Matrimoni gay e omogenitorialità

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Matrimoni gay e omogenitorialità
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Matrimoni gay e omogenitorialità
di Alessandro Bruni
Premessa. Nell'affrontare l'argomento l'autore si è sforzato di essere neutro e di non
dare giudizi morali sul comportamento degli adulti e sulle loro scelte personali in
termini di orientamento sessuale. Chiaramente è ben conscio di non essere riuscito
sempre nell'intento, andando talora a toccare corde di conoscenza, di scelte personali,
di esperienze, di credo religiosi o di impostazioni morali differenti dalle sue. Di tutto
questo si chiede tolleranza.
Per quanto, invece, attiene ai minori il suo dire è stato più esplicito nel tentativo di
analizzare se le coppie omosessuali potevano costituire una risorsa al problema dei
minori senza famiglia. Sono della convinzione che vi sia uno spazio di esplorazione che
deve essere studiato affrontando la materia esattamente come si fa per le coppie
eterosessuali: mettendo il bambino al centro e in priorità.
Tutto quanto deroga in modo esplicito o in modo nascosto da queste regole generali l'ho
considerato anomalo, egoistico, non attinente alla visione accogliente con cui ritengo
necessario affrontare la responsabilità genitoriale (omo e etero che sia). Con chi vanno a
letto i genitori riguarda solo loro, come compiono il ruolo genitoriale riguarda in modo
fondamentale il bambino, specie se accolto, e questo è il mio personale punto fermo.
Vorrei pregare quanti ritengano di poter migliorare quanto ho scritto di propormi
inserimenti per rendere ai lettori interessati una dispensa esaustiva e rispettosa delle
differenti posizioni ([email protected])
Come introduzione all'argomento ho riportato uno stralcio del libro “L’omogenitorialità
agli occhi del diritto” di Matteo Winkler, 10 maggio 2012. Da Il Mulino, 2, 2012.
La recente sentenza della Corte di Cassazione (4184/2012) della quale hanno
parlato i maggiori quotidiani ha riaperto il dibattito in merito alla questione se
le coppie formate da persone dello stesso sesso possano considerarsi «famiglie».
La pronuncia, che non ha mancato di scatenare le furiose critiche di taluni
parlamentari, tanto da indurre alcuni di loro a domandare subito al presidente
Napolitano, nella sua qualità di presidente del Csm, di «sanzionare» il giudice
che l’aveva firmata, costituisce però null’altro che la traduzione nel nostro
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ordinamento di principi già affermati sul piano europeo.
Nello specifico, il principio per cui, se una coppia di conviventi eterosessuali può
da sempre qualificarsi come famiglia alla luce dell’evoluzione dei diritti umani,
sarebbe «artificiale» — è la parola usata dalla Corte di Strasburgo — non
estendere tale qualificazione anche alle coppie omosessuali, che al pari delle
prime sono ugualmente «capaci di costruire relazioni stabili e impegnative».
È dal termine «impegno» che può trarre origine una riflessione
sull’omogenitorialità, cioè sulle coppie omosessuali con figli. La loro unione si
fonda infatti su un legame spontaneo, nato in conformità a un desiderio che tutti
hanno — quello di diventare genitori — e che, per quanto le riguarda, si realizza
attraverso un percorso nel quale i figli sono desiderati, cercati e voluti.
Nei Paesi che a oggi riconoscono alle persone gay e lesbiche il diritto di contrarre
matrimonio con la persona che amano (e non sono pochi: Islanda, Portogallo,
Belgio, Olanda, Svezia, Norvegia, Sudafrica, Argentina, e diversi Stati americani),
la coppia ha anche, con qualche sfumatura da Stato a Stato, il diritto di accedere
sia ai procedimenti di adozione di minori sia alle tecniche di procreazione
medicalmente assistita.
