La dolcezza è una strada in salita Ma in fondo c`è il

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La dolcezza è una strada in salita Ma in fondo c`è il
Periodico della Camera di commercio di Bologna
Dicembre 2009 - Gennaio 2010
TRADIZIONI
La dolcezza è una strada in salita
Ma in fondo c’è il ‘Pasticciere dell’anno’
E’ la mattina di un giorno feriale, ma alla pasticceria La Caramella di
Cadriano, sembra un giorno di festa.
Il locale è affollato, pieno di gente. Nel
parcheggio le macchine sono in fila. E
dietro il bancone il patron, Gino Fabbri
(nella foto), lo si riconosce subito,
svetta tra tutti con la sua divisa bianca
e con la toque sembra ancora più alto.
Fabbri, che ha 58 anni e fa il pasticciere dall’età di 14 è molto conosciuto a Bologna, ma ora torna all’onore
delle cronache perché è stato insignito
del riconoscimento più ambito da chi
lavora nel mondo dei dolci: la giuria
dell’ Accademia dei maestri pasticcieri
italiani lo ha scelto come ‘Pasticciere
dell’anno’ durante il sedicesimo simposio che si è svolto di recente al Museo
Archeologico di Napoli. I simposi
dell’Accademia si tengono due volte
l’anno: il primo, tecnico, in primavera, il secondo, pubblico, in autunno,
ed è in quell’ occasione che si sceglie il ‘Pasticciere dell’anno’. <Nel 2003
organizzai il simposio pubblico a Villa
Albergati – ricorda Fabbri _ e fu un
grande successo: avevamo le sculture
in cioccolato realizzate con l’Accademia di belle arti>.
Una strada, quella per arrivare al
Gino Fabbri, nato a Castenaso ha cominciato
a lavorare tra i dolci a 14 anni
LA RICETTA DELLA MERCANZIA
Proseguiamo nella pubblicazione delle ricette tipiche bolognesi depositate
alla Camera di commercio dalla Accademia Italiana della Cucina,
e raccolte nel volume “La Mercanzia. Storia di tortellini, tagliatelle e…”.
Torta di riso o Torta degli addobbi
Decretata dall’Accademia Italiana della Cucina Delegazione
di Bologna dei Bentivoglio e depositata con atto notarile il 14 dicembre 2005
alla la Camera di commercio di Bologna, Palazzo della Mercanzia.
Mettere sul fuoco una pentola, far bollire il latte e aggiungere il riso, la scorza grattata di limone, il pizzico di sale, lo zucchero
vanigliato.
Far cuocere il riso, a cottura ultimata il latte dovra’ essere assorbito quasi completamente. Rovesciare il tutto in una terrina e
fare raffreddare il riso che assorbira’ in questo riposo tutto il latte
rimasto nella cottura.
Nel frattempo sbattere le uova con lo zucchero caramellato, (alcuni prima di mettere le uova nell’impasto, dividono il tuorlo dall’albume che montano poi a neve), incorporare le mandorle tritate,
il cedro candito tagliato a dadini, (per chi adotta la soluzione che
prevede l’impiego anche degli amaretti, li incorpora dopo averli
frantumati finemente), amalgamare molto bene tutti gli ingredien-
ti con parte del liquore di mandorle amare.
Rovesciare tutto in uno stampo preventivamente imburrato e spolverizzato con pan grattato; deve risultare uno spessore uniforme
di 3-4 cm. di impasto.
Cuocere in un forno preventivamente scaldato a 180° per una
ventina di minuti, poi portare la temperatura a 150°, la cottura
complessivamente deve durare 40-45 minuti.
Come si sara’ formata sulla superficie della torta una crosticina
bionda e croccante togliere dal forno, lasciare intiepidire, bagnare
quindi la superficie con il rimanente liquore, dopo aver fatto dei
forellini con uno stecchino.
Togliere dalla teglia e tagliare la torta rigorosamente
a losanghe. •
Ingredienti
Un litro di latte, 200 gr di riso, 200 gr di zucchero
caramellato, 100 gr di zucchero vanigliato,
3 tuorli d’uovo, 3 uova intere, 100 gr di mandorle,
100 gr di cedro candito, un bicchierino di liquore
di mandorla amara, cannella, chiodi di garofano,
la buccia grattata di un limone, un pizzico di sale.
E’ facoltativo l’impiego di 4/6 amaretti.
Torta di riso alla bolognese
foto Andrea Samaritani - Meridiana Immagini
riconoscimento più alto, come spiega
Fabbri, <complessa e ardua>. E’ un percorso simile a quello delle corporazioni
medievali, che si snoda lungo tutta la
vita professionale. <E’ difficile essere
presi in considerazione prima dell’età
matura _ conferma_ perché ser vono
quelli che possiamo chiamare crediti:
esperienze, concorsi e gare vinte da
soli o in squadra, a livello nazionale o
internazionale; e ancora, svolgere attività formative per chi entra nella professione. In questo momento, ad esempio, in collaborazione con la Provincia,
sto facendo tirocinio a un giovane che
ha voglia di diventare un bravo pasticciere>. Ricorda qualche premio di cui
va particolarmente orgoglioso? <Nel
2000 ho vinto il premio della ‘Torta del
Giubileo’ con una ricetta molto laboriosa, complessa e difficile>.
L’Accademia dei maestri pasticcieri
italiani ha sede a Bergamo e riunisce
51 maestri pasticcieri scelti anch’essi
sulla base di serie e comprovate capacità professionali. E Gino Fabbri la
professione ce l’ha nel sangue. Nato a
Castenaso, ha cominciato a lavorare a
14 anni alla Pasticceria Dino nel ’64 e
col tempo ne è diventato socio. E’ rimasto a Castenaso fino all’82, quando con
la moglie Morena ha fatto il gran balzo
aprendo La Caramella a Cadriano e
sfidando alcune tradizioni e convenzioni dell’arte pasticciera. Quali? <Provi
a pensarci,_ dice Fabbri _ le grandi
pasticcerie artigiane, sia nei paesi che
nelle città, sono quasi sempre in centro, sulla piazza o vicino al Comune o
alla chiesa. Noi abbiamo fatto una scelta diversa, lontani dal centro, ma sempre in mezzo alla gente. A Cadriano c’è
la zona industriale più vecchia e radicata di Bologna, ci sono gli insediamenti
di Quarto e la Fiera non è lontana>.
E poi un’ultima considerazione, che
potrebbe sembrare una luminosa idea
di marketing mentre invece non è che
un’ umanissimo pensiero: <Chi lavora
tutti i giorni, dal lunedì al sabato _ spiega _ cerca di gratificarsi più degli altri,
magari con poco, ma molto buono>.
Già, pasticceria buona vuol dire qualità. <E la qualità si fa solo con gli ingredienti migliori e secondo tradizione>_
dice Fabbri e aggiunge: <E’ dal ’92-93
che abbiamo deciso di reimpostare il
lavoro del laboratorio puntando solo
sulle materie prime di qualità extra:
burro al posto della margarina, cioccolato puro invece dei succedanei, nessun semilavorato industriale. Questa
scelta ha comportato maggiore impegno da par te di tutti (La Caramella
ha 16 dipendenti) perché le lavorazioni sono più lunghe e complicate, ma
ne vale la pena. Noi produciamo solo
dolci tradizionali e locali, senza allargarci a tradizioni dolciarie non nostre.
Insomma, non facciamo sfogliatelle,
babà e cannoli perché c’è chi le sa far
meglio di noi>. •
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