Il cottage di Lawrence d`Arabia

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Il cottage di Lawrence d`Arabia
Il cottage di Lawrence d’Arabia
Chiassoletteraria Benedicta Froelich, autrice di Nella sua quiete, ci racconta un normale eroe
Simona Sala
Come sono stati recuperati questi
due personaggi?
Mancano pochi giorni all’avvio della nona edizione del Festival più a sud
della Svizzera, Chiassoletteraria. Dopo
mare, amore e destino, quest’anno tocca all’elemento fondamentale di ogni
vita e ogni libro che si rispetti: la storia
o le storie. In altre parole, le molte storie
che compongono la storia. Fra i numerosi ospiti che animeranno la cittadina
di confine dal 1. al 4 maggio, vi sarà anche la scrittrice (nonché collaboratrice
di «Azione») Benedicta Froelich, che
nel 2013, grazie alla particolare storia
degli ultimi mesi di vita di Lawrence
d’Arabia, raccontati nel romanzo Nella
sua quiete (Nuova Editrice Magenta) ha
vinto il prestigioso premio Morselli.
Li ho riportati alla luce grazie a due
libri usciti negli anni ’90 e scritti dallo
storico del Dorset Bob Hunt: egli aveva
raccolto le memorie di Pat e Joyce.
Dopo l’improvvisa morte di Lawrence
(ebbe un incidente in moto, da molti
considerato piuttosto sospetto, solo tre
mesi dopo essersi trasferito nel Dorset)
i due diventano i custodi di Clouds Hill
(che diventerà un museo), dedicando
la vita intera a Lawrence. Ai miei occhi
si tratta di un grande atto d’amore che
meritava di essere esplorato e raccontato; anche perché secondo me hanno
assistito alla guarigione dell’anima di
Lawrence.
Benedicta Froelich, lei ha scritto un
romanzo su Lawrence d’Arabia, un
personaggio che nell’immaginario
di tutti viene riconosciuto e ricordato soprattutto per l’appellativo
«d’Arabia». Nel suo romanzo si
china sull’ultima fase della sua vita,
perché?
La fama di Lawrence è dovuta soprattutto a quanto da lui compiuto durante
la Prima guerra mondiale nel teatro
di guerra mediorientale, quindi in
Arabia, da qui anche il suo appellativo.
Poi nel 1962 vi fu il grande film con
Peter O’Toole. A me interessava illustrare una parte meno conosciuta della
sua vita, vale a dire quella finale, che
egli trascorse nel suo piccolo cottage
nel Dorset. Ero attratta dall’aspetto
psicologico del personaggio e volevo
mostrare l’evoluzione della sua esperienza personale. Lawrence infatti esce
dall’avventura araba in profonda crisi:
pur avendo guidato gli arabi alla vittoria, le promesse imperialiste inglesi
non erano state mantenute. Il problema
era dunque il tradimento degli arabi
da parte dell’Occidente. Lawrence si è
sentito parte di questo tradimento, in
quanto costretto a servire due padroni
simultaneamente. Il suo alto profilo
etico aveva fatto sì che sviluppasse
un legame con gli arabi e intendesse
veramente offrire loro l’indipendenza.
Quando ciò non si rivelò possibile, per
ragioni che non dipendevano da lui,
egli provò un forte senso di colpa. Di
conseguenza dopo l’Arabia, egli decise
di distaccarsi completamente dalla sua
fama e dal suo personaggio, lanciandosi in una sorta di espiazione: per alcuni
anni fece il soldato semplice. Alla fine
riuscì a scendere a patti con sé stesso
riappropriandosi della propria vita. A
Clouds Hill nel Dorset ha luogo una
specie di guarigione dell’anima, anche
grazie ai vicini di casa – Pat e Joyce
Knowles – due personaggi quasi completamente ignorati dalla storiografia
che io ho voluto riportare in vita.
Lawrence proveniva da una famiglia già attiva nel mondo militare e
diplomatico, o vi si è trovato quasi
per caso?
Egli era un uomo molto particolare,
cresciuto in una famiglia anticonvenzionale. Lui e i suoi quattro fratelli
erano figli illegittimi dell’irlandese
Lord Chapman e della sua governante.
Per tutta l’infanzia vissero da nomadi, spostandosi da una città all’altra,
affinché non si capisse che i genitori
non erano sposati. La famiglia prese
dunque il nome fittizio di Lawrence.
La madre era una donna molto severa
e prepotente, nonché estremamente
religiosa. Questa educazione pare abbia contribuito a inculcargli una sorta
di attitudine eroica. Già da bambino
Lawrence nutriva una grande passione
per la cavalleria medievale e i romanzi
cavallereschi francesi e anglosassoni.
Proiettava su queste figure un ideale
personale di eroismo, con tutta probabilità volto a riscattare la sua nascita
illegittima. Diventò archeologo, e fu
mandato in Siria, a Carchemish dove
assorbì tutto quello che era il mondo
arabo, imparandone lingua e mentalità. Quando poi scoppiò la guerra
fu mandato al Cairo a fare l’ufficiale
d’Intelligence. Da lì lui stesso, senza
rendersene conto, cominciò a preparare il terreno per una grande impresa
cui ambiva, ossia donare la libertà a un
popolo.
Ha avuto modo di incontrarli?
