ).
La centralità dell’olivo è testimoniata dall’importante ruolo economico che ha avuto la
produzione olivicola per le popolazioni isolane e mediterranee ed anche per i significati
simbolici e religiosi della pianta.
Nella festa tebana denominata “Dafnoforia” dedicata ad
Apollo la processione al tempio recava con se rami d’ulivo
intrecciati con rami di alloro, gli ebrei utilizzavano l’olio
per i loro rituali sacri, profeti e re venivano unti come
segno di investitura (Messia o Khristòs nel linguaggio
antico significano “il signore è unto”) . Nella religione
cristiana l’olio e l’olivo assumono importanti significati
simbolici nell’olio degli infermi e in quello dei catecumeni
nonché nel rito della festa delle palme che viene associato
a simbolo di pace.
Assume anche il significato di testimoniare la prosperità
come è dato vedere in alcuni mosaici della Villa Romana
del Casale a Piazza Armerina.
Dal punto di vista vegetazionale l’olivo selvatico,
comunemente definito oleastro, è un elemento importante della macchia mediterranea e
caratterizza il climax più caldo definito in fitogeografia come Oleo-Lentiscetum.
Si caratterizza per il portamento cespuglioso, fitto di rami ricoperti da foglie verde scuro e
frutti più piccoli rispetto all’albero dell’olivo. La polpa dell’oleastro è più fine e più povera
di olio rispetto al suo corrispondente domestico. Anche l’oleastro aveva una vecchia
pratica di valorizzazione economica poiché veniva usato per effettuare gli innesti.
Fotografie: olivi a Pietraperzia
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Le miniere dismesse e abbandonate della Provincia di Enna: i segni dei geotopi della serie
Gessoso- Solfifera siciliana e il progetto di valorizzazione del geopark.
L’attività mineraria dello zolfo (e dei sali) con la sua complessa organizzazione produttiva e sociale,
dall’antichità romana fino alla dismissione (1970), rappresenta l’unico vero fattore produttivo
endogeno che ha lasciato tracce profonde sul paesaggio e sull’ambiente dell’entroterra siciliano
determinandone le trasformazioni strutturali ed infrastrutturali.
In particolare, la Sicilia centro-meridionale (unico produttore mondiale fino all’avvento dello zolfo
americano estratto con il metodo Frash) e la parte centrale della Provincia di Enna, fin dai tempi degli
antichi romani, catalizzarono l’attenzione economica e politica degli stati moderni almeno fino alla
progressiva crisi dell’industria solfifera siciliana determinata più dagli alti costi di estrazione che
dall’esaurimento del minerale.
Per questa ragione il paesaggio ennese si presenta oggi, soprattutto nella fascia centrale,
disseminato dei resti di macchine, di opifici in disuso, delle discariche dei rosticci, dei pozzi, etc.
Questi sono i segni principali o meglio gli iconemi del paesaggio geologico della serie gessososolfifera siciliana e rappresentano i caratteri evolutivi di millenni di storia geologica del mediterraneo e
nello stesso tempo costituiscono l’archivio del territorio e della memoria storica collettiva.
La Serie Gessoso-Solfifera del Messininano, nota anche come formazione di Cozzo Terravecchia
appartiene al Miocene superiore (5,2 milioni di anni circa) ed è affiorante in maniera estesa nel
bacino centrale siciliano, noto come Bacino di Caltanissetta, espandendosi anche nelle propaggini di
Caltagirone.
La serie è caratterizzata da una successione di sedimenti evaporitici compresi tra le formazioni del
Tripoli (Tortoniano superiore, 12 milioni di anni circa) e quelle dei Trubi (Pliocene inferiore, 1,8 milioni
di anni circa), rocce sedimentarie detritico-organogene.
Le condizioni orogenetiche che hanno portato alla deposizione della serie si siano instaurate nel
Miocene superiore in seguito alla chiusura dello Stretto di Gibilterra che ha impedito l'afflusso delle
acque atlantiche nel Mediterraneo intrappolandone le acque e divenendo, in tal modo, un bacino a
circolazione ristretta soggetto a parziale prosciugamento dove vi è l’arricchimento di sali
(prevalentemente carbonato di calcio, CaCO3)e il corrispondente impoverimento di ossigeno con
un’elevato stress per gli organismi biologici.
L'elevata temperatura, un'evaporazione eccessiva e lo scarso apporto di acque provenienti dai fiumi
hanno provocato un aumento della concentrazione delle sostanze disciolte nelle acque del bacino
che, raggiunti i punti di saturazione, hanno iniziato a precipitare dando luogo, appunto, ai depositi
evaporitici.
