FILOLOGIA ROMANZA. Fondamenti di filologia e linguistica romanza.

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FILOLOGIA ROMANZA. Fondamenti di filologia e linguistica romanza.
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FILOLOGIA ROMANZA.
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere (e, per mutuazione, Beni Culturali e Lettere).
A.A. 2008-2009
Prof.ssa Rosa Anna Greco
Schema delle lezioni del Modulo:
Fondamenti di filologia e linguistica romanza.
N.B. I rinvii alle pagine si riferiscono al manuale di L.RENZI.-A.ANDREOSE,
Manuale di linguistica e filologia romanza, Bologna, il Mulino, 2003 e successive edizioni
(=R) e al testo di S.ASPERTI, Origini romanze, Roma, Viella, 2006 (= A). Gli schemi non
sono sostitutivi del manuale, ma costituiscono una guida allo studio.
La ‘Filologia romanza’ è una scienza storico-comparativa, sorta, come disciplina
sistematica, nella prima metà dell’Ottocento (Romanticismo; R, cap. 3).
Filologia è parola di origine greca (l'etimologia è per noi costante strumento di
indagine, R, p. 100) e significa ‘amore della parola’; inizialmente il termine ha un
significato ironico, ad es. 'ciarliero' in Platone; per Cicerone la filologia non è cosa seria.
La situazione cambia nel Rinascimento, che è l'epoca in cui la parola entra nella lingua
italiana ed è frutto dell'enorme lavoro di scavo e di ricerca dei testi (in particolare letterari)
iniziato dagli umanisti. Al giorno d’oggi il termine assume in sé il riferimento a due settori
delle scienze umane: la linguistica e lo studio delle letterature (nella doppia accezione di
‘storia letteraria’ e ‘critica testuale’; R, pp. 22-26).
Romanza deriva dall’avverbio latino ROMÁNICE > fr. romanz > it. romanzo.
Fenomeni fonetici rilevanti: sincope della vocale postonica in una parola proparossitona
(R, p. 99) e formazione di un nesso consonantico secondario; caduta della vocale finale; la
C si trasforma nell’affricata –z.
Romanz passa dall'originale condizione avverbiale latina alla condizione nominale
(sostantivo ed aggettivo). Il termine veniva usato nell’espressione romanice parabolare
‘parlare alla maniera dei romani’, che sostituisce latine loqui (= parlare latino); significa
dunque ‘relativo alle lingue discese dal latino’ (suo sinonimo è neolatino). Per l’etimologia
di romanzo cfr. la proposta etimologica del DELI = M.CORTELAZZO - P.ZOLLI,
2
Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, Bologna, Zanichelli, 1979-1987, 5 voll;
1999 IIa ed. con CD, a cura di Manlio e Michele CORTELAZZO.
Quindi la filologia romanza ha come oggetto lo studio delle lingue derivate dal latino e
delle letterature scritte in queste lingue, con particolare riferimento alla fase delle loro
origini. La lingua madre, il latino, è considerata nella sua espressione parlata (da tutti), il
‘latino volgare’, nella misura in cui la si può ricostruire in base ai documenti scritti, gli
unici disponibili (le ‘fonti’ del latino volgare; R, pp. 171-179).
Per Asperti (p. 9; pp. 33-34) il punto di partenza è costituito dalla latinità intesa più
globalmente come antico fattore culturale unificante del mondo antico occidentale.
Concetto di diasistema (A, p. 19): somma delle varianti, sui diversi livelli di analisi
linguistica e per distinti livelli sociolinguistici, che compongono l’insieme di una stessa
lingua; cfr. ancora A, p. 20.
Classificazione delle lingue romanze (R, cap.1).
Romània perduta (o submersa) e Romània nuova (R, pp. 34-36). Codici semplificati:
lingue creole; antesignana delle odierne lingue creole è stata la lingua franca parlata per
molti secoli da popolazioni diverse che navigavano nel bacino del Mediterraneo; la sua
base è stata, inizialmente, l'italiano (veneziano), R, pp. 36-37.
Romània occidentale e Romània orientale: il confine è segnato dalla linea La Spezia –
Rimini, o, meglio, Massa – Senigallia (R, p. 59); a nord di questa linea si verificano i
seguenti fenomeni: 1) lenizione (o sonorizzazione) delle consonanti sorde intervocaliche
(ad es. amiga, vida, R, p. 59 con esempi relativi soltanto ai dialetti italiani settentrionali e
R, p. 229; cfr. per un’esemplificazione più dettagliata anche A. VARVARO, Linguistica
Romanza, Napoli, Liguori, 2001, pp. 135-137); 2) conservazione di -s finale (R, pp. 226228; cfr. VARVARO, p. 138); 3) scempiamento delle consonanti geminate (ad es. étoile
'stella'; R, p. 59 cita esempi italiani.
