Gnammo: quando l`innovazione sta nel modello di business

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Gnammo: quando l`innovazione sta nel modello di business
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D I R E T T O R E
F I L I P P O
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A S T O N E
Gnammo: quando l’innovazione sta nel modello
di business
in Innovazione
pratica, uno chef (professionista o dilettante) si inventa una cena a casa sua e la propone sulla piattaforma di Gnammo. Una
volta raggiunto un certo numero di aderenti paganti (in pratica, perfetti sconosciuti che partecipano a cene in casa con
l’aspettativa di mangiar bene ma anche di fare nuove amicizie o nuovi amori) la cena viene confermata, organizzata e
cucinata. “A giugno 2012 – dice a Industria Italiana Cristiano Rigon – abbiamo fatto il primo evento a pagamento sulla
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Conquistare l’Italia dei social eaters e poi, nel 2017, replicare il modello in un altro Paese europeo. I progetti di Cristiano
Rigon e Gian Luca Ranno (nella foto in alto, i primi due da sinistra), fondatori di Gnammo, valicano i confini nazionali per
arrivare in Europa. Gnammo, che qualcuno definisce “l’Airbnb delle cene”, ha portato in Italia il concetto di social eating. In
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di FIlippo Astone e Laura Magna ♦ Gnammo, start-up specializzata nel social eating punta ai mercati esteri. E ha un
approccio strategico significante e innovativo.
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piattaforma: da allora e fino a oggi abbiamo messo a tavola circa 15mila aderenti, con una partecipazione di sette-otto
persone in media, con una media di prezzo di 22 euro nel 2015, per 300mila euro transati. Nel 2016 abbiamo introdotto
anche una nuova formula, le special dinner, per raccogliere il turismo incoming, che prevedono menu a richiesta in location
particolari per design, posizione, storia o panorama”. Un balcone sulla Costiera Amalfitana, la Torre Millina a Roma, una
casetta delle fiabe sul Lago di Como, una casa caratteristica a Venezia, location per cui gli utenti di Gnammo sono disposti a
pagare dai 40 euro in su. Insomma, un modello di business originale, che merita di essere segnalato su Industria Italiana,
che si propone di raccontare l’economia reale ma anche l’innovazione. Non è un caso, peraltro, che Gnammo sia stata
scelta come uno dei testimonial della Biennale dell’Innovazione, la grande manifestazione sul tema, organizzata
dall’Università di Ca’ Foscari e da Banca Intesa, che si terrà a Venezia il 15 e il 16 luglio. Coordinatore e ideatore dell’evento
è Carlo Bagnoli, docente di Innovazione nello stesso ateneo e costruttore di una rete di aziende che potrebbero condividere
le loro esperienze di innovazione.
SOCIAL RESTAURANT MAGORABIN, A TORINO
Piattaforma per chef
Ma torniamo a Gnammo. “La logica è semplice – spiega Rigon – è l’Internet 3.0, che torna a essere uno strumento per
fare stare insieme le persone. Gnammo è una piattaforma dove uno chef dilettante propone un menu, un prezzo e una data,
l’imbarazzo di dover raccogliere materialmente i contanti, e i relativi rischi. Già il fatto di ospitare sconosciuti a casa
rappresenta, in qualche modo, un piccolo rischio. Se a ciò si dovesse aggiungere anche l’incomodo di dover raccogliere i
contanti (col rischio di contestazioni, magari pretestuose), il gioco potrebbe non valere la candela. Col pre-pagamento
attraverso il sito di Gnammo, le potenziali incognite si abbattono drasticamente.