La Serie Gessoso-Solfifera continua è costituita dalle seguenti unità: Tripoli, Calcare di base, Gessi,
Sali e Trubi.
Il Tripoli, come già precedentemente accennato, è una roccia organogena: si forma in seguito
all'accumulo di microscopici gusci di diatomee (microorganismi marini a scheletro siliceo) e presenta
la caratteristica di "sfogliarsi" facilmente in sottili livelli tra i quali si rinvengono spesso pesci fossili.
Tale presenza è attribuibile alla "soglia" che ostacolava gli apporti idrici dell'Atlantico nel
Mediterraneo, ma non impediva l'ingresso dei pesci che intrappolati in condizioni a loro ostili a causa
dell'elevata salinità, morivano e si depositavano sul fondo.
Le rocce del Tripoli rappresentano un preavviso di ambiente che diventerà evaporitico.
Dopo la formazione del Tripoli si entra in condizioni prettamente evaporitiche con la precipitazione
del primo sale rappresentato dal calcare detto, per la posizione che occupa, Calcare di base.
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Associato ad esso vi è spesso lo zolfo.
Il Gesso che si deposita dopo il calcare di base si può presentare in due forme diverse: il gesso
primario stratificato e il gesso secondario che deriva dal primo ed è caratterizzato da cristalli di
notevoli dimensioni, trasparenti ed incolori, dalla caratteristica forma a "coda di rondine".
Dopo i gessi precipitano i Sali in funzione della concentrazione di K (potassio) e Na (sodio)
nell'acqua.
Chiudono la serie evaporitica i Trubi, marne calcaree a Globigerine del Pliocene inferiore (1.8 M.a.)
che indicano il ripristino delle normali condizioni di mare aperto conseguente all'abbassamento della
soglia di Gibilterra o all'innalzamento del livello dell'Atlantico.
Il costone calcareo di Capodarso e la miniera
I gessi del Messiniano
Il Messiniano segna importanti cambiamenti nelle condizioni fisiografiche dei bacini, in
corrispondenza della "crisi di salinità" che ha interessato l'area mediterranea, rappresentati dalla
formazione Gessoso-Solfifera le cui successioni più complete affiorano in Sicilia. Qui compaiono,
separate da una superficie di discordanza a carattere regionale, due unità evaporitiche poggianti in
discordanza sui terreni silico-clastici della Formazione di Terravecchia e ricoperte, sempre in
discordanza, dalla Formazione dei "Trubi" (calcilutiti e calcisiltiti pelagiche con calcareniti gradate) del
Pliocene inferiore (CATALANO, 1986).
Il Messiniano in Sicilia
L'unità evaporitica inferiore presenta:
- diatomiti e marne diatomitiche di colore bianco candido del "tripoli", sottilmente stratificate, molto
porose, leggere e friabili;
- calcari evaporitici (generalmente noti come "calcare di base") costituiti solitamente da calcari algali,
laminiti dolomitiche, ecc.;
- gessi selenitici e laminati (generalmente primari) con intercalazioni di marne gessose. L'unità
evaporitica superiore consta di:
- gessi selenitici, balatini e clastici, ciclicamente alternati con livelli carbonatico-gessosi e sabbiosoargillosi;
- calcari bioclastici del "complesso terminale" passanti verso l'alto e lateralmente ai precedenti gessi;
- sabbie argillose ("Arenazzolo").
Miniera Baccarato – Aidone
Miniera Floristella- Valguarnera
Miniera Grottacalda - Enna
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Oggi che la vecchia economia dell’industria solfifera e mineraria ha lasciato solo il ricordo di se
stessa è necessario attuare un progetto di valorizzazione ecomuseale e di science center per la
conservazione dei valori storico-trestimoniali e della geodiversità nonché per la fruizione turistica e
scientifica.
Miniera Calvino – Aidone
Miniera Faccialavata – Leonforte
Miniera Gaspa La Torre: calcherone - Villarosa
Miniera Pasquasia - Enna
Miniera Gaspa La Torre - Villarosa
Miniera Zimbalio - Assoro
Immagini tratte dal Cd rom: Percorsi turistici – Leader II - Rocca di Cerere - Enna
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5. Metodologia della rete ecologica provinciale (R.E.Pro.)