Criteri di classificazione delle lingue romanze: inizialmente criterio filologico, con Diez
che riconosceva dignità di lingua soltanto a quelle (in tutto sei) che avevano una tradizione
letteraria, in seguito glottologico (con questo criterio Ascoli individuò il ladino nel 1873 e
il francoprovenzale nel 1878); attualmente prevale una distribuzione per aree geografiche.
Opposizione lingua-dialetto: non è una categoria linguistica, ma di natura psicologica e
sociale; tra le due varietà si può stabilire una gerarchia sociolinguistica; i dialetti
rappresentano stati locali di lingua direttamente derivati dal latino. Alla radice le lingue
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nazionali non sono altro che dialetti ai quali condizioni politiche e storico-culturali
favorevoli hanno consentito di avvantaggiarsi sugli altri (R, pp. 19-20 e 138-143). Per la
definizione di lingua e dialetto è utile anche il DISC = Dizionario Italiano SabatiniColetti, Firenze, Giunti, 1997 (e successive edizioni).
Definizione di variazione linguistica come condizione naturale della lingua, limitata
soltanto dalla necessità della comunicazione (R, pp. 129-135). Le politiche linguistiche
hanno in alcuni casi tentato di imporre una norma unitaria, giungendo persino a legiferare
in materia (=centralismo linguistico in Francia, a partire dal 1539 sino ai giorni nostri, cfr.
R, p. 52). A tal proposito la situazione più avanzata è attualmente quella spagnola che
riconosce come nazionali tutte le lingue parlate sul territorio (castigliano, catalano, basco,
galiziano).
Con Franz Bopp e la sua analisi (1816) del sistema di coniugazione del sanscrito
comparato con quello della lingua greca, latina, persiana e germanica (= lingue
indoeuropee) si afferma il metodo storico-comparativo (R, cap.3, par. 5 e segg.): tecnica
dello studio storico (genealogico) della lingua, basato sul confronto sistematico delle
lingue. Ad es.: il nesso consonantico latino CT ha esiti costanti in ogni lingua romanza:
assimilazione in –tt in italiano, passaggio a –it in francese portoghese e catalano,
palatalizzazione in –ch in spagnolo, dissimilazione in –pt in rumeno:
OCTO
it. otto
fr. huit
port. oito
cat. uyt
sp. ocho
rum. opt
François Raynouard tenta di applicare i nuovi metodi allo studio delle lingue romanze,
compilando uno schizzo di grammatica storica di tutte le lingue romanze (1821), basata
però sull'equivoco di considerare il provenzale (o occitano/occitanico, secondo la
terminologia oggi preferita) come la fase intermedia tra il latino e le lingue romanze
moderne. L'opera fondamentale di questi anni è la Grammatik der romanischen Sprachen
(Bonn 1836-1843) di Friedrich Diez (1794-1876), considerato il fondatore della filologia
romanza. Leggi fonetiche (esigenza di attribuire carattere regolare ai cambiamenti
fonetici) e i Neogrammatici: oggi si preferisce parlare di tendenze.
Cultismi (o latinismi): parole che non hanno seguito la regolare evoluzione fonetica;
allotropi: due parole di una lingua che, pur essendo riconducibili allo stesso etimo, si
presentano differenziate formalmente (e semanticamente); un termine è di tradizione
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diretta, patrimoniale, l'altro un latinismo (cosa e causa, vezzo e vizio, angoscia e angustia,
R, p. 96).
Analogia: meccanismo imitativo che presuppone l'adesione formale ad un modello
preesistente (R, pp. 95-96). Per eventuali definizioni dei fenomeni generali di linguistica, è
utile consultare G.L. BECCARIA (a cura di), Dizionario di linguistica e di filologia,
metrica, retorica, Torino, Einaudi, 1994 o R. SIMONE, Fondamenti di linguistica, RomaBari, Laterza, 1990.
Karl Lachmann (1793-1851) è considerato il fondatore della filologia moderna, che
assegna al filologo un triplice compito: a) preservazione dei testi dalla distruzione
materiale; b) ristabilimento della esatta lezione dei testi; c) interpretazione dei testi (R, pp.
104-107; A).