In quegli stessi Paesi, la vita delle coppie same-sex è di gran lunga migliore di
quella delle coppie italiane: esse sono espressamente riconosciute dalla legge,
hanno dei diritti e doveri reciproci sui quali possono contare e, soprattutto, i
loro figli sono considerati a tutti gli effetti figli dell’unione e non solamente del
genitore che ha contribuito (biologicamente o geneticamente) a metterli al
mondo, come accade invece nei Paesi che, come il nostro, non conferiscono
alcuno status alla coppia.
In quei Paesi, infine, l’omosessualità è considerata giuridicamente — come in
effetti dovrebbe essere ovunque — una caratteristica del tutto inidonea a
influire sulla qualità dell’unione, sulla solidità della famiglia e sulla capacità di
ciascuno di essere un buon genitore.
L’esistenza delle famiglie omosessuali dimostra esattamente che la filiazione,
prima che dato biologico, è un atto di assunzione di responsabilità. Secondo
un’indagine statistica di qualche anno fa, in Italia sarebbero 100.000 le
cosiddette «famiglie arcobaleno», cioè le famiglie composte da genitori dello
stesso sesso con figli. Tante, dunque, e in costante aumento.
La loro condizione sotto il profilo legale è però precaria, perché la mancanza di
riconoscimento da parte della legge comporta per queste famiglie l’assenza di
sicurezza e stabilità dell’unione.
Inoltre, nel caso di separazione della coppia o di morte del genitore biologico,
l’altro genitore — che è tale proprio perché ne ha assunto il ruolo in modo pieno
nella vita quotidiana propria e del figlio — «scompare» completamente
dall’orizzonte giuridico e familiare del bambino, che si ritrova così solo.
Senza contare le famiglie omogenitoriali italiane che, recatesi all’estero per
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accedere a procedimenti di procreazione assistita illegali in Italia, rientrano nel
nostro Paese perché è qui che vogliono continuare a vivere. Appena varcano il
confine, il nostro diritto smette di riconoscere il legame del bambino col
genitore non biologico. Così, se al bambino capitasse malauguratamente di
ammalarsi, quest’ultimo genitore non avrebbe la possibilità di assisterlo; inoltre,
se il genitore biologico venisse a mancare, il bambino diverrebbe
automaticamente orfano. Elementari esigenze di giustizia, o anche solo di
buonsenso, dovrebbero indurre il legislatore o, in sua assenza, i giudici a
occuparsi del problema. È lo stesso interesse del minore che lo chiede.
Il modo più corretto di guardare all’omogenitorialità, pertanto, dovrebbe essere
scevro da pregiudizi. Soprattutto, dovrebbe pensare a tale realtà come una vera
e propria famiglia, perché tipici di queste, come di altre famiglie, sono l’amore
e l’impegno che esse danno ai loro figli, in linea con quanto rilevato dalla Corte
europea.
Molti pensano, al riguardo, che l’omogenitorialità sia qualcosa di sbagliato per
due ragioni. La prima riguarda la natura stessa delle famiglie omogenitoriali ed
evidenzia nelle stesse l’assenza di un genitore di sesso opposto. La seconda, più
perniciosa, ritiene che il bambino subirebbe discriminazioni in una società che
non è pronta ad accogliere gli omosessuali, figuriamoci i loro figli. Nessuna di
queste obiezioni è convincente. La prima trascura ricerche condotte in campo
psichiatrico che, nell’arco di vent’anni, hanno dimostrato che i bambini cresciuti
in famiglie omogenitoriali hanno esattamente le stesse capacità affettive e la
medesima condizione psichica di quelli cresciuti in famiglie eterosessuali. La
seconda è invece insostenibile in quanto puramente ideologica, e anziché
rimuovere le discriminazioni, le legittima.
Non si dimentichi, infine, che il compito dello Stato non è «creare» famiglie,
magari a propria immagine e somiglianza, ma prendere atto di quelle che già ci
sono e garantire loro un’esistenza libera e dignitosa, come afferma con indubbia
forza l’articolo due della nostra Costituzione.
