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AGRICOLTURA OGGI
BRUNO MARANGONI
AGRICOLTURA OGGI
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KIWI: FRUTTO
DELL’AMORE
Quando il termometro si abbassa, urge difendersi.
La protezione passa anche da un’alimentazione
adeguata. Il frutto neozelandese è uno scrigno di
vitamina C, che migliora l’elasticità dei tessuti
connettivi e del derma in particolare.
Bruno Marangoni
Allevamento a tendone in Italia centro meridionale
Secondo una leggenda cinese tramandata da molte
generazioni, si racconta che nel primo millennio
a.C. (prime Dinastie dei Chou) nella valle dello
Yang-Tze in Cina, fosse abitudine per le famiglie
nobili, nel periodo di fine estate, riposare all’ombra
del salice e consumare piccoli frutti di Mihou-tao
o Yang-tao (Actinidia) raccolti nei boschi adiacenti.
La pianta del salice, che emanava vapori dell’acido
salicilico, presente nell’albero, e da cui deriva il
nome della sostanza chimica, e la contemporanea
assunzione dei frutti di Actinidia, davano benessere
alla persona. Infatti, senza conoscere le motivazioni,
vi era l’abbinamento delle proprietà antidolorifiche
dei salicilati naturali emessi dalla pianta del salice,
e l’effetto dei frutti dell’Actinidia sulle attività
metaboliche del corpo umano, per cui vi era una
sensazione positiva e rilassante per l’individuo e per
l’intero gruppo familiare.
La pianta dell’Actinidia era ben conosciuta in gran
parte del territorio sud orientale della Cina e le
prime notizie riguardanti la sua utilizzazione, sia
come frutto sia a scopo medicinale, risalgono alla
dinastia Tang (618–907 d. C.). La prima descrizione
della pianta lianosa, risale ai botanici Li Shih-Chen’s
e Wu Chi Chun’s , vissuti nell’epoca dinastica dei
Ming, nel XV secolo, che evidenziano il portamento
rampicante e le proprietà terapeutiche dei frutti,
mentre la descrizione e le illustrazioni dettagliate
della pianta si ritrovano nel Trattato delle piante della
Cina pubblicato nel 1848.
La diffusione delle varie specie di Actinidia nei
Paesi occidentali è avvenuta recentemente ed in
Europa è stata introdotta intorno al 1850 ad opera
dell’esploratore Robert Fortune, al ritorno da un
viaggio in Cina, effettuato per incarico della Royal
Society of Horticulture di Londra. Ai primi del 1900
l’Actinidia venne introdotta in California, Australia
e Nuova Zelanda, mentre in Italia le prime notizie
documentate risalgono al 1934, quando compare
negli elenchi delle piante esistenti in alcuni orti
botanici. Nello stesso periodo vengono effettuati
i primi frutteti specializzati in Nuova Zelanda
e in California, grazie al lavoro di selezione e
introduzione delle specie selvatiche che erano
state introdotte dai boschi della Cina. In Italia, la
coltivazione su scala industriale risale al 1970, grazie
anche all’intraprendenza di alcuni frutticoltori
d’avanguardia che avevano recepito le informazioni
sulle coltivazioni già esistenti in Nuova Zelanda e
California.
La pianta di Actinidia è una liana, rampicante con
tralci lunghi che in natura si avvolgono ai rami degli
alberi del bosco, oppure, nel caso di piante coltivate,
ai fili delle strutture artificiali di sostegno. Interessante
risulta il meccanismo biochimico che consente ai
germogli in accrescimento di attorcigliarsi sul loro
sostegno. A differenza della vite dotata di organi
specifici per agganciarsi sui tutori, denominati viticci,
nell’Actinidia esiste una sensibilità biochimica per cui,
quando l’apice del germoglio in accrescimento entra
in contatto con un ramo o un filo della struttura di
sostegno (tropismo tattile) si curva e lo avvolge. Altra
caratteristica di questa pianta lianosa, tipica del
sottobosco, è la struttura radicale caratterizzata da
radici carnose, poco consistenti, in quanto si tratta
di una pianta rampicante, che si dispongono nello
strato superficiale del terreno e la rendono molto
esigente nei confronti della disponibilità di acqua e
dei nutrienti nel suolo.
