Tra Tradizione e Innovazione

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Tra Tradizione e Innovazione
Tra Tradizione e Innovazione
Sulla vita e le attività culturali di Pellegrino Antonio Orlandi
(1660-1727) e la composizione dell’Abcedario Pittorico (1704)
Giugno 2007
Doctoraalscriptie Romaanse Talen en Culturen - Italiaans [vakcode LRI99B15]
Tesi di laurea di Erica Plantenga - s1022032 [[email protected]]
Università Statale di Groningen [RuG] – Facoltà di Lettere
Lingue e Culture Romanze [Italiano]
Relatore: Prof.dr.P.G. Bossier [RuG]
Correlatore: Dr.GJ. Van der Sman [Istituto Universitario Olandese di Storia dell’Arte –Firenze]
TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE
Sulla vita e le attività culturali di Pellegrino Antonio Orlandi (1660-1727) e la
composizione dell’Abcedario Pittorico (1704)
PAROLA DI RINGRAZIAMENTO
Non
è in modo qualsiasi che si costituì il fondamento per questa tesi di laurea. Fu durante il
tirocinio, che svolsi nella biblioteca dell’Istituto Universitario Olandese di Storia dell’Arte a
Firenze [www.iuoart.org] ossia uno stimolante mondo di intenditori d’arte, che nacque l’idea di
scrivere su questo particolare argomento di ricerca. Dopo una consultazione con il supervisore
dello stage, Gert Jan van der Sman, decisi di tuffarmi nella materia e di tirare fuori ciò che stava
ancora dentro il libro antico appena acquistato dall’Istituto; L’Abcedario Pittorico di Pellegrino
Antonio Orlandi.
Senza l’intenzione di sovrabbondare, vorrei almeno dar notizia del fatto che, dopo un
periodo di una relativa calma riguardo agli studi, fu nella gradevole atmosfera accademica
dell’Istituto Olandese che ritrovai anche la motivazione e l’ispirazione di compierli in modo
adeguato. Vorrei richiamare alla mente la signorina Geertje Jacobs, che con tanto entusiasmo e
dedicazione si concentrava sulla composizione della proposta per la tesi di dottorato, e la
dottoranda Bouk Wierda, che quasi ogni giorno, di sera ritornava dall’archivio dove aveva con
tanta attenzione curiosato tra i manoscritti, sempre piena di storie affascinanti e anche lei facendo
mostra di un entusiasmo davvero contagioso. In più, ricordo il simpatico signor Waldemar de
Boer, già avendo compiuto la tesi di dottorato, che era sempre disposto a dare una mano ed a
condividere le sue esperienze attinenti alla ricerca che aveva svolto. E in questo modo potrei
continuare a lungo.
Grazie a quest’interazione con gli altri accademici, tutti spinti da ambizione, capii in
quale modo volevo organizzare ed eseguire il proprio progetto. Così, mi fu chiaro che per
un’efficace ricerca occorre ritornare alla fonte primaria, se sia un affresco, un disegno, un
manoscritto, una lettera o un libro. Inoltre, imparai che non è solo di pregio ma anche imperativo
costruire una propria visione sul materiale, che durante la ricerca si è raccolto. Infine, mi realizzai
che, da scrittore della propria tesi di laurea, si è autorizzati a esprimere liberamente, ma con
fondamento, il proprio punto di vista o la propria interpretazione sui risultati ottenuti ed a
trasferirli ad un modo che pare giusto. È questo che ho cercato di effettuare nel presente lavoro.
SOMMARIO
AL BENIGNO LETTORE
I LA FIGURA DI ORLANDI E LA FONDAZIONE DELLA RETE SOCIALE
Una breve biografia
Creare e mantenere i contatti: le attività letterarie e culturali di Orlandi
L’Accademia Clementina
La Società Albrizziana
L’Orlandi come precursore dell’era dell’informatica
II IL GENERE DELL’ABECEDARIO: LA FORMA ORIGINALE E LA
RELAZIONE CON L’ENCICLOPEDISMO
Le nozioni di abecedario ed enciclopedico
L’abcedario nel Cinquecento
Il valore metafisico-teologico dell’alfabeto negli abecedari originari
Il genere enciclopedico nella fase iniziale
Il Seicento: la trasformazione della «Versprachligung des Wissens»
La nozione dell’Enciclopedismo
L’Enciclopedismo nel Sei e Settecento
Uno studio più profondo di cinque dizionari francesi dei secoli XVI e XVII
L’alfabeto come norma e la formazione letteraria dell’enciclopedia in pieno
ritmo
III LE FONTI USATE PER LA COMPOSIZIONE DELL’ABCEDARIO
PITTORICO
Un’osservazione precedente al discorso che segue: sull’uso delle fonti
in generale
Introduzione al panorama storiografico sulla letteratura artistico-biografica
Il Quattro ed il Cinquecento: la supremazia dei biografi fiorentini
Il Sei e il Settecento: le contribuzioni provengono da tutte le parti dell’Italia
Roma
Venezia, Milano, Bologna, Ferrara per ritornare a Firenze
Gli scrittori oltremontani
L’indicazione delle fonti nell’Abcedario Pittorico
La vita di Rembrandt del Reno
La vita di Isabella Parasole
La vita di Isabella Discalzi
La corrispondenza delle lettere indirizzate a Orlandi
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La lettera di Antonio Balestra
La lettera di Alessandro Mari
La corrispondenza delle lettere composte da Orlandi
Il frutto della rete sociale
L’Orlandi redattore e l’ambizione di una contentezza reciproca
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IV LO STILE E IL CONTENUTO IN CINQUE BRANI PARTICOLARI
DELL’ABCEDARIO
Dov’entra in scena la retorica
Tra realtà e poetica e il «problema dell’attendibilità»
La dedica
L’autore al lettore
L’introduzione all’abcedario degli artisti moderni
L’introduzione alle cinque tavole nella parte finale dell’abcedario
L’arte di persuadere
V L’ARCHITETTURA NELL’ABCEDARIO
Un’impressione generale delle descrizioni biografiche degli artisti
Uno sguardo più ravvicinato all’architettura dell’Abcedario Pittorico
La parte introduttiva
La prima parte: l’abcedario degli artisti classici
La seconda parte: l’abcedario degli artisti moderni
La terza parte: le cinque tavole
La prima tavola
La seconda tavola
La terza tavola
La quarta tavola
La quinta tavola
Le differenze tra l’architettura nella prima e la seconda edizione
dell’Abcedario
Ogni medaglia ha il suo rovescio: l’effetto, il successo e le critiche
sull’Abcedario Pittorico
Una struttura unica tra tradizione e innovazione
RIASSUNTO E CONCLUSIONI
APPENDICE: OPERE STAMPATE E MANOSCRITTE DI ORLANDI
APPENDICE: I TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI
APPENDICE: SCHEMA DELL’ARCHITETTURA NELL’ABCEDARIO DEL 1704
APPENDICE: NEDERLANDSE SAMENVATTING [RIASSUNTO IN OLANDESE]
BIBLIOGRAFIA – LETTERATURA PRIMA DEL 1800
BIBLIOGRAFIA – LETTERATURA DOPO IL 1800
SITOGRAFIA
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AL BENIGNO LETTORE
Una giusta doglianza, che fa la virtù di tutti quelli, che professarono ne’ tempi passati particolare
inclinazione al disegno, perche vede perdersi a poco, a poco nell’obblìo, e perchè si trova senza
Protettore, che le mantenga di preferite il suo lustro nel Mondo.
Queste
sono le parole che danno l’avvio all’opera che forma il principale oggetto di ricerca in
questa tesi di laurea, in cui la storia d’arte viene unita alle lettere; L’Abcedario Pittorico di
Pellegrino Antonio Orlandi. Trecento anni dopo la pubblicazione della prima edizione, che avvenne
nel 1704, siamo noi a comporre un lavoro che vuol essere un tentativo di trarre dall’oblio questo
stesso abcedario ovvero un documento antico, prezioso e degno di essere studiato ulteriormente.
È sorprendente che a un’opera, nel suo tempo copiosamente consultata e ripetutamente
ripubblicata, oggigiorno nella letteratura secondaria venga soltanto riferita in due righe o meno. Ciò
viene rafforzato, se si prende atto del dato che quest’opera, che alberga una ricca miniera di
informazioni, variando dalle vite degli artisti, antichi e contemporanei, ai monogrammi degli
intagliatori in rame, conobbe un’alta densità di informazioni originali ed attualissimi. Riguardo ai
riferimenti allo scrittore dell’opera, le cose non stanno diverse. Esiste un limitato numero di
documenti che descrivono, in grandi linee, il corso della vita del nostro autore bolognese. Pare
dunque, che altre ricerche negli archivi delle varie Istituzioni a Bologna o altrui debbano
inevitabilmente portare a informazioni nuove o spunti interessanti. Per questa tesi, non ci è apparso
opportuno incaricarci di questo compito, dunque, nel nostro discorso partiamo dai dati disponibili.
È altrettanto vero che l’assenza di tanta letteratura sul principale oggetto di ricerca, anche
sull’abecedario in generale, ci ha invitato a comporre questa tesi al modo nostro ed a inserire nel
discorso informazioni nuove ed originali. Così, si è cercato di collegare le informazioni disponibili
alle osservazioni nostre, risultando in uno scritto che vuole interessare ed essere una guida nel
mondo dell’abcedario e del suo compositore.
Lo scopo globale della tesi sarebbe il posizionamento dell’abcedario pittorico nella sua
complessità storico-letteraria. L’obiettivo più specifico della ricerca centrale in questa tesi sarebbe
di formulare una risposta alla seguente domanda:
Quali sono gli elementi nuovi e tradizionali nella struttura dell’Abcedario Pittorico?
A realizzarlo, il discorso si apre con un’esposizione sulla figura di Orlandi e in cui cercheremo di
inquadrarla in un contesto più vasto. È interessante la domanda come quest’uomo bolognese, che
trascorse gran parte della vita in un convento nella città di nascita, sapeva svilupparsi come esperto
in varie discipline, anche di carattere più profano. In più, è essenziale rispondere alla domanda
come sapeva fondare la rete sociale, tanto indispensabile per la composizione delle sue opere
enciclopediche.
Di seguito, per ottenere un’impressione del contesto letterario più largo in cui nacque
l’opera orlandiana e a cui potremmo riferirla, si rivolge lo sguardo all’abecedario in generale, e la
forma originaria di questa categoria di opere, per poi arrivare all’Enciclopedismo, congiungendo
questi due concetti in base al ruolo dell’alfabeto nelle opere corrispondenti. Dopo questi capitoli
introduttivi, siamo giunti al livello dell’opera stessa oppure il nostro principale oggetto di ricerca.
Trattando l’abcedario, vogliamo ottenere cognizione della sua esatta posizione sullo
spettro delle opere con tematica paragonabile che uscirono nei secoli e decenni precedenti. A
ottenerla, l’accento dell’argomentazione sarà messo sulla composizione dello scritto, che si lascia
analizzare a due livelli, vale a dire al livello della stesura, e a quello dell’architettura. La prima
implicando la redazione dell’opera e la fase precedente ad essa in cui ci si documenta e in cui si
raccoglie il materiale necessario per la composizione del testo. La seconda coinvolgendo la struttura
dell’opera, anche in relazione al contenuto delle varie parti costitutive.
In tal modo, il discorso prosegue con uno studio più profondo delle fonti usate da Orlandi
per la composizione delle vite nell’abcedario, introdotto da un descrittivo panorama storiografico
sulla letteratura artistico-biografica. In questa parte del discorso vogliamo rispondere alla domanda
come il nostro autore sapeva raccogliere tutti i dati, in particolar modo quelli nuovi ed originali,
sulle vite degli artisti, che con gran cura inserì nella sua opera. In più, vorremmo sapere in quale
modo e in quale misura l’Orlandi si servì delle informazioni biografiche nei trattati dei precursori, e
in quale modo faceva uso delle informazioni affidategli nelle lettere dei conoscenti.
Segue un capitolo in cui si sarà svolta un’analisi a livello testuale, per raggiungere una
comprensione migliore dell’abcedario di Orlandi. A questa ricerca, che si focalizza sul contenuto e
lo stile, saranno sottoposti cinque brani particolari, che mettono più luce sulle intenzioni dello
scrittore e sul potenziale pubblico di lettori dell’abcedario. Inoltre, in questo capitolo cerchiamo di
dimostrare il valore letterario delle opere artistico-biografiche.
Infine, si sarà eseguita la ricerca centrale della tesi, che si incentra sulla prima menzionata
architettura dell’opera. Entreremo nel merito di tutte le parti costitutive dell’abcedario, con lo scopo
di stabilire gli elementi nuovi e tradizionali nella struttura. A realizzarlo, vorremmo descrivere
individualmente le varie parti dell’abcedario, per poi relazionarle e paragonarle con le sezioni
consimili nelle opere dei colleghi biografi, che uscirono precedentemente allo scritto orlandiano. In
questo modo saremo in grado di pronunciarci in modo conclusivo sulla posizione dell’abcedario
pittorico in un panorama più grande, con cui avremo raggiunto l’obiettivo della ricerca principale in
questa tesi. Dunque, sarà esclusa dal discorso un’analisi dell’influsso dell’abcedario pittorico e la
sua struttura, sulle opere artistico-biografiche pubblicate dopo il 1704.
Questo tipo di opere, che a prima vista sembrano ‘solo’ narrare le vite degli artisti,
formano un eccellente oggetto di studio non meno per chi si occupa delle lettere che per chi parte
da un’angolazione storica d’arte. Ciò si rivela in modo assai chiaro al momento in cui viene svolta
la ricerca al livello testuale. Essa ci provvede di indicazioni fondamentali relative alle
caratteristiche testuali di questa categoria di opere, che ormai hanno preso forma di considerevoli
testimoni, che più di ogni altra cosa raccontano sul mondo delle idee e le convenzioni letterarie che
all’epoca erano attuali. Infatti, chi, senza ombra di dubbio, in queste opere crede di trovare
oggettività o integrità storica, rimarrà deluso. Ora, il paradosso sta nel fatto che lo non si possa
nemmeno addebitare ai compositori degli scritti. Tant’è che le aspettative di questo lettore non
corrispondono del tutto con gli scopi degli autori, ed i mezzi per realizzarli, e negano lo specchio
del tempo in cui operavano.
Potremmo, ad esempio, riferire al fatto che gli autori delle opere biografiche nell’arco di
tempo del nostro interesse, conobbero tutti la tendenza ad esprimersi, volutamente, in favore degli
artisti locali, anche a costo di altrii. Gli autori degli scritti non miravano solo a promuovere la
posizione dei propri artisti, ma anche quella della propria terra. Evidentemente, l’Orlandi
apparteneva alla delegazione bolognese, di cui fu anche importante rappresentante il conte Carlo
Cesare Malvasia, scrittore di una preminente opera sul patrimonio artistico bolognese La Felsina
Pittrice, che uscì nel 1678. In questo panorama seicentesco, si era assai sensibili alle informazioni
presentate nelle opere degli scrittori provenienti dalle città concorrenti [più di quanto noi
oggigiorno non possiamo immaginare], e in cui da secoli a Firenze era assegnato un ruolo centrale.
Non è sorprendente che in quest’ambiente pieno di tensioni, nacquero varie polemiche tra i biografi
delle diverse città, tra cui una fra il fiorentino Filippo Baldinucci e il Malvasia, che criticava Le Vite
del Vasari, per la parzialità esposta nelle biografie dell’autore fiorentinoii. Anche se qui non si ha
l’intenzione di entrare nei dettagli dell’argomento, è chiaro che questi lavori biografici che, specie
nei circoli intellettuali, formarono documenti di delicato contenuto, vanno letti e studiati alla luce
del proprio contesto storico, come faremo in questa tesi: leggi dunque con sicurezza, e vivi felice.
ii
Si veda Edward Grasman, All’Ombra del Vasari (titolo originale olandese In de schaduw van Vasari. Vijf opstellen
over kunstgeschiedschrijving in 18de-eeuws Italië, traduzione di Giancarlo Errico), Firenze, Istituto Universitario
Olandese di Storia dell’Arte, 2000, p.13.
ii
id., pp.21-66.
I
LA FIGURA DI ORLANDI E LA FONDAZIONE DELLA RETE SOCIALE
L’introduzione
di Paolo Tinti nella ristampa anastatica di Origine e progressi della
stampaii(2005), originalmente scritto da Orlandi nel 1722, comprende la biografia più recente
sulla personalità di Pellegrino Antonio Orlandi. In una nota attinente alla disponibilità di
informazioni biografiche su Orlandi, Tinti riferisce al fatto che non si dispone di nessuna
biografia recente e che la fonte più completa resterebbe lo storico bolognese Giovanni Fantuzzi
nelle Notizie degli scrittori bolognesi del 1788ii. Questa opera originalmente scritta e
omonimamente intitolata da Orlandi nel 1714, fu ripresa, attualizzata e ampliata dal Fantuzzi alla
fine del Settecento.
I dati biografici del Fantuzzi nel tomo sestoii, uscito nel 1788, formano un’esposizione
sommaria dei posti rivestiti da Orlandi. Entro il quadro della nostra ricerca, quest’opera si mostra
particolarmente utile per l’estesa enumerazione annotata delle sue opere stampate e manoscritteii.
Il tomo successivo, che uscì nel 1793, contiene le aggiunte ai tomi precedenti e verte più
estesamente ma sempre in modo conciso sul corso della vita dell’Orlandi. Le informazioni inserite
ne costituiscono una succinta cronologia, e comprendono un aggiornamento della lista delle opere
stampate e manoscritte documentate nel tomo precedente. I nuovi dati provenivano da un
manoscritto dell’Orlandi, composto nel 1723, che si credeva perduto, e che fu ritrovato nel 1793
da un frate del convento di San Martino Maggiore a Bolognaii. Il documento ineditoii inizia con
una lettera intitolata al cortese Leggitore, che Fantuzzi considera «compendio della Vita di questo
degnissimo Carmelitano»ii.
Invece, Tinti discute in modo più dettagliato le attività ecclesiastiche, didattiche, editoriali
di Orlandi, pur lasciando lacune, particolarmente spettanti al periodo giovanile in generale e al
ruolo dei genitoriii o di altri parenti in particolare. Viene estesamente discusso il profondo
interesse per gli incunaboli da parte di Orlandi, che aveva risultato in un’opera trattando la storia
del libro in Europa dal 1442 al 1719 intitolata per esteso, appunto, Origine e progressi della
stampa o sia dell’arte impressoria e notizie dell’opere stampate dall’anno M.CCCC.L.VII. sino
all’anno M.D. È del resto opportuno notare che è nella prefazione del Tinti (2005: V) che
leggiamo che l’Orlandi fu autore del primo repertorio italiano delle edizioni quattrocentine uscite
dai torchi europeiii.
La biografia esistente viene pertanto caratterizzata da una mancanza non solo rispetto alla
discussione del periodo infantile e giovanile dell’Orlandi, ma anche alle date esatte in cui
rivestiva gli incarichi più importanti e decisivi per il corso della sua vita. Occorrerebbero
intensive ricerche d’archivio per recuperare i fatti che fin qui sono rimasti ignoti. Il discorso sulla
vita e la personalità di Orlandi che segue, cerca di sistemare i dati forniti da Fantuzzi (1965) e
Tinti (2005) in un quadro più largo. Lo scopo è di rispondere alle domande seguenti
Qual’è il modo in cui quest’uomo bolognese, che trascorse gran parte della vita in un
convento nella città di nascita, sapeva svilupparsi come erudito di rilievo ovvero un esperto
in varie discipline?
In che modo sapeva egli fondare la sua rete sociale?
A raggiungere quest’obiettivo, vorremmo delineare globalmente l’andamento della formazione
intellettuale dell’Orlandi, uomo versatile quanto la sua opera. In più, cercheremo di dipingere
un’immagine della figura di Pellegrino Antonio Orlandi, inquadrandola nell’ambiente culturale e
sociale.
Una breve biografia
Pellegrino Antonio Orlandi nacque nel 1660 e trascorse gran parte della propria vita nel convento
carmelitano di San Martino Maggiore nella città di nascita, Bologna. Come frate, si dedicò
all’attività di studio e di ricerca in varie discipline come la teologia, la filosofia, la storia dell’arte,
la grafica, la tipografia, la filologia. Da giovane, l’Orlandi provò una predilezione per la pittura,
come egli stesso descrive nella parte introduttiva dell’Abcedario del 1704, “Il genio che fino da
fanciullo m’inclinava alla Pittura, sebbene distratto dalle scienze speculative cangiossi col tempo
in ardentissimo amore verso la dilettazione del disegno”ii.
In senso più generale, si potrebbe poi dar qualche rilievo all’interesse per la storia d’arte
tenendo in mente il fatto che la storia del convento, fino ad un certo punto, viene caratterizzata da
un coinvolgimento rispettabile da parte dei frati per le discipline artistico-architettoniche. Ne
testimonia tra l’altro la partecipazione dei frati alla costruzione della basilica di San Martino nel
Trecentoii. È inoltre opportuno rendersi conto del monopolio secolare dei carmelitani e degli altri
ordini di frati mendicanti del dominio religioso e culturale di Bologna nel medioevoii.
Nel 1678, dopo la professione ed avendo terminato il noviziato, Orlandi si trasferì a
Ferrara per intensificare e completare la propria formazione nell’ambito della filosofia.
Nell’Origine e progressi della stampa, alla fine dell’introduzione della città riferisce con tono
d’apprezzamento al soggiorno ferraresco, chiamando in causa pure i parenti “ [..] la Città di
Ferrara, della quale, per altro, ne ho tutta la stima, e venerazione, per obbligo d’avere quivi
consumati gli anni migliori della mia gioventù negli Studii di Filosofia, e per le strette parentele,
che io tengo in detta Città”ii.
L’Orlandi si fece una cultura anche a Parma, dove studiò la teologia. Qualche anno più
tardi, ottenne nella patria la cattedra di filosofia, poi passò a Roma dove tenne l’insegnamento di
teologia. Ritornato a Bologna, rivestiva nel convento di San Martino Maggiore la docenza in
entrambe le discipline. Almeno dal 1718 si guadagnò la carica di priore del convento, nello stesso
anno fu dottore aggregato al Collegio Teologico di Bologna. Il frate si dedicò quindi agli studi e
all’insegnamento della teologia, ma acquisì contemporaneamente conoscenza su materie di
carattere più profano. Si spense nel convento in novembre del 1727 all’età di 67 anni.
Creare e mantenere i contatti: le attività letterarie e culturali di Orlandi
Nei paragrafi che seguono risulterà che la passione per la storia dell'arte costituì il filo conduttore
nella vita del carmelitano. Studiando l'elenco delle opere orlandiane stampate e manoscritte in
Fantuzzi, si osserva che un terzo dei titoli, in totale ventiquattro, riferisce all'arte. Altri vertono
sulla teologia, la filosofia, la grafica, il convento di San Martino Maggiore, e sulle persone illustri
e provenienti da Bologna (si veda l’appendice OPERE STAMPATE E MANOSCRITTE DI ORLANDI su
p.86). Prevalente sulla lista è la categoria delle opere di carattere enciclopedico; l'abcedario, la
serie, la compilazione, l'antologia. Questa tipologia indica non solo una conoscenza vasta
dell’autore ma anche una disposizione di un’estesa cerchia di persone, indispensabile per la
stesura di un’opera considerevole come, ad esempio, l’Abcedario pittoricoii che descrive le vite di
circa quattro mila artisti europei, antichi e moderni. Una descrizione più dettagliata sul
funzionamento della rete di contatti del frate si troverà nel terzo capitolo che tratta le fonti usate
per la composizione dell’abcedario.
Anche se la maggior parte degli scritti orlandiani oggi è smarrita, è da consultare una
piccola collezione, perlopiù in forma manoscritta, nella Biblioteca Universitaria e l’Archiginnasio
di Bologna. Altri documenti si trovano nell’archivio del Convento di S. Martino Maggiore. Anche
se la maggioranza dei lavori del frate rimase manoscritta, oggigiorno siamo sempre nella
possibilità di consultare tre sue opere che conobbero edizioni a stampa. Sarebbero, in ordine
cronologico, L’Abcedario Pittorico (1704), Le Notizie degli Scrittori Bolognesi (1714) e Origine e
progressi della stampa (1722). L’abcedario conobbe molte edizioni successive, anche postume, e
viene nella letteratura storiografica attuale, tra cui lo Schlosser, considerato lo scritto più
considerevole del frate. Invece, lo storiografo settecentesco Comolli, scrittore della voluminosa
opera Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti alterne (1788), era del parere che
l’Origine e progressi della stampa fosse la migliore opera dell’Orlandi. In un momento
successivo, ritorneremo sul Comolli e la sua critica sull’Abcedario Pittorico.
La sostanziosa rete di conoscenti dell’Orlandi viene spiegata alla luce della personalità e
delle sue attività socio-culturali. Avendo, come frate, l’opportunità di dedicarsi intensivamente
agli studi, divenne un uomo di lettere e di gran cultura. Ne sono la prova non solo le opere di
carattere panoramica, ma anche la quantità innumerevole di esatti riferimenti alle opere dei
predecessori come il Vasari, il Malvasia, il Borghini che si manifestano nell’Abcedario pittorico.
Orlandi si mostrò particolarmente capace di farsi largo nella immensa quantità di pubblicazioni
del Sei e Settecento, che tennero in moto il torchio europeo. Ne testimonia tra l’altro l’ampia
bibliografia in fondo all’abcedario, che si compone di otto pagine che racchiudono le opere sulla
pittura, dall’Adriani allo Zanotti, e quattro pagine di scritti sull’architettura, dall’Alberti al
Vitruvio. Il nostro autore non si limitò alla letteratura italiana ma consultò o almeno conobbe
anche i volumi degli scrittori esteri come il Félibien, il Fresne, il Dührer, il Van Mander, lo
Houbrakenii. Si sarà evidenziato che fu quest’erudizione del frate, a metterlo nell’opportunità di
creare le circostanze appropriate per poter svilupparsi al modo desiderato.
L’Accademia Clementina
L’Orlandi, infatti, non avrebbe avuto disposizione dei diversi dati sulla vita degli artisti se non
avesse fatto una diversione fuori del cerchio ecclesiastico. Infatti, si osserva che il frate cercò di
ampliare la cerchia delle conoscenze nel campo artistico e letterario e nell’ambito editoriale.
Apparteneva a due organizzazioni autorevoli, di cui una completamente focalizzata sull’arte e
l’educazione artistica, l’altra piuttosto legata alla tipografia e la letteratura scientifica.
La prima sarebbe l’Accademia Clementina, della quale fu socio onorarioii. L’accademia
ebbe l’inaugurazione a Bologna nel 1710, per istigazione del pittore e letterato Giampietro
Zanottiii, il generale Luigi Ferdinando Marsili ed un gruppo di artisti. Già nel 1706, trentaquattro
artisti avevano presentato al Senato una petizione per poter fondare un’Accademia del Disegno.
Solo a seguito del contributo di Papa Clemente XI, il Senato si dichiarò pronto ad acconsentire
all’istituzione dell’Accademiaii. L’idea dell’istituzione da parte degli artisti trovò fondamento
nell’esigenza di riaffermare il carattere liberale delle arti figurative, invece di appartenere alla
corporazione e di essere considerati membri del gruppo degli artisti meccanici.
Il desiderio, come descritto dallo Zanotti (1739), era di “instituire una pubblica
Accademia a prò della gioventù, e a gloria maggiore della nostra patria, e delle belle arti,
chiedendo ajuto, e protezione, perchè l’opera fosse illustre, e durevole”ii. La mancanza di una tale
istituzione era considerata come vergogna della città, come appare nel seguente brano
[..] ma una città tanto famosa, e che in genere di pittura, e di Pittori ha fama tale, che a qualunque altra
aggiunse, parea, che avesse vergogna di non avere anch’ella, come alcune altre, un’Accademia pubblica,
reale, e mantenuta riguardevolmente sotto gli auspici de’ suoi supremi Signoriii.
Lo Zanotti poi aggiunse che le altre grandi città europee, quali Parigi e Roma, disponevano sì di
una simile Accademia che, palesemente, anche Bologna si sarebbe meritata. Le osservazioni
dell’istitutore svelano una forma leggera di campanilismo, oltre l’aspetto dell’arte colpisce
l’amore per la propria terra. Si potrebbe sostenere che con la fondazione dell’Accademia, non solo
l’arte bolognese ma anche la città di Bologna dovesse ottenere un ruolo rilevante a livello
internazionale. Anche l’Orlandi fece mostra di una tendenza campanilista, ritorneremo su
quest’argomento in un momento successivo.
L’obiettivo della fondazione fu triplice (Zamboni 1979: 211) (Boschloo 1989:14)ii;
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Il mantenimento e la protezione del patrimonio artistico bolognese, garantendone la continuità
culturale. Questo compito apparve estremamente necessario in seguito ai provvedimenti
napoleonici verso la fine del secolo quando l’Accademia si occupò della raccolta delle opere
dei conventi e delle chiese soppresse.
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La trasmissione della eredità della pittura bolognese del Seicento alle nuove generazioni.
L’accademia si presentò espressamente come moderna scuola di pittura, scultura e
architettura.
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La formazione di un istituto che fungeva da punto di riferimento nei rapporti con le altre
Accademie italiane ed estere. La storiografa e storica d’arte Silla Zamboni descrive
l’Accademia come «una sorta di canale diplomatico» formato dagli Accademici d’onore, gli
artisti, gli uomini di cultura e di statoii.
Insomma, importanti noccioli vennero formati dall’insegnamento alla gioventù, e il mantenimento
e la promozione del patrimonio artistico bolognese. In Benassi (2004: 197) leggiamo che era
‘l’idea del Marsili di compilare una serie di biografie di pittori bolognesi famosi, antichi e
contemporanei, sul modello della Felsina Pittrice (1678) di Malvasia’ii, che entrava direttamente
negli obiettivi didattici dell’Accademia. Fu lo Zanottiii a raccogliere le notizie sulla vita dei pittori
bolognesi ed a redigere la serieii. Contemporaneamente, l'Orlandi stava compilando L’Abcedario
pittoricoii, sapeva anche il Marsili, essendo corrispondente del frateii.
Quale fosse l’esatto ruolo di Orlandi nell’Accademia, non viene spiegato nella letteratura.
È possibile assumere che esisteva una relazione di interessi reciproci. Con Orlandi, l’Accademia
incorporò un erudito, essendo tanto capace quanto disposto a trasmettere la propria conoscenza ad
altri. Le estese bibliografie riguardanti la pittura e l’architettura, e la sezione metodica con
informazioni pratiche per gli artisti in fondo all’Abcedario, sono offriti al lettore su un piatto
d’argento. Formano un evidente invito alla lettura d’altre opere sull’arte o sulle tecniche
pittoriche, rendendo l’Abcedario un’opera didattica per eccellenza per gli studenti
dell’Accademia. Invece, per il frate, l’Accademia Clementina funse da fonte inesauribile, ed
indispensabile, per la composizione delle sue opere enciclopediche. Infatti, il contatto con i soci
gli mise nell’opportunità di crearci una rispettabile rete di conoscenti di alto e basso rango. Sulla
lista dei soci onorari si trovarono, accanto al frate, i patrizi, i conti, i nobili, i letterati, i cardinali,
gli architetti, gli antiquari, i procuratori ed, evidentemente, i pittori. Dunque, la qualità di socio
onorario gli mise nella facoltà di far conoscenza sia con gli altri soci onorari, provenienti dai ceti
più alti e più influenti della popolazione bolognese, sia con i membri regolari, gli studenti, gli altri
amatori d’arte e gli amici dell’Accademia. Ogni singolo conoscente con i propri contatti, e anche
questi con le proprie reti di conoscenti, che si continuarono anche oltre i confini nazionali.
La Società Albrizziana
La seconda organizzazione sarebbe la Società Albrizziana, fondata nel 1724 a Venezia per
iniziativa dello stampatore e libraio Almorò Albrizzi. Promovendo la stampa di opere importanti e
l’arte tipografica, la Società si proclamò, come appare negli Atti Eruditi dell’associazione, come
punto d’incontro per eccellenza per i letterati, gli scrittori e gli studiosi. Gli iscritti erano eruditi
non solo di nazionalità italianaii ma anche estera ed i luoghi di interesse erano le scienze e le arti
liberaliii.
Le attività principali erano;
-
Lo stampare delle dissertazioni, le riflessioni e le opere dei soci e il ripubblicare delle edizioni
rare.
-
L’editare di un settimanale sulle novità scientifiche dell’Europa, il progresso della Società, gli
sviluppi sull’elenco dei soci, registrando anche le opere scritte dagli associatiii.
L’Albrizzi riuscì a legare alla Società le figure provenienti dalle classi sociali più potenti come i
pontefici, i cardinali, i monarchi, gli ambasciatori, i professori ed i letterati, costituendo così
un’associazione di respiro internazionale. Dal 1743 cominciarono a fondarsi stabilimenti della
Società in circa quindici altre città italiane, quali Bologna, Modena e Parma. Tuttavia, le nuove
sedi non ebbero lunga vita, nel 1745 un decreto del Senato Veneto soppresse la Società per motivi
ignotiii.
La letteratura sulla Società viene parzialmente caratterizzata dalla discussione sulle
intenzioni del fondatore, che vale la pena menzionare in questo punto, anche per rendere più
completo il quadro della organizzazione. A secondo delle parole del fondatore, la Società esisteva
[..] di soda e mera erudizione i suoi aggregati Accademici, si prendesse cura dall’altra di qui far
giungere tutte le squisite Opere de’ lontani, di stampar quelle de’ vicini e di ripristinare la bellezza
della nostra antica Stampa, per poscia premiare di anno in anno coll’utile, da tali imprese
provenuto, le degne fatiche de’ suoi Accademici predettiii.
Lo storiografo fiumano Michele Maylender (1863-1911), autore della Storia delle Accademie
dell’Italia (1926), opera che pure oggigiorno rimane alquanto utile, mette in discussione queste
intenzioni apparentemente buone dell’Albrizzi, ma infine non si sa pronunciare in modo univoco,
forse perché si è servito di fonti che esprimono opinioni contraddittorie.
Il Maylender considera gli Atti Eruditi come solo mezzo per impressionare a proprio
profitto i sette cavalieri procuratori della Repubblica Veneta. Il linguaggio ampolloso praticato dal
libraio gi fa sospettare che “il suddetto libraio, il quale si appella: Perpetuo sopraintendente alle
stampe, in fondarla si fosse proposto un fine certamente non letterario”ii. Infatti, poco dopo, lo
storiografo descrive la costruzione finanziaria ideata dall’Albrizzi che mirava a rendere
l’Associazione come «una specie di banca cooperativa», con lo scopo di spillare denaro ai
membri creduloniii. Si vede spalleggiato dallo storiografo veneziano Michele Battagia, che in
Delle Accademie Veneziane (1826) scrive “[..] l’Albrizziana sarebbe riuscita a più lodevol
termine se nell’animo del suo fondatore l’amore delle lettere fosse andato innanzi a quello del
denaro”ii. Nondimeno, alla fine, Maylender si riferisce all’abate veneto Giovanni Antonio
Moschini, scrittore dell’opera intitolata Della Letteratura Veneziana del secolo XVIII (1806), che
parla in modo favorevole sulle idee dell’Albrizzi, e attenua i commenti fatti prima. Lo storiografo
suppone che in linea di principio le intenzioni fossero state rette e che forse per un malaugurato
concorso di circostanze le sue idee erano male interpretate. Tutto sommato, anche se le opinioni
degli storici differiscono, la reputazione del fondatore della Società Albrizziana non era del tutto
irreprensibile.
Orlandi fu vice presidente della colonia bolognese della Società Albrizziana. Nella
letteratura sono assenti i dati su il suo esatto ruolo in e il contributo all’organizzazione. In
Maylender viene soltanto menzionato una pubblicazione della Società contenente una relazione
delle esequie fatte in onore del frateii. Facendo parte dei vertici della Società, Orlandi avrebbe
avuto tanta opportunità di conoscere gli altri membri e di costruire un’ampia rete di contatti.
