12 occelli giuliana

Transcript

12 occelli giuliana
Immagino un dialogo con Primo Levi
di Giuliana Occelli
Finalmente era giunto il mio giorno.
Finalmente il sogno di potermi trovare seduta a prendere un caffé con Primo Levi era
arrivato.
Tutta questa grande agitazione mi accompagnò fino alle quattro di pomeriggio,
quando mi trovavo davanti alla sua porta come era stato concordato al telefono.
Feci un bel respiro e subito dopo suonai il campanello aspettando con l’adrenalina a
mille che qualcuno venisse ad aprire la porta.
Tutto ad un tratto si aprì la porta e un uomo con volto segnato, ma nonostante tutto
con un sorriso smagliante e caloroso mi fece segno di entrare.
Dopo di che m’indicò di prendere il corridoio sulla mia destra in modo tale da
raggiungere una piccola porta di legno che vedevo al fondo.
Per questo iniziai ad incamminarmi e lungo quel corridoio vedevo appesi al muro una
serie di foglietti gialli sbiaditi che erano chiaramente pagine di diario della sua
terribile esperienza.
Arrivai a quella porticina, la aprii e poi scesi lungo una rapida scala.
Era tutto così buio e cupo e subito dopo mi accorsi di essere nel suo laboratorio.
C’era di tutto in quel piccolo luogo: microscopi di varie grandezze e tutte le sostanze
chimiche poste un po’ alla rinfusa sul bancone.
Dopo di che girai lo sguardo e vidi Primo Levi seduto in un angolino a fissare un
carillon posto sul bancone.
Ero un po’ spiazzata poiché lui rimase in silenzio e impassibile.
Presi coraggio e decisi di fare la seguente domanda: “Che cosa rappresenta per lei
quel carillon?”.
Dopo piccoli attimi di silenzio che mi sembrarono eterni, mi rispose con voce pacata:
“il suo meccanismo è affascinante, non nota?”.
Io perplessa non sapevo quale strano e profondo collegamento avesse trovato e allora
mi limitai a rispondere con un semplice: “Mi dica lei”.
Lui prese in mano il carillon e iniziò a girarlo, poi lo ripose sul bancone e iniziò
quella dolce musichetta finché non si esaurì e tornò il silenzio.
Poco dopo mi disse:” la memoria è proprio un carillon, nota?”
Io non sapendo cosa dire, presi una sedia e mi misi vicino a lui e feci segno di
proseguire.
Lui proseguì:” basta fare un bel giro per ricaricare quel carillon per accedere alla
memoria. E lo stesso meccanismo avviene nella testa, si ricaricano i ricordi e poi
inizia quella canzoncina…”.
“Quella canzoncina è la memoria giusto?”- risposi prontamente io.
“Vede che sta iniziando a capire eh”- continuò lui- “Ma questa canzoncina è
particolare: è dolce sentito nel suo complesso, ma ci sono delle piccole parti che
suonano stridule e sai cosa si racchiude in ciò?”.
Io risposi: “la memoria di quando era nel suo campo di concentramento?”
Lui rispose con gli occhi lucidi: “Non devi pensare a me, devi pensare a te stessa.
Quel suono è un ricordo che segna il tuo essere, non puoi farne a meno. Puoi solo
ricordarlo nel tempo e farne un esempio per gli altri”.
Io ero rimasta in silenzio e lui subito dopo fece un sorriso, si alzò e andò a tirare su le
tapparelle e nel preciso istante in cui i raggi del sole entrarono nella stanza fu come se
quell’atmosfera quasi magica fosse di colpo svanita.
Dopo di che mi offrì una tazza di caffé e iniziammo a parlare della sua esperienza
passata e del progetto per il suo futuro e così riuscii a scrivere un ottimo articolo
uscito in prima pagina.