Molto importante per una buona fruttificazione
è il trasporto del polline dai fiori maschili a quelli
femminili (impollinazione), che avviene per opera del
vento e degli insetti pronubi come api e bombi; nelle
prime settimane di maggio avviene la fioritura e in
questo periodo vengono posti 3-4 alveari per ogni
ettaro di actinidieto per favorire l’impollinazione.
Sulla base delle suddette considerazioni relative alla
riproduzione, gli impianti di Actinidia devono essere
costituiti da piante “femminili” (che danno frutti) e
da circa il 10% di piante “maschili”, che servono
come impollinatori.
Il frutto è una bacca che matura fra settembre e
ottobre nell’emisfero settentrionale (es. Europa) e
marzo aprile nell’emisfero meridionale (es. America
Latina). Presenta circa un migliaio di semi inseriti
sull’asse centrale del frutto, denominato columella.
Il colore della polpa dipende dalla specie e varia dal
verdastro al giallo o al rossastro, come riscontrato in
alcune nuove selezioni allo studio in Cina e Nuova
Zelanda.
La forte attività di ricerca svolta in Nuova Zelanda
dal Hort Research Institute per lo sviluppo
della coltivazione dell’Actinidia, ha influito sulla
denominazione kiwi, derivata dal nome del piccolo
uccello neozelandese con un piumaggio e forma
somigliante al frutto dell’Actinidia. Attualmente tale
dizione sta sostituendo quella botanica di Actinidia.
QUESTIONE DI SESSO
Altra caratteristica dell’Actinidia riguarda il sistema
riproduttivo, in quanto si tratta di una specie dioica
(dal greco oikos, casa), come il pioppo e il salice.
Esistono piante dei due sessi: alcune sono femminili
e portano i fiori pistilliferi che danno frutti, mentre
altre hanno fiori maschili staminiferi, che non danno
frutti e servono solo a produrre il polline per la
fecondazione dei fiori femminili.
I fiori, inseriti all’ascella delle prime 5-8 foglie
basali del germoglio, nelle due tipologie di piante
sono distinguibili fra loro in quanto l’ovario
di quelli femminili è ben visibile e sviluppato.
DIFFUSIONE DEL KIWI
NEL MONDO E IN ITALIA
La creazione di varietà di A. deliciosa di buona
pezzatura e la curiosità, in un primo tempo, dei
CARATTERISTICHE BOTANICHE
Il genere Actinidia è stato definito dal botanico danese
Nathaniel Wallich nel 1836, ma solo agli inizi del
XX secolo si ha l’organizzazione sistematica con la
descrizione di 24 specie note ad opera del Dumm.
Contemporaneamente anche in Cina, patria di
origine dell’Actinidia, inizia la classificazione delle
varie specie presenti allo stato naturale nei boschi
delle fertili vallate dei fiumi affluenti nello Yang-tze,
dove le popolazioni locali raccoglievano i frutti per il
consumo familiare. Dopo il 1970, grazie all’interesse
suscitato dalla coltivazione di questa pianta, presso gli
Istituti di Botanica di Pechino e di Guang-xi vengono
classificate e descritte 54 specie di Actinidia delle
quali solo alcune rivestono importanza agronomica
quali: A. chinensis, A. arguta, A. kolomikta. Alla fine del
secolo scorso, grazie al lavoro di selezione svolto in
Nuova Zelanda, si ha l’attuale classificazione che
definisce le due principali specie coltivate: A. deliziosa
caratterizzata dal frutto verde e A. chinensis con frutto
di colore giallo.
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Da sinistra: gestione del suolo con inerbimento, particolare di frutti di kiwi, lavorazione e calibratura del kiwi, summerkiwi
consumatori, ha favorito la diffusione mondiale
di questo frutto in molti Paesi caratterizzati da un
clima temperato, con terreni di buona fertilità e
disponibilità idrica. Questa pianta con portamento
sarmentoso, vicino a quello della vite, è assai esigente
e richiede terreni con poca argilla, dotati di sostanza
organica, a basso contenuto di calcare, e con un buon
drenaggio idrico. Queste esigenze agronomiche della
pianta, devono essere sostenibili per il territorio, in
termini di risorse naturali (acqua in particolare), e
consentire la conservazione ambientale. Al riguardo
sono stati definiti per ogni Regione, dei disciplinari di
produzione che regolano le tecniche di coltivazione e
gestione dell’actinidieto.
