Tra Tradizione e Innovazione
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Tra Tradizione e Innovazione
Tra Tradizione e Innovazione Sulla vita e le attività culturali di Pellegrino Antonio Orlandi (1660-1727) e la composizione dell’Abcedario Pittorico (1704) Giugno 2007 Doctoraalscriptie Romaanse Talen en Culturen - Italiaans [vakcode LRI99B15] Tesi di laurea di Erica Plantenga - s1022032 [[email protected]] Università Statale di Groningen [RuG] – Facoltà di Lettere Lingue e Culture Romanze [Italiano] Relatore: Prof.dr.P.G. Bossier [RuG] Correlatore: Dr.GJ. Van der Sman [Istituto Universitario Olandese di Storia dell’Arte –Firenze] TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE Sulla vita e le attività culturali di Pellegrino Antonio Orlandi (1660-1727) e la composizione dell’Abcedario Pittorico (1704) PAROLA DI RINGRAZIAMENTO Non è in modo qualsiasi che si costituì il fondamento per questa tesi di laurea. Fu durante il tirocinio, che svolsi nella biblioteca dell’Istituto Universitario Olandese di Storia dell’Arte a Firenze [www.iuoart.org] ossia uno stimolante mondo di intenditori d’arte, che nacque l’idea di scrivere su questo particolare argomento di ricerca. Dopo una consultazione con il supervisore dello stage, Gert Jan van der Sman, decisi di tuffarmi nella materia e di tirare fuori ciò che stava ancora dentro il libro antico appena acquistato dall’Istituto; L’Abcedario Pittorico di Pellegrino Antonio Orlandi. Senza l’intenzione di sovrabbondare, vorrei almeno dar notizia del fatto che, dopo un periodo di una relativa calma riguardo agli studi, fu nella gradevole atmosfera accademica dell’Istituto Olandese che ritrovai anche la motivazione e l’ispirazione di compierli in modo adeguato. Vorrei richiamare alla mente la signorina Geertje Jacobs, che con tanto entusiasmo e dedicazione si concentrava sulla composizione della proposta per la tesi di dottorato, e la dottoranda Bouk Wierda, che quasi ogni giorno, di sera ritornava dall’archivio dove aveva con tanta attenzione curiosato tra i manoscritti, sempre piena di storie affascinanti e anche lei facendo mostra di un entusiasmo davvero contagioso. In più, ricordo il simpatico signor Waldemar de Boer, già avendo compiuto la tesi di dottorato, che era sempre disposto a dare una mano ed a condividere le sue esperienze attinenti alla ricerca che aveva svolto. E in questo modo potrei continuare a lungo. Grazie a quest’interazione con gli altri accademici, tutti spinti da ambizione, capii in quale modo volevo organizzare ed eseguire il proprio progetto. Così, mi fu chiaro che per un’efficace ricerca occorre ritornare alla fonte primaria, se sia un affresco, un disegno, un manoscritto, una lettera o un libro. Inoltre, imparai che non è solo di pregio ma anche imperativo costruire una propria visione sul materiale, che durante la ricerca si è raccolto. Infine, mi realizzai che, da scrittore della propria tesi di laurea, si è autorizzati a esprimere liberamente, ma con fondamento, il proprio punto di vista o la propria interpretazione sui risultati ottenuti ed a trasferirli ad un modo che pare giusto. È questo che ho cercato di effettuare nel presente lavoro. SOMMARIO AL BENIGNO LETTORE I LA FIGURA DI ORLANDI E LA FONDAZIONE DELLA RETE SOCIALE Una breve biografia Creare e mantenere i contatti: le attività letterarie e culturali di Orlandi L’Accademia Clementina La Società Albrizziana L’Orlandi come precursore dell’era dell’informatica II IL GENERE DELL’ABECEDARIO: LA FORMA ORIGINALE E LA RELAZIONE CON L’ENCICLOPEDISMO Le nozioni di abecedario ed enciclopedico L’abcedario nel Cinquecento Il valore metafisico-teologico dell’alfabeto negli abecedari originari Il genere enciclopedico nella fase iniziale Il Seicento: la trasformazione della «Versprachligung des Wissens» La nozione dell’Enciclopedismo L’Enciclopedismo nel Sei e Settecento Uno studio più profondo di cinque dizionari francesi dei secoli XVI e XVII L’alfabeto come norma e la formazione letteraria dell’enciclopedia in pieno ritmo III LE FONTI USATE PER LA COMPOSIZIONE DELL’ABCEDARIO PITTORICO Un’osservazione precedente al discorso che segue: sull’uso delle fonti in generale Introduzione al panorama storiografico sulla letteratura artistico-biografica Il Quattro ed il Cinquecento: la supremazia dei biografi fiorentini Il Sei e il Settecento: le contribuzioni provengono da tutte le parti dell’Italia Roma Venezia, Milano, Bologna, Ferrara per ritornare a Firenze Gli scrittori oltremontani L’indicazione delle fonti nell’Abcedario Pittorico La vita di Rembrandt del Reno La vita di Isabella Parasole La vita di Isabella Discalzi La corrispondenza delle lettere indirizzate a Orlandi 7 10 11 12 13 15 16 18 19 20 21 22 23 24 25 28 31 32 34 36 38 40 41 42 43 44 45 La lettera di Antonio Balestra La lettera di Alessandro Mari La corrispondenza delle lettere composte da Orlandi Il frutto della rete sociale L’Orlandi redattore e l’ambizione di una contentezza reciproca 46 48 51 IV LO STILE E IL CONTENUTO IN CINQUE BRANI PARTICOLARI DELL’ABCEDARIO Dov’entra in scena la retorica Tra realtà e poetica e il «problema dell’attendibilità» La dedica L’autore al lettore L’introduzione all’abcedario degli artisti moderni L’introduzione alle cinque tavole nella parte finale dell’abcedario L’arte di persuadere V L’ARCHITETTURA NELL’ABCEDARIO Un’impressione generale delle descrizioni biografiche degli artisti Uno sguardo più ravvicinato all’architettura dell’Abcedario Pittorico La parte introduttiva La prima parte: l’abcedario degli artisti classici La seconda parte: l’abcedario degli artisti moderni La terza parte: le cinque tavole La prima tavola La seconda tavola La terza tavola La quarta tavola La quinta tavola Le differenze tra l’architettura nella prima e la seconda edizione dell’Abcedario Ogni medaglia ha il suo rovescio: l’effetto, il successo e le critiche sull’Abcedario Pittorico Una struttura unica tra tradizione e innovazione RIASSUNTO E CONCLUSIONI APPENDICE: OPERE STAMPATE E MANOSCRITTE DI ORLANDI APPENDICE: I TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI APPENDICE: SCHEMA DELL’ARCHITETTURA NELL’ABCEDARIO DEL 1704 APPENDICE: NEDERLANDSE SAMENVATTING [RIASSUNTO IN OLANDESE] BIBLIOGRAFIA – LETTERATURA PRIMA DEL 1800 BIBLIOGRAFIA – LETTERATURA DOPO IL 1800 SITOGRAFIA 55 56 58 59 61 62 63 65 67 68 69 70 71 73 74 75 77 80 82 86 88 91 92 97 98 100 AL BENIGNO LETTORE Una giusta doglianza, che fa la virtù di tutti quelli, che professarono ne’ tempi passati particolare inclinazione al disegno, perche vede perdersi a poco, a poco nell’obblìo, e perchè si trova senza Protettore, che le mantenga di preferite il suo lustro nel Mondo. Queste sono le parole che danno l’avvio all’opera che forma il principale oggetto di ricerca in questa tesi di laurea, in cui la storia d’arte viene unita alle lettere; L’Abcedario Pittorico di Pellegrino Antonio Orlandi. Trecento anni dopo la pubblicazione della prima edizione, che avvenne nel 1704, siamo noi a comporre un lavoro che vuol essere un tentativo di trarre dall’oblio questo stesso abcedario ovvero un documento antico, prezioso e degno di essere studiato ulteriormente. È sorprendente che a un’opera, nel suo tempo copiosamente consultata e ripetutamente ripubblicata, oggigiorno nella letteratura secondaria venga soltanto riferita in due righe o meno. Ciò viene rafforzato, se si prende atto del dato che quest’opera, che alberga una ricca miniera di informazioni, variando dalle vite degli artisti, antichi e contemporanei, ai monogrammi degli intagliatori in rame, conobbe un’alta densità di informazioni originali ed attualissimi. Riguardo ai riferimenti allo scrittore dell’opera, le cose non stanno diverse. Esiste un limitato numero di documenti che descrivono, in grandi linee, il corso della vita del nostro autore bolognese. Pare dunque, che altre ricerche negli archivi delle varie Istituzioni a Bologna o altrui debbano inevitabilmente portare a informazioni nuove o spunti interessanti. Per questa tesi, non ci è apparso opportuno incaricarci di questo compito, dunque, nel nostro discorso partiamo dai dati disponibili. È altrettanto vero che l’assenza di tanta letteratura sul principale oggetto di ricerca, anche sull’abecedario in generale, ci ha invitato a comporre questa tesi al modo nostro ed a inserire nel discorso informazioni nuove ed originali. Così, si è cercato di collegare le informazioni disponibili alle osservazioni nostre, risultando in uno scritto che vuole interessare ed essere una guida nel mondo dell’abcedario e del suo compositore. Lo scopo globale della tesi sarebbe il posizionamento dell’abcedario pittorico nella sua complessità storico-letteraria. L’obiettivo più specifico della ricerca centrale in questa tesi sarebbe di formulare una risposta alla seguente domanda: Quali sono gli elementi nuovi e tradizionali nella struttura dell’Abcedario Pittorico? A realizzarlo, il discorso si apre con un’esposizione sulla figura di Orlandi e in cui cercheremo di inquadrarla in un contesto più vasto. È interessante la domanda come quest’uomo bolognese, che trascorse gran parte della vita in un convento nella città di nascita, sapeva svilupparsi come esperto in varie discipline, anche di carattere più profano. In più, è essenziale rispondere alla domanda come sapeva fondare la rete sociale, tanto indispensabile per la composizione delle sue opere enciclopediche. Di seguito, per ottenere un’impressione del contesto letterario più largo in cui nacque l’opera orlandiana e a cui potremmo riferirla, si rivolge lo sguardo all’abecedario in generale, e la forma originaria di questa categoria di opere, per poi arrivare all’Enciclopedismo, congiungendo questi due concetti in base al ruolo dell’alfabeto nelle opere corrispondenti. Dopo questi capitoli introduttivi, siamo giunti al livello dell’opera stessa oppure il nostro principale oggetto di ricerca. Trattando l’abcedario, vogliamo ottenere cognizione della sua esatta posizione sullo spettro delle opere con tematica paragonabile che uscirono nei secoli e decenni precedenti. A ottenerla, l’accento dell’argomentazione sarà messo sulla composizione dello scritto, che si lascia analizzare a due livelli, vale a dire al livello della stesura, e a quello dell’architettura. La prima implicando la redazione dell’opera e la fase precedente ad essa in cui ci si documenta e in cui si raccoglie il materiale necessario per la composizione del testo. La seconda coinvolgendo la struttura dell’opera, anche in relazione al contenuto delle varie parti costitutive. In tal modo, il discorso prosegue con uno studio più profondo delle fonti usate da Orlandi per la composizione delle vite nell’abcedario, introdotto da un descrittivo panorama storiografico sulla letteratura artistico-biografica. In questa parte del discorso vogliamo rispondere alla domanda come il nostro autore sapeva raccogliere tutti i dati, in particolar modo quelli nuovi ed originali, sulle vite degli artisti, che con gran cura inserì nella sua opera. In più, vorremmo sapere in quale modo e in quale misura l’Orlandi si servì delle informazioni biografiche nei trattati dei precursori, e in quale modo faceva uso delle informazioni affidategli nelle lettere dei conoscenti. Segue un capitolo in cui si sarà svolta un’analisi a livello testuale, per raggiungere una comprensione migliore dell’abcedario di Orlandi. A questa ricerca, che si focalizza sul contenuto e lo stile, saranno sottoposti cinque brani particolari, che mettono più luce sulle intenzioni dello scrittore e sul potenziale pubblico di lettori dell’abcedario. Inoltre, in questo capitolo cerchiamo di dimostrare il valore letterario delle opere artistico-biografiche. Infine, si sarà eseguita la ricerca centrale della tesi, che si incentra sulla prima menzionata architettura dell’opera. Entreremo nel merito di tutte le parti costitutive dell’abcedario, con lo scopo di stabilire gli elementi nuovi e tradizionali nella struttura. A realizzarlo, vorremmo descrivere individualmente le varie parti dell’abcedario, per poi relazionarle e paragonarle con le sezioni consimili nelle opere dei colleghi biografi, che uscirono precedentemente allo scritto orlandiano. In questo modo saremo in grado di pronunciarci in modo conclusivo sulla posizione dell’abcedario pittorico in un panorama più grande, con cui avremo raggiunto l’obiettivo della ricerca principale in questa tesi. Dunque, sarà esclusa dal discorso un’analisi dell’influsso dell’abcedario pittorico e la sua struttura, sulle opere artistico-biografiche pubblicate dopo il 1704. Questo tipo di opere, che a prima vista sembrano ‘solo’ narrare le vite degli artisti, formano un eccellente oggetto di studio non meno per chi si occupa delle lettere che per chi parte da un’angolazione storica d’arte. Ciò si rivela in modo assai chiaro al momento in cui viene svolta la ricerca al livello testuale. Essa ci provvede di indicazioni fondamentali relative alle caratteristiche testuali di questa categoria di opere, che ormai hanno preso forma di considerevoli testimoni, che più di ogni altra cosa raccontano sul mondo delle idee e le convenzioni letterarie che all’epoca erano attuali. Infatti, chi, senza ombra di dubbio, in queste opere crede di trovare oggettività o integrità storica, rimarrà deluso. Ora, il paradosso sta nel fatto che lo non si possa nemmeno addebitare ai compositori degli scritti. Tant’è che le aspettative di questo lettore non corrispondono del tutto con gli scopi degli autori, ed i mezzi per realizzarli, e negano lo specchio del tempo in cui operavano. Potremmo, ad esempio, riferire al fatto che gli autori delle opere biografiche nell’arco di tempo del nostro interesse, conobbero tutti la tendenza ad esprimersi, volutamente, in favore degli artisti locali, anche a costo di altrii. Gli autori degli scritti non miravano solo a promuovere la posizione dei propri artisti, ma anche quella della propria terra. Evidentemente, l’Orlandi apparteneva alla delegazione bolognese, di cui fu anche importante rappresentante il conte Carlo Cesare Malvasia, scrittore di una preminente opera sul patrimonio artistico bolognese La Felsina Pittrice, che uscì nel 1678. In questo panorama seicentesco, si era assai sensibili alle informazioni presentate nelle opere degli scrittori provenienti dalle città concorrenti [più di quanto noi oggigiorno non possiamo immaginare], e in cui da secoli a Firenze era assegnato un ruolo centrale. Non è sorprendente che in quest’ambiente pieno di tensioni, nacquero varie polemiche tra i biografi delle diverse città, tra cui una fra il fiorentino Filippo Baldinucci e il Malvasia, che criticava Le Vite del Vasari, per la parzialità esposta nelle biografie dell’autore fiorentinoii. Anche se qui non si ha l’intenzione di entrare nei dettagli dell’argomento, è chiaro che questi lavori biografici che, specie nei circoli intellettuali, formarono documenti di delicato contenuto, vanno letti e studiati alla luce del proprio contesto storico, come faremo in questa tesi: leggi dunque con sicurezza, e vivi felice. ii Si veda Edward Grasman, All’Ombra del Vasari (titolo originale olandese In de schaduw van Vasari. Vijf opstellen over kunstgeschiedschrijving in 18de-eeuws Italië, traduzione di Giancarlo Errico), Firenze, Istituto Universitario Olandese di Storia dell’Arte, 2000, p.13. ii id., pp.21-66. I LA FIGURA DI ORLANDI E LA FONDAZIONE DELLA RETE SOCIALE L’introduzione di Paolo Tinti nella ristampa anastatica di Origine e progressi della stampaii(2005), originalmente scritto da Orlandi nel 1722, comprende la biografia più recente sulla personalità di Pellegrino Antonio Orlandi. In una nota attinente alla disponibilità di informazioni biografiche su Orlandi, Tinti riferisce al fatto che non si dispone di nessuna biografia recente e che la fonte più completa resterebbe lo storico bolognese Giovanni Fantuzzi nelle Notizie degli scrittori bolognesi del 1788ii. Questa opera originalmente scritta e omonimamente intitolata da Orlandi nel 1714, fu ripresa, attualizzata e ampliata dal Fantuzzi alla fine del Settecento. I dati biografici del Fantuzzi nel tomo sestoii, uscito nel 1788, formano un’esposizione sommaria dei posti rivestiti da Orlandi. Entro il quadro della nostra ricerca, quest’opera si mostra particolarmente utile per l’estesa enumerazione annotata delle sue opere stampate e manoscritteii. Il tomo successivo, che uscì nel 1793, contiene le aggiunte ai tomi precedenti e verte più estesamente ma sempre in modo conciso sul corso della vita dell’Orlandi. Le informazioni inserite ne costituiscono una succinta cronologia, e comprendono un aggiornamento della lista delle opere stampate e manoscritte documentate nel tomo precedente. I nuovi dati provenivano da un manoscritto dell’Orlandi, composto nel 1723, che si credeva perduto, e che fu ritrovato nel 1793 da un frate del convento di San Martino Maggiore a Bolognaii. Il documento ineditoii inizia con una lettera intitolata al cortese Leggitore, che Fantuzzi considera «compendio della Vita di questo degnissimo Carmelitano»ii. Invece, Tinti discute in modo più dettagliato le attività ecclesiastiche, didattiche, editoriali di Orlandi, pur lasciando lacune, particolarmente spettanti al periodo giovanile in generale e al ruolo dei genitoriii o di altri parenti in particolare. Viene estesamente discusso il profondo interesse per gli incunaboli da parte di Orlandi, che aveva risultato in un’opera trattando la storia del libro in Europa dal 1442 al 1719 intitolata per esteso, appunto, Origine e progressi della stampa o sia dell’arte impressoria e notizie dell’opere stampate dall’anno M.CCCC.L.VII. sino all’anno M.D. È del resto opportuno notare che è nella prefazione del Tinti (2005: V) che leggiamo che l’Orlandi fu autore del primo repertorio italiano delle edizioni quattrocentine uscite dai torchi europeiii. La biografia esistente viene pertanto caratterizzata da una mancanza non solo rispetto alla discussione del periodo infantile e giovanile dell’Orlandi, ma anche alle date esatte in cui rivestiva gli incarichi più importanti e decisivi per il corso della sua vita. Occorrerebbero intensive ricerche d’archivio per recuperare i fatti che fin qui sono rimasti ignoti. Il discorso sulla vita e la personalità di Orlandi che segue, cerca di sistemare i dati forniti da Fantuzzi (1965) e Tinti (2005) in un quadro più largo. Lo scopo è di rispondere alle domande seguenti Qual’è il modo in cui quest’uomo bolognese, che trascorse gran parte della vita in un convento nella città di nascita, sapeva svilupparsi come erudito di rilievo ovvero un esperto in varie discipline? In che modo sapeva egli fondare la sua rete sociale? A raggiungere quest’obiettivo, vorremmo delineare globalmente l’andamento della formazione intellettuale dell’Orlandi, uomo versatile quanto la sua opera. In più, cercheremo di dipingere un’immagine della figura di Pellegrino Antonio Orlandi, inquadrandola nell’ambiente culturale e sociale. Una breve biografia Pellegrino Antonio Orlandi nacque nel 1660 e trascorse gran parte della propria vita nel convento carmelitano di San Martino Maggiore nella città di nascita, Bologna. Come frate, si dedicò all’attività di studio e di ricerca in varie discipline come la teologia, la filosofia, la storia dell’arte, la grafica, la tipografia, la filologia. Da giovane, l’Orlandi provò una predilezione per la pittura, come egli stesso descrive nella parte introduttiva dell’Abcedario del 1704, “Il genio che fino da fanciullo m’inclinava alla Pittura, sebbene distratto dalle scienze speculative cangiossi col tempo in ardentissimo amore verso la dilettazione del disegno”ii. In senso più generale, si potrebbe poi dar qualche rilievo all’interesse per la storia d’arte tenendo in mente il fatto che la storia del convento, fino ad un certo punto, viene caratterizzata da un coinvolgimento rispettabile da parte dei frati per le discipline artistico-architettoniche. Ne testimonia tra l’altro la partecipazione dei frati alla costruzione della basilica di San Martino nel Trecentoii. È inoltre opportuno rendersi conto del monopolio secolare dei carmelitani e degli altri ordini di frati mendicanti del dominio religioso e culturale di Bologna nel medioevoii. Nel 1678, dopo la professione ed avendo terminato il noviziato, Orlandi si trasferì a Ferrara per intensificare e completare la propria formazione nell’ambito della filosofia. Nell’Origine e progressi della stampa, alla fine dell’introduzione della città riferisce con tono d’apprezzamento al soggiorno ferraresco, chiamando in causa pure i parenti “ [..] la Città di Ferrara, della quale, per altro, ne ho tutta la stima, e venerazione, per obbligo d’avere quivi consumati gli anni migliori della mia gioventù negli Studii di Filosofia, e per le strette parentele, che io tengo in detta Città”ii. L’Orlandi si fece una cultura anche a Parma, dove studiò la teologia. Qualche anno più tardi, ottenne nella patria la cattedra di filosofia, poi passò a Roma dove tenne l’insegnamento di teologia. Ritornato a Bologna, rivestiva nel convento di San Martino Maggiore la docenza in entrambe le discipline. Almeno dal 1718 si guadagnò la carica di priore del convento, nello stesso anno fu dottore aggregato al Collegio Teologico di Bologna. Il frate si dedicò quindi agli studi e all’insegnamento della teologia, ma acquisì contemporaneamente conoscenza su materie di carattere più profano. Si spense nel convento in novembre del 1727 all’età di 67 anni. Creare e mantenere i contatti: le attività letterarie e culturali di Orlandi Nei paragrafi che seguono risulterà che la passione per la storia dell'arte costituì il filo conduttore nella vita del carmelitano. Studiando l'elenco delle opere orlandiane stampate e manoscritte in Fantuzzi, si osserva che un terzo dei titoli, in totale ventiquattro, riferisce all'arte. Altri vertono sulla teologia, la filosofia, la grafica, il convento di San Martino Maggiore, e sulle persone illustri e provenienti da Bologna (si veda l’appendice OPERE STAMPATE E MANOSCRITTE DI ORLANDI su p.86). Prevalente sulla lista è la categoria delle opere di carattere enciclopedico; l'abcedario, la serie, la compilazione, l'antologia. Questa tipologia indica non solo una conoscenza vasta dell’autore ma anche una disposizione di un’estesa cerchia di persone, indispensabile per la stesura di un’opera considerevole come, ad esempio, l’Abcedario pittoricoii che descrive le vite di circa quattro mila artisti europei, antichi e moderni. Una descrizione più dettagliata sul funzionamento della rete di contatti del frate si troverà nel terzo capitolo che tratta le fonti usate per la composizione dell’abcedario. Anche se la maggior parte degli scritti orlandiani oggi è smarrita, è da consultare una piccola collezione, perlopiù in forma manoscritta, nella Biblioteca Universitaria e l’Archiginnasio di Bologna. Altri documenti si trovano nell’archivio del Convento di S. Martino Maggiore. Anche se la maggioranza dei lavori del frate rimase manoscritta, oggigiorno siamo sempre nella possibilità di consultare tre sue opere che conobbero edizioni a stampa. Sarebbero, in ordine cronologico, L’Abcedario Pittorico (1704), Le Notizie degli Scrittori Bolognesi (1714) e Origine e progressi della stampa (1722). L’abcedario conobbe molte edizioni successive, anche postume, e viene nella letteratura storiografica attuale, tra cui lo Schlosser, considerato lo scritto più considerevole del frate. Invece, lo storiografo settecentesco Comolli, scrittore della voluminosa opera Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti alterne (1788), era del parere che l’Origine e progressi della stampa fosse la migliore opera dell’Orlandi. In un momento successivo, ritorneremo sul Comolli e la sua critica sull’Abcedario Pittorico. La sostanziosa rete di conoscenti dell’Orlandi viene spiegata alla luce della personalità e delle sue attività socio-culturali. Avendo, come frate, l’opportunità di dedicarsi intensivamente agli studi, divenne un uomo di lettere e di gran cultura. Ne sono la prova non solo le opere di carattere panoramica, ma anche la quantità innumerevole di esatti riferimenti alle opere dei predecessori come il Vasari, il Malvasia, il Borghini che si manifestano nell’Abcedario pittorico. Orlandi si mostrò particolarmente capace di farsi largo nella immensa quantità di pubblicazioni del Sei e Settecento, che tennero in moto il torchio europeo. Ne testimonia tra l’altro l’ampia bibliografia in fondo all’abcedario, che si compone di otto pagine che racchiudono le opere sulla pittura, dall’Adriani allo Zanotti, e quattro pagine di scritti sull’architettura, dall’Alberti al Vitruvio. Il nostro autore non si limitò alla letteratura italiana ma consultò o almeno conobbe anche i volumi degli scrittori esteri come il Félibien, il Fresne, il Dührer, il Van Mander, lo Houbrakenii. Si sarà evidenziato che fu quest’erudizione del frate, a metterlo nell’opportunità di creare le circostanze appropriate per poter svilupparsi al modo desiderato. L’Accademia Clementina L’Orlandi, infatti, non avrebbe avuto disposizione dei diversi dati sulla vita degli artisti se non avesse fatto una diversione fuori del cerchio ecclesiastico. Infatti, si osserva che il frate cercò di ampliare la cerchia delle conoscenze nel campo artistico e letterario e nell’ambito editoriale. Apparteneva a due organizzazioni autorevoli, di cui una completamente focalizzata sull’arte e l’educazione artistica, l’altra piuttosto legata alla tipografia e la letteratura scientifica. La prima sarebbe l’Accademia Clementina, della quale fu socio onorarioii. L’accademia ebbe l’inaugurazione a Bologna nel 1710, per istigazione del pittore e letterato Giampietro Zanottiii, il generale Luigi Ferdinando Marsili ed un gruppo di artisti. Già nel 1706, trentaquattro artisti avevano presentato al Senato una petizione per poter fondare un’Accademia del Disegno. Solo a seguito del contributo di Papa Clemente XI, il Senato si dichiarò pronto ad acconsentire all’istituzione dell’Accademiaii. L’idea dell’istituzione da parte degli artisti trovò fondamento nell’esigenza di riaffermare il carattere liberale delle arti figurative, invece di appartenere alla corporazione e di essere considerati membri del gruppo degli artisti meccanici. Il desiderio, come descritto dallo Zanotti (1739), era di “instituire una pubblica Accademia a prò della gioventù, e a gloria maggiore della nostra patria, e delle belle arti, chiedendo ajuto, e protezione, perchè l’opera fosse illustre, e durevole”ii. La mancanza di una tale istituzione era considerata come vergogna della città, come appare nel seguente brano [..] ma una città tanto famosa, e che in genere di pittura, e di Pittori ha fama tale, che a qualunque altra aggiunse, parea, che avesse vergogna di non avere anch’ella, come alcune altre, un’Accademia pubblica, reale, e mantenuta riguardevolmente sotto gli auspici de’ suoi supremi Signoriii. Lo Zanotti poi aggiunse che le altre grandi città europee, quali Parigi e Roma, disponevano sì di una simile Accademia che, palesemente, anche Bologna si sarebbe meritata. Le osservazioni dell’istitutore svelano una forma leggera di campanilismo, oltre l’aspetto dell’arte colpisce l’amore per la propria terra. Si potrebbe sostenere che con la fondazione dell’Accademia, non solo l’arte bolognese ma anche la città di Bologna dovesse ottenere un ruolo rilevante a livello internazionale. Anche l’Orlandi fece mostra di una tendenza campanilista, ritorneremo su quest’argomento in un momento successivo. L’obiettivo della fondazione fu triplice (Zamboni 1979: 211) (Boschloo 1989:14)ii; - Il mantenimento e la protezione del patrimonio artistico bolognese, garantendone la continuità culturale. Questo compito apparve estremamente necessario in seguito ai provvedimenti napoleonici verso la fine del secolo quando l’Accademia si occupò della raccolta delle opere dei conventi e delle chiese soppresse. - La trasmissione della eredità della pittura bolognese del Seicento alle nuove generazioni. L’accademia si presentò espressamente come moderna scuola di pittura, scultura e architettura. - La formazione di un istituto che fungeva da punto di riferimento nei rapporti con le altre Accademie italiane ed estere. La storiografa e storica d’arte Silla Zamboni descrive l’Accademia come «una sorta di canale diplomatico» formato dagli Accademici d’onore, gli artisti, gli uomini di cultura e di statoii. Insomma, importanti noccioli vennero formati dall’insegnamento alla gioventù, e il mantenimento e la promozione del patrimonio artistico bolognese. In Benassi (2004: 197) leggiamo che era ‘l’idea del Marsili di compilare una serie di biografie di pittori bolognesi famosi, antichi e contemporanei, sul modello della Felsina Pittrice (1678) di Malvasia’ii, che entrava direttamente negli obiettivi didattici dell’Accademia. Fu lo Zanottiii a raccogliere le notizie sulla vita dei pittori bolognesi ed a redigere la serieii. Contemporaneamente, l'Orlandi stava compilando L’Abcedario pittoricoii, sapeva anche il Marsili, essendo corrispondente del frateii. Quale fosse l’esatto ruolo di Orlandi nell’Accademia, non viene spiegato nella letteratura. È possibile assumere che esisteva una relazione di interessi reciproci. Con Orlandi, l’Accademia incorporò un erudito, essendo tanto capace quanto disposto a trasmettere la propria conoscenza ad altri. Le estese bibliografie riguardanti la pittura e l’architettura, e la sezione metodica con informazioni pratiche per gli artisti in fondo all’Abcedario, sono offriti al lettore su un piatto d’argento. Formano un evidente invito alla lettura d’altre opere sull’arte o sulle tecniche pittoriche, rendendo l’Abcedario un’opera didattica per eccellenza per gli studenti dell’Accademia. Invece, per il frate, l’Accademia Clementina funse da fonte inesauribile, ed indispensabile, per la composizione delle sue opere enciclopediche. Infatti, il contatto con i soci gli mise nell’opportunità di crearci una rispettabile rete di conoscenti di alto e basso rango. Sulla lista dei soci onorari si trovarono, accanto al frate, i patrizi, i conti, i nobili, i letterati, i cardinali, gli architetti, gli antiquari, i procuratori ed, evidentemente, i pittori. Dunque, la qualità di socio onorario gli mise nella facoltà di far conoscenza sia con gli altri soci onorari, provenienti dai ceti più alti e più influenti della popolazione bolognese, sia con i membri regolari, gli studenti, gli altri amatori d’arte e gli amici dell’Accademia. Ogni singolo conoscente con i propri contatti, e anche questi con le proprie reti di conoscenti, che si continuarono anche oltre i confini nazionali. La Società Albrizziana La seconda organizzazione sarebbe la Società Albrizziana, fondata nel 1724 a Venezia per iniziativa dello stampatore e libraio Almorò Albrizzi. Promovendo la stampa di opere importanti e l’arte tipografica, la Società si proclamò, come appare negli Atti Eruditi dell’associazione, come punto d’incontro per eccellenza per i letterati, gli scrittori e gli studiosi. Gli iscritti erano eruditi non solo di nazionalità italianaii ma anche estera ed i luoghi di interesse erano le scienze e le arti liberaliii. Le attività principali erano; - Lo stampare delle dissertazioni, le riflessioni e le opere dei soci e il ripubblicare delle edizioni rare. - L’editare di un settimanale sulle novità scientifiche dell’Europa, il progresso della Società, gli sviluppi sull’elenco dei soci, registrando anche le opere scritte dagli associatiii. L’Albrizzi riuscì a legare alla Società le figure provenienti dalle classi sociali più potenti come i pontefici, i cardinali, i monarchi, gli ambasciatori, i professori ed i letterati, costituendo così un’associazione di respiro internazionale. Dal 1743 cominciarono a fondarsi stabilimenti della Società in circa quindici altre città italiane, quali Bologna, Modena e Parma. Tuttavia, le nuove sedi non ebbero lunga vita, nel 1745 un decreto del Senato Veneto soppresse la Società per motivi ignotiii. La letteratura sulla Società viene parzialmente caratterizzata dalla discussione sulle intenzioni del fondatore, che vale la pena menzionare in questo punto, anche per rendere più completo il quadro della organizzazione. A secondo delle parole del fondatore, la Società esisteva [..] di soda e mera erudizione i suoi aggregati Accademici, si prendesse cura dall’altra di qui far giungere tutte le squisite Opere de’ lontani, di stampar quelle de’ vicini e di ripristinare la bellezza della nostra antica Stampa, per poscia premiare di anno in anno coll’utile, da tali imprese provenuto, le degne fatiche de’ suoi Accademici predettiii. Lo storiografo fiumano Michele Maylender (1863-1911), autore della Storia delle Accademie dell’Italia (1926), opera che pure oggigiorno rimane alquanto utile, mette in discussione queste intenzioni apparentemente buone dell’Albrizzi, ma infine non si sa pronunciare in modo univoco, forse perché si è servito di fonti che esprimono opinioni contraddittorie. Il Maylender considera gli Atti Eruditi come solo mezzo per impressionare a proprio profitto i sette cavalieri procuratori della Repubblica Veneta. Il linguaggio ampolloso praticato dal libraio gi fa sospettare che “il suddetto libraio, il quale si appella: Perpetuo sopraintendente alle stampe, in fondarla si fosse proposto un fine certamente non letterario”ii. Infatti, poco dopo, lo storiografo descrive la costruzione finanziaria ideata dall’Albrizzi che mirava a rendere l’Associazione come «una specie di banca cooperativa», con lo scopo di spillare denaro ai membri creduloniii. Si vede spalleggiato dallo storiografo veneziano Michele Battagia, che in Delle Accademie Veneziane (1826) scrive “[..] l’Albrizziana sarebbe riuscita a più lodevol termine se nell’animo del suo fondatore l’amore delle lettere fosse andato innanzi a quello del denaro”ii. Nondimeno, alla fine, Maylender si riferisce all’abate veneto Giovanni Antonio Moschini, scrittore dell’opera intitolata Della Letteratura Veneziana del secolo XVIII (1806), che parla in modo favorevole sulle idee dell’Albrizzi, e attenua i commenti fatti prima. Lo storiografo suppone che in linea di principio le intenzioni fossero state rette e che forse per un malaugurato concorso di circostanze le sue idee erano male interpretate. Tutto sommato, anche se le opinioni degli storici differiscono, la reputazione del fondatore della Società Albrizziana non era del tutto irreprensibile. Orlandi fu vice presidente della colonia bolognese della Società Albrizziana. Nella letteratura sono assenti i dati su il suo esatto ruolo in e il contributo all’organizzazione. In Maylender viene soltanto menzionato una pubblicazione della Società contenente una relazione delle esequie fatte in onore del frateii. Facendo parte dei vertici della Società, Orlandi avrebbe avuto tanta opportunità di conoscere gli altri membri e di costruire un’ampia