selezione e longevità nel bovaro del bernese: aspetti e

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selezione e longevità nel bovaro del bernese: aspetti e
SELEZIONE E LONGEVITÀ NEL BOVARO DEL BERNESE:
ASPETTI E PROBLEMI
Dr. Luigi Gallo
Luigi Gallo, Paolo Carnier
Dipartimento di Scienze Animali, Università di Padova
Nel corso dei secoli si sono evolute centinaia di razze canine caratterizzate da straordinarie
differenze in termini di taglia, conformazione, pelo, mantello, attitudini. Questa grande variabilità
deriva da un paziente e continuo lavoro di selezione artificiale, che ha permesso di stabilizzare molti
caratteri morfologici e attitudinali, ma ha contemporaneamente modificato la fitness degli individui
nelle varie razze, che oggi evidenziano grande variabilità nella longevità. Se infatti la selezione
naturale opera aumentando la fitness (“survival of the fittest”) di popolazioni geneticamente
eterogenee in competizione per risorse limitate, con la selezione artificiale la pressione selettiva è
stata spostata verso altri caratteri “antropicamente utili” (morfologici e/o attitudinali) ma
potenzialmente subottimali per la fitness. Di conseguenza, la selezione artificiale dovrebbe portare
in senso generale ad una riduzione di fitness/longevità, a meno che questo criterio non sia
considerato in modo sufficiente nel processo di selezione.
Fare selezione significa operare una riproduzione differenziata dei soggetti geneticamente migliori
per l’aspetto considerato nell’ambito del gruppo interessato (allevamento, insieme di allevamenti,
popolazione). Quando un allevatore decide di tenere certi soggetti per la riproduzione e di scartarne
altri, implicitamente divide la sua popolazione disponibile in due gruppi ritenuti geneticamente
differenti per i caratteri di interesse. Se le procedure utilizzate sono efficaci, il valore genetico
medio della progenie ottenuta dai riproduttori selezionati sarà superiore al valore genetico medio
della generazione precedente. Questo ‘salto’ del valore genetico medio (che esprime appunto il
progresso genetico della popolazione) dipende quindi dalla effettiva superiorità genetica del gruppo
di riproduttori selezionati rispetto al valore genetico medio della popolazione. In altre parole,
l’efficacia del lavoro di selezione dipende in buona misura dalla capacità e dalla possibilità
dell’allevatore di valutare correttamente il merito genetico dei riproduttori a sua disposizione.
Quali sono gli elementi necessari per attuare in modo efficace un programma di selezione?
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accurate informazioni fenotipiche, il che significa un programma di controllo per il carattere
o i caratteri di interesse esteso al maggior numero di soggetti di una popolazione canina
effettuato sulla base di protocolli e procedure standardizzati e senza preselezione dei record;
accurate informazioni genealogiche, il che significa la registrazione accurata dei rapporti di
parentela esistenti tra i soggetti appartenenti alla popolazione;
un opportuno trattamento statistico dei dati per la stima dei parametri genetici (ereditabilità,
correlazioni genetiche con altri caratteri di interesse) ed il calcolo periodico dei breeding
values (EBV);
un sistema di comunicazione trasparente e rapido degli EBV agli allevatori
un set di informazioni sulle “istruzioni per l’uso” (cosa sono, cosa esprimono e come si
usano gli EBV).
Se si fa riferimento alla longevità, essa esprime in senso stretto la durata di vita dalla nascita alla
morte. Dal punto di vista genetico la longevità è stata studiata principalmente in specie animali da
reddito, in primo luogo bovine da latte, per ovvi motivi economici. Tuttavia, nel caso degli animali
da reddito non si fa riferimento alla longevità in senso stretto, quanto piuttosto alla durata della
carriera produttiva (o capacità degli animali di evitare o posticipare l’eliminazione dall’allevamento
per diverse cause). Questo concetto di “productive life” non è chiaramente estendibile in senso
generale alla specie canina, nella quale l’interesse di allevatori, proprietari e opinione pubblica è
principalmente incentrata sulla longevità in senso stretto sia per motivi di affezione che per motivi
etici.
Proprietari, allevatori e veterinari hanno spesso opinioni ben definite circa la durata di vita delle
varie razze, ma queste sono spesso basate su esperienze personali, ovviamente limitate e raramente
rappresentative della razza, e informazioni anedottiche. Nonostante l’indubbio interesse, gli studi su
longevità e mortalità basati su popolazioni sono tuttora estremamente carenti, sparsi e non sempre
rappresentativi della realtà delle popolazioni (Cassidy, 2007).
Facendo riferimento al Bovaro del Bernese, indagini condotte sulle popolazioni inglese, danese e
nordamericana utilizzando il metodo dei questionari hanno evidenziato una durata media di vita
compresa tra i 7 e gli 8 anni (Cassidy, 2007). Da studi condotti sulla popolazione canina svedese
iscritta a programmi di assicurazione sulla vita nei primi 10 anni di vita (Bonnett et al., 2005;
Egenvall et al., 2005), il bovaro del bernese ha presentato un rischio di mortalità a 5 anni del 17%, a
8 anni del 45% e a 10 anni del 72%, risultando tra le razze con un maggiore rischio di mortalità sia
a 5 che a 10 anni in un gruppo selezionato di 20 razze che comprendeva da un lato quelle più
popolari (pastore tedesco, golden retriever, bassotti, ecc.), dall’altro quelle reputate a minor
longevità (irish wolfhound, san bernardo, alano, ecc.). La causa di mortalità è stata registrata in
quasi il 90% dei decessi registrati per il bovaro del bernese nei succitati studi, e le principali cause
di mortalità hanno riguardato tumori (40%) e patologie dell’apparato locomotore (displasia di anca
e gomito, problemi lombosacrali, artrosi; 20%). In particolare, il rischio di mortalità per tumore e
per patologie del locomotore è risultato nel bovaro del bernese 17 e 7 volte più alto, rispettivamente,
rispetto alla media delle razze considerate.