Il consumo procapite di kiwi è aumentato negli anni
(attualmente in Italia si aggira fra i 2-3 kg l’anno)
e parallelamente sono aumentate le piantagioni. Il
kiwi è diventato comune su molte tavole dei Paesi
occidentali e non solo in Cina, che rimane sempre il
primo produttore mondiale.
I principali produttori di kiwi, dopo la Cina, sono
l’Italia, con oltre 400.000 tonnellate, seguita dalla
Nuova Zelanda, con circa 380.000 tonnellate, dal
Cile, ormai vicino alle 200.000 tonnellate, poi
Grecia, Francia e Spagna.
A livello nazionale, sono quattro le regioni che
hanno iniziato per prime la sua piantagione e che
ora detengono oltre l’80% della produzione italiana:
in primis c’è il Lazio (33%), seguito da Piemonte
(20%), l’Emilia-Romagna (15%) e il Veneto (13%).
In altre Regioni italiane il kiwi si sta diffondendo
e in Calabria raggiunge già il 6% dell’intera
produzione nazionale. La coltivazione del kiwi ha
portato notevoli benefici sociali ed economici per
le aree di maggiore diffusione (Emilia-Romagna,
Piemonte, Lazio), che hanno impegnato risorse
umane e di capitali, non solo in campo, ma anche
nelle infrastrutture necessarie per la conservazione e
commercializzazione del prodotto.
VARIETÁ E OFFERTA
Le piantagioni di Actinidia in Italia, fin dagli anni
’70, erano costituite quasi totalmente dalla sola
cultivar (cv.) neozelandese Hayward, alla quale erano
affiancate, con scarsa diffusione le cv. Bruno, Monty,
Abbott, Allison, tutte appartenenti alla specie A.
deliziosa. La cv. Hayward si è affermata per la costanza
produttiva, la pezzatura dei frutti e soprattutto la
buona capacità di conservazione in frigorifero, e
tuttora copre circa il 90% della produzione di kiwi.
Nell’ultimo decennio, grazie al lavoro di
miglioramento genetico svolto principalmente in
Cina, Nuova Zelanda e Italia, sono state ottenute,
tramite selezione e incroci naturali, nuovi biotipi sia di
A. deliziosa a frutto verde come la Green Star (diffusa
e brevettata come Green Light), la Summer3373
(diffusa e brevettata come Summerkiwi), la BO.
ERICA (brevettata), sia di A. chinensis a frutto con
polpa gialla quali: la Jintao (diffusa e brevettata
come Jin Gold); la Hort 16 A (diffusa e brevettata
col marchio Zespri Gold); SORELI (brevettata).
La creazione di nuove varietà è stata effettuata per
differenziare l’offerta dei frutti di kiwi sul mercato
e per anticipare l’epoca di raccolta rispetto alla cv.
Hayward che, maturando a fine ottobre in zone
pedemontane, può andare incontro a possibili
brinate autunnali precoci.
La classica cv. Hayward, che copre ancora circa il
90% della produzione, viene affiancata da queste
nuove varietà che sono in via di diffusione e di
apprezzamento da parte dei consumatori.
La creazione di nuove varietà in molte specie
frutticole, negli ultimi tempi, è stata favorita anche dal
regolamento internazionale sulla brevettabilità delle
novità vegetali, che ha dato la possibilità di creare dei
consorzi esclusivi, che gestiscono la moltiplicazione
delle piante e la commercializzazione dei frutti della
cv. di cui godono i diritti di brevetto. Sono stati creati
i primi Club-varietà (mele, pere, kiwi ecc.), dove il
produttore è vincolato nell’acquisto delle piante
(astoni) per il nuovo frutteto e nella vendita esclusiva
della frutta, attraverso l’organizzazione commerciale
dello stesso Club. Una simile organizzazione
condiziona i produttori che sono assoggettati al
pagamento dei diritti di brevetto (royalty) su ogni
pianta messa a dimora e non hanno l’indipendenza
nella vendita del prodotto sul libero mercato.