Trascrizione fonetica. La pronuncia delle lingue non è rispecchiata in modo coerente
nella loro grafia; ad esempio il francese nota graficamente una quantità di segni a cui non
corrisponde alcun suono (a causa dell'intervento di alcuni eruditi francesi, che, nel XVI
sec., volevano ricollegare le parole alle loro basi latine, reintroducendo vocali e consonanti
non più pronunciate e che hanno trasformato la grafia fonetica dell'antico francese, ad es.
tans < TEMPUS, nell'attuale grafia etimologica temps); non è pertanto possibile ricavare
dalla grafia tradizionale delle lingue la loro pronuncia in modo sistematico e regolare. I
linguisti si servono di alfabeti fonetici, sistemi di trascrizione artificiali, fatti in modo tale
che a ciascun segno corrisponda un'articolazione fonica precisa. Il più usato è l'Alfabeto
Fonetico Internazionale (= IPA, o API, cfr. R, pp. 11-13). La trascrizione fonetica viene
indicata tra parentesi quadre: [kane].
La fonetica è la disciplina che studia la natura dei suoni linguistici visti nella loro
fisicità, considerando il modo in cui sono prodotti dall'apparato fonatorio (= fonetica
articolatoria) ed il modo in cui si propagano nell'aria (= fonetica acustica).
I suoni, prodotti da un' emissione d'aria che attraversa gli organi fonatori, sono distinti
in due categorie principali: le vocali e le consonanti.
Le vocali, sonore e caratterizzate dal libero passaggio dell'aria, si classificano
generalmente
sulla
base
di
tre
dimensioni:
apertura/chiusura
della
bocca;
anteriorità/posteriorità (posizione della lingua verso la parte anteriore o posteriore del
palato); arrotondamento delle labbra: si costituisce in tal modo il triangolo vocalico.
Quando l'aria, nel fuoriuscire, passa attraverso le fosse nasali, si hanno le vocali nasali
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(tipiche del francese, che possiede quindi una doppia serie vocalica), altrimenti sono dette
orali.
Esempio del sistema vocalico dell'italiano standard:
i
u
e
o
ε
a
Le consonanti sono prodotte da un flusso d'aria che fuoriesce dal tratto fonatorio
completamente chiuso (momentaneo) oppure fortemente ristretto. Le consonanti sono
classificate secondo il loro modo di articolazione e il loro punto di articolazione ed in base
al comportamento delle corde vocali (in tal modo si distinguono le sonore, prodotte con
vibrazione delle corde vocali e le sorde prodotte in assenza della loro vibrazione). Il modo
di articolazione si riferisce al tipo di chiusura che viene opposto al passaggio dell'aria: ad
es. chiusura totale = occlusive; parziale = fricative (o spiranti). Il punto di articolazione
indica il luogo del tratto fonatorio in cui la chiusura viene operata: ad es. bilabiali
(chiusura delle labbra).
La fonologia (o fonematica) studia i suoni nella loro funzionalità e procede
all'identificazione dei fonemi di una lingua mediante la prova di commutazione (se,
sostituendo un segmento in una parola si ottiene una parola distinta dalla precedente, si è
individuata una coppia minima, che dimostra l'esistenza di un'opposizione fonologica, alla
quale corrisponde una variazione semantica: ad es. cane ~ pane; lima ~ lama; mano ~
meno).
L' analisi fonologica è per la linguistica contemporanea un'acquisizione irrinunciabile,
perché permette di cogliere e isolare la costanza degli elementi costitutivi essenziali al
funzionamento della lingua.
Il fonema (che va indicato tra barrette oblique: /a/, /p/ ) è l'unità minima di un sistema
linguistico, ossia un segmento fonico-acustico non suscettibile di ulteriore segmentazione,
dotato di capacità distintiva e oppositiva rispetto alle altre unità; il fonema di per sé non ha
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significato, ma combinandosi con altre unità minime forma unità con significato; il fonema
è, quindi, la minima unità del significante, riprendendo la terminologia di F. de Saussure
(1857-1913;
R,
pp.
109-119)
e
delle
sue
dicotomie
(=
opposizioni):
significante/significato, langue (=istituzione sociale) /parole (=uso individuale),
diacronico (=storico) / sincronico (=descrittivo), asse sintagmatico (=in praesentia) / asse
paradigmatico (=in absentia). Il morfema è l'elemento formale che conferisce aspetto e
funzionalità alle parole, definendone la categoria grammaticale (ad es. amico, amica; amo,
ami, ama). Il lessema è l'unità minima significativa di un lessico e che viene assunta come
forma di base (ad es. l'infinito per un verbo; il maschile sing. per un aggettivo).
