Il coraggio della giustizia

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Il coraggio della giustizia
IL CORAGGIO DELLA GIUSTIZIA
Soltanto le schiave, attraverso i loro amari racconti, possono offrirci una descrizione dettagliata
della geografia del fenomeno disumano della prostituzione di oggi.
Solo, loro che soffrono, possono raccontarci lo sfruttamento da parte del Racket, il cinismo
delle autorità, le complicità senza nome, la vita da schiave del sesso: lottare ogni giorno e
morire ogni notte, di notte la solitudine totale, lontane dai cari, senza un futuro, con un’unica
missione: salire in macchina con uno sconosciuto costrette a prostituirsi con lui totalmente per
i Padroni di lei.
Brutalità innominabili, sevizie di ogni tipo e umiliazioni per tutte quelle che non riescono a
mettere insieme la cifra stabilita dal Protettore, dall’organizzazione.
Nell’affrontare il problema della Prostituzione schiavizzata si traccerò e delineerò uno spaccato
della realtà Italiana, traendo spunto dal quotidiano e da storie reali con le quali mi si sono
confrontato, avendone a che fare tutti i giorni.
Descriverò i due modelli etnici, consolidati in Italia ed in Europa e Transnazionali, che
gestiscono e quindi tracciano le rotte per l’approvvigionamento delle ragazze che vengono
introdotte nel mercato della prostituzione, con cadenze e ritmi sempre più frequenti.
Da un breve “excursus” storico relativo all’ultimo decennio, si evince un coinvolgimento
prevalente di sfruttamento in danno di ragazze straniere.
Infatti la prostituta Italiana ormai si è “estinta” sulle strade e nel mercato della prostituzione.
Alla fine degli anni ’80 – inizi ’90, c’erano sulle strade le ragazze austriache e poche altre
prostitute, provenienti dalla ex Jugoslavia costrette a prostituirsi; con l’avvento degli anni ’90
le donne di queste etnie sono state soppiantate dalle coetanee provenienti dall’Albania.
Giungevano sulle coste Italiane attraverso il Canale d’Otranto, andando a rafforzare il mercato
prostituivo in aree geografiche ben inserite nella realtà industrializzata e nel Nord d’Italia, con
conseguenti maggiori possibilità di ricchezza per i loro magnaccia. Nel 92/93 è iniziata la tratta
delle ragazze africane provenienti dalla Nigeria. A Rimini e su tutte le coste italiane si
formarono le zone per etnie. Nel 93 con la cattura dei più notevoli boss austriaci è cessata la
prostituzione delle ragazze provenienti dall’Austria, si è accresciuta la tratta delle ragazze
provenienti dall’Albania, Macedonia, Montenegro. Dagli anni 94 in avanti sono scomparse le
italiane dalla prostituzione sulla strada e nei locali.
E’ cresciuto in maniera enorme il numero delle ragazze importate dall’area dei balcani, dalla
Nigeria e anche dal Ghana, dal Camerun, dalla Liberia, dall’Est europeo e dall’intera area
balcanica, dell’Est Europeo: Romania, Ungheria, Bulgaria, Jugoslavia, zona di Mosca, Lituania e
Polonia.
A Rimini, diventata una provincia di destino di un grande numero di prostitute di tutte le etnie
è partita un’azione della polizia intesa non tanto a contrastare soltanto il fenomeno ma a
cancellarlo. Una prima fase durata circa 3 anni e stata caratterizzata da retate sistematiche
delle ragazze sia sulle strade che negli appartamenti e la cattura di un buon numero di
sfruttatori. Durante questa fase l’azione intelligente e sistematica ha avuto come risultato la
celebrazione del 1. processo in corte d’assise a Rimini nel giugno-luglio 96 di 15 madame e tre
boss, imputati di riduzione di persone in stato analogo alla schiavitù. Presidente Dott.
Andreucci. P.M. Flavia Casadei.
Io personalmente sono stato convocato dal P.M. a testimoniare quale persona informata.
In una relazione durata 3 quarti d’ora ho dimostrato le condizioni di schiavitù di tutte le
ragazze costrette alla prostituzione, gli orrori delle punizioni a coloro che non guadagnavano
quanto stabilito dai criminali, la caccia spietata alle ragazze che denunciavano i loro padroni, il
condizionamento fisico e psicologico con cui i criminali tenevano soggiogate le loro prede, la
responsabilità dei clienti, che erano e sono causa prima della tratta delle donne per lo
sfruttamento della prostituzione. Mi è stato concesso, in una sosta del dibattimento di
incontrare gli imputati. Ho detto loro che dovevano essere condannati a dure pene perché
erano i responsabili della schiavitù delle ragazze. Avremmo fatto il possibile per commutare la
detenzione nel carcere con l’affido purché pentite, ci aiutassero a liberare le schiave.