rete di contatti. L’Orlandi come precursore dell’era dell’informatica In sintesi, si può affermare che l’Orlandi era un esperto in varie discipline, che provava un profondo interesse, anzi, un’inclinazione, per l’arte. Si mostrò particolarmente laborioso e dotato nel raccogliere, documentare, riordinare e descrivere in modo sistematico di informazioni di caratteri vari, provenienti da molteplici fonti per rendere più accessibile l’arte, e altre materie, in senso esteso per un vasto pubblico. Il bolognese sapeva svilupparsi in tal modo, grazie ai vari studi che svolse nelle diverse città italiane. In questo punto, non va trascurato l’importanza della sua veste di frate, che gli permetteva di rispondere alla condizione di base per poter farsi una cultura, che sarebbe l’occasione di investire del tempo sulla dedicazione agli studi e sui viaggi di studio. Queste escursioni istruttive, sia in qualità di studente sia di professore, gli misero in contempo nell’opportunità di creare una rete sociale anche fuori della patria. Inoltre, la sua alta posizione in due organizzazioni autorevoli, una che ebbe sede nella patria e l’altra con sede principale a Venezia ed avendo diversi stabilimenti nelle altre città italiane tra cui Bologna, formarono il contesto per eccellenza per fondare una rispettabile rete di conoscenti, tanto indispensabile per la composizione delle sue opere enciclopediche, e per guadagnarsi la riputazione come erudito di spicco e stimato scrittore. La sua foga e l’alta quantità e qualità delle sue opere informative e rassegnative dimostrano non solo la passione da parte dell’autore per l’arte o per altre materie, ma svelano allo stesso tempo un fervore o, se si vuole, una vocazione per trasmettere conoscenza ad altri. Sfogliando le varie opere orlandiane, al lettore non può sfuggire neanche la sensazione del piacere che l’autore deve aver provato in comporre questi scritti informativi. In questo contesto, potremmo concludere con l’osservazione che l’Orlandi è stato un precursore dell’era dell’informatica in cui viviamo oggigiorno. ii Intero titolo: Origine e progressi della stampa o sia dell’arte impressoria e notizie dell’opere stampate dall’anno M.CCCC.L.VII. sino all’anno M.D. ii Pellegrino Antonio Orlandi, Origine e progressi della stampa (con introduzione di Paolo Tinti), Bologna, Forni, 1722, ristampa anastatica 2005, p. VI. ii Giovanni Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, Tomo sesto (volumi V-VI), Bologna, Forni, 1793, ristampa anastatica 1965. ii La maggioranza delle opere oggi purtroppo è smarrita. ii Da: Giovanni Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, Tomo settimo (volumi VII-IX), Bologna, Forni, 1794, p.161. ii L’Orlandi lasciò manoscritti sei tomi intitolati Miscellanei Eruditi Tomi VI, di cui gli ultimi cinque volumi sono smarriti. Nel 1793 fu ritrovato il primo tomo con il frontespizio Fr.Peregrini Antonii Orlandi a Bononia Ord. Carmelit. Congr.Mantua Sac. Theol. Mag. et Doct. Colleg. Miscellanea Anno Domini MDCCXXIII. Da: Giovanni Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, Tomo settimo (volumi VII-IX), Bologna, Forni, p.161. ii ibid. ii Sola la terza fonte, L.Frati in Varietà storico-artistiche, Città di Castello, Lapi, 1912, p.113, ci sa fornire dei nomi dei genitori, Antonio Orlandi e Leggiadra Modelli. Poi, neanche questa fonte contiene dati complementari riguardo alla biografia di Orlandi. ii Pellegrino Antonio Orlandi, Origine e progressi della stampa (con introduzione di Paolo Tinti), Bologna, Forni, 1722, ristampa anastatica 2005, p. V. ii Cit. in Orlandi (1704: 7). ii Umberto Beseghi, Introduzione alle chiese di Bologna, Bologna, Tamari, 1956, p. 90. ii ibid. ii Cit. in Orlandi (1722: 138). ii Intero titolo: Abcedario pittorico nel quale compendiosamente sono descritte le Patrie, i Maestri, ed i Tempi nei quali fiorirono circa quattro mila Professori di Pittura, di Scultura e d’Architettura (da ora in poi l’Abcedario (pittorico). ii Questi scrittori sono menzionati tutti nella bibliografia in fondo dell’Abcedario pittorico (1704 e 1719). ii Si veda Giampietro Zanotti, Storia dell’Accademia Clementina di Bologna, Bologna, Forni, 1739, ristampa anastatica 1977, p.324. Purtroppo rimane ignota la data esatta in cui entrò nell’Accademia. ii Lo Zanotti fu personaggio cruciale dell’Accademia Clementina. Essendo per lungo tempo segretario, aveva la posizione per eccellenza per scrivere l’opera fondamentale riguardante i primi anni dell’istituzione, Storia dell’Accademia Clementina di Bologna, che uscì nel 1739 con autorizzazione dei membri. ii Per il contributo decisivo del Papa Clemente XI, l’Accademia fu denominata Clementina. ii Cit. in Zanotti (1739: 11). ii Cit. in Zanotti (1739: 33). ii Cfr. Silla Zamboni, “L’Accademia Clementina” in L’arte del settecento emiliano; la pittura: l’accademia clementina (a.c.d. Andrea Emiliani, Eugenio Riccòmini, Renato Roli et al), Bologna, Alfa, 1979, pp.211-8. e Anton W.A. Boschloo, L’Accademia clementina e la preoccupazione del passato, Bologna, Nuova Alfa, 1989, p. 14. ii id., p. 211. ii Cit. in Stefano Benassi, L’Accademia Clementina: la funzione pubblica, l’ideologia estetica, Bologna, Minerva, 2004, p.136, p.197, p.365 ii Lo Zanotti fu scrittore delle opere seguenti: Nuovo fregio di gloria a Felsina sempre pittrice (1709), Storia dell’Accademia Clementina aggregata all’Istituto delle Scienze e dell’Arti (1739), Avvertimenti per lo incamminamento di un giovane alla pittura (1756). ii Benassi (2004: 197). ii La prima edizione uscì nel 1704, la seconda nel 1719, entrambe pubblicate a Bologna. Le altre edizioni uscirono postumo, in città diverse da stampatori diversi. ii Ne testimoniano le lettere di L.F. Marsili a Pellegrino Antonio Orlandi, conservate nella Biblioteca Universitaria di Bologna (da ora in poi BUB), ms 245, ms 85 (vol. III A) e ms 1042 (Benassi 2004: 136). ii Per motivi di comodità, nel discorso facciamo uso dei termini ‘Italia’ ed ‘italiani’, pur sapendo che in quell’epoca non esisteva ancora l’Italia come Stato unitario di oggi. ii Si veda Michele Maylender, Storia della Accademie dell’Italia, volume primo, Bologna, Cappelli, 1926, pp.112-5. ii La Società Albrizziana entrò perfettamente nella République des Lettres, un fenomeno europeo dei secoli XVI-XVIII che dava forma alla esigenza degli intellettuali di formare una propria comunità. ii Cfr. A. Maestri, La Medaglia della società albrizziana di Venezia – L.A. Muratori [1727-1730] (1909), Modena, Ferraguti, pp.2-5. ii Cit. in Maylender (1926: 113). ii Cit. in Maylender (1926: 111). ii Maylender (1926: 113 - 115). ii Cit. in Maylender (1926: 111). ii Maylender (1926: 116). II IL GENERE DELL’ABECEDARIO LA FORMA ORIGINALE E LA RELAZIONE CON L’ENCICLOPEDISMO Con l’Abcedario pittoricoii, l’Orlandi pubblicò un’opera che nel corpoii, comprendeva la descrizione di circa quattromila vite di artisti. Intitolandola Abcedario, l’autore accentuò la sistemazione alfabetica. Orlandi non era il primo a servirsi di tale ordine e ad usare il termine Abcedario nel titolo. Se si può parlare di un movimento letterario con orientamento alfabetico, questo, evidentemente, non era del tutto univoco e non si manifestò in un breve arco di tempo ben delineato. Il presente capitolo ha lo scopo di mettere in rilievo il panorama storico-letterario più largo in cui Orlandi fece il suo abcedario. A tale obiettivo, è necessario rispondere alle seguenti domande: Qual’era la forma originaria dell’abecedario e in quale misura assomiglia a o differisce dall’abcedario di Orlandi? Quali sono le categorie di opere a cui, in questo contesto storico più vasto, potremmo relazionare l’abcedario pittorico e su quale base? Qual’era la struttura nelle opere che più si assomigliarono all’abcedario di Orlandi? È possibile pronunciarci sulla misura in cui i compositori dei vari scritti erano liberi a esporre nelle proprie opere le preferenze personali, e se affermativo, in quale modo avvenne? La nozione di abbecedario potrebbe funzionare come punto di partenza delle ricerche che saranno eseguite in questo capitolo. Nel discorso, l’accento sarà messo sul ruolo dell’alfabeto nelle varie opere enciclopediche. Vedremo che lo studio sull’alfabeto dà l’avvio a una discussione più larga, che si concentra sul rapporto tra il contenuto e l’ordinamento dell’opera. Così, si comincia il discorso con una breve discussione sulle definizioni attuali dei termini abbecedario, abbicì, enciclopedia ed enciclopedico. Questa discussione forma la parte introduttiva del nostro studio e spiegherà tra l’altro la presenza del genere enciclopedico nel dibattito. In seguito, si svolgerà una piccola ricerca storico-bibliografica concentrata sugli abecedari precedenti, vale a dire i volumi intitolati ‘Abecedario’ o ‘Alfabeto’, pubblicati anteriormente al 1704. La ricerca bibliografica, completata da una spiegazione teorica relativa all’uso dell’alfabeto negli abecedari originari, vuol offrire un’immagine equivoca dell’abecedario nella sua forma originale, e può mettere più luce sulle analogie e le differenze tra questi e l’abcedario di Orlandi. Poi, tratteremo globalmente lo sviluppo del genere enciclopedico nella fase iniziale. Segue un’altra parte teorica, che apre il discorso sulle opere enciclopediche più moderne del Seicento. Si finisce con uno studio più ampio e dettagliato al livello delle opere stesse, anche in combinazione con la teoria. La ricerca si concentra sulla loro architettura, e mostra anche l’eventuale presenza della voce dell’autore nell’opera. Se rilevante per la nostra ricerca, si sarà anche descritto l’ambiente sociale in cui è nata l’individuale opera enciclopedica. Le fonti che abbiamo usato nei paragrafi corrispondenti, sono due in particolare. La prima sarebbe Notable encyclopedias of the seventeenth and eighteenth centuries: nine predecessors of the encyclopédie (1981) di Frank A. Kafker, la seconda Encyclopaedias: their history throughout the ages (1966) di Robert Collison. L’intero discorso può palesare il contesto storico-letterario in cui è nato l’Abcedario Pittorico, e renderà possibile in un momento successivo il vedere nella giusta prospettiva il tono e la strutturazione adoperati da Orlandi nel suo lavoro enciclopedico. Le nozioni di abecedario ed enciclopedico Qual’è la definizione attuale della nozione di ‘abecedario’ e in quale misura è applicabile all’opera di Orlandi? Nei nostri giorni, abbecedario significa ‘libretto per imparare l’abc’ o come aggettivo, riferisce al ‘componimento poetico, proprio della letteratura latina cristiana, nel quale le lettere iniziali dei singoli versi o delle singole strofe si succedono in ordine alfabeticoii: carmi o inni abbecedari’ii. Invece, abbiccì viene definito ‘alfabeto’ o ‘l’elementare d’una particolare scienza o tecnica’. Nel rispetto di queste definizioni, l’Abcedario pittorico avrebbe poca affinità con la nozione dell’abbecedario, mentre le definizioni di abbiccì mostrano entrambe analogia con l’opera di Orlandi perchè serve, dal punto di vista più generico, come manuale artistico ed è, come già menzionato, ordinato a secondo dell’alfabeto. Se poi continuiamo con le definizioni dei termini enciclopedia ‘opera che raccoglie sistematicamente, per lo più in ordine alfabetico, nozioni relative a tutte le discipline o a una disciplina in particolare’ ed enciclopedico ‘che concerne l’enciclopedia o ha carattere di enciclopedia’ii, diventa chiaro che sono applicabili anche essi. L’abecedario orlandiano comprende, oltre le vite artistiche, alcune sezioni metodiche relative alla pittura e degli elenchi bibliografici sull’architettura, la scultura, la pittura ma anche sugli abiti, l’anatomia, le favole. Insomma, potremmo qualificare l’abcedario come sorta di enciclopedia artistica o pittorica. In conclusione, in base agli attuali standard, l’Abcedario pittorico corrisponde all’abbiccì invece di all’abbecedario, ma anche a quel che viene chiamato enciclopedico. Per questo, entrambi i concetti meritano di essere ricercati più profondamente. L’abcedario nel Cinquecento I volumi iniziando con ‘Abecedario’ o ‘Alfabeto’ e pubblicati prima del 1704 sono circa una ventinaii, e provengono da scrittori italiani e spagnoli. Il primo abecedario da noi registrato, che è anche uno dei volumi più studiati su questa lista, è lo spagnolo Abecedario espiritual ii. Questo abecedario consisteva in sei volumi che uscirono tra il 1536 e il 1555, e fu composto dal frate francescano Francisco de Osuna (ca.1491-ca.1541). La letteratura secondaria ci informa che con questa pubblicazione, l’Osuna diventò l’esponente più influente della mistica spagnola del Cinquecento. È del resto importante non considerare questa opera come dizionario spirituale formatosi da una grande quantità di lemmi e articoli, a secondo degli standard di oggigiorno. Invece, è una raccolta di ventitre trattati che descrivono il Recogimiento, implicando il ritirarsi per raggiungere l’unione spirituale con Dio, attraverso la contemplazione interna. Il Recogimento formava un tema principale nell’ordine dei francescani nel Cinque e Seicento. Di seguito, passano in rassegna materie come la Passione di Cristo, la povertà, l’umiltà, i demoni. In tal modo, l’Abecedario espiritual funzionava da guida per il pellegrino spirituale. L’aspetto alfabetico di questo scritto si manifesta nell’acrostico; le lettere iniziali dei singoli titoli di ciascun trattato, lette verticalmente, formano l’abc. In tal modo, i titoli dei primi tre trattati dicono “Anden siempre juntamente”, “Bendiciones muy fervientes”, “Ciego, y sordo, y mudo debes ser”ii. È esattamente questo acrostico a cui riferisce la seconda definizione di abbecedario, appena menzionata. Inoltre, l’acrostico appare anche nel testo stesso, formando ad esempio il nome di Gesù. Riguardo al contenuto dell’abecedario in relazione alla visione dell’autore, si osserva che in alcuni passaggi appare l’opinione personale dell’autore sui diversi ordini religiosi, che risulta, evidentemente, in una forte simpatia per i francescani e in una antipatia verso i seguaci di Erasmo e Lutero, che sono chiamati «mordedores de la réligion»ii. Altre pubblicazioni spagnole ed italiane di abecedari a partire dal tardo Cinquecentoii: - Serafino Salsi, Alfabeto confessionale, Girolamo Concordia, Pesaro, 1576 - Vincenzo Ferrini, Alfabeto essemplare, Erasmo Viotti, Venezia, 1582 - Angelo Francesco Tignosi, Abecedario d’alcune similtudini, tolte dalla Scrittura S. et applicate a Maria vergine diuiso in 30. Discorsi, Agostino Tradate, Milano, 1598 - Antonio Navarro, Abecedario virginal de excelencias del santissimo nombre de Maria, Pedro Madrigal, Madrid, 1604 - Bartolomeo da Saluzzo, Alfabeto del diuino amore, Barezzo Barezzi, Venezia, 1609 - Gregorio Alasia, Alfabeto historico, che con viui esempi di chi ha ben seruito a Dio, insegna a ciscuno la via del Paradiso, i Giunti, Firenze, 1622 - Lazzaro Grandi, Alfabeto di secreti medicinali et altri curiosi e diletteuoli di ogni materia con l’arte facile d’uccellare e pescare, Francesco Vigone, Milano, 1666 - Juan Falconi, Alfabeto per saper leggere in Christo libro di vita eterna, Carlo Capodoro, Roma, 1665 - Bernardo d’Ascoli, Alfabeto di Geremia profeta, Giuseppe Piccini, Macerata, 1680 Poco sorprendente il fatto che i compositori degli abecedari teoligici erano tutti membri dei vari ordini ecclesiastici. Per citarne alcuni, il Salsi era canonico lateranense, il Ferrini predicatore domenicano, il Saluzzo riformato, il d’Ascoli frate carmelitanoii. Occorrono ulteriori ricerche per determinare l’esatto contenuto e ordinamento di ogni singola opera, che cadrebbero fuori dal quadro di questa tesi. Anche per il fatto che i titoli sull’elenco sono eloquenti, svelando il carattere religioso delle altre opere, ci sembra valido in questo punto di partire dall’ipotesi che queste opere mostrino tanta analogia con L’abecedario espiritual di Osuna, che questo possa funzionare da esemplare. I dati suddetti portano ai seguenti risultati: a) In fondamento, l’abecedario è uno scritto di carattere spirituale e mistico, composto perlopiù da individui appartenenti ai vari circoli ecclesiastici. Questo, per quanto riguarda la Spagna, afferma anche Andres che scrive ‘desde 1540, más o menos, abecedario equivale en nuestra patria a tratado de espiritualidad de índole más mistica que ascética’ii. L’unico lavoro eccezionale incluso nella ricerca è l’alfabeto di Grandi, che evidentemente è di carattere profano. b) L’alfabeto nell’abecedario originario si presenta sotto forma dell’acrostico. c) L’abecedario originario, per quanto riguarda la forma stampata, è un fenomeno principalmente del Cinquecento che si manifesta in Italia e in Spagna. La relativa popolarità degli abecedari mistici ebbe luogo nel Cinquecento, il secolo della riforma protestante e la Controriforma. Pertanto, in un periodo di grande instabilità spirituale non è sorprendente che i rappresentanti ecclesiastici sentirono l’esigenza di propagare la propria mistica, il modo in cui provare e praticare la propria fede e in cui raggiungere l’unione trascendente con Dio. Che questa esigenza non fosse riservata solo ai francescani come Francisco de Osuna, mostrano gli scrittori degli altri abecedari religiosi, provenienti dagli ordini carmelitani, domenicani, lateranensi, riformati. Il valore metafisico-teologico dell’alfabeto negli abecedari originari La scelta per l’ordine alfabetico non era, come nei secoli seguenti, per motivi di praticità ma per principi ontologici. Kilcher (2003) spiega questo ordnungsprinzip negli abecedari teologici, denotando che esso, in primo luogo, funzionava da ordine metafisico-teologico. Nel Medioevo, per il Salmo acrostico 119, l’ordine alfabetico era considerato ordinamento sacrale e rappresentazione mnemotecnica, i caratteri dell’alfabeto erano considerati elementi metafisiciii. Questa spiegazione, accentuando l’influsso della fede e il vangelo sugli abecedari primordiali, mostra il rapporto inestricabile tra spirito dei tempi e opera letteraria. In sostanza, gli abecedari pubblicati a partire dal Settecento riguardano soggetti mondani, quali la pittura, la grammatica, la lingua volgare. Risulta perciò che il salto dagli abecedari mistici del Cinquecento agli abecedari dei secoli successivi segna contemporaneamente il passaggio fra la fine del basso Medioevo e l’età moderna, almeno per questo tipo di opere. Questo è reso esplicito dalla disuguaglianza tra il carattere degli abecedari originari di respiro medievale, vale a dire il contenuto puramente religioso, lo scopo moralista e l’ordine alfabetico metafisico e quello profano degli abecedari stampati più tardi, come l’Abcedario pittorico. In questo momento, potremmo concludere che l’analogia fra i due si limita all’uso della disposizione alfabetica, anche se in modo diverso e per motivi diversi, e alla parola ‘abecedario’ all’inizio del titolo dell’opera. Il genere enciclopedico nella fase iniziale Quali sono le opere a cui fa sì pensare l’Abcedario pittorico di Orlandi? Sarebbe il genere delle opere enciclopediche con orientamento più razionale. Sono queste opere a cui l’Abcedario pittorico fa ricordare, anziché agli abecedari precedenti. Tant’è, che almeno le opere enciclopediche dei secoli più recenti, dal Seicento in poi, sono ordinati secondo l’alfabeto, per motivi di comodità. In più, entrambi comprendono informazioni di carattere più profano, ed hanno, in fondamento, come scopo l’organizzazione e la diffusione di conoscenza varia. Questo genere enciclopedico non andrebbe affrontato come successore o sostituto per gli abecedari mistici, per il fatto che conosce una storia autonoma e secolare, prendendo il via già all’inizio dell’era cristiana con l’Historia naturalis di Plinio (77 d.C.)ii. Questo scritto, composto da trentasette volumi, è ordinato a soggetto in base alla postazione sulla scala gerarchica. Le voci del rango più alto erano discusse prima di quelle di una categoria più bassa. Nell’antichità classica erano considerate di importanza primaria le sette arti liberaliii, ed erano queste ad essere trattate prima ed a ricevere più spazio nelle opere enciclopediche dell’epoca, a confronto delle voci concernenti soggetti “inferiori” come la guerra o l’economia. Gli scritti enciclopedici medievali, adoperando questa struttura gerarchica e formando così un tutto organico, rispecchiarono contemporaneamente la strutturazione della società e il mondo delle idee del tempo. I lavori con orientamento cristiano cominciarono con i temi relativi alle sacre scritture, mentre quelli secolari dei romani si concentrarono in primo luogo sulle arti liberali del Trivio ed il Quadrivio. Era nell’Istitutiones divinarum et humanarum lectionum di Cassiodoro nel secolo VI che le due angolature si incontrarono nello stesso scritto ad un livello equo. È vero che questa strutturazione gerarchica a soggetto fu adottata più frequentemente negli scritti enciclopedici nel corso dei secoli, è altrettanto vero che, parallelamente, esisteva l’orientamento alfabetico, anche se l’introduzione di questo ordine avvenne solo nel secolo XII, con il Lessico Suidae o Suidaii. Tuttavia, è sempre la classificazione dell’argomento a rimanere l’ordnungsprinzip preferito. Inoltre, se si fece uso dell’ordine alfabetico, era come suddivisione entro il quadro degli articoli che in primo luogo erano ordinati a soggetto, a secondo dell’attuale gerarchia. Il Seicento: la trasformazione della «Versprachligung des Wissens» Nel Seicento, la struttura delle opere enciclopediche si trasforma radicalmente. Kilcher nomina la trasformazione una «,,Versprachlichung’’ des Wissens». Questo fenomeno si lascia spiegare dalla «secolarizzazione del sapere», vale a dire l’alfabetizzazione del sapere che provoca la «formazione letteraria dell’enciclopedia»ii. Ciò significa che l’organizzazione del sapere, l’essenza fondamentale del genere enciclopedico, non era più dettata dai concetti fissi, in altre parole, le divisioni e le suddivisioni ontologiche o teologiche su cui anche sia la società antica sia quella medievale si erano fondati, ma da un concetto arbitrario come il linguaggio. L’ordnungsprinzip del mondo ben strutturato nell’Enciclopedismo teologico del medioevo e nell’Enciclopedismo più profano era sostituito dall’ordine alfabetico. Tuttavia, lo stesso alfabeto del Medioevo, e qui rientrano in scena gli abecedari mistici, non aveva più la carica spirituale; gli stessi caratteri dell’alfabeto non formarono più gli elementi metafisici del mondo, ma diventarono componimenti linguistici e rappresentanti del mondo artificiale del linguaggio. È questo l’aspetto secolare dell’alfabetizzazione del sapere. In altre parole, l’ordine alfabetico metafisico-teologico, per quanto se ne facesse uso, scomparisce e fa spazio all’ordine alfabetico per motivi di comodità. Da questa fase di trasformazione, erano le parole, gli elementi principali del linguaggio, a determinare il nuovo ordine in tutti i tipi di scritti enciclopedici. Pertanto, era il linguaggio, il mezzo di comunicazione principale dell’uomo, che per definizione è arbitrario perchè suscettibile al mondo mentale, il gusto personale e lo stato d’animo dell’utente, a farla da padrone nell’organizzazione del sapere. L’aspetto arbitrario rese più interpretabile e costruibile l’ordnungsprinzip, mettendo in moto la formazione letteraria dell’enciclopedia. In breve, nel Settecento si avvia una trasformazione radicale nel rapporto tra il contenuto e la strutturazione nelle opere enciclopediche. Dove prima l’ordinamento dettava per gran parte il contenuto, ora è il contenuto a dettare l’ordinamento. Un esempio di un’enciclopedia in cui, in buona parte, il contenuto dettava l’ordinamento, e che così prese forma di un documento ‘costruito’ esponendo apertamente l’opinione personale dell’autore, si trova nel Dictionnaire Historique et Critique (1697) di Pierre Bayle, che sarà discusso nel testo che segue. La nozione dell’Enciclopedismo Che cos’è l’Enciclopedismo? Nel dizionario moderno, Enciclopedismo è definito ‘l’insieme delle dottrine e delle idee che ispirarono la compilazione dell’«Enciclopedia» francese’ii. Nella nostra ricerca, il termine Enciclopedismo è usato in senso più largo, riferendosi alla composizione delle opere enciclopediche in generale. La definizione marca l’Encyclopédieii come svolta decisiva per il genere enciclopedico. Benché l’Enciclopedia francese possa essere considerata pionieristica, essa va sempre studiata alla luce dello sviluppo del genere enciclopedico nei secoli precedenti. Abbiamo già constatato che il genere enciclopedico conosce una storia secolare, ma è dal Seicento che nei circoli intellettuali diventa sempre più attuale l’esigenza di acquisire conoscenze, di scambiarle e di renderle pubbliche. Il risultato è la quantità di opere enciclopediche che si aumenta rapidamente, culminando nell’Ottocento con l’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert. Il secolo dell’Illuminismo, della razionalità, forma il contesto per eccellenza per questo genere che, in fondamento, si concentra sull’organizzazione del sapere. Tuttavia, per la nostra ricerca sono rilevanti soprattutto le opere enciclopediche uscite prima del famoso Encyclopédie, che ha una data di pubblicazione posteriore alla scomparsa di Orlandi. È del resto essenziale usare il termine Enciclopedismo invece di Enciclopedia, per evidenziare che questo genere si è manifestato in più tempi e in più forme. Il termine ‘Enciclopedia’ implica una sola manifestazione fisica del genere enciclopedico, il che evidentemente sarebbe erroneo. Se si può parlare di categorie, il genere enciclopedico potrebbe includere non solo la categoria delle enciclopedie, ma anche quella dei dizionari, dei dizionari enciclopedici e infine di ciò che non viene chiamato esplicitamente enciclopedia o dizionario ma che è enciclopedico a secondo della definizione. I testi o l’architettura delle opere enciclopediche si accavallano in molti casi, e sarebbe ambizioso fare una netta demarcazione. Di conseguenza, nei paragrafi che seguono, l’uso di ‘enciclopedia’ o ‘dizionario’ non andrebbe interpretato nel senso più ristretto. L’Enciclopedismo nel Sei e Settecento In questo punto è opportuno approfondire il discorso sull’Enciclopedismo al livello delle opere stesse. Nei Paesi di lingua romanza, si osserva che è nel mondo intellettuale francese dove emerge la maggioranza dei lavori enciclopedici più notevoli del Sei e Settecentoii. Una selezione di cinque opere, che all’epoca erano considerate autorevoli, forma la base per il quadro sinottico incentrato sull’Enciclopedismo in Francia in quest’epoca, che sarà descritto nel testo che segue. Per la composizione di questo paragrafo ci siamo serviti in particolar modo di un lavoro dello storico statunitense Frank A. Kafker, Notable encyclopedias of the seventeenth and eighteenth centuries: nine predecessors of the Encyclopédie, uscito nel 1981. In questo lavoro viene discusso non solo il contenuto delle enciclopedie, ma vengono esposti anche il contesto storico in cui vennero composte e l’ambiente sociale in cui i compositori operarono. In più, abbiamo consultato le seguenti opere: - Charles Estienne, Dictionarium historicum, geographicum, poeticum, J. Stoer, Geneva, 1596. Noi si è fatta uso di una ristampa anastatica di questa edizione, del 1976, pubblicata a New York. - Louis Moréri, Le Grand Dictionnaire Historique, ou Le Mélange curieux de l’Histoire, P. Brunel, Amterdam, 1740 - Antoine Furetière, Dictionnaire Universel, Pierre Husson, L’Aia, 1727 - Thomas Corneille, Le Dictionnaire des arts et des sciences, Coignard, Parigi, 1694-1695 - Pierre Bayle, Dictionaire critique et historique, Reinier Leers, Rotterdam, 1697 Sarà accentuata non tanto il contenuto fattuale quanto la composizione delle opere enciclopediche, che del resto sono tutte generiche. Con ciò, lo studio cercherà non solo di dare la risposta definitiva sull’ordnungsprinzip nel corpo del dizionario, ma anche di rintracciare l’eventuale presenza di sezioni che determinano l’architettura dell’opera, come la prefazione, l’indice analitico, la tavola, la mappaii. Di seguito, sarà esaminato il modo in cui sono menzionate le fonti di cui il compositore si è servito, sia nel corpo del dizionario, sia in un’eventuale lista bibliografica all’inizio o in fondo dell’opera. Inoltre, si cerca di notare brevemente l’influsso del compositore sul testo nel dizionario. Se le informazioni nel corpo sono espressamente abbellite o in altro modo colorate dalla visione dell’autore, è interessante stabilire in che luogo e in quale modo. Alcuni tra i dizionari selezionati meritano una discussione più profonda sull’ambiente sociale in cui sono nati, che rende più completa l’immagine dello specchio dei tempi da noi studiati. Per finire, cerchiamo di verificare definitivamente la teoria di Kilcher, relazionandola al dizionario di Bayle. Uno studio più profondo di cinque dizionari francesi dei secoli XVI e XVII Una delle prime enciclopedie uscite in Francia è il latino Dictionarium historicum, geographicum et poeticum (1553), composta dal medico Charles Estienne (1504-1564). Per un secolo, questo lavoro era uno dei libri più consultati sul canone classico. Il Dictionarium, che consiste in un solo tomo, è in ordine alfabetico, e contiene parecchie citazioni e riferimenti alla letteratura classica. Sono assenti una prefazione scritta dall’autore, indicazioni delle fonti, un indice analitico, tavole, mappe, illustrazioni o liste bibliografiche. Entro il 1662 uscirono almeno sette edizioni successive del dizionario. Nel 1643 D. de Juigné Broissinière pubblicò una traduzione attualizzata in francese sotto il titolo Dictionnaire théologique, historique, poétique, cosmographique et chronologique. Più di un secolo dopo esce un’altra enciclopedia francese, il famoso Le grand dictionnaire historique, ou le mélange curieux de l’histoire sacrée et profaneii (1674) del prete e professore di Teologia Louis Moréri (1643-1680). Già il titolo indica l’orientamento bilaterale dell’enciclopedia, l’influsso ecclesiastico non è sorprendente considerando le occupazioni dell’autore. Kafker (1981) descrive che molte informazioni negli articoli, in particolare quelle nella parte sulla storia sacra e profana, sono colorate a favore del cattolicismo e contro il protestantesimoii. La prima edizione di questa enciclopedia consisteva in un volume in folio, mentre la ventesima e ultima edizione accresciuta che uscì nel 1759 era composta di dieci volumi in folioii. All’inizio dell’opera v’è la prefazione scritta da Moréri, in cui spiega tra l’altro che furono gli amici a indurlo a comporre il Dictionnaire. Anche questa enciclopedia è ordinata in ordine alfabetico e contiene numerose citazioni e riferimenti alla letteratura classica. Dopo molti articoli segue l’indicazione della fonte, sono assenti l’indice analitico, illustrazioni, una bibliografia e mappe. Per un secolo, il dizionario di Toreri ebbe un grande successo, ne testimonia l’alta quantità di supplementi ed edizioni ampliati ed aggiornati pubblicati tra il 1674 ed il 1759, che in totale sono una trentina. In più, le grand dictionnaire historique trionfò anche all’estero, con pubblicazioni in spagnolo e olandese. Le traduzioni inglesi e tedesche conobbero persino rispettivamente sei e sette edizioni. Un altro scritto francese, il controversiale dizionario enciclopedico Dictionnaire universelii dell’abate e letterato Antoine Furetière (1619-1688), uscì solo dopo la morte dell’autore nel 1690. Alla base di questa pubblicazione postuma erano le forti polemiche tra Furetière e l’Accadémie Française. Entrambi stavano compilando un dizionario francese e l’Accademia mirava ad avere la prima pubblicazione. Anteriormente alla polemica, quando il Dictionnaire universel era ancora fuori questione, Furetière era membro dell’Accademia e stava perfino collaborando al dizionario dell’Istituto. Tuttavia, il lento e problematico processo della stesura del dizionario e l’inclinazione purista degli altri soci lo spinsero ad abbandonare il progetto collettivo e a procedere al proprio conto, attirandosi i fulmini degli accademici. La prima pubblicazione del dizionario di Furetière consisteva in tre tomi, ed era introdotta da una lunga prefazione del filosofo francese Pierre Bayle (1674-1706) in cui parla in difesa di Furetière, senza denigrare il dizionario dell’Accademia. Il Dictionnaire universel è ordinato alfabeticamente e contiene non solo le definizioni delle voci ma in molti casi anche la loro etimologia. Molti articoli contengono citazioni provenienti da celebri personaggi francesi dell’epoca come Molière (1622-1673), La Fontaine (1621-1695). La maggioranza degli articoli finisce con l’indicazione della fonte in forma degli iniziali o l’abbreviazione del cognome dell’autore o dell’opera a cui viene riferito, che si ritrovano sull’elenco alfabetico nella parte preliminare del dizionario. Questo elenco, intitolato Table alphabétique, comprende due pagine in cui si spiegano le abbreviazioni delle fonti usate nel corpo del dizionario, così ‘L.d’Ab.’ sta per Lettres d’Abelard, e ‘Rac.’ per Mr. Racine. In tal modo, i riferimenti rimangono ambigui, non sono menzionati i dati complementari essenziali per una bibliografia adeguata, tra cui l’anno e luogo di pubblicazione dell’opera, l’editore, l’edizione di cui si è fatta uso. La bibliografia rimane dunque molto elementare, poi mancano un indice analitico, tavole, mappe e illustrazioni. Anche Furetière non cercava di tener segreto la propria preferenza religiosa, che negli articoli dei lemmi come Prophete, Juif e Église (Kafker 1981: 623) si manifesta in favore del cattolicismo. Gli stessi articoli esprimono anche un senso di antipatia verso il giudaismo, contenendo adagi e proverbi antisemitici. Il dizionario di Furetière conobbe nove edizioni, pubblicate tra il 1690 e il 1727. Nel 1694, solo quattro anni dopo la prima pubblicazione del Dictionnaire universel di Furetière, era Thomas Corneille (1625-1709) a dare alle stampe il suo Dictionnaire des arts et des sciences. Un mese prima era uscito il Dictionnaire de l’Académie françoise, in cui erano omessi i termini scientifici e tecnici. Corneille era membro dell’Accademia, e l’idea era di comporre un supplemento al dizionario dell’Accademia, in modo che entrambi potessero competere con il dizionario del rivale Furetière. Nella prefazione, Corneille mise in dubbio la qualità e l’utilità del Dictionnaire del predecessore, per gli errori nella collocazione e l’etimologia dei lemmi. Aggiunse che per queste imprecisioni il pubblico doveva sentire il bisogno di un dizionario più attendibile. Nel corpo del dizionario, anche Corneille si esprime in favore del cattolicismo a costo delle altre dottrine religiose come il giudaismo, ma le opinioni sono più moderate in confronto a quelle di Furetière. Corneille