L’Orlandi come precursore dell’era dell’informatica
In sintesi, si può affermare che l’Orlandi era un esperto in varie discipline, che provava un
profondo interesse, anzi, un’inclinazione, per l’arte. Si mostrò particolarmente laborioso e dotato
nel raccogliere, documentare, riordinare e descrivere in modo sistematico di informazioni di
caratteri vari, provenienti da molteplici fonti per rendere più accessibile l’arte, e altre materie, in
senso esteso per un vasto pubblico.
Il bolognese sapeva svilupparsi in tal modo, grazie ai vari studi che svolse nelle diverse
città italiane. In questo punto, non va trascurato l’importanza della sua veste di frate, che gli
permetteva di rispondere alla condizione di base per poter farsi una cultura, che sarebbe
l’occasione di investire del tempo sulla dedicazione agli studi e sui viaggi di studio. Queste
escursioni istruttive, sia in qualità di studente sia di professore, gli misero in contempo
nell’opportunità di creare una rete sociale anche fuori della patria. Inoltre, la sua alta posizione in
due organizzazioni autorevoli, una che ebbe sede nella patria e l’altra con sede principale a
Venezia ed avendo diversi stabilimenti nelle altre città italiane tra cui Bologna, formarono il
contesto per eccellenza per fondare una rispettabile rete di conoscenti, tanto indispensabile per la
composizione delle sue opere enciclopediche, e per guadagnarsi la riputazione come erudito di
spicco e stimato scrittore.
La sua foga e l’alta quantità e qualità delle sue opere informative e rassegnative
dimostrano non solo la passione da parte dell’autore per l’arte o per altre materie, ma svelano allo
stesso tempo un fervore o, se si vuole, una vocazione per trasmettere conoscenza ad altri.
Sfogliando le varie opere orlandiane, al lettore non può sfuggire neanche la sensazione del piacere
che l’autore deve aver provato in comporre questi scritti informativi. In questo contesto,
potremmo concludere con l’osservazione che l’Orlandi è stato un precursore dell’era
dell’informatica in cui viviamo oggigiorno.
ii
Intero titolo: Origine e progressi della stampa o sia dell’arte impressoria e notizie dell’opere stampate dall’anno
M.CCCC.L.VII. sino all’anno M.D.
ii
Pellegrino Antonio Orlandi, Origine e progressi della stampa (con introduzione di Paolo Tinti), Bologna, Forni,
1722, ristampa anastatica 2005, p. VI.
ii
Giovanni Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, Tomo sesto (volumi V-VI), Bologna, Forni, 1793, ristampa
anastatica 1965.
ii
La maggioranza delle opere oggi purtroppo è smarrita.
ii
Da: Giovanni Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, Tomo settimo (volumi VII-IX), Bologna, Forni, 1794, p.161.
ii
L’Orlandi lasciò manoscritti sei tomi intitolati Miscellanei Eruditi Tomi VI, di cui gli ultimi cinque volumi sono
smarriti. Nel 1793 fu ritrovato il primo tomo con il frontespizio Fr.Peregrini Antonii Orlandi a Bononia Ord. Carmelit.
Congr.Mantua Sac. Theol. Mag. et Doct. Colleg. Miscellanea Anno Domini MDCCXXIII. Da: Giovanni Fantuzzi,
Notizie degli scrittori bolognesi, Tomo settimo (volumi VII-IX), Bologna, Forni, p.161.
ii
ibid.
ii
Sola la terza fonte, L.Frati in Varietà storico-artistiche, Città di Castello, Lapi, 1912, p.113, ci sa fornire dei nomi dei
genitori, Antonio Orlandi e Leggiadra Modelli. Poi, neanche questa fonte contiene dati complementari riguardo alla
biografia di Orlandi.
ii
Pellegrino Antonio Orlandi, Origine e progressi della stampa (con introduzione di Paolo Tinti), Bologna, Forni, 1722,
ristampa anastatica 2005, p. V.
ii
Cit. in Orlandi (1704: 7).
ii
Umberto Beseghi, Introduzione alle chiese di Bologna, Bologna, Tamari, 1956, p. 90.
ii
ibid.
ii
Cit. in Orlandi (1722: 138).
ii
Intero titolo: Abcedario pittorico nel quale compendiosamente sono descritte le Patrie, i Maestri, ed i Tempi nei quali
fiorirono circa quattro mila Professori di Pittura, di Scultura e d’Architettura (da ora in poi l’Abcedario (pittorico).
ii
Questi scrittori sono menzionati tutti nella bibliografia in fondo dell’Abcedario pittorico (1704 e 1719).
ii
Si veda Giampietro Zanotti, Storia dell’Accademia Clementina di Bologna, Bologna, Forni, 1739, ristampa anastatica
1977, p.324. Purtroppo rimane ignota la data esatta in cui entrò nell’Accademia.
ii
Lo Zanotti fu personaggio cruciale dell’Accademia Clementina. Essendo per lungo tempo segretario, aveva la
posizione per eccellenza per scrivere l’opera fondamentale riguardante i primi anni dell’istituzione, Storia
dell’Accademia Clementina di Bologna, che uscì nel 1739 con autorizzazione dei membri.
ii
Per il contributo decisivo del Papa Clemente XI, l’Accademia fu denominata Clementina.
ii
Cit. in Zanotti (1739: 11).
ii
Cit. in Zanotti (1739: 33).
ii
Cfr. Silla Zamboni, “L’Accademia Clementina” in L’arte del settecento emiliano; la pittura: l’accademia clementina
(a.c.d. Andrea Emiliani, Eugenio Riccòmini, Renato Roli et al), Bologna, Alfa, 1979, pp.211-8. e Anton W.A.
Boschloo, L’Accademia clementina e la preoccupazione del passato, Bologna, Nuova Alfa, 1989, p. 14.
ii
id., p. 211.
ii
Cit. in Stefano Benassi, L’Accademia Clementina: la funzione pubblica, l’ideologia estetica, Bologna, Minerva, 2004,
p.136, p.197, p.365
ii
Lo Zanotti fu scrittore delle opere seguenti: Nuovo fregio di gloria a Felsina sempre pittrice (1709), Storia
dell’Accademia Clementina aggregata all’Istituto delle Scienze e dell’Arti (1739), Avvertimenti per lo incamminamento
di un giovane alla pittura (1756).
ii
Benassi (2004: 197).
ii
La prima edizione uscì nel 1704, la seconda nel 1719, entrambe pubblicate a Bologna. Le altre edizioni uscirono
postumo, in città diverse da stampatori diversi.
ii
Ne testimoniano le lettere di L.F. Marsili a Pellegrino Antonio Orlandi, conservate nella Biblioteca Universitaria di
Bologna (da ora in poi BUB), ms 245, ms 85 (vol. III A) e ms 1042 (Benassi 2004: 136).
ii
Per motivi di comodità, nel discorso facciamo uso dei termini ‘Italia’ ed ‘italiani’, pur sapendo che in quell’epoca non
esisteva ancora l’Italia come Stato unitario di oggi.
ii
Si veda Michele Maylender, Storia della Accademie dell’Italia, volume primo, Bologna, Cappelli, 1926, pp.112-5.
ii
La Società Albrizziana entrò perfettamente nella République des Lettres, un fenomeno europeo dei secoli XVI-XVIII
che dava forma alla esigenza degli intellettuali di formare una propria comunità.
ii
Cfr. A. Maestri, La Medaglia della società albrizziana di Venezia – L.A. Muratori [1727-1730] (1909), Modena,
Ferraguti, pp.2-5.
ii
Cit. in Maylender (1926: 113).
ii
Cit. in Maylender (1926: 111).
ii
Maylender (1926: 113 - 115).
ii
Cit. in Maylender (1926: 111).
ii
Maylender (1926: 116).
II
IL GENERE DELL’ABECEDARIO
LA FORMA ORIGINALE E LA RELAZIONE CON L’ENCICLOPEDISMO
Con
l’Abcedario pittoricoii, l’Orlandi pubblicò un’opera che nel corpoii, comprendeva la
descrizione di circa quattromila vite di artisti. Intitolandola Abcedario, l’autore accentuò la
sistemazione alfabetica. Orlandi non era il primo a servirsi di tale ordine e ad usare il termine
Abcedario nel titolo. Se si può parlare di un movimento letterario con orientamento alfabetico,
questo, evidentemente, non era del tutto univoco e non si manifestò in un breve arco di tempo ben
delineato.
Il presente capitolo ha lo scopo di mettere in rilievo il panorama storico-letterario più
largo in cui Orlandi fece il suo abcedario. A tale obiettivo, è necessario rispondere alle seguenti
domande:
Qual’era la forma originaria dell’abecedario e in quale misura assomiglia a o differisce
dall’abcedario di Orlandi?
Quali sono le categorie di opere a cui, in questo contesto storico più vasto, potremmo
relazionare l’abcedario pittorico e su quale base?
Qual’era la struttura nelle opere che più si assomigliarono all’abcedario di Orlandi?
È possibile pronunciarci sulla misura in cui i compositori dei vari scritti erano liberi a
esporre nelle proprie opere le preferenze personali, e se affermativo, in quale modo avvenne?
La nozione di abbecedario potrebbe funzionare come punto di partenza delle ricerche che saranno
eseguite in questo capitolo. Nel discorso, l’accento sarà messo sul ruolo dell’alfabeto nelle varie
opere enciclopediche. Vedremo che lo studio sull’alfabeto dà l’avvio a una discussione più larga,
che si concentra sul rapporto tra il contenuto e l’ordinamento dell’opera. Così, si comincia il
discorso con una breve discussione sulle definizioni attuali dei termini abbecedario, abbicì,
enciclopedia ed enciclopedico. Questa discussione forma la parte introduttiva del nostro studio e
spiegherà tra l’altro la presenza del genere enciclopedico nel dibattito.
In seguito, si svolgerà una piccola ricerca storico-bibliografica concentrata sugli abecedari
precedenti, vale a dire i volumi intitolati ‘Abecedario’ o ‘Alfabeto’, pubblicati anteriormente al
1704. La ricerca bibliografica, completata da una spiegazione teorica relativa all’uso dell’alfabeto
negli abecedari originari, vuol offrire un’immagine equivoca dell’abecedario nella sua forma
originale, e può mettere più luce sulle analogie e le differenze tra questi e l’abcedario di Orlandi.
Poi, tratteremo globalmente lo sviluppo del genere enciclopedico nella fase iniziale.
Segue un’altra parte teorica, che apre il discorso sulle opere enciclopediche più moderne del
Seicento. Si finisce con uno studio più ampio e dettagliato al livello delle opere stesse, anche in
combinazione con la teoria. La ricerca si concentra sulla loro architettura, e mostra anche
l’eventuale presenza della voce dell’autore nell’opera. Se rilevante per la nostra ricerca, si sarà
anche descritto l’ambiente sociale in cui è nata l’individuale opera enciclopedica. Le fonti che
abbiamo usato nei paragrafi corrispondenti, sono due in particolare. La prima sarebbe Notable
encyclopedias of the seventeenth and eighteenth centuries: nine predecessors of the encyclopédie
(1981) di Frank A. Kafker, la seconda Encyclopaedias: their history throughout the ages (1966)
di Robert Collison.
L’intero discorso può palesare il contesto storico-letterario in cui è nato l’Abcedario
Pittorico, e renderà possibile in un momento successivo il vedere nella giusta prospettiva il tono e
la strutturazione adoperati da Orlandi nel suo lavoro enciclopedico.
Le nozioni di abecedario ed enciclopedico
Qual’è la definizione attuale della nozione di ‘abecedario’ e in quale misura è applicabile
all’opera di Orlandi? Nei nostri giorni, abbecedario significa ‘libretto per imparare l’abc’ o come
aggettivo, riferisce al ‘componimento poetico, proprio della letteratura latina cristiana, nel quale
le lettere iniziali dei singoli versi o delle singole strofe si succedono in ordine alfabeticoii: carmi o
inni abbecedari’ii. Invece, abbiccì viene definito ‘alfabeto’ o ‘l’elementare d’una particolare
scienza o tecnica’. Nel rispetto di queste definizioni, l’Abcedario pittorico avrebbe poca affinità
con la nozione dell’abbecedario, mentre le definizioni di abbiccì mostrano entrambe analogia con
l’opera di Orlandi perchè serve, dal punto di vista più generico, come manuale artistico ed è,
come già menzionato, ordinato a secondo dell’alfabeto. Se poi continuiamo con le definizioni dei
termini enciclopedia ‘opera che raccoglie sistematicamente, per lo più in ordine alfabetico,
nozioni relative a tutte le discipline o a una disciplina in particolare’ ed enciclopedico ‘che
concerne l’enciclopedia o ha carattere di enciclopedia’ii, diventa chiaro che sono applicabili anche
essi. L’abecedario orlandiano comprende, oltre le vite artistiche, alcune sezioni metodiche relative
alla pittura e degli elenchi bibliografici sull’architettura, la scultura, la pittura ma anche sugli
abiti, l’anatomia, le favole. Insomma, potremmo qualificare l’abcedario come sorta di
enciclopedia artistica o pittorica. In conclusione, in base agli attuali standard, l’Abcedario
pittorico corrisponde all’abbiccì invece di all’abbecedario, ma anche a quel che viene chiamato
enciclopedico. Per questo, entrambi i concetti meritano di essere ricercati più profondamente.
L’abcedario nel Cinquecento
I volumi iniziando con ‘Abecedario’ o ‘Alfabeto’ e pubblicati prima del 1704 sono circa una
ventinaii, e provengono da scrittori italiani e spagnoli. Il primo abecedario da noi registrato, che è
anche uno dei volumi più studiati su questa lista, è lo spagnolo Abecedario espiritual ii. Questo
abecedario consisteva in sei volumi che uscirono tra il 1536 e il 1555, e fu composto dal frate
francescano Francisco de Osuna (ca.1491-ca.1541). La letteratura secondaria ci informa che con
questa pubblicazione, l’Osuna diventò l’esponente più influente della mistica spagnola del
Cinquecento. È del resto importante non considerare questa opera come dizionario spirituale
formatosi da una grande quantità di lemmi e articoli, a secondo degli standard di oggigiorno.
Invece, è una raccolta di ventitre trattati che descrivono il Recogimiento, implicando il ritirarsi per
raggiungere l’unione spirituale con Dio, attraverso la contemplazione interna. Il Recogimento
formava un tema principale nell’ordine dei francescani nel Cinque e Seicento. Di seguito, passano
in rassegna materie come la Passione di Cristo, la povertà, l’umiltà, i demoni. In tal modo,
l’Abecedario espiritual funzionava da guida per il pellegrino spirituale.
L’aspetto alfabetico di questo scritto si manifesta nell’acrostico; le lettere iniziali dei
singoli titoli di ciascun trattato, lette verticalmente, formano l’abc. In tal modo, i titoli dei primi
tre trattati dicono “Anden siempre juntamente”, “Bendiciones muy fervientes”, “Ciego, y sordo, y
mudo debes ser”ii. È esattamente questo acrostico a cui riferisce la seconda definizione di
abbecedario, appena menzionata. Inoltre, l’acrostico appare anche nel testo stesso, formando ad
esempio il nome di Gesù. Riguardo al contenuto dell’abecedario in relazione alla visione
dell’autore, si osserva che in alcuni passaggi appare l’opinione personale dell’autore sui diversi
ordini religiosi, che risulta, evidentemente, in una forte simpatia per i francescani e in una
antipatia verso i seguaci di Erasmo e Lutero, che sono chiamati «mordedores de la réligion»ii.
Altre pubblicazioni spagnole ed italiane di abecedari a partire dal tardo Cinquecentoii:
-
Serafino Salsi, Alfabeto confessionale, Girolamo Concordia, Pesaro, 1576
-
Vincenzo Ferrini, Alfabeto essemplare, Erasmo Viotti, Venezia, 1582
-
Angelo Francesco Tignosi, Abecedario d’alcune similtudini, tolte dalla Scrittura S. et
applicate a Maria vergine diuiso in 30. Discorsi, Agostino Tradate, Milano, 1598
-
Antonio Navarro, Abecedario virginal de excelencias del santissimo nombre de Maria, Pedro
Madrigal, Madrid, 1604
-
Bartolomeo da Saluzzo, Alfabeto del diuino amore, Barezzo Barezzi, Venezia, 1609
-
Gregorio Alasia, Alfabeto historico, che con viui esempi di chi ha ben seruito a Dio, insegna
a ciscuno la via del Paradiso, i Giunti, Firenze, 1622
-
Lazzaro Grandi, Alfabeto di secreti medicinali et altri curiosi e diletteuoli di ogni materia
con l’arte facile d’uccellare e pescare, Francesco Vigone, Milano, 1666
-
Juan Falconi, Alfabeto per saper leggere in Christo libro di vita eterna, Carlo Capodoro,
Roma, 1665
-
Bernardo d’Ascoli, Alfabeto di Geremia profeta, Giuseppe Piccini, Macerata, 1680
Poco sorprendente il fatto che i compositori degli abecedari teoligici erano tutti membri dei vari
ordini ecclesiastici. Per citarne alcuni, il Salsi era canonico lateranense, il Ferrini predicatore
domenicano, il Saluzzo riformato, il d’Ascoli frate carmelitanoii.
Occorrono ulteriori ricerche per determinare l’esatto contenuto e ordinamento di ogni
singola opera, che cadrebbero fuori dal quadro di questa tesi. Anche per il fatto che i titoli
sull’elenco sono eloquenti, svelando il carattere religioso delle altre opere, ci sembra valido in
questo punto di partire dall’ipotesi che queste opere mostrino tanta analogia con L’abecedario
espiritual di Osuna, che questo possa funzionare da esemplare.
I dati suddetti portano ai seguenti risultati:
a) In fondamento, l’abecedario è uno scritto di carattere spirituale e mistico, composto perlopiù
da individui appartenenti ai vari circoli ecclesiastici.
Questo, per quanto riguarda la Spagna, afferma anche Andres che scrive ‘desde 1540, más o
menos, abecedario equivale en nuestra patria a tratado de espiritualidad de índole más
mistica que ascética’ii.
L’unico lavoro eccezionale incluso nella ricerca è l’alfabeto di Grandi, che evidentemente è di
carattere profano.
b) L’alfabeto nell’abecedario originario si presenta sotto forma dell’acrostico.
c) L’abecedario originario, per quanto riguarda la forma stampata, è un fenomeno
principalmente del Cinquecento che si manifesta in Italia e in Spagna.
La relativa popolarità degli abecedari mistici ebbe luogo nel Cinquecento, il secolo della
riforma protestante e la Controriforma. Pertanto, in un periodo di grande instabilità spirituale
non è sorprendente che i rappresentanti ecclesiastici sentirono l’esigenza di propagare la
propria mistica, il modo in cui provare e praticare la propria fede e in cui raggiungere l’unione
trascendente con Dio. Che questa esigenza non fosse riservata solo ai francescani come
Francisco de Osuna, mostrano gli scrittori degli altri abecedari religiosi, provenienti dagli
ordini carmelitani, domenicani, lateranensi, riformati.
Il valore metafisico-teologico dell’alfabeto negli abecedari originari
La scelta per l’ordine alfabetico non era, come nei secoli seguenti, per motivi di praticità ma per
principi ontologici. Kilcher (2003) spiega questo ordnungsprinzip negli abecedari teologici,
denotando che esso, in primo luogo, funzionava da ordine metafisico-teologico. Nel Medioevo,
per il Salmo acrostico 119, l’ordine alfabetico era considerato ordinamento sacrale e
rappresentazione mnemotecnica, i caratteri dell’alfabeto erano considerati elementi metafisiciii.
Questa spiegazione, accentuando l’influsso della fede e il vangelo sugli abecedari primordiali,
mostra il rapporto inestricabile tra spirito dei tempi e opera letteraria. In sostanza, gli abecedari
pubblicati a partire dal Settecento riguardano soggetti mondani, quali la pittura, la grammatica, la
lingua volgare. Risulta perciò che il salto dagli abecedari mistici del Cinquecento agli abecedari
dei secoli successivi segna contemporaneamente il passaggio fra la fine del basso Medioevo e
l’età moderna, almeno per questo tipo di opere. Questo è reso esplicito dalla disuguaglianza tra il
carattere degli abecedari originari di respiro medievale, vale a dire il contenuto puramente
religioso, lo scopo moralista e l’ordine alfabetico metafisico e quello profano degli abecedari
stampati più tardi, come l’Abcedario pittorico. In questo momento, potremmo concludere che
l’analogia fra i due si limita all’uso della disposizione alfabetica, anche se in modo diverso e per
motivi diversi, e alla parola ‘abecedario’ all’inizio del titolo dell’opera.
Il genere enciclopedico nella fase iniziale
Quali sono le opere a cui fa sì pensare l’Abcedario pittorico di Orlandi? Sarebbe il genere delle
opere enciclopediche con orientamento più razionale. Sono queste opere a cui l’Abcedario
pittorico fa ricordare, anziché agli abecedari precedenti. Tant’è, che almeno le opere
enciclopediche dei secoli più recenti, dal Seicento in poi, sono ordinati secondo l’alfabeto, per
motivi di comodità. In più, entrambi comprendono informazioni di carattere più profano, ed
hanno, in fondamento, come scopo l’organizzazione e la diffusione di conoscenza varia.
Questo genere enciclopedico non andrebbe affrontato come successore o sostituto per gli
abecedari mistici, per il fatto che conosce una storia autonoma e secolare, prendendo il via già
all’inizio dell’era cristiana con l’Historia naturalis di Plinio (77 d.C.)ii. Questo scritto, composto
da trentasette volumi, è ordinato a soggetto in base alla postazione sulla scala gerarchica. Le voci
del rango più alto erano discusse prima di quelle di una categoria più bassa. Nell’antichità classica
erano considerate di importanza primaria le sette arti liberaliii, ed erano queste ad essere trattate
prima ed a ricevere più spazio nelle opere enciclopediche dell’epoca, a confronto delle voci
concernenti soggetti “inferiori” come la guerra o l’economia.
Gli scritti enciclopedici medievali, adoperando questa struttura gerarchica e formando
così un tutto organico, rispecchiarono contemporaneamente la strutturazione della società e il
mondo delle idee del tempo. I lavori con orientamento cristiano cominciarono con i temi relativi
alle sacre scritture, mentre quelli secolari dei romani si concentrarono in primo luogo sulle arti
liberali del Trivio ed il Quadrivio. Era nell’Istitutiones divinarum et humanarum lectionum di
Cassiodoro nel secolo VI che le due angolature si incontrarono nello stesso scritto ad un livello
equo.
È vero che questa strutturazione gerarchica a soggetto fu adottata più frequentemente
negli scritti enciclopedici nel corso dei secoli, è altrettanto vero che, parallelamente, esisteva
l’orientamento alfabetico, anche se l’introduzione di questo ordine avvenne solo nel secolo XII,
con il Lessico Suidae o Suidaii. Tuttavia, è sempre la classificazione dell’argomento a rimanere
l’ordnungsprinzip preferito. Inoltre, se si fece uso dell’ordine alfabetico, era come suddivisione
entro il quadro degli articoli che in primo luogo erano ordinati a soggetto, a secondo dell’attuale
gerarchia.
Il Seicento: la trasformazione della «Versprachligung des Wissens»
Nel Seicento, la struttura delle opere enciclopediche si trasforma radicalmente. Kilcher nomina la
trasformazione una «,,Versprachlichung’’ des Wissens». Questo fenomeno si lascia spiegare dalla
«secolarizzazione del sapere», vale a dire l’alfabetizzazione del sapere che provoca la
«formazione letteraria dell’enciclopedia»ii. Ciò significa che l’organizzazione del sapere,
l’essenza fondamentale del genere enciclopedico, non era più dettata dai concetti fissi, in altre
parole, le divisioni e le suddivisioni ontologiche o teologiche su cui anche sia la società antica sia
quella medievale si erano fondati, ma da un concetto arbitrario come il linguaggio.
L’ordnungsprinzip del mondo ben strutturato nell’Enciclopedismo teologico del medioevo e
nell’Enciclopedismo più profano era sostituito dall’ordine alfabetico.
Tuttavia, lo stesso alfabeto del Medioevo, e qui rientrano in scena gli abecedari mistici,
non aveva più la carica spirituale; gli stessi caratteri dell’alfabeto non formarono più gli elementi
metafisici del mondo, ma diventarono componimenti linguistici e rappresentanti del mondo
artificiale del linguaggio. È questo l’aspetto secolare dell’alfabetizzazione del sapere. In altre
parole, l’ordine alfabetico metafisico-teologico, per quanto se ne facesse uso, scomparisce e fa
spazio all’ordine alfabetico per motivi di comodità.
Da questa fase di trasformazione, erano le parole, gli elementi principali del linguaggio, a
determinare il nuovo ordine in tutti i tipi di scritti enciclopedici. Pertanto, era il linguaggio, il
mezzo di comunicazione principale dell’uomo, che per definizione è arbitrario perchè suscettibile
al mondo mentale, il gusto personale e lo stato d’animo dell’utente, a farla da padrone
nell’organizzazione del sapere. L’aspetto arbitrario rese più interpretabile e costruibile
l’ordnungsprinzip, mettendo in moto la formazione letteraria dell’enciclopedia.
In breve, nel Settecento si avvia una trasformazione radicale nel rapporto tra il contenuto
e la strutturazione nelle opere enciclopediche. Dove prima l’ordinamento dettava per gran parte il
contenuto, ora è il contenuto a dettare l’ordinamento. Un esempio di un’enciclopedia in cui, in
buona parte, il contenuto dettava l’ordinamento, e che così prese forma di un documento
‘costruito’ esponendo apertamente l’opinione personale dell’autore, si trova nel Dictionnaire
Historique et Critique (1697) di Pierre Bayle, che sarà discusso nel testo che segue.
La nozione dell’Enciclopedismo
Che cos’è l’Enciclopedismo? Nel dizionario moderno, Enciclopedismo è definito ‘l’insieme delle
dottrine e delle idee che ispirarono la compilazione dell’«Enciclopedia» francese’ii. Nella nostra
ricerca, il termine Enciclopedismo è usato in senso più largo, riferendosi alla composizione delle
opere enciclopediche in generale. La definizione marca l’Encyclopédieii come svolta decisiva per
il genere enciclopedico. Benché l’Enciclopedia francese possa essere considerata pionieristica,
essa va sempre studiata alla luce dello sviluppo del genere enciclopedico nei secoli precedenti.
Abbiamo già constatato che il genere enciclopedico conosce una storia secolare, ma è dal
Seicento che nei circoli intellettuali diventa sempre più attuale l’esigenza di acquisire conoscenze,
di scambiarle e di renderle pubbliche. Il risultato è la quantità di opere enciclopediche che si
aumenta rapidamente, culminando nell’Ottocento con l’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert. Il
secolo dell’Illuminismo, della razionalità, forma il contesto per eccellenza per questo genere che,
in fondamento, si concentra sull’organizzazione del sapere. Tuttavia, per la nostra ricerca sono
rilevanti soprattutto le opere enciclopediche uscite prima del famoso Encyclopédie, che ha una
data di pubblicazione posteriore alla scomparsa di Orlandi.
È del resto essenziale usare il termine Enciclopedismo invece di Enciclopedia, per
evidenziare che questo genere si è manifestato in più tempi e in più forme. Il termine
‘Enciclopedia’ implica una sola manifestazione fisica del genere enciclopedico, il che
evidentemente sarebbe erroneo. Se si può parlare di categorie, il genere enciclopedico potrebbe
includere non solo la categoria delle enciclopedie, ma anche quella dei dizionari, dei dizionari
enciclopedici e infine di ciò che non viene chiamato esplicitamente enciclopedia o dizionario ma
che è enciclopedico a secondo della definizione. I testi o l’architettura delle opere enciclopediche
si accavallano in molti casi, e sarebbe ambizioso fare una netta demarcazione. Di conseguenza,
nei paragrafi che seguono, l’uso di ‘enciclopedia’ o ‘dizionario’ non andrebbe interpretato nel
senso più ristretto.
L’Enciclopedismo nel Sei e Settecento
In questo punto è opportuno approfondire il discorso sull’Enciclopedismo al livello delle opere
stesse. Nei Paesi di lingua romanza, si osserva che è nel mondo intellettuale francese dove emerge
la maggioranza dei lavori enciclopedici più notevoli del Sei e Settecentoii. Una selezione di cinque
opere, che all’epoca erano considerate autorevoli, forma la base per il quadro sinottico incentrato
sull’Enciclopedismo in Francia in quest’epoca, che sarà descritto nel testo che segue. Per la
composizione di questo paragrafo ci siamo serviti in particolar modo di un lavoro dello storico
statunitense Frank A. Kafker, Notable encyclopedias of the seventeenth and eighteenth centuries:
nine predecessors of the Encyclopédie, uscito nel 1981. In questo lavoro viene discusso non solo
il contenuto delle enciclopedie, ma vengono esposti anche il contesto storico in cui vennero
composte e l’ambiente sociale in cui i compositori operarono. In più, abbiamo consultato le
seguenti opere:
-
Charles Estienne, Dictionarium historicum, geographicum, poeticum, J. Stoer, Geneva, 1596.
Noi si è fatta uso di una ristampa anastatica di questa edizione, del 1976, pubblicata a New
York.
-
Louis Moréri, Le Grand Dictionnaire Historique, ou Le Mélange curieux de l’Histoire, P.
Brunel, Amterdam, 1740
-
Antoine Furetière, Dictionnaire Universel, Pierre Husson, L’Aia, 1727
-
Thomas Corneille, Le Dictionnaire des arts et des sciences, Coignard, Parigi, 1694-1695
-
Pierre Bayle, Dictionaire critique et historique, Reinier Leers, Rotterdam, 1697
Sarà accentuata non tanto il contenuto fattuale quanto la composizione delle opere
enciclopediche, che del resto sono tutte generiche. Con ciò, lo studio cercherà non solo di dare la
risposta definitiva sull’ordnungsprinzip nel corpo del dizionario, ma anche di rintracciare
l’eventuale presenza di sezioni che determinano l’architettura dell’opera, come la prefazione,
l’indice analitico, la tavola, la mappaii. Di seguito, sarà esaminato il modo in cui sono menzionate
le fonti di cui il compositore si è servito, sia nel corpo del dizionario, sia in un’eventuale lista
bibliografica all’inizio o in fondo dell’opera. Inoltre, si cerca di notare brevemente l’influsso del
compositore sul testo nel dizionario. Se le informazioni nel corpo sono espressamente abbellite o
in altro modo colorate dalla visione dell’autore, è interessante stabilire in che luogo e in quale
modo. Alcuni tra i dizionari selezionati meritano una discussione più profonda sull’ambiente
sociale in cui sono nati, che rende più completa l’immagine dello specchio dei tempi da noi
studiati. Per finire, cerchiamo di verificare definitivamente la teoria di Kilcher, relazionandola al
dizionario di Bayle.
Uno studio più profondo di cinque dizionari francesi dei secoli XVI e XVII
Una delle prime enciclopedie uscite in Francia è il latino Dictionarium historicum, geographicum
et poeticum (1553), composta dal medico Charles Estienne (1504-1564). Per un secolo, questo
lavoro era uno dei libri più consultati sul canone classico. Il Dictionarium, che consiste in un solo
tomo, è in ordine alfabetico, e contiene parecchie citazioni e riferimenti alla letteratura classica.
Sono assenti una prefazione scritta dall’autore, indicazioni delle fonti, un indice analitico, tavole,
mappe, illustrazioni o liste bibliografiche. Entro il 1662 uscirono almeno sette edizioni successive
del dizionario. Nel 1643 D. de Juigné Broissinière pubblicò una traduzione attualizzata in
francese sotto il titolo Dictionnaire théologique, historique, poétique, cosmographique et
chronologique.
Più di un secolo dopo esce un’altra enciclopedia francese, il famoso Le grand
dictionnaire historique, ou le mélange curieux de l’histoire sacrée et profaneii (1674) del prete e
professore di Teologia Louis Moréri (1643-1680). Già il titolo indica l’orientamento bilaterale
dell’enciclopedia, l’influsso ecclesiastico non è sorprendente considerando le occupazioni
dell’autore. Kafker (1981) descrive che molte informazioni negli articoli, in particolare quelle
nella parte sulla storia sacra e profana, sono colorate a favore del cattolicismo e contro il
protestantesimoii. La prima edizione di questa enciclopedia consisteva in un volume in folio,
mentre la ventesima e ultima edizione accresciuta che uscì nel 1759 era composta di dieci volumi
in folioii. All’inizio dell’opera v’è la prefazione scritta da Moréri, in cui spiega tra l’altro che
furono gli amici a indurlo a comporre il Dictionnaire. Anche questa enciclopedia è ordinata in
ordine alfabetico e contiene numerose citazioni e riferimenti alla letteratura classica. Dopo molti
articoli segue l’indicazione della fonte, sono assenti l’indice analitico, illustrazioni, una
bibliografia e mappe. Per un secolo, il dizionario di Toreri ebbe un grande successo, ne testimonia
l’alta quantità di supplementi ed edizioni ampliati ed aggiornati pubblicati tra il 1674 ed il 1759,
che in totale sono una trentina. In più, le grand dictionnaire historique trionfò anche all’estero,
con pubblicazioni in spagnolo e olandese. Le traduzioni inglesi e tedesche conobbero persino
rispettivamente sei e sette edizioni.
Un altro scritto francese, il controversiale dizionario enciclopedico Dictionnaire
universelii dell’abate e letterato Antoine Furetière (1619-1688), uscì solo dopo la morte
dell’autore nel 1690. Alla base di questa pubblicazione postuma erano le forti polemiche tra
Furetière e l’Accadémie Française. Entrambi stavano compilando un dizionario francese e
l’Accademia mirava ad avere la prima pubblicazione. Anteriormente alla polemica, quando il
Dictionnaire universel era ancora fuori questione, Furetière era membro dell’Accademia e stava
perfino collaborando al dizionario dell’Istituto. Tuttavia, il lento e problematico processo della
stesura del dizionario e l’inclinazione purista degli altri soci lo spinsero ad abbandonare il
progetto collettivo e a procedere al proprio conto, attirandosi i fulmini degli accademici. La prima
pubblicazione del dizionario di Furetière consisteva in tre tomi, ed era introdotta da una lunga
prefazione del filosofo francese Pierre Bayle (1674-1706) in cui parla in difesa di Furetière, senza
denigrare il dizionario dell’Accademia.
Il Dictionnaire universel è ordinato alfabeticamente e contiene non solo le definizioni
delle voci ma in molti casi anche la loro etimologia. Molti articoli contengono citazioni
provenienti da celebri personaggi francesi dell’epoca come Molière (1622-1673), La Fontaine
(1621-1695). La maggioranza degli articoli finisce con l’indicazione della fonte in forma degli
iniziali o l’abbreviazione del cognome dell’autore o dell’opera a cui viene riferito, che si ritrovano
sull’elenco alfabetico nella parte preliminare del dizionario. Questo elenco, intitolato Table
alphabétique, comprende due pagine in cui si spiegano le abbreviazioni delle fonti usate nel corpo
del dizionario, così ‘L.d’Ab.’ sta per Lettres d’Abelard, e ‘Rac.’ per Mr. Racine. In tal modo, i
riferimenti rimangono ambigui, non sono menzionati i dati complementari essenziali per una
bibliografia adeguata, tra cui l’anno e luogo di pubblicazione dell’opera, l’editore, l’edizione di
cui si è fatta uso. La bibliografia rimane dunque molto elementare, poi mancano un indice
analitico, tavole, mappe e illustrazioni. Anche Furetière non cercava di tener segreto la propria
preferenza religiosa, che negli articoli dei lemmi come Prophete, Juif e Église (Kafker 1981: 623) si manifesta in favore del cattolicismo. Gli stessi articoli esprimono anche un senso di antipatia
verso il giudaismo, contenendo adagi e proverbi antisemitici. Il dizionario di Furetière conobbe
nove edizioni, pubblicate tra il 1690 e il 1727.
Nel 1694, solo quattro anni dopo la prima pubblicazione del Dictionnaire universel di
Furetière, era Thomas Corneille (1625-1709) a dare alle stampe il suo Dictionnaire des arts et des
sciences. Un mese prima era uscito il Dictionnaire de l’Académie françoise, in cui erano omessi i
termini scientifici e tecnici. Corneille era membro dell’Accademia, e l’idea era di comporre un
supplemento al dizionario dell’Accademia, in modo che entrambi potessero competere con il
dizionario del rivale Furetière. Nella prefazione, Corneille mise in dubbio la qualità e l’utilità del
Dictionnaire del predecessore, per gli errori nella collocazione e
l’etimologia dei lemmi.