per la promozione del kiwi presso i consumatori,
l’innovazione tecnologica e nell’organizzazione
del mercato nazionale e internazionale. In Nuova
Zelanda esiste la Società ZESPRI, che gestisce
l’intera filiera del kiwi neozelandese. Nel caso
dell’Italia, considerando anche la organizzazione
cooperativa presente nel settore ortofrutticolo, vi
sono più consorzi che operano localmente nelle
aree di produzione dell’Actinidia. Molto interessante
è stata la nascita (nell’agosto 2012) del Consorzio
“Kiwi Fruit of Italy”, che unisce privati, cooperative
organizzazioni e produttori, in grado di gestire oltre
il 20% della produzione nazionale del kiwi Hayward,
corrispondente ad oltre 1 milione di quintali di
prodotto.
La creazione dei consorzi ha consentito di creare un
board interprofessionale fra tutti i Paesi produttori,
che hanno definito le norme di qualità ed un
regolamento, che ha messo ordine nel commercio
internazionale del kiwi. Tale normativa, ha favorito
l’integrazione commerciale fra i Paesi produttori e
consentito ai consumatori di avere la disponibilità
di kiwi per tutto l’anno. Infatti in Italia, i frutti si
raccolgono a ottobre, mentre in Nuova Zelanda e
Cile, la raccolta è sfasata di 6 mesi (marzo). Valutando
le diverse epoche di maturazione sul mercato
italiano, in linea generale, il consumatore troverà
in inverno-inizio primavera, il prodotto europeo
mentre in estate-inizio autunno kiwi proveniente
essenzialmente da Nuova Zelanda e Cile. Per il kiwi
si è creato un sistema di commercio internazionale
ben organizzato, che consente all’Italia di esportare
SCAMBI COMMERCIALI
Sono sorte così società di gestione della varietà
(es. Summerkiwi, Consorzio Kiwi Gold, Zespri
in Nuova Zelanda, ecc.) che hanno il controllo
della moltiplicazione delle piante e della
commercializzazione dei frutti. Inoltre, a livello
territoriale e nazionale, sono nati dei consorzi e
delle organizzazioni di produttori che operano
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COLTIVAZIONE DI KIWI NEL MONDO
TONNELLATE PER ANNO
Paese
Tonnelalte
Cina 466.667
Italia 442.384
Nuova Zelanda 370.00
Grecia 81.467
Cile 73.333
Francia 71.275
Giappone 32.867
Iran 30.000
Stati Uniti 20.988
Corea 15.167
COLTIVAZIONE DEL KIWI IN ITALIA
Regione
%
COMPOSIZIONE CHIMICA E VALORE ENERGETICO PER 100 G DI PARTE EDIBILE
Lazio 33%
Piemonte 20%
Parte edibile (%)
87
Potassio (mg)
400
Emilia-Romagna 15%
Energia (kcal)
44
Ferro (mg)
0,5
Veneto
13%
Acqua (g)
84,6
Calcio (mg)
25
Calabria 6%
Proteine (g)
1,2
Fosforo (mg)
70
Lipidi (g)
0,6
Magnesio (mg)
12
Colesterolo (mg)
0
Zinco (mg)
-
Carboidrati disponibili (g)
9
Rame (mg)
-
Amido (g)
tracce
Selenio (mg)
-
Zuccheri solubili (g)
9
Tiamina (mg)
0,02
Fibra totale (g)
2,2
Riboflavina (mg)
0,05
Fibra solubile (g)
0,78
Niacina (mg)
0,4
Fibra insolubile (g)
1,43
Vitamina A retinolo eq. (μg)
-
Alcol (g)
0
Vitamina C (mg)
85
Sodio (mg)
5
Vitamina E (mg)
-
Fonte INRAN (2000) - Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
Il contenuto di fibra elevato e la possibilità di utilizzare il frutto intero centrifugato
(compreso semi e buccia) favoriscono il transito intestinale e rappresentano il
principale rimedio naturale contro la stitichezza.
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Società di controllo della filiera di produzione e
attualmente la quasi totalità del prodotto è certificato.