Le trasformazioni dei suoni sono dovute, attraverso alcune tendenze generali
(assimilazioni, palatalizzazioni, velarizzazioni etc., R, pp. 98-100), scaturite dall'esigenza
di economia fonetica a un gioco di squilibrio e riequilibrio: lo squilibrio è causato dalla
tendenza all'uso illimitato e quindi a sfuggire al sistema, alla struttura che è l'istituzione
sociale cui è affidata la comunicazione linguistica, basata sulla reciproca comprensione.
Anche l'accento ha, almeno in molte lingue, funzione fonologica; serve cioè a
distinguere al pari dei fonemi: ancora e angora si distinguono per / k / ~ / g /; áncora e
ancora si distinguono per il diverso posto dell'accento.
Elenco delle condizioni e dei fattori esterni alla lingua che hanno contribuito al processo
di differenziazione linguistica del latino e frammentazione romanza: un unico e solo
processo storico, un equilibrio di forze centrifughe e centripete:
1) sostrato (R, p. 169; quando due lingue sono giunte in contatto sullo stesso territorio
in epoche differenti, per lingua di sostrato s'intende la lingua preesistente, che decade, ma
lascia tracce nella lingua che ha avuto il sopravvento; la lingua di sostrato costituisce lo
strato geologico sotterraneo. Ad es. nel territorio galloromanzo c' è un diverso sostrato
prelatino: al nord i Galli, popolazione celtica di stipite indeuropeo immigrata tra il IX e il
VI sec. a.C.; al sud popolazioni preindeuropee, i Liguri nel sud-est, gli Ibèri (o Aquitani)
nel sud-ovest; inoltre alcune colonie greche (Marsiglia, Antibes).
2) epoca e durata della colonizzazione romana: dal III secolo a.C. al II sec. d.C. Nel
212 d.C. la concessione del diritto di cittadinanza a tutti i 'provinciali' (editto di Caracalla)
è un evento socialmente sintomatico, che contribuisce a spostare il centro di gravità
dell'Impero e a rafforzare le differenziazioni linguistiche regionali originarie (causate
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anche dalla composizione sociale dei coloni, dal rapporto città-campagna). Nel III sec.
d.C. il centro dell'Impero non è più Roma, ma Lione e Treviri. La Gallia fu romanizzata a
partire dagli anni 123-118 a.C. (la Provincia Narbonensis); la romanizzazione fu portata a
termine da G.Cesare nel 51a.C. I Celti erano già in contatto con la cultura latina e greca e
non si opposero a tale processo di assimilazione. L'abbandono della loro lingua avvenne
per gradi, attraverso una progressiva contrazione del suo valore sociale (N.B. Bisogna
sempre supporre, in tutto il complesso processo di differenziazione linguistica romanza,
fasi di bilinguismo; per la definizione di bilinguismo e diglossia cfr. anche VARVARO,
pp. 75-77). In effetti sostrato e superstrato sono due etichette per il fenomeno del cambio
di lingua che implica sempre che la lingua abbandonata, nel luogo e nel momento in cui
viene abbandonata goda di minor prestigio.
3) isolamento relativo delle province (VI-VIII sec.d.C.) in cui l'istruzione latina e le
correnti di scambio raggiungono il punto minimo e le lingue parlate regionali,
consolidandosi, penetrano a poco a poco anche nei testi un tempo composti in latino
letterario (cfr. A, pp. 120-121). Un termine di riferimento per questa situazione è offerto
dalla famosa decisione del Concilio di Tours (813 d.C.), che indicava l’uso del volgare
per le omelie. Per l’importanza della Chiesa cfr. A, pp. 91-92.
Testo della XVII deliberazione (= presa d'atto dell'esistenza delle lingue romanze, cfr.
A, pp. 124-127).
Visum est unanimitati nostrae, ut quilibet episcopus habeat omelias continentes necessarias
admonitiones, quibus subiecti erudiantur: id est de fide catholica, prout capere possint, de perpetua
retributione bonorum et aeterna damnatione malorum, de resurrectione quoque futura et ultimo
iudicio, et quibis operibus possit promereri beata vita, quibusve excludi. ET UT EASDEM
OMELIAS QUISQUE APERTE TRANSFERRE STUDEAT IN RUSTICAM ROMANAM
LINGUAM AUT THIOTISCAM, QUO FACILIUS CUNCTI POSSINT INTELLIGERE QUAE
DICUNTUR (ciascun [ vescovo] procuri di tradurre le omelie in lingua rustica romana o tedesca
perché più facilmente si possa capire ciò che dicono).