Data questa situazione e considerando che in altre razze è emersa una significativa riduzione della
durata di vita negli ultimi decenni (Urfer, 2007), appare quanto mai giustificato l’interesse al
proposito dei club di razza del bernese, che dovrebbe in primo luogo concretizzarsi con l’avvio di
un programma di controllo in popolazione del carattere in esame e relative cause, condizione
necessaria per verificare la fattibilità di un programma selettivo. Punti focali a questo proposito
sono la dimensione del campione sotto controllo, che dovrebbe essere la più ampia possibile e la
rappresentatività del campione, che dovrebbe rispecchiare l’effettiva situazione della razza. Una
volta disponibili le informazioni fenotipiche e ritenendo facilmente acquisibili dai libri genealogici
le relazioni di parentela, il passo successivo richiede la stima dei parametri genetici per la longevità.
Negli animali da reddito la productive life appare un carattere tipicamente a bassa ereditabilità, nel
quale la variabilità genetica incide per meno del 10% della variabilità fenotipica. Cole (2003) ha
riscontrato un’ereditabilità della durata della vita produttiva in colonie di cani da guida per ciechi
dell’ordine del 2% nel pastore tedesco e del 4.5% nel labrador retriever, valori che lasciano
intravvedere un percorso selettivo difficile e lento nel caso di selezione diretta per la longevità. E’
possibile che l’attività di miglioramento possa essere rafforzata tramite selezione contemporanea
per altri caratteri geneticamente correlati con la longevità ma a maggiore ereditabilità ed acquisibili
in tempi più rapidi (vedi per esempio diplasia di anca e gomito), ma manca attualmente qualsiasi
informazione sulle correlazioni genetiche tra longevità e altri caratteri sanitari.
In definitiva, se l’obiettivo ricercato dell’aumento della longevità nel Bovaro del bernese appare
ampiamente giustificato, la prima esigenza è quella del controllo della popolazione (ad esempio
scheda segnaletica con LOI e data nascita, data e causa di morte), combinato con un utilizzo
pianificato, efficiente e scientificamente valido delle informazioni raccolte. Questo richiede
organizzazione, coordinamento a livello nazionale e internazionale e capacità di condivisione delle
informazioni raccolte, come giustamente sottolineato da Urfer (2007) nel suo lavoro sull’Irish
wolfhound, le cui conclusioni, integralmente sposate dagli autori, sono le seguenti: “Establishing an
international open pedigree-linked health database would be an invaluable means of selection to
improve health and longevity in the breed, but would need coordinated international cooperation as
well as openness from the breeders' part concerning health problems in their dogs. Ultimately,
coordinated breeding efforts imply a decrease of personal autonomy in selection, which, given its
contradiction to some breeders' interests, will likely result in practical problems in establishing such
efforts. Nevertheless, it currently seems to be the only way through which health and lifespan could
be potentially improved within the breed and thus warrants further efforts to be undertaken in this
direction”.
Prof. Dr. Luigi Gallo
Agripolis, Legnaro 35020 (Padova) Italia
e-mail: [email protected]
Formazione, posizione accademica e attività didattica:
- è nato a Padova il 6/7/1961;
- è laureato in scienze agrarie;
- è professore ordinario di zootecnica speciale (AGR/19) presso la Facoltà di Agraria
dell’Università di Padova dall’AA 2000/2001;
- e’ titolare del corso di Allevamenti Zootecnici nel corso di laurea di Scienze e Tecnologie
Agrarie dell’Università di Padova;
- tiene per affidamento i seguenti corsi di insegnamento: Suinicoltura; Alimenti di origine
animale; Allevamento degli animali da affezione; in corsi di laurea della Facoltà di Agraria
dell’Università di Padova;
- è direttore della Scuola di Dottorato in Scienze Animali dell’Università di Padova dal 2004;
- è vicedirettore del Dipartimento di Scienze Animali dell’Università di Padova;
- è accademico aggregato della sezione nord est dell’Accademia dei Georgofili dal 2005;
- è membro di nomina ministeriale della CTC del libro genealogico del cane di razza (ENCI);
- è autore di oltre 140 contributi tra lavori a stampa e comunicazioni a congressi scientifici
internazionali e nazionali su animali da reddito (bovini da latte e da carne e suini) e da
affezione (cani).
Bibliografia
Cassidy K.M. (2007) Dog longevity, http://users.pullman.com/lostriver/longhome.htm
Bonnett B.N., Egenvall A., Hedhammar A., Olson P. (2005) Mortality in over 350,000 insured
swedish dogs from 1995-200: I. Breed-, gender-, age- and cause-specific rates. Acta vet. scand., 46,
105-120.
Cole J.B. (2003) Population structure and genetics of longevity in a colony of dog guides. A
dissertation.
http://etd.lsu.edu/docs/available/etd-0323103-094340/unrestricted/Cole_dis.pdf
Egenvall A., Bonnett B.N., Hedhammar A., Olson P. (2005) Mortality in over 350,000 insured
swedish dogs from 1995-200: I. Breed-specifi age and survival patterns and relative risk for causes
of death. Acta vet. scand., 46, 121-136.
Urfer S. R. (2007) Lifespan and causes of death in the irish wolfhound: medical, genetical and
ethical aspects. A dissertation.
http://www.ths.vetsuisse.unibe.ch/lenya/housing/live/publications/Diss_Urfer_2007.pdf