Aggiunse che per queste imprecisioni il pubblico doveva sentire il bisogno di un dizionario più
attendibile. Nel corpo del dizionario, anche Corneille si esprime in favore del cattolicismo a costo
delle altre dottrine religiose come il giudaismo, ma le opinioni sono più moderate in confronto a
quelle di Furetière. Corneille inserì molti termini relativi all’arte, la musica, l’architettura, anche
se gli articoli corrispondenti rimasero concisi. Il dizionario conosce una presentazione alfabetica e
contiene riferimenti alla derivazione delle parole, ma sono assenti indicazioni delle fonti, un
indice analitico, una bibliografia, tavole, mappe e illustrazioni. Il Dictionnaire des arts et des
sciences non formava la concorrenza premeditata al dizionario di Furetière. Nondimeno, fu
aggiornato e ripubblicato cinque volte, l’ultima edizione uscì nel 1732.
L’opera enciclopedica che chiude il discorso è il Dictionnaire historique et critique del
prima menzionato professore di Filosofia Pierre Bayle (1647-1706). La prima edizione, quattro
volumi in folio, uscì nel 1697, e venne seguita da tre supplimenti e numerose edizioni successive.
L’undicesima e ultima edizione, sedici volumi in ottavo, fu stampata nel 1820. Il dizionario fu
tradotto in inglese e in tedesco. Anche questo dizionario provocò polemiche, per le visioni
anticonformisti che si presentarono negli articoli attinenti alla fede. Nato in un ambiente
protestante, all’età di ventuno anni Bayle si trasferì a Toulouse per studiare filosofia con i gesuiti.
Entro un anno, si era convertito al cattolicismo, ma la conversione non durò a lungo, e dopo poco
tempo Bayle cercò di ricollegarsi al Calvinismo. Questo atteggiamento squilibrato diminuì la
stima di cui godette da parte dei seguaci sia della fede cattolica sia della dottrina calvinista. Ciò
nonostante, da quel momento Bayle si dichiarì espressamente a favore del Calvinismo. Per
fuggire dalle tensioni religiose nella patria, decise di stabilirsi nei tolleranti Paesi Bassi che
funzionarono da rifugio per i protestanti francesiii. Era a Rotterdam che andò alle stampe la prima
edizione del Dictionnaire historique et critique, che acquisì una riputazione controversiale in
primo luogo per l’esplicita perorazione per una tolleranza religiosa totale, anche nei confronti
degli ateisti.
Già a prima vista salta nell’occhio il carattere eccezionale del dizionario. Gli articoli sono
di notevoli dimensioni, e si presentano come piccole dissertazioni suddivise in più parti, ciascuna
con il proprio titolo. Per mantenere in funzione il discorso, si è anche fatto uso di presupposti da
verificare. Notevole è l’uso frequente di ‘je’, che dà al testo il carattere personale. In molti luoghi
vengono criticati i compositori dei dizionari precedenti. L’argomentazione nel testo è sostenuta da
passaggi e citazioni tratti dalla letteratura classica e moderna, che sono sempre accompagnate da
una nota con i dati bibliografici corrispondenti. Il dizionario è introdotto da una lunga prefazione
scritta dall’autore, ed è ordinato alfabeticamente. Mancano mappe, illustrazioni e una sezione
bibliografica. Tuttavia, alla fine del quarto volume è aggiunto un indice analitico, che però rimane
molto elementare. La liste alfabéthique viene introdotta in modo curioso, al modo seguente
De peur qu’on ne la fit trop longue sans nécessité, on y a mis rarement ce qui appartient aux matières dans
leurs propres articles: par example, presque tout ce que l’on a marqué de César dans cette Table se trouve
ailleurs que dans l’article de César’ ii.
In più, è solo nelle edizioni successive che in questa lista alfabetica sono inseriti i titoli degli
articoli. Il quarto volume comprende anche quattro esposizioni su vari temi e questioni religiosi.
Kafker dichiara che il dizionario di Bayle era un solo mezzo per trasmettere un creativo e
complicato messaggio religioso, gli argomenti sembrano solidi, anche se restano in superficieii.
Pochi sono gli articoli sulla mitologia, la geografia, i toponimi, i nomi propri, le scienze esatte,
l’arte, la letteratura, l’architettura. Invece, la maggioranza dei soggetti trattati più estesamente
concerne i personaggi sei e settecenteschi che in un modo o nell’altro sono da mettere in relazione
con la filosofia o la religione. Prevalente è il dibattito sul Protestantesimo in generale e la riforma
protestante in particolare.
L’affermazione fatta da Kafker illustra perfettamente la teoria di Kilcher. Con il
Dictionnarire critique et historique, Bayle trovò un mezzo di comunicazione per esprimere
apertamente i propri punti di vista sugli argomenti religiosi più ardenti e controversiali dell’epoca.
Nella maggioranza degli articoli, il punto di partenza del discorso era formato dalle parole, i
concetti e le visioni di altri. Così, i testi già colorati vennero rivalutati da Bayle, risultando in un
documento critico e soggettivo, che dava sfogo alle preferenze personali del compositore.
Evidentemente, l’argomentazione era fatta sotto un denominatore scientifico, ma questo era
tutt’altro che obbiettivoii. La parzialità dell’autore si rivela già nella selezione dei soggetti e
personaggi da trattare nel corpo del dizionario. In altre parole, se c’era un concetto a determinare
l’architettura del dizionario, non era di tipo metafisico-teologico o ontologico, ma un concetto
creato dall’autore stesso in base alle preferenze personali, anche in risposta alle presunzioni fatte
da altri. Infatti, erano la comunicazione verbale, le parole, a marcare il contenuto e con questo la
scelta dei lemmi e l’ordine del dizionario. Insomma, in Bayle prende forma ciò che Kilcher
nomina la formazione letteraria dell’enciclopedia.
L’alfabeto come norma e la formazione letteraria dell’enciclopedia in pieno ritmo
L’abecedario era un fenomeno assai attuale nella Spagna e l’Italia del Cinquecento, periodo di
grande instabilità religiosa, funzionando da mezzo per propagare la propria mistica. In tal modo,
l’abecedario nella sua forma originale, si lascia caratterizzare come scritto di carattere teologico e
spirituale, che nella maggioranza dei casi, fu composto da un autore proveniente da un ambiente
religioso. Relativo alla presenza dell’alfabeto in questi scritti, si è constatato che esso apparve
sotto forma dell’acrostico.
In base a queste osservazioni, si è trovato che l’abcedario orlandiano si assomiglia
marginalmente a questi abecedari originari. In verità, le similarità stanno nel solo fatto che
entrambi hanno un titolo che inizia con la parola ‘abecedario’ o ‘alfabeto’, e nel dato che, in linea
con questo, in entrambi i tipi di lavori si è fatto uso dell’ordine alfabetico. Invece, le
dissomiglianze si mostrano più significative. Mentre il messaggio negli abecedari originari è di
tipo mistico e religioso, il contenuto nell’abcedario pittorico è di carattere piuttosto profano. In
più, anche se in entrambe le opere ci si è serviti dell’alfabeto, questo avviene in modo diverso e
per motivi diversi. Dunque, anche se è possibile legare l’abcedario di Orlandi agli abecedari
originali, per trovare la categoria di opere che più si assomiglia all’abcedario di Orlandi, si è
studiato più profondamente un altro tipo di scritti, che sarebbe il genere delle opere
enciclopediche. Entrambi sono documenti di carattere più profano in cui il sapere si trova
organizzato in modo alfabetico, almeno nellle opere pubblicate a partire dal Seicento, e che in
fondamento vogliono informare e diffondere conoscenza varia. Invece, è altrettanto vero che
entrambi questi lavori danno l’impressione di esporre informazioni da un’angolazione oggettiva,
anche se hanno compositori che godono una libertà letteraria e che su questa base potrebbero
autorizzarsi a influenzare o manipolare il contenuto del testo secondo il proprio parere e le
preferenze personali.
Riguardo alla struttura nella selezione di cinque importanti dizionari francesi del Seicento,
constatiamo che l’ordnungsprinzip nel corpo di questi lavori è sempre l’alfabeto, anziché la
rilevanza o il carattere dell’argomento da trattare. Con ciò, potremmo sostenere che nelle opere
enciclopediche seicentesche l’ordine alfabetico è diventato la norma. Poi, in tutti i dizionari, c´è
da osservare l’uso minimale o basilare di elementi che potrebbero costituire una tale opera, come
una bibliografia trasparente o una tavola con illustrazioni. Invece, tutte le opere sono introdotte da
una prefazione, e alcune comprendono tavole o contengono riferimenti bibliografici, ma in
nessun’opera è inserito un adeguato indice analitico. Solo nel dizionario di Bayle è integrata una
separata sezione di rilevanza, costituita da quattro trattati.
È risultato che il contenuto nelle opere ordinate alfabeticamente è soggetto all’influsso del
compositore, in misura più ragguardevole a paragone delle opere ordinate in base al carattere o
l’importanza dell’argomento. La gerarchia ontologica o teologica nelle opere enciclopediche
organizzate in base all’argomento non lasciava tanto spazio al compositore per quanto riguarda
l’ordinamento e la selezione dei lemmi e con ciò il contenuto degli articoli. Invece,
l’alfabetizzazione delle opere enciclopediche rese più aperta e flessibile la selezione dei lemmi. Di
conseguenza, il compositore poteva liberamente inserire o omettere voci, e poteva trattarle
brevemente o estesamente, a secondo del proprio parere. Le preferenze personali dei compositori
dei dizionari apparvero in primo luogo nella spiegazione dei lemmi attinenti alla fede. In questo
modo, la libertà aumentata mise in moto la formazione letteraria dell’opera enciclopedica, come
spiegata nella teoria di Kilcher, di cui è esempio il dizionario di Bayle, che funzionava piuttosto
da copertura per l’esposizione delle visioni controversiali del compositore, anziché da opera
informativa equilibrata e obbiettiva.
In un momento successivo sarà ricercata e descritta la misura in cui i biografi si servirono
della loro libertà letteraria, e il modo in cui questa libertà esercitò un’influenza sui loro scritti.
Prima, vogliamo rivolgere lo sguardo all’uso delle fonti da parte del frate bolognese. In ogni
modo, nei capitoli che restano, avrà il nostro particolare interesse l’oggetto di ricerca principale,
l’Abcedario Pittorico orlandiano.
ii
Riguardo alla parola abcedario nel titolo della sua opera, Orlandi fece uso di un’ortografia differente da quella usuale;
invece di abecedario scrisse abcedario, in cui è caduta la e. In questa tesi si è cercato di scrivere abcedario quando si
tratta dell’abcedario orlandiano, e di notare abecedario quando si parla nel senso generale, anche se, evidentemente,
queste forme di grafia sono intercambiabili.
ii
In questo testo, ‘corpo’ equivale la sezione che contiene le informazioni principali e che forma la parte più sostanziosa
in un’opera enciclopedica. Il corpo può essere organizzato in ordine alfabetico, oppure in base al (carattere o la
rilevanza del) soggetto.
ii
Il termine letterario per questo componimento poetico sarebbe acrostico alfabetico.
ii
Il riferimento agli inni abbecedari consola la parte della teoria di Kilcher, che spiega la scelta per la disposizione
alfabetica negli abecedari originari in base al Salmo acrostico 119.
ii
Le definizioni dei termini sono tratte dal dizionario Garzanti – Dizionario Italiano, edizione aggiornata 2003 (serie
dei Grandi Dizionari) (2002).
ii
I dati relativi alla quantità di abecedari pubblicati anteriori al 1704 sono il risultato d’una ricerca bibliografica nel
catalogo condiviso online del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e l’ICCU (Istituto Centrale per il Catalogo
Unico) (sito http://www.internetculturale.it/moduli/opac/opac.jsp.) I documenti inediti, i manoscritti sono esclusi dalla
ricerca, dato che richiedono ricerche più specifiche che cadono al di fuori del raggio d’azione di questa tesi.
ii
Il titolo intero direbbe Abecedario espiritual, que trata de la circunstancias de la sagrada pasión del Hijo de Dios.
ii
Francisco de Osuna, Tercer Abecedario Espiritual (edizione annotata da Melquiades Andres), Madrid, Catolica, 1972
ristampa edizione 1544, pp.36-7.
ii
Francisco de Osuna 1544 (1972: 99).
ii
Si veda nota numero 6.
ii
La maggioranza degli autori degli scritti enciclopedici, dalle origini ai secoli più recenti, proviene da un ambiente
ecclesiastico. Kafker (1981: 54) spiega ‘a clergyman’s life often permitted the leisure for literary endeavours’.
ii
Francisco de Osuna 1544 (1972: 41).
ii
Da: Andreas B. Kilcher, Mathesis und poiesis – die Enzyklopädik der Literatur 1600-2000, Monaco, Fink, 2003,
p.205.
ii
Collison (1966: 25).
ii
La grammatica, la logica, la retorica, geometria, l’aritmetica, l’astronomia, la musica.
ii
Il Lessico Suidae fu un lessico enciclopedico greco, che comprese circa trentamila voci attinenti a varie discipline.
ii
Kilcher (2003: 178).
ii
Da: Garzanti – Dizionario Italiano, edizione aggiornata 2003 (serie dei Grandi Dizionari) (2002).
ii
L’Enciclopedia, composta da un gruppo di intellettuali francesi, tra cui Diderot (1713-1783) e d’Alembert (17171783), fu pubblicato tra il 1751 e il 1756 in 17 volumi, seguito da altri undici volumi di tavole.
ii
Una delle prime enciclopedie alfabetiche pubblicate in Italia è il Nuovo dizionario di Gianfrancesco Pivati. Questo
dizionario fu stampato in dieci volumi, tra il 1740 e il 1750, nella città di Venezia. Precursori erano il Marucelli (16251703) con il manoscritto bibliografico Mare Magnum, il Gimma (1688-1736) che tra il 1690 e il 1693 compose
un’enciclopedia che è rimasta inedita, il Coronelli (1650-1718) che, nel primo decennio del Settecento, pubblicò i primi
sette volumi dell’incompiuta Biblioteca Universale Sacro profana, il cui progetto comprendeva 45 volumi. Da:
Cappelletti, Salvatore, “Silvano Garofalo. L’Enciclopedismo italiano: Gianfrancesco Pivati” in Forum Italicum, Vol.17,
No.1, 1983, pp.130-2.
ii
È solo la versione originaria, la prima edizione di ciascun dizionario che è sottoposta a questa ricerca.
ii
Nel titolo della prima edizione c’era scritto ‘sainte’, che nelle edizioni successive fu sostituito da ‘sacrée’.
ii
Si veda Frank A. Kafker, Notable encyclopedias of the seventeenth and eighteenth centuries: nine predecessors of the
Encyclopédie, Oxford, The Voltaire Foundation at the Taylor Institution, pp.30-1.
ii
La seconda (1681) e le altre edizioni successive uscirono postumo.
ii
In forma più estesa, il titolo dice Dictionnaire universel, Contenant generalement tous les mots françois, tant vieux
que modernes, et les termes des sciences et des arts.
ii
Era negli stessi Paesi Bassi che vennero pubblicate la prima e le edizioni successive del controversiale Dictionnaire
universel di Furetière.
ii
Da: Pierre Bayle, Dictionnaire historique et critique – nouvelle édition, Tome XVI, Ginevra, Skatline, 1969 ristampa
edizione 1820, p.301.
ii
id., pp. 89-102.
ii
Per un’estesa bibliografia su Bayle e lo stile nel Dictionnaire historique e critique si consulti Frank A. Kafker (1981:
102-3).
III
LE FONTI USATE PER LA COMPOSIZIONE DELL’ABCEDARIO PITTORICO
Non
è molto complicato rendersi conto del fatto, che per la composizione di un’opera
enciclopedica come l’abcedario pittorico, il compilatore ha necessità di disporre non solo di una
vasta conoscenza, di una larga biblioteca, ma anche di una grande varietà di fonti che tengano in
moto il continuo afflusso d’informazioni. Per la descrizione delle vite degli artisti, Orlandi fece
uso intensivo dei trattati e manoscritti sull’arte in generale e la pittura e le vite di artisti in
particolare, che fino a quel momento furono prodotti. A questi lavori degli autori precedenti e
contemporanei, è dedicata l’estesa bibliografia in fondo dell’Abcedario Pittorico.
Più interessante è il fatto che Orlandi inserì un gran numero di artisti contemporanei, che
nell’Abcedario pittorico conobbero il debutto della propria biografia in forma stampata. Le vite di
questi artisti da ora in poi saranno chiamate vite originali.
Allora, per la composizione della sua opera, il frate aveva a disposizione due categorie di fonti
principali:
-
La letteratura esistente; essa comprendeva il totale dei manoscritti e le opere pubblicate, sia
degli autori contemporanei, sia degli scrittori del passato. Qui va tuttavia aggiunto che,
evidentemente, si tratta di fonti potenziali e neanche il nostro frate zelante poteva chiamarsi
lettore dell’intera produzione letterario-artistica che fino a quel momento era in giroii.
Comunque, è chiaro che gli passò sotto gli occhi gran parte degli scritti esistenti.
-
La cerchia di persone intorno alla sua figura, che gli fornirono delle informazioni necessarie
per la descrizione delle vite originali. Facciamo riferimento al capitolo dedicato alla biografia
del frate in cui parliamo delle sue reti di contatti, che seppe costruire grazie al fatto che era
socio di due organizzazioni che conobbero un largo elenco di soci, anche internazionali,
includendo quelli altamente posizionati sulla scala sociale.
Questo capitolo vuol mettere più luce sul processo compositivo dell’abcedario, in base ad un
discorso sull’uso delle fonti da parte del frate. Per essere più chiari, vogliamo aggiungere che si
intende la composizione nel senso della stesura, implicando la redazione dell’opera e la fase
precedente ad essa in cui ci si documenta e in cui si raccoglie il materiale necessario per la
composizione del testo. L’obiettivo del capitolo è di rispondere alle seguenti domande
Come funzionava la composizione delle vite non originali ?
Come funzionava la composizione delle vite originali?
Come andava l’esatta distribuzione dei dati relativi alle vite degli artisti, originali o meno, e
qual’era l’influsso dei conoscenti sul contenuto dell’abcedario?
Per avere cognizione dello svolgimento del genere delle opere biografiche, si inizia
l’argomentazione con una breve esposizione descrittiva sulla letteratura artistico-biografica nei
secoli XV-XVII, in cui ci basiamo per gran parte sulle informazioni forniteci dallo Schlosser nella
sua La letteratura artistica (1956), e dallo Sciolla nella Letteratura artistica del Settecento (1983)
e la Letteratura artistica dell’età barocca (1983). Questo quadro può essere relazionato alla prima
categoria di fonte menzionata all’inizio di quest’introduzione. Dopo l’esposizione, il discorso
prosegue a livello analitico in modo da rispondere alle domande sopraindicate.
Un’osservazione precedente al discorso che segue: sull’uso delle fonti in generale
In questo punto, è opportuno notare che sarebbe insostenibile pensare che oggigiorno siamo in
grado di fare una definitiva ricostruzione dell’uso delle fonti da parte dei biografi da noi studiati.
Infatti, per conoscere queste fonti di cui si è servito un autore, si è in primo luogo dipendenti
dagli accenni bibliografici esposti nell’opera di cui si tratti. Tuttavia, all’epoca, l’uso delle fonti
da parte degli autori non conobbe la trasparenza di oggi, ha constatato anche lo Schlosser che
scrive a tono deciso ‘certo dobbiamo sempre ricordarci che nel Rinascimento il concetto del
plagio era tutto diverso, molto più largo di quel che non sia per noi’ii.
Come abbiamo già discusso in un momento precedente, la nozione di ‘bibliografia’ non
era ancora del tutto integrata nel sistema dei compilatori delle opere artistiche a cui si è rivolto il
nostro sguardo, ed è ben possibile che l’assenza di un’esplicita e generale convenzione relativa
all’uso e la citazione di fonti, è alla base dell’atteggiamento poco rispettoso verso i colleghi
scrittori contemporanei o del passato.
Molte tra le opere da noi trattate sono sprovviste di riferimenti bibliografici, e vengono
così caratterizzate da una mancanza di ogni sorta di bibliografia. Nondimeno, possiamo essere
sicuri che la maggioranza dei biografi nel nostro contesto abbia consultato gran parte dei lavori
dei precursori per la composizione della propria opera, il che è stato dimostrato da un gran
numero di storiografi che si sono occupati di questa materiaii. Ciò si lascia dedurre tra l’altro
dalle analogie tra le descrizioni biografiche nelle varie opere, soprattutto nei casi degli artisti che
vissero in un’epoca antecedente alla nascita del biografo dell’opera in cui vengono descritti, e
nei casi degli artisti di cui non esista nessuna ambivalenza relativa al fatto che non abbiano
tenuto stretti rapporti personali con il compositore dell’opera in cui è inserita una descrizione
della propria vita.
Anche se in quel tempo, lo scritto di un precursore o un coetaneo rimase inedito, se un
solo biografo, la cui opera fu sì stampata, seppe consultare il manoscritto in questione,
integrando nel proprio lavoro i dati ricavati e descritti dall’altro scrittore, le informazioni
provenienti dal documento originale erano messe in circolazione, disponibili per un gran
pubblico di interessati. In tal modo, il biografo, che potremmo nominare secondario, mise in
moto l’infrenabile processo della distribuzione dei dati e della conoscenza sull’arte e le vite
artistiche, come una reazione a catena. Così, il biografo secondario spianò anche la via ai
colleghi scrittori di biografie di artisti. Per noi, invece, questo processo rende più complicata la
ricostruzione dell’uso delle fonti usate per la composizione delle opere.
Anche l’Orlandi, servendosi di opere le cui informazioni, in parte, erano tratte da altre
opere, partecipò alla catena. Contemporaneamente, egli mise in moto lo stesso processo, anche
se si affaticò per l’inserimento dell’esatto luogo originale delle informazioni tratte dalle altre
opere dopo ogni singola vita non-originale, e per un’estesa bibliografia in fondo all’Abcedario.
Nell’opera, si trovano almeno due luoghi in cui anche Orlandi tralasciò di integrare un
riferimento alla fonte consultata. Nella tavola quarta della seconda edizione dell’Abcedario, c’è
da osservare una sezione metodica, di cui gran parte letteralmente copiata dal testo in Breve
istruzione per dipingere a fresco (1784) del pittore Andrea Pozzoii. Né precedente né di seguito
a questa sezione viene riferito a quest’opera, ed il lettore, ingiustamente, ha l’idea di leggere un
testo originalmente scritto da Orlandi. Lo stesso vale per le tavole con i monogrammi, nelle
edizioni del 1704 e del 1719, ci ha fatto notare il Nagler in Die Monogrammisten (1860), in cui
descrive che le tavole nell’abcedario sono state copiate da quelle composte dallo scrittore
francese Florent le Comte. Neanche in questo caso Orlandi fece menzione della fonte, anche se
il titolo dell’opera del Comte si trova sì nella bibliografia. A secondo dei nostri parametri, in
entrambi i luoghi sarebbe stato non solo corretto ma anche imperativo inserire il riferimento alla
fonte, non solo nella bibliografia ma anche in modo diretto, precedente o di seguito al brano
interamente copiato o per gran parte tratto da un’altra opera.
Considerando che questo comportamento riguardo alla citazione delle fonti si svolse su
larga scala, ritorniamo al punto in cui abbiamo iniziato la discussione su questo particolare
argomento, cioè all’osservazione che ci sembra irrealizzabile fare un’esatta ricostruzione del
processo della distribuzione, lo scambio di dati sulle vite degli artisti, e l’interdipendenza
reciproca o la fattuale dinamica tra gli scritti dei vari biografi qui menzionati. Dall’altro lato,
non è questo il nostro principale soggetto di ricerca, comunque ci è sembrato necessario
includere le informazioni in questo paragrafo nell’attuale capitolo, per rendere più accessibile il
testo che segue. Trattando le fonti dell’Orlandi, partiamo dai dati che sono presenti
nell’abcedario e dalle informazioni che abbiamo potuto ricavare dalla corrispondenza del frate.
Introduzione al panorama storiografico sulla letteratura artistico-biografica
Il nostro frate non era certo il primo a descrivere le vite di artisti. Anche se nella letteratura
attuale Le Vite del Vasari sono spesso marcate come punto di svolta nel genere delle opere
artistico-biografiche, la tradizione di descrivere le vite di personaggi illustri conobbe una storia
più lunga, prendendo spunto già nel Quattrocento con uno scritto latino del fiorentino Villani.
Nei secoli XIV-XV, la maggior parte della letteratura artistico-biografica proviene da
autori fiorentini, e riguarda gli artisti nati o attivi nella stessa città. È dal Seicento che fioriscono
le opere degli scrittori che hanno origine nelle altre città italiane. Non è solo nelle regioni e le
città settentrionali, quali Venezia o Bologna, che emerge questo genere di opere, anche la
contribuzione romana è ben pronunciata, il che sarà evidenziato nei paragrafi che seguono.
Occorre inoltre prendere nota del fatto che in questi secoli, nel panorama più largo, l’Italia
prende la posizione preminente in questa settore letteraria. È per questo che il nostro sguardo si
è rivolto primariamente ai biografi italiani. Tuttavia, per rendere più completo il quadro da noi
schizzato, alla fine del discorso, facciamo un breve riferimento agli scrittori di provenienza non
italiana.
Discuteremo in ordine cronologico, dalle origini fino al Settecento, lo sviluppo del
genere delle opere che trattano le vite di artisti. Il panorama non serve tanto da scopi analitici,
quanto da sola impressione dello stato del genere in cui è nato il nostro primario oggetto di
studio, l’Abcedario Pittorico orlandiano.
Per mancanza di spazio, non è possibile elencare tutti i lavori, per limitarci abbiamo
selezionato i titoli e gli autori che ritroviamo più volte nei riferimenti bibliografici nel corpo
dell’Abcedario Pittorico e che nella letteratura secondaria attuale sono marcate come opere
decisive per l’evoluzione del genere artistico.
Il Quattro ed il Cinquecento: la supremazia dei biografi fiorentini
Nel Quattrocento, circa il 1400, era Filippo Villani a scrivere De origine civitatis Florentiae et
eiusdem famosis civibus, che fu pubblicato solo nel 1847 da Galletti a Firenzeii. Questo lavoro in
due volumi, scritto in latino, era dedicato alle origini di Firenze e comprese anche le biografie di
alcuni personaggi fiorentini che lasciarono la propria impronta sulla storia della città di nascita,
quale Guido Cavalcanteii, poeta e importante esponente del dolce stil novo. Va sottolineato che
le vite descritte da Villani non appartennero necessariamente agli artisti, ma ai noti personaggi
in generale.
Dopo il Villani segue il lavoro dello scultore fiorentino Lorenzo Ghiberti, intitolato
Commentarii. Il lavoro, diviso in tre parti, che Ghiberti iniziò a scrivere nel 1447, rimase
incompiuto e fu pubblicato solo nell’Ottocentoii. Nel 1481, Cristoforo Landino scrisse il suo
Commento dantesco, che comprende le descrizioni biografiche degli artisti fiorentini più noti del
Quattrocento. Tra il 1481 e il 1530 fu scritto un’altra opera sull’arte e gli artisti fiorentini, che
nella letteratura viene chiamata il Libro di Antonio Billi, anche se non è del tutto indubitabile
che il Billi sia stato l’autoreii. In Schlosser leggiamo che questo libro fu di grande valore
particolarmente per le informazioni sul Quattrocento, di cui il Vasari fece uso intensivo per la
composizione delle sue Vite.
Un altro scritto fiorentino è l’anonimo Codice Magliabechiano, composto fra il 1537 e il
1542. Di recente, la ricercatrice groningese Bouk Wierda, che si occupa di una tesi di dottorato
sulla figura e le attività del patrizio e mecenate fiorentino Bernardo Vecchietti, durante la sua
ricerca d’archivio, ha saputo ricavare informazioni che indicano che l’autore dello scritto sia
stato lo stesso Vecchiettiii. Il Codice Magliabechiano forma un’esposizione cronologica dello
sviluppo generale dell’arte, dall’antichità classica ai tempi più recenti. Passano in rassegna le
descrizioni delle vite degli artisti fiorentini e senesi del Trecento e del primo Quattrocento. Il
manoscritto, pubblicato per la prima volta negli anni settanta dell’Ottocento, comprende anche
una grande quantità di notizie sugli artisti contemporanei, quali Andrea del Sarto e
Michelangelo. Lo scritto non fu mai compiuto, forse perchè nel 1550 venne pubblicata un’opera
concorrente; Le Vite del Vasari.
Un altro scritto cinquecentesco sull’arte fiorentina, neanche completato, fu quello del
fiorentino Giovanni Battista Gelli. Il lavoro, chiamato Le Vite di Gelli, comprendeva tra l’altro
le biografie degli artisti fiorentini del Tre e Quattrocento, da Giotto a Lippo e da Ghiberti ad
Andrea di Cione, detto il Verrocchio. Lo Schlosser nomina il Gelli «un figlio genuino del pieno
Rinascimento», che voleva «dimostrare che Firenze è il fecolareii e la patria dell’arte vera e
moderna »ii.
Segue il medico e storiografo Paolo Giovio, nato a Como nel 1483, che aveva progettato
la composizione di quattro opere, dedicate alla collezione di quadri che teneva in casa, a
secondo delle quattro categorie in cui erano suddivisi. Il Giovio non completò la categoria degli
artisti, ma riuscì a produrre tre testi in onore dei tre grandi pittori del Cinquecento, Leonardo,
Raffaello e Michelangelo, che erano completati da brevi notizie su altri artisti dell’epoca, come
Andrea Sansovino, Baccio Bandinelli e Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodomaii. È importante
notare che nel manoscritto, il Giovio inserì non solo gli artisti fiorentini, ma anche quelli
provenienti dall’Italia settentrionale, come i pittori che operarono a Venezia, quali Dosso Dossi,
Sebastiano del Piombo e Tiziano. Gli scritti del Giovio furono pubblicati per la prima volta alla
fine dell’Ottocento.
In questo punto siamo arrivati all’opera vasariana Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori
et scultori italiani da Cimabue insino a’ tempi nostri, che uscì a Firenze nel 1550. La prima
edizione del trattato, dedicato al granduca Cosimo I de’ Medici, era divisa in tre parti, ciascuna
introdotta da un lungo proemio, e consisteva di due volumi. La seconda edizione, aggiornata ed
accresciuta, uscì nel 1568, diciotto anni dopo la prima edizione. Lo Schlosser spiega che era la
prima edizione che in generale venne e viene ancora apprezzata in particolar modo, perlopiù per
l’alta qualità letteraria esposta nelle varie parti dell’opera.
Precedente alle descrizioni biografiche, sono da ritrovare trentacinque capitoli di carattere
informativo, ognuno con il proprio titolo, trattando i fondamenti dell’architettura, la scultura, e la
pittura. Le vite degli artisti, principalmente provenienti dall’area toscanaii, hanno una disposizione
cronologica, come indicato dal titolo. La lunghezza delle descrizioni biografiche è variabile, e va
da un paragrafo ad un gran numero di pagine.
Anche se sono praticamente assenti i riferimenti bibliografici, sappiamo che per la
composizione delle Vite, il Vasari fece uso dei trattati sopra menzionati, che erano tutti ancora
nella forma manoscrittaii. In questo punto è opportuno osservare che all’epoca, era di buon uso
fiorentino non inserire in una tale opera gli artisti ancora viventi, o solo ‘quelli la cui parabola
artistica fosse ormai compiuto e visibile nell’insieme’, come spiega lo Schlosserii. È solo nella
seconda edizione del 1568 che il Vasari si scosta da questa regola, dedicando alla fine dell’ultimo
tomo un lungo brano agli artisti viventi, intitolato Degl’Accademici del disegno, pittori, scultori et
architetti e dell’opere loro, e prima del Bronzino. Possiamo finire questo passaggio sul Vasari,
osservando che con le sue Vite, ci ha provvisto di un documento che forma una ricca miniera di
informazioni, non solo sugli artisti del Cinquecento, ma anche sulle concezioni artistiche che
all’epoca erano attuali, sull’interdipendenza tra il Vasari, i personaggi nella sua cerchia di
conoscenti, gli artisti e gli altri scrittori, e sulla figura, le visioni estetiche, e le preferenze
personali dell’autore. Nel panorama più largo, potremmo, infatti, sostenere che il Vasari è stato il
fondatore principale della critica d’arte.
Nel 1584 venne pubblicato Il Riposo di Raffaele Borghini, intitolato alla villa ‘Il
Riposo’ del prima menzionato Bernardo Vecchietti, trovandosi in Val d’Ema, non tanto lontano
da Firenze. Nella villa, si svolge una conversazione tra il proprietario, il Borghini, ed altri due
nobili fiorentini, Baccio Valori e Girolamo Michelozzi. Questa conversazione forma la base
dell’opera, che è divisa in quattro libri. Il primo e il secondo libro sono di carattere teorico
mentre il terzo e il quattro libro trattano la storia dell’arte. La conversazione su cui si sono basati
gli ultimi due libri, viene da Schlosser caratterizzata come ‘un sommario succinto e
insignificante della vecchia storia dell’arte, che non è nemmeno originale, ma è tolto dalla
lettera dell’Adriani al Vasari. Segue quindi un cattivo estratto dal Vasari’ii. Invece, sono
considerati di gran valore i dati descritti dal Borghini che riguardano le biografie degli artisti
contemporanei dopo il Vasari, che sono ordinate cronologicamente. Le informazioni per la
composizione di queste vite come pennellate dal Borghini, vennero dal proprietario della villa,
Bernardo Vecchietti.
Il Sei e il Settecento: le contribuzioni provengono da tutte le parti dell’Italia
Roma
Nel Seicento, si osserva un cambiamento nel luogo di provenienza, non solo dei biografi stessi
ma anche degli artisti descritte nelle opere. Firenze mantiene la posizione di città cruciale
riguardo alla produzione di opere sull’arte, ma non va trascurata la posizione di Roma, che in
questo secolo sa guadagnarsi una reputazione come influente città culturale, che diventa sempre
più seria. L’influsso papale si manifesta nel carattere della città, che ottiene una fisionomia
duplice. Da un lato sospira sempre l’antichità classica, dall’altro lato si manifesta come
esponente centrale del Barocco, lo stile artistico legato alla Controriforma. L’arte, tra l’altro la
pittura e l’architettura, doveva formare un’espressione della fede cattolica, comprensibile anche
per gli analfabeti. Per realizzare questo obiettivo, l’arte doveva narrare la storia biblica, in un
modo chiaro ma comunque travolgente. Pertanto, non sorprende che, nella letteratura artistica,
anche la storiografia romana seppe acquisire una posizione più significativa.
Un importante storiografo romano che entra perfettamente in questo quadro sarebbe
Giovanni Baglione, che nel 1642 pubblicò una serie di biografie di artisti perlopiù romani che
vissero entro il 1572 ed il 1642, intitolato Le vite de’ pittori, scultori ed architetti, dal
Pontificato di Gregorio XIII del 1572 fino a’ tempi di Papa Urbano VIII nel 1642. Il libro era
ordinato cronologicamente, ed i periodi nei capitoli erano stabiliti in base ai regni dei papi, già
evidenziato nel titolo, da Gregorio XIII a Urbano VIII. Si sono descritte le vite di maestri che
operavano a Roma, quali Santi di Tito, Annibale Carracci, Federico Fiori (detto il Baroccio),
Michelangelo Merisi (detto il Caravaggio), Pietro Bernini. In più, sono rappresentate anche le
vite di alcuni artisti stranieri, come Pieter Paul Rubens e Paul Bril. Anche nella sezione degli
intagliatori troviamo artisti di provenienza estera, come Hubert Goltzius e Aegidius Sadeler.
Un altro storiografo romano è l’abate Pietro Bellori (1613-1696), che dallo Schlosser
viene caratterizzato ‘il più importante storiografo dell’arte non solo di Roma ma di tutta l’Italia,
anzi dell’Europa’ii. Il Bellori scrisse alcune opere sull’arte, tra cui le Vite de’ pittori, scultori ed
architetti moderni, che uscì nel 1672. Il numero delle vite descritte era limitato, furono inseriti
solo gli artisti che dall’autore erano considerati i più significativi, come Annibale e Agostino
Carracci, Federico Baroccio, il Caravaggio. Accanto agli artisti italiani erano rappresentati
anche i maestri stranieri, come Rubens, van Dyck, Poussin.