La struttura delle radici, e la forte traspirazione
delle foglie, inducono nella pianta del kiwi un
elevato consumo idrico; un ettaro, inclusa anche la
pioggia, richiede circa 6-7000 metri cubi di acqua,
quindi per produrre un kg di frutti servono oltre 300
litri di acqua. La distribuzione dell’acqua avviene
con sistemi a goccia, o microaspersione e, spesso,
attraverso l’acqua di irrigazione viene effettuata
anche la concimazione (fertirrigazione). Il terreno
nell’actinidieto, di norma, non viene lavorato e
lasciato inerbito (col prato). L’erba viene falciata
e lasciata sul posto; questa tecnica consente di
arricchire il suolo di materia organica e mantenere
la fertilità naturale del suolo.
Le forme di allevamento sono simili a quelle della
vite: infatti, nel Nord Italia, viene utilizzato il sistema
“T-bar” (Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte) simile
alla pergoletta romagnola, mentre al Centro-Sud
(Lazio e Calabria) si usa la forma a “tendone”, che
La vitamina C nelle varietà a frutto giallo, è superiore
a quelle con frutto verde, come pure il contenuto
zuccherino (espresso in gradi Brix), che comunque
non deve essere inferiore a 14° al momento del
consumo.
TECNICHE DI COLTIVAZIONE
E CONSERVAZIONE
L’impianto e la forma di allevamento dei frutteti di
kiwi varia, in funzione delle aree di coltivazione, e vi
è una forte influenza delle condizioni climatiche, del
terreno e della disponibilità idrica. La coltivazione
deve inserirsi nella unità di paesaggio, senza
depauperare le risorse naturali del territorio (fertilità
del terreno e acqua) e la gestione degli impianti
non deve alterare il sistema agro-ambientale, pur
considerando sempre una redditività imprenditoriale.
Sono poi stati definiti dei disciplinari di produzione
nazionali e regionali, che dettano le regole per la
buona pratica agricola. Sono stati adottati e imposti
dalle varie catene di supermercati. Sono sorte delle
il 40% della produzione, contro una importazione di
circa 60.000 tonnellate.
IL KIWI E L’ALIMENTAZIONE
Dopo l’iniziale periodo di curiosità e anche diffidenza
da parte dei consumatori, il frutto dell’Actinidia è
entrato nel normale sistema alimentare delle famiglie
italiane, con un consumo che si aggira intorno agli
8 chilogrammi l’anno per famiglia. All’inizio degli
anni ’70, il kiwi venne presentato sul mercato come
“frutto dell’amore”, con caratteristiche nutrizionali
e benefiche per la salute umana quasi miracolose. I
negozi di ortofrutta vendevano a “pezzo” e il singolo
frutto costava circa 1000 lire. Un valore altissimo,
che favorì la diffusione della coltura e la fortuna dei
primi agricoltori, che ebbero fiducia in questa nuova
specie considerata esotica.
L’aspetto nutrizionale dell’Actinidia, inserito in un
sistema alimentare come quello italiano che dispone
molti di prodotti ortofrutticoli, contribuisce ad
integrare la dieta alimentare considerando anche
la tendenza al consumo di frutta che viene sempre
“più bevuta che mangiata”. Il kiwi viene consumato
principalmente fresco e, solo in minima parte,
viene trasformato in succo poi miscelato con quelli
di altra frutta. Inoltre trova uso nella preparazione
di macedonie di frutta e prodotti freschi di quarta
gamma, in quanto la polpa non imbrunisce per
l’alto contenuto di acido ascorbico che previene
l’ossidazione. Attualmente, vengono preparate delle
puree di polpa assai gradevoli e di facile consumo.
L’apporto di nutrienti del frutto di Actinidia riguarda,
come gran parte dei frutti polposi, gli zuccheri, i sali
minerali, le vitamine e la fibra mentre, di norma,
è piuttosto limitato il contenuto proteico. Nel caso
del kiwi dobbiamo considerare l’apporto calorico
contenuto, la quantità elevata di potassio, di calcio,
di acido ascorbico (vitamina C) e la presenza di
vari microelementi ed enzimi che regolano l’attività
digestiva e di assorbimento degli elementi minerali.