Nonostante i pregiudizi e gli ostacoli che affrontano quotidianamente, le
famiglie omogenitoriali continueranno infatti a esistere, e a chiamarsi e a farsi
chiamare famiglie, che piaccia oppure no.
I fatti
Marzo 2012. Si è svolto a Ferrara il convegno dal titolo “Le nuove famiglie: contrastare
il pregiudizio omofobico”. L'iniziativa promossa dal Dipartimento di Scienze Umane
dell'Università di Ferrara, in collaborazione con il Centro per le Famiglie di Ferrara,
Agire Sociale CSV, Associazione Famiglie Arcobaleno (Genitori Omosessuali) e Agedo
(Associazione Genitori e Amici di Omosessuali), è stata un'occasione importante di
conoscenza e riflessione comune sulla realtà emergente dell'omogenitorialità. Il
convegno ha affrontato il tema dell'omogenitorialità, ovvero delle famiglie composte da
genitori dello stesso sesso sotto l'aspetto dei diritti, culturale, sociale e educativo, il
tema dell'omogenitorialità.
Antonio Rotelli, presidente della Rete Lenford, ha illustrato la situazione giuridica italiana all'interno del panorama
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europeo, percorrendo le varie proposte di legge che nel nostro paese si sono alternate, e mai concretizzate, sulla
questione dell'unione tra omosessuali. Nel contesto dell'Unione Europea la regolamentazione della famiglia è
caratterizzata in ciascun Stato da aspetti peculiari ed è accomunata, con l'eccezione di Italia e Grecia, dal concetto di
pluralità delle famiglie. Il matrimonio sussiste insieme ad altri istituti giuridici, che prevedono stessi diritti e doveri
del matrimonio stesso.
La maggior parte dei paesi europei hanno introdotto istituti giuridici (in alcuni sono stati equiparati al matrimonio) per
regolamentare le unioni tra coppie dello stesso sesso: Danimarca (1989), Groenlandia (1996), Ungheria (dal 1996 al
2006), Francia (1999), Germania (2001), Finlandia (2002), Lussemburgo (2005), Regno Unito (2005), Repubblica Ceca
(2006), Slovenia (2007), Austria (2010), Irlanda (2011). Un caso, per esempio, è l'istituto del civil partnership nel
Regno Unito, legge del 2005 che stabilisce le 'unioni civili'.
Recentemente il premier Cameron ha detto di voler proporre in Parlamento l'equiparazione di tali unioni civili al
matrimonio entro il 2015. In Francia esistono i pacs, in Germania il liebe partnershaft, in Belgio i contratti di
coabitazione tra persone dello stesso sesso che scelgono di convivere, anche per amicizia, comportano vari vantaggi,
come lo sconto sulle bollette, per via della significativa riduzione della spesa sociale per lo Stato.
Inserimento di Alessandro Bruni a dettaglio. Ecco un quadro delle differenti legislazioni sui matrimoni
omosessuali nel mondo. I matrimoni omosessuali sono legali in 10 Paesi; in altri cinque le nozze gay
costituiscono un reato punibile con la pena di morte, in 39 con il carcere.
•
Paesi Bassi: dopo aver creato nel 1998 una partnership aperta agli omosessuali, l'Olanda è stato il
primo paese, nell'aprile 2001, ad aprire ai matrimoni civili per le coppie dello stesso sesso. Obblighi
e diritti dei congiunti sono identici a quelli delle coppie eterosessuali, tra cui quello di adozione;
dall'entrata in vigore della legge al 2005 sono stati registrati 6mila matrimoni.
•
Belgio: i matrimoni tra omosessuali sono legali dal gennaio 2003. Le coppie gay hanno gli stessi
diritti di quelle etero, ad eccezione delle leggi sui figli; hanno tuttavia ottenuto nel 2006 il diritto di
adottare dei bambini.