Altri biografi romani sono G.B. Passeri, Lione Pascoli e Niccolò Pio. Il Passeri (16101679) continuò dove il Baglione aveva finito in Le vite de’ pittori, Scultori ed Architetti che
hanno lavorato in Roma, morti dal 1641 fino al 1673, che fu pubblicato dopo la morte
dell’autore nel 1772. Il Pascoli (1674-1744) scrisse Le vite de’ pittori, scultori ed architetti
moderni scritte e dedicate alla Maestà di Vittorio Amedeo Re di Sardegna, che vennero
stampate in due volumi tra il 1730 ed il 1736. Il manoscritto di Pio (1677-?), composto tra il
1718 ed il 1724, è intitolato Vite de’ pittori, scultori ed architetti in compendio di un numero di
225 scritte e raccolte da N.P. dilettante Romano, dedicate alli Signori Virtuosi e Dilettanti della
Pittura e del Disegno. Questo scritto non venne mai pubblicato interamente, solo la prefazione e
l’indice uscirono in forma stampata nel corso dell’Ottocento.
Ritornando alla bibliografia nell’Abcedario Pittorico, si osserva che gli scritti di Passeri,
Pascoli e Pio, all’epoca ancora in forma manoscritta, sono rimasti ignoti a nostro autore, che
menzionò solo i lavori del Bellori ed il Baglione.
Venezia, Milano, Bologna, Ferrara per ritornare a Firenze
Nel 1648 vennero pubblicate le Maraviglie dell’arte del pittore, letterato e incisore Carlo Ridolfi
(1595-1658). Questa opera trattava le vite di oltre 150 vite di pittori veneziani, tra cui Mantegna,
Bellini, Giorgione ma anche di artisti delle altre città italiane. Lo Schlosser cita il Ridolfi come
‘la fonte più importante per la Venezia del Seicento, accanto a Marco Boschini’ii, scrittore della
guida pittorica in rima, la Carta del navegar pitoresco, uscita a Venezia nel 1660. A Milano uscì
Il ritratto di Milanoii di Carlo Torre (1674), che era diviso in tre libri, trattando l’arte milanese
del passato e del tempo più moderno.
A Bologna andò alle stampe la Felsina Pittrice (1678) del conte e sacerdote Carlo
Malvasia (1616-1683), che era dedicata a Luigi XIV. L’opera, divisa in quattro capitoli,
comprese le vite degli artisti bolognesi, perlopiù contemporanei, presentate in ordine
cronologico. Al contrario della storiografia fiorentina, il Malvasia dedicò particolare attenzione
all’arte bolognese del Medioevo. Lo stile nell’opera, dallo Schlosser descritto come ‘gonfio stile
secentesco che fu considerato con sincero orrore dai classicisti del secolo seguente’ii, entra nella
tendenza barocca che all’epoca era attuale. Comunque, lo stesso Schlosser è di opinione che ‘il
Malvasia è per Bologna una fonte di prim’ordine, che supera in ricchezza qualunque altra storia
locale’ii. Con la Felsinaii Pittrice, che comprendeva non solo le descrizioni biografiche di un
gran numero di artisti bolognesi, ma anche un esteso discorso sull’origine ed i progressi dell’arte
bolognese, il conte diede rilievo a Bologna come città culturale. Ciò viene letteralmente
illustrato dall’incisione, che appare più volte nell’opera, di una figura allegorica di Bologna, che
tiene in mano una bandiera con l’emblema della città, raffigurata in due uguali stemmi araldici,
alternati dall’iscrizione della parola ‘Libertas’. All’altezza dei piedi della figura si trovano due
libri con l’iscrizione latina ‘Bononia Docet’ (Bologna insegna)ii.
In un'altra città dell’Italia settentrionale, a Ferrara, ebbe sede un contemporaneo di
Orlandi, lo storiografo e sacerdote Girolamo Baruffaldi (1675-1755). Tra il 1679 ed il 1722
scrisse le Vite de’ Pittori e Scultori Ferraresi, che conobbero una prima pubblicazione postuma,
nel 1844. Orlandi era al corrente dell’esistenza del manoscritto del coetaneo, mostra la frase che
segue il riferimento all’opera di Baruffaldi nella bibliografia dell’Abcedario ‘libro già compiuto
e promesso alle stampe in 4’ii. Oggigiorno sappiamo che esisteva una corrispondenza tra
l’Orlandi ed il Baruffaldi, che consisteva in almeno tre lettere scritte dal sacerdote, e che ebbe
luogo nel 1704ii. È molto probabile che l’Orlandi venne a conoscenza del sacerdote nel periodo
che trascorse a Ferrara, che si svolse dopo il noviziato.
A Firenze poi vennero pubblicate le opere dell’abate e letterato Filippo Baldinucci
(1625-1696), tra cui le Notizie de’ Professori del disegno da Cimabue in quaii, stampate tra il
1681 ed il 1728, ed il Cominciamento e progresso dell’arte dell’intagliare in rame colle vite di
molti de’ più eccellenti maestri della stessa professione (1686). Per questo ultimo lavoro, lo
Schlosser apprezza il Baldinucci da creatore della ‘prima storia di una tecnica importante come
quella dell’incisione in rame e dell’acquaforte’ii, anche se il Cominciamento non è il primo
scritto a trattare l’arte dell’intagliare. Già nella seconda edizione delle sue Vite, il Vasari fa
mostra di un discreto interesse in questo terreno d’arte, tra l’altro nella vita di Marcantonio
Raimondiii ed anche nelle Vite del Baglione abbiamo localizzato descrizioni biografiche di
intagliatori. Le Notizie, come implica il titolo, erano designate da revisione e supplemento alle
Vite vasariane e vengono caratterizzate dallo Schlosser ‘la prima storia universale dell’arte
figurativa in Europa’ii. Il Baldinucci, che del resto non era artista come il celebre precursore,
adoperò l’ordine cronologico delle Vite ed applicò un’esplicita suddivisione in secoli, decenni ed
anni. Inoltre, mantenne l’orientamento internazionale, già da osservare nelle opere dei biografi
romani menzionati sopra.
L’affinità con l’arte da parte del fiorentino, che all’epoca si era già guadagnato
un’ottima reputazione di letterato ed accademico della Crusca, si spiega per gran parte nelle
attività che svolse per la famiglia regnante nella sua città di nascita, de’ Medici. L’abate aveva
ottenuto l’incarico di ordinare la collezione di disegni, raccolta dalla dinastia medicea in un arco
di tempo di secoli, per il cardinale e co-accademico Leopoldo de’ Medici. Dopo la morte del
cardinale, si occupò con gli acquisti di quadri alla corte del granduca Cosimo III. Essendo
eminente membro dell’Accademia della Crusca, il Baldinucci si dedicò con tanta dedizione alla
divulgazione della variante purista della lingua italiana. Di ciò testimonia tra l’altro il suo
Vocabolario Toscano dell’arte del disegno, stampato nel 1681 e dedicato agli accademici della
Crusca. Nella dedica, leggiamo che il desiderio del Baldinucci era di stabilire un lessico
standard del linguaggio artistico, basato sulla variante toscana della lingua italiana e di inserire
nella terza edizione del Vocabolario della Crusca, che sarebbe uscita nel 1691, una selezione
dei vocaboli. I professori emeriti fiorentini del nostro tempo, Nencioni e Barocchi, scrivono
[..] le due opere fiorentine rappresentano tappe fondamentali per la storia della lessicografia italiana e sono
strettamente correlate fra loro. Il lessico storico-artistico nel vocabolario storico-normativo della lingua
comune (Crusca) viene filtrato soprattutto attraverso il lessico dell'uso; nel vocabolario tecnico (Baldinucci)
questo lessico viene finalmente connesso ad una letteratura specificaii.
Dunque, è con il vocabolario del Baldinucci che il lessico artistico forma, per la prima volta, il
tema principale in un lavoro di carattere enciclopedico. Nell’Abcedario Pittorico è
esplicitamente visibile l’influsso del Baldinucci; nella prefazione Orlandi cita il vocabolario e
spiega di aver rispettato il lessico artistico suggerito dall’accademico della Crusca.
Gli scrittori oltremontani
Benché nell’Abcedario Pittorico i titoli citati nella bibliografia riferiscano in primo luogo agli
scritti italiani, è presente anche un certo numero di opere composte da autori esteri. Pure nella
letteratura secondaria più moderna, tra cui lo Schlosser, viene riferito a questo gruppo di
scrittori, anche se in modo discreto. Pertanto, sarebbe limitato negare completamente le loro
contribuzioni al genere delle opere artistico-biografiche.
Ad Anversa uscì l’opera del fiammingo Cornelis de Bie, Het gulden cabinet vande edel
vry schilder const: inhoudende den lof vande vermarste schilders, architect, beldthowers, ende
plaetsnyders van deze eeuw, del 1662. De Bie descrisse, in rima, le vite di un gran numero di
artisti, perlopiù di quelli attivi ad Anversa, tra cui alcuni che conobbe personalmente. Già nella
prima edizione dell’Abcedario, Orlandi fece riferimento a quest’opera, ed aggiunse che il
compositore fiammingo aveva compilato un altro lavoro sulla pittura, insieme a Karel van
Mander, pittore e scrittore dell’Olanda del sud. Anche il Van Mander, scrittore del Het SchilderBoeck (1604), ha il proprio posto sull’elenco bibliografico in fondo dell’abcedario.
Nel 1707 venne mandato alle stampe il Groot schilderboek del pittore Gerard de
Lairesse, che era attivo ad Utrecht e ad Amsterdam. Infatti, nell’edizione del 1719 ritroviamo
l’opera del Lairesse sulla lista bibliografica dell’abcedario.
All’inizio del Settecento, tra il 1718 ed il 1721, in Olanda venne stampato un altro libro
artistico-biografico dell’artista e scrittore Anrnold Houbraken (1660-1719), De groote
schouburgh der Neder-lantsche konstschilders en schilderessen. Il libro, diviso in tre parti, era
progettato come continuazione del libro di van Mander. Anche lo Houbraken mantenne stretti
rapporti con un gran numero di pittori, o con i loro parenti, descritti nella sua opera.
Sull’importanza sia del van Mander sia dello Houbraken, citiamo lo Schlosser, che scrive ‘per la
storia della pittura dei Paesi Bassi nel Seicento lo Houbraken è importante quanto il van Mander
per il secolo precedente’ii.
È nella seconda edizione dell’abcedario che lo Houbraken, nominato ‘Heubraken’,
ottiene un proprio posto sull’elenco bibliografico. La descrizione di Orlandi è la seguente:
‘Heubraken, pittore in Amsterdam, dove con ogni accuratezza attualmente fa imprimere le Vite
dei Pittori Olandesi’ii. Dunque, perfino anteriore alla pubblicazione, Orlandi era al corrente della
composizione dell’opera dell’artista olandese, il che dimostra di nuovo la perspicacia e la
prontezza del frate, come anche l’effettività della sua rete sociale. Infatti, nel testo che segue
risulterà che erano gli contatti olandesi a informarlo sui progressi editoriali dello Houbraken.
Alla fine del Seicento uscì in Germania la Teutsche Academie der Edlen Bau-BildMahlery Künste del pittore tedesco Joachim von Sandrart (1606-1688). Questa imposante opera,
in due volumi e composta di tre parti, viene dallo Schlosser caratterizzata come ‘un monumento
della diligente dottrina tedesca, il più esteso e il più sontuoso che esista in quasi tutta la
letteratura artistica’ii. Il Sandrart viaggiò in Olanda, Italia, Inghilterra ed Austria e fece
conoscenza tra l’altro con i maestri italiani come Pietro da Cortona, Bernini e con i pittori
nordeuropei come Gerard van Honthorst (olandese), Peter Paul Rubens (fiammingo).
In Francia venne pubblicato il libro Entretiens sur les vies et les ouvrages des plus
excellens Peintres, anciens et modernes (1666) dell’architetto e storiografo André Félibien. Il
lavoro è diviso in due parti; la prima è intitolata Premier Entretien e tratta i pittori che vissero
nell’Antichità, la seconda si chiama Second Entretien e tratta i pittori italiani più moderni, da
Cimabue ad Andrea del Sarto. Un riferimento a questo titolo è da ritrovare sia nella prima sia
nella seconda edizione dell’abcedario.
L’indicazione delle fonti nell’Abcedario Pittorico
Precedente all’abcedario degli artisti moderni, è dedicata una pagina agli autori ‘de’ quali si è
servito l’Autore’, in cui è citata una trentina di nomi di colleghi biografi, quali i biografi più
studiati come il Baldinucci, il Borghini, il Ridolfi, il Sandrart, il Vasari, ma anche quelli meno
conosciuti, quali il Borbone, il Dolci, il Lomazzo, il Polibioii. Alla fine dell’elenco viene riferito
alla bibliografia più estesa della seconda tavola nell’ultima parte dell’abcedario, che comprende
più di 150 titoli di opere sull’arte di oltre 120 scrittori diversi. In più, dopo la descrizione di ogni
singola vita segue, in molti casi, l’esatta indicazione dalla fonte. Così, conosciamo i nomi dei
precursori, i cui trattati l’Orlandi consultava per la compilazione dell’abcedario. Dunque, anche
in base a queste indicazioni, sappiamo che Orlandi ha consultato intensamente i trattati dei
precursori. Invece, l’opera comprende anche le descrizioni di vite, di cui la provenienza dei dati
biografici non è del tutto ben determinata. In questi casi, il riferimento alla fonte si limita alle
lettere M.S. Ciò significa che i dati sono tratti da un manoscritto di cui rimangono ignoti il titolo
e l’autore. Poi, la biografia di altri pittori non comprende nessun accenno alla fonte, ed è molto
probabile che, di questi artisti, Orlandi fu il primo a descrivere la vita. Molto significativa in
questo contesto è una frase di Orlandi, proveniente dalla corrispondenza con il Marmi, in cui
scrive, riguardo al numero dei «Professori d’aggiungere» nell’abcedario, che ‘[..] è meglio
abbondare che mancare’ii. A quanto pare, l’intenzione del frate era di inserire più vite possibili,
anziché descrivere in modo dettagliato ed esteso le biografie di un limitato numero di artisti
celebrati
Il frate non badava a spese nel prendere informazioni dai testi dei precursori. Per
rispondere al proprio desiderio di comporre un manuale di un volume solo, contenendo le
descrizioni biografiche di un gran numero di artisti, egli scelse di limitare la lunghezza delle vite
descritte. Per questo, Orlandi fece un estratto dei testi dei precursori, ora copiando gran parte del
testo scritto dal biografo originaleii, ora adoperando solo in qualche luogo l’uso delle parole,
sempre cercando di moderare il tono che apparve nella biografia originale. In altre parole, nelle
sue biografie, il frate applicò una carica corrispondente alla carica nella biografia originale del
particolare artista, seppure sempre in forma assai più moderata. Ciò sarà illustrato sulla base di
tre esempi di biografie di artisti, in cui discuteremo la similarità e la dissomiglianza tra il testo e
il tono dello scrittore originale e il testo e la carica di Orlandi, per rispondere alla domande
seguente
Come funzionava la composizione delle vite non originali ?
Per i tre esempi, abbiamo selezionato una biografia in cui lo scrittore originale si esprime in
modo decisamente sfavorevole riguardo all’artista e il suo lavoro, una in cui il biografo originale
assume una posizione neutrale, e infine una biografia in cui il biografo originale fa mostra di un
atteggiamento alquanto affermativo verso l’artista e la sua pratica.
La vita di Rembrandt del Reno
Prima, cerchiamo di osservare le analogie e la dissomiglianza tra la descrizione della vita di
Rembrandt del Reno in Orlandi ed in Baldinucci, che viene menzionato come fonte per questa
particolare vita nell’Abcedario Pittorico. Il Baldinucci si mostrò alquanto pronunciato, a scapito
del pittore olandese, dipingendolo come
[..] pittore in vero d’assai più credito, che valore [..] che fu molto diverso di cervello dagli altri
uomini nel governo di se stesso, così fu anche stravagantissimo nel modo di dipingere, e fecesi una
maniera, che si può dire, che fosse interamente sua, senza dintorno sì bene, o circonscrizione di
linee interiori, né esteriori, tutta fatta di colpi strappazati, e replicati con gran forza di scuri a suo
modo, ma senza scuro profondo. E quel che si rende quasi impossibile a capire si è, come potesse
essere, ch’egli col far di colpi operasse si adagio, e con tanta lunghezza, e fatica conducesse le cose
sue, quanta nessun’altro maiii.
In un altro passaggio ritroviamo illustrato il fenomeno della forzosa interdipendenza tra il
carattere dell’artista e il suo modo di lavorare, che all’epoca apparve in praticamente tutti gli
scritti dei biografi, che per questo motivo potremmo nominare storiografi invece di storici. Una
discussione più estesa su questo argomento si trova nel capitolo seguente dedicato allo stile e il
contenuto in cinque brani particolari nell’abcedario.
Il Baldinucci prosegue
Con questa sua stravaganza di maniera andava interamente del pari nel Rembrant quella del suo
vivere; perch’egli era umorista di prima classe, e tutti disprezzava. Lo scomparire che faceva in lui
una faccia brutta, e plebea, era accompagnato da un vestire abbietto, e sudicio, essendo suo costume
nel lavorare il nettarsi i pennelli addosso, ed altre cose fare, tagliate a questa misura ii.
Nell’Abcedario Pittorico, Orlandi copiò alcune combinazioni di parole o sintagmi, ma evitò di
esprimersi al modo acuto come il precursore
Rembrandt del Reno nato in Leida l’anno 1606; da se stesso fabbricossi una maniera nó mai piu
veduta, ne praticata, cioè senza dintorni, o circoscrizioni di linee esteriori, tutta fatta di colpi
strapazzati, e replicati con gran forza di scuri a suo luogo. Quello che rendesi quasi incredibile si è,
come mai potesse tratteggiare di colpi, lavorare così adagio, e con diligenza ridurre le cose a
perfezione sì nell’intaglio, come in pittura [..]. Quanto bizzarro, e nobile nel dipingere, altrettanto fu
di costumi plebejo; scomparso di faccia, vestiva abiti antichi, impiastrati di piu colori, solito nettarsi
sempre i pennelli addosso [..] ii.
Dunque, sono da osservare chiare analogie relative all’uso delle parole, e anche se alcune hanno
una carica peggiorativa, come ‘bizzarro’, ‘costumi plebejo’, nelle frasi di Orlandi è assente il
tono di disprezzo e disapprovazione che caratterizza il testo del Baldinucci. Ad esempio, Orlandi
sostituì l’assai negativo ‘vestire abietto’ dal più moderato ‘vestiva abiti antichi’ e diede un
valore meno sfavorevole alla frase originale del fiorentino ‘e quel che si rende quasi impossibile
a capire si è, come potesse essere, ch’egli col far di colpi operasse si adagio, e con tanta
lunghezza, e fatica conducesse le cose sue, quanta nessun’altro mai’ che, nell’Abcedario,
diventò ‘quello che rendesi quasi incredibile si è, come mai potesse tratteggiare di colpi,
lavorare così adagio, e con diligenza ridurre le cose a perfezione sì nell’intaglio, come in
pittura’.
Un’analogia tra i testi si fa poi vedere nel fatto che Orlandi adottò l’uso comune tra i
biografi, di collegare il modo di lavorare dell’artista alla sua personalità. Insomma, è possibile
dire che Orlandi, al livello dell’uso delle parole, per gran parte copiò il testo, e con ciò il tono,
anche se in forma indebolita, del precursore fiorentino. Tuttavia, smussando gli spigoli, il frate
rese più bilanciata e meno pregiudiziale la descrizione biografica nel suo Abcedario Pittorico.
La vita di Isabella Parasole
Il secondo esempio sarebbe la biografia dell’intagliatrice romana Isabella Parasole. Per
l’Abcedario, Orlandi prese le informazioni dal libro del Baglione, Le Vite de’ Pittori, Scultori et
Architetti (1649), che nella biografia dell’intagliatrice, sprovvista di ogni sorta di valutazione,
affermativa o contraria, adoperò un tono neutro;
Isabella Parasoli Romana fu moglie di Lionardo, e fece di sua inventione il Libro intagliato con
diverse forme di merletti, & altri lavori per le Dame, con il Frontispitio da Francesco Villamena
operato. Come anche sono opere di sua mano gl’intagli nel Libro dell’herbe del Principe Cesi
d’Acquasparte, letteratissimo Signore.
Fece altre cose per particolari. Et alli lavori, a’ quali mancò Isabella, supplì Gio. Giorgio
Nuvolstella con le fatiche del suo intaglio.
Essa poi morì qui in Roma, oltre il corso di 50 anni.
Da questi nacque Bernardino Parasole, il quale dall’essercitio de’ suoi avanzossi, & alla pittura
attese. Fu allievo del Cavalier Gioseppe Cesari d’Arpino. E colorì di sua mano nella Chiesa di s.
Rocco, presso il Mausoleo d’Augusto, tutta la seconda Cappella, mentr’era nel fiore dell’età sua, e
da lui lavori degni di lode si speravano; se ne passò al riposo dell’altra vitaii.
Nell’Abcedario, in cui è inserita una breve biografia dell’intagliatrice, sotto forma di un estratto
gran parte copiato dal testo in Baglione, è da osservare lo stesso tono neutrale;
Isabella Parasole Romana moglie di Leonardo Norsino Intagliatore di stampe in legno, attese al
disegno; fece un libro d’invenzione con diverse forme di merletti, e lavori di ricamo per le Dame;
intagliò tutte l’erbe del Sig: Principe Cesi d’Acquasparte letteratissimo Soggetto: Morì in Roma
sopra i 50. Anni; da questa nacque Bernardino, che imparò la pittura dal Cav: d’Arpino. Baglioni
fol: 394ii.
La vita di Isabella Discalzi
L’ultimo esempio viene formata dalla biografia della scultrice Isabella Discalzi, di cui
nell’Abcedario troviamo una descrizione sommaria, fondata sul testo scritto da Vedriani (1662),
che scrisse
[..] Che meraviglia dunque, se Isabella Discalzi moglie del nostro Guido sotto tanto Maestro
apprendesse si ben l’Arte della Scoltura, e formasse tanto perfettamente di terra cotta figure
impareggiabili? Formano le Donne, e danno in luce tante belle creature vive, perché non potranno
ancora con le sue delicate mani fingerne altresì in qualche materia, che paiano vive? Operò tutto
questo la nostra Scoltrice, e meritò d’essere nominata, celebrata, e consecrata all’eternità dal
suddetto Guarrico, & altri Scrittori. Fu sempre vero quello, che cantò l’Ariosto, riferito dal Vasari a
tal proposito;
Le Donne son venute in eccellenza
Di ciascun Arte ou’hanno posto curaii.
In questa descrizione, il Vedriani, usando combinazioni di parole come ‘sì ben’, ‘tanto
perfettamente’ e finendo la biografia con due versi del gran poeta e scrittore Ariosto che
ribadiscono e intensificano la portata dell’intero passaggio, assume una posizione affermativa
verso l’artista, e quest’atteggiamento è da osservare anche nella succinta biografia della stessa
artista di Orlandi, anche se in una forma più leggera
Isabella Discalzi moglie del famoso Guido Mazzoni Scultore Modonese, come si è detto, apprese
dal marito l’arte della scultura, e perfettamente formava figure di terra cotta: fu celebrata dal
Guarrico, e da altri Scrittori. Vidriani fol.33ii.
Orlandi adottò l’uso del termine ‘perfettamente’, che, evidentemente porta in sé un valore di
affermazione. Tuttavia, è importante osservare che il Vedriani scrisse che la scultrice ‘meritò
d’essere nominata e celebrata’, mentre Orlandi solo affermò che ‘fu celebrata’. Le parole del
frate hanno un valore sempre positivo ma meno forte a confronto di quelle usate dal precursore.
In altri termini, le parole del Vedriani possono essere considerate di carattere attivo, perché
esprimono l’opinione personale che in questo caso è affermativa, mentre le parole di Orlandi
danno prova di una constatazione, anche se affermativa, che potrebbe essere qualificata passiva
e per questo meno forte.
Per la composizione delle vite originali, Orlandi applicò un altro modus lavorandi.
Nell’introduzione dell’abcedario, ci informa del modo in cui collezionò i dati necessari, che ha
‘con esquisite diligenze ricercati per lettere, o ricavati da manuscritti segnati con le lettere M.S.’,
o che gli furono ‘notificati da Persone degne di fede’ii. Nei paragrafi che seguono tratteremo con
particolar attenzione quest’ultima maniera di ottenere le notificazioni sulle vite originali degli
artisti le cui vite non erano ancora incluse in una tale opera. Ciò avvenne mediante il contatto
con i contemporanei, di cui oggi fanno testimoni le lettere provenienti dalla corrispondenza di
Orlandi e che sono per gran parte rimaste inedite. La corrispondenza si lascia dividere in due
categorie che di seguito saranno discusse individualmente ;
- Le lettere indirizzate a Orlandi
- Le lettere composte da Orlandi
La corrispondenza delle lettere indirizzate a Orlandi
In un articolo di Lodovico Frati nella Rivista d’Arte del 1907ii troviamo la pubblicazione di
larghe sezioni provenienti dalle lettere autografe indirizzate a Orlandi, scritte all’inizio del
Settecento, tra il 1701 ed il 1705, ed utilizzate per la composizione della prima edizione
dell’Abcedario Pittorico. L’articolo finisce con i nomi di un gran numero di artisti, di cui nella
«miscellanea» dell’Orlandi, che si trova nella Biblioteca Universitaria di Bologna, esiste una
raccolta di notizie biografiche. Di seguito vediamo elencati i nomi di altri artisti e conoscenti
che gli spedirono delle lettere autografe, tra cui il prima menzionato Girolamo Baruffaldi, il
pittore Pietro Dandini e il conte milanese Sebastiano Resta.
Le lettere autografe nell’articolo sono sei, di cinque artisti è inserita la biografia
nell’abcedario del 1704. Gli scritti autobiografici dei pittori mettono più luce sul modo di
lavorare del frate, e sul rapporto tra le informazioni biografiche che esse contengono e che alla
fine sono state pubblicate nell’abcedario. In termini più generali, le lettere rendono più
comprensibile il processo compositivo antecedente all’inserimento delle vite originali
nell’abcedario in generale, e la selezione delle informazioni per la composizione delle biografie
in particolare.
Come già detto, le vite della maggior parte degli artisti che scrissero al frate sulla propria
vita, sono da ritrovare nella prima edizione dell’abcedario, tutte senza riferimento ad una fonte
precedente, tranne una. Evidentemente, questa selezione di lettere potrebbe formare il punto di
partenza di una grande varietà di ricerche. Ciò che cerchiamo di fare noi in questo paragrafo, è
di rispondere alla seguente domanda, come formulata nell’introduzione del presente capitolo.
Come funzionava la composizione delle vite originali?
In base ad un confronto tra il contenuto in due lettere autografe e le informazioni biografiche
pubblicate nell’abcedario, vorremmo rispondere alla suddetta domanda. Abbiamo scelto le
lettere di questi artisti, perché di un altro artista che scrisse una lettera autografa, viene
nell’abcedario citato anche un’altra fonte, il che potrebbe confondere la nostra ricerca, e due
artisti mandarono più lettere al frate di quanto non siano pubblicate nell’articolo del Frati.
Vogliamo finire quest’introduzione con l’osservazione, forse pleonastica, che le vite trattate in
questo paragrafo sono tutte inserite nell’abcedario del 1704, e presentate come vite originaliii.
La lettera di Antonio Balestra
La prima lettera sarebbe quella del pittore veronese Antonio Balestra (1666-1740). Nell’articolo
del Frati leggiamo che era un altro pittore veronese, Alessandro Marchesini, a mandare al frate,
insieme alla propria lettera, l’autobiografia del Balestra. Secondo il Marchesini, nei dipinti del
concittadino si vedeva l’imitazione di Raffaello, del Carracci e del Correggio. Nell’abcedario,
Orlandi inserì quest’osservazione nella biografia del pittore, ma attenuò la carica delle parole del
Marchesini, scrivendo che ‘il dipinto di questo savio Pittore sarà sempre gradito da tutti per un
certo misto Raffaellesco, Carraccesco e Correggesco, che sommamente diletta’ii. Osserviamo
che «un certo misto Raffaellesco, Carraccesco e Correggesco» è assai meno forte che il più
deciso ‘imitazione di Raffaello, del Carracci e del Correggio’.
Se poi ci focalizziamo sul contenuto della lettera autografa in rapporto al testo
nell’abcedario, si osserva che Orlandi inserì i dati relativi all’educazione intellettuale dell’artista,
ai maestri di pittura di cui fu scolaro e le cui opere funzionavano da fonte d’ispirazione per il
proprio lavoro, alle varie città che fungevano da residenza provvisoria, ai luoghi dove si
potevano vedere i dipinti dell’artista. Invece, furono tralasciate le opinioni personali e le
informazioni dettagliate. In tal modo, leggendo la vita del Balestra nell’abcedario, impariamo
che studiò «le lettere umane», ma non veniamo a sapere che erano la grammatica e la retorica.
Inoltre, non possiamo ritrovare l’osservazione del pittore, che era una malattia «non molto
grave, ma che non mi poteva riavere» a rimandarlo da Roma alla patriaii. Infine, Orlandi non ci
informò sui soggetti ed i temi rappresentati sui dipinti del Balestra, che nella sua lettera erano sì
menzionati.
La lettera del pittore viene caratterizzata da un tono d’umiltà, nel testo dell’abcedario
sostituito da un tono piuttosto neutrale. Il Balestra comunicò di aver vinto il primo premio in una
competizione artistica, ma attribuì il trionfo alla «sorte», mentre Orlandi scrisse che ‘a
concorrenza d’altri studiosi meritò il primo premio nell’Accademia di S. Luca l’anno 1694’ii. E
dove il pittore pennellò come «infiniti maestri» Raffaello d’Urbino e Annibale Carracci, Orlandi
prese la frase per la biografia nell’abcedario ma omise l’aggettivo di qualità assoluta,
evidentemente al grado positivo, ‘infiniti’. Insomma, per l’abcedario, il frate selezionava le
informazioni da lui considerate come più rilevanti, probabilmente per la mancanza di spazio,
visto che sappiamo che l’opera doveva contenere le vite di un gran numero di artisti e consistere
in un tomo solo. Anche in questo contesto, Orlandi cercò di moderare l’effetto delle parole e il
tono come apparvero nel documento originale.
La lettera di Alessandro Mari
La seconda lettera è quella del pittore piemontese Alessandro Mari (1650-1707). Nell’abcedario,
Orlandi, come nel caso precedente, inserì le informazioni relative ai maestri di pittura, ai luoghi
dove operava e dove ricevette l’istruzione, e ai meriti dell’artista. Anche in questa descrizione
biografica, egli tralasciò i dettagli e le opinioni personali. In questo punto va osservato che
questa biografia sarebbe la prima da noi analizzata che, nell’abcedario, è indubbiamente stata
abbellita dal nostro autore. La lettera del Mari non è priva di qualche cinismo e autocritica,
mentre il testo nell’abcedario fu scritto ad un tono notevolmente favorevole. Così, nella lettera
leggiamo
[..] io ho interrotto lo studio della pittura in diverse altre applicazioni così buone, come poco
proficue, con molti e lunghi viaggi, et in somma che il mio spirito in tutte le cose impetuoso, et
alquanto violento, mi ha reso nella gioventù poco costante; [..] sono con tutta la mia buona volontà,
e non mala dispositione, rimasto un asino in tuttoii.
Invece, Orlandi trasformò queste parole in una frase che evidentemente abbelliva i dati
provenienti dal documento originale ‘Dal variare paesi, variò gli esercizj; pure nella pittura
stabilì il proprio genio’ii. Dove il pittore scrisse che era ‘poco costante’ e, nonostante il suo
talento, ‘un asino in tutto’, il frate si servì delle parole ‘stabilì il proprio genio’ che sembrano
esprimere un’idea proprio contrastante.
Nel seguente passaggio, il Mari prosegue
Intanto la mia asinaggine ha incontrato l’approvazione d’uomini singolari nelle inventioni
simboliche, e misteriose, e nella imitatione d’alcuni maestri antichi, da me studiati, quali m’è
riuscito contrafare in modo che il sig. Co. Carlo Malvasia et il sig. Lorenzo Pasinelli et il Cav.
Liberi hanno giudicati delle Schedoni, o senza dubbio della scola del Correggioii.
Orlandi inserì questo dato nella biografia del pittore, ma omise i nomi degli esperti Malvasia,
Pasinelli e Liberi, sostituendoli dall’anonimo ‘i più saputi’. Inoltre, tralasciò i nomi dello
Schedoni e del Correggio e la sua scuola, che vennero sostituiti dai termini generici ‘alcuni
Maestri antichi’. Appare dunque, che Orlandi cercò di assumere un atteggiamento prudente e
riservato, particolarmente al livello dei nomi, delle autorità nel mondo dell’arte, probabilmente
per non offenderle, e dei grandi maestri di pittura, in quanto vennero citati nei paragoni. Questa
riservatezza non sorprende tanto, se ci rendiamo conto del fatto che il frate provò tanta stima per
i maestri come il Correggio ma anche per il Reni, il Parmigianino, il Tiziano e altri.
Nell’abcedario, dedicò un brano onorevole a questi, e agli altri pittori che ammirò per le loro
eccezionali qualità pittoriche. Nel capitolo che segue, questo brano sarà trattato più estesamente.
La lettera del Mari finì al modo seguente
In somma se il Padre Maestro Orlandi volesse per tentazione porre il mio nome nel suo
Abcedario, lo metta, con questa breve, ma plenaria descritione: Ancora Alessandro Mari dalla
naturale inclinatione fu concepito pittore; ma per la molteplicità delle voglie, il parto non maturò,
e fu un abortoii.
Questo passaggio, a tuono cinico, non si trova nell’abcedario, in cui leggiamo
Alessandro Mari Turinese, sortì i natali l’anno 1650. Dal variare paesi, variò gli esercizj; pure
nella pittura stabilì il proprio genio. In Genova dunque, sotto Domenico Piola, in Venezia, sotto il
Cav. Liberi, ed in Bologna, sotto Lorenzo Pasinelli, terminati gli studj del disegno, incontrò
l’approvazione d’uomini illustri, e singolari nelle invenzioni simboliche, e misteriose, e
nell’imitazione d’alcuni Maestri antichi, quali ha contrafatti sì bene, che non hanno avuto
difficultà in piu saputi di dichiararle di quelli. Vive in Milano esercitando non meno il pennello
nel dipignere, che la penna in poetareii.
Come scritto prima, in relazione alla lettera, la biografia di Orlandi ha una carica più affermativa
relativa alla professionalità del pittore, mentre in rapporto alle altre biografie, la carica potrebbe
essere valutata neutrale o leggermente affermativa.
In questo caso, è evidente che il frate, saltando le notizie meno sfavorevoli o
trasformandole in informazioni di carattere più desiderabile, decise di rigirare il tono del
discorso nella lettera autografa, tramite lo strumento dell’abbellimento, forse per ottenere il
mirato tono più equilibrato. È importante notare che l’abbellimento in questo senso non riferisce
tanto all’inserimento d’un ornamento, quanto all’omissione e trasformazione di informazioni
biografiche meno desiderabili. Le informazioni biografiche che in entrambi i documenti
vengono comunicate, corrispondono in buona parte, ciò che fa distinguere la biografia del frate
da quella del pittore è, infatti, il differente modo di rappresentarle.
La corrispondenza delle lettere composte da Orlandi
Nell’opera Lettere Artistiche Inedite (1866) a cura di G. Campori si trova una selezione di
quindici lettere di Orlandi, indirizzate al Cavaliere F.A. Marmi, e composte negli anni 1714 e
1718. In primo luogo, queste lettere ci insegnano sulla redazione della seconda edizione
dell’abcedario pittorico, e il modo in cui l’intero processo editoriale venne vissuto dal frate.