Il progetto della Rete ecologica provinciale, intesa come maglia infrastrutturale ambientale,
si sviluppa su uno schema metodologico abbastanza consolidato nella pianificazione di
carattere ambientale che oramai trova applicazioni concrete in diverse realtà provinciali
(specialmente nel Piano di Azione della Provincia di Bologna) ed i cui criteri informatori
sono quelli inizialmente descritti.
Per una maggiore esplicitazione degli intenti e delle finalità assegnate al progetto della
rete ecologica della Provincia di Enna è stato costruito lo schema dell’iter metodologico in
cui sono individuati, per ciascuna delle componenti analitiche, i singoli tematismi (alcuni
dei quali affrontati in seno al PTP) di analisi e conoscenza territoriale che opportunamente
integrati forniscono lo scenario ambientale di riferimento e gli elementi valutativi. Una
ulteriore fase di sviluppo riguarda la distinzione tematica, sviluppata da specifici elaborati
cartografici, tra elementi positivi di valorizzazione ambientale e fattori negativi di
detrazione ambientale, poiché i primi costituiscono le proposte di connessione territoriale
ecoambientale mentre i secondi, definiscono le criticità ed i degradi dovuti alla
frammentazione territoriale (deterritorializzazione).
In maniera dettagliata per la definizione del quadro ambientale sono stati presi in
considerazione i seguenti elementi analitici:
▪ Fisico-strutturali
▪ Naturali
▪ Storico-culturali
▪ Insediativo-infrastrutturali
Al loro interno sono individuati i singoli apporti tematici che nella rappresentazione
cartografica non sono considerati singolarmente ma nelle loro interrelazioni analiticovalutative, affinché già in questa fase possano evidenziarsi il ragionamento e le
motivazioni propositive.
L’inquadramento del sistema ambientale ennese, in assenza di linee di indirizzo
progettuali specifiche regionali prende come riferimento gli studi e le elaborazioni
cartografiche svolti per la redazione della Carta della Natura da parte dell’APAT (Agenzia
per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici) dove sono individuate e descritte le singole
unità di paesaggio e le unità fisiografiche del territorio provinciale i cui areali tipologici
costituiscono il riconoscimento del livello di unitarietà ambientale più immediato.
Una volta rilevati e identificati all’interno dei singoli tematismi i vari fattori territoriali e
ambientali è possibile avviare la definizione dell’ossatura della rete di connessione
ecologica provinciale come saldatura degli elementi componenti prima individuati per il
loro trattamento integrato e ottimizzato.
La proposta di progetto della rete ecologica provinciale accompagnata dalla individuazione
di nuove aree di attenzione ambientale (aree centrali da riconoscere) e dalla proposizione
dei nuovi ecosistemi lacustri costituiti dai numerosi bacini idrici artificiali insediati nel
territorio ennese avrà un valore propositivo bivalente sia nei confronti del quadro di
contesto regionale per le azioni riferentesi alla R.E.S. (Rete Ecologica Siciliana) sia con
riferimento alla pianificazione comunale.
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Analogamente, nella proposta di progetto della rete ecologica provinciale, assumono una
forte connotazione, per il valore di presenza capillarmente diffuso nel territorio le aree
umide interne, sia quelle naturali (Lago di Pergusa, Laghetti Campanito) che quelle
artificiali dovute agli sbarramenti fluviali (neo ecosistemi lacustri) poiché ospitano un gran
numero di specie ornitologiche e costituiscono luoghi di grande rilevanza nelle rotte
migratorie come nella stanzialità dell’avifauna e rappresentano il potenziamento delle
caratteristiche ecologiche del territorio ennese grazie ai processi di naturalizzazione di tali
aree, includendovi, anche, le strutture di e per la di fruizione.
I sette invasi artificiali presenti nel territorio provinciale le cui finalità costruttive vanno dagli
scopi industriali, a quelli idroeletrrici, idropotabili, irrigui, etc. benché spesso non
assicurano il DMV (deflusso minimo vitale) per cui a valle creano problemi di completo
prosciugamento del corso fluviale
e depauperamento della vegetazione ripariale
rappresentano, ciò nonostante, zone umide artificali di grande rilevanza naturalistica e per
le comunità locali di riferimento.
Da un lato infatti, i laghi artificiali della provincia hanno arricchito la biodiversità, dall’altro
rappresentano luoghi naturalistici preferenziali per la pratica di attività di svago e sportive,
creando, il più delle volte, aspettative di rinascita economica per le popolazioni locali.
