di Fulvio Panzeri Esiste una letteratura per gli “under 25”?
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di Fulvio Panzeri Esiste una letteratura per gli “under 25”?
QUALI STORIE PER I GIOVANI DI OGGI? di Fulvio Panzeri Esiste una letteratura per gli “under 25”? O meglio: “E’ possibile che sia pensato uno scaffale tutto per loro, con apposite collane di riferimento? Sono queste le domande che si pongono ancora e che riguardano anche il complesso rapporto dei giovani con la letteratura. In pratica la questione riguarda la possibilità di creare punti di riferimento, dove il ragazzo possa guardare per orientarsi nelle sue letture, come avviene nell’ambito della letteratura per l’infanzia, in cui il territorio di competenza è trattato da un’editoria specifica, da criteri ben definiti, da tutta una serie di tradizioni, non solo letterarie, ma anche artistiche, che hanno contribuito a creare la specificità tra piccoli lettori e letteratura infantile. Dopo la preadolescenza, una fascia d’età che rientra ancora nella specificità di un’editoria specializzata, con tutta una serie di “classici contemporanei” definiti dagli stessi lettori, ecco un territorio aperto, dove le curiosità dei possibili lettori, la voglia di conoscere e soprattutto la necessità di riconoscersi nei libri o nei mondi da questi raccontati, diventano senz’altro maggiori ed è più difficile pensare ad un’editoria specifica, tant’è vero che, in questo ambito, tutte le proposte si sono limitate, solo a collane di narrativa, ben strutturate ed identificate. E’ da sottolineare come in questi ultimi decenni tutti i casi di libri che sono diventati “cult” per il mondo dei giovani adulti, non provengano da queste collane specifiche, ma dall’editoria non specificamente pensata per questa fascia d’età. E’ una fenomenologia non riscontrabile solo negli ultimi anni, ma che vanta già una sua specifica tradizione, non solo italiana. Si pensi ad esempio, al Giovane Holden di Salinger, che dagli anni Cinquanta è un libro di riferimento per tutte le generazioni più giovani, come lo è stato a suo tempo un libro come Sulla strada di Kerouac, oggi anch’esso diventato un classico. Analizzando il caso italiano, possiamo verificare come sia l’effetto “tam tam” e non la specifica collocazione in una collana giovanile a determinare i “best.seller” che hanno segnato le letture delle generazioni più giovani: nel 1980 raccontando il clima generazionale della fine degli anni Settanta si imposero due autori, Enrico Palandri con Boccalone e Pier Vittorio Tondelli con Altri libertini; due anni dopo, sul tema del viaggio, arrivò un altro giovane narratore, subito amato dai coetanei, Andrea De Carlo con Treno di panna. Negli anni Novanta il giovanissimo Enrico Brizzi con Jack frusciante è uscito dal gruppo è stato un vero e proprio nuovo “cult”. Stesso successo che ha avuto Giuseppe Culicchia con il suo tono ironico nel raccontare l’apprendistato all’età adulta di un ragazzo con Tutti giù per terra. E’ ancora oggi un libro molto letto dalle giovani generazioni, il libro d’esordio, Olga, di una giovanissima Chiara Zocchi. E cambiando decennio, non si è modificata la modalità di scelta dei libri del cuore da parte dei giovani: lo dimostrano il successo di Cento colpi di spazzola della giovanissima Melissa P. e il ritrovato Tre metri sopra il cielo del non più giovane Federico Moccia, che però ha messo in luce illusioni e speranze, sentimenti e aspirazioni degli adolescenti di sempre. Il successo di questi libri è dimostrato dal numero impressionante di copie vendute, tali da considerarli veri e propri long-seller, il cui successo è stato improvviso e inizialmente imprevisto. E proprio questa imprevedibilità mette in luce un aspetto che caratterizza le scelte delle letture dei giovani di oggi: non si affidano a prodotti precostituiti, ma scelgono autonomamente i libri in cui riconoscersi. Anche la letteratura di genere, soprattutto il giallo che ormai è diventato uno dei campi d’azione preferiti dai narratori italiani, è molto amata dal pubblico giovanile che si ritrova nelle storie nere delle città e della provincia italiana. Com’è anche per le saghe fantasy, dopo il successo e il ritorno in grande stile della trilogia del Signore degli anelli, che stanno ottenendo buoni risultati in libreria, con una fetta di lettori forti proprio tra i giovani adulti. 