Tutti gli imputati furono condannati a pene severe.
Nel frattempo sulla scena politica italiana si sviluppava un acceso dibattito sul come vincere il
fenomeno. Noi dell’associazione Papa Giovanni XXIII° invitavamo l’allora Ministro degli Affari
sociali, on.le Livia Turco, a decidersi a liberare le schiave, mentre essa propugnava la
legalizzazione della prostituzione e l’istituzione di cooperative fra prostitute.
Noi sostenevamo “liberiamo le schiave, e poi vedremo quante ne rimangono.” Nel 98 il nuovo
questore di Rimini Dott. Achille Dello Russo decise che il fenomeno della prostituzione
schiavizzata fosse cancellato. Con la collaborazione dei suoi uomini intelligenti e preparati, con
metodo scientifico, in pochi mesi circa 150 criminali furono consegnati alla giustizia e 350
donne liberate. Sulle strade di tutta la provincia di Rimini non rimase nessuna prostituta e
anche nei locali la prostituzione era ed è combattuta con risultati eccellenti. Decisiva è stata la
collaborazione con la polizia della nostra associazione Papa Giovanni XXIII° che dava
accoglienza continuata 24 ore su 24 alle ragazze liberate dalla polizia.
Il metodo Rimini, disatteso dal Governo, funzionava e funziona ottimamente, ma invece di
adottarlo i responsabili della vita politica italiana non lo nominavano neanche.
Io personalmente chiesi di essere ricevuto dai massimi responsabili della nazione italiana.
Accompagnato dalle ragazze liberate fui ricevuto dal Presidente della Repubblica On. Scalfaro
prima e On. Ciampi poi. Fui ricevuto dai presidenti della Camera e del Senato e da diversi
Ministri. Fui ricevuto dal capo della polizia e dal comandante dell’arma dei carabinieri. A tutti
illustravo il metodo Rimini.
Il metodo Rimini ha il suo futuro nel non rendere più possibile alle ragazze portate in Questura
di ritornare sulle strade e negli appartamenti, dando loro possibilità di essere accolte in
strutture di accoglienza e nell’abbattere il mito in cui credono che il magnaccia è invincibile.
Nel frattempo noi abbiamo iniziato una campagna di dissuasione dei clienti dimostrando come
essi sono i primi responsabili di questa orribile schiavitù chiedendo al Governo di rendere
impossibile ai clienti accedere alle ragazze – ma non siamo ascoltati. Io ho portato in TV
nazionale anche un cliente pentito e la sua testimonianza è stata impressionante. Abbiamo
proposto in tal senso anche una legge.
E’ stato molto significativo l’intervento del precedente Sindaco di Rimini che ha emesso
un’ordinanza che consentiva multe severe ai clienti che sostavano sulle strade per contattare la
prestazione sessuale con le ragazze.
DESCRIZIONE DI DUE CASI GESTITI DALL’ASSOCIAZIONE DI MINORENNI:
I casi di 2 ragazzine minorenni venuti alla luce recentemente, costituiscono il riscontro,
purtroppo, di quello che è un fenomeno in continua crescita.
La prima rotta delineata è quella Balcanica.
La protagonista è una ragazzina Rumena, che con la sua denuncia drammatica ha permesso di
individuare rotte ed itinerari già tristemente conosciuti.
Questa ragazza 14enne di una regione molto povera della Romania, era stata rapita da alcuni
connazionali nel settembre del 2001, e condotta fino al confine fra la Romania e la Serbia, ove
il Danubio delimita i due stati.
Messa in un capanno, è stata ripetutamente violentata – dispiace la brutalità con cui si
descrivono le situazioni, ma serve per far comprendere le modalità quasi animalesche usate
per ridurre a zero la capacità di reazione ed autodeterminazione delle ragazze e forse si
offendono gli animali facendo il paragone con gli uomini..
Durante il suo racconto drammatico denuncia:” Io ho perso la mia verginità quando fui
violentata dai miei sequestratori”.
Dopo essere stata caricata su una chiatta assieme ad altre due sue coetanee, viene
traghettata in Serbia, quindi sull’altra sponda del Danubio, nella città di Pozarevac.
La ragazza qui viene ceduta – seconda cessione – a due albanesi che provvedono a portarla
fino al confine tra Serbia e il Montenegro, evidenziando un fenomeno che ha dimensioni
internazionali e transnazionali, con organizzazioni che interagiscono fra di loro.
Attraverso i valichi di frontiera viene introdotta in Albania.
Ceduta ad un terzo gruppo, viene stipata assieme ad altre sue connazionali, in una sorta di
Samarcanda, di mercato delle bestie ad Elbazan, una località in una zona povera a sud
dell’Albania – non è un racconto di fantasia, ma una realtà vissuta, purtroppo, da questa
14enne -.