4) possibile influenza di superstrato: per fenomeno di superstrato (R, p. 236) s'intende
l'azione della lingua sopraggiunta, che però non si sostituisce alla precedente; mentre
l'influsso del sostrato riguarda dati fonetici, morfosintattici e lessicali, quello del
superstrato riguarda essenzialmente dati lessicali. Nella Gallia meridionale giunsero nel V
sec. i Visigoti con capitale a Tolosa; nel bacino del Medio Rodano e del lago di Ginevra si
installarono nel 443 i Burgundi; nel 486 a nord della Loira giunsero i Franchi. Differenze
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linguistiche notevoli tra gli invasori: i Visigoti ed i Burgundi appartengono al ramo
orientale del ceppo germanico, i Franchi al ramo occidentale. I Franchi sconfissero nel 507
i Visigoti e nel 534 i Burgundi che si sottomisero, mentre i Visigoti emigrarono in
territorio iberico dove resistettero sino all'invasione araba (711). La Francia meridionale
conobbe anche un’invasione araba respinta da Carlo Martello (Poitiers, 732). Per la
Rinascita carolingia cfr. A, pp. 122-124.
Per quanto riguarda il superstrato germanico bisogna sottolineare che le popolazioni
germaniche parlavano dialetti, appartenenti a gruppi diversi con specifiche caratteristiche
fonetiche e morfologiche: germanico occidentale (Svevi, Longobardi, Franchi, Bàvari),
germanico orientale (Goti), germanico settentrionale (Normanni). Criteri generali per la
stratificazione del superstrato germanico nel dominio romanzo (ci si basa sempre su dati
fonetici):
1) prestito già avvenuto nel latino volgare; ad es. abbandono di BELLUM debole per
la collisione con BELLUS (aggett. = grazioso, che si sostituisce a PULCHER) in
favore di werra; la debolezza di BELLUM è confermata dal rumeno, che pur non
avendo superstrato germanico, ha sostituito il termine con lo slavo razboi;
2) prestiti indipendenti; ad es. le voci longobarde nell'italiano (cfr. C. TAGLIAVINI,
Le origini delle lingue neolatine, Bologna, Pàtron 1969, pp. 293-298);
3) prestito in una singola lingua romanza e successivamente esteso all' intero dominio,
ad es. la voce giardino è entrata nell'italiano e nello spagnolo attraverso il francese
(dal francone *gard, cfr. TAGLIAVINI, p. 286). La palatalizzazione di C+A e G+A
appartiene, infatti, al francese.
Per il superstrato arabo, è importante notare che spesso, soprattutto nello spagnolo
(azucar, alcachofa), i prestiti arabi vengono ripresi con l’articolo determinativo al-, non
riconosciuto dai parlanti e quindi agglutinato al sostantivo. Nei prestiti colti questo non
avviene: chimica si oppone a alchimia. Altri esempi di arabismi: algebra, alfiere,
almanacco, elisir, magazzino, darsena, fondaco, taccuino; ancora, molta terminologia
della scienza: zenit, nadir, etc.
Una lingua che vive in contatto eterogeneo con un'altra è detta lingua di adstrato. Ad
esempio il greco può essere, in situazioni diverse, lingua di adstrato, di sostrato, di
superstrato (cfr.VARVARO, pp. 157-159).
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Sistemi vocalici delle lingue romanze (R, pp. 193-197).
Latino classico: elemento di valore fonologico (= differenziazione semantica) la durata
o quantità: vocale breve ~ vocale lunga.
Esempi di opposizione fonologica basata sulla quantità:
VĔNIT 'viene' ~ VĒNIT 'venne'
FŎDIT 'scava' ~ FŌDIT 'scavò'
SŎLUM 'suolo' ~ SŌLUM 'solo'
ŎS 'osso' ~ ŌS 'bocca'
MĂLUM 'male' ~ MĀLUM 'melo'
Le distinzioni di quantità in età classica dovevano essere realizzate e percepite dai
parlanti in modo netto: secondo la testimonianza di Cicerone un attore che fosse incorso in
occasionale errore, scambiando una lunga con una breve, suscitava la reazione del
pubblico.
Latino
lingue romanze. Radicale travolgimento del sistema quantitativo in
concomitanza con una trasformazione qualitativa dell'accento, che diviene intensivo (= la
sillaba accentata è emessa con forza sonora maggiore, dovuta a un incremento di energia
espiratoria). Si perdono così nelle strutture del latino le caratteristiche opposizioni
quantitative e si affacciano nuove distinzioni di carattere qualitativo (= vocale aperta ~
vocale chiusa) destinate ad affermarsi nelle lingue romanze: pεsca (frutto)
~ pesca
(azione di pescare), c lto 'raccolto' ~ colto 'dotto' . Si tratta di mutamenti lenti e graduali,
legati anche a condizioni di sostrato, conseguenze del fatto che il latino, nella sua
espansione, si era sovrapposto ad altre lingue che non conoscevano distinzioni quantitative
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ed avevano abitudini articolatorie diverse (cfr. la testimonianza di sant'Agostino sugli
africani che confondevano ŎS 'osso' con ŌS 'bocca', cfr. TAGLIAVINI, p. 237).