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GRANDE SUCCESSO PER NERGI®, IL BABY KIWI DI SOFRUILEG
NERGI® è un frutto grande come un chicco d’uva, con la buccia commestibile, sottile e liscia, mentre la
polpa che assomiglia a quella del kiwi, è dolce e leggermente acidula. È ricco di vitamina C e fibre alimentari.
Accattivante, delizioso e pratico, è particolarmente adatto ai nuovi trend di consumo come gli spuntini e il
cibo di strada. Gli chef stellati Michelin, inoltre, lo usano sempre più di frequente nelle loro sofisticate ricette.
NERGI® è sviluppato in europa da Sofruileg, azienda francese specializzata in progetti di ricerca di varietà
innovative. Originario dell’Asia, il baby kiwi è esistito in natura per secoli. Ma NERGI® è un nuovo tipo di
frutto, il risultato della selezione naturale ottenuto dall’istituto Plant and Food Research della Nuova Zelanda.
Questo prodotto offre un’elevata qualità di conservazione post raccolto, che gli permette di mantenere un
ottimo aspetto e aroma in negozio per 3 mesi, a fronte di appena un mese per le tradizionali varietà di baby
kiwi. Sofruileg approva i produttori per l’Europa e collabora con i due operatori commerciali, Primland e
Fruitworld fornendo le proprie competenze di marketing.
Raccolto in settembre, NERGI® matura naturalmente assumendo gli zuccheri e gli aromi, mantenendo al
contempo una buona consistenza. Il momento ideale per consumarlo è quando lo si sente morbido al tatto.
La crescita dei volumi nel 2013 è stata pianificata per seguire di pari passo il programma di eventi in-store.
NERGI® è distribuito in confezioni da 125 grammi, sia nei supermercati che nei canali bar e ristorazione. Il
periodo di vendita si estende da settembre a novembre. Il sito e la pagina Facebook mantengono costantemente
in contatto i consumatori.
www.nergi.info
http://www.facebook.com/pages/Nergi/251171288246562?ref=ts&fref=ts
Jintao
frutta, che però non hanno creato danni evidenti agli
impianti di kiwi. Recentemente, con l’introduzione
del kiwi giallo e l’intensificazione degli scambi
commerciali, si è diffusa la batteriosi (Pseudomonas
syringiae sp. actinidiae), che induce la degenerazione del
sistema vascolare delle piante, l’emissione di essudati
sul tronco e sui tralci e provoca la morte della
pianta. La diffusione di questo batterio, preoccupa la
produzione mondiale del kiwi.
Attualmente, sono state messe in atto strategie
di difesa basate sul controllo fitosanitario delle
piantagioni, specialmente i nuovi impianti, e sui
trattamenti con prodotti rameici.
Nel complesso la produzione di kiwi continuerà e
avremo sempre l’opportunità di consumare questo
frutto, diventato così comune nelle nostre tavole da
essere sempre un valido complemento nel consumo
della frutta tradizionale nella dieta quotidiana.
consente un buon ombreggiamento dei frutti e ne
evita le scottature da sole.
LA RACCOLTA
La raccolta è molto importante per la conservabilità e
qualità del prodotto e, per la cv. principale Hayward,
avviene verso fine ottobre-primi di novembre, quando
i frutti hanno un contenuto zuccherino di almeno
6,5° Brix ed un 15% di sostanza secca. Nel caso delle
altre varietà a polpa gialla, la raccolta avviene sulla
base del colore dei frutti e del contenuto zuccherino,
che deve essere intorno a 7,5° Brix. La conservazione
dei frutti, avviene in normali celle frigorifere ad
una temperatura di circa 1°C, e può durare fino a
6 mesi dalla raccolta. Il periodo di conservazione è
commercialmente importante in quanto consente
di avere il raccordo con il prodotto proveniente
dall’emisfero Sud, quindi consente la presenza dei
frutti di kiwi sul mercato per l’intero anno.
La coltura dell’Actinidia, fino a poco tempo addietro,
era praticamente esente da attacchi di insetti, funghi
e batteri, per cui venivano effettuati pochi trattamenti
antiparassitari legati alla presenza di alcuni funghi
del legno. Negli ultimi anni, sono comparsi alcuni
insetti come le cicaline, le cocciniglie, la mosca della
Bruno Marangoni
Professore Alma Mater
dell’Università di Bologna
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