Tali suddetti usi spontaneamente nati e sviluppatisi attorno alla presenza degli invasi
richiedono un’azione mirata e coordinata verso la valorizzazione e fruizione dei neoecosistemi lacuali (monitoraggio coordinato – web dei laghi attività sportive
programmate e non casuali - strutture di segnalazione, accoglienza e fruizione unitarie
nel contesto provinciale, etc.).
TAB. 2 - CARATTERISTICHE TROFICHE DEI LAGHI DELLA PROVINCIA DI ENNA
Laghi
Tempo
teorico
di
Fosforo
Kg/anno
ricambio
Pergusa
Carico
areale di
fosforo
BOD
Classificazione
(kg/giorno)
termica
Classificaz.
trofica
Livello
trofico
naturale
(g/m2/anni)
470
0,34
145
Monomittico
caldo
Eutrofico
Eutrofico
Pm
N/P
Classificaz.
chimica
1
56,6
Clorosolfato,Alcalinoterrose
misurato
/Pm
teorico
Ogliastro
6
41300
2,91
11550
Polimittico
Mesoeutrofico
Mesotrofico
2,1
556
Cloro-solfato,
Alcalino-terrose
Olivo
1
1260
1,15
446
Monomittico
caldo
Mesoeutrofico
Mesotrofico
1,6
52
Cloro-solfato,
Alcalino-terrose
Villarosa
0,5
9230
7,1
5157
Monomittico
caldo
Eutrofico
Oligomesotrofico
3,6
556
Cloro-solfato,
alcalino-terrose
Nicoletti
3,9
3000
1,7
1860
Monomittico
caldo
Mesoeutrofico
Oligomesotrofico
2,1
45,2
Pozzillo
1,9
45700
5,94
19956
Monomitticocaldo
Mesoeutrofico
Oligomesotrofico
2,9
108
Ancipa
0,4
4600
4,14
2213
Monomitticocaldo
Mesotrofico
Oligomesotrofico
2,5
48,7
Bicarbonato,
alcalino-terrosa
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Fonte: Elaborazioni INEA su dati Regione Siciliana 2001
TAB. 3 - CARATTERISTICHE TECNICHE DEI LAGHI ARTIFICIALI (SERBATOI)
DELLA PROVINCIA DI ENNA
Serbatoio
Bacino
imbrifero
Capacità max
Capacità utile
Mm3
Mm3
F. Simeto
110,00
90,00
F. Salso
15,00
13,00
Villarosa
F. Imera
Meridionale
15,30
10,30
Nicoletti
F. Dittaino
19,30
17,30
Pozzillo
F. Simeto
140,00
118,00
Ancipa
F. Troina
30,00
27,00
Sciaguana
F. Dittaino
11,90
9,90
341.50
285.50
Ogliastro
Ente Gestore
Consorzio
Bonifica 7
ESA
Olivo
Consorzio
Bonifica 6
ESA
ENEL
ENEL
Consorzio
Bonifica 6
TOTALE
Fonte: Elaborazioni INEA su dati Regione Siciliana 2001
Grafico 9 - Raffronto delle capacità degli invasi siciliani e della Provincia di Enna
1200
1000
800
600
400
200
0
Capacità utile Mm3
Capacità tot. Mm3
Sicilia
ENNA
Capacità tot. Mm3
Capacità utile Mm3
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Fonte: Elaborazione su dati INEA e Regione Siciliana 2001
I laghi dell’ennese
a
b
c
d
e
f
abcdefg-
Lago Pozzillo
Lago Morello
Lago Ancipa
Lago Ogliastro
Lago Nicoletti
Lago Olivo
Lago Sciaguana
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UNA RETE DI RETI
Pensando la realtà ambientale come una "rete di reti", formata da una molteplicità (teoricamente
infinita) di reti diverse per scala, ampiezza e natura. Incidentalmente si potrebbe notare che questa
interpretazione non farebbe che dilatare, nei paesaggi manipolati dall'azione antropica, le
considerazioni di Boitani ed altri sulla concezione delle reti ecologiche come "inviluppo di infinite reti
monospecifiche" (Boitani 1999). A prescindere dalle implicazioni teoriche (Gambino 1994), ciò che in
ogni caso sembra emergere è che le reti ecologiche non stanno da sole: sono reti tra reti, collegate
sia verticalmente (tra reti ecologiche di scala diversa: locale, regionale... globale) sia orizzontalmente,
con una molteplicità di reti di altra natura che investono i medesimi territori. Ma è subito evidente una
netta differenza: mentre la reticolarizzazione urbana ed infrastrutturale "segue" ed asseconda la
diffusione dell'urbano concorrendo a darle forma, le reti ecologiche tendono a "contrastare" la
frammentazione e l'isolamento dei fatti naturali, causati principalmente dalla diffusione stessa delle
azioni, delle pressioni e delle interferenze antropiche. È questa funzione di contrasto nei confronti dei
cambiamenti accelerati prodotti dall'uomo (che si traducono in perdita degli habitat, o in riduzione