inserì molti termini relativi all’arte, la musica, l’architettura, anche se gli articoli corrispondenti rimasero concisi. Il dizionario conosce una presentazione alfabetica e contiene riferimenti alla derivazione delle parole, ma sono assenti indicazioni delle fonti, un indice analitico, una bibliografia, tavole, mappe e illustrazioni. Il Dictionnaire des arts et des sciences non formava la concorrenza premeditata al dizionario di Furetière. Nondimeno, fu aggiornato e ripubblicato cinque volte, l’ultima edizione uscì nel 1732. L’opera enciclopedica che chiude il discorso è il Dictionnaire historique et critique del prima menzionato professore di Filosofia Pierre Bayle (1647-1706). La prima edizione, quattro volumi in folio, uscì nel 1697, e venne seguita da tre supplimenti e numerose edizioni successive. L’undicesima e ultima edizione, sedici volumi in ottavo, fu stampata nel 1820. Il dizionario fu tradotto in inglese e in tedesco. Anche questo dizionario provocò polemiche, per le visioni anticonformisti che si presentarono negli articoli attinenti alla fede. Nato in un ambiente protestante, all’età di ventuno anni Bayle si trasferì a Toulouse per studiare filosofia con i gesuiti. Entro un anno, si era convertito al cattolicismo, ma la conversione non durò a lungo, e dopo poco tempo Bayle cercò di ricollegarsi al Calvinismo. Questo atteggiamento squilibrato diminuì la stima di cui godette da parte dei seguaci sia della fede cattolica sia della dottrina calvinista. Ciò nonostante, da quel momento Bayle si dichiarì espressamente a favore del Calvinismo. Per fuggire dalle tensioni religiose nella patria, decise di stabilirsi nei tolleranti Paesi Bassi che funzionarono da rifugio per i protestanti francesiii. Era a Rotterdam che andò alle stampe la prima edizione del Dictionnaire historique et critique, che acquisì una riputazione controversiale in primo luogo per l’esplicita perorazione per una tolleranza religiosa totale, anche nei confronti degli ateisti. Già a prima vista salta nell’occhio il carattere eccezionale del dizionario. Gli articoli sono di notevoli dimensioni, e si presentano come piccole dissertazioni suddivise in più parti, ciascuna con il proprio titolo. Per mantenere in funzione il discorso, si è anche fatto uso di presupposti da verificare. Notevole è l’uso frequente di ‘je’, che dà al testo il carattere personale. In molti luoghi vengono criticati i compositori dei dizionari precedenti. L’argomentazione nel testo è sostenuta da passaggi e citazioni tratti dalla letteratura classica e moderna, che sono sempre accompagnate da una nota con i dati bibliografici corrispondenti. Il dizionario è introdotto da una lunga prefazione scritta dall’autore, ed è ordinato alfabeticamente. Mancano mappe, illustrazioni e una sezione bibliografica. Tuttavia, alla fine del quarto volume è aggiunto un indice analitico, che però rimane molto elementare. La liste alfabéthique viene introdotta in modo curioso, al modo seguente De peur qu’on ne la fit trop longue sans nécessité, on y a mis rarement ce qui appartient aux matières dans leurs propres articles: par example, presque tout ce que l’on a marqué de César dans cette Table se trouve ailleurs que dans l’article de César’ ii. In più, è solo nelle edizioni successive che in questa lista alfabetica sono inseriti i titoli degli articoli. Il quarto volume comprende anche quattro esposizioni su vari temi e questioni religiosi. Kafker dichiara che il dizionario di Bayle era un solo mezzo per trasmettere un creativo e complicato messaggio religioso, gli argomenti sembrano solidi, anche se restano in superficieii. Pochi sono gli articoli sulla mitologia, la geografia, i toponimi, i nomi propri, le scienze esatte, l’arte, la letteratura, l’architettura. Invece, la maggioranza dei soggetti trattati più estesamente concerne i personaggi sei e settecenteschi che in un modo o nell’altro sono da mettere in relazione con la filosofia o la religione. Prevalente è il dibattito sul Protestantesimo in generale e la riforma protestante in particolare. L’affermazione fatta da Kafker illustra perfettamente la teoria di Kilcher. Con il Dictionnarire critique et historique, Bayle trovò un mezzo di comunicazione per esprimere apertamente i propri punti di vista sugli argomenti religiosi più ardenti e controversiali dell’epoca. Nella maggioranza degli articoli, il punto di partenza del discorso era formato dalle parole, i concetti e le visioni di altri. Così, i testi già colorati vennero rivalutati da Bayle, risultando in un documento critico e soggettivo, che dava sfogo alle preferenze personali del compositore. Evidentemente, l’argomentazione era fatta sotto un denominatore scientifico, ma questo era tutt’altro che obbiettivoii. La parzialità dell’autore si rivela già nella selezione dei soggetti e personaggi da trattare nel corpo del dizionario. In altre parole, se c’era un concetto a determinare l’architettura del dizionario, non era di tipo metafisico-teologico o ontologico, ma un concetto creato dall’autore stesso in base alle preferenze personali, anche in risposta alle presunzioni fatte da altri. Infatti, erano la comunicazione verbale, le parole, a marcare il contenuto e con questo la scelta dei lemmi e l’ordine del dizionario. Insomma, in Bayle prende forma ciò che Kilcher nomina la formazione letteraria dell’enciclopedia. L’alfabeto come norma e la formazione letteraria dell’enciclopedia in pieno ritmo L’abecedario era un fenomeno assai attuale nella Spagna e l’Italia del Cinquecento, periodo di grande instabilità religiosa, funzionando da mezzo per propagare la propria mistica. In tal modo, l’abecedario nella sua forma originale, si lascia caratterizzare come scritto di carattere teologico e spirituale, che nella maggioranza dei casi, fu composto da un autore proveniente da un ambiente religioso. Relativo alla presenza dell’alfabeto in questi scritti, si è constatato che esso apparve sotto forma dell’acrostico. In base a queste osservazioni, si è trovato che l’abcedario orlandiano si assomiglia marginalmente a questi abecedari originari. In verità, le similarità stanno nel solo fatto che entrambi hanno un titolo che inizia con la parola ‘abecedario’ o ‘alfabeto’, e nel dato che, in linea con questo, in entrambi i tipi di lavori si è fatto uso dell’ordine alfabetico. Invece, le dissomiglianze si mostrano più significative. Mentre il messaggio negli abecedari originari è di tipo mistico e religioso, il contenuto nell’abcedario pittorico è di carattere piuttosto profano. In più, anche se in entrambe le opere ci si è serviti dell’alfabeto, questo avviene in modo diverso e per motivi diversi. Dunque, anche se è possibile legare l’abcedario di Orlandi agli abecedari originali, per trovare la categoria di opere che più si assomiglia all’abcedario di Orlandi, si è studiato più profondamente un altro tipo di scritti, che sarebbe il genere delle opere enciclopediche. Entrambi sono documenti di carattere più profano in cui il sapere si trova organizzato in modo alfabetico, almeno nellle opere pubblicate a partire dal Seicento, e che in fondamento vogliono informare e diffondere conoscenza varia. Invece, è altrettanto vero che entrambi questi lavori danno l’impressione di esporre informazioni da un’angolazione oggettiva, anche se hanno compositori che godono una libertà letteraria e che su questa base potrebbero autorizzarsi a influenzare o manipolare il contenuto del testo secondo il proprio parere e le preferenze personali. Riguardo alla struttura nella selezione di cinque importanti dizionari francesi del Seicento, constatiamo che l’ordnungsprinzip nel corpo di questi lavori è sempre l’alfabeto, anziché la rilevanza o il carattere dell’argomento da trattare. Con ciò, potremmo sostenere che nelle opere enciclopediche seicentesche l’ordine alfabetico è diventato la norma. Poi, in tutti i dizionari, c´è da osservare l’uso minimale o basilare di elementi che potrebbero costituire una tale opera, come una bibliografia trasparente o una tavola con illustrazioni. Invece, tutte le opere sono introdotte da una prefazione, e alcune comprendono tavole o contengono riferimenti bibliografici, ma in nessun’opera è inserito un adeguato indice analitico. Solo nel dizionario di Bayle è integrata una separata sezione di rilevanza, costituita da quattro trattati. È risultato che il contenuto nelle opere ordinate alfabeticamente è soggetto all’influsso del compositore, in misura più ragguardevole a paragone delle opere ordinate in base al carattere o l’importanza dell’argomento. La gerarchia ontologica o teologica nelle opere enciclopediche organizzate in base all’argomento non lasciava tanto spazio al compositore per quanto riguarda l’ordinamento e la selezione dei lemmi e con ciò il contenuto degli articoli. Invece, l’alfabetizzazione delle opere enciclopediche rese più aperta e flessibile la selezione dei lemmi. Di conseguenza, il compositore poteva liberamente inserire o omettere voci, e poteva trattarle brevemente o estesamente, a secondo del proprio parere. Le preferenze personali dei compositori dei dizionari apparvero in primo luogo nella spiegazione dei lemmi attinenti alla fede. In questo modo, la libertà aumentata mise in moto la formazione letteraria dell’opera enciclopedica, come spiegata nella teoria di Kilcher, di cui è esempio il dizionario di Bayle, che funzionava piuttosto da copertura per l’esposizione delle visioni controversiali del compositore, anziché da opera informativa equilibrata e obbiettiva. In un momento successivo sarà ricercata e descritta la misura in cui i biografi si servirono della loro libertà letteraria, e il modo in cui questa libertà esercitò un’influenza sui loro scritti. Prima, vogliamo rivolgere lo sguardo all’uso delle fonti da parte del frate bolognese. In ogni modo, nei capitoli che restano, avrà il nostro particolare interesse l’oggetto di ricerca principale, l’Abcedario Pittorico orlandiano. ii Riguardo alla parola abcedario nel titolo della sua opera, Orlandi fece uso di un’ortografia differente da quella usuale; invece di abecedario scrisse abcedario, in cui è caduta la e. In questa tesi si è cercato di scrivere abcedario quando si tratta dell’abcedario orlandiano, e di notare abecedario quando si parla nel senso generale, anche se, evidentemente, queste forme di grafia sono intercambiabili. ii In questo testo, ‘corpo’ equivale la sezione che contiene le informazioni principali e che forma la parte più sostanziosa in un’opera enciclopedica. Il corpo può essere organizzato in ordine alfabetico, oppure in base al (carattere o la rilevanza del) soggetto. ii Il termine letterario per questo componimento poetico sarebbe acrostico alfabetico. ii Il riferimento agli inni abbecedari consola la parte della teoria di Kilcher, che spiega la scelta per la disposizione alfabetica negli abecedari originari in base al Salmo acrostico 119. ii Le definizioni dei termini sono tratte dal dizionario Garzanti – Dizionario Italiano, edizione aggiornata 2003 (serie dei Grandi Dizionari) (2002). ii I dati relativi alla quantità di abecedari pubblicati anteriori al 1704 sono il risultato d’una ricerca bibliografica nel catalogo condiviso online del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e l’ICCU (Istituto Centrale per il Catalogo Unico) (sito http://www.internetculturale.it/moduli/opac/opac.jsp.) I documenti inediti, i manoscritti sono esclusi dalla ricerca, dato che richiedono ricerche più specifiche che cadono al di fuori del raggio d’azione di questa tesi. ii Il titolo intero direbbe Abecedario espiritual, que trata de la circunstancias de la sagrada pasión del Hijo de Dios. ii Francisco de Osuna, Tercer Abecedario Espiritual (edizione annotata da Melquiades Andres), Madrid, Catolica, 1972 ristampa edizione 1544, pp.36-7. ii Francisco de Osuna 1544 (1972: 99). ii Si veda nota numero 6. ii La maggioranza degli autori degli scritti enciclopedici, dalle origini ai secoli più recenti, proviene da un ambiente ecclesiastico. Kafker (1981: 54) spiega ‘a clergyman’s life often permitted the leisure for literary endeavours’. ii Francisco de Osuna 1544 (1972: 41). ii Da: Andreas B. Kilcher, Mathesis und poiesis – die Enzyklopädik der Literatur 1600-2000, Monaco, Fink, 2003, p.205. ii Collison (1966: 25). ii La grammatica, la logica, la retorica, geometria, l’aritmetica, l’astronomia, la musica. ii Il Lessico Suidae fu un lessico enciclopedico greco, che comprese circa trentamila voci attinenti a varie discipline. ii Kilcher (2003: 178). ii Da: Garzanti – Dizionario Italiano, edizione aggiornata 2003 (serie dei Grandi Dizionari) (2002). ii L’Enciclopedia, composta da un gruppo di intellettuali francesi, tra cui Diderot (1713-1783) e d’Alembert (17171783), fu pubblicato tra il 1751 e il 1756 in 17 volumi, seguito da altri undici volumi di tavole. ii Una delle prime enciclopedie alfabetiche pubblicate in Italia è il Nuovo dizionario di Gianfrancesco Pivati. Questo dizionario fu stampato in dieci volumi, tra il 1740 e il 1750, nella città di Venezia. Precursori erano il Marucelli (16251703) con il manoscritto bibliografico Mare Magnum, il Gimma (1688-1736) che tra il 1690 e il 1693 compose un’enciclopedia che è rimasta inedita, il Coronelli (1650-1718) che, nel primo decennio del Settecento, pubblicò i primi sette volumi dell’incompiuta Biblioteca Universale Sacro profana, il cui progetto comprendeva 45 volumi. Da: Cappelletti, Salvatore, “Silvano Garofalo. L’Enciclopedismo italiano: Gianfrancesco Pivati” in Forum Italicum, Vol.17, No.1, 1983, pp.130-2. ii È solo la versione originaria, la prima edizione di ciascun dizionario che è sottoposta a questa ricerca. ii Nel titolo della prima edizione c’era scritto ‘sainte’, che nelle edizioni successive fu sostituito da ‘sacrée’. ii Si veda Frank A. Kafker, Notable encyclopedias of the seventeenth and eighteenth centuries: nine predecessors of the Encyclopédie, Oxford, The Voltaire Foundation at the Taylor Institution, pp.30-1. ii La seconda (1681) e le altre edizioni successive uscirono postumo. ii In forma più estesa, il titolo dice Dictionnaire universel, Contenant generalement tous les mots françois, tant vieux que modernes, et les termes des sciences et des arts. ii Era negli stessi Paesi Bassi che vennero pubblicate la prima e le edizioni successive del controversiale Dictionnaire universel di Furetière. ii Da: Pierre Bayle, Dictionnaire historique et critique – nouvelle édition, Tome XVI, Ginevra, Skatline, 1969 ristampa edizione 1820, p.301. ii id., pp. 89-102. ii Per un’estesa bibliografia su Bayle e lo stile nel Dictionnaire historique e critique si consulti Frank A. Kafker (1981: 102-3). III LE FONTI USATE PER LA COMPOSIZIONE DELL’ABCEDARIO PITTORICO Non è molto complicato rendersi conto del fatto, che per la composizione di un’opera enciclopedica come l’abcedario pittorico, il compilatore ha necessità di disporre non solo di una vasta conoscenza, di una larga biblioteca, ma anche di una grande varietà di fonti che tengano in moto il continuo afflusso d’informazioni. Per la descrizione delle vite degli artisti, Orlandi fece uso intensivo dei trattati e manoscritti sull’arte in generale e la pittura e le vite di artisti in particolare, che fino a quel momento furono prodotti. A questi lavori degli autori precedenti e contemporanei, è dedicata l’estesa bibliografia in fondo dell’Abcedario Pittorico. Più interessante è il fatto che Orlandi inserì un gran numero di artisti contemporanei, che nell’Abcedario pittorico conobbero il debutto della propria biografia in forma stampata. Le vite di questi artisti da ora in poi saranno chiamate vite originali. Allora, per la composizione della sua opera, il frate aveva a disposizione due categorie di fonti principali: - La letteratura esistente; essa comprendeva il totale dei manoscritti e le opere pubblicate, sia degli autori contemporanei, sia degli scrittori del passato. Qui va tuttavia aggiunto che, evidentemente, si tratta di fonti potenziali e neanche il nostro frate zelante poteva chiamarsi lettore dell’intera produzione letterario-artistica che fino a quel momento era in giroii. Comunque, è chiaro che gli passò sotto gli occhi gran parte degli scritti esistenti. - La cerchia di persone intorno alla sua figura, che gli fornirono delle informazioni necessarie per la descrizione delle vite originali. Facciamo riferimento al capitolo dedicato alla biografia del frate in cui parliamo delle sue reti di contatti, che seppe costruire grazie al fatto che era socio di due organizzazioni che conobbero un largo elenco di soci, anche internazionali, includendo quelli altamente posizionati sulla scala sociale. Questo capitolo vuol mettere più luce sul processo compositivo dell’abcedario, in base ad un discorso sull’uso delle fonti da parte del frate. Per essere più chiari, vogliamo aggiungere che si intende la composizione nel senso della stesura, implicando la redazione dell’opera e la fase precedente ad essa in cui ci si documenta e in cui si raccoglie il materiale necessario per la composizione del testo. L’obiettivo del capitolo è di rispondere alle seguenti domande Come funzionava la composizione delle vite non originali ? Come funzionava la composizione delle vite originali? Come andava l’esatta distribuzione dei dati relativi alle vite degli artisti, originali o meno, e qual’era l’influsso dei conoscenti sul contenuto dell’abcedario? Per avere cognizione dello svolgimento del genere delle opere biografiche, si inizia l’argomentazione con una breve esposizione descrittiva sulla letteratura artistico-biografica nei secoli XV-XVII, in cui ci basiamo per gran parte sulle informazioni forniteci dallo Schlosser nella sua La letteratura artistica (1956), e dallo Sciolla nella Letteratura artistica del Settecento (1983) e la Letteratura artistica dell’età barocca (1983). Questo quadro può essere relazionato alla prima categoria di fonte menzionata all’inizio di quest’introduzione. Dopo l’esposizione, il discorso prosegue a livello analitico in modo da rispondere alle domande sopraindicate. Un’osservazione precedente al discorso che segue: sull’uso delle fonti in generale In questo punto, è opportuno notare che sarebbe insostenibile pensare che oggigiorno siamo in grado di fare una definitiva ricostruzione dell’uso delle fonti da parte dei biografi da noi studiati. Infatti, per conoscere queste fonti di cui si è servito un autore, si è in primo luogo dipendenti dagli accenni bibliografici esposti nell’opera di cui si tratti. Tuttavia, all’epoca, l’uso delle fonti da parte degli autori non conobbe la trasparenza di oggi, ha constatato anche lo Schlosser che scrive a tono deciso ‘certo dobbiamo sempre ricordarci che nel Rinascimento il concetto del plagio era tutto diverso, molto più largo di quel che non sia per noi’ii. Come abbiamo già discusso in un momento precedente, la nozione di ‘bibliografia’ non era ancora del tutto integrata nel sistema dei compilatori delle opere artistiche a cui si è rivolto il nostro sguardo, ed è ben possibile che l’assenza di un’esplicita e generale convenzione relativa all’uso e la citazione di fonti, è alla base dell’atteggiamento poco rispettoso verso i colleghi scrittori contemporanei o del passato. Molte tra le opere da noi trattate sono sprovviste di riferimenti bibliografici, e vengono così caratterizzate da una mancanza di ogni sorta di bibliografia. Nondimeno, possiamo essere sicuri che la maggioranza dei biografi nel nostro contesto abbia consultato gran parte dei lavori dei precursori per la composizione della propria opera, il che è stato dimostrato da un gran numero di storiografi che si sono occupati di questa materiaii. Ciò si lascia dedurre tra l’altro dalle analogie tra le descrizioni biografiche nelle varie opere, soprattutto nei casi degli artisti che vissero in un’epoca antecedente alla nascita del biografo dell’opera in cui vengono descritti, e nei casi degli artisti di cui non esista nessuna ambivalenza relativa al fatto che non abbiano tenuto stretti rapporti personali con il compositore dell’opera in cui è inserita una descrizione della propria vita. Anche se in quel tempo, lo scritto di un precursore o un coetaneo rimase inedito, se un solo biografo, la cui opera fu sì stampata, seppe consultare il manoscritto in questione, integrando nel proprio lavoro i dati ricavati e descritti dall’altro scrittore, le informazioni provenienti dal documento originale erano messe in circolazione, disponibili per un gran pubblico di interessati. In tal modo, il biografo, che potremmo nominare secondario, mise in moto l’infrenabile processo della distribuzione dei dati e della conoscenza sull’arte e le vite artistiche, come una reazione a catena. Così, il biografo secondario spianò anche la via ai colleghi scrittori di biografie di artisti. Per noi, invece, questo processo rende più complicata la ricostruzione dell’uso delle fonti usate per la composizione delle opere. Anche l’Orlandi, servendosi di opere le cui informazioni, in parte, erano tratte da altre opere, partecipò alla catena. Contemporaneamente, egli mise in moto lo stesso processo, anche se si affaticò per l’inserimento dell’esatto luogo originale delle informazioni tratte dalle altre opere dopo ogni singola vita non-originale, e per un’estesa bibliografia in fondo all’Abcedario. Nell’opera, si trovano almeno due luoghi in cui anche Orlandi tralasciò di integrare un riferimento alla fonte consultata. Nella tavola quarta della seconda edizione dell’Abcedario, c’è da osservare una sezione metodica, di cui gran parte letteralmente copiata dal testo in Breve istruzione per dipingere a fresco (1784) del pittore Andrea Pozzoii. Né precedente né di seguito a questa sezione viene riferito a quest’opera, ed il lettore, ingiustamente, ha l’idea di leggere un testo originalmente scritto da Orlandi. Lo stesso vale per le tavole con i monogrammi, nelle edizioni del 1704 e del 1719, ci ha fatto notare il Nagler in Die Monogrammisten (1860), in cui descrive che le tavole nell’abcedario sono state copiate da quelle composte dallo scrittore francese Florent le Comte. Neanche in questo caso Orlandi fece menzione della fonte, anche se il titolo dell’opera del Comte si trova sì nella bibliografia. A secondo dei nostri parametri, in entrambi i luoghi sarebbe stato non solo corretto ma anche imperativo inserire il riferimento alla fonte, non solo nella bibliografia ma anche in modo diretto, precedente o di seguito al brano interamente copiato o per gran parte tratto da un’altra opera. Considerando che questo comportamento riguardo alla citazione delle fonti si svolse su larga scala, ritorniamo al punto in cui abbiamo iniziato la discussione su questo particolare argomento, cioè all’osservazione che ci sembra irrealizzabile fare un’esatta ricostruzione del processo della distribuzione, lo scambio di dati sulle vite degli artisti, e l’interdipendenza reciproca o la fattuale dinamica tra gli scritti dei vari biografi qui menzionati. Dall’altro lato, non è questo il nostro principale soggetto di ricerca, comunque ci è sembrato necessario includere le informazioni in questo paragrafo nell’attuale capitolo, per rendere più accessibile il testo che segue. Trattando le fonti dell’Orlandi, partiamo dai dati che sono presenti nell’abcedario e dalle informazioni che abbiamo potuto ricavare dalla corrispondenza del frate. Introduzione al panorama storiografico sulla letteratura artistico-biografica Il nostro frate non era certo il primo a descrivere le vite di artisti. Anche se nella letteratura attuale Le Vite del Vasari sono spesso marcate come punto di svolta nel genere delle opere artistico-biografiche, la tradizione di descrivere le vite di personaggi illustri conobbe una storia più lunga, prendendo spunto già nel Quattrocento con uno scritto latino del fiorentino Villani. Nei secoli XIV-XV, la maggior parte della letteratura artistico-biografica proviene da autori fiorentini, e riguarda gli artisti nati o attivi nella stessa città. È dal Seicento che fioriscono le opere degli scrittori che hanno origine nelle altre città italiane. Non è solo nelle regioni e le città settentrionali, quali Venezia o Bologna, che emerge questo genere di opere, anche la contribuzione romana è ben pronunciata, il che sarà evidenziato nei paragrafi che seguono. Occorre inoltre prendere nota del fatto che in questi secoli, nel panorama più largo, l’Italia prende la posizione preminente in questa settore letteraria. È per questo che il nostro sguardo si è rivolto primariamente ai biografi italiani. Tuttavia, per rendere più completo il quadro da noi schizzato, alla fine del discorso, facciamo un breve riferimento agli scrittori di provenienza non italiana. Discuteremo in ordine cronologico, dalle origini fino al Settecento, lo sviluppo del genere delle opere che trattano le vite di artisti. Il panorama non serve tanto da scopi analitici, quanto da sola impressione dello stato del genere in cui è nato il nostro primario oggetto di studio, l’Abcedario Pittorico orlandiano. Per mancanza di spazio, non è possibile elencare tutti i lavori, per limitarci abbiamo selezionato i titoli e gli autori che ritroviamo più volte nei riferimenti bibliografici nel corpo dell’Abcedario Pittorico e che nella letteratura secondaria attuale sono marcate come opere decisive per l’evoluzione del genere artistico. Il Quattro ed il Cinquecento: la supremazia dei biografi fiorentini Nel Quattrocento, circa il 1400, era Filippo Villani a scrivere De origine civitatis Florentiae et eiusdem famosis civibus, che fu pubblicato solo nel 1847 da Galletti a Firenzeii. Questo lavoro in due volumi, scritto in latino, era dedicato alle origini di Firenze e comprese anche le biografie di alcuni personaggi fiorentini che lasciarono la propria impronta sulla storia della città di nascita, quale Guido Cavalcanteii, poeta e importante esponente del dolce stil novo. Va sottolineato che le vite descritte da Villani non appartennero necessariamente agli artisti, ma ai noti personaggi in generale. Dopo il Villani segue il lavoro dello scultore fiorentino Lorenzo Ghiberti, intitolato Commentarii. Il lavoro, diviso in tre parti, che Ghiberti iniziò a scrivere nel 1447, rimase incompiuto e fu pubblicato solo nell’Ottocentoii. Nel 1481, Cristoforo Landino scrisse il suo Commento dantesco, che comprende le descrizioni biografiche degli artisti fiorentini più noti del Quattrocento. Tra il 1481 e il 1530 fu scritto un’altra opera sull’arte e gli artisti fiorentini, che nella letteratura viene chiamata il Libro di Antonio Billi, anche se non è del tutto indubitabile che il Billi sia stato l’autoreii. In Schlosser leggiamo che questo libro fu di grande valore particolarmente per le informazioni sul Quattrocento, di cui il Vasari fece uso intensivo per la composizione delle sue Vite. Un altro scritto fiorentino è l’anonimo Codice Magliabechiano, composto fra il 1537 e il 1542. Di recente, la ricercatrice groningese Bouk Wierda, che si occupa di una tesi di dottorato sulla figura e le attività del patrizio e mecenate fiorentino Bernardo Vecchietti, durante la sua ricerca d’archivio, ha saputo ricavare informazioni che indicano che l’autore dello scritto sia stato lo stesso Vecchiettiii. Il Codice Magliabechiano forma un’esposizione cronologica dello sviluppo generale dell’arte, dall’antichità classica ai tempi più recenti. Passano in rassegna le descrizioni delle vite degli artisti fiorentini e senesi del Trecento e del primo Quattrocento. Il manoscritto, pubblicato per la prima volta negli anni settanta dell’Ottocento, comprende anche una grande quantità di notizie sugli artisti contemporanei, quali Andrea del Sarto e Michelangelo. Lo scritto non fu mai compiuto, forse perchè nel 1550 venne pubblicata un’opera concorrente; Le Vite del Vasari. Un altro scritto cinquecentesco sull’arte fiorentina, neanche completato, fu quello del fiorentino Giovanni Battista Gelli. Il lavoro, chiamato Le Vite di Gelli, comprendeva tra l’altro le biografie degli artisti fiorentini del Tre e Quattrocento, da Giotto a Lippo e da Ghiberti ad Andrea di Cione, detto il Verrocchio. Lo Schlosser nomina il Gelli «un figlio genuino del pieno Rinascimento», che voleva «dimostrare che Firenze è il fecolareii e la patria dell’arte vera e moderna »ii. Segue il medico e storiografo Paolo Giovio, nato a Como nel 1483, che aveva progettato la composizione di quattro opere, dedicate alla collezione di quadri che teneva in casa, a secondo delle quattro categorie in cui erano suddivisi. Il Giovio non completò la categoria degli artisti, ma riuscì a produrre tre testi in onore dei tre grandi pittori del Cinquecento, Leonardo, Raffaello e Michelangelo, che erano completati da brevi notizie su altri artisti dell’epoca, come Andrea Sansovino, Baccio Bandinelli e Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodomaii. È importante notare che nel manoscritto, il Giovio inserì non solo gli artisti fiorentini, ma anche quelli provenienti dall’Italia settentrionale, come i pittori che operarono a Venezia, quali Dosso Dossi, Sebastiano del Piombo e Tiziano. Gli scritti del Giovio furono pubblicati per la prima volta alla fine dell’Ottocento. In questo punto siamo arrivati all’opera vasariana Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani da Cimabue insino a’ tempi nostri, che uscì a Firenze nel 1550. La prima edizione del trattato, dedicato al granduca Cosimo I de’ Medici, era divisa in tre parti, ciascuna introdotta da un lungo proemio, e consisteva di due volumi. La seconda edizione, aggiornata ed accresciuta, uscì nel 1568, diciotto anni dopo la prima edizione. Lo Schlosser spiega che era la prima edizione che in generale venne e viene ancora apprezzata in particolar modo, perlopiù per l’alta qualità letteraria esposta nelle varie parti dell’opera. Precedente alle descrizioni biografiche, sono da ritrovare trentacinque capitoli di carattere informativo, ognuno con il proprio titolo, trattando i fondamenti dell’architettura, la scultura, e la pittura. Le vite degli artisti, principalmente provenienti dall’area toscanaii, hanno una disposizione cronologica, come indicato dal titolo. La lunghezza delle descrizioni biografiche è variabile, e va da un paragrafo ad un gran numero di pagine. Anche se sono praticamente assenti i riferimenti bibliografici, sappiamo che per la composizione delle Vite, il Vasari fece uso dei trattati sopra menzionati, che erano tutti ancora nella forma manoscrittaii. In questo punto è opportuno osservare che all’epoca, era di buon uso fiorentino non inserire in una tale opera gli artisti ancora viventi, o solo ‘quelli la cui parabola artistica fosse ormai compiuto e visibile nell’insieme’, come spiega lo Schlosserii. È solo nella seconda edizione del 1568 che il Vasari si scosta da questa regola, dedicando alla fine dell’ultimo tomo un lungo brano agli artisti viventi, intitolato Degl’Accademici del disegno, pittori, scultori et architetti e dell’opere loro, e prima del Bronzino. Possiamo finire questo passaggio sul Vasari, osservando che con le sue Vite, ci ha provvisto di un documento che forma una ricca miniera di informazioni, non solo sugli artisti del Cinquecento, ma anche sulle concezioni artistiche che all’epoca erano attuali, sull’interdipendenza tra il Vasari, i personaggi nella sua cerchia di conoscenti, gli artisti e gli altri scrittori, e sulla figura, le visioni estetiche, e le preferenze personali dell’autore. Nel panorama più largo, potremmo, infatti, sostenere che il Vasari è stato il fondatore principale della critica d’arte. Nel 1584 venne pubblicato Il Riposo di Raffaele Borghini, intitolato alla villa ‘Il Riposo’ del prima menzionato Bernardo Vecchietti, trovandosi in Val d’Ema, non tanto lontano da Firenze. Nella villa, si svolge una conversazione tra il proprietario, il Borghini, ed altri due nobili fiorentini, Baccio Valori e Girolamo Michelozzi. Questa conversazione forma la base dell’opera, che è divisa in quattro libri. Il primo e il secondo libro sono di carattere teorico mentre il terzo e il quattro libro trattano la storia dell’arte. La conversazione su cui si sono basati gli ultimi due libri, viene da Schlosser caratterizzata come ‘un sommario succinto e insignificante della vecchia storia dell’arte, che non è nemmeno originale, ma è tolto dalla lettera dell’Adriani al Vasari. Segue quindi un cattivo estratto dal Vasari’ii. Invece, sono considerati di gran valore i dati descritti dal Borghini che riguardano le biografie degli artisti contemporanei dopo il Vasari, che sono ordinate cronologicamente. Le informazioni per la composizione di queste vite come pennellate dal Borghini, vennero dal proprietario della villa, Bernardo Vecchietti. Il Sei e il Settecento: le contribuzioni provengono da tutte le parti dell’Italia Roma Nel Seicento, si osserva un cambiamento nel luogo di provenienza, non solo dei biografi stessi ma anche degli artisti descritte nelle opere. Firenze mantiene la posizione di città cruciale riguardo alla produzione di opere sull’arte, ma non va trascurata la posizione di Roma, che in questo secolo sa guadagnarsi una reputazione come influente città culturale, che diventa sempre più seria. L’influsso papale si manifesta nel carattere della città, che ottiene una fisionomia duplice. Da un lato sospira sempre l’antichità classica, dall’altro lato si manifesta come esponente centrale del Barocco, lo stile artistico legato alla Controriforma. L’arte, tra l’altro la pittura e l’architettura, doveva formare un’espressione della fede cattolica, comprensibile anche per gli analfabeti. Per realizzare questo obiettivo, l’arte doveva narrare la storia biblica, in un modo chiaro ma comunque travolgente. Pertanto, non sorprende che, nella letteratura artistica, anche la storiografia romana seppe acquisire una posizione più significativa. Un importante storiografo romano che entra perfettamente in questo quadro sarebbe Giovanni Baglione, che nel 1642 pubblicò una serie di biografie di artisti perlopiù romani che vissero entro il 1572 ed il 1642, intitolato Le vite de’ pittori, scultori ed architetti, dal Pontificato di Gregorio XIII del 1572 fino a’ tempi di Papa Urbano VIII nel 1642. Il libro era ordinato cronologicamente, ed i periodi nei capitoli erano stabiliti in base ai regni dei papi, già evidenziato nel titolo, da Gregorio XIII a Urbano VIII. Si sono descritte le vite di maestri che operavano a Roma, quali Santi di Tito, Annibale Carracci, Federico Fiori (detto il Baroccio), Michelangelo Merisi (detto il Caravaggio), Pietro Bernini. In più, sono rappresentate anche le vite di alcuni artisti stranieri, come Pieter Paul Rubens e Paul Bril. Anche nella sezione degli intagliatori troviamo artisti di provenienza estera, come Hubert Goltzius e Aegidius Sadeler. Un altro storiografo romano è l’abate Pietro Bellori (1613-1696), che dallo Schlosser viene caratterizzato ‘il più importante