Gli amici di Bernhard - Atlante digitale del `900 letterario

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Gli amici di Bernhard
condannano però alla sofferenza.
di A. Schwarzenbach
La ragazza di Gert, Ines, «conoscendo come
nessun altro le cause di quell’emotività
esasperata, quasi femminile, che lo rende
fragile e incline alla sofferenza, cerca di
prendersi cura di lui». Il suo aspetto gentile e
il suo tono sempre calmo e caloroso la
rendono incantevole, e la sua capacità di
interessarsi a tutto senza fingere affascina
Bernhard: «è superiore a tutti, pensa
osservandola, ma non lo fa mai pesare». Ines
gode di grande ammirazione anche tra gli
amici del conservatorio, tanto da essere
l’unica ragazza invitata alle loro feste in
osteria: «sebbene sia la ragazza più seria e
riservata che si possa immaginare, di quando
in quando concede il privilegio della propria
presenza e, unica donna tra una quindicina di
ragazzi, sortisce un effetto ancor più
meraviglioso del solito».
Pubblicato nel 1931 e primo romanzo di
Annamarie Schwarzenbach, Gli amici di
Bernhard racconta, filtrando non poche
suggestioni autobiografiche dell’autrice, le
vicende di un gruppo di giovani artisti le cui
vite si intrecciano e si influenzano l’una con
l’altra, mosse dalla comune ricerca della
propria strada per esprimere il proprio
talento, nella Germania degli anni ’20.
Il
protagonista,
Bernhard,
chiamato
familiarmente Berchen, è un diciassettenne di
buona famiglia che trascorre le sue giornate
tra
diligente
impegno
scolastico,
appassionate lezioni di pianoforte e gite in
campagna con gli amici Ines e Gert. Questi
ultimi, poco più grandi di lui, gli sono molto
affezionati e, così come le persone che
conoscerà più avanti, ripetono spesso che
non si potrebbe non amarlo: «il suo bel viso,
la natura aperta e pacata, il modo un po’
impacciato ma al tempo stesso brillante di
parlare gli conquistavano le simpatie di
chiunque». Gert è appassionato di pittura,
per la quale ha una spiccata inclinazione che
si fonda su un indubbio talento che però lui
mette spesso in dubbio, «nascondendo la sua
insicurezza dietro una facciata decisa e
arrogante». Per volere dei suoi genitori,
decide di iscriversi a Giurisprudenza ma
studia con poco impegno, dedicandosi all’arte
in segreto. È Bernhard il suo soggetto
preferito: «Gert lo ama di un amore strano e
conturbante; lo trova bello e la sua
prorompente giovinezza lo commuove. Non
conosce gioia più grande che ritrarlo e averlo
vicino.» L’ardore che mette in ogni atto e la
sua sorprendente capacità di scoraggiarsi lo
La coppia non gode però della simpatia dei
familiari di Bernhard che, sebbene non
mettano in dubbio che il ragazzo sia
diligente, sono delusi dal fatto che Bernhard
frequenti poco le rispettabili famiglie cui lo
hanno raccomandato. Inoltre disapprovano i
costumi moderni e dissoluti dei due amici e si
preoccupano dell’inclinazione del ragazzo ad
una spiccata autonomia, sintomo di eccessiva
indipendenza. Il padre di Bernhard una sera,
dopo aver visto il figlio rincasare dopo una
scampagnata accompagnato dai due amici e
aver assistito alle loro, ambigue ai suoi occhi,
manifestazioni di affetto, lo rimprovera
severamente e gli impedisce di frequentare
Ines e Gert, annunciando imminenti
cambiamenti nella vita del giovane. Bernhard
scrive allora al suo passato insegnante di
piano, che vive a Parigi, chiedendogli di
potersi trasferire nella capitale francese ed
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essere suo allievo, con l’idea di lavorare per
mantenersi da solo e di dedicarsi
completamente alla musica.