La ragazza viene messa all’asta.
Racconta che in quei giorni le veniva dato appena da mangiare e di tanto in tanto arrivavano
degli uomini ad ispezionarla: drammaticità di un racconto che evoca alla mente comportamenti
e situazioni di quando si va alla fiera dei cavalli o del bestiame e si ispeziona la bestia, si
guarda la dentatura, perché se la bestia è malata non rende il valore per cui viene acquistata.
D’inverno le temperature sono rigide e difficili da sopportare, ragion per cui un organismo sano
dura e può assicurare cospicui introiti all’organizzazione. Perciò serve una “bestia” sana.
Dopo alcuni giorni la 14enne viene venduta ad un altro gruppo di albanesi – siamo alla quarta
cessione – che per un periodo obbligano a prostituirsi in Albania, ma i profitti non sono
ovviamente quelli che potrebbero assicurare i paesi più ricchi.
Continuando col tragico percorso di questa ragazzina, la stessa viene traghettata dalla baia di
Durazzo sulle coste pugliesi e ceduta ad altri albanesi – quinta cessione – che provvedono ad
instradarla a Firenze, dove viene fatta lavorare sotto costrizione.
Trasferita a Vicenza viene rimessa in strada fino a quando non riesce a liberarsi e scappare. La
ragazza viene accolta dall’Associazione papa Giovanni XXIII.
Attraverso la triste esperienza di questa ragazzina si è delineata la cosiddetta rotta balcanica:
nel caso in esame la ragazza è stata prelevata dalla famiglia di origine, nel blocco dei paesi
dell’Est, condotta a sud sulla rotta che porta in Albania, piattaforma di lancio per l’immissione
nel mercato deleterio della prostituzione, appannaggio della ricca ed opulenta Europa
occidentale.
Nel modello albanese sono i maschi a gestire personalmente la ragazza nei suoi passaggi, ed
a gestirla sulla piazza.
Esiste una grande differenza dal modello Nigeriano in cui i maschi, che assicurano la protezione
dura della ragazze in strada, non compaiono quasi mai.
C’è invece la figura femminile, la maman, che media il controllo maschile.
Le differenze culturali dipendono anche dalla provenienza geografica diversa.
Il modello albanese è più cruento, più bestiale, non perché gli albanesi siano degli animali, ma
perché hanno un codice orale, il Kanun, che si tramandano da ben 2000 anni di padre in figlio.
Questo codice è frutto di una sorte di legge del taglione pari ad occhio per occhio e dente per
dente, dove la possibilità di rivalsa e di vendetta è estensibile non soltanto nei confronti della
persona che ha arrecato l’offesa, ma anche nei confronti di discendenti in linea retta e
discendenti in linea verticale dei figli maschi. “ Se non posso sparare alla persona che mi ha
danneggiato, posso sparare al figlio “. In questo contesto della tradizione albanese la donna è
ridotta a nulla.
‘art.20 del Kanun albanese cita: “ Il codice considera la donna come qualcosa di superfluo in
famiglia”. La donna, nella mentalità popolare albanese è fatta solo per sopportare.
Queste fenomenologie vanno affrontate e contrastate comprendendo anche le diversità
culturali. Citiamo altri esempi tratti dal Kanun: se un marito scopre che la donna l’ ha tradito
può ammazzare la moglie e non è perseguibile; il padre ha potere di vita e di morte nei
confronti dei figli. L’art.33 definisce i doveri del padre e i diritti del marito sulla moglie.
“ Il marito ha il diritto
di consigliare e correggere la moglie;
di bastonarla e legarla quando disprezza le sue parole e i suoi ordini”.
In un paese in cui la donna è ridotta a zero, a maggior ragione diventa oggetto di scambio, di
tratta, di vendita e quindi fonte di guadagno.
“ Il padre ha diritto
sulla vita e sulla sussistenza dei figli;
di bastonare, legare, incarcerare e perfino uccidere il figlio e la figlia, senza che la legge lo
punisca”.
Questo Kanun ha una tale forza vincolante che è osservato e praticato dalle famiglie albanesi
più di una legge scritta.
Si deve capire la mentalità del contesto sociale e culturale di queste persone.
Per quanto riguarda il modello nigeriano, ciò che ha una forza analoga al Kanun in Albania, è
rappresentato dai riti woodoo, chiamato Juju.
Sono vere e proprie forme di forza compulsava e psicologica nei confronti della donna, che è
già discriminata con atteggiamenti di sudditanza nei confronti dell’uomo.
Il coefficiente di forza compulsava deriva dal credere alle persone atte a praticare le tradizioni
woodoo, benché siano di fede cristiana.
Altro caso emblematico è quello della ragazzina poco più che 13enne trovata a Vicenza: era
una ROM.