2 Forse proprio questi aspetti hanno messo in crisi o hanno fatto sì che non siano mai decollati fino in fondo quei progetti editoriali di collane specificamente pensate per “i giovani adulti”: libri problematici, libri di analisi di situazioni di crisi, spesso esasperate, libri di forte impegno sociale che si propongono quasi come un genere letterario a sé. Però la letteratura per i giovani-adulti non può essere trattata come un genere letterario specifico, che può definirsi tale solo per gli argomenti trattati. Così anche nell’ambito dei libri per i giovani adulti, la formula del libro che mette in scena una crisi o una situazione difficile e dolorosa, viene messa in discussione dalle scelte dei giovani lettori che negli ultimi anni stanno privilegiando la leggerezza e il genere della commedia romantica e ironica sul modello della serie di Ann Brashares, Quattro amiche e un paio di jeans (Fabbri). Del resto basta leggere le “recensioni” a questi libri dei giovani lettori che scrivono: “bellissimo romanzo, d'attualità, moda, amicizia e amore. Consigliato a partire dai 14 anni, alle teenager con la voglia di sognare e di divertirsi”. E ancora: “E’ un libro veramente stupendo...ho pianto nel leggerlo!!!”. Alcune collane pensate per i giovani adulti, in questi anni hanno chiuso, come i Superjunior di Mondadori. Altre invece, forti di una tradizione, continuano, anche grazie all’apporto di scrittori di genere affermati, come Massimo Carlotto. E’ il caso di “Frontiere” delle edizioni EL, dedicata, come dichiara l’editore, a “libri e vicende in bilico tra il mondo giovanile e l’età adulta; libri per spingersi con coraggio, al momento giusto, verso il mondo dei grandi”. O quello della collana storica delle edizioni EL, “Exlibris”, dedicata invece a “storie di angosce e di disagi, ma anche di riscatto e di successo, di sogni e di fatti, di illusioni e disillusioni; storie in cui pulsa la vita come la vive chi sta crescendo”. Del resto uno degli ultimi titoli pubblicati, Storia di Iqbal di Francesco D’Adamo, che racconta la vera storia del ragazzo pakistano di 12 anni divenuto in tutto il mondo il simbolo della lotta contro lo sfruttamento del lavoro minorile”, è tra i cinque più venduti della casa editrice, come da classifica pubblicata sul sito. 3 E.Elle ha varato poi una nuova collana per le ragazze, “Sirene”, storie di donne per ripercorrere vite eccezionali attraverso il filtro della narrazione, dalle donne della Bibbia a Virginia Woolf, dalla pittrice Artemisia a Peggy Guggenheim, da Rosa Luxemburg a Margaret Mead. Altre case editrici, come Fabbri, hanno cambiato la veste editoriale di una collana fortunata come “Contrasti”, da tascabile a rilegato. Salani invece pubblica numerosi titoli destinati al mondo giovanile, ma preferisce non legare i testi ad una collana specifica. Si è formato così, in questi ultimi cinque anni, un gruppo di autori, italiani e stranieri, già conosciuti per libri di narrativa per adulti, di riferimento per quanto riguarda le tematiche legate al mondo giovanile. Ricordiamo il già citato Francesco D’Adamo, Beatrice Masini, Loredana Frescura, Andrea Cotti, Barbara Garlaschelli, Angela Nanetti, Sabina Colloredo, Antonio Ferrara e, tra gli stranieri, il francese Aidan Chambers e Ann Brashares. Una nuova generazione di scrittori “under 25” C’è però una novità da segnalare: si sta affacciando sulla scena letteraria una nuova generazione di scrittori “under 25” che propone libri interessanti, ognuno indicativo di un modo d’essere della nuova gioventù. Da vent’anni si parla di “giovani scrittori”: un’etichetta che sembra non aggiornarsi mai. Se si nasce giovani scrittori, lo si rimane a vita. E’ più corretto parlare invece di “nuove generazioni” di scrittori. Parlare oggi di “giovani scrittori” vuol dire indagare su un universo totalmente nuovo, con diverse prospettive culturali e interazioni multimediali, cui fanno riferimento gli scrittori “realmente nuovi”, con una precisa connotazione anagrafica: sono nati dopo il 1975 e rappresentano, dopo la “prima” generazione (anni Ottanta) di Tondelli, De Carlo, Piersanti, Doninelli e la “seconda generazione” (anni