•
Spagna: il governo socialista ha legalizzato nel luglio 2005 le nozze tra omosessuali ed è possibile per
queste coppie, sposate o meno, di adottare dei bambini; i conservatori - tornati al potere quest'anno
- avevano tuttavia fatto appello alla Corte Costituzionale, che deve ancora pronuciarsi; secondo i
sondaggi il 66% della popolazione è a favore del provvedimento.
•
Canada: matrimonio e diritto di adozione per le coppie gay è legge nazionale dal luglio 2005, primo
Paese nel continente americano a riconoscere questo diritto. In precedenza la maggioranza delle
province canadesi concedeva già le unioni tra persone dello stesso sesso.
•
Sudafrica: nel novembre 2006 il Sudafrica è divenuto il primo Paese africano a legalizzare le unioni
tra due persone dello stesso sesso tramite "nozze" o "partenariato civile".
•
Norvegia: una legge del gennaio 2009 mette sullo stesso piano le coppie omosessuali ed
eterosessuali, sia in merito alle nozze che all'adozione di bambini e ai benefici legati alla
fecondazione assistita (nel caso di un matrimonio fra due donne e una successiva gravidanza per
inseminazione, entrambe avranno il diritto di maternità). Dal 1999 esisteva la possibilità di stipulare
un patto civile.
•
Svezia: pioniera in materia di diritto all'adozione, la Svezia concede dal 2009 alle coppie gay di
sposarsi civilmente o tramite rito religioso, con il sostegno della Chiesa svedese. Dal 1995 erano
autorizzate le unioni di fatto.
•
Portogallo: una legge del primo giugno 2010 modifica la definizione di matrimonio, cassando il
riferimento "tra sessi diversi", ma per le coppie gay è escluso il diritto all'adozione; stando ai
sondaggi solo il 29% della popolazione era favorevole al provvedimento, molto al di sotto della media
europea (44%).
•
Islanda: il primo ministro Johanna Sigurdardottir ha sposato la sua compagna il 27 giugno 2010,
giorno in cui è entrata in vigore la legge che legalizza le nozze gay. Dal 1996 gli omosessuali
potevano stipulare delle unioni civili, diverse tuttavia dai matrimoni.
•
Argentina: il 15 luglio 2010, l'Argentina è diventato il primo paese a autorizzare i matrimoni
omosessuali in Sudamerica, la più grande regione cattolica del pianeta. Le coppie gay possono
adottare e hanno gli stessi diritti degli eterosessuali, indipendentemente da nazionalità e residenza.
•
Ci sono poi Paesi che autorizzano le nozze omosessuali su buona parte del loro territorio, come Stati
Uniti (negli Stati di Iowa, Connecticut, Massachusetts, Vermont, New Hampshire e la capitale
Washington; altri nove riconoscono delle unioni legali), e Messico (nella capitale federale).
•
Altri Paesi hanno adottato una legislazione sulle unioni civili che concedono dei diritti più o meno
estesi agli omosessuali, tra cui la Danimarca, che ha aperto la strada nel 1989 creando un "registro di
partenariato", la Francia che ha creato i Pacs (Pacte civil de solidarité, 1999), la Germania (2001), la
Finlandia (2002), la Nuova Zelanda (2004), il Regno Unito (2005), la Repubblica Ceca (2006), la
Svizzera (2007), l'Uruguay e la Colombia.
L'Italia non ha attualmente una legislazione effettiva nè per i matrimoni gay, nè per le unioni civili. Alcune regioni
italiane hanno tuttavia approvato degli statuti favorevoli ad una legge sulle unioni civili, anche omosessuali, tra cui la
Calabria, la Toscana, l'Umbria e l'Emilia-Romagna. Tra le varie proposte di legge italiane per la regolamentazione delle
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famiglie non coniugate ricordiamo che la più famosa è stata quella dei pacs, ovvero il patto civile di solidarietà, che
ha un contenuto completamente diverso rispetto all'omonimo francese e giace ancora oggi depositato alla Camera.