della loro dimensione, o in aumento del loro isolamento e quindi del rischio d'estinzione) a
caratterizzare il ruolo delle connessioni ecologiche (Iucn, 1999). E questa funzione di contrasto va
tenuta ben presente nel momento in cui si tenta di capire i nessi che legano, alle varie scale, le reti
ecologiche alle altre reti. In particolare, va tenuta presente quando si tende ad arricchire o dilatare il
concetto delle reti ecologiche, attribuendo loro altre molteplici funzioni connettive, che vanno molto al
di là di quelle strettamente inerenti la funzionalità ecosistemica. Di questa tendenza si colgono tracce
nelle stesse linee guida del Ministero (Min. amb, 1999), ove tra le componenti della rete nazionale si
considerano (comprensibilmente) beni e connessioni ad es. di valore storicoculturale; e, più
vistosamente, nei programmi regionali per le reti ecologiche che (ad es. in Campania) mirano a
"realizzare un sistema integrato di conservazione e valorizzazione delle risorse naturali e culturali
promuovendo i processi di sviluppo locale". Questa tendenza, d'altronde, va incontro ad un
movimento importante, nato nell'ambito della landscape ecology e del landscape planning, volto alla
valorizzazione delle "reti ambientali". È un movimento che vanta illustri ascendenze (basterebbe
pensare alle parkways e ai park systems di F.L.Olmsted ed altri della seconda metà dell'ottocento),
che ha dato luogo alle suggestive proposte di "environmental ways" (Eways) di Philip Lewis negli anni
'60 e che ritroviamo anche nelle recenti sperimentazioni nordamericane delle Greenways (tipicamente
nella più importante, l'Hudson River Greenway). In questa prospettiva, le motivazioni e gli scopi delle
reti vanno assai oltre quelli strettamente ecologici e la connettività che si vuole ottenere fa riferimento
non solo ai canali biotici ma anche alle fasce di continuità paesistica, ai percorsi storici (strade,
trazzere, collegamenti antichi), ai canali di fruizione visiva, ai sentieri pedonali, ciclabili ed equestri,
ecc. Lo spostamento d'enfasi o d'attenzione dalle reti ecologiche a quelle più latamente "ambientali"
non ha nulla di sorprendente, alla luce di quegli intrecci naturacultura che si son prima ricordati e che
la realtà empirica ci mette continuamente sotto gli occhi: a scala continentale, ad esempio, i grandi
sistemi montuosi come le Alpi o gli Appennini si configurano non solo come strutture fondamentali per
il riequilibrio ecologico ma anche come complessi ed unitari edifici antropologico culturali; le grandi
fasce fluviali non sono soltanto componenti di base del sistema idrografico ed ecologico, ma anche le
"rotte della civiltà" e spesso la sede di itinerari di senso e di percorsi rivieraschi che ribattono profonde
continuità storicoculturali (i "trail" lungo l'Hudson come celebrazione della storia della civilizzazione
nordamericana); a scala locale, basta l'esempio dei percorsi storici di salita al Vesuvio, che insistono
sulle linee di deflusso delle "cupe" o dei "regi lagni". Ma questo spostamento d'attenzione, per quanto
motivato, può essere molto fuorviante se porta a nascondere od offuscare le ragioni specifiche delle
connessioni ecologiche ed i loro possibili contrasti con quelle della fruizione e dello sviluppo: se, in
particolare, porta a sottovalutare, in nome di confusi genericismi, la necessità di specificare tali
ragioni, in funzione delle concrete esigenze di gestione ecosistemica (a partire dalle "specie critiche"),
come Boitani ha ben argomentato. Guai se tutto si risolvesse nel passar la mano dagli ecologi agli
architetti del paesaggio. La concezione della "rete di reti" non deve affatto indurre a fare di ogni erba
un fascio, al contrario deve spingere ad articolare le analisi e le proposte, cogliendone tutte le sinergie
e le possibili interferenze.
Tratto da: Reti ecologiche e governo del territorio - Roberto Gambino in PARCHI FEBBRAIO 2000
NUMERO 29 -
75