Novanta) di Culicchia, Brizzi, Ammaniti, Nove, quella che si potrebbe definire come una “terza generazione” di nuovi scrittori che ha già i suoi nomi di riferimento, ragazzi che gravitano intorno alle officine di certe riviste letterarie (“Nuovi Argomenti”) o di piccole case editrici (Marcos y Marcos, Minimum Fax, Pequod). I 4 nomi di questa pattuglia di esordienti da tener d’occhio si possono già fare: Valeria Parrella, Mario Desiati, Mattia Signorini, Davide Longo, Marco Mancassola, Martino Gozzi. Quindi non è solo lo scandalo della giovanissima Melissa P, la ragazza siciliana che ha conquistato la vetta delle classifiche dei libri più venduti, con le sue scabrosissime rivelazioni, a rappresentare la realtà dei giovani di oggi. Anzi, il suo sembra un caso isolato, visti i risultati dei ventenni di oggi che si accostano alla letteratura, ben consapevoli del rischio che la scrittura comporta, assai aperti al dialogo sulle ragioni del loro scrivere, attenti al background delle proprie letture, mai ovvie, ma all’insegna di una ricerca assai raffinata e consapevole. Sono ragazzi che non amano la trasgressione, anche se vogliono fare una “letteratura nuova” che rappresenti il proprio modo di vedere il mondo, senza troppi piagnistei e senza cedere all’autobiografismo di maniera, all’estetismo di un forte autocompiacimento verso le proprie deboli fatiche esistenziali che ha caratterizzato la generazione dei trentenni, ancora in cerca di una propria strada. Gli “under 25” del nuovo millennio, come li avrebbe definiti Pier Vittorio Tondelli, sono ragazzi timidi e un po’ introversi, ricchi di una profondità interiore, che hanno il desiderio di essere ascoltati per quel che hanno da dire sulla propria realtà e sul loro modo di approcciare il disorientamento di questo mondo. Sono molto aperti al dialogo, cui partecipano con contributi di indubbio valore. Non cercano il successo facile e sanno che la scrittura è un duro esercizio, da confrontare tra di loro o anche con gli adulti, coi quali riescono a stabilire sodalizi e amicizie, privi di interessi particolari. Vogliono imparare, sanno che per crescere è necessario il confronto. Ed è una generazione solidale tra di loro, almeno così è l’impressione dopo averli conosciuti e osservati da lontano. Anche l’editoria si sta accorgendo della novità delle loro pagine ed è proprio il caso di dire che sono proprio loro la vera novità di questa annata letteraria, anche se non hanno scalato le vette delle classifiche di vendita. Nel loro piccolo però hanno già avuto qualche soddisfazione: le presentazioni dei loro libri, in piccoli centri di provincia, sono affollate di molti giovani; alcuni critici letterari sono pronti a 5 scommettere sulla novità delle loro storie; le riviste (“Nuovi Argomenti” e “Palazzo Sanvitale” ad esempio) danno spazio ai loro racconti. Qualcuno è già stato segnalato nei premi letterari. E’ il caso di Errico Buonanno, nato a Roma nel 1979, autore di testi teatrali e di sceneggiature per il cinema, che con il romanzo Piccola Serenata Notturna, pubblicato da Marsilio, ha vinto nel 2001 il Premio Calvino, per la migliore opera inedita. Il suo romanzo è ricco di grandi riferimenti storici e culturali e ricostruisce, in modo divertito, l’Europa delle avanguardie degli anni Venti. E’ anche il caso di Mattia Signorini, nato a Rovigo, nel 1980 che ha vinto insieme a Paolo Papotti, il Premio Tondelli 2001. I loro testi sono pubblicati in Dove comincia la strada, edito da Fernandel. Signorini racconta le fughe e i lenti ritorni a casa di una generazione inquieta, che guarda dentro di sé, per capire la verità dei rapporti, costruendo un “on the road” che riesce a mettere a nudo l’antiidentità della provincia che si stende in prossimità del Delta del Po. Ha appena pubblicato un romanzo, Severo America Bar, edito da Pequod, accolto con favore dalla critica e soprattutto dai più giovani che si sono riconosciuti nelle sue storie discrete che parlano di solitudine e di amicizia, di serate trascorse a guardare il fiume e di viaggi a Londra e in Irlanda, per soddisfare quel bisogno di lasciarsi alle spalle la pianura piatta e senza risorse di quel suo Polesine un po’ fuori dal mondo. Non è errato definire Severo American Bar un “romanzo di