Un colpo di scena si è verificato a metà marzo 2012, quando la Cassazione si è espressa sul matrimonio contratto in
Olanda da due cittadini italiani: la sentenza della Corte Europea ha validità anche in Italia e, anche se il matrimonio
contratto in Olanda non può essere trascritto come tale in Italia, la coppia omosessuale costituisce una famiglia e
gode dei diritti e dei doveri propri del matrimonio. Se tali diritti venissero rifiutati, quella coppia oggi può rivolgersi a
un giudice. Il nocciolo della questione sta nell'uguaglianza dei diritti tra coppie gay ed etero. La Cassazione ha
espresso che la categoria dell'inesistenza per il matrimonio tra omosessuali non sussiste più.
Inserimento di Alessandro Bruni a dettaglio. Le coppie omosessuali, se con l'attuale legislazione "non
possono far valere il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato
all'estero", tuttavia hanno il "diritto alla 'vita familiare'" e a "vivere liberamente una condizione di coppia" con
la possibilità, in presenza di "specifiche situazioni", di un "trattamento omogeneo a quello assicurato dalla
legge alla coppia coniugata". E' quanto scrive la Cassazione in una sentenza depositata oggi, nella quale in
sostanza sottolinea che le coppie omosessuali hanno come "unico limite" la legge italiana.
E' la prima volta, lo scrive la stessa Corte nella sentenza n.4184, che la Cassazione si trova ad affrontare il
caso di una coppia gay che chiede il riconoscimento del proprio matrimonio contratto all'estero: i due uomini
si erano sposati nel 2002 a L'Aja ed avevano poi chiesto la trascrizione del certificato di nozze, come atto
pubblico, al comune di Latina dove sono residenti. Al rifiuto del Comune di riconoscere questo certificato e
quindi il matrimonio, la coppia ha fatto ricorso sia in Tribunale che alla Corte d'Appello di Roma, ricorsi
entrambi respinti. Di qui l'ulteriore istanza in Cassazione, dove la Prima Sezione Civile motiva la sua decisione
- che è comunque di rigetto del ricorso - in circa 80 pagine.
La Suprema Corte spiega che, se è vero che in Italia ancora non esiste una legislazione che preveda il
matrimonio tra gay (citando a questo riguardo anche la recente sentenza della Corte Costituzionale che
appunto aveva detto no ai matrimoni omosessuali), il quadro europeo dei diritti dei gay ed il contesto sociale
è fortemente cambiato. Infatti, essendo stata superata grazie alla Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo
"la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi é presupposto indispensabile, per così dire
naturalistico della stessa esistenza del matrimonio", la Cassazione sottolinea che "l'intrascrivibilità delle
unioni omossessuali dipende non più dalla loro 'inesistenza' e neppure dalla loro invalidità ma dalla loro
inidoneità a produrre quali atti di matrimonio, appunto, qualsiasi effetto giuridico nell'ordinamento italiano".
Le coppie gay, come i coniugi, hanno però il diritto ad una "vita familiare" e ad esigere e a far valere per
questo il diritto ad un "trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata".