Dunque, allo stesso tempo, ci fanno entrare nell’universo mentale dell’Orlandi. Inoltre,
leggiamo sui contatti del frate, che gli fornirono delle notizie sugli artisti. In tal modo, è
possibile tentare di recuperare il modo in cui Orlandi si servì della sua rete di contatti, e quindi,
come seppe collezionare i dati biografici degli artisti. Pertanto, anche queste lettere potrebbero
funzionare da punto di partenza di una grande varietà di ricerche. Per il nostro discorso
vogliamo utilizzarle per rispondere alla domanda che segue
Come andava l’esatta distribuzione dei dati relativi alle vite, originali o meno, degli artisti, e
qual’era l’influsso dei conoscenti sul contenuto dell’abcedario?
Il frutto della rete sociale
Per collezionare i dati sugli artisti, il frate pregava il corrispondente di provvederlo delle
informazioni necessarie. Nel caso del Marmi, che visse a Firenze, le informazioni richieste
riguardavano innanzitutto gli artisti fiorentini. Nelle lettere, è da trovare un gran numero di tali
richieste, come appare nei frammenti che seguono
[..] ho somma necessità di arrecarle un disturbo, e di ciò ne chiedo benigno perdono, e sarà che
V.S. III.ma si voglia degnare dirmi se sono vivi, o quando sono morti, i seguenti Pittori Fiorentini:
Alessandro Gherardini, Anton Domenico Gabbiani, Bartolomeo Bimbi, Michelangelo Palloni che
andò in Polonia, Andrea Scacciati, Antonio Giusti, Domenico Tempesta che andò in Inghilterra,
Antonio Franchi, e qual lite pittorica fu tra questi e il Dandiniii.
(8-VII-1714)
Sebbene il mio libro è alla rivisione dei miei superiori, tuttavolta aggiungerò quanto mi dice a
riserva di Foggini, Piamontini, Bensi, Sagrestani, Reschi, Panfi, Marinari, Giovanna Fratellini, de’
quali non ebbi alcuna notizia nella prima edizione, e sono ancora allo scuro se non mi viene
suggeritaii.
(23-VIII-1714)
[..] P.S. Se si potesse sapere la nascita e la morte di Benvenuto Cellini, mi sarebbe caroii.
(4-X-1718)
Per lo studio fatto sopra le marche, trovo che cinque o sei mancano alla prima edizione. Se V.S.
ne avesse numero migliore, poco m’importerebbe a fare intagliare un’altra tavolaii.
(3-XII-1718)
Saprei volontieri di qual nazione fossero i Rainaldi i quali tutti descrivo sotto il nome di Tolomeo,
che mi sarebbe caro sapere in qual facultà laureatoii.
(26-XII-1718)
Che il cavaliere fiorentino si sforzasse di fornire il frate delle informazioni richieste, viene
evidenziato nei frammenti in cui Orlandi trasmette di aver ricevuto le sue notizie;
Nelli due spazii prossimi passati ho ricevuto le notizie del S.r Pinnacci, Piamontini, e Tempesta,
tutti dalla dotta ed erudita penna di V.S. Ill.ma descritte [..]ii.
(13-IX-1714)
Ricevo le notizie del Foggini, e le ho compilate a misura delle altre : di Massimiliano Soldani
aveva parlato nella mia giunta a misura dello scrittore, tuttavolta farò quanto comanda V.S. Ill.ma
a genio del sud.o Signore.
Di Romolo Panfi ho parlato a suo luogo, solo aggiungerò che fu di casa Panfi; ma di Pandolfo
Reschi non ne ho alcuna memoria di que’ tempi. Del sig. Ottaviana Dandini parlerò dove tratto di
suo padre. Di Gio. Sagrestani farò quanto mi comanderàii.
(20-IX-1714)
Anche il Marmi stesso si impegnò per l’inserimento delle vite di alcuni artisti da lui stimati, e
con successo, come appare nei frammenti che seguono
Se poi Rinaldo Betti e Tonelli sono sul buon gusto non mi ritiro dal servirli: dico bene che per i
Signori Fiorentini vi vorrebbe un libro apposta, e la briga che lei si prende è molto laboriosa ed io
ne confesso eterne obligazioniii.
(20-IX-1714)
Nel paragrafo di Rinaldo Botti entreranno Gioseffo Tonelli e Benedetto Fortini con Gioachino suo
fratello, come tutti scolari del Chiavistelli.
In Valerio Cioli a fol. 359 del mio Abecedario, Gherardo Silvani che era solamente accennato,
sarà esteso, e seguirà ancora parlato d’Antonio Novelli come scolaro di detto Silvani.
Francesco Bianchi non saperei dove attaccarlo, come pure a Gio.da S. Giovanni non posso fare
altra addizione per essere già passato sotto il torchioii.
(10-XII-1714)
Ricevei la sua compitissima con la notizia del S.r Massimiliano del quale ho salvato tutta la
discendenza come sta, e nominato poi le opere in compendio, ma con distinzione; il mio libro è un
compendio dell’opere dei Pittori, altrimenti un tomo non sarebbe bastante a scrivere tuttoii.
(4-X-1718)
Le contribuzioni provennero anche dai contatti esteri; nei passaggi che seguono leggiamo sui
conoscenti internazionali che formarono una parte fondamentale della rete sociale del frate
[..] ho però avuto alcune notizie di qualche spagnuolo da Parigi, e già stanno inseriti nel
manuscrittoii.
(10-XII-1714)
Mi era giunto d’Amsterdam la notizia di Lairesse con altro suo libro, oltre il già notificatimi da
V.S. Ill.ma, e n’avevo fatta memoria, e non è ristampa ma cosa nuovaii.
(24-XII-1714)
Sono stato alcuni giorni sull’Alpi, dove ho avuto a tradurre dal franzese in italiano in compendj di
64 Professori di Pittura speditimi da Parigi, ed ho avuto a impazzire per il carattere poco ben
formatoii.
(4-X-1718)
Il sig. Richardson di Londra famosissimo Ritrattista mi ha favorito del suo libro stampato in
Londra nel 1715 intitolato Saggio sopra la Teorica della Pittura; ma è un linguaggio inglese. Nel
fine poi del libro ha compilato dal mio Abecedario, e descritti secolo per secolo i Pittori che
fiorirono in quelli, gli anni di età, e loro maestri [..]ii.
(19 –XI-1718)
Anche i contatti internazionali cercarono di segnalare all’attenzione del frate particolari gruppi
di artisti
[..] Se da Parigi riceverò da Monsu di Crosat a tempo i Professori di là saranno anch’essi
registrati: vorrebbe egli che notassi ancora alcuni Olandesi e Inglesi che sono stampati nel libro di
Butron nuovamente dato in luce in idioma inglese, ma la traduzione, la lontananza, e il non mai
venire al termine m’impediranno il farlo. Egli però mi farà l’onore di farli tradurre in francese; se
arriveranno a tempo, ancor questi saranno inseritiii.
(10-XII-1714)
Quelli di Olanda vorrebbero che io aspettassi l’opere di Houbraken che incessamente travaglia per
dare alla luce le vite di quei pittori, ma non è possibile il farlo dopo sei mesi che aspettatoii.
(4-X-1718)
Il Marmi non funzionava solo da fonte, ma esercitò in contempo un’influenza sul contenuto
dell’abcedario. In novembre del 1718, l’Orlandi lo informa sul pensiero di aggiungere una sesta
tavola alle cinque tavole esistenti
Penso ancora aggiungere una tavola delle Patrie dei Professori, e ponere tutti quelli d’una patria
sotto la città dove sono nati: quando vedrò il mio libro vicino al fine mi regolerò meglioii.
(19-XI-1718)
Evidentemente, il cavaliere si pronunciò a sfavore del progetto, come dimostra il seguente brano
Mi sottoscrivo al prudentissimo di lei consiglio di omettere la tavola delle nazioni, la vado però
proseguendo per mio genio, e resterà tra i miei zibaldoniii.
(3-XII-1718)
In un caso specifico, diventa alquanto cristallino che Orlandi era sensibile alle esigenze dei
conoscenti. I lavori dei fratelli Melani, entrambi operando da pittore a Pisa, non potevano per
niente trovare la sua approvazione, come viene evidenziato nel seguente frammento, che dà
inoltre prova di una tendenza campanilista da parte del frate
Li fratelli Melani di Pisa (parlando con sincerità) non mi piacquero nei loro dipinti, allorchè
l’anno 1711 fui a predicare in Pisa, quel loro modo crudo, tagliente e sforzoso di fiori, frutti e
festoni, dei loro colori introdotti nei chiariscuri non piaceranno mai al buon gusto; se poi dall’ora
in qua si sono moderati, io mi rimetto: so bene che ne parlai col sig. Cav. e Priore della Seta al
quale avevano dipinto molte cose, e li dissi che avevano necessità di correggere quel loro modo
molto lontano dei nostri Bolognesi, che servono attualmente nelle corti maggiori d’Europaii.
(20-IX-1714)
Stranamente, gli stessi Melani formano un tema ricorrente nelle lettere indirizzate al cavaliere.
In sei lettere diverse, in un modo o nell’altro, viene riferito ai fratelli pisani. L’Orlandi comunica
tra l’altro che i fratelli saranno registrati sotto la lettera iniziale del cognome, al contrario degli
altri artisti che saranno ordinati in base alla lettera iniziale del nome. Nel brano che segue,
proveniente da un’altra lettera, sentiamo poi di nuovo la ripugnanza che il nostro biografo provò
verso il lavoro dei due pittori. Inoltre, impariamo che la decisione di inserirli nell’abcedario
avvenne strettamente per soddisfare il Marmi e il Priore della Seta
[..] Circa poi alle opere dei Melani fatte in casa del S.r Priore della Seta con buona pace furono da
me vedute, ma con un gran poco gusto, erano crude, taglienti, et imbrogliato il chiaroscuro della
quadratura con festoni di fiori e frutti di dei proprii colori, che rompevano tutto quel poco di
buono che v’era: tuttavolta parlerò di loro, e per le obbligazioni che ho al compitissimo Sig.
Priore della Seta, e per gli incomodi che V.S. Ill.ma si addossa sempre in favorirmiii.
(6-XII-1718)
L’Orlandi redattore e l’ambizione di una contentezza reciproca
Per la composizione delle descrizioni delle vite non-originali, Orlandi fece ricorso agli scritti dei
biografi precedenti. Il frate aveva l’abitudine di sfrondare i testi di questi lavori, e di copiarli in
buona parte, o di adoperare almeno alcuni dei termini usati nella biografia originale. Con
l’inserimento delle parole dei precursori nelle biografie nell’Abcedario Pittorico, il frate adottò
anche il tono neutro, affermativo o meno, espresso nelle biografie originali, ma sempre in una
forma moderata, vale a dire più equilibrata e meno pronunciata in confronto al tono del
precursore.
Riguardo alla composizione delle vite originali, il frate era dipendente dalle
informazioni affidategli dai vari contatti, ad esempio tramite la corrispondenza. Dalle lettere
autografe dei pittori sono inserite nell’abcedario le notizie che da lui erano considerate
principali. Invece, vennero tralasciate le opinioni personali dei pittori, sul proprio lavoro o altro,
e le informazioni dettagliate. Inoltre, Orlandi mantenne riserbo riguardo alla citazione di nomi,
delle persone note nel mondo artistico e dei maestri di pittura, in quanto vennero chiamati in
causa in un contesto meno favorevole, e nei paragoni. Circa il rapporto tra il tono nelle lettere
autografe e quello esposto nelle biografie nell’abcedario, possiamo constatare che Orlandi cercò
di neutralizzarlo. In un caso, andò oltre questa tendenza moderatrice, servendosi perfino di uno
strumento alquanto vigoroso, che sarebbe quello dell’abbellimento, nel senso da noi spiegato.
Insomma, per la composizione di entrambe le categorie di vite, originali e non-originali, pare
che la moderazione fosse la parola chiave per l’Orlandi, che mirò a presentare le vite in modo
armonioso e bilanciato.
Nelle sue lettere, il frate pregava il corrispondente di provvederlo dei dati richiesti, e
così accadde. Le lettere rivelano allo stesso tempo la disponibilità da parte dei conoscenti, sia
italiani, sia esteri, di mandare al frate non solo le informazioni richieste, ma anche di tenerlo
informato sui nuovi sviluppi possibilmente rilevanti per la composizione dell’abcedario. Benché
la corrispondenza non funzionasse sempre ottimamente, è chiaro che Orlandi ricavò con tanto
profitto dalla sua rete di contatti. È altrettanto vero che anche i corrispondenti trassero beneficio
dallo scambio epistolare con il fate. Abbiamo dimostrato che cercarono di influenzare il frate,
particolarmente spettante l’inserimento di particolari (gruppi di) artisti, anche con successo. In
un caso, l’Orlandi decise perfino di non inserire una particolare tavola, sul consiglio del
corrispondente. Ebbene, l’Orlandi redattore cercava di continuo di conservare l’equilibrio tra il
progresso editoriale, i desideri dei contatti e le proprie esigenze.
ii
Anche se ci è data questa impressione in un passaggio che fa parte del brano che precede la bibliografia ‘Dalle Tavole
seguenti, (oltre la già descritta nel fine della prima parte,) potrai comprendere, o Benigno Lettore, quanti libri è stato
d’uopo che mi passino per le mani nel darti esattissimo conto di tutto ciò, che può servire al genio Pittorico. Confesso
aver fatto ogni diligenza per vederli tutti in fonte: non hò dubbio, che altri libri spettanti al disegno, o alle vite de’
Pittori non possino essere alle stampe in Oltramontani Paesi, ma non si può arrivare per tutto.’ Orlandi (1704: 368).
ii
Cit. in Julius Schlosser Magnino, La letteratura artistica (seconda edizione italiana aggiornata da Otto Kurz,
traduzione di Filippo Rossi dell’edizione originale tedesca Die Kunstliteratur), Firenze, Nuova Italia, 1956, p. 295.
ii
Possiamo, ad esempio, menzionare lo stesso Schlosser che a suo turno menziona il Kallab, scrittore dei Vaseristudien
(1908), che fece un’intensiva ricerca alle fonti del Vasari e che dimostrò il suo uso di scritti precedenti, anche senza
nominarli esplicitamente o solo vagamente.
ii
Questo testo fu stampato autonomamente per la prima volta nel 1784. Il lavoro del Pozzo sul dipingere a fresco forma
un’aggiunta al trattato Perspectiva pictorum et architectorum, che venne pubblicato a Roma tra il 1693 e il 1702.
ii
Schlosser (1956: 53).
ii
Si veda: Talbot R. Selby, Renaissance News, Vol. 11, No. 4., Inverno, 1958, pp. 243-8. JSTOR.
ii
Schlosser (1956: 104-6).
ii
id., p.189.
ii
Su quest’argomento apparirà della stessa ricercatrice un articolo nella rivista dell’Istituto tedesco a Firenze,
Mitteilungen del Kunsthistorisches Institut in Florenz. Al momento del completamento della tesi, è ancora ignota la
definitiva data di pubblicazione dell’articolo, che avrà luogo probabilmente nell’autunno del 2007, sotto il titolo “The
true identity of the Anonimo Magliabechiano” (La vera identità dell’Anonimo Magliabechiano).
ii
Fecolare oppure focolare significa ‘casa’ (da: Garzanti - 2003) o, in questo contesto, ‘epicentro’.
ii
id., pp.193-4.
ii
id., pp. 195-7.
ii
La maggior parte degli artisti è di provenienza toscana in generale, e fiorentina in particolare, ma è presente un
limitato numero di artisti che provengono dalle città nelle altre regioni dell’Italia, ad esempio Roma (Pietro Cavallini,
Giulio Romano), Venezia (Antonio Veniziano, Il Palma, Giorgione da Castelfranco), Bologna (Francesco Francia),
Messina (Antonello da Messina).
ii
Lo Schlosser dedica un intero capitolo alle fonti del Vasari e scrive ‘molte fonti manoscritte, vecchi scritti di pittori e
simili, il Vasari nomina solo vagamente (..), di tanto in tanto egli nomina le fonti, in altri casi le passa sotto silenzio.’
Schlosser (1956: 295-301). Si veda anche nota numero 3.
ii
Cit. in Schlosser (1956: 293).
ii
id., p.352.
ii
id., pp. 463-4.
ii
id., p.531.
ii
L’Intero titolo sarebbe, Il ritratto di Milano: diviso in tre libri, nel quale vengono descritte tutte le antichità e
modernità che vedevansi e che si vedono nella città di Milano; si di sontuose fabbriche, quanto di pittura, e di scultura
/ colorato da Carlo Torre. Dal catalogo online dell’Istituto tedesco a Firenze, il Kunsthistorisches Institut in Florenz:
http://opac.khi.fi.it/cgi-bin/hkhi_de.pl.
ii
Cit. in Schlosser (1956: 529).
ii
id., p.530.
ii
Felsina è la latinizzazione del nome Velzna dato dagli Etruschi a Bologna nel 534 a.C. (da:
http://it.wikipedia.org/wiki/Felsina)
ii
Si veda l’immagine in copertina.
ii
Cit. in Orlandi (1704: 391).
ii
Di questo fatto rende noto L. Frati in “Lettere autobiografiche di pittori” in Rivista d’Arte, Anno V, Gennaio-Febbraio,
1907, p.75.
ii
L’intero titolo sarebbe: Notizie de’ Professori del disegno da Cimabue in qua, per le quali si dimostra come e per chi
le bell’arti di Pittura, Scultura e Architettura, lasciata la rozzezza delle maniere greca e gotica si siano in questi secoli
ridotte all’antica loro perfezione, opera di F.B.Fiorentino, distinta in Secoli e Decennali. (Schlosser 1956: 473).
ii
Cit. In Schlosser (1956: 468)
ii
A questo fatto riferisce J. Rutgers, che ha appena compiuto la sua tesi di dottorato sulla ricezione delle opere del
Rembrandt in Italia.
ii
Cit. in Schlosser (1956: 466).
ii
Cit. sull’Internet: http://vocabolario.signum.sns.it/_s_index2.html.
ii
Cit. Schlosser (1956: 477).
ii
Cit. in Orlandi (1719: 457).
ii
Cit. in Schlosser (1956: 478).
ii
La completa serie di nomi di biografi come elencati da Orlandi è la seguente: Adriano, Apollodoro, Ammiano
Marcellino, Ateneo, Baldi, Baldinucci, Borbone, Borghini, Dati, Diodoro, Dolci, Eliano, Fonseca, Fulvio Orsini,
Joannes Bromton, Junio, Laerzio, Lomazzo, Masina, Macrobio, Mongiojosi, Orosio, Padre Timoteo da Termini,
Plutarco, Polibio, Polluce, Ridolfi, Sandrart, Strabonio, Svidas, Tassone, Valerio Massimo, Varrone, Vasari, Vitruvio,
Vosio Isac. Da: P.A. Orlandi, Abcedario Pittorico, Bologna, 1704, p.59.
ii
id., p.188.
ii
Nel nostro caso, il biografo originale sarebbe lo scrittore che da Orlandi venne menzionato come fonte per la
composizione della particolare vita artistica non-originale.
ii
Cit. in Filippo Baldinucci, Cominciamento e progresso dell’arte dell’intagliare in rame colle vite di molti de’ più
eccellenti Maestri della stessa Professione, Firenze, 1686, p.79.
ii
ibid.
ii
Cit. in Orlandi (1704: 334).
ii
Cit. in Giovanni Baglione, Le Vite de’ Pittori, Scultori et Architetti – Dal Ponteficato di Gregorio XIII fino a quello
d’Urbano Ottavo, Roma, 1649, pp.394-5.
ii
Cit. in Orlandi (1704: 250).
ii
Cit. in Lodovico Vedriani, Raccolta de’ Pittori, Scultori, et Architetti Modonesi più celebri, Modena, 1662, pp.33-4.
ii
Cit. in Orlandi (1704: 250).
ii
id., p.7.
ii
L’articolo porta il titolo “Lettere autobiografiche di pittori” in: Rivista d’Arte, Anno V, Gennaio-Febbraio 1907,
pp.63-76, e venne ristampato nel libro del Frati, Varietà storico-artistiche, che uscì nella città di Castello, cinque anni
dopo la prima pubblicazione dell’articolo.
ii
Abbiamo scritto ‘presentate come vite originali’ perchè non abbiamo indagato se, in realtà, vale a dire nel quadro più
largo, gli artisti in questione, nella prima edizione dell’abcedario di Orlandi, conobbero il debutto della propria
biografia in forma stampata. Il solo fatto della mancanza di un riferimento alla fonte dopo le biografie di questi artisti
non possa funzionare da risposta definitiva a questa domanda. Tuttavia, partendo dalla consapevolezza della
corrispondenza tra il frate ed i pittori in questione e dalla conoscenza che l’Orlandi, al livello delle indicazioni delle
fonti in relazione alle vite degli artisti, fece mostra di un atteggiamento alquanto dettagliato ed accurato, è possibile
sostenere che per la composizione delle descrizioni biografiche di questi artisti, si servì solo di informazioni nuove
provenienti dai pittori stessi o dagli altri suoi conoscenti. In tal modo, è legittimo considerare queste vite come vite
originali, anche se, nel quadro dell’intera produzione del genere artistico-biografico anteriore al 1704, non ne possiamo
essere sicuri.
ii
Cit. in Orlandi (1704: 79).
ii
Da: Lodovico Frati, “Lettere autobiografiche di pittori” in Rivista d’Arte, Anno V, Gennaio-Febbraio, 1907, p.67.
ii
Cit. in Orlandi (1704: 79).
ii
Cit. in Lodovico Frati (1907: 69).
ii
Cit. in Orlandi (1704: 68).
ii
id., p.69.
ii
id., p.70.
ii
id., p.68.
ii
Cit. in G. Campori, Lettere Artistiche Inedite, Modena, Soliani, 1866, p.179
ibid.
ii
id., p.185.
ii
id., p.187.
ii
id., p.189.
ii
id., p.180.
ii
id., p.181.
ii
ibid.
ii
id., p.182.
ii
id., p.184.
ii
id., p.182.
ii
id., p.183.
ii
id., p.184.
ii
id., p.186.
ii
id., p.182.
ii
id., p.185.
ii
ibid.
ii
id., p.187.
ii
id., p.181.
ii
id., p.188.
ii
IV
LO STILE E IL CONTENUTO IN CINQUE BRANI PARTICOLARI DELL’ABCEDARIO
Nell’abcedario del 1704 sono presenti cinque brani in cui Orlandi rivolge la parola direttamente
al lettore, o in cui sentiamo in un altro modo la sua diretta voce. Il primo sarebbe quello
indirizzato al dedicato, seguono tre brani indirizzati al lettore in generale, l’ultimo si rivolge ad un
particolare gruppo entro i potenziali lettori; lo studente di pittura. Nel testo che segue la ricerca si
svolge ad un livello testuale, e cerchiamo di dare una risposta alle seguenti domande
Qual’ è lo stile nei cinque brani selezionati, e a quale scopo serve?
Quale sembra essere stato l’obiettivo dell’abcedario e quale il mirato pubblico di lettori?
È importante ricordare che l’Orlandi letterato fu ben familiarizzato con gran parte dei lavori dei
colleghi biografi, il che inevitabilmente doveva portare a somiglianze, qualunque fosse la forma,
tra il suo abcedario e gli scritti dei biografi precedenti. Infatti, ad un momento successivo, si sarà
evidenziato che l’Orlandi, per la composizione al livello dell’architettura, cercò di combinare gli
influssi tradizionali con gli elementi originali.
Nell’attuale capitolo, che si focalizza sul contenuto e lo stile invece dell’architettura,
risulterà che l’Orlandi venne influenzato dagli altri biografi, anche a dimensione testuale. Ne
testimoniano le congruenze lampanti che si presentano nei testi dei vari scrittori. Pertanto,
un’analisi dello stile e del contenuto nei testi orlandiani, non andrebbe effettuata in modo
completamente isolato. Per questo, ogni tanto si è cercato di fare appello ai trattati dei biografi
precedenti, inevitabile per una buona comprensione delle parole espresse dal nostro autore.
Dov’entra in scena la retorica
Cogliamo poi l’occasione per denotare in anticipo un aspetto di cui, per un’adeguata lettura dei
brani, è essenziale tener conto, e sarebbe l’aspetto della retorica, o il fenomeno del Dichtung und
Wahrheit, che fa svanire la distinzione tra realtà e poetica. Negli scritti dei biografi questo
fenomeno è alquanto ricorrente, motivo per cui i biografi da noi studiati possono essere
considerati storiografi invece di storici. Potremmo chiarificare quest’osservazione in base a una
descrizione della distinzione, per quanto esista, tra lo storico e lo storiografo.
In un suo articolo il letterato fiammingo Kris Humbeeck, descrive in modo assai
cristallino quale potrebbe essere una differenza principale nel modo di affrontare la storia da parte
dello storico e dello storiografo. Egli scrive che ‘lo storiografo, nel senso più fondamentale del
concetto, non confronti i suoi lettori con una storia che sia il risultato di un’osservazione dei
‘fatti’, come cerca di fare lo storico, ma con una storia che si sta creando durante il processo della
scrittura’ii. Lo Humbeeck poi constata che sia lo storico, sia lo storiografo potrebbero essere
considerati manipolatori dei fatti, il primo operando secondo convenzioni che sono considerate
scientificheii, il secondo lavorando in base a convenzioni di carattere piuttosto letterario. Di ciò
segue che lo storiografo è in primo luogo uno scrittore, piuttosto comparabile con un autore di
romanze, che con uno scientifico. Ciò afferma anche lo Schlosser, che scrive che gli italiani
vedono, nelle biografie di Vasari, più di ogni altra cosa, un’opera classica della loro prosa
letterariaii. Lo storiografo è uno scrittore che tende a tirare dalla propria parte i fatti, con ciò
mirando a persuadere i lettori. Il mezzo per eccellenza per realizzare questo scopo viene formato
dalla retorica.
Se poi richiamiamo alla mente la teoria di Kilcher, si osserva che questa categoria di
opere biografiche entra perfettamente nel fenomeno che da lui viene chiamato la formazione
letteraria dell’enciclopedia, in quanto consente un alto grado di interpretazione da parte
dell’autore. Avendo cognizione di ciò e del fatto a cui ha riferito lo Schlosser, sarebbe valida la
conclusione che questo genere di opere in generale, e l’abcedario di Orlandi in particolare,
oggigiorno formano dunque un oggetto di ricerca per eccellenza non meno per chi si occupa delle
lettere, che per chi parte da un punto di vista storico d’arte, come apparirà anche nel discorso sui
cinque brani trattati nel presente capitolo.
La retorica forma un argomento che merita essere trattato in un individuale saggio. Non è
qui l’occasione adatta per farlo, già la coscienza del ruolo dello storiografo e della carica delle sue
parole, come appena descritto, contribuisce ad una comprensione migliore dei brani che in questo
capitolo saranno esaminati. Nondimeno, anche se non vogliamo entrare nei dettagli
dell’argomento, ci sembra comunque opportuno toccare brevemente il concetto della retorica,
come apparve negli scritti dei biografi.
Tra realtà e poetica e il «problema dell’attendibilità»
Durante i secoli, l’abbellimento è stato un aspetto essenziale negli scritti dei biografi. Il
fondamento si trova nel concetto dell’arte durante il Rinascimento. L’aspetto più fondamentale
dell’arte non era tanto il significato intrinseco, quanto l’impressione e l’effetto. In linea con
questo concetto era il motto d’Orazio, che vedeva come effetti voluti della poesia il piacere e
l’utilità. Lo Schlosser ci informa che, per essere sicuri dell’efficacia della poesia, essa venne
«avvolta nel ricco ammanto della retorica»ii. Di seguito viene spiegato che nella letteratura del
Cinquecento si cercava di stabilire le regole per scrivere la storia. Lo Schlosser cita il Salviati, che
nel dialogo Il Lasca (1584) dichiarò esplicitamente che per l’ornamento retorico, non solo per il
poeta ma anche per lo storico, nel caso in cui parevano più efficaci della verità, erano permesse le
bugie.
Pertanto, la lettura dei testi composti nei secoli passati, non andrebbe effettuata in modo
isolato e con occhi moderni, così, neanche i brani da noi selezionati andrebbero avvicinati in
completa solitudine. Invece, si dovrebbe cercare di inquadrarli nel contesto in cui sono nati,
prendendo in considerazione le tendenze e il mondo delle idee che all’epoca erano in vigore e a
cui diedero ascolto gli autori nelle loro opere, essendo così anche considerevoli rappresentanti
dell’era in cui vissero.
Tendenza che per il nostro discorso è rilevante, e che può illustrare la funzione della
retorica, era il desiderio da parte degli autori di descrivere nella sua totalità la biografia degli
artisti. In altre parole, il biografo non si limitò alla descrizione delle attività professionali degli
artisti, ma cercò di completare l’immagine con informazioni personali. Il motivo più profondo per
questa descrizione totale era l’esigenza di dipingere un’immagine vivace. Quest’immagine, al suo
turno, era necessaria per impressionare il lettore, il che ci fa ritornare al concetto della retorica.
La raffigurazione totale della biografia degli artisti non di rado accadde mediante
l’invenzione e la creatività dell’autore. Non è neanche sorprendente, considerando che gli scrittori
non trattennero rapporti personali, il che in buona parte elimina la necessità di invenzione, con
tutti gli artisti descritti nel proprio lavoro. In questi casi, la propria interpretazione era
praticamente un requisito. In più, idealmente, la portata nella parte sulle attività professionali era
in sintonia con quella sulla personalità dell’artista, cioè se, ad esempio, i quadri di un particolare
pittore, secondo il biografo, furono dipinti senza precisione, anche la personalità dovesse dar
prova di trascuratezza. Se questo in realtà non fosse il caso, l’autore poteva decidere di
autorizzarsi a manipolare le realtà ed a inventare il contenuto dei dati complementari.
Le Vite (1550) formano un esponente principale di questo fenomeno, che in contempo è
alla base del «problema dell’attendibilità» del Vasariii. Lo Schlosser esplicita le sue parole in
modo avvincente
Per rendergli [il Vasari] giustizia, non possiamo adoperare, come è naturale, (ma ancora nella storia dell’arte
non pare che sia capito!), la misura dello storico moderno, ma quella dell’antica storiografia artistica, o se mai
della tecnica del romanzo storico. Quando egli è colpevole di cose che a noi moderni paiono una
falsificazione storica non possiamo provare che si tratti di mala fede o di menzogna storica cosciente; ma egli
forma il suo materiale come gli sembra bene per i suoi scopi speciali, così lontani da noi moderni’ii.
È un punto di vista che ci sembra valido, perlopiù per l’accento che mette sul contesto storicoletterario in cui l’opera è nata e che deve essere il punto di partenza per una valida interpretazione
del testo in generale, e degli scopi ed i mezzi per realizzarli dell’autore in particolare. In termini
più specifici, è essenziale realizzarsi che i biografi non operavano ad un livello scientifico, come
non avevano nemmeno come primo scopo il pennellare o la ricerca della ‘verità’. Di conseguenza,
neanche i loro lavori andrebbero affrontati da ambasciatori di una tale verità, il che in buona parte
elimina in contempo questo problema dell’attendibilità, che sembra solo esistere per chi parte da
assunzioni almeno discutibili.
Se il Vasari dà il tono, l’abbellimento è da osservare anche nei lavori usciti nei secoli
successivi, anche se in un’altra frequenza o in modo diverso, motivo per cui, nel paragrafo
precedente, abbiamo classificato i biografi come storiografi, invece di storici. Con ciò, si potrebbe
affermare che la retorica diventò lo strumento principale per assicurarsi degli effetti voluti nelle
opere artistico-biografiche. Si sarà evidenziato che anche nel nostro oggetto di ricerca,
l’Abcedario Pittorico, è presente quest’«ornamento retorico», ed è in questa luce che andrebbero
letti i brani esaminati nei paragrafi che seguono (si veda l’appendice I TESTI INTEGRALI DI CINQUE
BRANI SU P.88).
Pertanto, bisogna rendersi conto di continuo dell’aspetto del Dichtung und
Wahrheit non solo nella prefazione, dov’è assai evidente, ma anche nelle altre parti
dell’abcedario.
La dedica
Il primo brano è intitolato Illustrissimo e Reverendissimo Signore, e si trova nella parte
introduttiva dell’abcedario (si veda l’appendice I TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI SU P.88). Il
brano, che non contiene informazioni pratiche o personali, forma l’omaggio al dedicato Giovan
Matteo Marchetti, vescovo di Arezzo e collezionista e mecenate a Pistoia. Quale sia stato l’esatto
rapporto tra l’Orlandi e il vescovo non abbiamo potuto ricavare. Tuttavia, nella dedica leggiamo
che i due si incontrarono ad Arezzo. Inoltre, sappiamo che il vescovo fu corrispondente del frate,
mandandogli almeno una lettera autografa.
La presenza del testo onorevole è in primo luogo una formalità, fenomeno che all’epoca
era molto attuale, testimoniano tra l’altro le opere dei biografi precedenti. Per citarne alcune, il
dedicato nelle Vite (1550) del Vasari era il granduca Cosimo I de’ Medici mentre il Baldinucci,
più di cent’anni più tardi, dedicò le sue Notizie de’ Professori del Disegno (1681) a Cosimo III
de’ Medici. Anche i lavori degli scrittori esteri furono dedicati a persone di rilievo, così il van
Mander dedicò il suo Het Leven Der oude Antijcke doorluchtighe Schilders (1603) al presidente
di Haarlem Niclaes Suycker.
Il contenuto e lo stile servono da mezzo per creare l’atmosfera adatta per esprimere il
dovuto omaggio. La prima metà del brano conduce al passaggio in cui è espresso esplicitamente
l’omaggio ed è scritto in un linguaggio pittorico, contenendo varie espressioni metaforiche e
comparazioni. Si è fatto uso di un gran numero di parole, espressioni e formule, perlopiù di
carattere astratto o metaforico ed estetico, che si ritrovano anche nelle dediche o nei proemi delle
opere dei biografi precedenti, quali «la Virtù», «i Virtuosi», «le Tele», «l’inclinazione al
disegno», «Raggi di luce», «le tenebre», «la dilettazione», «bramare», «vivi felice». Queste
congruenze illustrano definitivamente il sottinteso rapporto tra lo scritto orlandiano ed i lavori dei
biografi precedenti e mostrano la coscienza letteraria del compositore dell’abcedario.
Orlandi si presenta come protettore in primo luogo della virtù degli artisti del passato e
delle loro opere d’arte, che ha la tendenza a perdersi nella dimenticanza, togliendola dal ‘cuore
del tenebre’. Di seguito, si fa il paragone tra la virtù artistica e il sole, che ‘che assediato da una
gran massa di nubi, non si conosce per quello si crede, perchè non può risplendere da quello che
è’ii. Neanche le attestazioni della virtù sembrano poter insistere alle ingiurie del tempo; ‘I libri, e
le Tele, che fecero in qualche parte giustizia a que’ Virtuosi, non hanno potuto farcela
interamente compiuta, perchè molti dei’ primi sono stati logorati dal tempo, e le seconde non
manifestano tutte le loro singolari Prerogative’. In questo punto è dimostrata, al livello
metaforico, l’utilità dell’opera, che segna allo stesso momento il passaggio alla seconda metà del
brano, che si focalizza sui meriti del dedicato; ‘Io penso intanto di fare un bel piacere alla Virtù
dei que’ Soggetti, ogni qual volta siami risoluto di trarli dal suo sepolcro, e metterli sotto l’Alto
Padrocinio di V.S.Illustrissima, e Reverentissima’ii. Il resto del testo forma il dovuto omaggio al
dedicato Marchetti.
Il fenomeno dell’autore che si erge a protettore della virtù artistica e di opere d’arte non è
del tutto nuovo, ed è una esplicita manifestazione retorica, proveniente dall’ideologia ciceroniana,
che assegnò come funzioni primarie delle parole dell’oratore il servire alla memoria e all’utilitàii.
Questa formula, che entrava nelle convenzioni letterarie del tempo, è da segnalare anche nei testi
introduttivi nelle Vite (1550) del Vasariii, nelle Maraviglie dell’arte (1646) del Ridolfi, nella
dedica del Fresne nel Trattato della pittura di Leonardo da Vinci (1651), nella Raccolta de’
Pittori, Scultori et Architetti (1662) del Vedriani, nelle Vite de’ Pittori, Scoltori, et Architetti
Genovesi (1674) del Soprani e nelle Notizie de’ Professori del Disegno (1681) del Baldinucci.
