Ada S

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Ada S
Caramella, pallino.
Nella stanza c'era un intenso profumo di sigarette americane, frammisto ad un'ottima fragranza
femminile, le luci erano soffuse, solo il tavolo da biliardo era ben illuminato, alle pareti quadri di
grande valore e su un meraviglioso caminetto acceso un enorme specchio, con una grande cornice
dorata, ricca, barocca, intorno pochi altri arredi.
La specchiera rifletteva gran parte della stanza, un bel quadro di serena vita quotidiana, in
particolare rimandava l'immagine di una bella donna, dai lunghi capelli neri, raccolti in una morbida
coda, vestita elegantemente di un tubino nero e con al collo ed alle orecchie delle magnifiche perle.
Sembrava che il tempo si fosse fermato, tutto era immobile! Persino il gatto, con il suo pelo nero
lucidissimo e la sua bella figura sinuosa
era mollemente
acciambellato su uno sgabello e
sonnecchiava. La donna sembrava distratta, quasi assente; ma a ben guardare quel fotogramma,
grandi pensieri ed emozioni si agitavano in lei. Rifletteva sulla sua condizione di donna, ripensava
alla sua vita, quando da bambina tutti la chiamavano “caramella”, per la sua dolcezza, la sua
amabilità e la sua obbedienza. Un giorno, poi, non sapeva neanche lei quando e perché, tutto era
cambiato! La sua obbedienza era diventata ribellione, la sua dolcezza si era trasformata in astio nei
confronti della vita e nei suoi stessi confronti, la sua amabilità era diventata: gelo, distacco, intrigo.
Odiava il mondo a cui tanto aveva anelato appartenere, odiava i due uomini che ora erano in sua
compagnia, odiava la gabbia dorata in cui era prigioniera. Aveva bisogno di respirare aria nuova,
aveva bisogno di nuove emozioni, aveva bisogno di evadere, sentiva, paradossalmente, il bisogno
di tornare ad essere “caramella”, perché quando si è amabili, quando non ci si pongono domande,
quando non si hanno dubbi e aspettative, quando tutto scorre, tutto è più semplice! La vita è più
semplice!
Il crepitio del fuoco la distolse da questi pensieri
che ogni tanto, non sempre, l'assalivano
rendendola triste ed insoddisfatta o rabbiosa e determinata. Il suo sguardo si pose, quindi, ironico,
su Leone, suo marito! Suo marito! Stringeva tra le mani la stecca da biliardo e si preparava al tiro,
ingessando la punta della stecca, accuratamente. Le venne in mente quanto era stata innamorata di
quell’uomo dai bei lineamenti, dai modi gentili, dalla eleganza aristocratica, dalla straordinaria
cultura, dall’essere sempre presente a se stesso, che lo distinguevano da tutti gli altri e lo facevano
unico! Il suo giudizio nei suoi confronti non era cambiato, ma tutte queste qualità avevano finito per
annoiarla, lei che aveva da sempre fame di vivere, che divorava la vita, che le piaceva ridere,
divertirsi, viaggiare; così aveva ceduto alle lusinghe di Guido, alla sua leggerezza, alla sua
spensieratezza, alla sua incoscienza. Anche Guido, il suo amante era li, nella sua casa, insieme a suo
marito. I due uomini, i
più importanti della sua vita, facce di una stessa medaglia, colori
complementari della sua esistenza, in quel momento erano insieme! Insieme giocavano una partita
a biliardo che sembrava essere la partita della loro vita!
Li osservava, ne spiava gli atteggiamenti, cercava di indovinare i loro pensieri!
Nella sua mente si fece strada una idea o forse una necessità che avvertiva da tempo, se avesse
dovuto rinunciare a uno dei due, di chi si sarebbe privata? A questa domanda posta mille e mille
volte non era, mai, riuscita a dare una risposta, li sentiva entrambi suoi, forse li amava entrambi o
forse non amava nessuno dei due, ma, insieme, le erano stati necessari per continuare a vivere!