Alessandro Taurino. La genitorialità omosessuale pare poi un ossimoro, ha sottolineato Alessandro Taurino, docente
dell'Università di Bari, su questo ossimoro si giocano tanto dolore e negazione dei diritti. Per smontare molti pregiudizi
omofobici, occorre approcciare lo studio della famiglia e della genitorialità in un'ottica plurale. Si tratta di coniugare
l'approccio alla differenze e alla pluralità di forme e modelli familiari alla qualità positiva delle relazioni all'interno
della famiglia, che è criterio base per il buon funzionamento familiare. Questo approccio è importante per contrastare
pregiudizi omofobici che talvolta sfociano in episodi di violenza, salendo spesso agli onori delle cronache. Oggi si ha
ancora paura a mettere in discussione il paradigma della famiglia tradizionale, formata da madre e padre biologici,
ma nella realtà italiana il 52% delle famiglie sono famiglie allargate, monogenitoriali, adottive, affidatarie, collegate
all'identità di genere. E' quindi importante interrogarsi su che cosa sia la genitorialità: un costrutto complesso che
riconosce essenzialmente la capacità di provvedere al proprio figlio, proteggerlo, sostenerlo nel suo percorso
evolutivo, dargli affetto, il senso delle regole, inserirlo in un contesto storico transgenerazionale. Il problema sta in
chi discrimina e nega l'esistenza delle unioni gay e dell'omogenitorialità, una realtà culturale e sociale, di
cittadinanza, che è ormai riconosciuta in tutta l'Unione Europea.
Chiara Baiamonte. Nella seconda sessione del convegno Chiara Baiamonte, psicoterapeuta, ha raccontato come
l'educazione alla pluralità di forme familiari passi attraverso la letteratura per l'infanzia. Le storie in cui i bambini
possono rispecchiarsi hanno, infatti, una forte influenza sullo sviluppo della loro identità. L'educazione ai vari
orientamenti sessuali è la base di una società democratica e non pregiudizievole. Presentato un percorso bibliografico
per le scuole materna e primaria dove si cerca di spiegare l'omogenitorialità, la pluralità delle forme famigliari, i
diversi ruoli genitoriali. “Tutte le famiglie possono essere un bel luogo dove crescere, se viene rispettata la funzione
genitoriale”, conclude così il suo viaggio di conoscenza delle diverse forma di famiglia il piccolo uovo, personaggio
centrale del libro di Francesca Pardi e Tullio F. Altan.
Ilaria Trivellati, dell'Associazione Famiglie Arcobaleno, ha infine restituito ai partecipanti al convegno un quadro della
realtà omosessuale italiana, snocciolando in sequenza una serie di dati significativi. Sono infatti 100.000 i minori in
Italia con un genitore omosessuale, dice uno studio recente dell'Istituto Superiore di Sanità. Sono invece 212 i bambini
delle famiglie arcobaleno, ovvero le famiglie composte da genitori dello steso sesso che hanno scelto di fare coming
out, espressione inglese che sta per “uscire fuori”, dichiarare al mondo la propria identità di genere in modo
pionieristico. L'Associazione Arcobaleno Genitori Omosessuali o aspiranti tali nasce nel 2005 da un gruppo di madri
lesbiche e conta attualmente 566 soci a livello nazionale. Sono 1600 le ricerche scientifiche effettuate a livello
internazionale sulle famiglie omogenitoriali e concordano tutte sul medesimo punto: i bambini cresciuti in famiglie
omogenitoriali hanno uno sviluppo analoga a quelli delle famiglie eterogenitoriali. L'associazione ha anche a Ferrara
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un nucleo attivo e promuove la conoscenza delle famiglie omogenitoriali e l'educazione alla diversità.
Maggio 2012. Ansa.it, 09 maggio 2012- Barack Obama si schiera a favore dei matrimoni
gay, diventando il primo presidente della storia americana ad assumere una tale
posizione. L'annuncio e' affidato a un'intervista della Abc, nella quale Obama spiega di
aver maturato la propria convinzione negli anni, parlando ''con amici, con la famiglia e
con i vicini''. Mettendo in evidenza - secondo gli estratti della Abc - come la sua
posizione sia personale, Obama sottolinea di sostenere l'idea che siano i singoli stati a
dover decidere.