Lampanti sono le similarità nel modo di esprimere di queste parole dai vari autori, il che mette in
evidenza che abbiamo a che fare con una propria tendenza, o con una convenzione che all’epoca
era in vigore. È evidente che l’Orlandi, essendo un uomo di studio con una vasta conoscenza della
letteratura classica e contemporanea e sensibile alle convenzioni del tempo, venne influenzato
dallo stile negli scritti dei precursori.
L’autore al lettore
La prefazione intitolata L’Autore al benigno Lettore espone un linguaggio ben ragionato in uno
stile sempre eloquente, ma meno metaforico e più personale (si veda l’appendice I TESTI
INTEGRALI DI CINQUE BRANI SU P.89).
L’introduzione precisa il contenuto del lavoro, comprende
informazioni pratiche riguardo all’uso, e fa più luce sulle fonti usate per la stesura dell’abcedario.
Orlandi si rivolge direttamente al lettore, usando il ‘tu’, e si presenta come un professore che
insegna gli studenti, con tono riflessivo e rispettoso, senza diventare sdegnoso o autoritario.
Nell’intero brano, il nostro autore evita di rivolgersi direttamente ad uno specifico gruppo di
lettori, forse per non escludere altri interessati. Questo sembra affermare la nostra impressione che
abbia cercato di raggiungere un pubblico più vasto e diverso possibile. Citiamo gli artisti, i
dilettanti, gli accademici d’arte, i commercianti d’arte, i collezionisti, gli storici d’arte, gli
architetti. Nel capitolo che segue, vogliamo stabilire i particolari gruppi di destinatari delle
individuali parti costitutive dell’abcedario.
Il brano comincia in modo personale, con una breve esposizione sull’origine della
passione per la pittura, che Orlandi sintetizza in un’inclinazione naturale. Dal primo paragrafo,
l’accento del brano è messo sull’acquistare conoscenza, e diventa chiaro che l’autore della nostra
opera si contraddistingue per la propria erudizione e che non abbiamo a che fare con un artistascrittore, come, ad esempio, il precursore Vasari. Le sue parole trasmettono un entusiasmo
contagioso, che non può sfuggire al lettore ‘Fattane dunque numerosa raccolta, ansioso di
conoscere il merito de’ Pittori, e d’impossessarmi delle origini loro, delle Scuole, dell’Opere,
delle Patrie, e de’ Tempi, ne’ quali fiorirono, ricercai da varie parti spettanti a tali materie’ii.
Con queste parole Orlandi dà il buon esempio e cerca di spingere il lettore a seguire il suo stile
riguardo all’ingrandimento della propria conoscenza. Allo stesso tempo, queste parole mettono in
moto la sottintesa campagna a favore dell’ampliamento e l’approfondimento delle conoscenze
artistiche del lettore, che è del resto caratteristico non solo dell’abcedario ma della completa opera
orlandiana.
Con la frase ‘piu volte fui persuaso dagli Amici, e da’ Professori del disegno a dare in
luce un breve compendio delle Vite de’ piu celebri’ l’autore spiega che la sua vasta conoscenza,
acquistata durante gli studi, spinse gli amici ed i professori del disegno a persuaderlo a comporre
l’opera enciclopedica, evidentemente con successo. Tale spiegazione abbiamo anche trovato nelle
Maraviglie dell’arte (1646) del Ridolfi, nel Trattato della pittura di Leonardo da Vinci (1651) a
cura di Fresne, nel Grand dictionnaire (1674) del Moréri, nelle Finezze de’ pennelli italiani
(1674) dello Scaramuccia e nella Felsina Pittrice (1678) del Malvasia. In più, il Soprani, nel
proemio alle sue Vite (1674), riferisce al Vasari che ‘fece le vite de’ Pittori a persuasione di
monsignor Paolo Giovio’. Insomma, abbiamo a che fare con un’altra formula retorica, che marca
la luce in cui andrebbe interpretata l’intera prefazione, ben provvista di passaggi che alludono al
significato più intimo del brano. Implicitamente, le parole dell’autore cercano di dimostrare un
gran pubblico di lettori già in anticipoii, il che inevitabilmente dovrebbe portare ad un successo
dopo l’effettiva pubblicazione dell’opera. L’argomentazione potrebbe suscitare la curiosità del
potenziale lettore, che si sente chiamato a mettere mano a un’opera talmente riuscita. Tant’è che
l’osservazione che gli amici ed i professori del disegno gli chiesero di comporre una tale opera, dà
l’idea di avere a che fare con un autore dotto ed abile, altamente stimato nell’ambiente sociale di
cui faceva parte. In tal modo, la formula prova la propria validità, realizzando
contemporaneamente le intenzioni dell’autore di raggiungere pi˘ lettori possibili.
Della stessa prefazione, citiamo il seguente frammento; ‘Mi lasciai lusingare dal genio
con isperanza di servirli [gli amici ed i professori del disegno], e scorgendo l’opere de’mediocri
applaudite dalli Scrittori, per meglio compiacerli feci animo ad intraprendere una laboriosa
fatica col descriverli tutti per Alfabetto, acciò ogn’uno rispettivamente godette la lode meritata.’
Gli amici ed i professori gli chiesero di comporre un compendio delle vite dei più celebri, invece
Orlandi decise di inserire anche gli artisti meno famosi, occupandosi così con un progetto più
largo e intensivo del piano originale. Con queste parole, che comunicano di aver fatto più di ciò
che era richiesto, l’autore cerca implicitamente di raccomandare ai lettori il proprio lavoro.
Nella citazione seguente, è messa in evidenza il valore attuale dell’opera, e viene
chiarificato il modo in cui Orlandi collezionò i dati bibliografici dei ‘Viventi’, vale a dire gli
artisti contemporanei che non erano descritti prima in un trattato artistico-biografico,‘Troverai per
tanto, o compito Lettore, in questo mio Abcedario non solo tutti quelli che sono alle stampe, ma
quei ancora, de’ quali o son consunte le memorie, o non sono stati posti in luce, e gran parte de’
Viventi da me con esquisite diligenze ricercati per lettere, o ricavati da manuscritti segnati con le
lettere M.S., o notificatimi da Persone degne di fede’. Ad un momento precedente, abbiamo
trattato più profondamente il modo in cui Orlandi fece uso delle fonti che gli fornivano le notizie
necessarie per la composizione delle vite originali.
Nella prefazione è molto evidente il tono stimolante dell’autore che è anche presente negli
altri brani, e che sollecita i lettori ad uno studio letterario-artistico più profondo. In un passaggio
che contiene informazioni pratiche leggiamo ‘Gli Autori, che ne [delle vite degli artisti] parlano
saranno registrati nel fine della vita d’ogn’uno per facilitarti la via a cercarli in fonte, quando
bramasti tutta la contezza dell’essere, e dell’opere loro.’ Queste parole comunicano al lettore che
è favorevole e da ambire l’essere interessati nella propria professione, nel suo sviluppo, e nei
meriti dei colleghi artisti. In modo sottile e senza impegno, Orlandi prende per mano il lettore,
mostrandolo la via della sapienza e l’istruzione. Il riferimento alla tavola che contiene un gran
numero di titoli di opere sull’arte dà sfogo all’esigenza di Orlandi di stimolare i lettori a leggere di
più sugli argomenti di interesse e con ciò a istruirsi ed a erudirsi, come l’autore stesso.
Orlandi poi mostra di essere al corrente delle dinamiche nel mondo artistico, e della
letteratura artistica più attuale. Al lettore viene spiegato che nell’abcedario si è fatto uso del
lessico artistico come prescritto nel Vocabolario dell’Arte del disegno composto dall’autorità
linguistica dell’epoca, Filippo Baldinucci. La prefazione finisce con un passaggio formale che
mette in evidenza la religiosità dell’autore.
L’introduzione all’abcedario degli artisti moderni
La parte più voluminosa dell’abcedario che tratta le vite degli artisti contemporanei, è introdotta
da un breve passaggio indirizzato al ‘benigno lettore’ (si veda l’appendice I TESTI INTEGRALI DI
CINQUE BRANI SU P.89).
Constatiamo di nuovo che non è specificato il gruppo di lettori. Orlandi
riferisce ai lavori dei biografi precedenti, e menziona le informazioni contraddittorie che
forniscono, e coinvolge attivamente il lettore che deve trarre le proprie conclusioni e fare
un’individuale valutazione finale. Tale avvertimento al lettore è anche da trovare nella prefazione
al dizionario del Moréri.
In più, è messo in evidenza che l’abcedario non è una sola compilazione dei lavori degli
altri scrittori biografici, ma un lavoro che prosegue dove i precursori avevano finito. Di seguito, è
messo in rilievo il lavoro che il frate zelante ha dovuto smaltire, per poter compiere il compendio
biografico ‘Qual Scuola poi frequentassero, od in qual tempo operassero molti Professori, de’
quali non ne parlano gli Autori, è stata mia laboriosa fatica il ricavarlo dalle opere, dalle
conghiture de’ tempi, e da’ luoghi, ne’ quali lavorarono’ ii.
Anche in questo brano, Orlandi parla da professore, e nota che un’adeguata ricezione di
un’opera d’arte possa fare più luce sul suo creatore e la sua origine. Per finire, il compositore
esprime il ringraziamento agli amici che lo assisterono a solvere le difficoltà e che gli facilitarono
il lavoro. Allo stesso tempo, è di nuovo accentuata l’attendibilità dell’opera, al pubblico viene
consigliato di fidarsi sulle informazioni collezionate e portate avanti dall’autore ‘leggi dunque con
sicurezza, e vivi felice’ ii, finisce il brano.
L’introduzione alle cinque tavole nella parte finale dell’abcedario
Nel breve passaggio che introduce la terza parte dell’abcedario (si veda l’appendice I TESTI
INTEGRALI DI CINQUE BRANI SU P.90) e
che comprende le cinque tavole, Orlandi rimarca la grande
quantità di libri che gli passarono per le mani. Immediatamente, questa osservazione viene
relativizzata dall’autore, che afferma di essere conscio dell’impossibilità di disporre di tutte le
opere disponibili, particolarmente quelle pubblicate all’estero. Comunque, al lettore è di nuovo
raccomandato di farsi tranquillamente guidare dall’abcedario, tanto che esso è ormai conscio del
fatto che il compositore ha fatto tutto quello che rientrava nelle sue possibilità per dare al lettore
‘esattissimo conto di tutto ciò, che può servire al genio Pittorico’ii. Molto significativa è
l’osservazione finale del brano ‘Accetta frattanto, con animo cortese, la copiosa serie de’
descritti, che non sono pochi; e perchè questi sono tutti presso di me, sarai sempre padrone
prevalertene in ogni occorrenza, e vivi felice’ii. Questo passaggio dà rilievo al carattere
enciclopedico e pratico dell’abcedario, che Orlandi aveva in mente per questo lavoro in un
volume. Con il compendio, composto per funzionare da manuale da portare facilmente con sé, il
lettore poteva disporre di una grande diversità di conoscenza disponibile in qualsiasi momento per
qualsiasi occasione. All’esigenza del frate di comporre un’opera in un volume ad alta densità
informativa, viene anche riferito nella corrispondenza al cavaliere fiorentino Marmi, in cui
Orlandi scrisse ‘il mio libro è un compendio dell’opere dei Pittori, altrimenti un tomo non
sarebbe bastante a scrivere tutto’ii. Questo si lascia intendere anche a livello fisico dell’opera.
Infatti, ciò che colpisce subito durante il primo incontro con i trattati dei diversi biografi, è la
differenza tra l’ampiezza delle opere dei precursori e l’abcedario orlandiano. Mentre i lavori dei
primi consistevano, per buona parte, di più tomi e di dimensioni considerevoli, l’opera del nostro
autore, che doveva funzionare da compendio, era composta da un tomo solo a dimensione
maneggiabile.
Il quinto e ultimo brano, che porta a termine la quarta tavola de’ Libri servibili, necesarij,
& utili ai Pittori, e Scultori è intitolato L’Autore allo Studente di Pittura (si veda l’appendice I
TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI SU P.90).
Per la prima volta, Orlandi si rivolge ad uno specifico
gruppo di lettori. Ciò rende più probabile la nostra idea che negli altri brani, un riferimento al
progettato gruppo di lettori sia omesso intenzionalmente da Orlandi per non escludere altri
interessati e dunque per assicurarsi di una portata larga e variata. Il frammento è un esplicito
invito allo studio di opere d’arte dei grandi maestri, e alla lettura di opere sull’arte. Anche
l’essenza dei libri sulla pittura e le vite degli artisti, quale l’Abcedario pittorico dell’autore stesso,
è esplicitata ‘I libri di pittura, e vite de’ Pittori saranno buoni per imparare le regole di
dipingere, o per discorrere con fondamento de’ costumi, e dell’opere loro’ii. Di seguito, sono
citati i nomi dei grandi pittori, che per gli studenti possono funzionare da esempi, collegati ai loro
particolari pregi individuali, ‘Dal Correggio, da Guido Reni, e dal Barocci, la dolcezza de
sembianti, le bocche ridenti, e girar di teste [..], da Carracci, e da Tiziano, il grande, il forte, il
componimento, l’espressione, & movimenti dell’animo [..]’ii. Così, questo brano serve tanto da
stimolo per gli studenti di pittura, quanto da ode ai grandi maestri. Infine, siamo informati sulla
concezione artistica di Orlandi, che suggerisce che l’artista dovrebbe mirare alla creazione di
opere d’arte naturali, verosimili, e ben proporzionate.
L’arte di persuadere
I cinque brani analizzati furono scritti in modo ben comprensibile ed accessibile, anche se sono
ben provvisti dell’ornamento retorico. In base alla nostra analisi, risulta che l’abbellimento, che
marca lo stile in questi brani, fungeva da mezzo tanto per impressionare quanto per persuadere il
lettore a farsi tranquillamente guidare dall’abcedario. La scelta dei vocaboli ben pesati e la facilità
con cui pure oggi il testo si fa capire, in particolar modo quelli indirizzati al lettore in generale,
dimostra l’eloquenza e le capacità letterarie dell’autore. L’Orlandi si servì dalla lingua, e sapeva
strumentalizzarla a servizio dei propri scopi, senza trasferirla in uno stile artificioso o impacciato.
Il lettore viene guidato nella direzione voluta, anche senza prenderne atto, ed è chiaro che la
retorica ha funzionato al modo desiderato. Per dare forza al discorso e per far dissolvere gli
eventuali dubbi rimanenti, il frate presentò l’abcedario come opera attendibile, che venne ancora
rafforzato dall’accento che era messo sulle proprie competenze e conoscenze. Dunqe, in questo
contesto, lo stile doveva servire da mezzo per persuadere i vari gruppi di potenziali lettori di
affidarsi all’abcedario, che al suo turno doveva garantire una portata larga e variata.
Anche in base alle osservazioni appena delineate, possiamo essere sicuri che Orlandi
abbia mirato a raggiungere un vasto pubblico di lettori. È solo in un punto che si rivolge
direttamente ad un particolare gruppo di lettori, gli studenti di pittura. Pertanto, ci sembra valido
constatare che l’abcedario fu composto non solo a servire gli studenti, ma anche gli artisti
avanzati e gli altri interessati come i dilettanti, gli accademici d’arte, i commercianti d’arte, i
collezionisti, gli storici d’arte, gli architetti.
In base alla nostra analisi, possiamo concludere che l’abcedario, al livello fisico, doveva
fungere da compendio di un tomo solo, che era versatile, pratico e maneggevole, da consultare ad
ogni desiderato momento. Invece, al livello del contenuto, doveva servire tanto da fonte di
conoscenza quanto da stimolo per i lettori di approfondire la loro conoscenza. Più volte l’Orlandi
si servì di parole incitanti, con lo scopo di mettere in vista la via della sapienza e l’istruzione, e di
spingere il lettore ad uno studio artistico più profondo. Di particolare rilevanza è il riferimento
alle bibliografie nella terza tavola, che risponde al desiderio del lettore che vorrebbe educarsi
ulteriormente. Questo onnipresente tono di motivazione a promozione dell’ampliamento e
dell’approfondimento di conoscenza sembra aver servito allo scopo di portare le opere d’arte
degli artisti ad un livello più elevato, o come Orlandi lo descrive nella frase finale del brano che è
indirizzato allo studente di pittura, ‘per erudire con fondamento l’opere tue’.
ii
Cit. in K. Humbeeck, “L.P.Boon, historiograaf – Het beeld van de negentiende eeuw in Boons ‘historische romans’”
in Nederlands in culturele context, Woubrugge, Internationale Vereniging voor Neerlandistiek, 1995, pp.85-6
(traduzione nostra).
ii
id., p.86.
ii
Schlosser (1956: 305).
ii
id., p. 304.
ii
id., p. 307.
ii
Cit. in Schlosser (1956: 307).
ii
Cit. in Orlandi (1704: 4).
ii
ibid.
ii
Schlosser (1956: 306).
ii
Il Vasari ne ritorna più volte, la formula ed i vocaboli utilizzati sono praticamente uguali. Nel proemio si legge ‘la
voracità del tempo nondimeno si vede manifestamente che non solo ha scemate le opere proprie e le altrui onorate
testimonianze di una gran parte, ma cancellato e spento i nomi di tutti quelli che ci sono stati serbati da qualunque
altra cosa che dalle sole vivacissime e pietosissime penne delli scrittori’, mentre nella conclusione v’è scritto ‘questi
artefici gloriosi, che io semplicemente ho tolti alla polvere et alla oblivione, che già in gran parte gli avea soppressi’,
in cui è molto ovvia l’analogia con Orlandi che trae ‘dal suo sepolcro la Virtù dei Soggetti virtuosi’. Cit. in G. Vasari,
Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri (a.c.d. L.Bellosi e
A.Rossi), Torino, Einaudi, 1550 ristampa 1986, p.1, p.462.
ii
Cit. in Orlandi (1704: 7). Nel testo che segue, tutte le citazioni relative alla prefazione sono tratte da questa pagina.
ii
Per quanto riguarda la seconda edizione dell’abcedario, sappiamo che, infatti, anteriore alla pubblicazione dell’opera,
era già promesso ai conoscenti a Eidelberga e a Parigi un numero di, in totale, 90 esemplari del manuale. Si veda
Campori (1866: 184).
ii
Cit. in Orlandi (1704: 60).
ii
ibid.
ii
id., p.368.
ii
ibid.
ii
Cit. in Campori (1866: 184).
Cit. in Orlandi (1704: 408).
ii
ibid.
ii
V
L’ARCHITETTURA NELL’ABCEDARIO PITTORICO
L’Abcedario Pittorico è un’opera considerevole; contiene la descrizione di circa quattro mila artisti
europei, di cui la maggioranza di provenienza italiana. In realtà, l’Abcedario è costituito da quattro
sub-abecedari, e tre parti, che da Orlandi vennero intitolati
Abecedario pittorico nel quale sono descritte le Vite degli Antichissimi Pittori, Scultori,
Architetti, le loro Patrie, Scuole, e Tempi, ne’ quali fiorirono (parte prima)
Abecedario pittorico in cui sono descritti gli Antichi-Moderni ed i Viventi Professori di
Pittura e di Scultura, e d’Architettura, con le Patrie, le Scuole, e Tempi ne’ quali fiorirono
(parte seconda)
Abecedario pittorico in cui sono comprese cinque tavole (parte terza)
Abecedario de’ nomi, e de’ cognomi degl’Intagliatori in rame, & in legno, quali marcarono le
stampe loro co’ nomi, e cognomi seguenti, o con le lettere principali de’ medesimi.
Accanto alle descrizioni biografiche, l’opera contiene una miniera di informazioni utili non solo per
gli scolari, i pittori principianti o avanzati ma anche per gli altri artisti, i dilettanti, gli accademici
d’arte, i commercianti d’arte, i collezionisti, gli storici d’arte, gli architetti. Il corpo è completato da
varie sezioni, che danno all’abcedario il carattere enciclopedico. Pare che l’Orlandi, che diede il
nome ‘Abecedario’ alle quattro sezioni sopra menzionate, volle dare a ciascuna individuale parte
una stessa misura di rilevanza, forse per evidenziare ai potenziali lettori il carattere versatile e
multifunzionale della sua opera.
Il presente capitolo ha lo scopo di posizionare l’abcedario di Orlandi in un quadro più largo,
vale a dire in un quadro che include le opere enciclopediche del secondo capitolo, e le opere con
orientamento consimile che abbiamo trattato nel terzo capitolo sulle fonti di Orlandi, e cioè gli
scritti artistico-biografici, usciti precedentemente all’abcedario pittorico. Questa posizione potrebbe
essere stabilita in vari modi, nella nostra ricerca, focalizzata sulla struttura dell’opera, vorremmo
farlo, rispondendo alla domanda centrale di questa tesi
Quali sono gli elementi nuovi e tradizionali nella struttura dell’Abcedario Pittorico?
Si comincia il discorso con una breve esposizione sulla parte più estesa e fondamentale
dell’abcedario, vale a dire le descrizioni biografiche degli artisti. Di seguito, passeranno in
rassegna, individualmente, tutte le sezioni che insieme formano l’abcedario, e sarebbero:
-
La parte introduttiva
-
La parte prima
-
La parte seconda
-
La parte terza
Queste parti corrispondono con i quattro abcedari citati all’inizio di questo paragrafo (si veda
l’appendice SCHEMA DELL’ARCHITETTURA NELL’ABCEDARIO DEL 1704 su p.91). Di ogni parte,
sezione o elemento rilevante, sarà esaminata se, in forma paragonabile, fosse già presente nei lavori
precedenti e, se affermativo, in quale modo. In tale maniera, saremo in grado di pronunciarci sugli
elementi nuovi e tradizionali nella struttura dell’opera orlandiana, evidentemente in rapporto al
contenuto delle varie sezioni. In più, vogliamo stabilire i particolari gruppi di destinatari delle
individuali parti costitutive dell’abcedario.
La parte introduttiva sarà trattata solo brevemente, per il fatto che l’abbiamo
intensivamente discussa nel capitolo precedente. Riguardo alla parte prima e la parte seconda,
appariranno di particolare interesse l’ordnungsprinzip, e la distinzione tra antichità classica e tempo
moderno. La parte terza, che comprende le cinque tavole, forma la base per la ricerca focalizzata
sulle eventuali novità nel modo in cui l’Orlandi costituì l’indice analitico, la bibliografia artistica, la
bibliografia attinente all’architettura, la bibliografia varia, le tavole con i monogrammi.
È del resto importante tenere conto del fatto che il compositore dell’abcedario morì nel
1727 e che solo i volumi pubblicati anteriore a quest’anno, vale a dire le edizioni bolognesi, sono
completamente della sua mano. Per questo, è essenzialmente la prima edizione del 1704, e in
misura più modesta anche la seconda del 1719, su cui si è fondata la ricerca centrale di questa tesi.
Infatti, dopo il discorso sulle varie parti nell’abcedario del 1704, segue un paragrafo dedicato alle
differenze tra la struttura nella prima edizione e in quella successiva, e in cui continueremo la
ricerca sulle novità nelle sezioni per la prima volta inserite nell’edizione del 1719. Si finisce
l’argomentazione con un paragrafo sull’effetto, il successo e le critiche sull’abcedario, seguito
dalle conclusioni.
Per svolgere la ricerca, che vuole inquadrare l’abcedario in un panorama più esteso, è
essenziale coinvolgere le opere artistico-biografiche dei precursori di Orlandi. È solo in questo
contesto che potremmo stabilire le eventuali novità nella struttura dell’abcedario, tanto che senza
opere di referenza, non sarebbe possibile parlare di elementi nuovi o tradizionali. Per questo,
abbiamo studiato le prime edizioni originali delle seguenti opere, che citiamo in base alla data di
pubblicazione, in ordine cronologico:
-
Carel van Mander, Het Leven der Oude Antijcke Doorluchtige Schilders, Jacob de Meester,
Alkmaar, 1603
-
Carlo Ridolfi, Le maraviglie dell’arte, overo delle vite de’ pittori, Gio Battista Sgava, Venezia,
1648
-
Giovanni Baglione, Le vite de’ Pittori Scultori et Architetti, Manelfo Manelfi, Roma, 1649
-
Leonardo da Vinci, Trattato della Pittura, Giacomo Langlois, Parigi, 1651
-
Cornelis de Bie, Het Gulden Cabinet, Juliaen van Montfort, Anversa, 1661
-
Lodovico Vedriani, Raccolta de’ Pittori, Scultori et Architetti Modonesi più celebri, lo Soliani
Stampator Ducale, Modena, 1662
-
Rafaele Soprani, Le Vite de’ Pittori, Scoltori et Architetti Genovesi, Giuseppe Bottaro, Genova,
1674
-
Joachim von Sandrart, L’Academia Todesca della Architectura, Scultura & Pittura, JohannPhilipp Miltenberger, Nuremberga, 1675
-
Carlo Cesare Malvasia, La Felsina Pittrice, l’erede di Domenico Barbieri, Bologna, 1678
-
Filippo Baldinucci, Notizie de’ Professori del disegno, Santi Franchi, Firenze, 1681
-
Filippo Baldinucci, Cominciamento e Progresso dell’arte dell’Intagliare in rame, Piero Matini,
Firenze, 1686
-
Arnold Houbraken, De Groote Schouburgh der Nederlantsche Konstschilders en
Schilderessen, Amsterdam, 1718ii
In più, abbiamo consultato le versioni moderne delle opere del Vasari, il Borghini, lo Scaramuccia,
il Baruffaldi, il Félibienii. Queste opere sono tutte menzionate nell’Abcedario di Orlandi e formano
il nucleo principale della produzione letteraria artistica in generale, e della descrizione di vite
artistiche in particolare, nell’arco di tempo che per la nostra ricerca è rilevante. Questo periodo
inizia con le celebri Vite di Vasari nel 1550 ed ha termine con la pubblicazione della seconda
edizione dell’Abcedario Pittorico nel 1719.
Un’impressione generale delle descrizioni biografiche degli artisti
Le descrizioni delle vite nel corpo dell’abcedario sono brevi e concise, e le informazioni presentate
variano per artista. Orlandi mirava a tenere gli articoli di una lunghezza più o meno costante, per
evitare di mettere un particolare artista sul piedistallo. Questo trattamento paritario era considerato
molto importante, ne testimoniano i vari passaggi nelle lettere provenienti dalla corrispondenza tra
Orlandi ed il cavaliere fiorentino Marmiii. In risposta a una lettera composta dal Marmi, che
conteneva nuove informazioni su alcuni pittori, Orlandi scrisse ‘mi spiace solo che bisogna ridurle
[le notizie] al compendio come sono tutte le altre per seguire l’ordine del libro, né peccare di
parzialità per compiacere alla giustizia’ii.
In generale, la descrizione biografica comincia con il luogo e la data di nascita,
eventualmente seguiti dal nome del partner e degli altri parenti, che sono pure attivi nel campo
artistico. Di seguito, è specificata la branca dell’arte in cui è attivo l’artista, per continuare con la
scuola dove ha imparato il mestiere, o la persona di cui è stato scolaro. Dopo, sono menzionati i
luoghi ed i posti dove si dedica o si è dedicato all’esercizio artistico, e sono precisate le attività
principali dell’artista e il carattere delle sue opere d’arte. In questo punto sono anche nominati i
temi ricorrenti nelle opere del particolare artista. La descrizione finisce con un eventuale
riferimento ai figli che hanno anche un mestiere artistico, seguito dall’eventuale data e luogo di
morte, e il posto di sepoltura.
Evidentemente, non è in tutte le descrizioni biografiche che viene descritta l’intera
sequenza dei potenziali dati appena delineati. A volte, le informazioni presentate da Orlandi sono
frammentarie, mentre ad un limitato numero di artisti è dedicato più spazio, caso in cui la
descrizione biografica è più dettagliata. Tuttavia, la maggioranza degli articoli sugli individuali
artisti è di una lunghezza più o meno invariata. Innanzitutto, potremmo constatare che Orlandi
riuscì a realizzare il suo desiderio di trattare gli artisti in modo paritario, che è in linea con le
conclusioni nel terzo capitolo in cui abbiamo osservato che il frate, anche al livello del contenuto,
mirava di presentare le vite in modo armonioso e bilanciato.
Uno sguardo più ravvicinato all’architettura dell’Abcedario Pittorico
La parte introduttiva
La parte introduttiva comincia con un breve testo intitolato Illustrissimo e Reverendissimo Signore,
dedicato ad un corrispondente dell’Orlandiii, il vescovo di Arezzo, Giovan Matteo Marchetti, che
era un potente patrizio di Pistoia, e un collezionista e mecenate. Il testo, scritto in un linguaggio
pittorico, è una lode dedicata al vescovo, in cui si legge anche sui motivi dell’autore per comporre
l’opera. Come già accennato in un momento precedente, all’epoca, il fenomeno della dedica ad una
persona che nell’ambiente intellettuale o ecclesiastico godeva di grande prestigio, era molto attuale,
ed è da osservare in tutti i trattati selezionati.
Segue un sonetto, scritto da Orlandi, che è pure un’ode allo stesso dedicato. Poi, v’è un
brano intitolato L’autore al benigno Lettore in cui vengono spiegati tra l’altro il contenuto e la
struttura dell’abcedario. Il brano è seguito da sei sonetti, dedicati all’autore e scritti dai conoscenti
provenienti dal cerchio sociale del frate, tra cui Giampietro Zanotti, fondatore dell’Accademia
Clementina a Bologna, di cui Orlandi fu socio onorario e il pittore romano Arcangelo Renani. La
parte introduttiva finisce con un brano in latino che conduce all’imprimatur. In questo punto
comincia il corpo dell’abcedario, che Orlandi suddivise in tre parti.
La prima parte: l’abcedario degli artisti classici
La prima parte è riservata agli artisti dell’antichità classica, e comprende un abcedario che Orlandi
nominò Abcedario pittorico nel quale sono descritte le Vite degli Antichissimi Pittori, Scultori,
Architetti, le loro Patrie, Scuole, e Tempi, ne’ quali fiorirono. Questa sezione è relativamente corta,
a paragone dell’abcedario della seconda parte. Orlandi non era il primo a descrivere le vite degli
artisti antichi, come sarà evidenziato nel testo che segue.
La sezione che comprende le vite degli artisti antichi è completata da due tavole. La
prima tavola, che consiste di due pagine, è un elenco alfabetico con i nomi ed i meriti degli autori
classici che scrissero sull’arte nell’antichità, la seconda comprende i nomi di trentasei autori dei
tempi più moderni che dedicarono una parte della propria opera ai pittori antichi.
Per le informazioni storiche, questo sub-abecedario era particolarmente interessante per i
lettori con fascino per l’arte nell’Antichità classica, ad esempio gli artisti stessi, gli storici d’arte, gli
architetti.
La seconda parte: l’abcedario degli artisti moderni
La seconda parte, intitolata Abcedario pittorico in cui sono descritti gli Antichi-Moderni ed i
Viventi Professori di Pittura e di Scultura, e d’Architettura, con le Patrie, le Scuole, e Tempi, nei
quali fiorirono, è la parte più sostanziosa dell’opera, e prende tre quarti del corpo dell’abcedario. In
questa parte vengono descritte in modo conciso le vite di circa quattromila artisti, italiani e
forestieri. Va però osservato che la maggioranza degli artisti è di nazionalità italiana, anche se
l’angolatura scelta da Orlandi era di raggio europeo. La spiegazione si trova nel fatto che le fonti
principali per la composizione dell’abcedario erano i trattati cinque e seicenteschi scritti perlopiù
dai biografi italiani. Il fenomeno del descrivere vite di artisti, come osservato in molti luoghi nel
nostro discorso, non era nuovo del tutto.
La prima e la seconda parte dell’abcedario, secondo il titolo dell’opera, sono ordinate
alfabeticamente in base al nome dell’artista. Se prendiamo in considerazione i vocabolari e le
enciclopedie francesi del Seicento che abbiamo studiato prima, l’ordinamento alfabetico non appare
eccezionale. Invece, nella letteratura biografica artistica del Cinque e Seicento, si osserva la
predominanza dell’ordnungsprinzip della cronologia invece dell’alfabeto. Anzi, in nessun trattato
precedente abbiamo potuto ritrovare un ordinamento alfabetico nella parte che comprende le vite
degli artisti. Risulta dunque, che nelle opere artistico-biografiche, l’ordine alfabetico non era del
tutto ovvio, fu solo nel primo Settecento, tra l’altro con questa opera orlandiana, che diventava
sempre più attuale. Non sarebbe troppo energico affermare che l’Abcedario Pittorico di Orlandi fu
il primo lavoro artistico-biografico sotto forma di un dizionario, i nomi degli artisti funzionando da
voci, con una disposizione alfabetica. Fu questa stessa opera la prima nella storia a portare il titolo
Abcedario Pittorico.
Per quanto riguarda la divisione in parti, vale a dire la distinzione tra l’abcedario degli
artisti antichi e moderni, possiamo dare per certo che non era nuovo del tutto. Già il van Mander
divise il suo Het Leven der Oude Antijcke Doorluchtige Schilders del 1603 in tre parti, quella
dell’arte degli Antichi, degli Italiani e degli Olandesi. Anche il Ridolfi, nelle sue Maraviglie
dell’Arte del 1648, fece una distinzione tra i pittori antichi, cioè i Greci ed i Romani ed i pittori
moderni, come il Félibien nel suo Entretiens sur les vies et sur les ouvrages des plus excellents
peintres anciens et modernes (1666-1688), e Sandrart nella sua Academia Todesca della
Architectura, Scultura & Pittura del 1675.
Questo sub-abecedario, per il grande valore attuale, era di particolare rilevanza per tutti i
gruppi di potenziali lettori; gli artisti, i dilettanti, gli accademici d’arte, i commercianti d’arte, i
collezionisti, gli storici d’arte, gli architetti.
La terza parte: le cinque tavole
La prima tavola
La terza parte comprende cinque tavole, ognuno con il proprio titolo. La prima tavola è nominata
Tavola prima de’ Sopranomi, e de’ Cognomi connotanti i Nomi dei Professori del disegno, e forma
un indice analitico dei cognomi ed i soprannomi degli artisti inseriti nell’abcedario. È un
ordinamento interessante, considerando che nella prima e la seconda parte gli artisti sono ordinati
alfabeticamente per nome.
L’elenco contiene molte incongruenze, non solo di stampa. Si osserva tra l’altro che
l’ortografia dei nomi e dei cognomi degli artisti non è sempre conseguente. Ad esempio, nell’elenco
alfabetico, il cognome di Caterina è Taraboschi, mentre nell’abcedario c’è scritto Taraboti. In più, i
cognomi degli artisti sull’elenco alfabetico non sono sempre inseriti nel posto proprio, e in alcuni
posti manca una completa serie di cognomi di artisti che si trovano sì nell’abcedario. Così, notiamo
che la C finisce con il cognome Civetta, mentre nell’abcedario circolano ancora parecchi artisti con
un cognome iniziando con Co- o Cu-. Assenti sono anche tutti i cognomi tra Caliari e Cassieri, e
con ciò dunque il cognome di una delle pittrici che nell’abcedario di Orlandi conobbero la prima
descrizione biografica in forma stampata, Rosalba Carriera.
Anche se l’indice non era del tutto ottimale, il fatto che era presente, distingue l’abcedario
dalle enciclopedie francesi più autorevoli nel Seicento. In queste opere l’indice analitico era assente
o molto elementare. In questo quadro, l’indice nell’abcedario di Orlandi può essere considerato
pionieristico. È altrettanto vero che il genere dei dizionari e delle enciclopedie non si presti
facilmente all’inserimento di un indice analitico, considerando che questo tipo di opere contiene un
gran numero di lemmi, voci o articoli, che renderebbe ambiziosa ma anche superflua la
composizione di un indice. Superflua perché, in fondamento, il dizionario è un tipo di indice. Da
questo punto di vista, si potrebbe sostenere che il dizionario alfabetico non richiede un indice, visto
che i lemmi, comodamente ordinati in base all’alfabeto, sono facile da ritrovare.
Invece, nel panorama della letteratura artistico-biografica, l’introduzione dell’indice
analitico avviene relativamente presto, con Le Vite di Vasari (edizione Torrentiniana) pubblicate nel
1550. Il corpo di questa opera, che contiene le descrizioni biografiche degli artisti, è preceduto da
un indice analitico dei nomi, che è seguito da una Tavola de’ luoghi dove sono le opere descritte.