formazione”, inteso come una ricapitolazione del tempo della propria crescita all’interno del gruppo di amici, sullo sfondo di una provincia un po’ asfittica e un po’ stretta, con i consueti riti piccoli borghesi, che non val nemmeno la pena di contestare. E’ necessario solo trovare una propria alternativa interiore. Mattia Signorini opera su una dimensione nuova affrontando la tematica generazionale e lo fa, non cercando linguaggi convenzionali e ormai abusati e storie di trasgressione a tutti i costi, ma mettendo a nudo tracce di un quotidiano che ritroviamo anche nelle canzoni dei “nuovi” cantautori, nelle loro ballate tra introspezione e identità negate. Signorini racconta un mondo 6 giovanile diverso, quello che cerca un riconoscimento attraverso il rapporto stretto con gli amici che distolga da un mondo circostante in cui è difficile essere compresi fino in fondo. Lo dimostra anche nel secondo romanzo, Lontano da ogni cosa (Salani), in cui costruisce, attraverso la storia di due ragazzi e di una ragazza una difficile ricerca di sé e un inconsueto “alfabeto sentimentale”. Fuori dagli stereotipi del giovanilismo di maniera si muove anche Giorgio Fontana con Buoni propositi per l’anno nuovo, (Mondadori, 2007) che ha una scrittura densa e precisa, una voce già pienamente matura nel delinearci i suoi personaggi, dispersi in un viaggio che forse non avrà mai fine, vagabondi dell’anima e interpreti di un proprio mondo assai vitale. Uno è Andrea, studente al Dams di Bologna, timido, che sta un po’ sulle sue e condivide un appartamento con altri ragazzi, senza però riuscire a far parte del gruppo, preferendo lenire la propria solitudine, davanti allo schermo del computer, collegato ad una chat di Internet. Jules invece è un ragazzo italo-francese, che vive a Montpellier, con una storia familiare non semplicissima alle spalle e una passione, quella di viaggiare sui treni, meglio se riesce a non pagare il biglietto. Sono due storie che non hanno relazione una con l’altra, fino alla sera di Capodanno in cui si incontrano casualmente in una Bologna che Fontana descrive magistralmente. Mettono così insieme le loro diversità, il fatto di non essere omologati, di stare fuori dal coro. Il loro incontro diventa una sorta di risarcimento alle solitudini di entrambi, brevissimo e sfuocato nel giro di una fredda notte di festa. Con un rammarico, come dice Andrea, quello di aver trovato in una notte “e forse perso l’unico amico che avrebbe mai potuto avere”. Finalmente uno scrittore giovane che riesce a parlare di giovani, senza usare né i linguaggi convenzionali che si attribuiscono al giovanilismo, né le immagini stereotipate di chi vuole raccontarci la finzione di una gioventù di “belli, famosi e telegenici”. Un romanzo che si legge tutto d’un fiato e dal quale non ci si vuol staccare, perché la normalità che ci presenta Giorgio Fontana è autenticità di vita e di scrittura. Attraverso una lingua propria, modulata sul dialetto napoletano, assai originale, Valeria Parrella, con i sei racconti di Mosca più 7 balena (Minimum Fax) ci presenta storie che nascono da un profondo bisogno di connaturarsi alla realtà fisica delle sue storie, che esprimono la voglia di vivere dei giovani senza lavoro, le insoddisfazioni delle casalinghe borghesi, l’orrore della politica, l’ansia di trovare un posto nella società. Marco Mancassola invece con Qualcuno ha mentito (Mondadori) accompagna in una Londra acida, marginale, descrivendo la “crisi antropologica dei corpi” attraverso il mistero di due giovani, che si ritrovano “senza sangue”, costretti a reggere la loro vita in un involucro “duro e nervoso come un fascio di cavi elettrici”. C’è poi la realtà agra e paradossale, piena di incognite e di contraddizioni, ben raccontata da Christian Raimo in Latte per Minimum Fax o l’arte di arrangiarsi, che caratterizza, Marco, il protagonista di una storia stravagante come Vent’anni che non dormo di Marco Archetti, appena pubblicata da Feltrinelli. Intorno a lui ruotano una madre dolente, un nonno epico, una ragazza, pochi sogni e molta svagata fatica di vivere. E’ stato un “caso” anche il romanzo del romagnolo Cristiano Cavina, che con Alla grande, pubblicato da Marcos y Marcos, ci ha raccontato una inconsueta storia di ragazzi