Purtroppo sono deceduti entrambi,
seppur in tarda età. Li ho però sentiti
molto vicini tramite i due libri di Hunt,
che credo nessun appassionato di
Lawrence abbia letto. Si tratta di due
libri ai miei occhi fantastici poiché
offrono una finestra privilegiata sul
piccolo mondo che Lawrence si era
creato. Vedo la scelta di Lawrence come
un atto molto eroico che non ha nulla
da invidiare a quanto lui aveva fatto
durante la guerra.
Dei tre mesi che Lawrence trascorse
a Clouds Hill esistono testimonianze scritte o si è affidata soprattutto
a quanto riportato dagli altri?
Ci sono principalmente le lettere che
Lawrence scriveva da Clouds Hill. Sono
poi usciti due o tre libri riguardanti
proprio l’ultimo periodo di vita, di cui
ho fatto uso; sono poi stata a Clouds
Hill e a Wareham, dove c’è un museo
con una sezione a lui dedicata. Lawrence aveva ristrutturato Clouds Hill con
le proprie mani nel corso di parecchi
anni. Si trasferì definitivamente a
Clouds Hill appena ottenuto il congedo
militare, nel marzo del ’35, l’incidente
in moto avvenne nel maggio dello
stesso anno.
Dalle lettere cui fa riferimento, trapela il senso di ritrovata serenità e di
ritrovato equilibrio, o si tratta di una
cosa dedotta durante le ricerche?
Ci sono pareri abbastanza controversi
al riguardo, mi sono infatti dovuta confrontare con altri studiosi dell’epopea
di Lawrence. Alcuni non credono al ritrovato senso di sé che io gli attribuisco.
Leggendo tra le righe di queste lettere
infatti, nonostante l’altalenare degli
umori, si percepisce che lui cominciava
a ritagliarsi uno spazio suo, prendendosi
cura di sé, cosa che per molti anni non
si era mai permesso di fare. Il luogo
scelto, piccolo e spartano com’era, per
lui era ideale, poiché ricamato sulle sue
necessità. Ho avuto a più riprese la netta
sensazione che egli stesse finalmente
sospendendo il giudizio su di sé, e ne ho
Com’è il suo sentimento ora, a pochi
giorni dalla pubblicazione del libro?
L’autrice Benedicta Froelich.
avuto conferma leggendo le testimonianze di Pat e Joyce.
molto colto, e un genio militare, egli
non si percepiva come tale.
Torniamo al più volte citato senso di
espiazione: è un aspetto dichiarato
o è vi è giunta per deduzione?
Lawrence comunque, sia nei
momenti di massimo splendore,
sia in quelli – chiamiamoli così –
dell’espiazione, è sempre stato in
mezzo all’azione... come trascorse
gli ultimi tre mesi della sua vita una
volta trasferitosi al cottage?
È molto dichiarato, nel senso che è
Lawrence stesso a dirlo, quando scrive
alla sua più grande confidente epistolare, Charlotte Shaw – moglie di George
Bernard Shaw. Lawrence le dice «io
devo espiare... mi piacerebbe starmene
tranquillo, comodo nel mio cottage
però devo espiare». In realtà egli avrebbe potuto avere tutto ciò che desiderava,
poiché dopo la guerra era diventato un
uomo famoso e celebrato. Avrebbe ad
esempio potuto aspirare a un tranquillo
incarico diplomatico. Churchill lo voleva con sé per occuparsi delle questioni
mediorientali: lui per qualche anno diede la propria disponibilità, ma poi lasciò
perché sentiva la necessità di prendere
una strada diversa. Egli era traumatizzato da quello che era successo. Sentiva
dunque il bisogno di affidarsi a un ordine prestabilito, come poteva esserlo una
caserma militare o un campo reclute,
«dove – come diceva – posso uccidere il
pensiero, posso diventare una persona
normale». Nonostante fosse un uomo
In realtà al cottage non succede niente
di eccezionale. Egli si occupa degli
ultimi lavori sulla casa, va in giro
sulla sua motocicletta, cosa che gli dà
grande gioia, va a cercare piccoli reperti
archeologici in giro per la campagna,
frequenta molto Pat e Joyce con i quali
ha stabilito una specie di fratellanza. Si
gode la bellissima vasca da bagno nuova, per lui un lusso sfrenato. Si dedica
insomma a cose che gli fanno piacere.
Non sente più la necessità di essere un
eroe. Pat e Joyce sono importanti perché lui è solo, non ha nessuno accanto.
Pat e Joyce sapevano però chi avevano di fronte...
Certo, ma Lawrence d’Arabia passa
in secondo piano, a loro interessa la
persona. Lui aveva un nuovo nome:
Thomas Edward Shaw. Shaw come
Bernard Shaw.
Devo dire che sono felice poiché, pur
scrivendo romanzi biografici già da
qualche anno, non mi era mai capitato
un simile riscontro. Mi sono perdutamente innamorata della vicenda
di Lawrence vedendo uno spezzone
brevissimo di un cinegiornale, e ho
capito che c’era una grande storia da
raccontare. Per me è stato molto importante lavorare su di lui come farebbe
uno psicanalista: senza giudicare, ma
cercando di capire. Questo lavoro ha
fatto bene anche a me perché in un certo modo mi sono specchiata in lui.
Dove e quando
Chiassoletteraria avrà luogo
dal 1. al 4 maggio 2014.
Per il programma completo,
consultare www.chiassoletteraria.ch
Benedicta Froelich incontrerà il pubblico sabato 3 maggio alle 16.30 nel
Foyer del Cinema Teatro di Chiasso