Anche il Riposo del Borghini che uscì nel 1584, contiene un indice analitico dei nomi degli artisti,
intitolato Tavola de nomi de’ pittori e degli scultori e d’altre persone che nell’opera si leggono. La
tavola è seguita da un’altra tavola, contenente un simile indice analitico, che è nominata Tavola
delle materie principali che in questi quattro ragionamenti contengono. Al contrario dell’indice
nell’Abcedario di Orlandi, che si trova in fondo dell’opera, nei lavori di Vasari e di Borghini, gli
indici sono posizionati all’inizio, dopo la pagina iniziale.
Insomma, in tutti i trattati da noi consultati, senza alcuna eccezione, sono da localizzare
degli indici analitici dei nomi degli artisti ben elaborati, posizionati ora all’inizio ora in fondo
dell’opera. Dunque, l’Orlandi non era certo il primo a includere un indice analitico dei nomi degli
artisti. Con il nostro sguardo moderno, è notevole osservare che la maggioranza degli indici è
costituita in base ai nomi, invece dei cognomi. La scelta per la lettera iniziale del nome, del
cognome o anche del soggetto non è sempre univoca. Per illustrare questo fatto, ricordiamo l’indice
del Sandrart, che è ovviamente costituito in base ai nomi. Tuttavia, di molti artisti è citato solo il
cognome, e lo stesso indice comprende anche una grande selezione di soggetti. Così sotto la L sono
inseriti i nomi di Leon Baptista Alberti, Lanfranco e l’argomento intitolato Leib des Menschen
vergleichet sich einem Tempel.
La seconda tavola
La seconda tavola comprende un ricco elenco bibliografico di Libri, che trattano de’ Pittori, de’
Scultori, e della Pittura, con l’anno, e paese, dove sono stampati, che elenca più di 150 titoli di
opere sull’arte di oltre 120 scrittori diversi. Questa bibliografia, contenente un gran numero di
riferimenti ad altri libri con orientamento artistico-biografico ma anche a opere di carattere teorico
ed a antichi trattati e manoscritti, fu costruita in modo assai adeguato ed è presentata in modo
pratico e comprensibile, paragonabile con le bibliografie che consociamo oggi. I libri sono ordinati
alfabeticamente per cognome dell’autore, e Orlandi ha cercato di inserire tutti i dati bibliografici
necessari come il titolo, l’anno e luogo di pubblicazione, il numero di volumi, il tipo di foglio. Di
alcune opere sono perfino precisati i nomi degli stampatori e i posti dove sono vendute, il che mette
in evidenza il valore pratico dell’abcedario. La bibliografia testimonia allo stesso tempo
dell’erudizione del compositore. Di ogni individuale trattato, Orlandi espone in modo molto
coscienzioso e conciso il contenuto, il che sembra provare che non solo conobbe ma anche lesse
gran parte dei libri citati nella bibliografia. Inoltre, non si limitò alla lettura di libri scritti nella
madrelingua, si faticò anche a ottenere e a tradurre opere di provenienza estera. Ne testimonia
l’elenco bibliografico che contiene riferimenti ai nomi e alle opere di autori come De Bie
(fiammingo), Van Mander (olandese), Félibien (francese), Sandrart (tedesco).
Questo sub-abecedario era interessante, in primo luogo per i lettori che si occuparono
dell’arte ad un livello teorico; gli studenti di pittura o altri artisti in cerca di documenti sui maestri
di pittura o sulle vite di colleghi-artisti, o di trattati sulle tecniche pittoriche o con altro valore
istruttivo, poi per i dilettanti, i professori del disegno, gli accademici d’arte, gli storici d’arte, ma
anche per i commercianti d’arte, i collezionisti che desideravano informarsi di più sull’arte, la storia
dell’arte, gli artisti e le loro vite.
Nella Letteratura artistica (1956) di Schlosser leggiamo che l’Orlandi non fu il primo a
inserire un elenco bibliografico storico dell’arte nel trattato. Lo Schlosser osserva che i «tentativi»
di bibliografie storiche dell’arte si avviano relativamente presto. La bibliografia composta da
Orlandi per L’Abcedario Pittorico, che lo storiografo tedesco definisce come ‘un opera molto
notevole per il tempo suo, e che può anche oggi rendere talvolta utili servizi’ii, prende posto solo
dopo quella di Possevino nel suo Tractatio de Poësie et Pictura ethica (1593) e Scaramuccia nel Le
finezze dei pennelli italiani (1674)ii.
Invece, la storica d’arte statunitense Kate T. Steinetz (1972), in un suo articolo, menziona
lo stesso Possevino come solo «precursor of art bibliography», implicando che la bibliografia del
gesuita, nella visione della scrittrice dell’articolo, non andrebbe classificata come adeguata
bibliografia artistica. Il suo ragionamento sembra essere valido, la Steinetz descrive che il Tractatio
conteneva solo riferimenti bibliografici che, per la loro incompletezza possono essere considerati
marginali. Invece, il francese Raphael Trichet du Fresne (1611-1651) è citato come compositore
della prima bibliografia artistica moderna. La bibliografia di du Fresne apparve come prologo alla
prima pubblicazione del Trattato di pittura di Leonardo da Vinci, che uscì a Parigi nel 1651ii. La
bibliografia, composta da du Fresne, era formata da una lista di trentasette titoli di opere sull’arte
pubblicate nel Quattro e Cinquecento e nella prima metà del Seicento. L’elenco, che non è
architettato né a ordine alfabetico né in modo cronologico, non sembra seguire le regole di nessuna
logica. È poi notevole che i titoli delle opere non sono messi in corsivo, il che appesantisce la
leggibilità dell’elenco. Ciò nondimeno, è evidente che la bibliografia fu composta con gran cura, du
Fresne cercò di descrivere brevemente il contenuto di ogni titolo, e di includere i vari dati
bibliografici, come il nome dell’autore, il luogo ed anno di pubblicazione, il numero di volumi ed il
tipo di foglio del particolare libro. Curiosa è l’osservazione dell’autore francese, che
apparentemente non provò tanta stima per la propria bibliografia. Sopra l’indice bibliografico
scrisse le parole ‘per non lasciar queste carte vote ed inutili, si è fatto il seguente indice de gli altri
libri che trattano la pittura e del disegno, comme ancora di quelli dove sono descritte le vite de’
pittori e le opere loro’.
Il Ridolfi, nelle sue Maraviglie dell’arte (1648), inserì un sintetico indice analitico degli
autori citati di due pagine, che si caratterizzava per la mancanza dei titoli delle opere degli autori
inclusi nell’indice, e che dunque non è nient’altro che già viene indicato dal suo nome. Perciò,
questa lista non andrebbe considerata come bibliografia storica dell’arte. L’indice analitico dei
pittori nella Felsina Pittrice (1678) del Malvasia, uno fra i pochi che sono costituiti in base ai
cognomi, racchiude un limitato numero di nomi di biografi italiani, come Bernardino Baldi, Marco
Boschini, e Carlo Ridolfi, ed i titoli degli scritti corrispondenti. La bibliografia in Le finezze de’
pennelli italiani (1684) di Scaramuccia è ben elaborata, e comprende una ventina di titoli che sono
ordinati cronologicamente in base alla data di pubblicazione. Il Baldinucci, nel suo Cominciamento
e progresso dell’arte dell’intagliare (1686), fece qualcosa di simile. Egli compose un indice
analitico delle Cose Notabili, cosa che è del resto da osservare in un gran numero dei trattati
selezionati, in cui figuravano anche i nomi di alcuni scrittori, ad esempio quello del biografo
fiammingo Cornelis de Bie. Tuttavia, come nel caso del Ridolfi, sono assenti i titoli dei lavori degli
autori che si trovano sull’indice. Lo Houbraken, nel De Groote Schouburgh der Nederlantsche
Konstschilders en Schilderessen (1718), inserì in alcuni luoghi nel testo un riferimento alla fonte,
ma non aggiunse un elenco bibliografico all’inizio o in fondo dell’opera.
In breve, in base ai nostri risultati possiamo solo parzialmente trovarci con lo Schlosser,
visto che siamo d’accordo con la Steinetz, che è di opinione che i riferimenti bibliografici del
Possevino non andrebbero classificati come bibliografia artistica. Invece, le bibliografie di du
Fresne e dello Scaramuccia ci sono sembrate molto adeguate, e meritano di essere considerate come
proprie bibliografie artistiche. Allora, constatiamo che, benché non avesse il debutto della prima
bibliografia artistica, era il nostro frate a comporre la prima bibliografia più estesa e raffinata del
tempo che era anche ordinata alfabeticamente.
La terza tavola
Nella terza tavola sono descritti i Libri, che trattano d’Architettura, e di Prospettiva, con l’anno, e
paese dove sono stampati. La struttura di questa bibliografia si assomiglia a quella nei libri sulla
scultura e la pittura, invece la quantità di titoli e autori è molto più bassa a paragone della
bibliografia precedente. Anche questo elenco contiene sia riferimenti alle opere di autori esteri sia
brevi descrizioni del contenuto delle opere citate. Questa tavola era utile in primo luogo per gli
architetti, e per gli altri interessati nell’architettura.
Per quanto riguarda gli scritti che abbiamo selezionato, si osserva che l’Abcedario
Pittorico è l’unico trattato artistico-biografico a comprendere un’estesa bibliografia attinente
all’architettura. Evidentemente, ciò non significa che questa bibliografia, composta da Orlandi,
fosse la prima nella sua sorta, in un quadro più largo, vale a dire in un quadro che include anche i
trattati sull’architettura scritti nei secoli antecedenti al Settecento che potrebbero contenere una tale
bibliografia. Per controllarlo, occorrono altre ricerche che cadrebbero fuori dal raggio d’azione di
questa tesi. Pertanto, in questo punto, finiamo con l’osservazione che, nel quadro degli scritti
inclusi nella nostra questa ricerca, Orlandi fu il primo e l’unico a includere una bibliografia
completamente focalizzata sull’architettura.
La quarta tavola
La quarta tavola è quella de’ Libri servibili, necesarij, & utili ai Pittori, e Scultori. È una sezione
bibliografica con informazioni pratiche per gli artisti, che è suddivisa in più categorie. Ogni
categoria contiene un certo numero di libri sullo stesso argomento, ciascuno brevemente presentato
da Orlandi, che servono gli artisti per il loro carattere descrittivo. Così, la categoria degli Abiti
diversi consiste di cinque libri che descrivono gli abiti appartenenti, per esempio, agli uomini, alle
donne, ai membri dei diversi ordini religiosi. Le informazioni in tutte le opere citate insegnano gli
artisti, ed i riferimenti bibliografici inseriti da Orlandi sembrano avere come primo scopo l’elevare
il livello della storicità nelle opere d’arte. Altre categorie sono tra l’altro l’anatomia, le favole e le
finzioni, il vecchio e il nuovo testamento. La quarta tavola finisce con un brano intitolato L’Autore
allo Studente di Pittura, in cui sono esaltate le tecniche dei grandi pittori, quali il Reni, il
Parmigianino e il Poussin, che secondo Orlandi dovrebbero servire da esempi.
Tale tavola non è da localizzare in nessun altro trattato, se non in un lavoro dello stesso
Orlandi, cioè nelle Notizie degli scrittori bolognesi (1714) che include una tavola intitolata Delle
materie, sopra le quali gli Scrittori Bolognesi, contenuti in queste Notizie, hanno stampato libri o
lasciati M.S. [manoscritti], che suddivide in un gran numero di categorie queste materie, che al loro
turno sono disposte in ordine alfabetico. In questo punto è opportuno aggiungere che il Sandrart,
nella sua Academia Todesca, inserì le informazioni a cui l’Orlandi fece solo riferimento. L’opera
del pittore e storiografo tedesco comprendeva una larga selezione di immagini di tutti gli argomenti
possibili; vediamo, ad esempio, raffigurate le diverse manifestazioni architettoniche dei vari stili
artistici classici e medievali, cioè lo stile classico, gotico, romano in tutte le forme e con tutte le
sottocategorie possibili, accompagnati da una descrizione e informazioni attinenti alle misure e la
corretta proporzione del corrispondente oggetto raffigurato. Vediamo anche raffigurati i modelli
delle figure mitologiche, e troviamo poi una sezione che tratti la prospettiva, e che comprende una
larga selezione di immagini delle figure geometriche. In base a queste informazioni non è
complicato trovare una spiegazione della differenza tra la dimensione dell’opera del Sandrart, che
era in folio e costituita da due volumi, e l’abcedario di Orlandi, che era un volume in quarto e che,
evidentemente, fu composto ad altri scopi.
Insomma, era il nostro frate a inserire per la prima volta una tavola bibliografica di
carattere vario a disposizione alfabetica e suddivisa in categorie, in un’opera artistico-biografica.
Come già accennato, questa tavola doveva in primo luogo servire il lettore desideroso di informarsi
di più sui diversi elementi nelle tematiche da raffigurare nelle opere d’arte; gli studenti di pittura e
gli altri artisti che miravano ad aumentare il livello della storicità nelle proprie opere d’arte.
La quinta tavola
L’ultima tavola è dedicata agli intagliatori, ed è introdotta da cinque tavole con i monogrammi,
seguiti dalle loro spiegazioni. Il Nagler (1860) spiega che queste cinque tavole sono state copiate da
quelle composte dallo scrittore francese Florent le Comteii, e che Orlandi modificò solo la
sistemazione dei segniii. Nelle bibliografie in entrambe le edizioni dell’Abcedario viene riferito al
libro dello scrittore francese.
Negli scritti dei biografi precedenti non abbiamo potuto individuare altre tavole con
monogrammi. Questa tavola con i monogrammi sembra essere stata utile in primo luogo per quelli
particolarmente interessati nella provenienza delle opere d’arte, forse anche per stabilire il valore
commerciale, e dunque per i commercianti ed i collezionisti d’arte.
Le tavole sono seguite da un elenco alfabetico con le iniziali degli intagliatori, con la
spiegazione. Si finisce con un ultimo abcedario, intitolato Abcedario de’ nomi, e de’ cognomi
degl’Intagliatori in rame, & in legno, quali marcarono le stampe loro co’nomi, e cognomi seguenti,
o con le lettere principali de’ medesimi. Questo abcedario è piuttosto un indice analitico di nomi,
invece di una sezione che descrive le vite degli intagliatori. Di alcuni artisti è inserita la data di
morte, ma mancano le descrizioni biografiche che sono presenti negli abecedari degli artisti antichi
e degli artisti moderni nel corpo dell’opera. Con questo indice finisce l’Abcedario Pittorico del
1704.
Quest’ultimo abcedario degli intagliatori non si lascia paragonare con il modo in cui
venne toccata questa categoria di artisti nei trattati dei biografi precedenti. Già il Vasari fece mostra
di un leggero interesse nell’arte dell’intagliare, e il Baglione dedicò un’intera sezione alle vite degli
intagliatori, anche esteri, quali i fiamminghi Cornelio Cort ed i fratelli Sadeler e l’olandese Henrico
Golzio. Pure il Sandrart ebbe riservato qualche spazio per una selezione di ‘Ein und Vierzig
Teutsche Kupferstechere’. Il Baldinucci compose un lavoro dedicato interamente all’arte
dell’intagliare, sull’origine ed i progressi di questo ambito dell’arte, arricchito con le descrizioni
biografiche di un gran numero di intagliatori, tra cui del pittore e intagliatore olandese ‘Reimbrond
van Rein’, che abbiamo analizzato nel terzo capitolo. Insomma, gli scritti di questi biografi
precedenti albergarono delle biografie di intagliatori ben elaborate, il che mette in ombra
l’abcedario degli intagliatori di Orlandi, che ha piuttosto forma di un indice analitico.
Le differenze tra l’architettura nella prima e la seconda edizione dell’Abcedario
In questo punto è opportuno rivolgere il nostro sguardo alle differenze tra l’Abcedario del 1704 e
quello del 1719, per quanto riguarda la struttura delle opere. Evidentemente, si potrebbe dedicare
un intero saggio alla discussione sulle differenze tra il contenuto degli abcedari. Per evitare una tale
discussione, che per il presente lavoro sarebbe troppo approfondita anche perchè richiederebbe altre
intensive ricerche, discuteremo soltanto ciò ci è sembrato rilevante per la nostra investigazione e
che entri nell’attuale discorso sulla struttura dell’abcedario.
Per quanto riguarda l’architettura, le differenze tra le due edizioni dell’abcedario sono
marginali e perlopiù poco significativi. Nell’edizione del 1719 mancano i sonetti dedicati all’autore.
Questo si potrebbe spiegare in base al contenuto, che riferisce con tanta chiarezza alla novità di una
prima edizione di un tale lavoro, che evidentemente è assente nelle edizioni successive. Invece,
l’edizione del 1719 finisce con un sonetto scritto da Orlandi, dedicato al collezionista ed amatore
d’arte parigino Pierre Crozat. Un tale sonetto è assente nell’edizione del 1704.
Di particolare interesse per l’attuale dibattito sulle eventuali novità nella struttura
dell’abcedario orlandiano, è l’integrazione di alcune sezioni metodiche nell’edizione del 1719. Le
nuove informazioni vennero inserite nella quarta tavola della terza parte dell’abcedario. Dopo il
brano che in questa edizione è intitolato L’Autore alla Gioventù in progresso del Disegno, seguono
due sezioni con valore istruttivo, che ora discuteremo separatamente. Anche queste aggiunte
saranno sottoposte alla ricerca che abbiamo svolto negli ultimi paragrafi, e vogliamo controllare se,
in forma paragonabile, erano già presenti nei lavori precedenti, e in quale modo.
La prima sezione ha il titolo Notizie varie alli Professori della Pittura, giovevoli e
neceßarie, ed è suddivisa in più parti relativamente brevi che trattano una particolare tecnica
artistica, o un elemento della tecnica. In tal modo, leggiamo i titoli Modo d’intagliare in rame
all’Acqua forte e Carte stampate a pulirle. Questa sezione include un paragrafo sulla creazione di
colori, che porta il titolo Colori per Pittori, e Miniatori a farli, e comporre. Il paragrafo comprende
le descrizioni metodiche per ottenere circa venticinque colori o coloriti diversi, e si conclude con
una succinta elencazione di libri su questo soggetto.
La seconda sezione è intitolata Istruzione per dipingere a fresco, secondo la pratica delli
Periti. Anche in questa sezione viene descritto un gran numero di tecniche, come l'Arriciare,
Granire, Disegnare, Preparare i colori, Sfumare e intenerire. In più, troviamo di nuovo una parte
che tratta il fare i colori. Il brano finisce con due brevi paragrafi, intitolati Colori contrarj alla
calce, e che non si poßono adoperare nelle pitture a fresco e Dipingere a secco. Sotto il testo si
trova una rappresentazione di una tavolozza e uno stendardo con l’iscrizione latina Experientia
complet. Entrambe le sezioni, per il loro carattere pratico, potevano servire i lettori che si
occuparono, al livello pratico, della pittura e l’arte del dipingere a fresco, e dunque gli artisti, forse
in primo luogo i principianti ma anche quelli avanzati.
È assai notevole che gran parte del testo nei paragrafi sia stata copiata per intero e di
lettera dal testo in Breve istruzione per dipingere a fresco del pittore Andrea Pozzo, che fu
stampato per la prima volta nel 1784, senza che Orlandi, nella tavola stessa, ne menzionasse il
riferimento bibliografico. Il lavoro del Pozzo sul dipingere a fresco, formava un’aggiunta al trattato
Perspectiva pictorum et architectorum, che venne pubblicato a Roma tra il 1693 e il 1702. Il
trattato venne sì menzionato nella bibliografia nelle edizioni dell’Abcedario sia del 1704 sia del
1719. Anche in una lettera al Marmi, il nostro autore comunicò di aver inserito nell’edizione del
1719 una sezione metodica basata sulle «pratiche del P. Pozzi».
Tali sezioni metodiche non si trovano in nessun altro trattato artistico-biografico
precedente. È vero che il libro dello Scaramuccia comprende due parti la cui architettura mostra
somiglianza con quella applicata nelle sezioni metodiche di Orlandi, ma queste, riguardo al
contenuto, differiscono talmente da Orlandi, che non possano essere considerate paragonabili. La
prima parte porta il nome Massime, o siano ricordi, l’altra si chiama Alcuni Precetti. Entrambi i
testi si lasciano definire “saggezze pittoriche”, che insegnano i Pittori, e che danno un’immagine
della condotta e delle maniere ideali del pittore, e della Pittura ideale. I titoli dei paragrafi sono
eloquenti, Per la Giouentù incaminante alla Pittura, Dell’ideale maniera, Contro l’Invidia così
dannosa trà Pittori. Qui va aggiunto che i cosiddetti precetti sono tratti dal Trattato di Pittura di
Leonardo da Vinci. È con le seguenti parole che vengono introdotti dallo Scaramuccia; Alcuni
Precetti, Tra i molti, che vengon dati da Leonardo da Vinci nel suo Libro del Trattato di Pittura
tratti ad verbum per quelli che desiderano più facilmente approfittarsi in questa dificilissima
Professioneii. Ambedue le parti furono costituite allo stesso modo delle sezioni di Orlandi, ma gli
argomenti sono di carattere generico, invece di metodico, e il contenuto dei paragrafi rimane
superficiale e prevedibile, cosi leggiamo nel paragrafo Del diffetto del Pittore – Grandissimo
diffetto è del Pittore ritrarre, ouero replicare li medesimi moti, e medisime pieghe di Panni in una
medesima Historia e far somigliare tutte le Teste l’una con l’altraii.
È altrettanto vero che nei circoli artistici circolarono almeno due opere con contenuto
assimilabile. La prima sarebbe Il libro dell’arte o Trattato della pittura di Cennino D’Andrea
Cennini, scritto nel 1437 e pubblicato per la prima volta nel 1821, la seconda il Vocabolario
Toscano dell’Arte del Disegno di Filippo Baldinucci, uscito per la prima volta nel 1681. È in
particolar modo il libro del Cennini che mostra un alto grado di somiglianza con il testo della tavola
quarta nell’Abcedario di Orlandi. Il trattato, che si concentra pienamente sulle tecniche pittoriche, si
suddivide in circa 180 piccoli capitoli, ciascuno con il proprio titolo, come El modo di saper
tenperar la penna per disengniare, Si come dei triare i colori ad olio, e adoperarli in muro e, più
specifico, In qual modo di colorire un uomo morto le capellature, e le barbe, e In che modo si
colorisce un’acqua o un fiume, con pesci o senza, in muro e in tavolaii. Il modo in cui gli autori si
rivolgono al lettore è praticamente identico, entrambi lo fanno in modo diretto, usando il ‘tu’, i
metodi vengono spiegati passo per passo, nel modo in cui oggi si sono cosi costituite le ricette per
cucinare. Invece, il Vocabolario Toscano dell’Arte del Disegno di Baldinucci, è piuttosto
descrittivo, anziché metodico, come indicato dal titolo. Ambedue i trattati sono del resto citati nella
bibliografia dell’Abcedario.
In breve, benché non fosse il primo a descrivere una grande varietà di metodi pittorici, era
l’Orlandi a includere per la prima volta delle sezioni metodiche ad uno scritto artistico-biografico,
che fuzionavano da insegnamento per i lettori pittori.
Ogni medaglia ha il suo rovescio: l’effetto, il successo e le critiche sull’Abcedario
Pittorico
Le edizioni dell’abcedario sono numerose. La prima e la seconda edizione furono entrambe
stampate da Costantino Pisarri a Bologna, rispettivamente nel 1704 e nel 1719. Di seguito uscirono
volumi a Napoli nel 1731, 1733 e 1763, a Firenze nel 1731, 1776 e 1788 ed a Venezia nel 1753ii.
Le numerose pubblicazioni dopo il 1727, l’anno di morte dell’autore, dimostrano il
grande successo che l’Orlandi ebbe con l’abcedario. Era sparso non solo in tutte le parti del Paese,
ma anche in altre zone europee, ad esempio in Francia e in Inghilterra. Nel 1730 uscì a Londra una
traduzione inglese della quinta tavola, intitolato Repertorium Sculptile-Typticum: or a complete
Collection and Explanation of the several Marks and Cyphers, by which the prints of the best
engravers are distinguished etc. Translated from the Abecedario pittorico of P.A. Orlandi. In una
nota del suo libro Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti subalterne (1788),
l’abate Angelo Comolli (ca.1765-1794) parla perfino di una traduzione tedesca, a cui riferisce il
conte Giacomo Carrara in una lettera al signore Bottari, composta nel 1764ii. La validità
dell’osservazione di Carrara rimane incerta, considerando che la letteratura artistica storiografica di
cui disponiamo oggi, tra cui lo Schlosser, non ne fa notizia. È ben possibile che la lingua straniera
abbia disorientato il conte, e che il compendio biografico-artistico tedesco che gli passò sotto gli
occhi fosse di un altro scrittore. Infatti, lo stesso Carrara finisce la lettera, confermando che non
intendeva il tedesco.
Le edizioni italiane, che uscirono dopo il decesso del frate, erano influenzate dalle
preferenze dell’editore e furono aggiornate e adattate alla vita culturale della città di pubblicazione.
In tal modo, l’edizione napoletana del 1733 era dedicata al cavaliere Francesco Solimena (16571747), che visse a Napoli e che fu anche celebrato pittore. La vita ed i meriti pittorici dello stesso
Solimena erano esposti ed esaltati nella parte introduttiva dell’abcedario, che conteneva anche una
selezione di lettere scritte da personaggi famosi indirizzati al dedicato. Inoltre, nel corpo
dell’abcedario furono inseriti molti artisti napoletani.
L’influsso dell’abcedario si rivela anche nella alta quantità di riferimenti all’opera e
l’autore, sia nella letteratura artistica contemporanea, sia nella corrispondenza tra gli intellettuali
che all’epoca era molto vivace. La fonte più rimarchevole che fa testimone di questa
corrispondenza, e che fa più luce sull’interdipendenza tra gli intellettuali, è purtroppo anche una
fonte alquanto colorata. Nella sua Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti
subalterne (1788), il Comolli cita i gentiluomini che fra di loro commentarono l’abcedario, quali
l’accademico clementino Pietro Guarienti, il Bottari, il Mariette, lo Zeno, il Ghezzi, il Gabburri, e
costituisce il discorso su un gran numero di citazioni poco favorevoli riguardo all’Abcedario,
provenienti da questo circolo di intellettuali. L’argomentazione e la scelta delle citazioni fanno
mostrare un’immagine talmente squilibrata, che è legittimo sostenere che il Comolli aveva la
tendenza ad esprimersi in modo pregiudizievole a costo dell’abcedario. Non vogliamo negare
completamente lo scritto dello storiografo, anche se questo andrebbe interpretato con qualche
cautela.
Il Comolli si fa sentire più volte in modo poco affermativo sull’inesattezza e l’inattualità
dei dati nell’opera orlandiana. Si vede spalleggiato dai vari gentiluomini, che si esprimono allo
stesso modo, e annota freddamente ‘trovo, che quasi tutti gli scrittori, che hanno fatt’uso di questo
catalogo del P. Orlandi, non sanno che legnarsi della somma inesattezza dell’autore, e di tutti gli
altri editori di quest’opera, e mons. Bottari, che forse più d’ogn’altro l’aveva sfogliato, non sapeva
darsi pace, e li pareva impossibile a credere che il P. Orlandi nel far quest’opera non ispogliasse
minutamente il Vasari’ii. Sono parole pesanti, tanto più considerando che, in un momento
successivo, il Comolli chiama in causa lo stesso Bottari, con un tono ben diverso e non senza un
senso di cinismo, chiamandolo ‘questo troppo decisivo amatore non solo sapeva, che l’Abcedario
erasi ristampato dall’Orlandi nel 1719, ma sembra altresì, che ignorasse, che ne fù fatta anche una
terza edizione in Firenze nel 1731’ii.
Di seguito viene citato il collezionista e storico d’arte francese Jean Pierre Mariette
(1694-1774), che scrisse ‘questo Frate scriveva in fretta, perciò nel suo libro è occorsa un’infinità
di sbaglj, che sarebbe meglio correggerli, che cercare, come si fa nelle ristampe, d’accrescer
questo libro di nuovi articoli, perché ne mancano tanti, che anche aggiuntovene un migliajo,
tuttavia sarebbe mancantissimo’. Anche un anonimo corrispondente francese del cavaliere
Gabburri scrisse dell’Abcedario ‘Questo è un libro utile, ma che è tanto pieno di sbaglj, che non se
ne può fare uso necessario, se non si hanno i libri originali, che egli cita‘ii. Del resto, l’Orlandi
stesso dimostrò di essere ben conscio della relativa e limitata attualità delle informazioni
nell’abcedario, dopo la pubblicazione, in una sua lettera indirizzata al cavaliere fiorentino Marmi,
scrisse ‘Questi sono libri che subito terminati sono imperfetti’ii. Invece, altre figure nei circoli
intellettuali si esprimarono con più sfumatura, come lo Zeno, che dell’Abcedario fece le seguenti
notizie
Tale fu l’applausa, con cui dal pubblico, e in inspecie da’ dilettanti della Pittura fu ricevuta l’opera
del P. Maestro Orlandi, che in pochissimi anni se ne spacciaron tutte le copie. Ma perché tuttavia
ricercato era quel libro, e per lo più indarnoii; s’`e finalmente risolto il dotto autore di farne una
seconda edizione [..] e lo stesso rendette quest’edizione viepiù pregevole col correggerla in più
luoghiii.
Il cavaliere fiorentino Gabburri comunicò al Mariette del desiderio di ristampare l’Abcedario, con
la richiesta di mandargli note sui pittori, scultori, architetti ed intagliatori in rame, che vissero in
Francia.
Insomma, nel mondo colto intellettuale italiano e francese del Settecento, le edizioni
dell’Abcedario formarono un popolare soggetto di corrispondenza. Nonostante il tono negativo che
il Comolli espone nella sua storiografia, è ovvio che all’epoca, l’Abcedario venne consultato e
studiato su larga scala, il che deve implicare che provvedeva alle esigenze di un particolare gruppo
di lettori. Ciò afferma anche Marina Magrini, autrice dell’articolo ‘Giunte all’abcedario pittorico di
P.A. Orlandi’ (1994), che apparve nel periodico Saggi e memorie di storia dell’arte.
L’argomentazione inizia con l’osservazione che ‘L’Abecedario di padre Pellegrino Antonio Orlandi
è sicuramente uno dei libri di argomento artistico più famosi e diffusi nel XVIII secolo’ii. La
Magrini dichiara che il ‘lavoro considerato certo utile, ma non contempo pieno di errori o di
omissioni’ii inclinava i gentiluomini a modificare, aggiornare e annotare il testo nelle copie
personali.
In tal modo, un gran numero di esemplari dell’abcedario venne intensamente postillato.
Nell’articolo, la Magrini pubblicò integralmente le note del conte bergamasco Giacomo Carrara, in
base ai documenti provenienti dall’«archivio Carrara» che si trova nella Biblioteca dell’Accademia
Carrara a Bergamo. Veniamo informati che sono oltre duecento voci che ‘l’attento e preciso
aristocratico deve aver pazientemente annotato con grande acutezza critica nel corso degli anni’ii.
Anche delle note del conte milanese Sebastiano Resta, oggi esiste un documento stampato
intitolato Le note di Sebastiano Resta ad un esemplare dell’Abecedario Pittorico di Pellegrino
Orlandi (1956), trascritto e annotato da Giorgio Nicodemi. Sono oltre quattrocento voci che il
Resta ha postillato, e che nell’edizione moderna sono seguite da una selezione di lettere scritte dal
conte. Anche il Nicodemi afferma l’influsso dell’abcedario sul pubblico e fa menzione delle
correzioni che i lettori apportarono negli esemplari personali; ‘molti di quanti l’ebbero per mano
sentirono il bisogno di correggere qualche dato, di aggiungere notizie di opere e di artisti che
l’Orlandi aveva dimenticato’ ii.
Infine, esistono poi numerose copie personali annotate da lettori anonimi, che sono
conservate negli archivi bibliotecari in Italia e all’estero.
Una struttura unica tra tradizione e innovazione
L’architettura nell’abcedario viene caratterizzata sia dagli elementi nuovi, sia dagli elementi
tradizionali. A confronto delle enciclopedie francesi del Seicento, la struttura nell’abcedario di
Orlandi può essere chiamata pionieristica. L’intensivo uso di tavole, la presenza di un indice
analitico di nomi, di trasparenti riferimenti alle fonti usate, di un’estesa bibliografia lo fanno
distinguere dalle opere francesi. Tuttavia, un essenziale parallelismo tra i due viene formato
dall’ordnungsprinzip dell’alfabeto, di cui abbiamo trattato lo svolgimento storico nel secondo
capitolo sull’abecedario in relazione all’Enciclopedismo.
Nel quadro più ristretto delle opere artistico-biografiche, possiamo constatare che
l’alfabeto come ordnungsprinzip è nuovo e dunque innovativo. Tuttavia, va aggiunto che l’Orlandi,
come un gran numero dei precursori, fece in contempo una netta divisione tra gli artisti antichi e gli
artisti del tempo moderno, che per questo potremmo considerare tradizionale, come l’uso di tavole
in generale e dell’indice analitico dei cognomi. Lo spazio riservato per le vite degli intagliatori in
rame è marginale, alcuni dei biografi precedenti le descrissero in modo più elaborato ed esteso.
Invece, l’abcedario pittorico è l’unico tra i titoli inclusi nella ricerca a comprendere una
bibliografia interamente dedicata all’architettura. In più, era il primo lavoro nella sua sorta a
contenere una sezione biografica, suddivisa in categorie, e contenendo i riferimenti ai libri che
avrebbero potuto elevare il livello della storicità nelle opere d’arte dei lettori.
Un
elemento dell’abcedario che potrebbe essere considerato innovativo per la sua
raffinatezza, anche se fu già inserito in alcuni trattati dei precursori, sarebbe la bibliografia artistica,
anche perché era la prima a disposizione alfabetica. Altri elementi o sezioni che in generale non
fossero nuovi ma che apparvero per la prima in uno scritto artistico-biografico, sarebbero le tavole
con i monogrammi e le loro spiegazioni, e le sezioni metodiche nell’abcedario del 1719.