storiografo dell’arte non solo di Roma ma di tutta l’Italia, anzi dell’Europa’ii. Il Bellori scrisse alcune opere sull’arte, tra cui le Vite de’ pittori, scultori ed architetti moderni, che uscì nel 1672. Il numero delle vite descritte era limitato, furono inseriti solo gli artisti che dall’autore erano considerati i più significativi, come Annibale e Agostino Carracci, Federico Baroccio, il Caravaggio. Accanto agli artisti italiani erano rappresentati anche i maestri stranieri, come Rubens, van Dyck, Poussin. Altri biografi romani sono G.B. Passeri, Lione Pascoli e Niccolò Pio. Il Passeri (16101679) continuò dove il Baglione aveva finito in Le vite de’ pittori, Scultori ed Architetti che hanno lavorato in Roma, morti dal 1641 fino al 1673, che fu pubblicato dopo la morte dell’autore nel 1772. Il Pascoli (1674-1744) scrisse Le vite de’ pittori, scultori ed architetti moderni scritte e dedicate alla Maestà di Vittorio Amedeo Re di Sardegna, che vennero stampate in due volumi tra il 1730 ed il 1736. Il manoscritto di Pio (1677-?), composto tra il 1718 ed il 1724, è intitolato Vite de’ pittori, scultori ed architetti in compendio di un numero di 225 scritte e raccolte da N.P. dilettante Romano, dedicate alli Signori Virtuosi e Dilettanti della Pittura e del Disegno. Questo scritto non venne mai pubblicato interamente, solo la prefazione e l’indice uscirono in forma stampata nel corso dell’Ottocento. Ritornando alla bibliografia nell’Abcedario Pittorico, si osserva che gli scritti di Passeri, Pascoli e Pio, all’epoca ancora in forma manoscritta, sono rimasti ignoti a nostro autore, che menzionò solo i lavori del Bellori ed il Baglione. Venezia, Milano, Bologna, Ferrara per ritornare a Firenze Nel 1648 vennero pubblicate le Maraviglie dell’arte del pittore, letterato e incisore Carlo Ridolfi (1595-1658). Questa opera trattava le vite di oltre 150 vite di pittori veneziani, tra cui Mantegna, Bellini, Giorgione ma anche di artisti delle altre città italiane. Lo Schlosser cita il Ridolfi come ‘la fonte più importante per la Venezia del Seicento, accanto a Marco Boschini’ii, scrittore della guida pittorica in rima, la Carta del navegar pitoresco, uscita a Venezia nel 1660. A Milano uscì Il ritratto di Milanoii di Carlo Torre (1674), che era diviso in tre libri, trattando l’arte milanese del passato e del tempo più moderno. A Bologna andò alle stampe la Felsina Pittrice (1678) del conte e sacerdote Carlo Malvasia (1616-1683), che era dedicata a Luigi XIV. L’opera, divisa in quattro capitoli, comprese le vite degli artisti bolognesi, perlopiù contemporanei, presentate in ordine cronologico. Al contrario della storiografia fiorentina, il Malvasia dedicò particolare attenzione all’arte bolognese del Medioevo. Lo stile nell’opera, dallo Schlosser descritto come ‘gonfio stile secentesco che fu considerato con sincero orrore dai classicisti del secolo seguente’ii, entra nella tendenza barocca che all’epoca era attuale. Comunque, lo stesso Schlosser è di opinione che ‘il Malvasia è per Bologna una fonte di prim’ordine, che supera in ricchezza qualunque altra storia locale’ii. Con la Felsinaii Pittrice, che comprendeva non solo le descrizioni biografiche di un gran numero di artisti bolognesi, ma anche un esteso discorso sull’origine ed i progressi dell’arte bolognese, il conte diede rilievo a Bologna come città culturale. Ciò viene letteralmente illustrato dall’incisione, che appare più volte nell’opera, di una figura allegorica di Bologna, che tiene in mano una bandiera con l’emblema della città, raffigurata in due uguali stemmi araldici, alternati dall’iscrizione della parola ‘Libertas’. All’altezza dei piedi della figura si trovano due libri con l’iscrizione latina ‘Bononia Docet’ (Bologna insegna)ii. In un'altra città dell’Italia settentrionale, a Ferrara, ebbe sede un contemporaneo di Orlandi, lo storiografo e sacerdote Girolamo Baruffaldi (1675-1755). Tra il 1679 ed il 1722 scrisse le Vite de’ Pittori e Scultori Ferraresi, che conobbero una prima pubblicazione postuma, nel 1844. Orlandi era al corrente dell’esistenza del manoscritto del coetaneo, mostra la frase che segue il riferimento all’opera di Baruffaldi nella bibliografia dell’Abcedario ‘libro già compiuto e promesso alle stampe in 4’ii. Oggigiorno sappiamo che esisteva una corrispondenza tra l’Orlandi ed il Baruffaldi, che consisteva in almeno tre lettere scritte dal sacerdote, e che ebbe luogo nel 1704ii. È molto probabile che l’Orlandi venne a conoscenza del sacerdote nel periodo che trascorse a Ferrara, che si svolse dopo il noviziato. A Firenze poi vennero pubblicate le opere dell’abate e letterato Filippo Baldinucci (1625-1696), tra cui le Notizie de’ Professori del disegno da Cimabue in quaii, stampate tra il 1681 ed il 1728, ed il Cominciamento e progresso dell’arte dell’intagliare in rame colle vite di molti de’ più eccellenti maestri della stessa professione (1686). Per questo ultimo lavoro, lo Schlosser apprezza il Baldinucci da creatore della ‘prima storia di una tecnica importante come quella dell’incisione in rame e dell’acquaforte’ii, anche se il Cominciamento non è il primo scritto a trattare l’arte dell’intagliare. Già nella seconda edizione delle sue Vite, il Vasari fa mostra di un discreto interesse in questo terreno d’arte, tra l’altro nella vita di Marcantonio Raimondiii ed anche nelle Vite del Baglione abbiamo localizzato descrizioni biografiche di intagliatori. Le Notizie, come implica il titolo, erano designate da revisione e supplemento alle Vite vasariane e vengono caratterizzate dallo Schlosser ‘la prima storia universale dell’arte figurativa in Europa’ii. Il Baldinucci, che del resto non era artista come il celebre precursore, adoperò l’ordine cronologico delle Vite ed applicò un’esplicita suddivisione in secoli, decenni ed anni. Inoltre, mantenne l’orientamento internazionale, già da osservare nelle opere dei biografi romani menzionati sopra. L’affinità con l’arte da parte del fiorentino, che all’epoca si era già guadagnato un’ottima reputazione di letterato ed accademico della Crusca, si spiega per gran parte nelle attività che svolse per la famiglia regnante nella sua città di nascita, de’ Medici. L’abate aveva ottenuto l’incarico di ordinare la collezione di disegni, raccolta dalla dinastia medicea in un arco di tempo di secoli, per il cardinale e co-accademico Leopoldo de’ Medici. Dopo la morte del cardinale, si occupò con gli acquisti di quadri alla corte del granduca Cosimo III. Essendo eminente membro dell’Accademia della Crusca, il Baldinucci si dedicò con tanta dedizione alla divulgazione della variante purista della lingua italiana. Di ciò testimonia tra l’altro il suo Vocabolario Toscano dell’arte del disegno, stampato nel 1681 e dedicato agli accademici della Crusca. Nella dedica, leggiamo che il desiderio del Baldinucci era di stabilire un lessico standard del linguaggio artistico, basato sulla variante toscana della lingua italiana e di inserire nella terza edizione del Vocabolario della Crusca, che sarebbe uscita nel 1691, una selezione dei vocaboli. I professori emeriti fiorentini del nostro tempo, Nencioni e Barocchi, scrivono [..] le due opere fiorentine rappresentano tappe fondamentali per la storia della lessicografia italiana e sono strettamente correlate fra loro. Il lessico storico-artistico nel vocabolario storico-normativo della lingua comune (Crusca) viene filtrato soprattutto attraverso il lessico dell'uso; nel vocabolario tecnico (Baldinucci) questo lessico viene finalmente connesso ad una letteratura specificaii. Dunque, è con il vocabolario del Baldinucci che il lessico artistico forma, per la prima volta, il tema principale in un lavoro di carattere enciclopedico. Nell’Abcedario Pittorico è esplicitamente visibile l’influsso del Baldinucci; nella prefazione Orlandi cita il vocabolario e spiega di aver rispettato il lessico artistico suggerito dall’accademico della Crusca. Gli scrittori oltremontani Benché nell’Abcedario Pittorico i titoli citati nella bibliografia riferiscano in primo luogo agli scritti italiani, è presente anche un certo numero di opere composte da autori esteri. Pure nella letteratura secondaria più moderna, tra cui lo Schlosser, viene riferito a questo gruppo di scrittori, anche se in modo discreto. Pertanto, sarebbe limitato negare completamente le loro contribuzioni al genere delle opere artistico-biografiche. Ad Anversa uscì l’opera del fiammingo Cornelis de Bie, Het gulden cabinet vande edel vry schilder const: inhoudende den lof vande vermarste schilders, architect, beldthowers, ende plaetsnyders van deze eeuw, del 1662. De Bie descrisse, in rima, le vite di un gran numero di artisti, perlopiù di quelli attivi ad Anversa, tra cui alcuni che conobbe personalmente. Già nella prima edizione dell’Abcedario, Orlandi fece riferimento a quest’opera, ed aggiunse che il compositore fiammingo aveva compilato un altro lavoro sulla pittura, insieme a Karel van Mander, pittore e scrittore dell’Olanda del sud. Anche il Van Mander, scrittore del Het SchilderBoeck (1604), ha il proprio posto sull’elenco bibliografico in fondo dell’abcedario. Nel 1707 venne mandato alle stampe il Groot schilderboek del pittore Gerard de Lairesse, che era attivo ad Utrecht e ad Amsterdam. Infatti, nell’edizione del 1719 ritroviamo l’opera del Lairesse sulla lista bibliografica dell’abcedario. All’inizio del Settecento, tra il 1718 ed il 1721, in Olanda venne stampato un altro libro artistico-biografico dell’artista e scrittore Anrnold Houbraken (1660-1719), De groote schouburgh der Neder-lantsche konstschilders en schilderessen. Il libro, diviso in tre parti, era progettato come continuazione del libro di van Mander. Anche lo Houbraken mantenne stretti rapporti con un gran numero di pittori, o con i loro parenti, descritti nella sua opera. Sull’importanza sia del van Mander sia dello Houbraken, citiamo lo Schlosser, che scrive ‘per la storia della pittura dei Paesi Bassi nel Seicento lo Houbraken è importante quanto il van Mander per il secolo precedente’ii. È nella seconda edizione dell’abcedario che lo Houbraken, nominato ‘Heubraken’, ottiene un proprio posto sull’elenco bibliografico. La descrizione di Orlandi è la seguente: ‘Heubraken, pittore in Amsterdam, dove con ogni accuratezza attualmente fa imprimere le Vite dei Pittori Olandesi’ii. Dunque, perfino anteriore alla pubblicazione, Orlandi era al corrente della composizione dell’opera dell’artista olandese, il che dimostra di nuovo la perspicacia e la prontezza del frate, come anche l’effettività della sua rete sociale. Infatti, nel testo che segue risulterà che erano gli contatti olandesi a informarlo sui progressi editoriali dello Houbraken. Alla fine del Seicento uscì in Germania la Teutsche Academie der Edlen Bau-BildMahlery Künste del pittore tedesco Joachim von Sandrart (1606-1688). Questa imposante opera, in due volumi e composta di tre parti, viene dallo Schlosser caratterizzata come ‘un monumento della diligente dottrina tedesca, il più esteso e il più sontuoso che esista in quasi tutta la letteratura artistica’ii. Il Sandrart viaggiò in Olanda, Italia, Inghilterra ed Austria e fece conoscenza tra l’altro con i maestri italiani come Pietro da Cortona, Bernini e con i pittori nordeuropei come Gerard van Honthorst (olandese), Peter Paul Rubens (fiammingo). In Francia venne pubblicato il libro Entretiens sur les vies et les ouvrages des plus excellens Peintres, anciens et modernes (1666) dell’architetto e storiografo André Félibien. Il lavoro è diviso in due parti; la prima è intitolata Premier Entretien e tratta i pittori che vissero nell’Antichità, la seconda si chiama Second Entretien e tratta i pittori italiani più moderni, da Cimabue ad Andrea del Sarto. Un riferimento a questo titolo è da ritrovare sia nella prima sia nella seconda edizione dell’abcedario. L’indicazione delle fonti nell’Abcedario Pittorico Precedente all’abcedario degli artisti moderni, è dedicata una pagina agli autori ‘de’ quali si è servito l’Autore’, in cui è citata una trentina di nomi di colleghi biografi, quali i biografi più studiati come il Baldinucci, il Borghini, il Ridolfi, il Sandrart, il Vasari, ma anche quelli meno conosciuti, quali il Borbone, il Dolci, il Lomazzo, il Polibioii. Alla fine dell’elenco viene riferito alla bibliografia più estesa della seconda tavola nell’ultima parte dell’abcedario, che comprende più di 150 titoli di opere sull’arte di oltre 120 scrittori diversi. In più, dopo la descrizione di ogni singola vita segue, in molti casi, l’esatta indicazione dalla fonte. Così, conosciamo i nomi dei precursori, i cui trattati l’Orlandi consultava per la compilazione dell’abcedario. Dunque, anche in base a queste indicazioni, sappiamo che Orlandi ha consultato intensamente i trattati dei precursori. Invece, l’opera comprende anche le descrizioni di vite, di cui la provenienza dei dati biografici non è del tutto ben determinata. In questi casi, il riferimento alla fonte si limita alle lettere M.S. Ciò significa che i dati sono tratti da un manoscritto di cui rimangono ignoti il titolo e l’autore. Poi, la biografia di altri pittori non comprende nessun accenno alla fonte, ed è molto probabile che, di questi artisti, Orlandi fu il primo a descrivere la vita. Molto significativa in questo contesto è una frase di Orlandi, proveniente dalla corrispondenza con il Marmi, in cui scrive, riguardo al numero dei «Professori d’aggiungere» nell’abcedario, che ‘[..] è meglio abbondare che mancare’ii. A quanto pare, l’intenzione del frate era di inserire più vite possibili, anziché descrivere in modo dettagliato ed esteso le biografie di un limitato numero di artisti celebrati Il frate non badava a spese nel prendere informazioni dai testi dei precursori. Per rispondere al proprio desiderio di comporre un manuale di un volume solo, contenendo le descrizioni biografiche di un gran numero di artisti, egli scelse di limitare la lunghezza delle vite descritte. Per questo, Orlandi fece un estratto dei testi dei precursori, ora copiando gran parte del testo scritto dal biografo originaleii, ora adoperando solo in qualche luogo l’uso delle parole, sempre cercando di moderare il tono che apparve nella biografia originale. In altre parole, nelle sue biografie, il frate applicò una carica corrispondente alla carica nella biografia originale del particolare artista, seppure sempre in forma assai più moderata. Ciò sarà illustrato sulla base di tre esempi di biografie di artisti, in cui discuteremo la similarità e la dissomiglianza tra il testo e il tono dello scrittore originale e il testo e la carica di Orlandi, per rispondere alla domande seguente Come funzionava la composizione delle vite non originali ? Per i tre esempi, abbiamo selezionato una biografia in cui lo scrittore originale si esprime in modo decisamente sfavorevole riguardo all’artista e il suo lavoro, una in cui il biografo originale assume una posizione neutrale, e infine una biografia in cui il biografo originale fa mostra di un atteggiamento alquanto affermativo verso l’artista e la sua pratica. La vita di Rembrandt del Reno Prima, cerchiamo di osservare le analogie e la dissomiglianza tra la descrizione della vita di Rembrandt del Reno in Orlandi ed in Baldinucci, che viene menzionato come fonte per questa particolare vita nell’Abcedario Pittorico. Il Baldinucci si mostrò alquanto pronunciato, a scapito del pittore olandese, dipingendolo come [..] pittore in vero d’assai più credito, che valore [..] che fu molto diverso di cervello dagli altri uomini nel governo di se stesso, così fu anche stravagantissimo nel modo di dipingere, e fecesi una maniera, che si può dire, che fosse interamente sua, senza dintorno sì bene, o circonscrizione di linee interiori, né esteriori, tutta fatta di colpi strappazati, e replicati con gran forza di scuri a suo modo, ma senza scuro profondo. E quel che si rende quasi impossibile a capire si è, come potesse essere, ch’egli col far di colpi operasse si adagio, e con tanta lunghezza, e fatica conducesse le cose sue, quanta nessun’altro maiii. In un altro passaggio ritroviamo illustrato il fenomeno della forzosa interdipendenza tra il carattere dell’artista e il suo modo di lavorare, che all’epoca apparve in praticamente tutti gli scritti dei biografi, che per questo motivo potremmo nominare storiografi invece di storici. Una discussione più estesa su questo argomento si trova nel capitolo seguente dedicato allo stile e il contenuto in cinque brani particolari nell’abcedario. Il Baldinucci prosegue Con questa sua stravaganza di maniera andava interamente del pari nel Rembrant quella del suo vivere; perch’egli era umorista di prima classe, e tutti disprezzava. Lo scomparire che faceva in lui una faccia brutta, e plebea, era accompagnato da un vestire abbietto, e sudicio, essendo suo costume nel lavorare il nettarsi i pennelli addosso, ed altre cose fare, tagliate a questa misura ii. Nell’Abcedario Pittorico, Orlandi copiò alcune combinazioni di parole o sintagmi, ma evitò di esprimersi al modo acuto come il precursore Rembrandt del Reno nato in Leida l’anno 1606; da se stesso fabbricossi una maniera nó mai piu veduta, ne praticata, cioè senza dintorni, o circoscrizioni di linee esteriori, tutta fatta di colpi strapazzati, e replicati con gran forza di scuri a suo luogo. Quello che rendesi quasi incredibile si è, come mai potesse tratteggiare di colpi, lavorare così adagio, e con diligenza ridurre le cose a perfezione sì nell’intaglio, come in pittura [..]. Quanto bizzarro, e nobile nel dipingere, altrettanto fu di costumi plebejo; scomparso di faccia, vestiva abiti antichi, impiastrati di piu colori, solito nettarsi sempre i pennelli addosso [..] ii. Dunque, sono da osservare chiare analogie relative all’uso delle parole, e anche se alcune hanno una carica peggiorativa, come ‘bizzarro’, ‘costumi plebejo’, nelle frasi di Orlandi è assente il tono di disprezzo e disapprovazione che caratterizza il testo del Baldinucci. Ad esempio, Orlandi sostituì l’assai negativo ‘vestire abietto’ dal più moderato ‘vestiva abiti antichi’ e diede un valore meno sfavorevole alla frase originale del fiorentino ‘e quel che si rende quasi impossibile a capire si è, come potesse essere, ch’egli col far di colpi operasse si adagio, e con tanta lunghezza, e fatica conducesse le cose sue, quanta nessun’altro mai’ che, nell’Abcedario, diventò ‘quello che rendesi quasi incredibile si è, come mai potesse tratteggiare di colpi, lavorare così adagio, e con diligenza ridurre le cose a perfezione sì nell’intaglio, come in pittura’. Un’analogia tra i testi si fa poi vedere nel fatto che Orlandi adottò l’uso comune tra i biografi, di collegare il modo di lavorare dell’artista alla sua personalità. Insomma, è possibile dire che Orlandi, al livello dell’uso delle parole, per gran parte copiò il testo, e con ciò il tono, anche se in forma indebolita, del precursore fiorentino. Tuttavia, smussando gli spigoli, il frate rese più bilanciata e meno pregiudiziale la descrizione biografica nel suo Abcedario Pittorico. La vita di Isabella Parasole Il secondo esempio sarebbe la biografia dell’intagliatrice romana Isabella Parasole. Per l’Abcedario, Orlandi prese le informazioni dal libro del Baglione, Le Vite de’ Pittori, Scultori et Architetti (1649), che nella biografia dell’intagliatrice, sprovvista di ogni sorta di valutazione, affermativa o contraria, adoperò un tono neutro; Isabella Parasoli Romana fu moglie di Lionardo, e fece di sua inventione il Libro intagliato con diverse forme di merletti, & altri lavori per le Dame, con il Frontispitio da Francesco Villamena operato. Come anche sono opere di sua mano gl’intagli nel Libro dell’herbe del Principe Cesi d’Acquasparte, letteratissimo Signore. Fece altre cose per particolari. Et alli lavori, a’ quali mancò Isabella, supplì Gio. Giorgio Nuvolstella con le fatiche del suo intaglio. Essa poi morì qui in Roma, oltre il corso di 50 anni. Da questi nacque Bernardino Parasole, il quale dall’essercitio de’ suoi avanzossi, & alla pittura attese. Fu allievo del Cavalier Gioseppe Cesari d’Arpino. E colorì di sua mano nella Chiesa di s. Rocco, presso il Mausoleo d’Augusto, tutta la seconda Cappella, mentr’era nel fiore dell’età sua, e da lui lavori degni di lode si speravano; se ne passò al riposo dell’altra vitaii. Nell’Abcedario, in cui è inserita una breve biografia dell’intagliatrice, sotto forma di un estratto gran parte copiato dal testo in Baglione, è da osservare lo stesso tono neutrale; Isabella Parasole Romana moglie di Leonardo Norsino Intagliatore di stampe in legno, attese al disegno; fece un libro d’invenzione con diverse forme di merletti, e lavori di ricamo per le Dame; intagliò tutte l’erbe del Sig: Principe Cesi d’Acquasparte letteratissimo Soggetto: Morì in Roma sopra i 50. Anni; da questa nacque Bernardino, che imparò la pittura dal Cav: d’Arpino. Baglioni fol: 394ii. La vita di Isabella Discalzi L’ultimo esempio viene formata dalla biografia della scultrice Isabella Discalzi, di cui nell’Abcedario troviamo una descrizione sommaria, fondata sul testo scritto da Vedriani (1662), che scrisse [..] Che meraviglia dunque, se Isabella Discalzi moglie del nostro Guido sotto tanto Maestro apprendesse si ben l’Arte della Scoltura, e formasse tanto perfettamente di terra cotta figure impareggiabili? Formano le Donne, e danno in luce tante belle creature vive, perché non potranno ancora con le sue delicate mani fingerne altresì in qualche materia, che paiano vive? Operò tutto questo la nostra Scoltrice, e meritò d’essere nominata, celebrata, e consecrata all’eternità dal suddetto Guarrico, & altri Scrittori. Fu sempre vero quello, che cantò l’Ariosto, riferito dal Vasari a tal proposito; Le Donne son venute in eccellenza Di ciascun Arte ou’hanno posto curaii. In questa descrizione, il Vedriani, usando combinazioni di parole come ‘sì ben’, ‘tanto perfettamente’ e finendo la biografia con due versi del gran poeta e scrittore Ariosto che ribadiscono e intensificano la portata dell’intero passaggio, assume una posizione affermativa verso l’artista, e quest’atteggiamento è da osservare anche nella succinta biografia della stessa artista di Orlandi, anche se in una forma più leggera Isabella Discalzi moglie del famoso Guido Mazzoni Scultore Modonese, come si è detto, apprese dal marito l’arte della scultura, e perfettamente formava figure di terra cotta: fu celebrata dal Guarrico, e da altri Scrittori. Vidriani fol.33ii. Orlandi adottò l’uso del termine ‘perfettamente’, che, evidentemente porta in sé un valore di affermazione. Tuttavia, è importante osservare che il Vedriani scrisse che la scultrice ‘meritò d’essere nominata e celebrata’, mentre Orlandi solo affermò che ‘fu celebrata’. Le parole del frate hanno un valore sempre positivo ma meno forte a confronto di quelle usate dal precursore. In altri termini, le parole del Vedriani possono essere considerate di carattere attivo, perché esprimono l’opinione personale che in questo caso è affermativa, mentre le parole di Orlandi danno prova di una constatazione, anche se affermativa, che potrebbe essere qualificata passiva e per questo meno forte. Per la composizione delle vite originali, Orlandi applicò un altro modus lavorandi. Nell’introduzione dell’abcedario, ci informa del modo in cui collezionò i dati necessari, che ha ‘con esquisite diligenze ricercati per lettere, o ricavati da manuscritti segnati con le lettere M.S.’, o che gli furono ‘notificati da Persone degne di fede’ii. Nei paragrafi che seguono tratteremo con particolar attenzione quest’ultima maniera di ottenere le notificazioni sulle vite originali degli artisti le cui vite non erano ancora incluse in una tale opera. Ciò avvenne mediante il contatto con i contemporanei, di cui oggi fanno testimoni le lettere provenienti dalla corrispondenza di Orlandi e che sono per gran parte rimaste inedite. La corrispondenza si lascia dividere in due categorie che di seguito saranno discusse individualmente ; - Le lettere indirizzate a Orlandi - Le lettere composte da Orlandi La corrispondenza delle lettere indirizzate a Orlandi In un articolo di Lodovico Frati nella Rivista d’Arte del 1907ii troviamo la pubblicazione di larghe sezioni provenienti dalle lettere autografe indirizzate a Orlandi, scritte all’inizio del Settecento, tra il 1701 ed il 1705, ed utilizzate per la composizione della prima edizione dell’Abcedario Pittorico. L’articolo finisce con i nomi di un gran numero di artisti, di cui nella «miscellanea» dell’Orlandi, che si trova nella Biblioteca Universitaria di Bologna, esiste una raccolta di notizie biografiche. Di seguito vediamo elencati i nomi di altri artisti e conoscenti che gli spedirono delle lettere autografe, tra cui il prima menzionato Girolamo Baruffaldi, il pittore Pietro Dandini e il conte milanese Sebastiano Resta. Le lettere autografe nell’articolo sono sei, di cinque artisti è inserita la biografia nell’abcedario del 1704. Gli scritti autobiografici dei pittori mettono più luce sul modo di lavorare del frate, e sul rapporto tra le informazioni biografiche che esse contengono e che alla fine sono state pubblicate nell’abcedario. In termini più generali, le lettere rendono più comprensibile il processo compositivo antecedente all’inserimento delle vite originali nell’abcedario in generale, e la selezione delle informazioni per la composizione delle biografie in particolare. Come già detto, le vite della maggior parte degli artisti che scrissero al frate sulla propria vita, sono da ritrovare nella prima edizione dell’abcedario, tutte senza riferimento ad una fonte precedente, tranne una. Evidentemente, questa selezione di lettere potrebbe formare il punto di partenza di una grande varietà di ricerche. Ciò che cerchiamo di fare noi in questo paragrafo, è di rispondere alla seguente domanda, come formulata nell’introduzione del presente capitolo. Come funzionava la composizione delle vite originali? In base ad un confronto tra il contenuto in due lettere autografe e le informazioni biografiche pubblicate nell’abcedario, vorremmo rispondere alla suddetta domanda. Abbiamo scelto le lettere di questi artisti, perché di un altro artista che scrisse una lettera autografa, viene nell’abcedario citato anche un’altra fonte, il che potrebbe confondere la nostra ricerca, e due artisti mandarono più lettere al frate di quanto non siano pubblicate nell’articolo del Frati. Vogliamo finire quest’introduzione con l’osservazione, forse pleonastica, che le vite trattate in questo paragrafo sono tutte inserite nell’abcedario del 1704, e presentate come vite originaliii. La lettera di Antonio Balestra La prima lettera sarebbe quella del pittore veronese Antonio Balestra (1666-1740). Nell’articolo del Frati leggiamo che era un altro pittore veronese, Alessandro Marchesini, a mandare al frate, insieme alla propria lettera, l’autobiografia del Balestra. Secondo il Marchesini, nei dipinti del concittadino si vedeva l’imitazione di Raffaello, del Carracci e del Correggio. Nell’abcedario, Orlandi inserì quest’osservazione nella biografia del pittore, ma attenuò la carica delle parole del Marchesini, scrivendo che ‘il dipinto di questo savio Pittore sarà sempre gradito da tutti per un certo misto Raffaellesco, Carraccesco e Correggesco, che sommamente diletta’ii. Osserviamo che «un certo misto Raffaellesco, Carraccesco e Correggesco» è assai meno forte che il più deciso ‘imitazione di Raffaello, del Carracci e del Correggio’. Se poi ci focalizziamo sul contenuto della lettera autografa in rapporto al testo nell’abcedario, si osserva che Orlandi inserì i dati relativi all’educazione intellettuale dell’artista, ai maestri di pittura di cui fu scolaro e le cui opere funzionavano da fonte d’ispirazione per il proprio lavoro, alle varie città che fungevano da residenza provvisoria, ai luoghi dove si potevano vedere i dipinti dell’artista. Invece, furono tralasciate le opinioni personali e le informazioni dettagliate. In tal modo, leggendo la vita del Balestra nell’abcedario, impariamo che studiò «le lettere umane», ma non veniamo a sapere che erano la grammatica e la retorica. Inoltre, non possiamo ritrovare l’osservazione del pittore, che era una malattia «non molto grave, ma che non mi poteva riavere» a rimandarlo da Roma alla patriaii. Infine, Orlandi non ci informò sui soggetti ed i temi rappresentati sui dipinti del Balestra, che nella sua lettera erano sì menzionati. La lettera del pittore viene caratterizzata da un tono d’umiltà, nel testo dell’abcedario sostituito da un tono piuttosto neutrale. Il Balestra comunicò di aver vinto il primo premio in una competizione artistica, ma attribuì il trionfo alla «sorte», mentre Orlandi scrisse che ‘a concorrenza d’altri studiosi meritò il primo premio nell’Accademia di S. Luca l’anno 1694’ii. E dove il pittore pennellò come «infiniti maestri» Raffaello d’Urbino e Annibale Carracci, Orlandi prese la frase per la biografia nell’abcedario ma omise l’aggettivo di qualità assoluta, evidentemente al grado positivo, ‘infiniti’. Insomma, per l’abcedario, il frate selezionava le informazioni da lui considerate come più rilevanti, probabilmente per la mancanza di spazio, visto che sappiamo che l’opera doveva contenere le vite di un gran numero di artisti e consistere in un tomo solo. Anche in questo contesto, Orlandi cercò di moderare l’effetto delle parole e il tono come apparvero nel documento originale. La lettera di Alessandro Mari La seconda lettera è quella del pittore piemontese Alessandro Mari (1650-1707). Nell’abcedario, Orlandi, come nel caso precedente, inserì le informazioni relative ai maestri di pittura, ai luoghi dove operava e dove ricevette l’istruzione, e ai meriti dell’artista. Anche in questa descrizione biografica, egli tralasciò i dettagli e le opinioni personali. In questo punto va osservato che questa biografia sarebbe la prima da noi analizzata che, nell’abcedario, è indubbiamente stata abbellita dal nostro autore. La lettera del Mari non è priva di qualche cinismo e autocritica, mentre il testo nell’abcedario fu scritto ad un tono notevolmente favorevole. Così, nella lettera leggiamo [..] io ho interrotto lo studio della pittura in diverse altre applicazioni così buone, come poco proficue, con molti e lunghi viaggi, et in somma che il mio spirito in tutte le cose impetuoso, et alquanto violento, mi ha reso nella gioventù poco costante; [..] sono con tutta la mia buona volontà, e non mala dispositione, rimasto un asino in tuttoii. Invece, Orlandi trasformò queste parole in una frase che evidentemente abbelliva i dati provenienti dal documento originale ‘Dal variare paesi, variò gli esercizj; pure nella pittura stabilì il proprio genio’ii. Dove il pittore scrisse che era ‘poco costante’ e, nonostante il suo talento, ‘un asino in tutto’, il frate si servì delle parole ‘stabilì il proprio genio’ che sembrano esprimere un’idea proprio contrastante. Nel seguente passaggio, il Mari prosegue Intanto la mia asinaggine ha incontrato l’approvazione d’uomini singolari nelle inventioni simboliche, e misteriose, e nella imitatione d’alcuni maestri antichi, da me studiati, quali m’è riuscito contrafare in modo che il sig. Co. Carlo Malvasia et il sig. Lorenzo Pasinelli et il Cav. Liberi hanno giudicati delle Schedoni, o senza dubbio della scola del Correggioii. Orlandi inserì questo dato nella biografia del pittore, ma omise i nomi degli esperti Malvasia, Pasinelli e Liberi, sostituendoli dall’anonimo ‘i più saputi’. Inoltre, tralasciò i nomi dello Schedoni e del Correggio e la sua scuola, che vennero sostituiti dai termini generici ‘alcuni Maestri antichi’. Appare dunque, che Orlandi cercò di assumere un atteggiamento prudente e riservato, particolarmente al livello dei nomi, delle autorità nel mondo dell’arte, probabilmente per non offenderle, e dei grandi maestri di pittura, in quanto vennero citati nei paragoni. Questa riservatezza non sorprende tanto, se ci rendiamo conto del fatto che il frate provò tanta stima per i maestri come il Correggio ma anche per il Reni, il Parmigianino, il Tiziano e altri. Nell’abcedario, dedicò un brano onorevole a questi, e agli altri pittori che ammirò per le loro eccezionali qualità pittoriche. Nel capitolo che segue, questo brano sarà trattato più estesamente. La lettera del Mari finì al modo seguente In somma se il Padre Maestro Orlandi volesse per tentazione porre il mio nome nel suo Abcedario, lo metta, con questa breve, ma plenaria descritione: Ancora Alessandro Mari dalla naturale inclinatione fu concepito pittore; ma per la molteplicità delle voglie, il parto non maturò, e fu un abortoii. Questo passaggio, a tuono cinico, non si trova nell’abcedario, in cui leggiamo Alessandro Mari Turinese, sortì i natali l’anno 1650. Dal variare paesi, variò gli esercizj; pure nella pittura stabilì il proprio genio. In Genova dunque, sotto Domenico Piola, in Venezia, sotto il Cav. Liberi, ed in Bologna, sotto Lorenzo Pasinelli, terminati gli studj del disegno, incontrò l’approvazione d’uomini illustri, e singolari nelle invenzioni simboliche, e misteriose, e nell’imitazione d’alcuni Maestri antichi, quali ha contrafatti sì bene, che non hanno avuto difficultà in piu saputi di dichiararle di quelli. Vive in Milano esercitando non meno il pennello nel dipignere, che la penna in poetareii. Come scritto prima, in relazione alla lettera, la biografia di Orlandi ha una carica più affermativa relativa alla professionalità del pittore, mentre in rapporto alle altre biografie, la carica potrebbe essere valutata neutrale o leggermente affermativa. In questo caso, è evidente che il frate, saltando le notizie meno sfavorevoli o trasformandole in informazioni di carattere più desiderabile, decise di rigirare il tono del discorso nella lettera autografa, tramite lo strumento dell’abbellimento, forse per ottenere il mirato tono più equilibrato. È importante notare che l’abbellimento in questo senso non riferisce tanto all’inserimento d’un ornamento, quanto all’omissione e trasformazione di informazioni biografiche meno desiderabili. Le informazioni biografiche che in entrambi i documenti vengono comunicate, corrispondono in buona parte, ciò che fa distinguere la biografia del frate da quella del pittore è, infatti, il differente modo di rappresentarle. La corrispondenza delle lettere composte da Orlandi Nell’opera Lettere Artistiche Inedite (1866) a cura di G. Campori si trova una selezione di quindici lettere di Orlandi, indirizzate al Cavaliere F.A. Marmi, e composte negli anni 1714 e 1718. In primo luogo, queste lettere ci insegnano sulla redazione della seconda edizione dell’abcedario pittorico, e il modo in cui l’intero processo editoriale venne vissuto dal frate. Dunque, allo stesso tempo, ci fanno entrare nell’universo mentale dell’Orlandi. Inoltre, leggiamo sui contatti del frate, che gli fornirono delle notizie sugli