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del 20% per gli Special Dinner. Queste fee rappresentano il guadagno della start up, attraverso la quale passa materialmente
il pagamento della cena. E’ Gnammo infatti che incassa il prezzo della cena casalinga, che viene pre-pagata attraverso il
suo sito. In questo modo, si fa anche garante del buon esito del pagamento stesso, evitando anche agli chef casalinghi
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apre le porte di casa sua e gli altri utenti possono prenotare e pagare online, attendere la conferma del cuoco, perché si
tratta di eventi sempre privati, e fare questa esperienza, più o meno di lusso, a secondo delle scelte”. Anche il modello di
business è estremamente semplice: sul pagamento lo chef paga a Gnammo una commissione del 12% per le cene normali e
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CENA ORGANIZZATA DA GNAMMO
Social tavola
Il mercato del social eating, nascente, è potenzialmente enorme. Secondo le stime più accreditate il fatturato della
ristorazione italiana nel 2012 è stato di 73 miliardi di euro, mentre gli italiani che usano la sharing economy sono circa 7,7
milioni, il 13% del totale. Sulla base di questi numeri, stime ottimistiche calcolano che il fatturato potenziale potrebbe
attestarsi attorno ai 9,5 miliardi di euro. Un mercato con potenzialità di crescita teoricamente a doppia cifra, se
consideriamo che la sharing economy nel 2015 ha avuto un incremento del 21,6% rispetto a un anno prima. “Abbiamo
14mila menu tra cui scegliere, 44mila posti a tavola disponibili poggi giorno – dice Rigon – una potenza di fuoco se si
considera che la più grossa catena di ristorazione italiana in assoluto conta 12mila posti ogni giorno. Siamo il più grande
ristorante d’Italia”.
Un progetto a cui Rigon e il suo socio credono molto e che ha avuto un grosso impulso da diversi round di investimenti. “Il
primo seed è arrivato da Club Italia Investimenti 2 di Cristiano Esclapon, grazie anche al supporto di I3P, l’incubatore del
Politecnico di Torino, che ci ha consentito di partire con 50mila euro – racconta Rigon – Poi a luglio 2014 abbiamo ricevuto
un investimento importante da parte dalla Ebano di Carlo Robiglio che ha investito 150mila euro in tre tranche. Questo ci
ha consentito di fare buoni numeri e di far montare l’interesse e la qualità del servizio offerto, di iniziare a darci un minimo
di struttura aziendale e arrivare a maggio 2015 a ricevere ancora 400mila euro ad una valutazione di 2 milioni di Euro, dal
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fondo Club Digitale, che fa capo sempre a Esclapon”.
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CARLO ROBIGLIO
Campagna di crowfunding
Particolarmente significativa la motivazione della Ebano, che ha investito nella campagna di crowfunding lanciata da
Gnammo sulla piattaforma SiamoSoci. “Ho la maggioranza di Cef, la scuola online per la formazione professionale che ho
acquisito a fine 2013 da De Agostini – racconta Robiglio – e quando abbiamo pensato di lanciare CHEFuoriclasse, il corso
professionale di cucina italiana sponsorizzato da Antonino Cannavacciulo, ho subito immaginato che una start up come
Gnammo avrebbe potuto avere una significativa sinergia con questa start-up. Per esempio, un ragazzo formato con
CHEFuoriclasse potrebbe diventare uno chef Gnammo dopo il corso. E molte altre possibilità ancora”. Robiglio è un
imprenditore appassionato di editoria digitale e diffusione della conoscenza. In passato è stato stampatore ed editore di
giornali locali nella provincia di Novara. E’ anche socio di maggioranza di Socializers (www.socializers.it) start-up
specializzata nella consulenza alle imprese su temi di comunicazione attraverso i new media in generale e i social media in
particolare. L’innovazione è il suo chiodo fisso. E non è un caso che Robiglio sia anche presidente della Piccola Impresa di
Confindustria Piemonte e uno degli animatori del nuovo corso della Piccola Impresa di Confindustria guidata da Alberto
Baban, un nuovo corso basato sull’Innovazione. Per non farsi mancare nulla, Robiglio è anche direttore
dell’Imprenditore (il giornale della Piccola Impresa di Confindustria) e fresco consigliere di amministrazione del Sole 24 Ore.