Infine risulta che l’architettura, in particolar modo la combinazione delle sezioni
costitutive nell’abcedario orlandiano, tutte presentate in modo compatto e servendo i vari gruppi di
potenziali lettori, era unica nella sua sorta. Ciò potrebbe essere nominato considerevole,
considerando l’alta quantità, o se si vuole, la larga offerta di opere con orientamento paragonabile
che uscirono nei secoli XVI-XVII, e che conobbero una struttura meno originale e un contenuto più
convenzionale e meno versatile. Sembra manifesto che Orlandi abbia cercato, con successo, di
comporre un’opera con una struttura e con ciò anche con un contenuto, da un lato convenzionale,
dall’altro lato originale, risultando in un’opera unica tra tradizione e innovazione.
ii
In questa nota, colgo l’occasione per comunicare che era nella biblioteca della facoltà di Lettere,
appartenente all’università di Utrecht, che in una calma e simpatica atmosfera ho potuto consultare le prime
ed originali edizioni di questi titoli. Invece, durante il periodo del tirocinio a Firenze, era nell’Istituto Tedesco
che ho potuto dedicarmi alla lettura delle opere antiche.
ii
Sono rispettivamente le seguenti opere: Le Vite (1550 ed 1568), Il Riposo (1584), Le finezze de’ pennelli
italiani (1684), Vite de’ pittori e scultori ferraresi (1646-1648), Entretiens sur les vies et les ouvrages des
plus excellents peintres anciens et modernes (1666-1688).
ii
La corrispondenza, che riguardava il processo della stesura della seconda edizione dell’abcedario, ebbe
luogo tra il 1714 ed il 1719, e fu pubblicata per la prima volta da Campori nel 1866.
ii
La citazione è tratta da una lettera scritta il 13-IX-1714, pubblicata in G. Campori, Lettere Artistiche Inedite,
Modena, Soliani, 1866, pp.180-1.
ii
Il riferimento al vescovo di Arezzo ed a numerosi altri corrispondenti del frate è da trovare in L. Frati,
“Lettere autobiografiche di pittori al P. Pellegrino Antonio Orlandi” in Rivista d’Arte, No. 1-2, Anno V
Gennaio-Febbraio, Firenze, Editori, 1907, p.75.
ii
Cit. in Schlosser (1956: 485).
ii
Si veda Schlosser, id., p.4.
ii
Kate T. Steinetz, “Early Art Bibliographies. Who compiled the first Art Bibliography?” in The Burlington
Magazine, Volume 114, No. 837, dicembre 1972, pp. 828-37. JSTOR.
ii
Florent le Comte fu scrittore del Cabinet des singularités d’architecture, peinture, sculpture, et gravure,
Parigi, Picart e le Clerc, 1699-1700.
ii
Si veda: G.K. Nagler, Die Monogrammisten (continuato da A. Andersen, C. Claus), Volume I, Monaco,
Hirth, 1860, p.VI.
ii
Cit. in Luigi Scaramuccia, Le finezze de’ pennelli italiani (a.c.d. Guido Giubbini), Milano, Labor, 1684
ristampa anastatica 1965, p.211.
ii
id., p.213.
ii
Cit. in Cennino D’Andrea Cennini Da Colle di Val D’Elsa, Il libro dell’arte (a.c.d. Daniel V. Thompson),
New Haven, Yale, 1821 ristampa anastatica 1932, pp.ix-xxiii.
ii
Schlosser (1956: 508).
ii
Si veda A. Comolli, Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti subalterne, Volume II,
Milano, Labor, 1788 ristampa anastatica 1964, p.102.
ii
Cit. in Comolli 1788 (1964: 94).
ii
id., p.99.
ii
id., pp.101-2.
ii
Cit. in Campori (1866: 186).
ii
Indarno equivale invano.
ii
Cit. in Comolli 1788 (1964: 97-8).
ii
Cit. in Marina Magrini, “Giunte all’Abecedario Pittorico di P.A. Orlandi” in Saggi e memorie di storia
dell’arte. No.19, 1994, p.277.
ii
ibid.
ii
ibid.
ii
Cit. in Giorgio Nicodemi, “Le note di Sebastiano Resta ad un esemplare dell’Abecedario Pittorico di
Pellegrino Orlandi” in Studi in Memoria di Mons. Angelo Mercati, Milano, Giuffrè, 1956, p.266.
RIASSUNTO E CONCLUSIONI
In
questa tesi si è cercato di posizionare l’Abcedario Pittorico (1704) di Pellegrino Antonio
Orlandi nella sua complessità storico-letteraria, rispondendo alla domanda centrale in questa tesi
Quali sono gli elementi nuovi e tradizionali nella struttura dell’Abcedario Pittorico?
A tale scopo, che richiede un confronto tra l’abcedario orlandiano e altre opere con struttura od
orientamento consimile, è risultato utile focalizzare l’argomentazione, da un lato sulla figura di
Orlandi e il suo scritto, dall’altro sul quadro intorno al compositore e la sua opera, formato
dall’abecedario in generale, l’Enciclopedismo, e le opere artistico-biografiche anteriori al 1704. In
questo testo conclusivo vogliamo presentare un’immagine sintetica dei risultati ottenuti nelle
ricerche svolte negli individuali capitoli del corpo della tesi, per poi formulare una risposta alla
domanda sopraindicata.
Si è trovato che l’Orlandi, che trascorse gran parte della vita in un convento carmelitano,
poteva svilupparsi come uomo universale, grazie agli studi che svolse nelle diverse città italiane.
In più, il profondo interesse per l’arte in generale e per la pittura in particolare, dal frate descritto
come inclinazione naturale del proprio genio, lo spinse a educarsi anche ad un livello più profano.
Con quest’erudizione, il frate acquistò una reputazione di professore e scrittore di spicco, sia nel
mondo ecclesiastico sia nel mondo colto del primo Settecento. Inoltre, l’Orlandi ampliò i propri
orizzonti sociali, tramite l’appartenenza a due organizzazioni secolari di respiro internazionale,
legate all’arte e l’educazione artistica e alla letteratura scientifica e con rispettabili elenchi di soci.
Le alte posizioni che rivestiva in queste organizzazioni, lo misero nella possibilità di fondare
un’amplia rete di conoscenti e di farsi conoscere come valente uomo di cultura. È, appunto,
quest’ambiente sociale del quale l’Orlandi non avrebbe potuto fare a meno per la composizione
delle sue opere enciclopediche, che albergarono un gran numero di informazioni attuali e originali
che provenivano dai conoscenti nazionali ed internazionali.
Di seguito, con la mira di collocare l’abcedario pittorico in un panorama storico-letterario
più vasto, si è fatto un confronto tra esso ed i precursori, vale a dire gli abecedari originari. È
apparso che erano scritti teologici che dovevano propagare la propria mistica nella Spagna e
nell’Italia del Cinquecento, il secolo della riforma protestante e la Controriforma. Anche se
entrambi i lavori hanno un titolo che inizia con la parola ‘abecedario’ o ‘alfabeto’, l’uso
dell’alfabeto all’interno delle opere è in modo diverso e per motivi diversi. Così, le differenze si
sono mostrate assai più sostanziali delle somiglianze, ragione per cui si è concluso che l’abcedario
di Orlandi si assomiglia solo marginalmente agli abecedari originari.
Date queste circostanze, per trovare la categoria di opere che mostra più somiglianze con
l’abcedario pittorico in questo quadro storico-letterario più largo, si è rivolto lo sguardo alle opere
enciclopediche ossia all’Enciclopedismo. È risultato che questo tipo di opere ha in comune con il
nostro abcedario aspetti significativi come la diversità delle informazioni presentate e lo scopo di
organizzare e diffondere conoscenza. Poi, limitandoci ad un confronto tra l’abcedario di Orlandi e
le opere enciclopediche francesi del Cinque e Seicento, sono colpite altre analogie come la
presentazione alfabetica, che è diventata norma, e il carattere più profano del testo, anche se la
religione rivestiva una posizione prominente negli scritti enciclopedici. In questo punto si è
rivelato un altro importante parallelismo tra i due, che esisteva nella libertà da parte dei
compositori di influenzare o manipolare il contenuto del testo secondo i propri pareri e simpatie o
secondo le convenzioni letterarie che all’epoca erano in vigore. Questo fenomeno abbiamo messo
in rapporto alla teoria di Kilcher, che nell’aumentata popolarità dell’alfabeto come
ordnungsprinzip principale nelle opere enciclopediche a partire dal Seicento, ha segnalato una
secolarizzazione del sapere, che mise in moto la formazione letteraria dell’enciclopedia.
Dopo questa discussione sul quadro più largo, si è proseguito il discorso in un senso più
stretto, al livello dell’abcedario del nostro autore. Prima, abbiamo studiato la composizione, vale a
dire la stesura delle vite nell’opera. Si è mostrato che l’Orlandi, per le vite non-originali, fece
ricorso ai lavori biografici dei precursori, in molti casi anche adottando qualche vocabolo o il tono
presente nel documento originale, pur sempre moderando le parole di un esplicito o sottinteso
valore affermativo o contrario. Invece, per la composizione delle vite originali, il frate si servì
della sua rete sociale. Anche queste informazioni, provenienti dai conoscenti, vennero attenuate e
adattate al mirato tono imparziale del testo. Così, si è constatato che le vite nell’abcedario sono
descritte in modo relativamente armonioso ed equilibrato.
Successivamente, si è fatta un’analisi testuale di cinque brani, concentrata sullo stile e il
contenuto, in cui l’autore si pronuncia sul proprio lavoro e in cui si rivolge direttamente al lettore.
Al livello dello stile, è risultato che i brani sono ben provvisti dell’ornamento retorico, aspetto
caratteristico non solo dell’abcedario pittorico ma di tutta la categoria delle opere artisticobiografiche entro il quadro da noi studiato. Pertanto, è apparso opportuno coinvolgere anche gli
scritti dei predecessori. Così, si è stabilito il rapporto tra lo scritto orlandiano e le opere dei
precursori, già in base al solo aspetto dell’intertestualità. La funzione più profonda della retorica
era di impressionare il lettore, e di persuaderlo ad affidarsi all’abcedario che, oltre al resto, è
presentato come lavoro attuale ed attendibile, composto da uno scrittore dotto e ben informato. Di
seguito, abbiamo stabilito che l’abcedario doveva funzionare da manuale pratico e maneggiabile,
progettato per servire un largo e diversificato pubblico di lettori. Al livello del contenuto,
l’Orlandi cercò non solo di diffondere conoscenza varia ma anche di stimolare l’intelletto del
lettore.
Con ciò, si è arrivati ai risultati della ricerca centrale, in cui, di continuo, abbiamo cercato
di relazionare le varie parte costitutive dell’abcedario alle sezioni di consimile significato nelle
opere di referenza. Perciò, erano inclusi nell’analisi, non solo i lavori dei precursori, ma anche le
opere enciclopediche francesi, trattate ad un momento precedente. A paragone di quest’ultimi
lavori, la struttura nell’abcedario è risultata innovativa, per la presenza delle numerose tavole,
l’indice analitico, gli espliciti riferimenti alle fonti, l’estesa bibliografia. Invece, è apparso
tradizionale l’ordnungsprinzip dell’alfabeto, presente in tutte le opere enciclopediche. Lo stesso
principio, nel contesto più ristretto delle opere artistico-biografiche, si è mostrato alquanto
inconsueto e per questo innovativo. Sono poi risultate innovative le raffinate bibliografie, le
tavole con i monogrammi e le sezioni metodiche, inserite nell’edizione del 1719. All’opposto,
sono tradizionali l’uso di tavole in generale, e dell’indice analitico dei cognomi, come anche la
netta divisione tra gli artisti antichi e gli artisti del tempo moderno, che già apparve in un gran
numero di scritti di biografi precedenti.
Ebbene, l’architettura nell’abcedario comprende sia elementi nuovi sia elementi
tradizionali. È, innanzitutto, la combinazione delle sezioni che rendono la struttura nell’abcedario
unica nella sua sorta. Questo, in rapporto alla versatilità delle informazioni, danno all’abcedario la
forma intermedia tra manuale ed enciclopedia. Infine, possiamo concludere che abbiamo studiato
un lavoro che, pur mostrando un’intima connessione con le opere dei precursori, ha un carattere
alquanto originale, non solo per l’insolita architettura e la diversità e la compattezza del
contenuto, ma anche per lo stimolante tono dell’autore, e il formato pratico del tomo. È questa la
posizione che, in base alle nostre ricerche, prende nel proprio contesto storico-letterario.
Come accennato nell’introduzione, con questa tesi si è cercato di mettere in luce un’opera
solo discretamente trattata nella letteratura storiografica. In contempo, si è mirato a mostrare il
valore letterario non solo dell’abcedario pittorico, ma di tutta la categoria delle opere artisticobiografiche. Vorremmo finire con alcuni suggerimenti di ricerca, relativi all’Orlandi, su questioni
non menzionate, o solo brevemente, nel presente lavoro. Sarebbero l’influsso dell’abcedario sulle
opere artistico-biografiche pubblicate dopo il 1719, la rappresentazione di Bologna come città
culturale nell’opera orlandiana in generale, l’originalità delle vite nell’abcedario e la
presentazione degli artisti bolognesi, a confronto degli artisti internazionali o provenienti dalle
altre città italiane, come anche la presentazione delle artiste femmine, a confronto degli artisti
maschi. Dunque, chi studia le lettere ed apprezza le belle arti, può dedicarsi a quest’ambito di
studio riconoscente, che ha ancora da esplorare, e vivi felice.
APPENDICI
APPENDICE
OPERE STAMPATE E MANOSCRITTE DI ORLANDI
Quest’elenco è stato preso da: FANTUZZI, GIOVANNI, Notizie degli Scrittori bolognesi, Bologna, Forni,
1788-1789 ristampa 1965, Volumi V-VI, pp.191-7, Volumi VII-IX, pp.161-4
-
-
Abcedario Pittorico, nel quale sono descritte le Vite di quattro mila Professori di Pittura, di
Scoltura, e di Architettura, diviso in tre Parti, Bologna, 1704, 1719 e numerose edizioni
postume.
Errori da correggersi, ed Aggiunte da farsi all’Abcedario Pittorico. Manoscritto autografo.
Lettera scritta al Generale Conte Luigi Ferdinando Marsili intorno a’ varj Scrittori di
Pittura, e di Disegno, con una Nota o Catalogo de’ Libri, che trattano di quest’arte, e che
dal Padre Orlandi posseduti. Lettera scritta l’11-XI-1713.
I Signori Anziani Consoli, e Gonfalonieri di Giustizia della Città di Bologna dall’anno 1456.
fino all’anno 1530.
Abcedarium Inquisitorum, una cum Indice Alphabetico variarum Declarationum, ac
Decretorum Sac. Congr. super Immunitate Ecclesiastica ab anno 1587. usque ad annum
1700. Accedit brevis Notitia expensarum pro consequendis Dispensationibus
matrimonialibus. Manoscritto.
Series omnium Excellentiss. & Reverendiss. Sac. Theol. Doctorum Bononiæ, a Collegio
condito anno 1362. usque ad anum 1714. una cum eorum Dignitatibus, Prærogativis ecc.
Manoscritto.
Argumenta selecta in universum Philosophiam, ac Theologiam. Manoscritto.
Museum Calcographicum Virorum quavis facultate memorabilium, ex aere aa vivum
expressas repræsentans Imagines num. Manoscritto in più tomi.
Croniche della Chiesa, e del Convento di S. Martino Maggiore dei RR. PP. Carmelitani di
Bologna dall’anno 1217. sino all’anno 1713. Manoscritto.
Ragguaglio Istorico dell’antica Terra di S. Giovanni in Persiceto nel Contado di Bologna.
Manoscritto.
Raccolta delle Inserizioni e Memorie, che sono nella Chiesa, e nel primo Claustro di S.
Martino Maggiore di Bologna. Manoscritto.
Armologia di Bologna. Manoscritto in più tomi.
Notizie degli Scrittori Bolognesi, e dell’Opere loro Stampate e Manoscritte, raeccolte ecc.,
Bologna, 1714.
Lettera al Generale Conte Marsili, con la quale il Padre Orlandi gli manda alcuni Catalogi
di Pittori, Scultori, e Architetti Bolognesi, fatti alfabeticamente, cronologicamente, con la
scelta di quelli, i Ritratti de’ quali meritano essere collocati nell’Accademia Clementina.
Lettera scritta il 27-VIII-1716.
-
Origine e Progressi della Stampa, o sia dell’Arte Impressoria, e Notizie dell’Opere stampate
dall’Anno MCCCC.LVII. sino all’Anno M.D., Bologna, 1722.
Miscellanei Eruditi Tomi VI. Manoscritto.
Vite degli Uomini Illustri Bolognesi.
Un Tomo di Professori Illustri stati nell’Università di Bologna co’ loro Monumenti nella
stessa Università conservati.
Un Bollario Bolognese di Diplomi Pontificj, Imperatorj, e Regj a pro della Università, e
della Città tutta.
Una Biblioteca degli Scrittori de’ Padri Carmelitani della Congregazione di Mantova.
Un Tomo delle Notizie universali del Tempio e Convento di S. Martino.
Un Tomo delle Leggi antiche del Collegio de’ Teologi dell’Università di Bologna.
Due sonetti, uno in lode di Marchetti (inserito nell’Abcedario Pittorico del 1704), l’altro fu
inserito all’inizio delle Notizie degli Scrittori Bolognesi.
Catalogo Cronologico delle opere fino al 1723, composte da Orlandi.
APPENDICE
I TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI
Illustrissimo, e Reverendissimo SIGNORE.
Una giusta doglianza, che fa la virtù di tutti quelli, che professarono ne’ tempi passati
particolare inclinazione al disegno, perche vede perdersi a poco, a poco nell’obblìo, e
perchè si trova senza Protettore, che le mantenga di preferite il suo lustro nel Mondo:
Questa a mio giudizio è delle piu fiere disgrazie, che possa patire una Virtù decrepita,
dovere a dispetto di que’ Raggi di luce che la coronano, talvolta per necessità quasi affatta
morire nel cuore del tenebre. Tale comparisce di quando in quando il Sole, che assediato
da una gran massa di nubi, non si conosce per quello si crede, perchè non può risplendere
da quello che è. I libri, e le Tele, che fecero in qualche parte giustizia a que’ Virtuosi, non
hanno potuto farcela interamente compiuta, perchè molti dei’ primi sono stati logorati dal
tempo, e le seconde non manifestano tutte le loro singolari Prerogative. Io penso intanto
di fare un bel piacere alla Virtù dei que’ Soggetti, ogni qual volta siami risoluto di trarli
dal suo sepolcro, e metterli sotto l’Alto Padrocinio di V.S.Illustrissima , e Reverentissima.
Ella, che oltre le tante, ed ammirabili Doti, che fregiano l’Anima Nobilissima di Lei, ha
quest’ancora di far risplendere con Pompa nelle Gallerie le numerose raccolte di preziosi
disegno, e di pitture, e con maestà l’Architettura ne’ Seminarj eretti a Beneficio Pubblico,
gradirà di leggere su questo Libro la memoria de’ Professori piu famosi, e si compiacerà
mantenere anco a tempi nostri piu che mai vivo tutto il loro merito in faccia del Mondo.
Nel deposito riverentissimo, che fò di quest’opera mia (parto piu dell’amore che
dell’ingegno) a piedi di V.S. Illustrissima, e Reverentissima, chiedo licenza di farne
un’altro della persona mia infinitamente tenuta alla Impareggiabile Gentilezza di Lei, così
per la gran copia di grazie compartitemi in Arezzo, come per i Clementissimi favori
dispensatimi anco in Bologna. Degnisi, che ne la supplico col piu rispettoso sentimento
dell’animo continuare verso di me l’onore della stimatissima Protezione di Lei, mentre
profondamente inchinandomi protesto eternamente di essere
Di V.S. Illustrissima, e Reverentissima
Bologna 2. Settembre 1704.
Umilissimo Ossequosissimo Obbligatissimo Servidore
Fra Pellegrino Antonio Orlandi
L’Autore al benigno Lettore.
Il genio, che fino da fanciullo m’inclinava alla Pittura, sebbene distratto dalle scienze
speculative, cangiossi col tempo in ardentissimo amore verso la dilettazione del disegno:
Arise la Fortuna a miei voti col provvedermene gran copia, sicchè dalla lettura di quelli
ammaestrato a parlarne con franchezza, piu volte fui persuaso dagli Amici, e da’
Professori del disegno a dare in luce un breve compendio delle Vite de’ piu celebri. Mi
lasciai lusingare dal genio con isperanza di servirli, e scorgendo l’opere de’mediocri
applaudite dalli Scrittori, per meglio compiacerli feci animo ad intraprendere una
laboriosa fatica col descriverli tutti per Alfabetto, acciò ogn’uno rispettivamente godette
la lodo meritata. Bramavo inserirvi ancora i Viventi, ma con questi ho avuto un bel che
fare, mentre che nel cercare l’origini loro, alcuni sorpresi da troppa gelosia, o da troppa
modestia, o da altro fine segreto, non m’hanno favorito delle necessarie notizie per
compire al desìo, che nudrivo di rimostrari il mio rispetto, onde stanco di piu
importunarli con lettere, m’è stato d’uopo lasciarli a piu degno Scrittore, acciò col tempo
li trascriva. Troverai per tanto, o compito Lettore, in questo mio Abcedario non solo tutti
quelli che sono alle stampe, ma quei ancora, de’ quali o son consunte le memorie, o non
sono stati posti in luce, e gran parte de’ Viventi da me con esquisite diligenze ricercati
per lettere, o ricavati da manuscritti segnati con le lettere M.S., o notificatimi da Persone
degne di fede, Gli Autori, che ne parlano saranno registrati nel fine della vita d’ogn’uno
per facilitarti la via a cercarli in fonte, quando bramasti tutta la contezza dell’essere, e
dell’opere loro ; se qualcheduno non conordasse ne’ fogli citati co’ libri, che tu forsi
potessi avere, ti serva d’avviso, che molti degli Autori sono stati piu volte ristampati,
come potrai vedere nella Tavola Seconda della Terza Parte, alla quale mi riferisco.
Scoprirai in oltre certi termini, che sembrano fuori dell’uso moderno Cruscante; ma però
usitati, ed espressivi nell’Arte, come potrai vedere nel Vocabolario dell’Arte del disegno
di Filippo Baldinucci Accademico della Crusca, e moderno Scrittore delle Vite de’
Pittori.
Protestando, che i nomi di Fato, di Destino, di Deitadi, o degli Dei sono da me confessati
per favolosi, e non debbono togliere ne di vigore, ne di sostanza al ben credere Cristiano
: come parimenti il passaggio alla Gloria del Paradiso, nel fine della vita di tanti Pittori,
è da me piamente creduto ; siccome protesto, che se in quest’Opera troverai qualche
racconto, in cui s’esprima o santità di persone, o mircaloi, o cose simili, non devi
prestarvi altra fede, che quella, che esige l’autorità dell’Autore; e vivi felice.
PARTE SECONDA
Non ho mai preteso, o Benigno Lettore, di fare il sindacato alle discrepanze degli Autori,
ma bensì d’aquietarmi alle loro autorità, e tenerle per infallibili, col supposto che
ognuno abbi usata esattissima diligenza, nel darne alle stampe i fondamenti. Quindi e,
che avendo ritrovato varie discordie circa i Maestri, le Patrie, ed i tempi, ne’ quali
fiorirono i seguenti Professori, ho voluto citarli, acciocche t’appigli a quelli, che piu
t’aggradano. Se averai buon’occhio nel rimirare le opere dipinte, potrai conoscere dalla
maniera i loro Maestri, o qual Scuola professarono ; dal luogo, in cui nacquero,
morirono, o dipinsero, la loro Patria, o tempo, nel quale fiorirono. Qual Scuola poi
frequentassero, od in qual tempo operassero molti Professori, de’ quali non ne parlano
gli Autori, è stata mia laboriosa fatica il ricavarlo dalle opere, dalle conghiture de’
tempi, e da’ luoghi, ne’ quali lavorarono. Per questi debbo molto alli Buoni Amici, che
mi hanno prestata gran mano in diversi paesi a ricercarli, e che ne’congressi pittorici
hanno sciolte le piu importanti difficultà, per darmene franca contezza: leggi dunque con
sicurezza, e vivi felice.
P A R T E T E R Z A.
Dalle Tavole seguenti, (oltre la già descritta nel fine della prima parte,) potrai
comprendere, o Benigno Lettore, quanti libri è stato d’uopo che mi passino per le mani
nel darti esattissimo conto di tutto ciò, che può servire al genio Pittorico. Confesso aver
fatto ogni diligenza per vederli tutti in fonte: non hò dubbio, che altri libri spettanti al
disegeno, o alle vite de’ Pittori non possino essere alle stampe in Oltramontani Paesi, ma
non si può arrivare per tutto. Accetta frattanto, con animo cortese, la copiosa serie de’
descritti, che non sono pochi; e perchè questi sono tutti presso di me, sarai sempre
padrone prevalertene in ogni occorrenza, e vivi felice.
L’Autore allo Studente di Pittura.
Tutti i buoni disegni, che potrai raccogliere t’ajuteranno ad imparare, o conoscere la
diversità de’ caratteri de’ Maestri. I rilievi, alti, e bassi, rilievi ti serviranno in mancanza
del vero. I libri di pittura, e vite de’ Pittori saranno buoni per imparare le regole di
dipingere, o per discorrere con fondamento de’ costumi, e dell’opere loro. Le stampe per
apprendere da ciascheduna qualche rarità singolare, come sarebbe a dire, dalle Cupole del
Correggio, del Lanfranchi, e del Cortona, in disotto in sù. Dalla caduta de’ giganti di
Guido Reni, dal Diluvio del Pontormo, dal giudizio universale del Buonarotti, il nudo.
Dal Tortebat, dal Vesalio, e dal Bidloo, l’anatomia. Dal Correggio, da Guido Reni, e dal
Barocci, la dolcezza de sembianti, le bocche ridenti, e girar di teste. Da Raffaello,
dall’Ab. Primaticcio, dal Parmigianino, e da Niccolò Poussin, la grazia, la sueltezza, & il
contorno. da Carracci, e da Tiziano, il grande, il forte, il componimento, l’espressione, &
movimenti dell’animo. dal Tentoretto, e dal Paolo Veronese, l’invenzione, e vasto modo
d’istoriare. da Gasparo Poussin, da Agostino Carracci, da Paolo Brilli, e da Claudio
Lorenese, il paesare, il ritrovare i siti, e battere le frasche. Dal Domenichino, le vere
espressioni, e movimenti degli affetti. Dal Stradano, dal Tempesta, dal Bassano, dal
Castiglione, e dal Borgognone, gli animali, e le battaglie. Dal Lanfranchi, il modo facile
di comporre, e la facilità delle pieghe. Da Andrea del Sarto, le belle idee, ed I portamenti
degli abiti. Da Salvator Rosa, dal Callot, e da Stefanino della Bella, i capricci. Da
Polidoro, da Maturino, e da Giulio Romano, l’antico. Dal Tiarini, i forci. Dal Guercino,
la gran macchia. Dal Pesarese, la leggiadrìa, & aggiustatezza delle estremità. Dal
Canuti, la feracità, e la fecondità. Dal Vaquer, i fiori. Da Monsù Lebrun, i diversi
carateri delle passioni. Per l’universalità poi di tutte le cose, che dovrai inventare in
pittura, o scultura, vedi le copiose stampe di Monsù le Potre, e tant’altre, che per brevità
tralascio : Ma meglio d’ogni cosa sarà sempre il servirti del vero, quale dovrà esserti di
continuo avanti gli occhi, come esemplare, originale, e sicuro Maestro, osservando che
non tutti i modelli sono buoni, ma quelli solo, che sono proporzionatamente disposti dalla
natura, per i quali t’auguro un occhio di Lince per penetrare quella naturalezza maggiore,
che sia possibile per erudire con fondamento l’opere tue, alle quali sospiro dal Cielo
buona fortuna, e vivi felice.
NEDERLANDSE SAMENVATTING
In deze scriptie staat het schildershandboek l’Abcedario Pittoricoii (1704) van Pellegrino Antonio
Orlandi (1660-1727) centraal. Het betreft een boekwerk waarin circa 4000 levensbeschrijvingen
van Italiaanse en internationale kunstenaars zijn opgenomen en dat daarnaast ook een veelheid
aan andere informatie op het gebied van de [schilder]kunst bevat. In de historiografische literatuur
wordt er slechts in beperkte mate aan dit werk gerefereerd, terwijl het destijds toch een veelvuldig
gepubliceerd en geraadpleegd handboek was, dat een grote hoeveelheid nieuwe en actuele
informatie bevatte. Ook naar het leven van de auteur is weinig onderzoek gedaan, waardoor er
slechts globale biografische gegevens van hem bekend zijn. In deze scriptie is dan ook getracht
om zowel het werk als zijn auteur uit de vergetelheid te halen en deze opnieuw in de
schijnwerpers te plaatsen. Doelstelling van het betoog is de plaatsing van het Abc in een bredere
historische context. Het onderzoek kent de volgende centrale probleemstelling
Wat zijn de vernieuwende en traditionele elementen in de structuur van het Abcedario
Pittorico?
Deze hoofdvraag vereist een argumentatie waarin de structuur van Abc vergeleken wordt met de
opbouw in andere soortgelijke werken. Daarom richt het betoog zich zowel op Orlandi en zijn
Abc als op het literair-historische kader waarin dit werk is ontstaan. Dit kader wordt gevormd
door het Abecedario als genre, het Encyclopedisme en de categorie boeken die, net als het Abc
van Orlandi, beschrijvingen van schilderslevens bevat. In deze samenvatting worden eerst de
hoofdlijnen uit de afzonderlijke hoofdstukken besproken, waarna er een antwoord op de
hoofdvraag zal worden geformuleerd.
Orlandi bracht een groot deel van zijn leven door als monnik in een karmelietenklooster
in de buurt van Bologna. Tegelijkertijd wist hij zich, door de verschillende opleidingen die hij
volgde in diverse Italiaanse steden, te ontwikkelen tot een geleerd man. Bovendien zette zijn
voorliefde voor de schilderkunst hem ertoe aan zich ook op dit vlak uitgebreid te scholen. Dankzij
zijn veelzijdige kennis genoot hij aanzien, zowel binnen de kerkelijke kring, als in het profane
intellectuele milieu. Hij bracht het niet alleen tot prior in het klooster, maar wist ook binnen twee
belangrijke culturele instellingen een vooraanstaande positie te verwerven. Deze positie stelde
hem in staat een breed sociaal netwerk te creëren, dat essentieel was voor het samenstellen van de
encyclopedische werken die hij zou gaan schrijven. Zijn nationale en internationale contacten
voorzagen hem van nieuwe en originele informatie, die hij verwerkte in zijn boeken, waardoor
deze een aanzienlijke nieuwswaarde kenden.
Wanneer er terug wordt gegaan naar de voorlopers van het Abcedario Pittorico, ofwel de
oervorm van het Abc, blijkt dat dit type werk met name populair was gedurende de 16e eeuw in
Spanje en Italië. Deze eeuw wordt gekenmerkt door een grote religieuze instabiliteit, die
samenhangt met de Reformatie en de hierop volgende Contrareformatie. Het Abc werd door
vertegenwoordigers van diverse religieuze orden gezien als middel om de eigen mystiek te
propageren. De overeenkomst tussen Orlandi’s Abc en deze theologische werken (de Abecedari),
beperkt zich tot het woord ‘Abcedario’ in de titel en het gebruik van het alfabet ín het werk. Uit
het onderzoek in het tweede hoofdstuk van deze scriptie is echter gebleken dat de wijze waarop
het alfabet in beide werken terugkeert en de grond waarop dit gebeurt wezenlijk van elkaar
verschilt. Hierdoor kan er nauwelijks worden gesproken van een relatie tussen het Abc van
Orlandi en de oorspronkelijke Abecedari.
Een genre dat in deze bredere historische context meer overeenkomsten met het
Abcedario Pittorico vertoont, is het Encyclopedisme. Het fundamentele doel uiteenlopende kennis
te ordenen en te verspreiden, vormt een belangrijke gemeenschappelijke factor in beide type
werken. Bovendien vertonen de Franse encyclopedieën en woordenboeken uit de 16e en 17e eeuw,
die hier als referentiekader dienen, ook andere substantiële gelijkenissen, zoals de alfabetische
rangschikking van de lemmata in het corpus van de werken en het meer wereldlijke karakter van
de tekst. Toch speelt het geloof ook in deze encyclopedische werken een belangrijke rol. Net als
Orlandi, genoten de schrijvers van dit type boeken de vrijheid de tekst naar eigen hand te zetten
en te manipuleren, al naargelang de eigen voorkeuren of de geldende conventies. Met name in de
uitleg van de trefwoorden die betrekking hadden op religie, schuwden de makers van de
encyclopedieën niet hun eigen geloofsopvattingen te profileren. Ook Orlandi zette de tekst in zijn
Abc naar eigen hand, al deed hij dit op een andere manier en met een ander doel.
Het onderzoek dat direct betrekking heeft op het Abcedario, richt zich op de compositie
van het werk. Het begrip ‘compositie’ slaat in deze context zowel op de totstandkoming, ofwel de
redactie, als op de structuur van het Abc. Het is gebleken dat Orlandi, voor het beschrijven van de
levens die al eerder door andere biografen beschreven waren, een beroep deed op de werken van
zijn voorgangers. Hij nam in veel gevallen een groot deel van hun tekst over en daarmee vaak ook
de toon, maar hij zorgde er wel voor dat hij zich minder uitgesproken uitliet over de kunstenaars
en hun kunstwerken dan zijn voorgangers. Hij koos er bewust voor de toonzetting in het originele
document af te zwakken om zo de vele levensbeschrijvingen in zijn werk met elkaar in evenwicht
te brengen, waarin hij aardig geslaagd is. Zoals eerder aangegeven, voegde Orlandi ook veel
nieuwe levensbeschrijvingen toe van kunstenaars die leefden in zijn eigen tijd. De benodigde
biografische gegevens voor deze originele levens werden hem op verschillende wijzen
aangeleverd, waarbij zijn netwerk hem grote diensten bewees. In sommige gevallen stuurden
kunstenaars een zelfgeschreven brief over hun eigen levensloop, in andere gevallen verwierf hij
deze kennis via brieven van kunstkenners of verwanten van kunstenaars. Ook de informatie die
hij op deze manier wist te vergaren paste hij aan, om de beoogde objectiviteit in de
levensbeschrijvingen te verkrijgen.
Het Abc bevat een aantal teksten waarin Orlandi zich direct tot de lezer richt. Uit deze
teksten blijkt dat het Abc moest dienen als compact en makkelijk te raadplegen handboek. Hij
wilde zijn lezers niet alleen voorzien van allerhande informatie, maar trachtte hen ook aan te
sporen tot het zelf vergaren van kennis over kunst. Tegelijk wordt duidelijk dat hij een breed
publiek voor ogen had en een grote lezersgroep wilde bereiken. Om dit te verwezenlijken
probeerde hij in het voorwoord de lezer ervan te overtuigen zijn werk ook daadwerkelijk als
handboek in gebruik te nemen. Om zijn woorden kracht bij te zetten, maakte hij gebruik van
retorische stijlmiddelen. Opvallend is dat veel van Orlandi’s collega’s nagenoeg exact dezelfde
constructies of formules in hun teksten gebruikten, waaruit eens te meer blijkt dat hij de werken
van zijn voorgangers goed bestudeerd had. Tegelijk toont het aan dat Orlandi gevoelig was voor
de toen geldende literaire conventies, waardoor niet alleen het Abcedario Pittorico, maar ook de
andere werken in deze categorie, belangrijke representanten zijn van de tijd waarin ze zijn
ontstaan.
Het kernonderzoek in de scriptie heeft aangetoond dat de structuur in het handboek zowel
nieuwe als traditionele elementen in zich bergt. In vergelijking met de Franse encyclopedieën kan
de structuur van het Abcedario als vernieuwend worden beschouwd door de aanwezigheid van
een groot aantal tabellen, de alfabetische index, de expliciete bronverwijzingen in het corpus en
de uitgebreide bibliografieën achterin het werk. Daarentegen kan in dezelfde context de
alfabetische presentatie als traditioneel worden aangemerkt, omdat alle Franse encyclopedieën een
zelfde ordeningsprincipe kennen. Wanneer het Abcedario echter wordt vergeleken met zijn
voorgangers, ofwel andere werken waarin levens van kunstenaars beschreven zijn, dan leidt dit tot
heel andere resultaten. In deze context blijkt het gebruik van tabellen, de alfabetische index en de
scheiding tussen de klassieke en moderne kunstenaars eerder als traditioneel te kunnen worden
aangemerkt. De alfabetische ordening van de namen van de kunstenaars is in dit verband juist
vernieuwend, evenals het geraffineerde, bijna moderne karakter van de bibliografieën, de tabellen
met de monogrammen en de secties met de schildertechnieken.
De samenhang van deze nieuwe en traditionele elementen maakt de structuur in het
Abcedario uniek. Deze opbouw, in combinatie met de veelzijdigheid van de gepresenteerde
informatie, maakt dat het werk een tussenvorm is van een encyclopedie en een handboek, dat zich
ondanks alle overeenkomsten onderscheidt van zijn voorgangers door deze ongebruikelijke
structuur, de compacte weergave en de veelzijdigheid van de inhoud, de stimulerende toon van de
auteur en zijn praktische formaat. Hiermee is de hoofdvraag beantwoord. Belangrijker is
misschien wel, dat tevens is aangetoond dat het Abcedario van Orlandi een bijzonder werk is, dat
waard is bestudeerd te worden, e vivi feliceii.
ii
Abcedario Pittorico kan in het Nederlands vertaald worden met ‘Schildersabc’. In de tekst wordt het Abcedario van
Orlandi aangeduid met de termen Abc, Abcedario of abcedario. Wanneer er echter wordt gesproken van Abecedari of
abecedario, dan heeft dit betrekking op het abecedario als genre in algemene zin.
ii
Deze slotformule, die Orlandi in een aantal teksten in het Abc gebruikt, kan in het Nederlands vertaald worden met
‘en je leeft gelukkig.’
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