artisti. In tal modo, è possibile tentare di recuperare il modo in cui Orlandi si servì della sua rete di contatti, e quindi, come seppe collezionare i dati biografici degli artisti. Pertanto, anche queste lettere potrebbero funzionare da punto di partenza di una grande varietà di ricerche. Per il nostro discorso vogliamo utilizzarle per rispondere alla domanda che segue Come andava l’esatta distribuzione dei dati relativi alle vite, originali o meno, degli artisti, e qual’era l’influsso dei conoscenti sul contenuto dell’abcedario? Il frutto della rete sociale Per collezionare i dati sugli artisti, il frate pregava il corrispondente di provvederlo delle informazioni necessarie. Nel caso del Marmi, che visse a Firenze, le informazioni richieste riguardavano innanzitutto gli artisti fiorentini. Nelle lettere, è da trovare un gran numero di tali richieste, come appare nei frammenti che seguono [..] ho somma necessità di arrecarle un disturbo, e di ciò ne chiedo benigno perdono, e sarà che V.S. III.ma si voglia degnare dirmi se sono vivi, o quando sono morti, i seguenti Pittori Fiorentini: Alessandro Gherardini, Anton Domenico Gabbiani, Bartolomeo Bimbi, Michelangelo Palloni che andò in Polonia, Andrea Scacciati, Antonio Giusti, Domenico Tempesta che andò in Inghilterra, Antonio Franchi, e qual lite pittorica fu tra questi e il Dandiniii. (8-VII-1714) Sebbene il mio libro è alla rivisione dei miei superiori, tuttavolta aggiungerò quanto mi dice a riserva di Foggini, Piamontini, Bensi, Sagrestani, Reschi, Panfi, Marinari, Giovanna Fratellini, de’ quali non ebbi alcuna notizia nella prima edizione, e sono ancora allo scuro se non mi viene suggeritaii. (23-VIII-1714) [..] P.S. Se si potesse sapere la nascita e la morte di Benvenuto Cellini, mi sarebbe caroii. (4-X-1718) Per lo studio fatto sopra le marche, trovo che cinque o sei mancano alla prima edizione. Se V.S. ne avesse numero migliore, poco m’importerebbe a fare intagliare un’altra tavolaii. (3-XII-1718) Saprei volontieri di qual nazione fossero i Rainaldi i quali tutti descrivo sotto il nome di Tolomeo, che mi sarebbe caro sapere in qual facultà laureatoii. (26-XII-1718) Che il cavaliere fiorentino si sforzasse di fornire il frate delle informazioni richieste, viene evidenziato nei frammenti in cui Orlandi trasmette di aver ricevuto le sue notizie; Nelli due spazii prossimi passati ho ricevuto le notizie del S.r Pinnacci, Piamontini, e Tempesta, tutti dalla dotta ed erudita penna di V.S. Ill.ma descritte [..]ii. (13-IX-1714) Ricevo le notizie del Foggini, e le ho compilate a misura delle altre : di Massimiliano Soldani aveva parlato nella mia giunta a misura dello scrittore, tuttavolta farò quanto comanda V.S. Ill.ma a genio del sud.o Signore. Di Romolo Panfi ho parlato a suo luogo, solo aggiungerò che fu di casa Panfi; ma di Pandolfo Reschi non ne ho alcuna memoria di que’ tempi. Del sig. Ottaviana Dandini parlerò dove tratto di suo padre. Di Gio. Sagrestani farò quanto mi comanderàii. (20-IX-1714) Anche il Marmi stesso si impegnò per l’inserimento delle vite di alcuni artisti da lui stimati, e con successo, come appare nei frammenti che seguono Se poi Rinaldo Betti e Tonelli sono sul buon gusto non mi ritiro dal servirli: dico bene che per i Signori Fiorentini vi vorrebbe un libro apposta, e la briga che lei si prende è molto laboriosa ed io ne confesso eterne obligazioniii. (20-IX-1714) Nel paragrafo di Rinaldo Botti entreranno Gioseffo Tonelli e Benedetto Fortini con Gioachino suo fratello, come tutti scolari del Chiavistelli. In Valerio Cioli a fol. 359 del mio Abecedario, Gherardo Silvani che era solamente accennato, sarà esteso, e seguirà ancora parlato d’Antonio Novelli come scolaro di detto Silvani. Francesco Bianchi non saperei dove attaccarlo, come pure a Gio.da S. Giovanni non posso fare altra addizione per essere già passato sotto il torchioii. (10-XII-1714) Ricevei la sua compitissima con la notizia del S.r Massimiliano del quale ho salvato tutta la discendenza come sta, e nominato poi le opere in compendio, ma con distinzione; il mio libro è un compendio dell’opere dei Pittori, altrimenti un tomo non sarebbe bastante a scrivere tuttoii. (4-X-1718) Le contribuzioni provennero anche dai contatti esteri; nei passaggi che seguono leggiamo sui conoscenti internazionali che formarono una parte fondamentale della rete sociale del frate [..] ho però avuto alcune notizie di qualche spagnuolo da Parigi, e già stanno inseriti nel manuscrittoii. (10-XII-1714) Mi era giunto d’Amsterdam la notizia di Lairesse con altro suo libro, oltre il già notificatimi da V.S. Ill.ma, e n’avevo fatta memoria, e non è ristampa ma cosa nuovaii. (24-XII-1714) Sono stato alcuni giorni sull’Alpi, dove ho avuto a tradurre dal franzese in italiano in compendj di 64 Professori di Pittura speditimi da Parigi, ed ho avuto a impazzire per il carattere poco ben formatoii. (4-X-1718) Il sig. Richardson di Londra famosissimo Ritrattista mi ha favorito del suo libro stampato in Londra nel 1715 intitolato Saggio sopra la Teorica della Pittura; ma è un linguaggio inglese. Nel fine poi del libro ha compilato dal mio Abecedario, e descritti secolo per secolo i Pittori che fiorirono in quelli, gli anni di età, e loro maestri [..]ii. (19 –XI-1718) Anche i contatti internazionali cercarono di segnalare all’attenzione del frate particolari gruppi di artisti [..] Se da Parigi riceverò da Monsu di Crosat a tempo i Professori di là saranno anch’essi registrati: vorrebbe egli che notassi ancora alcuni Olandesi e Inglesi che sono stampati nel libro di Butron nuovamente dato in luce in idioma inglese, ma la traduzione, la lontananza, e il non mai venire al termine m’impediranno il farlo. Egli però mi farà l’onore di farli tradurre in francese; se arriveranno a tempo, ancor questi saranno inseritiii. (10-XII-1714) Quelli di Olanda vorrebbero che io aspettassi l’opere di Houbraken che incessamente travaglia per dare alla luce le vite di quei pittori, ma non è possibile il farlo dopo sei mesi che aspettatoii. (4-X-1718) Il Marmi non funzionava solo da fonte, ma esercitò in contempo un’influenza sul contenuto dell’abcedario. In novembre del 1718, l’Orlandi lo informa sul pensiero di aggiungere una sesta tavola alle cinque tavole esistenti Penso ancora aggiungere una tavola delle Patrie dei Professori, e ponere tutti quelli d’una patria sotto la città dove sono nati: quando vedrò il mio libro vicino al fine mi regolerò meglioii. (19-XI-1718) Evidentemente, il cavaliere si pronunciò a sfavore del progetto, come dimostra il seguente brano Mi sottoscrivo al prudentissimo di lei consiglio di omettere la tavola delle nazioni, la vado però proseguendo per mio genio, e resterà tra i miei zibaldoniii. (3-XII-1718) In un caso specifico, diventa alquanto cristallino che Orlandi era sensibile alle esigenze dei conoscenti. I lavori dei fratelli Melani, entrambi operando da pittore a Pisa, non potevano per niente trovare la sua approvazione, come viene evidenziato nel seguente frammento, che dà inoltre prova di una tendenza campanilista da parte del frate Li fratelli Melani di Pisa (parlando con sincerità) non mi piacquero nei loro dipinti, allorchè l’anno 1711 fui a predicare in Pisa, quel loro modo crudo, tagliente e sforzoso di fiori, frutti e festoni, dei loro colori introdotti nei chiariscuri non piaceranno mai al buon gusto; se poi dall’ora in qua si sono moderati, io mi rimetto: so bene che ne parlai col sig. Cav. e Priore della Seta al quale avevano dipinto molte cose, e li dissi che avevano necessità di correggere quel loro modo molto lontano dei nostri Bolognesi, che servono attualmente nelle corti maggiori d’Europaii. (20-IX-1714) Stranamente, gli stessi Melani formano un tema ricorrente nelle lettere indirizzate al cavaliere. In sei lettere diverse, in un modo o nell’altro, viene riferito ai fratelli pisani. L’Orlandi comunica tra l’altro che i fratelli saranno registrati sotto la lettera iniziale del cognome, al contrario degli altri artisti che saranno ordinati in base alla lettera iniziale del nome. Nel brano che segue, proveniente da un’altra lettera, sentiamo poi di nuovo la ripugnanza che il nostro biografo provò verso il lavoro dei due pittori. Inoltre, impariamo che la decisione di inserirli nell’abcedario avvenne strettamente per soddisfare il Marmi e il Priore della Seta [..] Circa poi alle opere dei Melani fatte in casa del S.r Priore della Seta con buona pace furono da me vedute, ma con un gran poco gusto, erano crude, taglienti, et imbrogliato il chiaroscuro della quadratura con festoni di fiori e frutti di dei proprii colori, che rompevano tutto quel poco di buono che v’era: tuttavolta parlerò di loro, e per le obbligazioni che ho al compitissimo Sig. Priore della Seta, e per gli incomodi che V.S. Ill.ma si addossa sempre in favorirmiii. (6-XII-1718) L’Orlandi redattore e l’ambizione di una contentezza reciproca Per la composizione delle descrizioni delle vite non-originali, Orlandi fece ricorso agli scritti dei biografi precedenti. Il frate aveva l’abitudine di sfrondare i testi di questi lavori, e di copiarli in buona parte, o di adoperare almeno alcuni dei termini usati nella biografia originale. Con l’inserimento delle parole dei precursori nelle biografie nell’Abcedario Pittorico, il frate adottò anche il tono neutro, affermativo o meno, espresso nelle biografie originali, ma sempre in una forma moderata, vale a dire più equilibrata e meno pronunciata in confronto al tono del precursore. Riguardo alla composizione delle vite originali, il frate era dipendente dalle informazioni affidategli dai vari contatti, ad esempio tramite la corrispondenza. Dalle lettere autografe dei pittori sono inserite nell’abcedario le notizie che da lui erano considerate principali. Invece, vennero tralasciate le opinioni personali dei pittori, sul proprio lavoro o altro, e le informazioni dettagliate. Inoltre, Orlandi mantenne riserbo riguardo alla citazione di nomi, delle persone note nel mondo artistico e dei maestri di pittura, in quanto vennero chiamati in causa in un contesto meno favorevole, e nei paragoni. Circa il rapporto tra il tono nelle lettere autografe e quello esposto nelle biografie nell’abcedario, possiamo constatare che Orlandi cercò di neutralizzarlo. In un caso, andò oltre questa tendenza moderatrice, servendosi perfino di uno strumento alquanto vigoroso, che sarebbe quello dell’abbellimento, nel senso da noi spiegato. Insomma, per la composizione di entrambe le categorie di vite, originali e non-originali, pare che la moderazione fosse la parola chiave per l’Orlandi, che mirò a presentare le vite in modo armonioso e bilanciato. Nelle sue lettere, il frate pregava il corrispondente di provvederlo dei dati richiesti, e così accadde. Le lettere rivelano allo stesso tempo la disponibilità da parte dei conoscenti, sia italiani, sia esteri, di mandare al frate non solo le informazioni richieste, ma anche di tenerlo informato sui nuovi sviluppi possibilmente rilevanti per la composizione dell’abcedario. Benché la corrispondenza non funzionasse sempre ottimamente, è chiaro che Orlandi ricavò con tanto profitto dalla sua rete di contatti. È altrettanto vero che anche i corrispondenti trassero beneficio dallo scambio epistolare con il fate. Abbiamo dimostrato che cercarono di influenzare il frate, particolarmente spettante l’inserimento di particolari (gruppi di) artisti, anche con successo. In un caso, l’Orlandi decise perfino di non inserire una particolare tavola, sul consiglio del corrispondente. Ebbene, l’Orlandi redattore cercava di continuo di conservare l’equilibrio tra il progresso editoriale, i desideri dei contatti e le proprie esigenze. ii Anche se ci è data questa impressione in un passaggio che fa parte del brano che precede la bibliografia ‘Dalle Tavole seguenti, (oltre la già descritta nel fine della prima parte,) potrai comprendere, o Benigno Lettore, quanti libri è stato d’uopo che mi passino per le mani nel darti esattissimo conto di tutto ciò, che può servire al genio Pittorico. Confesso aver fatto ogni diligenza per vederli tutti in fonte: non hò dubbio, che altri libri spettanti al disegno, o alle vite de’ Pittori non possino essere alle stampe in Oltramontani Paesi, ma non si può arrivare per tutto.’ Orlandi (1704: 368). ii Cit. in Julius Schlosser Magnino, La letteratura artistica (seconda edizione italiana aggiornata da Otto Kurz, traduzione di Filippo Rossi dell’edizione originale tedesca Die Kunstliteratur), Firenze, Nuova Italia, 1956, p. 295. ii Possiamo, ad esempio, menzionare lo stesso Schlosser che a suo turno menziona il Kallab, scrittore dei Vaseristudien (1908), che fece un’intensiva ricerca alle fonti del Vasari e che dimostrò il suo uso di scritti precedenti, anche senza nominarli esplicitamente o solo vagamente. ii Questo testo fu stampato autonomamente per la prima volta nel 1784. Il lavoro del Pozzo sul dipingere a fresco forma un’aggiunta al trattato Perspectiva pictorum et architectorum, che venne pubblicato a Roma tra il 1693 e il 1702. ii Schlosser (1956: 53). ii Si veda: Talbot R. Selby, Renaissance News, Vol. 11, No. 4., Inverno, 1958, pp. 243-8. JSTOR. ii Schlosser (1956: 104-6). ii id., p.189. ii Su quest’argomento apparirà della stessa ricercatrice un articolo nella rivista dell’Istituto tedesco a Firenze, Mitteilungen del Kunsthistorisches Institut in Florenz. Al momento del completamento della tesi, è ancora ignota la definitiva data di pubblicazione dell’articolo, che avrà luogo probabilmente nell’autunno del 2007, sotto il titolo “The true identity of the Anonimo Magliabechiano” (La vera identità dell’Anonimo Magliabechiano). ii Fecolare oppure focolare significa ‘casa’ (da: Garzanti - 2003) o, in questo contesto, ‘epicentro’. ii id., pp.193-4. ii id., pp. 195-7. ii La maggior parte degli artisti è di provenienza toscana in generale, e fiorentina in particolare, ma è presente un limitato numero di artisti che provengono dalle città nelle altre regioni dell’Italia, ad esempio Roma (Pietro Cavallini, Giulio Romano), Venezia (Antonio Veniziano, Il Palma, Giorgione da Castelfranco), Bologna (Francesco Francia), Messina (Antonello da Messina). ii Lo Schlosser dedica un intero capitolo alle fonti del Vasari e scrive ‘molte fonti manoscritte, vecchi scritti di pittori e simili, il Vasari nomina solo vagamente (..), di tanto in tanto egli nomina le fonti, in altri casi le passa sotto silenzio.’ Schlosser (1956: 295-301). Si veda anche nota numero 3. ii Cit. in Schlosser (1956: 293). ii id., p.352. ii id., pp. 463-4. ii id., p.531. ii L’Intero titolo sarebbe, Il ritratto di Milano: diviso in tre libri, nel quale vengono descritte tutte le antichità e modernità che vedevansi e che si vedono nella città di Milano; si di sontuose fabbriche, quanto di pittura, e di scultura / colorato da Carlo Torre. Dal catalogo online dell’Istituto tedesco a Firenze, il Kunsthistorisches Institut in Florenz: http://opac.khi.fi.it/cgi-bin/hkhi_de.pl. ii Cit. in Schlosser (1956: 529). ii id., p.530. ii Felsina è la latinizzazione del nome Velzna dato dagli Etruschi a Bologna nel 534 a.C. (da: http://it.wikipedia.org/wiki/Felsina) ii Si veda l’immagine in copertina. ii Cit. in Orlandi (1704: 391). ii Di questo fatto rende noto L. Frati in “Lettere autobiografiche di pittori” in Rivista d’Arte, Anno V, Gennaio-Febbraio, 1907, p.75. ii L’intero titolo sarebbe: Notizie de’ Professori del disegno da Cimabue in qua, per le quali si dimostra come e per chi le bell’arti di Pittura, Scultura e Architettura, lasciata la rozzezza delle maniere greca e gotica si siano in questi secoli ridotte all’antica loro perfezione, opera di F.B.Fiorentino, distinta in Secoli e Decennali. (Schlosser 1956: 473). ii Cit. In Schlosser (1956: 468) ii A questo fatto riferisce J. Rutgers, che ha appena compiuto la sua tesi di dottorato sulla ricezione delle opere del Rembrandt in Italia. ii Cit. in Schlosser (1956: 466). ii Cit. sull’Internet: http://vocabolario.signum.sns.it/_s_index2.html. ii Cit. Schlosser (1956: 477). ii Cit. in Orlandi (1719: 457). ii Cit. in Schlosser (1956: 478). ii La completa serie di nomi di biografi come elencati da Orlandi è la seguente: Adriano, Apollodoro, Ammiano Marcellino, Ateneo, Baldi, Baldinucci, Borbone, Borghini, Dati, Diodoro, Dolci, Eliano, Fonseca, Fulvio Orsini, Joannes Bromton, Junio, Laerzio, Lomazzo, Masina, Macrobio, Mongiojosi, Orosio, Padre Timoteo da Termini, Plutarco, Polibio, Polluce, Ridolfi, Sandrart, Strabonio, Svidas, Tassone, Valerio Massimo, Varrone, Vasari, Vitruvio, Vosio Isac. Da: P.A. Orlandi, Abcedario Pittorico, Bologna, 1704, p.59. ii id., p.188. ii Nel nostro caso, il biografo originale sarebbe lo scrittore che da Orlandi venne menzionato come fonte per la composizione della particolare vita artistica non-originale. ii Cit. in Filippo Baldinucci, Cominciamento e progresso dell’arte dell’intagliare in rame colle vite di molti de’ più eccellenti Maestri della stessa Professione, Firenze, 1686, p.79. ii ibid. ii Cit. in Orlandi (1704: 334). ii Cit. in Giovanni Baglione, Le Vite de’ Pittori, Scultori et Architetti – Dal Ponteficato di Gregorio XIII fino a quello d’Urbano Ottavo, Roma, 1649, pp.394-5. ii Cit. in Orlandi (1704: 250). ii Cit. in Lodovico Vedriani, Raccolta de’ Pittori, Scultori, et Architetti Modonesi più celebri, Modena, 1662, pp.33-4. ii Cit. in Orlandi (1704: 250). ii id., p.7. ii L’articolo porta il titolo “Lettere autobiografiche di pittori” in: Rivista d’Arte, Anno V, Gennaio-Febbraio 1907, pp.63-76, e venne ristampato nel libro del Frati, Varietà storico-artistiche, che uscì nella città di Castello, cinque anni dopo la prima pubblicazione dell’articolo. ii Abbiamo scritto ‘presentate come vite originali’ perchè non abbiamo indagato se, in realtà, vale a dire nel quadro più largo, gli artisti in questione, nella prima edizione dell’abcedario di Orlandi, conobbero il debutto della propria biografia in forma stampata. Il solo fatto della mancanza di un riferimento alla fonte dopo le biografie di questi artisti non possa funzionare da risposta definitiva a questa domanda. Tuttavia, partendo dalla consapevolezza della corrispondenza tra il frate ed i pittori in questione e dalla conoscenza che l’Orlandi, al livello delle indicazioni delle fonti in relazione alle vite degli artisti, fece mostra di un atteggiamento alquanto dettagliato ed accurato, è possibile sostenere che per la composizione delle descrizioni biografiche di questi artisti, si servì solo di informazioni nuove provenienti dai pittori stessi o dagli altri suoi conoscenti. In tal modo, è legittimo considerare queste vite come vite originali, anche se, nel quadro dell’intera produzione del genere artistico-biografico anteriore al 1704, non ne possiamo essere sicuri. ii Cit. in Orlandi (1704: 79). ii Da: Lodovico Frati, “Lettere autobiografiche di pittori” in Rivista d’Arte, Anno V, Gennaio-Febbraio, 1907, p.67. ii Cit. in Orlandi (1704: 79). ii Cit. in Lodovico Frati (1907: 69). ii Cit. in Orlandi (1704: 68). ii id., p.69. ii id., p.70. ii id., p.68. ii Cit. in G. Campori, Lettere Artistiche Inedite, Modena, Soliani, 1866, p.179 ibid. ii id., p.185. ii id., p.187. ii id., p.189. ii id., p.180. ii id., p.181. ii ibid. ii id., p.182. ii id., p.184. ii id., p.182. ii id., p.183. ii id., p.184. ii id., p.186. ii id., p.182. ii id., p.185. ii ibid. ii id., p.187. ii id., p.181. ii id., p.188. ii IV LO STILE E IL CONTENUTO IN CINQUE BRANI PARTICOLARI DELL’ABCEDARIO Nell’abcedario del 1704 sono presenti cinque brani in cui Orlandi rivolge la parola direttamente al lettore, o in cui sentiamo in un altro modo la sua diretta voce. Il primo sarebbe quello indirizzato al dedicato, seguono tre brani indirizzati al lettore in generale, l’ultimo si rivolge ad un particolare gruppo entro i potenziali lettori; lo studente di pittura. Nel testo che segue la ricerca si svolge ad un livello testuale, e cerchiamo di dare una risposta alle seguenti domande Qual’ è lo stile nei cinque brani selezionati, e a quale scopo serve? Quale sembra essere stato l’obiettivo dell’abcedario e quale il mirato pubblico di lettori? È importante ricordare che l’Orlandi letterato fu ben familiarizzato con gran parte dei lavori dei colleghi biografi, il che inevitabilmente doveva portare a somiglianze, qualunque fosse la forma, tra il suo abcedario e gli scritti dei biografi precedenti. Infatti, ad un momento successivo, si sarà evidenziato che l’Orlandi, per la composizione al livello dell’architettura, cercò di combinare gli influssi tradizionali con gli elementi originali. Nell’attuale capitolo, che si focalizza sul contenuto e lo stile invece dell’architettura, risulterà che l’Orlandi venne influenzato dagli altri biografi, anche a dimensione testuale. Ne testimoniano le congruenze lampanti che si presentano nei testi dei vari scrittori. Pertanto, un’analisi dello stile e del contenuto nei testi orlandiani, non andrebbe effettuata in modo completamente isolato. Per questo, ogni tanto si è cercato di fare appello ai trattati dei biografi precedenti, inevitabile per una buona comprensione delle parole espresse dal nostro autore. Dov’entra in scena la retorica Cogliamo poi l’occasione per denotare in anticipo un aspetto di cui, per un’adeguata lettura dei brani, è essenziale tener conto, e sarebbe l’aspetto della retorica, o il fenomeno del Dichtung und Wahrheit, che fa svanire la distinzione tra realtà e poetica. Negli scritti dei biografi questo fenomeno è alquanto ricorrente, motivo per cui i biografi da noi studiati possono essere considerati storiografi invece di storici. Potremmo chiarificare quest’osservazione in base a una descrizione della distinzione, per quanto esista, tra lo storico e lo storiografo. In un suo articolo il letterato fiammingo Kris Humbeeck, descrive in modo assai cristallino quale potrebbe essere una differenza principale nel modo di affrontare la storia da parte dello storico e dello storiografo. Egli scrive che ‘lo storiografo, nel senso più fondamentale del concetto, non confronti i suoi lettori con una storia che sia il risultato di un’osservazione dei ‘fatti’, come cerca di fare lo storico, ma con una storia che si sta creando durante il processo della scrittura’ii. Lo Humbeeck poi constata che sia lo storico, sia lo storiografo potrebbero essere considerati manipolatori dei fatti, il primo operando secondo convenzioni che sono considerate scientificheii, il secondo lavorando in base a convenzioni di carattere piuttosto letterario. Di ciò segue che lo storiografo è in primo luogo uno scrittore, piuttosto comparabile con un autore di romanze, che con uno scientifico. Ciò afferma anche lo Schlosser, che scrive che gli italiani vedono, nelle biografie di Vasari, più di ogni altra cosa, un’opera classica della loro prosa letterariaii. Lo storiografo è uno scrittore che tende a tirare dalla propria parte i fatti, con ciò mirando a persuadere i lettori. Il mezzo per eccellenza per realizzare questo scopo viene formato dalla retorica. Se poi richiamiamo alla mente la teoria di Kilcher, si osserva che questa categoria di opere biografiche entra perfettamente nel fenomeno che da lui viene chiamato la formazione letteraria dell’enciclopedia, in quanto consente un alto grado di interpretazione da parte dell’autore. Avendo cognizione di ciò e del fatto a cui ha riferito lo Schlosser, sarebbe valida la conclusione che questo genere di opere in generale, e l’abcedario di Orlandi in particolare, oggigiorno formano dunque un oggetto di ricerca per eccellenza non meno per chi si occupa delle lettere, che per chi parte da un punto di vista storico d’arte, come apparirà anche nel discorso sui cinque brani trattati nel presente capitolo. La retorica forma un argomento che merita essere trattato in un individuale saggio. Non è qui l’occasione adatta per farlo, già la coscienza del ruolo dello storiografo e della carica delle sue parole, come appena descritto, contribuisce ad una comprensione migliore dei brani che in questo capitolo saranno esaminati. Nondimeno, anche se non vogliamo entrare nei dettagli dell’argomento, ci sembra comunque opportuno toccare brevemente il concetto della retorica, come apparve negli scritti dei biografi. Tra realtà e poetica e il «problema dell’attendibilità» Durante i secoli, l’abbellimento è stato un aspetto essenziale negli scritti dei biografi. Il fondamento si trova nel concetto dell’arte durante il Rinascimento. L’aspetto più fondamentale dell’arte non era tanto il significato intrinseco, quanto l’impressione e l’effetto. In linea con questo concetto era il motto d’Orazio, che vedeva come effetti voluti della poesia il piacere e l’utilità. Lo Schlosser ci informa che, per essere sicuri dell’efficacia della poesia, essa venne «avvolta nel ricco ammanto della retorica»ii. Di seguito viene spiegato che nella letteratura del Cinquecento si cercava di stabilire le regole per scrivere la storia. Lo Schlosser cita il Salviati, che nel dialogo Il Lasca (1584) dichiarò esplicitamente che per l’ornamento retorico, non solo per il poeta ma anche per lo storico, nel caso in cui parevano più efficaci della verità, erano permesse le bugie. Pertanto, la lettura dei testi composti nei secoli passati, non andrebbe effettuata in modo isolato e con occhi moderni, così, neanche i brani da noi selezionati andrebbero avvicinati in completa solitudine. Invece, si dovrebbe cercare di inquadrarli nel contesto in cui sono nati, prendendo in considerazione le tendenze e il mondo delle idee che all’epoca erano in vigore e a cui diedero ascolto gli autori nelle loro opere, essendo così anche considerevoli rappresentanti dell’era in cui vissero. Tendenza che per il nostro discorso è rilevante, e che può illustrare la funzione della retorica, era il desiderio da parte degli autori di descrivere nella sua totalità la biografia degli artisti. In altre parole, il biografo non si limitò alla descrizione delle attività professionali degli artisti, ma cercò di completare l’immagine con informazioni personali. Il motivo più profondo per questa descrizione totale era l’esigenza di dipingere un’immagine vivace. Quest’immagine, al suo turno, era necessaria per impressionare il lettore, il che ci fa ritornare al concetto della retorica. La raffigurazione totale della biografia degli artisti non di rado accadde mediante l’invenzione e la creatività dell’autore. Non è neanche sorprendente, considerando che gli scrittori non trattennero rapporti personali, il che in buona parte elimina la necessità di invenzione, con tutti gli artisti descritti nel proprio lavoro. In questi casi, la propria interpretazione era praticamente un requisito. In più, idealmente, la portata nella parte sulle attività professionali era in sintonia con quella sulla personalità dell’artista, cioè se, ad esempio, i quadri di un particolare pittore, secondo il biografo, furono dipinti senza precisione, anche la personalità dovesse dar prova di trascuratezza. Se questo in realtà non fosse il caso, l’autore poteva decidere di autorizzarsi a manipolare le realtà ed a inventare il contenuto dei dati complementari. Le Vite (1550) formano un esponente principale di questo fenomeno, che in contempo è alla base del «problema dell’attendibilità» del Vasariii. Lo Schlosser esplicita le sue parole in modo avvincente Per rendergli [il Vasari] giustizia, non possiamo adoperare, come è naturale, (ma ancora nella storia dell’arte non pare che sia capito!), la misura dello storico moderno, ma quella dell’antica storiografia artistica, o se mai della tecnica del romanzo storico. Quando egli è colpevole di cose che a noi moderni paiono una falsificazione storica non possiamo provare che si tratti di mala fede o di menzogna storica cosciente; ma egli forma il suo materiale come gli sembra bene per i suoi scopi speciali, così lontani da noi moderni’ii. È un punto di vista che ci sembra valido, perlopiù per l’accento che mette sul contesto storicoletterario in cui l’opera è nata e che deve essere il punto di partenza per una valida interpretazione del testo in generale, e degli scopi ed i mezzi per realizzarli dell’autore in particolare. In termini più specifici, è essenziale realizzarsi che i biografi non operavano ad un livello scientifico, come non avevano nemmeno come primo scopo il pennellare o la ricerca della ‘verità’. Di conseguenza, neanche i loro lavori andrebbero affrontati da ambasciatori di una tale verità, il che in buona parte elimina in contempo questo problema dell’attendibilità, che sembra solo esistere per chi parte da assunzioni almeno discutibili. Se il Vasari dà il tono, l’abbellimento è da osservare anche nei lavori usciti nei secoli successivi, anche se in un’altra frequenza o in modo diverso, motivo per cui, nel paragrafo precedente, abbiamo classificato i biografi come storiografi, invece di storici. Con ciò, si potrebbe affermare che la retorica diventò lo strumento principale per assicurarsi degli effetti voluti nelle opere artistico-biografiche. Si sarà evidenziato che anche nel nostro oggetto di ricerca, l’Abcedario Pittorico, è presente quest’«ornamento retorico», ed è in questa luce che andrebbero letti i brani esaminati nei paragrafi che seguono (si veda l’appendice I TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI SU P.88). Pertanto, bisogna rendersi conto di continuo dell’aspetto del Dichtung und Wahrheit non solo nella prefazione, dov’è assai evidente, ma anche nelle altre parti dell’abcedario. La dedica Il primo brano è intitolato Illustrissimo e Reverendissimo Signore, e si trova nella parte introduttiva dell’abcedario (si veda l’appendice I TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI SU P.88). Il brano, che non contiene informazioni pratiche o personali, forma l’omaggio al dedicato Giovan Matteo Marchetti, vescovo di Arezzo e collezionista e mecenate a Pistoia. Quale sia stato l’esatto rapporto tra l’Orlandi e il vescovo non abbiamo potuto ricavare. Tuttavia, nella dedica leggiamo che i due si incontrarono ad Arezzo. Inoltre, sappiamo che il vescovo fu corrispondente del frate, mandandogli almeno una lettera autografa. La presenza del testo onorevole è in primo luogo una formalità, fenomeno che all’epoca era molto attuale, testimoniano tra l’altro le opere dei biografi precedenti. Per citarne alcune, il dedicato nelle Vite (1550) del Vasari era il granduca Cosimo I de’ Medici mentre il Baldinucci, più di cent’anni più tardi, dedicò le sue Notizie de’ Professori del Disegno (1681) a Cosimo III de’ Medici. Anche i lavori degli scrittori esteri furono dedicati a persone di rilievo, così il van Mander dedicò il suo Het Leven Der oude Antijcke doorluchtighe Schilders (1603) al presidente di Haarlem Niclaes Suycker. Il contenuto e lo stile servono da mezzo per creare l’atmosfera adatta per esprimere il dovuto omaggio. La prima metà del brano conduce al passaggio in cui è espresso esplicitamente l’omaggio ed è scritto in un linguaggio pittorico, contenendo varie espressioni metaforiche e comparazioni. Si è fatto uso di un gran numero di parole, espressioni e formule, perlopiù di carattere astratto o metaforico ed estetico, che si ritrovano anche nelle dediche o nei proemi delle opere dei biografi precedenti, quali «la Virtù», «i Virtuosi», «le Tele», «l’inclinazione al disegno», «Raggi di luce», «le tenebre», «la dilettazione», «bramare», «vivi felice». Queste congruenze illustrano definitivamente il sottinteso rapporto tra lo scritto orlandiano ed i lavori dei biografi precedenti e mostrano la coscienza letteraria del compositore dell’abcedario. Orlandi si presenta come protettore in primo luogo della virtù degli artisti del passato e delle loro opere d’arte, che ha la tendenza a perdersi nella dimenticanza, togliendola dal ‘cuore del tenebre’. Di seguito, si fa il paragone tra la virtù artistica e il sole, che ‘che assediato da una gran massa di nubi, non si conosce per quello si crede, perchè non può risplendere da quello che è’ii. Neanche le attestazioni della virtù sembrano poter insistere alle ingiurie del tempo; ‘I libri, e le Tele, che fecero in qualche parte giustizia a que’ Virtuosi, non hanno potuto farcela interamente compiuta, perchè molti dei’ primi sono stati logorati dal tempo, e le seconde non manifestano tutte le loro singolari Prerogative’. In questo punto è dimostrata, al livello metaforico, l’utilità dell’opera, che segna allo stesso momento il passaggio alla seconda metà del brano, che si focalizza sui meriti del dedicato; ‘Io penso intanto di fare un bel piacere alla Virtù dei que’ Soggetti, ogni qual volta siami risoluto di trarli dal suo sepolcro, e metterli sotto l’Alto Padrocinio di V.S.Illustrissima, e Reverentissima’ii. Il resto del testo forma il dovuto omaggio al dedicato Marchetti. Il fenomeno dell’autore che si erge a protettore della virtù artistica e di opere d’arte non è del tutto nuovo, ed è una esplicita manifestazione retorica, proveniente dall’ideologia ciceroniana, che assegnò come funzioni primarie delle parole dell’oratore il servire alla memoria e all’utilitàii. Questa formula, che entrava nelle convenzioni letterarie del tempo, è da segnalare anche nei testi introduttivi nelle Vite (1550) del Vasariii, nelle Maraviglie dell’arte (1646) del Ridolfi, nella dedica del Fresne nel Trattato della pittura di Leonardo da Vinci (1651), nella Raccolta de’ Pittori, Scultori et Architetti (1662) del Vedriani, nelle Vite de’ Pittori, Scoltori, et Architetti Genovesi (1674) del Soprani e nelle Notizie de’ Professori del Disegno (1681) del Baldinucci. Lampanti sono le similarità nel modo di esprimere di queste parole dai vari autori, il che mette in evidenza che abbiamo a che fare con una propria tendenza, o con una convenzione che all’epoca era in vigore. È evidente che l’Orlandi, essendo un uomo di studio con una vasta conoscenza della letteratura classica e contemporanea e sensibile alle convenzioni del tempo, venne influenzato dallo stile negli scritti dei precursori. L’autore al lettore La prefazione intitolata L’Autore al benigno Lettore espone un linguaggio ben ragionato in uno stile sempre eloquente, ma meno metaforico e più personale (si veda l’appendice I TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI SU P.89). L’introduzione precisa il contenuto del lavoro, comprende informazioni pratiche riguardo all’uso, e fa più luce sulle fonti usate per la stesura dell’abcedario. Orlandi si rivolge direttamente al lettore, usando il ‘tu’, e si presenta come un professore che insegna gli studenti, con tono riflessivo e rispettoso, senza diventare sdegnoso o autoritario. Nell’intero brano, il nostro autore evita di rivolgersi direttamente ad uno specifico gruppo di lettori, forse per non escludere altri interessati. Questo sembra affermare la nostra impressione che abbia cercato di raggiungere un pubblico più vasto e diverso possibile. Citiamo gli artisti, i dilettanti, gli accademici d’arte, i commercianti d’arte, i collezionisti, gli storici d’arte, gli architetti. Nel capitolo che segue, vogliamo stabilire i particolari gruppi di destinatari delle individuali parti costitutive dell’abcedario. Il brano comincia in modo personale, con una breve esposizione sull’origine della passione per la pittura, che Orlandi sintetizza in un’inclinazione naturale. Dal primo paragrafo, l’accento del brano è messo sull’acquistare conoscenza, e diventa chiaro che l’autore della nostra opera si contraddistingue per la propria erudizione e che non abbiamo a che fare con un artistascrittore, come, ad esempio, il precursore Vasari. Le sue parole trasmettono un entusiasmo contagioso, che non può sfuggire al lettore ‘Fattane dunque numerosa raccolta, ansioso di conoscere il merito de’ Pittori, e d’impossessarmi delle origini loro, delle Scuole, dell’Opere, delle Patrie, e de’ Tempi, ne’ quali fiorirono, ricercai da varie parti spettanti a tali materie’ii. Con queste parole Orlandi dà il buon esempio e cerca di spingere il lettore a seguire il suo stile riguardo all’ingrandimento della propria conoscenza. Allo stesso tempo, queste parole mettono in moto la sottintesa campagna a favore dell’ampliamento e l’approfondimento delle conoscenze artistiche del lettore, che è del resto caratteristico non solo dell’abcedario ma della completa opera orlandiana. Con la frase ‘piu volte fui persuaso dagli Amici, e da’ Professori del disegno a dare in luce un breve compendio delle Vite de’ piu celebri’ l’autore spiega che la sua vasta conoscenza, acquistata durante gli studi, spinse gli amici ed i professori del disegno a persuaderlo a comporre l’opera enciclopedica, evidentemente con successo. Tale spiegazione abbiamo anche trovato nelle Maraviglie dell’arte (1646) del Ridolfi, nel Trattato della pittura di Leonardo da Vinci (1651) a cura di Fresne, nel Grand dictionnaire (1674) del Moréri, nelle Finezze de’ pennelli italiani (1674) dello Scaramuccia e nella Felsina Pittrice (1678) del Malvasia. In più, il Soprani, nel proemio alle sue Vite (1674), riferisce al Vasari che ‘fece le vite de’ Pittori a persuasione di monsignor Paolo Giovio’. Insomma, abbiamo a che fare con un’altra formula retorica, che marca la luce in cui andrebbe interpretata l’intera prefazione, ben provvista di passaggi che alludono al significato più intimo del brano. Implicitamente, le parole dell’autore cercano di dimostrare un gran pubblico di lettori già in anticipoii, il che inevitabilmente dovrebbe portare ad un successo dopo l’effettiva pubblicazione dell’opera. L’argomentazione potrebbe suscitare la curiosità del potenziale lettore, che si sente chiamato a mettere mano a un’opera talmente riuscita. Tant’è che l’osservazione che gli amici ed i professori del disegno gli chiesero di comporre una tale opera, dà l’idea di avere a che fare con un autore dotto ed abile, altamente stimato nell’ambiente sociale di cui faceva parte. In tal modo, la formula prova la propria validità, realizzando contemporaneamente le intenzioni dell’autore di raggiungere pi˘ lettori possibili. Della stessa prefazione, citiamo il seguente frammento; ‘Mi lasciai lusingare dal genio con isperanza di servirli [gli amici ed i professori del disegno], e scorgendo l’opere de’mediocri applaudite dalli Scrittori, per meglio compiacerli feci animo ad intraprendere una laboriosa fatica col descriverli tutti per Alfabetto, acciò ogn’uno rispettivamente godette la lode meritata.’ Gli amici ed i professori gli chiesero di comporre un compendio delle vite dei più celebri, invece Orlandi decise di inserire anche gli artisti meno famosi, occupandosi così con un progetto più largo e intensivo del piano originale. Con queste parole, che comunicano di aver fatto più di ciò che era richiesto, l’autore cerca implicitamente di raccomandare ai lettori il proprio lavoro. Nella citazione seguente, è messa in evidenza il valore attuale dell’opera, e viene chiarificato il modo in cui Orlandi collezionò i dati bibliografici dei ‘Viventi’, vale a dire gli artisti contemporanei che non erano descritti prima in un trattato artistico-biografico,‘Troverai per tanto, o compito Lettore, in questo mio Abcedario non solo tutti quelli che sono alle stampe, ma quei ancora, de’ quali o son consunte le memorie, o non sono stati posti in luce, e gran parte de’ Viventi da me con esquisite diligenze ricercati per lettere, o ricavati da manuscritti segnati con le lettere M.S., o notificatimi da Persone degne di fede’. Ad un momento precedente, abbiamo trattato più profondamente il modo in cui Orlandi fece uso delle fonti che gli fornivano le notizie necessarie per la composizione delle vite originali. Nella prefazione è molto evidente il tono stimolante dell’autore che è anche presente negli altri brani, e che sollecita i lettori ad uno studio letterario-artistico più profondo. In un passaggio che contiene informazioni pratiche leggiamo ‘Gli Autori, che ne [delle vite degli artisti] parlano saranno registrati nel fine della vita d’ogn’uno per facilitarti la via a cercarli in fonte, quando bramasti tutta la contezza dell’essere, e dell’opere loro.’ Queste parole comunicano al lettore che è favorevole e da ambire l’essere interessati nella propria professione, nel suo sviluppo, e nei meriti dei colleghi artisti. In modo sottile e senza impegno, Orlandi prende per mano il lettore, mostrandolo la via della sapienza e l’istruzione. Il riferimento alla tavola che contiene un gran numero di titoli di opere sull’arte dà sfogo all’esigenza di Orlandi di stimolare i lettori a leggere di più sugli argomenti di interesse e con ciò a istruirsi ed a erudirsi, come l’autore stesso. Orlandi poi mostra di essere al corrente delle dinamiche nel mondo artistico, e della letteratura artistica più attuale. Al lettore viene spiegato che nell’abcedario si è fatto uso del lessico artistico come prescritto nel Vocabolario dell’Arte del disegno composto dall’autorità linguistica dell’epoca, Filippo Baldinucci. La prefazione finisce con un passaggio formale che mette in evidenza la religiosità dell’autore. L’introduzione all’abcedario degli artisti moderni La parte più voluminosa dell’abcedario che tratta le vite degli artisti contemporanei, è introdotta da un breve passaggio indirizzato al ‘benigno lettore’ (si veda l’appendice I TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI SU P.89). Constatiamo di nuovo che non è specificato il gruppo di lettori. Orlandi riferisce ai lavori dei biografi precedenti, e menziona le informazioni contraddittorie che forniscono, e coinvolge attivamente il lettore che deve trarre le proprie conclusioni e fare un’individuale valutazione finale. Tale avvertimento al lettore è anche da trovare nella prefazione al dizionario del Moréri. In più, è messo in evidenza che l’abcedario non è una sola compilazione dei lavori degli altri scrittori biografici, ma un lavoro che prosegue dove i precursori avevano finito. Di seguito, è messo in rilievo il lavoro che il frate zelante ha dovuto smaltire, per poter compiere il compendio biografico ‘Qual Scuola poi frequentassero, od in qual tempo operassero molti Professori, de’ quali non ne parlano gli Autori, è stata mia laboriosa fatica il ricavarlo dalle opere, dalle conghiture de’ tempi, e da’ luoghi, ne’ quali lavorarono’ ii. Anche in questo brano, Orlandi parla da professore, e nota che un’adeguata ricezione di un’opera d’arte possa fare più luce sul suo creatore e la sua origine. Per finire, il compositore esprime il ringraziamento agli amici che lo assisterono a solvere le difficoltà e che gli facilitarono il lavoro. Allo stesso tempo, è di nuovo accentuata l’attendibilità dell’opera, al pubblico viene consigliato di fidarsi sulle informazioni collezionate e portate avanti dall’autore ‘leggi dunque con sicurezza, e vivi felice’ ii, finisce il brano. L’introduzione alle cinque tavole nella parte finale dell’abcedario Nel breve passaggio che introduce la terza parte dell’abcedario (si veda l’appendice I TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI SU P.90) e che comprende le cinque tavole, Orlandi rimarca la grande quantità di libri che gli passarono per le mani. Immediatamente, questa osservazione viene relativizzata dall’autore, che afferma di essere conscio dell’impossibilità di disporre di tutte le opere disponibili, particolarmente quelle pubblicate all’estero. Comunque, al lettore è di nuovo raccomandato di farsi tranquillamente guidare dall’abcedario, tanto che esso è ormai conscio del fatto che il compositore ha fatto tutto quello che rientrava nelle sue possibilità per dare al lettore ‘esattissimo conto di tutto ciò, che può servire al genio Pittorico’ii. Molto significativa è l’osservazione finale del brano ‘Accetta frattanto, con animo cortese, la copiosa serie de’ descritti, che non sono pochi; e perchè questi sono tutti presso di me, sarai sempre padrone prevalertene in ogni occorrenza, e vivi felice’ii. Questo passaggio dà rilievo al carattere enciclopedico e pratico dell’abcedario, che Orlandi aveva in mente per questo lavoro in un volume. Con il compendio, composto per funzionare da manuale da portare facilmente con sé, il lettore poteva disporre di una grande diversità di conoscenza disponibile in qualsiasi momento per qualsiasi occasione. All’esigenza del frate di comporre un’opera in un volume ad alta densità informativa, viene anche riferito nella corrispondenza al cavaliere fiorentino Marmi, in cui Orlandi scrisse ‘il mio libro è un compendio dell’opere dei Pittori, altrimenti un tomo non sarebbe bastante a scrivere tutto’ii. Questo si lascia intendere anche a livello fisico dell’opera. Infatti, ciò che colpisce subito durante il primo incontro con i trattati dei diversi biografi, è la differenza tra l’ampiezza delle opere dei precursori e l’abcedario orlandiano. Mentre i lavori dei primi consistevano, per buona parte, di più tomi e di dimensioni considerevoli, l’opera del nostro autore, che doveva funzionare da compendio, era composta da un tomo solo a dimensione maneggiabile. Il quinto e ultimo brano, che porta a termine la quarta tavola de’ Libri servibili, necesarij, & utili ai Pittori, e Scultori è intitolato L’Autore allo Studente di Pittura (si veda l’appendice I TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI SU P.90). Per la prima volta, Orlandi si rivolge ad uno specifico gruppo di lettori. Ciò rende più probabile la nostra idea che negli altri brani, un riferimento al progettato gruppo di lettori sia omesso intenzionalmente da Orlandi per non escludere altri interessati e dunque per assicurarsi di una portata larga e variata. Il frammento è un esplicito invito allo studio di opere d’arte dei grandi maestri, e alla lettura di opere sull’arte. Anche l’essenza dei libri sulla pittura e le vite degli artisti, quale l’Abcedario pittorico dell’autore stesso, è esplicitata ‘I libri di pittura, e vite de’ Pittori saranno buoni per imparare le regole di dipingere, o per discorrere con fondamento de’ costumi, e dell’opere loro’ii. Di seguito, sono citati i nomi dei grandi pittori, che per gli studenti possono funzionare da esempi, collegati ai loro particolari pregi individuali, ‘Dal Correggio, da Guido Reni, e dal Barocci, la dolcezza de sembianti, le bocche ridenti, e girar di teste [..], da Carracci, e da Tiziano, il grande, il forte, il componimento, l’espressione, & movimenti dell’animo [..]’ii. Così, questo brano serve tanto da stimolo per gli studenti di pittura, quanto da ode ai grandi maestri. Infine, siamo informati sulla concezione artistica di Orlandi, che suggerisce che l’artista dovrebbe mirare alla creazione di opere d’arte naturali, verosimili, e ben proporzionate. L’arte di persuadere I cinque brani analizzati furono scritti in modo ben comprensibile ed accessibile, anche se sono ben provvisti dell’ornamento retorico. In base alla nostra analisi, risulta che l’abbellimento, che marca lo stile in questi brani, fungeva da mezzo tanto per impressionare quanto per persuadere il lettore a farsi tranquillamente guidare dall’abcedario. La scelta dei vocaboli ben pesati e la facilità con cui pure oggi il testo si fa capire, in particolar modo quelli indirizzati al lettore in generale, dimostra l’eloquenza e le capacità letterarie dell’autore. L’Orlandi si servì dalla lingua, e sapeva strumentalizzarla a servizio dei propri scopi, senza trasferirla in uno stile artificioso o impacciato. Il lettore viene guidato nella direzione voluta, anche senza prenderne atto, ed è chiaro che la retorica ha funzionato al modo desiderato. Per dare forza al discorso e per far dissolvere gli eventuali dubbi rimanenti, il frate presentò l’abcedario come opera attendibile, che venne ancora rafforzato dall’accento che era messo sulle proprie competenze e conoscenze. Dunqe, in questo contesto, lo stile doveva servire da mezzo per persuadere i vari gruppi di potenziali lettori di affidarsi all’abcedario, che al suo turno doveva garantire una portata larga e variata. Anche in base alle osservazioni appena delineate, possiamo essere sicuri che Orlandi abbia mirato a raggiungere un vasto pubblico di lettori. È solo in un punto che si rivolge direttamente ad un particolare gruppo di lettori, gli studenti di pittura. Pertanto, ci sembra valido constatare che l’abcedario fu composto non solo a servire gli studenti, ma anche gli artisti avanzati e gli altri interessati come i dilettanti, gli accademici d’arte, i commercianti d’arte, i collezionisti, gli storici d’arte, gli architetti. In base alla nostra analisi, possiamo concludere che l’abcedario, al livello fisico, doveva fungere da compendio di un tomo solo, che era versatile, pratico e maneggevole, da consultare ad ogni desiderato momento. Invece, al livello del contenuto, doveva servire tanto da fonte di conoscenza quanto da stimolo per i lettori di approfondire la loro conoscenza. Più volte l’Orlandi si servì di parole incitanti, con lo scopo di mettere in vista la via della sapienza e l’istruzione, e di spingere il lettore ad uno studio artistico più profondo. Di particolare rilevanza è il riferimento alle bibliografie nella terza tavola, che risponde al desiderio del lettore che vorrebbe educarsi ulteriormente. Questo onnipresente tono di motivazione a promozione dell’ampliamento e dell’approfondimento di conoscenza sembra aver servito allo scopo di portare le opere d’arte degli artisti ad un livello più elevato, o come Orlandi lo descrive nella frase finale del brano che è indirizzato allo studente di pittura, ‘per erudire con fondamento l’opere tue’. ii Cit. in K. Humbeeck, “L.P.Boon, historiograaf – Het beeld van de negentiende eeuw in Boons ‘historische romans’” in Nederlands in culturele context, Woubrugge, Internationale Vereniging voor Neerlandistiek, 1995, pp.85-6 (traduzione nostra). ii id., p.86. ii Schlosser (1956: 305). ii id., p. 304. ii id., p. 307. ii Cit. in Schlosser (1956: 307). ii Cit. in Orlandi (1704: 4). ii ibid. ii Schlosser (1956: 306). ii Il Vasari ne ritorna più volte, la formula ed i vocaboli utilizzati sono praticamente uguali. Nel proemio si legge ‘la voracità del tempo nondimeno si vede manifestamente che non solo ha scemate le opere proprie e le altrui onorate testimonianze di una gran parte, ma cancellato e spento i nomi di tutti quelli che ci sono stati serbati da qualunque altra cosa che dalle sole vivacissime e pietosissime penne delli scrittori’, mentre nella conclusione v’è scritto ‘questi artefici gloriosi, che io semplicemente ho tolti alla polvere et alla oblivione, che già in gran parte gli avea soppressi’, in cui è molto ovvia l’analogia con Orlandi che trae ‘dal suo sepolcro la Virtù dei Soggetti virtuosi’. Cit. in G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri (a.c.d. L.Bellosi e A.Rossi), Torino, Einaudi, 1550 ristampa 1986, p.1, p.462. ii Cit. in Orlandi (1704: 7). Nel testo che segue, tutte le citazioni relative alla prefazione sono tratte da questa pagina. ii Per quanto riguarda la seconda edizione dell’abcedario, sappiamo che, infatti, anteriore alla pubblicazione dell’opera, era già promesso ai conoscenti a Eidelberga e a Parigi un numero di, in totale, 90 esemplari del manuale. Si veda Campori (1866: 184). ii Cit. in Orlandi (1704: 60). ii ibid. ii id., p.368. ii ibid. ii Cit. in Campori (1866: 184). Cit. in Orlandi (1704: 408). ii ibid. ii V L’ARCHITETTURA NELL’ABCEDARIO PITTORICO L’Abcedario Pittorico è un’opera considerevole; contiene la descrizione di circa quattro mila artisti europei, di cui la maggioranza di provenienza italiana. In realtà, l’Abcedario è costituito da quattro sub-abecedari, e tre parti, che da Orlandi vennero intitolati Abecedario pittorico nel quale sono descritte le Vite degli Antichissimi Pittori, Scultori, Architetti, le loro Patrie, Scuole, e Tempi, ne’ quali fiorirono (parte prima) Abecedario pittorico in cui sono descritti gli Antichi-Moderni ed i Viventi Professori di Pittura e di Scultura, e d’Architettura, con le Patrie, le Scuole, e Tempi ne’ quali fiorirono (parte seconda) Abecedario pittorico in cui sono comprese cinque tavole (parte terza) Abecedario de’ nomi, e de’ cognomi degl’Intagliatori in rame, & in legno, quali marcarono le stampe loro co’ nomi, e cognomi seguenti, o con le lettere principali de’ medesimi. Accanto alle descrizioni biografiche, l’opera contiene una miniera di informazioni utili non solo per gli scolari, i pittori principianti o avanzati ma anche per gli altri artisti, i dilettanti, gli accademici d’arte, i commercianti d’arte, i collezionisti, gli storici d’arte, gli architetti. Il corpo è completato da varie sezioni, che danno all’abcedario il carattere enciclopedico. Pare che l’Orlandi, che diede il nome ‘Abecedario’ alle quattro sezioni sopra menzionate, volle dare a ciascuna individuale parte una stessa misura di rilevanza, forse per evidenziare ai potenziali lettori il carattere versatile e multifunzionale della sua opera. Il presente capitolo ha lo scopo di posizionare l’abcedario di Orlandi in un quadro più largo, vale a dire in un quadro che include le opere enciclopediche del secondo capitolo, e le opere con orientamento consimile che abbiamo trattato nel terzo capitolo sulle fonti di Orlandi, e cioè gli scritti artistico-biografici, usciti precedentemente all’abcedario pittorico. Questa posizione potrebbe essere stabilita in vari modi, nella nostra ricerca, focalizzata sulla struttura dell’opera, vorremmo farlo, rispondendo alla domanda centrale di questa tesi Quali sono gli elementi nuovi e tradizionali nella struttura dell’Abcedario Pittorico? Si comincia il discorso con una breve esposizione sulla parte più estesa e fondamentale dell’abcedario, vale a dire le descrizioni biografiche degli artisti. Di seguito, passeranno in rassegna, individualmente, tutte le sezioni che insieme formano l’abcedario, e sarebbero: - La parte introduttiva - La parte prima - La parte seconda - La parte terza Queste parti corrispondono con i quattro abcedari citati all’inizio di questo paragrafo (si veda l’appendice SCHEMA DELL’ARCHITETTURA NELL’ABCEDARIO DEL 1704 su p.91). Di ogni parte, sezione o elemento rilevante, sarà esaminata se, in forma paragonabile, fosse già presente nei lavori precedenti e, se affermativo, in quale modo. In tale maniera, saremo in grado di pronunciarci sugli elementi nuovi e tradizionali nella struttura dell’opera orlandiana, evidentemente in rapporto al contenuto delle varie sezioni. In più, vogliamo stabilire i particolari gruppi di destinatari delle individuali parti costitutive dell’abcedario. La parte introduttiva sarà trattata solo brevemente, per il fatto che l’abbiamo intensivamente discussa nel capitolo precedente. Riguardo alla parte prima e la parte seconda, appariranno di particolare interesse l’ordnungsprinzip, e la distinzione tra antichità classica e tempo moderno. La parte terza, che comprende le cinque tavole, forma la base per la ricerca focalizzata sulle eventuali novità nel modo in cui l’Orlandi costituì l’indice analitico, la bibliografia artistica, la bibliografia attinente all’architettura, la bibliografia varia, le tavole con i monogrammi. È del resto importante tenere conto del fatto che il compositore dell’abcedario morì nel 1727 e che solo i volumi pubblicati anteriore a quest’anno, vale a dire le edizioni bolognesi, sono completamente della sua mano. Per questo, è essenzialmente la prima edizione del 1704, e in misura più modesta anche la seconda del 1719, su cui si è fondata la ricerca centrale di questa tesi. Infatti, dopo il discorso sulle varie parti nell’abcedario del 1704, segue un paragrafo dedicato alle differenze tra la struttura nella prima edizione e in quella successiva, e in cui continueremo la ricerca sulle novità nelle sezioni per la prima volta inserite nell’edizione del 1719. Si finisce l’argomentazione con un paragrafo sull’effetto, il successo e le critiche sull’abcedario, seguito dalle conclusioni. Per svolgere la ricerca, che vuole inquadrare l’abcedario in un panorama più esteso, è essenziale coinvolgere le opere artistico-biografiche dei precursori di Orlandi. È solo in questo contesto che potremmo stabilire le eventuali novità nella struttura dell’abcedario, tanto che senza opere di referenza, non sarebbe possibile parlare di elementi nuovi o tradizionali. Per questo, abbiamo studiato le prime edizioni originali delle seguenti opere, che citiamo in base alla data di pubblicazione, in ordine cronologico: - Carel van Mander, Het Leven der Oude Antijcke Doorluchtige Schilders, Jacob de Meester, Alkmaar, 1603 - Carlo Ridolfi, Le maraviglie dell’arte, overo delle vite de’ pittori, Gio Battista Sgava, Venezia, 1648 - Giovanni Baglione, Le vite de’ Pittori Scultori et Architetti, Manelfo Manelfi, Roma, 1649 - Leonardo da Vinci, Trattato della Pittura, Giacomo Langlois, Parigi, 1651 - Cornelis de Bie, Het Gulden Cabinet, Juliaen van Montfort, Anversa, 1661 - Lodovico Vedriani, Raccolta de’ Pittori, Scultori et Architetti Modonesi più celebri, lo Soliani Stampator Ducale, Modena, 1662 - Rafaele Soprani, Le Vite de’ Pittori, Scoltori et Architetti Genovesi, Giuseppe Bottaro, Genova, 1674 - Joachim von Sandrart, L’Academia Todesca della Architectura, Scultura & Pittura, JohannPhilipp Miltenberger, Nuremberga, 1675 - Carlo Cesare Malvasia, La Felsina Pittrice, l’erede di Domenico Barbieri, Bologna, 1678 - Filippo Baldinucci, Notizie de’ Professori del disegno, Santi Franchi, Firenze, 1681 - Filippo Baldinucci, Cominciamento e Progresso dell’arte dell’Intagliare in rame, Piero Matini, Firenze, 1686 - Arnold Houbraken, De Groote Schouburgh der Nederlantsche Konstschilders en Schilderessen, Amsterdam, 1718ii In più, abbiamo consultato le versioni moderne delle opere del Vasari, il Borghini, lo Scaramuccia, il Baruffaldi, il Félibienii. Queste opere sono tutte menzionate nell’Abcedario di Orlandi e formano il nucleo principale della produzione letteraria artistica in generale, e della descrizione di vite artistiche in particolare, nell’arco di tempo che per la nostra ricerca è rilevante. Questo periodo inizia con le celebri Vite di Vasari nel 1550 ed ha termine con la pubblicazione della seconda edizione dell’Abcedario Pittorico nel 1719. Un’impressione generale delle descrizioni biografiche degli artisti Le descrizioni delle vite nel corpo dell’abcedario sono brevi e concise, e le informazioni presentate variano per artista. Orlandi mirava a tenere gli articoli di una lunghezza più o meno costante, per evitare di mettere un particolare artista sul piedistallo. Questo trattamento paritario era considerato molto importante, ne testimoniano i vari passaggi nelle lettere provenienti dalla corrispondenza tra Orlandi ed il cavaliere fiorentino Marmiii. In risposta a una lettera composta dal Marmi, che conteneva nuove informazioni su alcuni pittori, Orlandi scrisse ‘mi spiace solo che bisogna ridurle [le notizie] al compendio come sono tutte le altre per seguire l’ordine del libro, né peccare di parzialità per compiacere alla giustizia’ii. In generale, la descrizione biografica comincia con il luogo e la data di nascita, eventualmente seguiti dal nome del partner e degli altri parenti, che sono pure attivi nel campo artistico. Di seguito, è specificata la branca dell’arte in cui è attivo l’artista, per continuare con la scuola dove ha imparato il mestiere, o la persona di cui è stato scolaro. Dopo, sono menzionati i luoghi ed i posti dove si dedica o si è dedicato all’esercizio artistico, e sono precisate le attività principali dell’artista e il carattere delle sue opere d’arte. In questo punto sono anche nominati i temi ricorrenti nelle opere del particolare artista. La descrizione finisce con un eventuale riferimento ai figli che hanno anche un mestiere artistico, seguito dall’eventuale data e luogo di morte, e il posto di sepoltura. Evidentemente, non è in tutte le descrizioni biografiche che viene descritta l’intera sequenza dei potenziali dati appena delineati. A volte, le informazioni presentate da Orlandi sono frammentarie, mentre ad un limitato numero di artisti è dedicato più spazio, caso in cui la descrizione biografica è più dettagliata. Tuttavia, la maggioranza degli articoli sugli individuali artisti è di una lunghezza più o meno invariata. Innanzitutto, potremmo constatare che Orlandi riuscì a realizzare il suo desiderio di trattare gli artisti in modo paritario, che è in linea con le conclusioni nel terzo capitolo in cui abbiamo osservato che il frate, anche al livello del contenuto, mirava di presentare le vite in modo armonioso e bilanciato. Uno sguardo più ravvicinato all’architettura dell’Abcedario Pittorico La parte introduttiva La parte introduttiva comincia con un breve testo intitolato Illustrissimo e Reverendissimo Signore, dedicato ad un corrispondente dell’Orlandiii, il vescovo di Arezzo, Giovan Matteo Marchetti, che era un potente patrizio di Pistoia, e un collezionista e mecenate. Il testo, scritto in un linguaggio pittorico, è una lode dedicata al vescovo, in cui si legge anche sui motivi dell’autore per comporre l’opera. Come già accennato in un momento precedente, all’epoca, il fenomeno della dedica ad una persona che nell’ambiente intellettuale o ecclesiastico godeva di grande prestigio, era molto attuale, ed è da osservare in tutti i trattati selezionati. Segue un sonetto, scritto da Orlandi, che è pure un’ode allo stesso dedicato. Poi, v’è un brano intitolato L’autore al benigno Lettore in cui vengono spiegati tra l’altro il contenuto e la struttura dell’abcedario. Il brano è seguito da sei sonetti, dedicati all’autore e scritti dai conoscenti provenienti dal cerchio sociale del frate, tra cui Giampietro Zanotti, fondatore dell’Accademia Clementina a Bologna, di cui Orlandi fu socio onorario e il pittore romano Arcangelo Renani. La parte introduttiva finisce con un brano in latino che conduce all’imprimatur. In questo punto comincia il corpo dell’abcedario, che Orlandi suddivise in tre parti. La prima parte: l’abcedario degli artisti classici La prima parte è riservata agli artisti dell’antichità classica, e comprende un abcedario che Orlandi nominò Abcedario pittorico nel quale sono descritte le Vite degli Antichissimi Pittori, Scultori, Architetti, le loro Patrie, Scuole, e Tempi, ne’ quali fiorirono. Questa sezione è relativamente corta, a paragone dell’abcedario della seconda parte. Orlandi non era il primo a descrivere le vite degli artisti antichi, come sarà evidenziato nel testo che segue. La sezione che comprende le vite degli artisti antichi è completata da due tavole. La prima tavola, che consiste di due pagine, è un elenco alfabetico con i nomi ed i meriti degli autori classici che scrissero sull’arte nell’antichità, la seconda comprende i nomi di trentasei autori dei tempi più moderni che dedicarono una parte della propria opera ai pittori antichi. Per le informazioni storiche, questo sub-abecedario era particolarmente interessante per i lettori con fascino per l’arte nell’Antichità classica, ad esempio gli artisti stessi, gli storici d’arte, gli architetti. La seconda parte: l’abcedario degli artisti moderni La seconda parte, intitolata Abcedario pittorico in cui sono descritti gli Antichi-Moderni ed i Viventi Professori di Pittura e di Scultura, e d’Architettura, con le Patrie, le Scuole, e Tempi, nei quali fiorirono, è la parte più sostanziosa dell’opera, e prende tre quarti del corpo dell’abcedario. In questa parte vengono descritte in modo conciso le vite di circa quattromila artisti, italiani e forestieri. Va però osservato che la maggioranza degli artisti è di nazionalità italiana, anche se l’angolatura scelta da Orlandi era di raggio europeo. La spiegazione si trova nel fatto che le fonti principali per la composizione dell’abcedario erano i trattati cinque e seicenteschi scritti perlopiù dai biografi italiani. Il fenomeno del descrivere vite di artisti, come osservato in molti luoghi nel nostro discorso, non era nuovo del tutto. La prima e la seconda parte dell’abcedario, secondo il titolo dell’opera, sono ordinate alfabeticamente in base al nome dell’artista. Se prendiamo in considerazione i vocabolari e le enciclopedie francesi del Seicento che abbiamo studiato prima, l’ordinamento alfabetico non appare eccezionale. Invece, nella letteratura biografica artistica del Cinque e Seicento, si osserva la predominanza dell’ordnungsprinzip della cronologia invece dell’alfabeto. Anzi, in nessun trattato precedente abbiamo potuto ritrovare un ordinamento alfabetico nella parte che comprende le vite degli artisti. Risulta dunque, che nelle opere artistico-biografiche, l’ordine alfabetico non era del tutto ovvio, fu solo nel primo Settecento, tra l’altro con questa opera orlandiana, che diventava sempre più attuale. Non sarebbe troppo energico affermare che l’Abcedario Pittorico di Orlandi fu il primo lavoro artistico-biografico sotto forma di un dizionario, i nomi degli artisti funzionando da voci, con una disposizione alfabetica. Fu questa stessa opera la prima nella storia a portare il titolo Abcedario Pittorico. Per quanto riguarda la divisione in parti, vale a dire la distinzione tra l’abcedario degli artisti antichi e moderni, possiamo dare per certo che non era nuovo del tutto. Già il van Mander divise il suo Het Leven der Oude Antijcke Doorluchtige Schilders del 1603 in tre parti, quella dell’arte degli Antichi, degli Italiani e degli Olandesi. Anche il Ridolfi, nelle sue Maraviglie dell’Arte del 1648, fece una distinzione tra i pittori antichi, cioè i Greci ed i Romani ed i pittori moderni, come il Félibien nel suo Entretiens sur les vies et sur les ouvrages des plus excellents peintres anciens et modernes (1666-1688), e Sandrart nella sua Academia Todesca della Architectura, Scultura & Pittura del 1675. Questo sub-abecedario, per il grande valore attuale, era di particolare rilevanza per tutti i gruppi di potenziali lettori; gli artisti, i dilettanti, gli accademici d’arte, i commercianti d’arte, i collezionisti, gli storici d’arte, gli architetti. La terza parte: le cinque tavole La prima tavola La terza parte comprende cinque tavole, ognuno con il proprio titolo. La prima tavola è nominata Tavola prima de’ Sopranomi, e de’ Cognomi connotanti i Nomi dei Professori del disegno, e forma un indice analitico dei cognomi ed i soprannomi degli artisti inseriti nell’abcedario. È un ordinamento interessante, considerando che nella prima e la seconda parte gli artisti sono ordinati alfabeticamente per nome. L’elenco contiene molte incongruenze, non solo di stampa. Si osserva tra l’altro che l’ortografia dei nomi e dei cognomi degli artisti non è sempre conseguente. Ad esempio, nell’elenco alfabetico, il cognome di Caterina è Taraboschi, mentre nell’abcedario c’è scritto Taraboti. In più, i cognomi degli artisti sull’elenco alfabetico non sono sempre inseriti nel posto proprio, e in alcuni posti manca una completa serie di cognomi di artisti che si trovano sì nell’abcedario. Così, notiamo che la C finisce con il cognome Civetta, mentre nell’abcedario circolano ancora parecchi artisti con un cognome iniziando con Co- o Cu-. Assenti sono anche tutti i cognomi tra Caliari e Cassieri, e con ciò dunque il cognome di una delle pittrici che nell’abcedario di Orlandi conobbero la prima descrizione biografica in forma stampata, Rosalba Carriera. Anche se l’indice non era del tutto ottimale, il fatto che era presente, distingue l’abcedario dalle enciclopedie francesi più autorevoli nel Seicento. In queste opere l’indice analitico era assente o molto elementare. In questo quadro, l’indice nell’abcedario di Orlandi può essere considerato pionieristico. È altrettanto vero che il genere dei dizionari e delle enciclopedie non si presti facilmente all’inserimento di un indice analitico, considerando che questo tipo di opere contiene un gran numero di lemmi, voci o articoli, che renderebbe ambiziosa ma anche superflua la composizione di un indice. Superflua perché, in fondamento, il dizionario è un tipo di indice. Da questo punto di vista, si potrebbe sostenere che il dizionario alfabetico non richiede un indice, visto che i lemmi, comodamente ordinati in base all’alfabeto, sono facile da ritrovare. Invece, nel panorama della letteratura artistico-biografica, l’introduzione dell’indice analitico avviene relativamente presto, con Le Vite di Vasari (edizione Torrentiniana) pubblicate nel 1550. Il corpo di questa opera, che contiene le descrizioni biografiche degli artisti, è preceduto da un indice analitico dei nomi, che è seguito da una Tavola de’ luoghi dove sono le opere descritte. Anche il Riposo del Borghini che uscì nel 1584, contiene un indice analitico dei nomi degli artisti, intitolato Tavola de nomi de’ pittori e degli scultori e d’altre persone che nell’opera si leggono. La tavola è seguita da un’altra tavola, contenente un simile indice analitico, che è nominata Tavola delle materie principali che in questi quattro ragionamenti contengono. Al contrario dell’indice nell’Abcedario di Orlandi, che si trova in fondo dell’opera, nei lavori di Vasari e di Borghini, gli indici sono posizionati all’inizio, dopo la pagina iniziale. Insomma, in tutti i trattati da noi consultati, senza alcuna eccezione, sono da localizzare degli indici analitici dei nomi degli artisti ben elaborati, posizionati ora all’inizio ora in fondo dell’opera. Dunque, l’Orlandi non era certo il primo a includere un indice analitico dei nomi degli artisti. Con il nostro sguardo moderno, è notevole osservare che la maggioranza degli indici è costituita in base ai nomi, invece dei cognomi. La scelta per la lettera iniziale del nome, del cognome o anche del soggetto non è sempre univoca. Per illustrare questo fatto, ricordiamo l’indice del Sandrart, che è ovviamente costituito in base ai nomi. Tuttavia, di molti artisti è citato solo il cognome, e lo stesso indice comprende anche una grande selezione di soggetti. Così sotto la