e grandi utopie tra il paesaggio inedito, in letteratura, delle grandi case popolari di oggi. Si conferma come uno dei migliori narratori giovani di oggi, Marco Missiroli, riminese, che vive a Milano, Premio opera prima al Campiello 2006 con Senza coda (Fanucci), storia tenera, intensa e drammatica di un ragazzino salvato dalle lucertole, autore di un secondo romanzo Il buio addosso (Guanda) che è una potente metafora sul senso della misericordia, sulla necessità dell’accoglienza, retto da due personaggi che restano nella memoria, Poline, la zoppa e il matto, la cui vita è stata risparmiata in un paese in cui chi ha un difetto viene addormentato per sempre, in nome di una presunta perfezione. Il loro destino sarà il buio, al quale non si arrendono, nel segno della speranza. Di grande qualità è anche l’esordio del fiorentino Pietro Grossi con Pugni (Sellerio, 2006), racconti che riguardano la giovinezza, il bisogno di confrontarsi con gli altri, la necessità di crescere anche grazie a dure prove. Il primo racconto, Boxe, è una storia carica di 8 sudore e di pietà, di grande rispetto umano, di figure che non si dimenticano: quelle dei due ragazzi che si affronteranno, ma il match non avrà vincitori. Un ragazzo ha una straordinaria mobilità nelle gambe e viene soprannominato il Ballerino. Deve sfidare la madre che vorrebbe per lui un futuro da pianista e gli impedisce di gareggiare. L’altro è piccoletto e viene detto La Capra. Ha un talento nello sferrare pugni, ma evita gli altri. Si scoprirà che è sordomuto e per lui salire sul ring è già una vittoria. Grossi ci racconta questo mondo inedito delle palestre, le sfumature di rapporti così complessi, seguendo i suoi boxeur quasi stesse con loro sul ring e ne seguisse passo passo gli eroici movimenti, facendoli diventare forza per la sua scrittura, “non di quella forza patinata e surreale del mito, ma di quella puzzolente e sudata dell’uomo”, come scrive Grossi. Da un piccolo editore, PeQuod di Ancona, che sta puntando proprio sui ventenni è uscita anche l’opera prima di Mario Desiati, classe 1977, pugliese, che però vive a Roma. Con Neppure quando è notte ha firmato un libro coraggioso che è una metafora dell’Italia di oggi, un’invettiva contro il conformismo e l’indifferenza di questa nostra società, attraverso lo sguardo di un uomo che ha scelto di vivere ai margini, come barbone, tra i rifiuti. La luce notturna, gli ambienti degradati della Stazione Tiburtina, la ricerca di una nuova verità fanno di questo libro un’opera matura e coraggiosa che fa ricordare, per invenzione di linguaggio, il primo Tondelli e In exitu di Testori. Martino Gozzi con Una volta mia (sempre da Pequod) ci racconta una scorribanda tutta impregnata di musica e nella storia, tutta americana, di una ragazza, appunto Mia che viene travolta dal desiderio di incontrare la voce leggendaria di Le Roy Williams, reinventa uno dei grandi classi della letteratura fantastica, Il mago di Oz. Altri scrittori si stanno preparando all’esordio e una prima prova convincente l’hanno data in un’antologia: una vera e propria compilation, di racconti per l’estate, con venti pezzi, tutti firmati da nuovi autori, alcuni già conosciuti come Gianluca Morozzi, Francesca Mazzuccato, Marco Basonetto, Michele Monina, Nicola 9 Lagioia, altri più della metà firmati da autori “under 25”, tant’è che anche il curatore, Marco Nardini, conduttore di una trasmissione “musical-letteraria” per un’emittente radiofonica bolognese, ha solo ventiquattro anni. Il bello di Semi di fico d’India, pubblicato da Ediciclo è che si differenzia dalle antologie di nuovi autori del passato: non c’è un curatore che si fa garante della proposta di nuovi autori, ma gli stessi giovani scrittori si sono “autogestiti” la cura del volume. Qui troviamo i racconti di altri giovani scrittori da cui si aspettano altre prove: Marco Motta, Gabriele Desiati, Gian Michele Lisai Senes. La terza generazione dimostra di aver già i suoi protagonisti, in attesa di essere scoperti da un numero sempre più ampio di lettori. Un segno di come la scrittura per i giovani possa essere gestita dai giovani stessi, attraverso il loro modo, anche piccolo, di vedere il quotidiano, le realtà intime, le contraddizioni del mondo. Settembre 2007 10