Le scelte di investimento di Robiglio non sono certo quelle di chi guarda alla speculazione nell’immediato, ma sono
orientate al lungo periodo. Come dimostra il fatto che, nella valutazione del business, l’aspetto delle risorse umane abbia, a
suo dire, un ruolo di primo piano, perché “nelle persone risiede il vero valore delle imprese – continua Robiglio – In
Gnammo abbiamo una partecipazione del 16% dopo essere entrati a più del 20%, ora scendiamo in base ai round di raccolta
che consentano al gruppo lo sviluppo. Ovviamente riteniamo che la sharing economy e il social eating in particolare offrano
grandi potenzialità”.
Gnammo è leader in Italia e se la gioca ad armi pari in termini di numeri con i maggiori competitor in giro per il mondo:
come Vizeat, società britannica di origine francese che, però, è partita con investimento di 3,5 milioni, oltre il triplo rispetto
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a Gnammo. Così Eatwith, società nata in Israele con operazioni sul mercato spagnolo e americano. Bonnappetour, startup
fondata a Milano da sviluppatori italo asiatici che appunto servono il mercato asiatico e Withlocals, anche questa di matrice
Far East che sta aggredendo l’Europa – e che offre esperienze con i locali, dalla passeggiata alla cucina, alla visita al museo,
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I competitor
non social eating puro.
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Su Gnammo oggi ci sono 200mila utenti registrati, il 3% sono chef. Ma non è solo una piattaforma per chi cerca un posto
diverso dove mangiare e incontrare nuovi amici, anche uno strumento potente e innovativo di marketing per le aziende.
“Le aziende possono partecipare – spiega Rigon – costruendo un nuovo concetto di comunicazione che parte dal basso.
Allora organizziamo eventi aziendali in cui portiamo il prodotto in tavola e generiamo un contenuto ad alto valore
aggiunto, che sia credibile e che consenta di vivere un’esperienza molto esclusiva. E si badi bene: sono eventi adatti ad
aziende food come di altri settori, lo abbiamo fatto con Hotelplan, una catena di alberghi che ha usato Gnammo per
divulgazione ai venditori; lo abbiamo fatto con Venpa 3, che opera nei movimenti terra e aveva pubblicato un libro con le
ricette dei clienti e ha portato clienti e commerciali a fare una cena; abbiamo fatto una cena di fund raising per
Emergency”. Significativo anche l’accordo con Meetic, la principale piattaforma di dating online in Italia (dove ci sono ben
7 milioni di iscritti) e nel mondo. Periodicamente, vengono lanciate iniziative congiunte e proposte cene finalizzate alla
conoscenza di persone nuove, che magari potrebbero diventare nuovi amori.
Anche per parare i colpi di possibili rimostranze dei ristoratori in stile Uber – comunque pretestuose visto che il 90% degli
chef di Gnammo sono dilettanti e fatturano una media di 180-200 euro per cena – Rigon e il suo socio hanno inventato
anche un’altra linea di business che i ristoranti li coinvolge, offrendo loro un nuovo prodotto da vendere: il Social
Restaurant.
SPECIAL DINNER A CANNAREGIO, VENEZIA
Social, ma al ristorante
“Abbiamo sviluppato il concetto del mangiare social al ristorante – spiega Rigon – perché il social eating ha due barriere:
che si cena con sconosciuti e in un ambiente di cui non sai nulla. Le prime volte magari qualcuno vorrebbe farlo ma è
bloccato e stare in un luogo protetto come il ristorante potrebbe incentivarlo. Al ristorante offriamo una pagina di
pubblicità sul sito, un feedback certificato che può lasciare solo chi ha mangiato e la possibilità di vendere posti attraverso
Gnammo. Anche per il ristoratore la fee è del 12% come per il social eating tradizionale”.
l’organizzazione di merende social. E un’alleanza nuova di zecca con Meetic, per dare vita a cene galanti per i 7 milioni di
utenti italiani del sito degli incontri. “Meetic è molto interessata alla nostra piattaforma – continua Rigon – ed è una joint
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venture veramente baciata: Meetic è alla ricerca di nuove modalità d’incontro per i prori utenti, e quale occasione migliore
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E i progetti sono ancora molti: una partnership con Twenty Century Fox che, per lanciare il cartoon Home, prevedeva
che a tavola per avere il primo appuntamento, a cena è tutto più facile”.