I. Tipo comune diffuso in Iberoromanzo, Galloromanzo, Italia settentrionale, centrale e
parte superiore dell'Italia meridionale, Rezia, Istria, Dalmazia.
Ī
i
Ī
Ē
Ĕ
e
ε
Ā
Ă
Ŏ
Ō
a
Ŭ
Ū
o
i
u
u
e
o
ε
a
Si tratta di un sistema eptavocalico a quattro gradi di apertura timbrica. Da questo
schema muove l'ulteriore evoluzione del vocalismo tonico nelle lingue suddette. La
perfetta simmetria di questo schema evolutivo prescinde però dalla cronologia (cfr.
schema III del balcanoromanzo).
Esempi:
FĪLU > it. filo
fr. fil
sp. hilo
PĬLU >
pelo
poil
pelo
[pwal]
TĒLA >
tela
toile
tela
[twal]
PĔDE >
piede
pied
pié
FĔSTA > fεsta
fete
fiesta
MĂRE > mare
mer
mar
NŎVU > nuovo afr. nuef*
nuevo
PŎRTA > p rta
puerta
porte
cfr. dittongazione
*fr.mod. neuf [noef]
cfr. dittongazione
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FLŌRE > fiore
fleur
flor
GŬLA >
gueule
gola
[gœl]
muro
[myr]
gola
MŪRU > muro
mur
[floer]
II. Tipo sardo. Diffuso in Sardegna (tranne il sassarese), Corsica meridionale ed una
zona calabro-lucana (da Maratea al golfo di Taranto; linea Diamante-Cassano).
Ī
Ĭ
Ē
i
Ĕ
e
Ā Ă
Ŏ
a
Ō
Ŭ Ū
o
u
i
u
e
o
a
Sistema pentavocalico a tre gradi d' apertura.
La perdita della quantità dev'essere stata precoce, anteriore allo sviluppo della
differenziazione timbrica, per cui la fusione di Ĭ e di Ē, Ō ed Ŭ non ha avuto modo di
effettuarsi.
Sardo:
FĪLU > filu
PĬLU > pilu
CATĒNA > catena
PĔDE > pede
NŎVA > nova
VŌCE > boghe
FŬRCA > furca
[boge]
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MŪRU > muru
III. Tipo asimmetrico balcanoromanzo.
Ī
i
Ĭ
Ē
Ĕ
e
ε
Ā
Ă
Ŏ
a
Ō
Ŭ
o
Ū
u
i
u
e
o
ε
a
Si tratta di un sistema asimmetrico a sei vocali con tre gradi d'apertura nella serie
vocalica posteriore e quattro in quella anteriore. L'oriente balcanico conosce quindi
soltanto la fusione delle vocali anteriori Ĭ, Ē > /e/, che deve essersi verificata prima di
quella delle posteriori Ŭ, Ō > /o/ .
Rumeno:
SĬTE > sete
CRĒDO > crede
TĒLA > teara
NEPŌTE > nepot
ŎCTO > opt
GŬLA > gura
MŪRU > mur
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IV. Tipo siciliano e parte dell'Italia meridionale (penisola salentina e Calabria
centromeridionale).
Ī
Ĭ
Ē
Ĕ
i
Ā
e
Ă
a
Ŏ
Ō
Ŭ
o
Ū
u
i
u
e
o
a
Sistema pentavocalico a tre gradi d'apertura.
Esempi:
FĪLU > filu
NĬVE > nive
RĒTE > rite
PĔDE > pede
NŎVU > novu
SUDŌRE > suduri
CRŬCE > cruci
LŪNA > luna
Dittongo: unione di due vocali in una sola sillaba; una ha durata e intensità maggiore e
riceve l'accento, mentre l'altra è più ridotta per durata e intensità e non è accentabile
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(avviene solo in presenza di -i ed -u, definite semivocali / semiconsonanti; -i è detto anche
yod e -u è detto anche wau: ieri, uomo). Si ha lo iato (= pronuncia distinta delle due
vocali) quando la -i o la -u sono toniche: spia, paura. I dittonghi, nei quali la semivocale
precede la vocale, sono dittonghi ascendenti: piede, buono; nei dittonghi discendenti è la
vocale a precedere la semivocale: faida, cauto, ant. fr. teile.