Ecco, le “erano stati”…., meditò…… In quel momento sentì che i suoi bisogni erano cambiati,
voleva dedicarsi completamente ad uno soltanto di loro, scelto indifferentemente, cominciò a
giocare con la mente. E se avesse affidato al caso la scelta? Se per una volta le circostanze
l’avessero aiutata a decidere? Fantasticò! Poi decise! La partita al biliardo sarebbe stata per lei “la
partita della vita”. Avrebbe affidato il suo destino al pallino che colpendo una o l’altra biglia
avrebbe scelto per lei.
Cominciò a dettare, nella sua mente, le regole del gioco, Leone e Guido giocavano la partita alla
francese. C’erano sul tavolo il pallino e due biglie, una rossa contrassegnata con il numero 5 e
l’altra verde contrassegnata con il numero 3, avrebbe associato alla biglia rossa, cioè la numero 5, il
suo amante, ed alla biglia verde, cioè la numero 3, suo marito, quella delle due ad essere colpita
avrebbe decretato la preferenza, cioè la biglia colpita sarebbe stata scelta. Leone continuava a
passare il gesso sulla punta della stecca e a studiare, attentamente, la posizione delle due biglie,
giocava con intelligente destrezza ed una abilità insolita negli uomini come lui, sembrava quasi
avesse letto i pensieri di Silia e indugiava nel tiro, cambiando posizione e tecnica; dal canto suo
Guido aspettava, pazientemente, il tiro e sembrava, stranamente, quasi estraneo all’ambiente.
Finalmente Leone si piegò sulla sponda del tavolo sistemò la sua mano sinistra ad archetto, vi inserì
la stecca
che appoggiò, delicatamente e senza cambiarne la posizione, al pallino,
guardò
intensamente Silia, poi guardò Guido. Silia, ormai, occhi puntati al pallino non si lasciava distrarre
da niente, aspettava il tiro che finalmente partì. Il pallino cominciò a rotolare verso al prima sponda,
la colpì, si diresse in direzione opposta e magicamente colpì l’altra sponda, ora si dirigeva verso le
due biglie che erano quasi accoppiate a pochi millimetri di distanza l’una dall’altra. Rotolava!
Rotolava! Rotolava! Il tempo si era fermato! La distanza era diventata smisurata, quasi infinita!
Ogni frazione di secondo sembrava a Silia una eternità, si chiese se fosse mai riuscita a resistere
alla tensione, avrebbe voluto non aver mai deciso quel gioco crudele, ma si disse che qualunque
fosse stata la risposta del destino l’avrebbe accettata senza riserve. Adesso, anche la sua mente
rotolava, rotolava il prescelto si sarebbe dovuto piegare alle sue regole, si sarebbe imposta!
Pensava che se fosse rimasta con il marito gli avrebbe chiesto di avere un figlio, di fare di loro una
vera famiglia, di essere più complici e compagni, se, invece, fosse toccato all’amante avrebbe
preteso da lui il la massima trasgressione, che, per l’epoca, era ammettere pubblicamente essere
l’amante di qualcuno, vivere nella stessa casa, frequentare insieme i salotti e così via. Intanto il
pallino si avvicinava sempre più alle biglie, tra un attimo avrebbe saputo.. tra un attimo le sue
angosce sarebbero finite, tra un attimo finalmente il suo destino si sarebbe compiuto, tra un
attimo……, “fermatelo, bloccatelo oh accidenti, no, no, Guido bloccalo” le urla, isteriche di Silia
avevano lacerato la stanza rompendo la concentrazione e quel silenzio innaturale. Guido e Leone
guardarono attoniti Silia, in fin dei conti cosa era mai successo? Quel gattaccio nero e sonnacchioso
si era improvvisamente svegliato e con un balzo felino era saltato sul tavolo da biliardo
frapponendosi tra le biglie ed il pallino e ne aveva interrotto la corsa ad un millimetro dal suo
destino, nessuna delle due biglie era stata colpita.
Ancora una volta, il destino non aveva voluto aiutarla … o forse si?
Ada Sasso
Liceo Scientifico “E. Fermi” Brindisi