Da
questo
punto
la
narrazione,
piacevolmente fluida, si fa decisamente
dinamica: il narratore onnisciente è capace di
guizzare da un quadro all’altro per seguire i
personaggi
in
diverse
città
contemporaneamente. Arrivato a Parigi
Bernhard si sente subito disorientato e
demoralizzato da quella nuova solitudine,
nonostante le gentilezze dell’anziana Madame
Dubois presso cui abita, ed è assalito dalla
nostalgia dei due amici tanto che vedere il
vecchio maestro è per lui di grande sollievo.
Nel suonare una fuga di Bach viene notato da
Gérald, amico dell’insegnante. Questi ha
quarantacinque anni, è un chirurgo affermato
e ha una singolare inclinazione alla
psicologia. Oltre al carisma, «c’è in lui una
sorta di segreta ossessione che lo spinge a
cercare la ‘verità’, a indagare quale sia il ‘vero
valore’, cosa nel nostro vacillante e doloroso
mondo sia assoluto, sicuro, incontestabile,
cosa possieda una legittimità divina. Gérald è
un uomo «alla ricerca di dio». La sua vita di
tutti i giorni, la sua professione e i suoi
impegni appartengono infatti a un altro uomo
e non a quello per il quale, osservando il
volto del giovane Bernhard, «si sente d’un
tratto sfiorato nell’anima da una mano
leggera». Rimasto colpito dal modo di
suonare del ragazzo, ne loda il talento e lo
invita a andare a trovarlo, cosa che il ragazzo
fa solo diverse settimane dopo per via di una
curiosa coincidenza.
Oltre a Bernhard, Madame Dubois ospita
Charles, uno studente che sta ripetendo
l’ultimo anno del liceo. Charles è un
diciannovenne
sgraziato
e
piuttosto
maleducato, la cui mancanza di riguardo
deve avere radici profonde ed è forse
conseguenza di un vissuto doloroso. Vive in
uno stato di insofferenza e turbamento e si
confida con Bernhard raccontandogli che una
sera, a causa di un suo comportamento
esasperato e fuori luogo, aveva perso la
stima di un certo Gérald, rimanendone
profondamente ferito. Bernhard comprende
quanto sia decisivo il giudizio di questa
persona su Charles e, ricordandosi il nome
dell’uomo conosciuto alla lezione di piano, si
offre di accompagnare il ragazzo a parlare
con Gérald. Intanto Bernhard, bisognoso di
denaro, inizia a lavorare come insegnante di
musica
presso
un’eccentrica
signora
americana e comincia a sentirsi a suo agio
nella grande metropoli parigina, amato e
vezzeggiato da tutti i suoi conoscenti.
Quando finalmente Charles si decide, i due
fanno visita a Gérald, il quale consiglia allo
studente di rendersi indipendente dai giudizi
altrui e di trovare una sua stabilità
conducendo uno stile di vita meno sregolato,
parole che non fanno che suscitare ulteriore
amarezza nel ragazzo.
A questo punto entra in scena il personaggio
di Christina, «una scultrice, una donna bella e
piena di fantasia, singolare sia per il suo
talento che per la sconcertante e indecifrabile
volubilità del suo carattere». In passato era
stata mandata in un severo collegio svizzero
dove aveva dimostrato una condotta
trasgressiva, che l’aveva portata a conoscere
di nascosto un giovane pittore, Alfred, del
quale si era innamorata e che l’aveva
spronata a coltivare il suo talento artistico.
Accusata di aver coinvolto nelle sue
trasgressioni anche una compagna del
collegio, Christina ne era stata espulsa e
aveva deciso di andare a vivere con Alfred a
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Parigi. Prima di partire fa in tempo a
conoscere Ines che, appena arrivata in
collegio, rimane turbata e attratta dal fascino
di Christina.