Importante fenomeno che interviene a modificare il sistema vocalico di base delle
lingue romanze è la dittongazione: le vocali toniche /ε/, / / a causa dell'accento intensivo
dovettero suonare allungate, come sdoppiate (peede, boono) e poi per dissimilazione
diventarono piede, buono, bueno.
Nello spagnolo il dittongamento si verifica incondizionatamente, sia in sillaba libera
(che termina cioè con vocale) che in sillaba chiusa (che termina con consonante): PĚDE >
pié; PĚRDE > pierde; BŎNU > bueno; PŎRTU > puerto.
In quasi tutta la Romània sono le vocali in sillaba libera che tendono spontaneamente a
dittongarsi:
PĚDE > it. piede
FĚRRU > fεrro
NŎVU > nuovo
PŎRTU > p rto
fr. pied
fer
afr. nuef > fr. mod. neuf
[noef]
port
Per quanto riguarda la situazione italiana, dal dittongamento spontaneo toscano va
distinto il dittongamento dei dialetti centromeridionali (escluse le zone a sistema
siciliano), condizionato dalla metafonia (o metafonesi = alterazione di una vocale tonica
per influenza di una vocale seguente, normalmente finale di parola, R, p. 97. Secondo
alcuni linguisti la dittongazione metafonetica rappresenta la fase più antica della
dittongazione romanza). In questi dialetti la dittongazione è causata dalle finali -i, -u:
PĚTRA > petra
VĚNTU > vientu
PĚDE > pede
PĚDES > piedi
DĚNTE > dente
DĚNTES > dienti
BŎNA > bona
BŎNU > buenu
NŎSTRA > nostra
NŎSTRU > nuestru
Assume così funzione morfologica di distinzione di genere e di numero.
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La metafonia provoca, inoltre, la chiusura di /e/ in /i/ e di /o/ in /u/ nei dialetti
centromeridionali per influsso di -i, -u finali:
RŬSSA > rossa
RŬSSU > russu
SŌLA > sola
SŌLU > sulu
SĬCCA > secca
SĬCCU > siccu
MĒNSE > mese
MĒNSES> misi
Funzione morfologica di genere e di numero.
Nei dialetti settentrionali la metafonia si verifica soltanto per influsso di -i finale:
CAPĬLLU > kavel
CAPĬLLI > kavil
Funzione morfologica di distinzione di numero.
Francese. In francese il dittongamento spontaneo investe, oltre /ε/, / / in sillaba libera,
anche /e/, /o/ in sillaba libera che danno luogo a dittonghi discendenti, tipici dell'antico
francese:
TĒLA > afr. téile > fr.mod. toile
[twal]
FLŌRE > afr. flour > fr.mod. fleur
[flœr]
Consonantismo. Palatalizzazione delle occlusive velari latine /k/, /g/+ E,I (R, pp. 155156): si distinguono due fasi, di cui nella prima, comune a tutto il dominio romanzo
(tranne il sardo che continua ancora oggi la pronuncia velare; altre tracce dell'originaria
pronuncia velare nel latino classico sono rinvenibili nei prestiti latini alle lingue
germaniche e nel basco) si è avuto, dal V secolo in poi, un graduale spostamento verso le
palatali /t∫/, /dz/; ad es. CAELU > it. cielo, CIVITATE > it. città, GELU > it.gelo. Una
seconda fase ha interessato il dominio romanzo occidentale, in cui si è verificato uno
spostamento verso le affricate dentali /ts/, /dz/; ad es. ant. francese /tsiel/, /tsité/, /dzel/ e
successivamente verso le fricative: sibilanti nel galloromanzo, /siel/, /sité/, /zel/;
interdentali nello spagnolo / iel/.
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Morfologia. Scomparsa del genere neutro (R, pp. 213-214) e sua ridistribuzione nel
maschile e nel femminile (ad es. PÉCORA, neutro plurale diviene in italiano femminile
singolare; FOLIA, neutro plurale diviene in francese la feuille). Nomi ambigeneri, ad es. il
braccio, le braccia, diffusi in italiano ed in rumeno, così come la formazione del plurale in
-ora, desinenza originaria della III declinazione: it. focora, rum. timpuri (R, pp. 152-153).