L sono inseriti i nomi di Leon Baptista Alberti, Lanfranco e l’argomento intitolato Leib des Menschen vergleichet sich einem Tempel. La seconda tavola La seconda tavola comprende un ricco elenco bibliografico di Libri, che trattano de’ Pittori, de’ Scultori, e della Pittura, con l’anno, e paese, dove sono stampati, che elenca più di 150 titoli di opere sull’arte di oltre 120 scrittori diversi. Questa bibliografia, contenente un gran numero di riferimenti ad altri libri con orientamento artistico-biografico ma anche a opere di carattere teorico ed a antichi trattati e manoscritti, fu costruita in modo assai adeguato ed è presentata in modo pratico e comprensibile, paragonabile con le bibliografie che consociamo oggi. I libri sono ordinati alfabeticamente per cognome dell’autore, e Orlandi ha cercato di inserire tutti i dati bibliografici necessari come il titolo, l’anno e luogo di pubblicazione, il numero di volumi, il tipo di foglio. Di alcune opere sono perfino precisati i nomi degli stampatori e i posti dove sono vendute, il che mette in evidenza il valore pratico dell’abcedario. La bibliografia testimonia allo stesso tempo dell’erudizione del compositore. Di ogni individuale trattato, Orlandi espone in modo molto coscienzioso e conciso il contenuto, il che sembra provare che non solo conobbe ma anche lesse gran parte dei libri citati nella bibliografia. Inoltre, non si limitò alla lettura di libri scritti nella madrelingua, si faticò anche a ottenere e a tradurre opere di provenienza estera. Ne testimonia l’elenco bibliografico che contiene riferimenti ai nomi e alle opere di autori come De Bie (fiammingo), Van Mander (olandese), Félibien (francese), Sandrart (tedesco). Questo sub-abecedario era interessante, in primo luogo per i lettori che si occuparono dell’arte ad un livello teorico; gli studenti di pittura o altri artisti in cerca di documenti sui maestri di pittura o sulle vite di colleghi-artisti, o di trattati sulle tecniche pittoriche o con altro valore istruttivo, poi per i dilettanti, i professori del disegno, gli accademici d’arte, gli storici d’arte, ma anche per i commercianti d’arte, i collezionisti che desideravano informarsi di più sull’arte, la storia dell’arte, gli artisti e le loro vite. Nella Letteratura artistica (1956) di Schlosser leggiamo che l’Orlandi non fu il primo a inserire un elenco bibliografico storico dell’arte nel trattato. Lo Schlosser osserva che i «tentativi» di bibliografie storiche dell’arte si avviano relativamente presto. La bibliografia composta da Orlandi per L’Abcedario Pittorico, che lo storiografo tedesco definisce come ‘un opera molto notevole per il tempo suo, e che può anche oggi rendere talvolta utili servizi’ii, prende posto solo dopo quella di Possevino nel suo Tractatio de Poësie et Pictura ethica (1593) e Scaramuccia nel Le finezze dei pennelli italiani (1674)ii. Invece, la storica d’arte statunitense Kate T. Steinetz (1972), in un suo articolo, menziona lo stesso Possevino come solo «precursor of art bibliography», implicando che la bibliografia del gesuita, nella visione della scrittrice dell’articolo, non andrebbe classificata come adeguata bibliografia artistica. Il suo ragionamento sembra essere valido, la Steinetz descrive che il Tractatio conteneva solo riferimenti bibliografici che, per la loro incompletezza possono essere considerati marginali. Invece, il francese Raphael Trichet du Fresne (1611-1651) è citato come compositore della prima bibliografia artistica moderna. La bibliografia di du Fresne apparve come prologo alla prima pubblicazione del Trattato di pittura di Leonardo da Vinci, che uscì a Parigi nel 1651ii. La bibliografia, composta da du Fresne, era formata da una lista di trentasette titoli di opere sull’arte pubblicate nel Quattro e Cinquecento e nella prima metà del Seicento. L’elenco, che non è architettato né a ordine alfabetico né in modo cronologico, non sembra seguire le regole di nessuna logica. È poi notevole che i titoli delle opere non sono messi in corsivo, il che appesantisce la leggibilità dell’elenco. Ciò nondimeno, è evidente che la bibliografia fu composta con gran cura, du Fresne cercò di descrivere brevemente il contenuto di ogni titolo, e di includere i vari dati bibliografici, come il nome dell’autore, il luogo ed anno di pubblicazione, il numero di volumi ed il tipo di foglio del particolare libro. Curiosa è l’osservazione dell’autore francese, che apparentemente non provò tanta stima per la propria bibliografia. Sopra l’indice bibliografico scrisse le parole ‘per non lasciar queste carte vote ed inutili, si è fatto il seguente indice de gli altri libri che trattano la pittura e del disegno, comme ancora di quelli dove sono descritte le vite de’ pittori e le opere loro’. Il Ridolfi, nelle sue Maraviglie dell’arte (1648), inserì un sintetico indice analitico degli autori citati di due pagine, che si caratterizzava per la mancanza dei titoli delle opere degli autori inclusi nell’indice, e che dunque non è nient’altro che già viene indicato dal suo nome. Perciò, questa lista non andrebbe considerata come bibliografia storica dell’arte. L’indice analitico dei pittori nella Felsina Pittrice (1678) del Malvasia, uno fra i pochi che sono costituiti in base ai cognomi, racchiude un limitato numero di nomi di biografi italiani, come Bernardino Baldi, Marco Boschini, e Carlo Ridolfi, ed i titoli degli scritti corrispondenti. La bibliografia in Le finezze de’ pennelli italiani (1684) di Scaramuccia è ben elaborata, e comprende una ventina di titoli che sono ordinati cronologicamente in base alla data di pubblicazione. Il Baldinucci, nel suo Cominciamento e progresso dell’arte dell’intagliare (1686), fece qualcosa di simile. Egli compose un indice analitico delle Cose Notabili, cosa che è del resto da osservare in un gran numero dei trattati selezionati, in cui figuravano anche i nomi di alcuni scrittori, ad esempio quello del biografo fiammingo Cornelis de Bie. Tuttavia, come nel caso del Ridolfi, sono assenti i titoli dei lavori degli autori che si trovano sull’indice. Lo Houbraken, nel De Groote Schouburgh der Nederlantsche Konstschilders en Schilderessen (1718), inserì in alcuni luoghi nel testo un riferimento alla fonte, ma non aggiunse un elenco bibliografico all’inizio o in fondo dell’opera. In breve, in base ai nostri risultati possiamo solo parzialmente trovarci con lo Schlosser, visto che siamo d’accordo con la Steinetz, che è di opinione che i riferimenti bibliografici del Possevino non andrebbero classificati come bibliografia artistica. Invece, le bibliografie di du Fresne e dello Scaramuccia ci sono sembrate molto adeguate, e meritano di essere considerate come proprie bibliografie artistiche. Allora, constatiamo che, benché non avesse il debutto della prima bibliografia artistica, era il nostro frate a comporre la prima bibliografia più estesa e raffinata del tempo che era anche ordinata alfabeticamente. La terza tavola Nella terza tavola sono descritti i Libri, che trattano d’Architettura, e di Prospettiva, con l’anno, e paese dove sono stampati. La struttura di questa bibliografia si assomiglia a quella nei libri sulla scultura e la pittura, invece la quantità di titoli e autori è molto più bassa a paragone della bibliografia precedente. Anche questo elenco contiene sia riferimenti alle opere di autori esteri sia brevi descrizioni del contenuto delle opere citate. Questa tavola era utile in primo luogo per gli architetti, e per gli altri interessati nell’architettura. Per quanto riguarda gli scritti che abbiamo selezionato, si osserva che l’Abcedario Pittorico è l’unico trattato artistico-biografico a comprendere un’estesa bibliografia attinente all’architettura. Evidentemente, ciò non significa che questa bibliografia, composta da Orlandi, fosse la prima nella sua sorta, in un quadro più largo, vale a dire in un quadro che include anche i trattati sull’architettura scritti nei secoli antecedenti al Settecento che potrebbero contenere una tale bibliografia. Per controllarlo, occorrono altre ricerche che cadrebbero fuori dal raggio d’azione di questa tesi. Pertanto, in questo punto, finiamo con l’osservazione che, nel quadro degli scritti inclusi nella nostra questa ricerca, Orlandi fu il primo e l’unico a includere una bibliografia completamente focalizzata sull’architettura. La quarta tavola La quarta tavola è quella de’ Libri servibili, necesarij, & utili ai Pittori, e Scultori. È una sezione bibliografica con informazioni pratiche per gli artisti, che è suddivisa in più categorie. Ogni categoria contiene un certo numero di libri sullo stesso argomento, ciascuno brevemente presentato da Orlandi, che servono gli artisti per il loro carattere descrittivo. Così, la categoria degli Abiti diversi consiste di cinque libri che descrivono gli abiti appartenenti, per esempio, agli uomini, alle donne, ai membri dei diversi ordini religiosi. Le informazioni in tutte le opere citate insegnano gli artisti, ed i riferimenti bibliografici inseriti da Orlandi sembrano avere come primo scopo l’elevare il livello della storicità nelle opere d’arte. Altre categorie sono tra l’altro l’anatomia, le favole e le finzioni, il vecchio e il nuovo testamento. La quarta tavola finisce con un brano intitolato L’Autore allo Studente di Pittura, in cui sono esaltate le tecniche dei grandi pittori, quali il Reni, il Parmigianino e il Poussin, che secondo Orlandi dovrebbero servire da esempi. Tale tavola non è da localizzare in nessun altro trattato, se non in un lavoro dello stesso Orlandi, cioè nelle Notizie degli scrittori bolognesi (1714) che include una tavola intitolata Delle materie, sopra le quali gli Scrittori Bolognesi, contenuti in queste Notizie, hanno stampato libri o lasciati M.S. [manoscritti], che suddivide in un gran numero di categorie queste materie, che al loro turno sono disposte in ordine alfabetico. In questo punto è opportuno aggiungere che il Sandrart, nella sua Academia Todesca, inserì le informazioni a cui l’Orlandi fece solo riferimento. L’opera del pittore e storiografo tedesco comprendeva una larga selezione di immagini di tutti gli argomenti possibili; vediamo, ad esempio, raffigurate le diverse manifestazioni architettoniche dei vari stili artistici classici e medievali, cioè lo stile classico, gotico, romano in tutte le forme e con tutte le sottocategorie possibili, accompagnati da una descrizione e informazioni attinenti alle misure e la corretta proporzione del corrispondente oggetto raffigurato. Vediamo anche raffigurati i modelli delle figure mitologiche, e troviamo poi una sezione che tratti la prospettiva, e che comprende una larga selezione di immagini delle figure geometriche. In base a queste informazioni non è complicato trovare una spiegazione della differenza tra la dimensione dell’opera del Sandrart, che era in folio e costituita da due volumi, e l’abcedario di Orlandi, che era un volume in quarto e che, evidentemente, fu composto ad altri scopi. Insomma, era il nostro frate a inserire per la prima volta una tavola bibliografica di carattere vario a disposizione alfabetica e suddivisa in categorie, in un’opera artistico-biografica. Come già accennato, questa tavola doveva in primo luogo servire il lettore desideroso di informarsi di più sui diversi elementi nelle tematiche da raffigurare nelle opere d’arte; gli studenti di pittura e gli altri artisti che miravano ad aumentare il livello della storicità nelle proprie opere d’arte. La quinta tavola L’ultima tavola è dedicata agli intagliatori, ed è introdotta da cinque tavole con i monogrammi, seguiti dalle loro spiegazioni. Il Nagler (1860) spiega che queste cinque tavole sono state copiate da quelle composte dallo scrittore francese Florent le Comteii, e che Orlandi modificò solo la sistemazione dei segniii. Nelle bibliografie in entrambe le edizioni dell’Abcedario viene riferito al libro dello scrittore francese. Negli scritti dei biografi precedenti non abbiamo potuto individuare altre tavole con monogrammi. Questa tavola con i monogrammi sembra essere stata utile in primo luogo per quelli particolarmente interessati nella provenienza delle opere d’arte, forse anche per stabilire il valore commerciale, e dunque per i commercianti ed i collezionisti d’arte. Le tavole sono seguite da un elenco alfabetico con le iniziali degli intagliatori, con la spiegazione. Si finisce con un ultimo abcedario, intitolato Abcedario de’ nomi, e de’ cognomi degl’Intagliatori in rame, & in legno, quali marcarono le stampe loro co’nomi, e cognomi seguenti, o con le lettere principali de’ medesimi. Questo abcedario è piuttosto un indice analitico di nomi, invece di una sezione che descrive le vite degli intagliatori. Di alcuni artisti è inserita la data di morte, ma mancano le descrizioni biografiche che sono presenti negli abecedari degli artisti antichi e degli artisti moderni nel corpo dell’opera. Con questo indice finisce l’Abcedario Pittorico del 1704. Quest’ultimo abcedario degli intagliatori non si lascia paragonare con il modo in cui venne toccata questa categoria di artisti nei trattati dei biografi precedenti. Già il Vasari fece mostra di un leggero interesse nell’arte dell’intagliare, e il Baglione dedicò un’intera sezione alle vite degli intagliatori, anche esteri, quali i fiamminghi Cornelio Cort ed i fratelli Sadeler e l’olandese Henrico Golzio. Pure il Sandrart ebbe riservato qualche spazio per una selezione di ‘Ein und Vierzig Teutsche Kupferstechere’. Il Baldinucci compose un lavoro dedicato interamente all’arte dell’intagliare, sull’origine ed i progressi di questo ambito dell’arte, arricchito con le descrizioni biografiche di un gran numero di intagliatori, tra cui del pittore e intagliatore olandese ‘Reimbrond van Rein’, che abbiamo analizzato nel terzo capitolo. Insomma, gli scritti di questi biografi precedenti albergarono delle biografie di intagliatori ben elaborate, il che mette in ombra l’abcedario degli intagliatori di Orlandi, che ha piuttosto forma di un indice analitico. Le differenze tra l’architettura nella prima e la seconda edizione dell’Abcedario In questo punto è opportuno rivolgere il nostro sguardo alle differenze tra l’Abcedario del 1704 e quello del 1719, per quanto riguarda la struttura delle opere. Evidentemente, si potrebbe dedicare un intero saggio alla discussione sulle differenze tra il contenuto degli abcedari. Per evitare una tale discussione, che per il presente lavoro sarebbe troppo approfondita anche perchè richiederebbe altre intensive ricerche, discuteremo soltanto ciò ci è sembrato rilevante per la nostra investigazione e che entri nell’attuale discorso sulla struttura dell’abcedario. Per quanto riguarda l’architettura, le differenze tra le due edizioni dell’abcedario sono marginali e perlopiù poco significativi. Nell’edizione del 1719 mancano i sonetti dedicati all’autore. Questo si potrebbe spiegare in base al contenuto, che riferisce con tanta chiarezza alla novità di una prima edizione di un tale lavoro, che evidentemente è assente nelle edizioni successive. Invece, l’edizione del 1719 finisce con un sonetto scritto da Orlandi, dedicato al collezionista ed amatore d’arte parigino Pierre Crozat. Un tale sonetto è assente nell’edizione del 1704. Di particolare interesse per l’attuale dibattito sulle eventuali novità nella struttura dell’abcedario orlandiano, è l’integrazione di alcune sezioni metodiche nell’edizione del 1719. Le nuove informazioni vennero inserite nella quarta tavola della terza parte dell’abcedario. Dopo il brano che in questa edizione è intitolato L’Autore alla Gioventù in progresso del Disegno, seguono due sezioni con valore istruttivo, che ora discuteremo separatamente. Anche queste aggiunte saranno sottoposte alla ricerca che abbiamo svolto negli ultimi paragrafi, e vogliamo controllare se, in forma paragonabile, erano già presenti nei lavori precedenti, e in quale modo. La prima sezione ha il titolo Notizie varie alli Professori della Pittura, giovevoli e neceßarie, ed è suddivisa in più parti relativamente brevi che trattano una particolare tecnica artistica, o un elemento della tecnica. In tal modo, leggiamo i titoli Modo d’intagliare in rame all’Acqua forte e Carte stampate a pulirle. Questa sezione include un paragrafo sulla creazione di colori, che porta il titolo Colori per Pittori, e Miniatori a farli, e comporre. Il paragrafo comprende le descrizioni metodiche per ottenere circa venticinque colori o coloriti diversi, e si conclude con una succinta elencazione di libri su questo soggetto. La seconda sezione è intitolata Istruzione per dipingere a fresco, secondo la pratica delli Periti. Anche in questa sezione viene descritto un gran numero di tecniche, come l'Arriciare, Granire, Disegnare, Preparare i colori, Sfumare e intenerire. In più, troviamo di nuovo una parte che tratta il fare i colori. Il brano finisce con due brevi paragrafi, intitolati Colori contrarj alla calce, e che non si poßono adoperare nelle pitture a fresco e Dipingere a secco. Sotto il testo si trova una rappresentazione di una tavolozza e uno stendardo con l’iscrizione latina Experientia complet. Entrambe le sezioni, per il loro carattere pratico, potevano servire i lettori che si occuparono, al livello pratico, della pittura e l’arte del dipingere a fresco, e dunque gli artisti, forse in primo luogo i principianti ma anche quelli avanzati. È assai notevole che gran parte del testo nei paragrafi sia stata copiata per intero e di lettera dal testo in Breve istruzione per dipingere a fresco del pittore Andrea Pozzo, che fu stampato per la prima volta nel 1784, senza che Orlandi, nella tavola stessa, ne menzionasse il riferimento bibliografico. Il lavoro del Pozzo sul dipingere a fresco, formava un’aggiunta al trattato Perspectiva pictorum et architectorum, che venne pubblicato a Roma tra il 1693 e il 1702. Il trattato venne sì menzionato nella bibliografia nelle edizioni dell’Abcedario sia del 1704 sia del 1719. Anche in una lettera al Marmi, il nostro autore comunicò di aver inserito nell’edizione del 1719 una sezione metodica basata sulle «pratiche del P. Pozzi». Tali sezioni metodiche non si trovano in nessun altro trattato artistico-biografico precedente. È vero che il libro dello Scaramuccia comprende due parti la cui architettura mostra somiglianza con quella applicata nelle sezioni metodiche di Orlandi, ma queste, riguardo al contenuto, differiscono talmente da Orlandi, che non possano essere considerate paragonabili. La prima parte porta il nome Massime, o siano ricordi, l’altra si chiama Alcuni Precetti. Entrambi i testi si lasciano definire “saggezze pittoriche”, che insegnano i Pittori, e che danno un’immagine della condotta e delle maniere ideali del pittore, e della Pittura ideale. I titoli dei paragrafi sono eloquenti, Per la Giouentù incaminante alla Pittura, Dell’ideale maniera, Contro l’Invidia così dannosa trà Pittori. Qui va aggiunto che i cosiddetti precetti sono tratti dal Trattato di Pittura di Leonardo da Vinci. È con le seguenti parole che vengono introdotti dallo Scaramuccia; Alcuni Precetti, Tra i molti, che vengon dati da Leonardo da Vinci nel suo Libro del Trattato di Pittura tratti ad verbum per quelli che desiderano più facilmente approfittarsi in questa dificilissima Professioneii. Ambedue le parti furono costituite allo stesso modo delle sezioni di Orlandi, ma gli argomenti sono di carattere generico, invece di metodico, e il contenuto dei paragrafi rimane superficiale e prevedibile, cosi leggiamo nel paragrafo Del diffetto del Pittore – Grandissimo diffetto è del Pittore ritrarre, ouero replicare li medesimi moti, e medisime pieghe di Panni in una medesima Historia e far somigliare tutte le Teste l’una con l’altraii. È altrettanto vero che nei circoli artistici circolarono almeno due opere con contenuto assimilabile. La prima sarebbe Il libro dell’arte o Trattato della pittura di Cennino D’Andrea Cennini, scritto nel 1437 e pubblicato per la prima volta nel 1821, la seconda il Vocabolario Toscano dell’Arte del Disegno di Filippo Baldinucci, uscito per la prima volta nel 1681. È in particolar modo il libro del Cennini che mostra un alto grado di somiglianza con il testo della tavola quarta nell’Abcedario di Orlandi. Il trattato, che si concentra pienamente sulle tecniche pittoriche, si suddivide in circa 180 piccoli capitoli, ciascuno con il proprio titolo, come El modo di saper tenperar la penna per disengniare, Si come dei triare i colori ad olio, e adoperarli in muro e, più specifico, In qual modo di colorire un uomo morto le capellature, e le barbe, e In che modo si colorisce un’acqua o un fiume, con pesci o senza, in muro e in tavolaii. Il modo in cui gli autori si rivolgono al lettore è praticamente identico, entrambi lo fanno in modo diretto, usando il ‘tu’, i metodi vengono spiegati passo per passo, nel modo in cui oggi si sono cosi costituite le ricette per cucinare. Invece, il Vocabolario Toscano dell’Arte del Disegno di Baldinucci, è piuttosto descrittivo, anziché metodico, come indicato dal titolo. Ambedue i trattati sono del resto citati nella bibliografia dell’Abcedario. In breve, benché non fosse il primo a descrivere una grande varietà di metodi pittorici, era l’Orlandi a includere per la prima volta delle sezioni metodiche ad uno scritto artistico-biografico, che fuzionavano da insegnamento per i lettori pittori. Ogni medaglia ha il suo rovescio: l’effetto, il successo e le critiche sull’Abcedario Pittorico Le edizioni dell’abcedario sono numerose. La prima e la seconda edizione furono entrambe stampate da Costantino Pisarri a Bologna, rispettivamente nel 1704 e nel 1719. Di seguito uscirono volumi a Napoli nel 1731, 1733 e 1763, a Firenze nel 1731, 1776 e 1788 ed a Venezia nel 1753ii. Le numerose pubblicazioni dopo il 1727, l’anno di morte dell’autore, dimostrano il grande successo che l’Orlandi ebbe con l’abcedario. Era sparso non solo in tutte le parti del Paese, ma anche in altre zone europee, ad esempio in Francia e in Inghilterra. Nel 1730 uscì a Londra una traduzione inglese della quinta tavola, intitolato Repertorium Sculptile-Typticum: or a complete Collection and Explanation of the several Marks and Cyphers, by which the prints of the best engravers are distinguished etc. Translated from the Abecedario pittorico of P.A. Orlandi. In una nota del suo libro Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti subalterne (1788), l’abate Angelo Comolli (ca.1765-1794) parla perfino di una traduzione tedesca, a cui riferisce il conte Giacomo Carrara in una lettera al signore Bottari, composta nel 1764ii. La validità dell’osservazione di Carrara rimane incerta, considerando che la letteratura artistica storiografica di cui disponiamo oggi, tra cui lo Schlosser, non ne fa notizia. È ben possibile che la lingua straniera abbia disorientato il conte, e che il compendio biografico-artistico tedesco che gli passò sotto gli occhi fosse di un altro scrittore. Infatti, lo stesso Carrara finisce la lettera, confermando che non intendeva il tedesco. Le edizioni italiane, che uscirono dopo il decesso del frate, erano influenzate dalle preferenze dell’editore e furono aggiornate e adattate alla vita culturale della città di pubblicazione. In tal modo, l’edizione napoletana del 1733 era dedicata al cavaliere Francesco Solimena (16571747), che visse a Napoli e che fu anche celebrato pittore. La vita ed i meriti pittorici dello stesso Solimena erano esposti ed esaltati nella parte introduttiva dell’abcedario, che conteneva anche una selezione di lettere scritte da personaggi famosi indirizzati al dedicato. Inoltre, nel corpo dell’abcedario furono inseriti molti artisti napoletani. L’influsso dell’abcedario si rivela anche nella alta quantità di riferimenti all’opera e l’autore, sia nella letteratura artistica contemporanea, sia nella corrispondenza tra gli intellettuali che all’epoca era molto vivace. La fonte più rimarchevole che fa testimone di questa corrispondenza, e che fa più luce sull’interdipendenza tra gli intellettuali, è purtroppo anche una fonte alquanto colorata. Nella sua Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti subalterne (1788), il Comolli cita i gentiluomini che fra di loro commentarono l’abcedario, quali l’accademico clementino Pietro Guarienti, il Bottari, il Mariette, lo Zeno, il Ghezzi, il Gabburri, e costituisce il discorso su un gran numero di citazioni poco favorevoli riguardo all’Abcedario, provenienti da questo circolo di intellettuali. L’argomentazione e la scelta delle citazioni fanno mostrare un’immagine talmente squilibrata, che è legittimo sostenere che il Comolli aveva la tendenza ad esprimersi in modo pregiudizievole a costo dell’abcedario. Non vogliamo negare completamente lo scritto dello storiografo, anche se questo andrebbe interpretato con qualche cautela. Il Comolli si fa sentire più volte in modo poco affermativo sull’inesattezza e l’inattualità dei dati nell’opera orlandiana. Si vede spalleggiato dai vari gentiluomini, che si esprimono allo stesso modo, e annota freddamente ‘trovo, che quasi tutti gli scrittori, che hanno fatt’uso di questo catalogo del P. Orlandi, non sanno che legnarsi della somma inesattezza dell’autore, e di tutti gli altri editori di quest’opera, e mons. Bottari, che forse più d’ogn’altro l’aveva sfogliato, non sapeva darsi pace, e li pareva impossibile a credere che il P. Orlandi nel far quest’opera non ispogliasse minutamente il Vasari’ii. Sono parole pesanti, tanto più considerando che, in un momento successivo, il Comolli chiama in causa lo stesso Bottari, con un tono ben diverso e non senza un senso di cinismo, chiamandolo ‘questo troppo decisivo amatore non solo sapeva, che l’Abcedario erasi ristampato dall’Orlandi nel 1719, ma sembra altresì, che ignorasse, che ne fù fatta anche una terza edizione in Firenze nel 1731’ii. Di seguito viene citato il collezionista e storico d’arte francese Jean Pierre Mariette (1694-1774), che scrisse ‘questo Frate scriveva in fretta, perciò nel suo libro è occorsa un’infinità di sbaglj, che sarebbe meglio correggerli, che cercare, come si fa nelle ristampe, d’accrescer questo libro di nuovi articoli, perché ne mancano tanti, che anche aggiuntovene un migliajo, tuttavia sarebbe mancantissimo’. Anche un anonimo corrispondente francese del cavaliere Gabburri scrisse dell’Abcedario ‘Questo è un libro utile, ma che è tanto pieno di sbaglj, che non se ne può fare uso necessario, se non si hanno i libri originali, che egli cita‘ii. Del resto, l’Orlandi stesso dimostrò di essere ben conscio della relativa e limitata attualità delle informazioni nell’abcedario, dopo la pubblicazione, in una sua lettera indirizzata al cavaliere fiorentino Marmi, scrisse ‘Questi sono libri che subito terminati sono imperfetti’ii. Invece, altre figure nei circoli intellettuali si esprimarono con più sfumatura, come lo Zeno, che dell’Abcedario fece le seguenti notizie Tale fu l’applausa, con cui dal pubblico, e in inspecie da’ dilettanti della Pittura fu ricevuta l’opera del P. Maestro Orlandi, che in pochissimi anni se ne spacciaron tutte le copie. Ma perché tuttavia ricercato era quel libro, e per lo più indarnoii; s’`e finalmente risolto il dotto autore di farne una seconda edizione [..] e lo stesso rendette quest’edizione viepiù pregevole col correggerla in più luoghiii. Il cavaliere fiorentino Gabburri comunicò al Mariette del desiderio di ristampare l’Abcedario, con la richiesta di mandargli note sui pittori, scultori, architetti ed intagliatori in rame, che vissero in Francia. Insomma, nel mondo colto intellettuale italiano e francese del Settecento, le edizioni dell’Abcedario formarono un popolare soggetto di corrispondenza. Nonostante il tono negativo che il Comolli espone nella sua storiografia, è ovvio che all’epoca, l’Abcedario venne consultato e studiato su larga scala, il che deve implicare che provvedeva alle esigenze di un particolare gruppo di lettori. Ciò afferma anche Marina Magrini, autrice dell’articolo ‘Giunte all’abcedario pittorico di P.A. Orlandi’ (1994), che apparve nel periodico Saggi e memorie di storia dell’arte. L’argomentazione inizia con l’osservazione che ‘L’Abecedario di padre Pellegrino Antonio Orlandi è sicuramente uno dei libri di argomento artistico più famosi e diffusi nel XVIII secolo’ii. La Magrini dichiara che il ‘lavoro considerato certo utile, ma non contempo pieno di errori o di omissioni’ii inclinava i gentiluomini a modificare, aggiornare e annotare il testo nelle copie personali. In tal modo, un gran numero di esemplari dell’abcedario venne intensamente postillato. Nell’articolo, la Magrini pubblicò integralmente le note del conte bergamasco Giacomo Carrara, in base ai documenti provenienti dall’«archivio Carrara» che si trova nella Biblioteca dell’Accademia Carrara a Bergamo. Veniamo informati che sono oltre duecento voci che ‘l’attento e preciso aristocratico deve aver pazientemente annotato con grande acutezza critica nel corso degli anni’ii. Anche delle note del conte milanese Sebastiano Resta, oggi esiste un documento stampato intitolato Le note di Sebastiano Resta ad un esemplare dell’Abecedario Pittorico di Pellegrino Orlandi (1956), trascritto e annotato da Giorgio Nicodemi. Sono oltre quattrocento voci che il Resta ha postillato, e che nell’edizione moderna sono seguite da una selezione di lettere scritte dal conte. Anche il Nicodemi afferma l’influsso dell’abcedario sul pubblico e fa menzione delle correzioni che i lettori apportarono negli esemplari personali; ‘molti di quanti l’ebbero per mano sentirono il bisogno di correggere qualche dato, di aggiungere notizie di opere e di artisti che l’Orlandi aveva dimenticato’ ii. Infine, esistono poi numerose copie personali annotate da lettori anonimi, che sono conservate negli archivi bibliotecari in Italia e all’estero. Una struttura unica tra tradizione e innovazione L’architettura nell’abcedario viene caratterizzata sia dagli elementi nuovi, sia dagli elementi tradizionali. A confronto delle enciclopedie francesi del Seicento, la struttura nell’abcedario di Orlandi può essere chiamata pionieristica. L’intensivo uso di tavole, la presenza di un indice analitico di nomi, di trasparenti riferimenti alle fonti usate, di un’estesa bibliografia lo fanno distinguere dalle opere francesi. Tuttavia, un essenziale parallelismo tra i due viene formato dall’ordnungsprinzip dell’alfabeto, di cui abbiamo trattato lo svolgimento storico nel secondo capitolo sull’abecedario in relazione all’Enciclopedismo. Nel quadro più ristretto delle opere artistico-biografiche, possiamo constatare che l’alfabeto come ordnungsprinzip è nuovo e dunque innovativo. Tuttavia, va aggiunto che l’Orlandi, come un gran numero dei precursori, fece in contempo una netta divisione tra gli artisti antichi e gli artisti del tempo moderno, che per questo potremmo considerare tradizionale, come l’uso di tavole in generale e dell’indice analitico dei cognomi. Lo spazio riservato per le vite degli intagliatori in rame è marginale, alcuni dei biografi precedenti le descrissero in modo più elaborato ed esteso. Invece, l’abcedario pittorico è l’unico tra i titoli inclusi nella ricerca a comprendere una bibliografia interamente dedicata all’architettura. In più, era il primo lavoro nella sua sorta a contenere una sezione biografica, suddivisa in categorie, e contenendo i riferimenti ai libri che avrebbero potuto elevare il livello della storicità nelle opere d’arte dei lettori. Un elemento dell’abcedario che potrebbe essere considerato innovativo per la sua raffinatezza, anche se fu già inserito in alcuni trattati dei precursori, sarebbe la bibliografia artistica, anche perché era la prima a disposizione alfabetica. Altri elementi o sezioni che in generale non fossero nuovi ma che apparvero per la prima in uno scritto artistico-biografico, sarebbero le tavole con i monogrammi e le loro spiegazioni, e le sezioni metodiche nell’abcedario del 1719. Infine risulta che l’architettura, in particolar modo la combinazione delle sezioni costitutive nell’abcedario orlandiano, tutte presentate in modo compatto e servendo i vari gruppi di potenziali lettori, era unica nella sua sorta. Ciò potrebbe essere nominato considerevole, considerando l’alta quantità, o se si vuole, la larga offerta di opere con orientamento paragonabile che uscirono nei secoli XVI-XVII, e che conobbero una struttura meno originale e un contenuto più convenzionale e meno versatile. Sembra manifesto che Orlandi abbia cercato, con successo, di comporre un’opera con una struttura e con ciò anche con un contenuto, da un lato convenzionale, dall’altro lato originale, risultando in un’opera unica tra tradizione e innovazione. ii In questa nota, colgo l’occasione per comunicare che era nella biblioteca della facoltà di Lettere, appartenente all’università di Utrecht, che in una calma e simpatica atmosfera ho potuto consultare le prime ed originali edizioni di questi titoli. Invece, durante il periodo del tirocinio a Firenze, era nell’Istituto Tedesco che ho potuto dedicarmi alla lettura delle opere antiche. ii Sono rispettivamente le seguenti opere: Le Vite (1550 ed 1568), Il Riposo (1584), Le finezze de’ pennelli italiani (1684), Vite de’ pittori e scultori ferraresi (1646-1648), Entretiens sur les vies et les ouvrages des plus excellents peintres anciens et modernes (1666-1688). ii La corrispondenza, che riguardava il processo della stesura della seconda edizione dell’abcedario, ebbe luogo tra il 1714 ed il 1719, e fu pubblicata per la prima volta da Campori nel 1866. ii La citazione è tratta da una lettera scritta il 13-IX-1714, pubblicata in G. Campori, Lettere Artistiche Inedite, Modena, Soliani, 1866, pp.180-1. ii Il riferimento al vescovo di Arezzo ed a numerosi altri corrispondenti del frate è da trovare in L. Frati, “Lettere autobiografiche di pittori al P. Pellegrino Antonio Orlandi” in Rivista d’Arte, No. 1-2, Anno V Gennaio-Febbraio, Firenze, Editori, 1907, p.75. ii Cit. in Schlosser (1956: 485). ii Si veda Schlosser, id., p.4. ii Kate T. Steinetz, “Early Art Bibliographies. Who compiled the first Art Bibliography?” in The Burlington Magazine, Volume 114, No. 837, dicembre 1972, pp. 828-37. JSTOR. ii Florent le Comte fu scrittore del Cabinet des singularités d’architecture, peinture, sculpture, et gravure, Parigi, Picart e le Clerc, 1699-1700. ii Si veda: G.K. Nagler, Die Monogrammisten (continuato da A. Andersen, C. Claus), Volume I, Monaco, Hirth, 1860, p.VI. ii Cit. in Luigi Scaramuccia, Le finezze de’ pennelli italiani (a.c.d. Guido Giubbini), Milano, Labor, 1684 ristampa anastatica 1965, p.211. ii id., p.213. ii Cit. in Cennino D’Andrea Cennini Da Colle di Val D’Elsa, Il libro dell’arte (a.c.d. Daniel V. Thompson), New Haven, Yale, 1821 ristampa anastatica 1932, pp.ix-xxiii. ii Schlosser (1956: 508). ii Si veda A. Comolli, Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti subalterne, Volume II, Milano, Labor, 1788 ristampa anastatica 1964, p.102. ii Cit. in Comolli 1788 (1964: 94). ii id., p.99. ii id., pp.101-2. ii Cit. in Campori (1866: 186). ii Indarno equivale invano. ii Cit. in Comolli 1788 (1964: 97-8). ii Cit. in Marina Magrini, “Giunte all’Abecedario Pittorico di P.A. Orlandi” in Saggi e memorie di storia dell’arte. No.19, 1994, p.277. ii ibid. ii ibid. ii Cit. in Giorgio Nicodemi, “Le note di Sebastiano Resta ad un esemplare dell’Abecedario Pittorico di Pellegrino Orlandi” in Studi in Memoria di Mons. Angelo Mercati, Milano, Giuffrè, 1956, p.266. RIASSUNTO E CONCLUSIONI In questa tesi si è cercato di posizionare l’Abcedario Pittorico (1704) di Pellegrino Antonio Orlandi nella sua complessità storico-letteraria, rispondendo alla domanda centrale in questa tesi Quali sono gli elementi nuovi e tradizionali nella struttura dell’Abcedario Pittorico? A tale scopo, che richiede un confronto tra l’abcedario orlandiano e altre opere con struttura od orientamento consimile, è risultato utile focalizzare l’argomentazione, da un lato sulla figura di Orlandi e il suo scritto, dall’altro sul quadro intorno al compositore e la sua opera, formato dall’abecedario in generale, l’Enciclopedismo, e le opere artistico-biografiche anteriori al 1704. In questo testo conclusivo vogliamo presentare un’immagine sintetica dei risultati ottenuti nelle ricerche svolte negli individuali capitoli del corpo della tesi, per poi formulare una risposta alla domanda sopraindicata. Si è trovato che l’Orlandi, che trascorse gran parte della vita in un convento carmelitano, poteva svilupparsi come uomo universale, grazie agli studi che svolse nelle diverse città italiane. In più, il profondo interesse per l’arte in generale e per la pittura in particolare, dal frate descritto come inclinazione naturale del proprio genio, lo spinse a educarsi anche ad un livello più profano. Con quest’erudizione, il frate acquistò una reputazione di professore e scrittore di spicco, sia nel mondo ecclesiastico sia nel mondo colto del primo Settecento. Inoltre, l’Orlandi ampliò i propri orizzonti sociali, tramite l’appartenenza a due organizzazioni secolari di respiro internazionale, legate all’arte e l’educazione artistica e alla letteratura scientifica e con rispettabili elenchi di soci. Le alte posizioni che rivestiva in queste organizzazioni, lo misero nella possibilità di fondare un’amplia rete di conoscenti e di farsi conoscere come valente uomo di cultura. È, appunto, quest’ambiente sociale del quale l’Orlandi non avrebbe potuto fare a meno per la composizione delle sue opere enciclopediche, che albergarono un gran numero di informazioni attuali e originali che provenivano dai conoscenti nazionali ed internazionali. Di seguito, con la mira di collocare l’abcedario pittorico in un panorama storico-letterario più vasto, si è fatto un confronto tra esso ed i precursori, vale a dire gli abecedari originari. È apparso che erano scritti teologici che dovevano propagare la propria mistica nella Spagna e nell’Italia del Cinquecento, il secolo della riforma protestante e la Controriforma. Anche se entrambi i lavori hanno un titolo che inizia con la parola ‘abecedario’ o ‘alfabeto’, l’uso dell’alfabeto all’interno delle opere è in modo diverso e per motivi diversi. Così, le differenze si sono mostrate assai più sostanziali delle somiglianze, ragione per cui si è concluso che l’abcedario di Orlandi si assomiglia solo marginalmente agli abecedari originari. Date queste circostanze, per trovare la categoria di opere che mostra più somiglianze con l’abcedario pittorico in questo quadro storico-letterario più largo, si è rivolto lo sguardo alle opere enciclopediche ossia all’Enciclopedismo. È risultato che questo tipo di opere ha in comune con il nostro abcedario aspetti significativi come la diversità delle informazioni presentate e lo scopo di organizzare e diffondere conoscenza. Poi, limitandoci ad un confronto tra l’abcedario di Orlandi e le opere enciclopediche francesi del Cinque e Seicento, sono colpite altre analogie come la presentazione alfabetica, che è diventata norma, e il carattere più profano del testo, anche se la religione rivestiva una posizione prominente negli scritti enciclopedici. In questo punto si è rivelato un altro importante parallelismo tra i due, che esisteva nella libertà da parte dei compositori di influenzare o manipolare il contenuto del testo secondo i propri pareri e simpatie o secondo le convenzioni letterarie che all’epoca erano in vigore. Questo fenomeno abbiamo messo in rapporto alla teoria di Kilcher, che nell’aumentata popolarità dell’alfabeto come ordnungsprinzip principale nelle opere enciclopediche a partire dal Seicento, ha segnalato una secolarizzazione del sapere, che mise in moto la formazione letteraria dell’enciclopedia. Dopo questa discussione sul quadro più largo, si è proseguito il discorso in un senso più stretto, al livello dell’abcedario del nostro autore. Prima, abbiamo studiato la composizione, vale a dire la stesura delle vite nell’opera. Si è mostrato che l’Orlandi, per le vite non-originali, fece ricorso ai lavori biografici dei precursori, in molti casi anche adottando qualche vocabolo o il tono presente nel documento originale, pur sempre moderando le parole di un esplicito o sottinteso valore affermativo o contrario. Invece, per la composizione delle vite originali, il frate si servì della sua rete sociale. Anche queste informazioni, provenienti dai conoscenti, vennero attenuate e adattate al mirato tono imparziale del testo. Così, si è constatato che le vite nell’abcedario sono descritte in modo relativamente armonioso ed equilibrato. Successivamente, si è fatta un’analisi testuale di cinque brani, concentrata sullo stile e il contenuto, in cui l’autore si pronuncia sul proprio lavoro e in cui si rivolge direttamente al lettore. Al livello dello stile, è risultato che i brani sono ben provvisti dell’ornamento retorico, aspetto caratteristico non solo dell’abcedario pittorico ma di tutta la categoria delle opere artisticobiografiche entro il quadro da noi studiato. Pertanto, è apparso opportuno coinvolgere anche gli scritti dei predecessori. Così, si è stabilito il rapporto tra lo scritto orlandiano e le opere dei precursori, già in base al solo aspetto dell’intertestualità. La funzione più profonda della retorica era di impressionare il lettore, e di persuaderlo ad affidarsi all’abcedario che, oltre al resto, è presentato come lavoro attuale ed attendibile, composto da uno scrittore dotto e ben informato. Di seguito, abbiamo stabilito che l’abcedario doveva funzionare da manuale pratico e maneggiabile, progettato per servire un largo e diversificato pubblico di lettori. Al livello del contenuto, l’Orlandi cercò non solo di diffondere conoscenza varia ma anche di stimolare l’intelletto del lettore. Con ciò, si è arrivati ai risultati della ricerca centrale, in cui, di continuo, abbiamo cercato di relazionare le varie parte costitutive dell’abcedario alle sezioni di consimile significato nelle opere di referenza. Perciò, erano inclusi nell’analisi, non solo i lavori dei precursori, ma anche le opere enciclopediche francesi, trattate ad un momento precedente. A paragone di quest’ultimi lavori, la struttura nell’abcedario è risultata innovativa, per la presenza delle numerose tavole, l’indice analitico, gli espliciti riferimenti alle fonti, l’estesa bibliografia. Invece, è apparso tradizionale l’ordnungsprinzip dell’alfabeto, presente in tutte le opere enciclopediche. Lo stesso principio, nel contesto più ristretto delle opere artistico-biografiche, si è mostrato alquanto inconsueto e per questo innovativo. Sono poi risultate innovative le raffinate bibliografie, le tavole con i monogrammi e le sezioni metodiche, inserite nell’edizione del 1719. All’opposto, sono tradizionali l’uso di tavole in generale, e dell’indice analitico dei cognomi, come anche la netta divisione tra gli artisti antichi e gli artisti del tempo moderno, che già apparve in un gran numero di scritti di biografi precedenti. Ebbene, l’architettura nell’abcedario comprende sia elementi nuovi sia elementi tradizionali. È, innanzitutto, la combinazione delle sezioni che rendono la struttura nell’abcedario unica nella sua sorta. Questo, in rapporto alla versatilità delle informazioni, danno all’abcedario la forma intermedia tra manuale ed enciclopedia. Infine, possiamo concludere che abbiamo studiato un lavoro che, pur mostrando un’intima connessione con le opere dei precursori, ha un carattere alquanto originale, non solo per l’insolita architettura e la diversità e la compattezza del contenuto, ma anche per lo stimolante tono dell’autore, e il formato pratico del tomo. È questa la posizione che, in base alle nostre ricerche, prende nel proprio contesto storico-letterario. Come accennato nell’introduzione, con questa tesi si è cercato di mettere in luce un’opera solo discretamente trattata nella letteratura storiografica. In contempo, si è mirato a mostrare il valore letterario non solo dell’abcedario pittorico, ma di tutta la categoria delle opere artisticobiografiche. Vorremmo finire con alcuni suggerimenti di ricerca, relativi all’Orlandi, su questioni non menzionate, o solo brevemente, nel presente lavoro. Sarebbero l’influsso dell’abcedario sulle opere artistico-biografiche pubblicate dopo il 1719, la rappresentazione di Bologna come città culturale nell’opera orlandiana in generale, l’originalità delle vite nell’abcedario e la presentazione degli artisti bolognesi, a confronto degli artisti internazionali o provenienti dalle altre città italiane, come anche la presentazione delle artiste femmine, a confronto degli artisti maschi. Dunque, chi studia le lettere ed apprezza le belle arti, può dedicarsi a quest’ambito di studio riconoscente, che ha ancora da esplorare, e vivi felice. APPENDICI APPENDICE OPERE STAMPATE E MANOSCRITTE DI ORLANDI Quest’elenco è stato preso da: FANTUZZI, GIOVANNI, Notizie degli Scrittori bolognesi, Bologna, Forni, 1788-1789 ristampa 1965, Volumi V-VI, pp.191-7, Volumi VII-IX, pp.161-4 - - Abcedario Pittorico, nel quale sono descritte le Vite di quattro mila Professori di Pittura, di Scoltura, e di Architettura, diviso in tre Parti, Bologna, 1704, 1719 e numerose edizioni postume. Errori da correggersi, ed Aggiunte da farsi all’Abcedario Pittorico. Manoscritto autografo. Lettera scritta al Generale Conte Luigi Ferdinando Marsili intorno a’ varj Scrittori di Pittura, e di Disegno, con una Nota o Catalogo de’ Libri, che trattano di quest’arte, e che dal Padre Orlandi posseduti. Lettera scritta l’11-XI-1713. I Signori Anziani Consoli, e Gonfalonieri di Giustizia della Città di Bologna dall’anno 1456. fino all’anno 1530. Abcedarium Inquisitorum, una cum Indice Alphabetico variarum Declarationum, ac Decretorum Sac. Congr. super Immunitate Ecclesiastica ab anno 1587. usque ad annum 1700. Accedit brevis Notitia expensarum pro consequendis Dispensationibus matrimonialibus. Manoscritto. Series omnium Excellentiss. & Reverendiss. Sac. Theol. Doctorum Bononiæ, a Collegio condito anno 1362. usque ad anum 1714. una cum eorum Dignitatibus, Prærogativis ecc. Manoscritto. Argumenta selecta in universum Philosophiam, ac Theologiam. Manoscritto. Museum Calcographicum Virorum quavis facultate memorabilium, ex aere aa vivum expressas repræsentans Imagines num. Manoscritto in più tomi. Croniche della Chiesa, e del Convento di S. Martino Maggiore dei RR. PP. Carmelitani di Bologna dall’anno 1217. sino all’anno 1713. Manoscritto. Ragguaglio Istorico dell’antica Terra di S. Giovanni in Persiceto nel Contado di Bologna. Manoscritto. Raccolta delle Inserizioni e Memorie, che sono nella Chiesa, e nel primo Claustro di S. Martino Maggiore di Bologna. Manoscritto. Armologia di Bologna. Manoscritto in più tomi. Notizie degli Scrittori Bolognesi, e dell’Opere loro Stampate e Manoscritte, raeccolte ecc., Bologna, 1714. Lettera al Generale Conte Marsili, con la quale il Padre Orlandi gli manda alcuni Catalogi di Pittori, Scultori, e Architetti Bolognesi, fatti alfabeticamente, cronologicamente, con la scelta di quelli, i Ritratti de’ quali meritano essere collocati nell’Accademia Clementina. Lettera scritta il 27-VIII-1716. - Origine e Progressi della Stampa, o sia dell’Arte Impressoria, e Notizie dell’Opere stampate dall’Anno MCCCC.LVII. sino all’Anno M.D., Bologna, 1722. Miscellanei Eruditi Tomi VI. Manoscritto. Vite degli Uomini Illustri Bolognesi. Un Tomo di Professori Illustri stati nell’Università di Bologna co’ loro Monumenti nella stessa Università conservati. Un Bollario Bolognese di Diplomi Pontificj, Imperatorj, e Regj a pro della Università, e della Città tutta. Una Biblioteca degli Scrittori de’ Padri Carmelitani della Congregazione di Mantova. Un Tomo delle Notizie universali del Tempio e Convento di S. Martino. Un Tomo delle Leggi antiche del Collegio de’ Teologi dell’Università di Bologna. Due sonetti, uno in lode di Marchetti (inserito nell’Abcedario Pittorico del 1704), l’altro fu inserito all’inizio delle Notizie degli Scrittori Bolognesi. Catalogo Cronologico delle opere fino al 1723, composte da Orlandi. APPENDICE I TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI Illustrissimo, e Reverendissimo SIGNORE. Una giusta doglianza, che fa la virtù di tutti quelli, che professarono ne’ tempi passati particolare inclinazione al disegno, perche vede perdersi a poco, a poco nell’obblìo, e perchè si trova senza Protettore, che le mantenga di preferite il suo lustro nel Mondo: Questa a mio giudizio è delle piu fiere disgrazie, che possa patire una Virtù decrepita, dovere a dispetto di que’ Raggi di luce che la coronano, talvolta per necessità quasi affatta morire nel cuore del tenebre. Tale comparisce di quando in quando il Sole, che assediato da una gran massa di nubi, non si conosce per quello si crede, perchè non può risplendere da quello che è. I libri, e le Tele, che fecero in qualche parte giustizia a que’ Virtuosi, non hanno potuto farcela interamente compiuta, perchè molti dei’ primi sono stati logorati dal tempo, e le seconde non manifestano tutte le loro singolari Prerogative. Io penso intanto di fare un bel piacere alla Virtù dei que’ Soggetti, ogni qual volta siami risoluto di trarli dal suo sepolcro, e metterli sotto l’Alto Padrocinio di V.S.Illustrissima , e Reverentissima. Ella, che oltre le tante, ed ammirabili Doti, che fregiano l’Anima Nobilissima di Lei, ha quest’ancora di far risplendere con Pompa nelle Gallerie le numerose raccolte di preziosi disegno, e di pitture, e con maestà l’Architettura ne’ Seminarj eretti a Beneficio Pubblico, gradirà di leggere su questo Libro la memoria de’ Professori piu famosi, e si compiacerà mantenere anco a tempi nostri piu che mai vivo tutto il loro merito in faccia del Mondo. Nel deposito riverentissimo, che fò di quest’opera mia (parto piu dell’amore che dell’ingegno) a piedi di V.S. Illustrissima, e Reverentissima, chiedo licenza di farne un’altro della persona mia infinitamente tenuta alla Impareggiabile Gentilezza di Lei, così per la gran copia di grazie compartitemi in Arezzo, come per i Clementissimi favori dispensatimi anco in Bologna. Degnisi, che ne la supplico col piu rispettoso sentimento dell’animo continuare verso di me l’onore della stimatissima Protezione di Lei, mentre profondamente inchinandomi protesto eternamente di essere Di V.S. Illustrissima, e Reverentissima Bologna 2. Settembre 1704. Umilissimo Ossequosissimo Obbligatissimo Servidore Fra Pellegrino Antonio Orlandi L’Autore al benigno Lettore. Il genio, che fino da fanciullo m’inclinava alla Pittura, sebbene distratto dalle scienze speculative, cangiossi col tempo in ardentissimo amore verso la dilettazione del disegno: Arise la Fortuna a miei voti col provvedermene gran copia, sicchè dalla lettura di quelli ammaestrato a parlarne con franchezza, piu volte fui persuaso dagli Amici, e da’ Professori del disegno a dare in luce un breve compendio delle Vite de’ piu celebri. Mi lasciai lusingare dal genio con isperanza di servirli, e scorgendo l’opere de’mediocri applaudite dalli Scrittori, per meglio compiacerli feci animo ad intraprendere una laboriosa fatica col descriverli tutti per Alfabetto, acciò ogn’uno rispettivamente godette la lodo meritata. Bramavo inserirvi ancora i Viventi, ma con questi ho avuto un bel che fare, mentre che nel cercare l’origini loro, alcuni sorpresi da troppa gelosia, o da troppa modestia, o da altro fine segreto, non m’hanno favorito delle necessarie notizie per compire al desìo, che nudrivo di rimostrari il mio rispetto, onde stanco di piu importunarli con lettere, m’è stato d’uopo lasciarli a piu degno Scrittore, acciò col tempo li trascriva. Troverai per tanto, o compito Lettore, in questo mio Abcedario non solo tutti quelli che sono alle stampe, ma quei ancora, de’ quali o son consunte le memorie, o non sono stati posti in luce, e gran parte de’ Viventi da me con esquisite diligenze ricercati per lettere, o ricavati da manuscritti segnati con le lettere M.S., o notificatimi da Persone degne di fede, Gli Autori, che ne parlano saranno registrati nel fine della vita d’ogn’uno per facilitarti la via a cercarli in fonte, quando bramasti tutta la contezza dell’essere, e dell’opere loro ; se qualcheduno non conordasse ne’ fogli citati co’ libri, che tu forsi potessi avere, ti serva d’avviso, che molti degli Autori sono stati piu volte ristampati, come potrai vedere nella Tavola Seconda della Terza Parte, alla quale mi riferisco. Scoprirai in oltre certi termini, che sembrano fuori dell’uso moderno Cruscante; ma però usitati, ed espressivi nell’Arte, come potrai vedere nel Vocabolario dell’Arte del disegno di Filippo Baldinucci Accademico della Crusca, e moderno Scrittore delle Vite de’ Pittori. Protestando, che i nomi di Fato, di Destino, di Deitadi, o degli Dei sono da me confessati per favolosi, e non debbono togliere ne di vigore, ne di sostanza al ben credere Cristiano : come parimenti il passaggio alla Gloria del Paradiso, nel fine della vita di tanti Pittori, è da me piamente creduto ; siccome protesto, che se in quest’Opera troverai qualche racconto, in cui s’esprima o santità di persone, o mircaloi, o cose simili, non devi prestarvi altra fede, che quella, che esige l’autorità dell’Autore; e vivi felice. PARTE SECONDA Non ho mai preteso, o Benigno Lettore, di fare il sindacato alle discrepanze degli Autori, ma bensì d’aquietarmi alle loro autorità, e tenerle per infallibili, col supposto che ognuno abbi usata esattissima diligenza, nel darne alle stampe i fondamenti. Quindi e, che avendo ritrovato varie discordie circa i Maestri, le Patrie, ed i tempi, ne’ quali fiorirono i seguenti Professori, ho voluto citarli, acciocche t’appigli a quelli, che piu t’aggradano. Se averai buon’occhio nel rimirare le opere dipinte, potrai conoscere dalla maniera i loro Maestri, o qual Scuola professarono ; dal luogo, in cui nacquero, morirono, o dipinsero, la loro Patria, o tempo, nel quale fiorirono. Qual Scuola poi frequentassero, od in qual tempo operassero molti Professori, de’ quali non ne parlano gli Autori, è stata mia laboriosa fatica il ricavarlo dalle opere, dalle conghiture de’ tempi, e da’ luoghi, ne’ quali lavorarono. Per questi debbo molto alli Buoni Amici, che mi hanno prestata gran mano in diversi paesi a ricercarli, e che ne’congressi pittorici hanno sciolte le piu importanti difficultà, per darmene franca contezza: leggi dunque con sicurezza, e vivi felice. P A R T E T E R Z A. Dalle Tavole seguenti, (oltre la già descritta nel fine della prima parte,) potrai comprendere, o Benigno Lettore, quanti libri è stato d’uopo che mi passino per le mani nel darti esattissimo conto di tutto ciò, che può servire al genio Pittorico. Confesso aver fatto ogni diligenza per vederli tutti in fonte: non hò dubbio, che altri libri spettanti al disegeno, o alle vite de’ Pittori non possino essere alle stampe in Oltramontani Paesi, ma non si può arrivare per tutto. Accetta frattanto, con animo cortese, la copiosa serie de’ descritti, che non sono pochi; e perchè questi sono tutti presso di me, sarai sempre padrone prevalertene in ogni occorrenza, e vivi felice. L’Autore allo Studente di Pittura. Tutti i buoni disegni, che potrai raccogliere t’ajuteranno ad imparare, o conoscere la diversità de’ caratteri de’ Maestri. I rilievi, alti, e bassi, rilievi ti serviranno in mancanza del vero. I libri di pittura, e vite de’ Pittori saranno buoni per imparare le regole di dipingere, o per discorrere con fondamento de’ costumi, e dell’opere loro. Le stampe per apprendere da ciascheduna qualche rarità singolare, come sarebbe a dire, dalle Cupole del Correggio, del Lanfranchi, e del Cortona, in disotto in sù. Dalla caduta de’ giganti di Guido Reni, dal Diluvio del Pontormo, dal giudizio universale del Buonarotti, il nudo. Dal Tortebat, dal Vesalio, e dal Bidloo, l’anatomia. Dal Correggio, da Guido Reni, e dal Barocci, la dolcezza de sembianti, le bocche ridenti, e girar di teste. Da Raffaello, dall’Ab. Primaticcio, dal Parmigianino, e da Niccolò Poussin, la grazia, la sueltezza, & il contorno. da Carracci, e da Tiziano, il grande, il forte, il componimento, l’espressione, & movimenti dell’animo. dal Tentoretto, e dal Paolo Veronese, l’invenzione, e vasto modo d’istoriare. da Gasparo Poussin, da Agostino Carracci, da Paolo Brilli, e da Claudio Lorenese, il paesare, il ritrovare i siti, e battere le frasche. Dal Domenichino, le vere espressioni, e movimenti degli affetti. Dal Stradano, dal Tempesta, dal Bassano, dal Castiglione, e dal Borgognone, gli animali, e le battaglie. Dal Lanfranchi, il modo facile di comporre, e la facilità delle pieghe. Da Andrea del Sarto, le belle idee, ed I portamenti degli abiti. Da Salvator Rosa, dal Callot, e da Stefanino della Bella, i capricci. Da Polidoro, da Maturino, e da Giulio Romano, l’antico. Dal Tiarini, i forci. Dal Guercino, la gran macchia. Dal Pesarese, la leggiadrìa, & aggiustatezza delle estremità. Dal Canuti, la feracità, e la fecondità. Dal Vaquer, i fiori. Da Monsù Lebrun, i diversi carateri delle passioni. Per l’universalità poi di tutte le cose, che dovrai inventare in pittura, o scultura, vedi le copiose stampe di Monsù le Potre, e tant’altre, che per brevità tralascio : Ma meglio d’ogni cosa sarà sempre il servirti del vero, quale dovrà esserti di continuo avanti gli occhi, come esemplare, originale, e sicuro Maestro, osservando che non tutti i modelli sono buoni, ma quelli solo, che sono proporzionatamente disposti dalla natura, per i quali t’auguro un occhio di Lince per penetrare quella naturalezza maggiore, che sia possibile per erudire con fondamento l’opere tue, alle quali sospiro dal Cielo buona fortuna, e vivi felice. NEDERLANDSE SAMENVATTING In deze scriptie staat het schildershandboek l’Abcedario Pittoricoii (1704) van Pellegrino Antonio Orlandi (1660-1727) centraal. Het betreft een boekwerk waarin circa 4000 levensbeschrijvingen van Italiaanse en internationale kunstenaars zijn opgenomen en dat daarnaast ook een veelheid aan andere informatie op het gebied van de [schilder]kunst bevat. In de historiografische literatuur wordt er slechts in beperkte mate aan dit werk gerefereerd, terwijl het destijds toch een veelvuldig gepubliceerd en geraadpleegd handboek was, dat een grote hoeveelheid nieuwe en actuele informatie bevatte. Ook naar het leven van de auteur is weinig onderzoek gedaan, waardoor er slechts globale biografische gegevens van hem bekend zijn. In deze scriptie is dan ook getracht om zowel het werk als zijn auteur uit de vergetelheid te halen en deze opnieuw in de schijnwerpers te plaatsen. Doelstelling van het betoog is de plaatsing van het Abc in een bredere historische context. Het onderzoek kent de volgende centrale probleemstelling Wat zijn de vernieuwende en traditionele elementen in de structuur van het Abcedario Pittorico? Deze hoofdvraag vereist een argumentatie waarin de structuur van Abc vergeleken wordt met de opbouw in andere soortgelijke werken. Daarom richt het betoog zich zowel op Orlandi en zijn Abc als op het literair-historische kader waarin dit werk is ontstaan. Dit kader wordt gevormd door het Abecedario als genre, het Encyclopedisme en de categorie boeken die, net als het Abc van Orlandi, beschrijvingen van schilderslevens bevat. In deze samenvatting worden eerst de hoofdlijnen uit de afzonderlijke hoofdstukken besproken, waarna er een antwoord op de hoofdvraag zal worden geformuleerd. Orlandi bracht een groot deel van zijn leven door als monnik in een karmelietenklooster in de buurt van Bologna. Tegelijkertijd wist hij zich, door de verschillende opleidingen die hij volgde in diverse Italiaanse steden, te ontwikkelen tot een geleerd man. Bovendien zette zijn voorliefde voor de schilderkunst hem ertoe aan zich ook op dit vlak uitgebreid te scholen. Dankzij zijn veelzijdige kennis genoot hij aanzien, zowel binnen de kerkelijke kring, als in het profane intellectuele milieu. Hij bracht het niet alleen tot prior in het klooster, maar wist ook binnen twee belangrijke culturele instellingen een vooraanstaande positie te verwerven. Deze positie stelde hem in staat een breed sociaal netwerk te creëren, dat essentieel was voor het samenstellen van de encyclopedische werken die hij zou gaan schrijven. Zijn nationale en internationale contacten voorzagen hem van nieuwe en originele informatie, die hij verwerkte in zijn boeken, waardoor deze een aanzienlijke nieuwswaarde kenden. Wanneer er terug wordt gegaan naar de voorlopers van het Abcedario Pittorico, ofwel de oervorm van het Abc, blijkt dat dit type werk met name populair was gedurende de 16e eeuw in Spanje en Italië. Deze eeuw wordt gekenmerkt door een grote religieuze instabiliteit, die samenhangt met de Reformatie en de hierop volgende Contrareformatie. Het Abc werd door vertegenwoordigers van diverse religieuze orden gezien als middel om de eigen mystiek te propageren. De overeenkomst tussen Orlandi’s Abc en deze theologische werken (de Abecedari), beperkt zich tot het woord ‘Abcedario’ in de titel en het gebruik van het alfabet ín het werk. Uit het onderzoek in het tweede hoofdstuk van deze scriptie is echter gebleken dat de wijze waarop het alfabet in beide werken terugkeert en de grond waarop dit gebeurt wezenlijk van elkaar verschilt. Hierdoor kan er nauwelijks worden gesproken van een relatie tussen het Abc van Orlandi en de oorspronkelijke Abecedari. Een genre dat in deze bredere historische context meer overeenkomsten met het Abcedario Pittorico vertoont, is het Encyclopedisme. Het fundamentele doel uiteenlopende kennis te ordenen en te verspreiden, vormt een belangrijke gemeenschappelijke factor in beide type werken. Bovendien vertonen de Franse encyclopedieën en woordenboeken uit de 16e en 17e eeuw, die hier als referentiekader dienen, ook andere substantiële gelijkenissen, zoals de alfabetische rangschikking van de lemmata in het corpus van de werken en het meer wereldlijke karakter van de tekst. Toch speelt het geloof ook in deze encyclopedische werken een belangrijke rol. Net als Orlandi, genoten de schrijvers van dit type boeken de vrijheid de tekst naar eigen hand te zetten en te manipuleren, al naargelang de eigen voorkeuren of de geldende conventies. Met name in de uitleg van de trefwoorden die betrekking hadden op religie, schuwden de makers van de encyclopedieën niet hun eigen geloofsopvattingen te profileren. Ook Orlandi zette de tekst in zijn Abc naar eigen hand, al deed hij dit op een andere manier en met een ander doel. Het onderzoek dat direct betrekking heeft op het Abcedario, richt zich op de compositie van het werk. Het begrip ‘compositie’ slaat in deze context zowel op de totstandkoming, ofwel de redactie, als op de structuur van het Abc. Het is gebleken dat Orlandi, voor het beschrijven van de levens die al eerder door andere biografen beschreven waren, een beroep deed op de werken van zijn voorgangers. Hij nam in veel gevallen een groot deel van hun tekst over en daarmee vaak ook de toon, maar hij zorgde er wel voor dat hij zich minder uitgesproken uitliet over de kunstenaars en hun kunstwerken dan zijn voorgangers. Hij koos er bewust voor de toonzetting in het originele document af te zwakken om zo de vele levensbeschrijvingen in zijn werk met elkaar in evenwicht te brengen, waarin hij aardig geslaagd is. Zoals eerder aangegeven, voegde Orlandi ook veel nieuwe levensbeschrijvingen toe van kunstenaars die leefden in zijn eigen tijd. De benodigde biografische gegevens voor deze originele levens werden hem op verschillende wijzen aangeleverd, waarbij zijn netwerk hem grote diensten bewees. In sommige gevallen stuurden kunstenaars een zelfgeschreven brief over hun eigen levensloop, in andere gevallen verwierf hij deze kennis via brieven van kunstkenners of verwanten van kunstenaars. Ook de informatie die hij op deze manier wist te vergaren paste hij aan, om de beoogde objectiviteit in de levensbeschrijvingen te verkrijgen. Het Abc bevat een aantal teksten waarin Orlandi zich direct tot de lezer richt. Uit deze teksten blijkt dat het Abc moest dienen als compact en makkelijk te raadplegen handboek. Hij wilde zijn lezers niet alleen voorzien van allerhande informatie, maar trachtte hen ook aan te sporen tot het zelf vergaren van kennis over kunst. Tegelijk wordt duidelijk dat hij een breed publiek voor ogen had en een grote lezersgroep wilde bereiken. Om dit te verwezenlijken probeerde hij in het voorwoord de lezer ervan te overtuigen zijn werk ook daadwerkelijk als handboek in gebruik te nemen. Om zijn woorden kracht bij te zetten, maakte hij gebruik van retorische stijlmiddelen. Opvallend is dat veel van Orlandi’s collega’s nagenoeg exact dezelfde constructies of formules in hun teksten gebruikten, waaruit eens te meer blijkt dat hij de werken van zijn voorgangers goed bestudeerd had. Tegelijk toont het aan dat Orlandi gevoelig was voor de toen geldende literaire conventies, waardoor niet alleen het Abcedario Pittorico, maar ook de andere werken in deze categorie, belangrijke representanten zijn van de tijd waarin ze zijn ontstaan. Het kernonderzoek in de scriptie heeft aangetoond dat de structuur in het handboek zowel nieuwe als traditionele elementen in zich bergt. In vergelijking met de Franse encyclopedieën kan de structuur van het Abcedario als vernieuwend worden beschouwd door de aanwezigheid van een groot aantal tabellen, de alfabetische index, de expliciete bronverwijzingen in het corpus en de uitgebreide bibliografieën achterin het werk. Daarentegen kan in dezelfde context de alfabetische presentatie als traditioneel worden aangemerkt, omdat alle Franse encyclopedieën een zelfde ordeningsprincipe kennen. Wanneer het Abcedario echter wordt vergeleken met zijn voorgangers, ofwel andere werken waarin levens van kunstenaars beschreven zijn, dan leidt dit tot heel andere resultaten. In deze context blijkt het gebruik van tabellen, de alfabetische index en de scheiding tussen de klassieke en moderne kunstenaars eerder als traditioneel te kunnen worden aangemerkt. De alfabetische ordening van de namen van de kunstenaars is in dit verband juist vernieuwend, evenals het geraffineerde, bijna moderne karakter van de bibliografieën, de tabellen met de monogrammen en de secties met de schildertechnieken. De samenhang van deze nieuwe en traditionele elementen maakt de structuur in het Abcedario uniek. Deze opbouw, in combinatie met de veelzijdigheid van de gepresenteerde informatie, maakt dat het werk een tussenvorm is van een encyclopedie en een handboek, dat zich ondanks alle overeenkomsten onderscheidt van zijn voorgangers door deze ongebruikelijke structuur, de compacte weergave en de veelzijdigheid van de inhoud, de stimulerende toon van de auteur en zijn praktische formaat. Hiermee is de hoofdvraag beantwoord. Belangrijker is misschien wel, dat tevens is aangetoond dat het Abcedario van Orlandi een bijzonder werk is, dat waard is bestudeerd te worden, e vivi feliceii. ii Abcedario Pittorico kan in het Nederlands vertaald worden met ‘Schildersabc’. In de tekst wordt het Abcedario van Orlandi aangeduid met de termen Abc, Abcedario of abcedario. Wanneer er echter wordt gesproken van Abecedari of abecedario, dan heeft dit betrekking op het abecedario als genre in algemene zin. ii Deze slotformule, die Orlandi in een aantal teksten in het Abc gebruikt, kan in het Nederlands vertaald worden met ‘en je leeft gelukkig.’ BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA LETTERATURA PRIMA DEL 1800 BAGLIONE, GIOVANNI, Le Vite de’ Pittori, Scultori et Architetti – Dal Ponteficato di Gregorio XIII fino a quello d’Urbano Ottavo, Roma, 1649 BALDINUCCI, FILIPPO, Cominciamento e Progresso dell’Arte dell’intagliare in rame, Firenze, 1686 Notizie de’ Professori del Disegno, da Cimabue in qua, Firenze, 1681 DA VINCI, LEONARDO, Trattato della Pittura – nuovamente dato in luce, con la vita dell’istessa autore, scritta da Rafaelle du Fresne, Parigi, 1652 DE BIE, CORNELIS, Het gulden cabinet vande Edele vry Schilder-Const, Anversa, 1662 FURETIERE, ANTOINE, Dictionnaire Universel, L’Aia, 1727 HOUBRAKEN, ARNOLD, De Groote Schouburgh der Nederlantsche Konstschilders en Schilderessen, Amsterdam, 1718 MALVASIA, CARLO CESARE, Felsina Pittrice, Bologna, 1678 MORERI, LOUIS, Le Grand Dictionnaire Historique, ou Le Mélange curieux de l’Histoire, Amterdam, 1740 ORLANDI, PELLGEGRINO ANTONIO, Abcedario Pittorico, Bologna, 1704 Abcedario Pittorico, Bologna, 1719 Abcedario Pittorico, Napoli, 1763 Notizie degli Scrittori Bolognesi, Bologna, 1714 Origine e progressi della stampa, Bologna, 1722 RIDOLFI, CARLO, Le Maraviglie dell’Arte, Venezia, 1648 SOPRANI, RAFAELE, Le Vite de’ Pittori, Scoltori, et Architetti Genovesi, Genova, 1674 VAN MANDER, CAREL, Het Leven der Oude Antijcke doorluchtighe Schilders, Alkmaar, 1603 VEDRIANI, LODOVICO, Raccolta de’ Pittori, Scultori, et Architetti Modonesi più celebri, Modena, 1662 VON SANDRART, JOACHIM, L’Academia Todesca della Architectura, Scultura & Pittura oder Teutsche Academie der Edlen Bau-Bild-und Mahlerey Künste, Nuremberga, 1675-1679 BIBLIOGRAFIA LETTERATURA DOPO IL 1800 BALDINUCCI, FILIPPO, Vocabolario Toscano dell’Arte del Disegno, Firenze, Edizioni Scelte, 1681 ristampa anastatica 1975 BARUFFALDI, GIROLAMO, Vite de’ Pittori e Scultori Ferraresi, Bologna, Forni, 1844 ristampa anastatica 1971 BAYLE, PIERRE, Dictionnaire Historique et Critique – nouvelle édition, Ginevra, Skatline, 18201824 ristampa 1969 BENASSI, STEFANO, L’Accademia Clementina: la funzione pubblica, l’ideologia estetica, Bologna, Minerva, 2004, p.136, p.197, p.365 BESEGHI, UMBERTO, Introduzione alle chiese di Bologna, Bologna, Tamari, 1956, pp.89-96 BINKLEY, PETER, Pre-modern Encyclopaedic texts, Leida, Brill, 1997 BOSCHINI, MARCO, La Carta del Navegar Pitoresco (a.c.d. 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