A Parigi la ragazza si dedica all’arte
riscuotendo grande successo e frequenta il
fratello Leon, pittore di eccezionale talento e
bellezza, che come la sorella «possedeva
quella distaccata freddezza che suscitava
negli altri disagio e turbamento» e con la
quale è molto in sintonia. Grazie a Ines che li
mette in contatto, Bernhard e la ragazza
stringono amicizia e il ragazzo è accolto alle
serate con gli amici di lei, mentre Charles
viene rispedito a casa dai genitori e deve
lasciare la scuola. Qualche tempo dopo in
Germania Ines presenta Christina a Gert, il
quale durante la mostra di pittura e scultura
dei
due
fratelli
rimane
affascinato
dall’immagine che Christina gli comunica di
Leon, che non ha ancora mai incontrato.
Prova per lui la stessa inquietante attrazione
che Christina aveva esercitato su Ines in
collegio qualche anno prima.
La narrazione si concentra ora sul
personaggio di Gert, che diventa oggetto di
lunghe digressioni descrittive incentrate sul
ritratto esplicito del suo mondo interiore, e
dal frequente uso del discorso indiretto libero
emerge la sua indole fragile e sensibile:
l’amore per l’arte rende lui, più che gli altri
personaggi, più esposto e indifeso e
ugualmente i suoi sentimenti, che si
esprimono liberamente sull’onda di un
entusiasmo appassionato e drammatico,
causano in lui disagio, frustrazione, senso di
solitudine e incomprensione.
Infatti Gert, sedotto dalle descrizioni che la
ragazza ne fa, finisce per essere ossessionato
dal pensiero di Leon, che rappresenta ormai
per lui la sola via per ritrovare l’ispirazione
artistica che aveva perso alla partenza di
Bernhard. Spronato da Christina, Gert si
convince di voler di uscire dalla sua
situazione di vigliacca immobilità e di partire
per Berlino con Leon, che secondo la sorella
«sarà capace di mostrargli la bellezza della
vita».
La scultrice fa quindi in modo che Leon
venga a trovarli e il fratello mostra simpatia
per Gert, che però ne è spaventato. In quei
giorni gli scambi tra i personaggi si fanno
ambigui: gli abbracci passionali e i gesti
affettuosi tra Gert e Leon, la discussione e il
bacio disperato di Gert e Christina mettono in
luce la confusione sentimentale del ragazzo
che non riesce a capacitarsi del suo amore
per entrambi, Leon e Christina.
Amore che è diverso da quello esclusivo e
fisico che conosciamo - i personaggi non
vanno oltre a gesti come abbracci e baci di
sfuggita, che potrebbero sembrare solo
manifestazioni d’affetto fraterne – ma che è
un sentimento indefinito, qualcosa di più
collettivo, che scaturisce dall’ammirazione
profonda e commuove per la sua innocenza e
spontaneità.
Prima di ripartire per Berlino Leon rivela a
Gert che per diventare l’artista che vuole
essere è necessario che si svincoli dalle sue
soffocanti amicizie e rinunci agli studi per
trovarsi solo, in un contesto nuovo come
potrebbe essere Berlino. Gert ne è
addolorato, ma si ripromette di seguire quei
consigli e riprende la pittura sfidando il suo
talento, peraltro con continue crisi creative.
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Ines capisce il malessere del giovane e
convince i genitori di Gert a lasciarlo partire
per Berlino e a riporre fiducia nelle sue doti
artistiche, conscia però del fatto che il
ragazzo è troppo debole e finirà per soffrire a
causa di Leon.
Le capacità diplomatiche, la responsabilità e
la saggezza che emergono da questo gesto di
Ines la pongono agli occhi del lettore in
contrasto con l’irrazionalità che guida le
azioni dell’amico e fanno riflettere sul fatto
che le donne, forse, sono quelle che nel
romanzo risultano meno esposte alle raffiche
emotive e che mostrano una certa superiorità
e consapevolezza, al contrario degli uomini
che dimostrano, invece, un modo di sentire
prettamente
femminile,
sfaccettato
e
multiforme.