Se in Albania nascere donna significa essere discriminata, nascere donna appartenente all’etnia
Rom equivale zero.
Questa bambina di Korce, un paese molto povero dell’Albania, era stata venduta per sole 200
euro. Istradata per Elbasan, anche lei è messa all’asta e valutata; poi dalla costa albanese
attraverso la Puglia viene spedita direttamente a destinazione.
Alla ragazzina 13enne è stato impartito di intrattenere rapporti sessuali solo con clienti italiani
per 100euro in una vecchia villa vicentina, se il cliente italiano chiedeva il numero del cellulare
doveva darlo.
Grazie al cellulare sono stati individuati e denunciati alcuni clienti ai sensi dell’aArt.600 comma
2° C.P.
La Bambina 13enne è stata accolta dall’Ass. papa Giovanni XXIII, è liberata.
ASPETTO AFRICANO (NIGERIA)
La ragazza sa che deve corrispondere allo sponsor oggi circa 100 milioni: è il prezzo per
potersi affrancare, riscattare la propria libertà e ottenere il passaporto. Molte volte succede che
chi sfrutta, quando è vicino il tempo del riscatto, cede la ragazza ad un’altra organizzazione,
per cui la vittima è costretta a prostituirsi ancora per poter assicurare ai nuovi padroni altri 6070 milioni.E’ un pozzo senza fondo.
Ora a nome dell’associazione Papa Giovanni XXIII° propongo alcune riflessioni e scelte
operative.
1.) Il cosiddetto “cliente” è un usurpatore perché con la violenza e l’inganno di criminali che
lui paga s’impossessa di un corpo di una donna tenuta schiava per lui da questi
criminali
2.) Il cosiddetto “cliente” è un “vile” perché approfitta de una persona che non può
difendersi.
3.) Il 40% delle donne sono state rese schiave quando erano minorenni. Tutte le leggi
europee proibiscono di avere rapporti sessuali con le minorenni. In Italia la legge 269 è
severissima contro chi ha rapporti sessuali con minorenni. Se la ragazza è sotto i 14
anni è ininfluente che chi la usa sappia o no che ha quell’età. Anche se il consumatore
di sesso non sapeva l’età reale è condannato ugualmente. E’ vergognoso che un cliente
vada da una che può essere bambina come una sua figlia. La convenzione dell’ONU del
’49 stabilisce che una donna che è stata indotta alla prostituzione con la forza o
l’inganno il suo eventuale consenso dato in seguito non è valido.
4.) Dopo queste considerazioni la conclusione è una sola! Il cosiddetto cliente va punito
perché compie un atto delittuoso sotto molteplici aspetti, alcuni dei quali punibili con le
leggi vigenti.
Uniamoci per fare giustizia calpestata dai clienti.
5.) Nessuna donna nasce prostituta! C’è sempre qualcuno che l’ ha fatta diventare. Lo stato
non deve proteggere chi la fa diventare ma deve salvare le vittime.
6.) La donna è un bene assoluto per tutta l’umanità. Il grado di civiltà di un popolo lo si
misura dal grado di stima e valorizzazione della donna. Ella gestisce la vita umana.
Tutto deve concorrere per proteggerla.
7.) Il corpo della donna non si può né vendere ne comperare: è sacro.
La conclusione: la prostituzione è un male enorme e come tale deve essere combattuto –
proibito – vietato.
In questo senso noi chiediamo un pronunciamento sulla necessità di punire i clienti e
dichiarare la prostituzione fuori legge.
I programmi futuri che come Ass. Papa. Giov. XXIII ci prefissiamo sono:
la creazione di reinserimento nei paesi d’origine, accompagnando le ragazze in micro progetti
di integrazione nel proprio paese – attivando con Ass. locali forme di partnerariato.
Attivazione e sensibilizzazione nei paesi dove le organizzazioni criminali attivano il
reclutamento di ragazze, cercando di formare ed istruire le varie polizie dei modi operativi di
supporto delle vittime schiavizzate.
Collaborare a tavoli di formazione Europei al fine di esprimere con forza le possibilità che da
anni attiviamo in Italia, nell’aiuto alle ragazze.
Proporre una legislazione di pronunciamento Europeo sulla SCHIAVITU’.
Canalizzare fondi europei, in progetti di sviluppo sociale per la donna,dandogli la dignità che le
spetta.
Incrementare la diffusione del recupero, alle autorità istituzionalizzate nei paesi di grande
flusso migratorio.
Concludo! Questa nostra Europa Cristiana, si Cristiana in molti modi di pensare, sentire, agire,
abbia finalmente il coraggio di essere se stessa. Ogni passo in avanti nella giustizia è un passo
avanti per tutta l’umanità. Grazie
Don Oreste Benzi