Declinazione romanza: l'evoluzione della flessione nominale avviene secondo una linea
di semplificazione, livellamento e risoluzione analitica; nel latino classico le funzioni
sintattiche erano rappresentate mediante le desinenze; nelle lingue romanze mediante l'uso
dell'articolo e delle preposizioni. La crisi delle desinenze (riduzione delle declinazioni: la
V > I, la IV > II; parificazione della III, R, p. 186), ancora una volta, si manifesta nel
latino volgare e termina con la vittoria delle preposizioni sulle desinenze: struttura
analitica su struttura sintetica. I casi, per motivi fonetici ed economici, si restringono e
vanno verso il grado zero, attraverso una fase medievale di flessione bicasuale.
Esempi di conservazione di casi: nominativo HOMO > fr. on, it. uomo (ma sardo omine
< HOMINEM); nom. REX > re; genit. ILLORUM > loro; dat. CUI > cui, *ILLUI > lui; la
serie di avverbi in -mente deriva da ablativi di aggettivi accompagnati al sostantivo
MENTE, fermamente < FIRMAMENTE (R, pp. 153; 214).
Il numero dei casi del latino classico viene ridotto nel latino volgare (R, pp. 187-190); e
precisamente, nella maggior parte della Romània, in maniera tale che rimangono solo, da
un lato, il nominativo come caso soggetto (o caso retto), dall'altro lato, l'accusativo come
caso obliquo (o caso regime, in cui confluiscono gli altri casi). Questa declinazione
bicasuale ha pieno vigore nell'antico francese e nell'antico occitano; a partire dal XIII
secolo essa è progressivamente scomparsa, cosicché nel francese e occitano moderni si è
conservato un unico caso, l'obliquo, e, come flessione, è rimasta solo la distinzione di
numero. Per le altre lingue romanze, tranne il rumeno, non si hanno tracce della
declinazione bicasuale. Attualmente il rumeno conserva, oltre al nominativo-accusativo, il
genitivo-dativo -AE , cui bisogna aggiungere un vocativo in -o di probabile origine slava;
si ha così una declinazione tricasuale.
Esempi di declinazione bicasuale in ant. fr.:
I Declin. nom. sing. AMICA >
amie
nom. pl. *AMICAS> amies
acc. sing. AMICA(M) > amie
acc. pl. AMICAS> amies
(lenizione dell’occlusiva sorda intervocalica e dileguo delle vocali atone finali).
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Va sottolineato che la desinenza -AS del nominativo plurale (che sostituisce -AE del
latino clas.) è forse un osco-umbrismo.
II Declin. nom. sing. MURUS
> murs
acc. sing. MURU(M) > mur
nom. pl. MURI > mur
acc. pl.
MUROS> murs
(dileguo delle vocali atone finali).
Articolo (R, pp. 190-192). Le più antiche forme dell'articolo determ. sono quelle
derivate da IPSUM > su e IPSA > sa e sono conservate nel sardo e nel catalano (es, sa). Le
forme più recenti derivano da ILLUM, ILLAM. Il rumeno pospone l'articolo, per cui dà
luogo ad una declinazione articolata che si differenzia da quella inarticolata: fratele 'il
fratello', fratelui 'del/al fratello', frate 'fratello' (R, p.213).
Dimostrativi: prevalgono forme rafforzate. It. quello < ECCUM + ILLUM.
Comparativo. In latino il comparativo si formava con l’aggiunta alla radice del suffisso
–IOR (ALTUS, ALTIOR). Esisteva anche una perifrasi con MAGIS, che prende il
sopravvento (restano però alcune forme, migliore, peggiore ecc.), affiancata dalla forma
più recente PLUS: si crea pertanto una divisione della Romània tra centro e periferia.
MAGIS ALTUS > sp. mas alto, rum. mai înalt.
PLUS ALTUS > it. più alto, fr. plus haut, occ. plus alt.
La distribuzione del comparativo illustra chiaramente la teoria della linguistica spaziale
di M. Bartoli (1873-1946), che mira a ricostruire la storia delle parole e quindi delle lingue
mediante l'analisi della distribuzione geografica dei singoli fenomeni; ad esempio le aree
laterali ed isolate conservano caratteristiche arcaiche; l'innovazione linguistica si irradia
dal centro verso la periferia.
Forme verbali. Principale innovazione il futuro perifrastico romanzo (R, pp. 153-154 e
il condizionale, R, p.182; pp.215-216), presente già nel testo francese dei Giuramenti di
Strasburgo (salvarai, prindrai, R, p. 239-241).
Ordine sintattico: la libertà e varietà del latino si riducono e nelle lingue romanze
prevale la sequenza: soggetto-verbo-oggetto (R, pp. 220-222); la maggiore rigidità si
verifica nel francese.
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