Trasferitosi a casa di Leon a Berlino, il
giovane prova un’immensa felicità e si mette
d’impegno nella pittura senza però riuscire a
superare il suo blocco creativo. Scoraggiato
dai continui paragoni con l’amico e sempre
dubbioso del proprio talento, il ragazzo si
rende conto che non riesce a proteggersi da
Leon: «sarà sempre succube del suo fascino,
della sua amicizia, del suo modo di parlare, di
muoversi, così armonioso». Il vero limite del
loro rapporto è che «Gert, soggiogato fino
alla devozione, non può scalfire il cuore di
Leon. Lo stesso vale per le opere che
dipinge: le opere di Gert non colpiscono al
cuore». In questo momento di crisi i due
amici decidono di sospendere il lavoro e
concedersi un viaggio in Italia, dove vengono
raggiunti da Christina. In questo periodo si
palesano però i problemi creati dalla
relazione soffocante dei due ragazzi e Gert
finisce per tornare a Berlino da solo.
A Parigi Bernhard comincia a sconfortarsi per
la partenza di Betsy, la signora americana
alla quale insegnava, e non riesce a trovare
conforto in Gèrald, che è sfuggente a causa
dei suoi impegni di chirurgo. «Periodi simili
nella vita di Gérald sono paragonabili a vere
e proprie crisi: in preda a un’improvvisa
irrequietezza, dubita di se stesso e del valore
della propria esistenza, si rimprovera di
trascurare il lavoro e non riesce più a fare
nulla di buono per i suoi giovani amici senza
far subire loro l’influenza della propria anima
inquieta. Non è forse irresponsabile legare a
se Bernhard, quel ragazzino, permettergli di
venirlo a trovare ogni volta, lui, il solitario
autolesionista che non è riuscito a trovare
alcun equilibrio nella vita?». Bernhard si
sente ferito e abbandonato. Inoltre è esausto
e
le
preoccupazioni
economiche
lo
deprimono. I due si riavvicinano solo quando
il ragazzo, colto dalla febbre per strada, viene
soccorso e portato da Gérald in uno stato di
incoscienza. Quando comincia a stare meglio,
vengono a fargli visita tutti i suoi conoscenti
e finalmente rivede Gert, che lo viene a
trovare e gli racconta gli ultimi avvenimenti
della sua vita. In quest’occasione Gérald
esorta Gert a liberarsi dal dolore e
dall’insicurezza; «ma deve tornare a essere
una persona semplice, Gert, si abbandoni a
ogni ora del giorno con animo aperto e
fiducioso. Non deve prefiggersi alcuno scopo,
né pretendere nulla da se stesso. Le critiche
degli altri non la riguardano, Gert».
Forse è proprio in questo dialogo finale che
l’autrice palesa, per bocca di Gérald, il senso
profondo della sua opera ossia quello di
essere un appassionato inno all’entusiasmo,
alle inquietudini, agli errori, alla bellezza
dirompente della gioventù: «dovreste vivere
soltanto di domande e di inquietudine; è la
parte migliore di voi. Vorrei che rimaneste
sempre così, pronti a sbocciare; non dovreste
sottomettervi con tanta facilità a una legge,
né adagiarvi su ciò che già esiste, non
dovreste mai sentirvi del tutto soddisfatti!»
Il libro si conclude lasciando i destini dei
personaggi in sospeso, in particolare quello di
Gert, che però è felice grazie all’influenza
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benefica di Bernhard. «Ma d’altronde come
potrebbe un libro sui giovani avere un vero e
proprio finale?».
Bibliografia
•
Areti Georgiadou, La vita in pezzi. Una
biografia di Annemarie Schwarzenbach,
trad. di Tina D'Agostini, Ferrara, Tufani,
1998
•
Alessandra Pigliaru, Diario della
vulnerabilità, «Il Manifesto» 7 gennaio
2015 (http://ilmanifesto.info/diario-dellavulnerabilita/)
Contributo
Alessandra Miglio, V I (L. C. Virgilio, Roma)
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