''Le coppie dello stesso sesso dovrebbero potersi sposare'' annuncia Obama, citando Malia
e Sasha, e il fatto che proprie le figlie, anche per motivi generazionali, siano a proprio
agio con le coppie dello stesso sesso: ''Malia e Sasha hanno amici i cui genitori sono dello
stesso sesso. Alcune volte io e Michelle ci sediamo a tavola e parliamo con Malia e Sasha
dei loro amici e dei loro genitori e a loro non viene neanche in mente che dovrebbero
essere trattati diversamente. Per loro non ha senso e e francamente questo e' qualcosa
che cambia la prospettiva''.
Obama ammette anche che la First Lady ha avuto un ruolo nella sua decisione. ''E'
qualcosa di cui abbiamo parlato negli anni e lei condivide. Siamo ambedue cristiani e
ovviamente questa posizione potrebbe sembrare strana agli occhi degli altri. Ma quando
pensiamo alla nostra fede, la base e' che non solo Gesu' si e' sacrificato per noi ma che
gli altri vanno trattati come noi vorremmo essere trattati''.
Maggio 2012. Claudia Mura da Tiscali, nell'articolo del 17 maggio a titolo: “Diritti dei
conviventi, manca la legge ma ecco cosa possono fare le coppie di fatto, anche quelle
gay”. Siamo nel 2012 e una coppia non sposata per lo Stato italiano non rappresenta
alcunché. Anche se i due convivono da anni, progettano il proprio futuro come coniugi e
hanno figli, da un punto di vista legale sono considerati come estranei. Ne sanno
qualcosa le ex conviventi di militari uccisi che non essendo vedove non hanno potuto
presenziare al picchetto d’onore, oppure i partner di malati che in ospedale vengono
cacciati via “perché non sono parenti”.
I dati Istat del 2005 indicano in almeno 500mila le coppie che convivono mentre i figli
nati fuori dal matrimonio sono il 15%. Nonostante il fenomeno sia in continua crescita, è
ancora ignorato e oggi in Commissione Giustizia giace una decina di proposte di legge
per le unioni civili, ma una sintesi che preluda al via dell’iter parlamentare è ancora
lontano. Tanto lontano che persino la ministra del Welfare , Elsa Fornero ha dovuto
ricordare che "oggi le famiglie si fanno e si disfano e quelle tradizionali neppure si
formano. Le coppie di fatto chiedono di essere considerate famiglie. Ci sono coabitazioni
di persone dello stesso sesso che chiedono di essere riconosciute come famiglie. Lo so e
non lo posso dimenticare: io sono ministro anche delle Pari opportunità".
Maggio 2012. Monica Ricci Sargentini da Corsera, nell'articolo del 19 maggio a titolo:
“Noi genitori omosessuali chiediamo uguali diritti per i nostri figli”. In occasione della
festa delle famiglie arcobaleno che si terrà domani in nove città italiane, ospitiamo un
articolo di una rappresentante dell’associazione che riunisce i genitori omosessuali.
Un’antica e sempre rispolverata argomentazione per giustificare l’aggressione contro le
persone omosessuali è che queste siano contronatura. Benché risibile e fuori dalla storia
l’offesa ritrova tutto il suo vigore nelle discussioni da bar e nei talk show. Non importa
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se viaggiamo sugli aerei, curiamo il cancro e costruiamo arti artificiali. Non importa
neppure che in natura molte specie animali abbiano comportamenti omosessuali e che
esistano specie ermafrodite. E diventa secondario persino che in natura il cambiamento
e la diversità siano alla base della sopravvivenza delle specie. Gli omosessuali sono
contronatura. E questo basta.
Oggi, domenica 20 maggio in nove città italiane (Avellino, Ferrara, Firenze, Genova,
Milano, Palermo, Roma, Torino, Venezia) la festa si svolgerà in altrettanti parchi
cittadini dove i bambini potranno assistere a spettacoli teatrali, costruire giochi azionati
ad energia solare, invasare piantine, partecipare a vari tipi di laboratori ed
intrattenimenti che aiutino a focalizzare l’attenzione sulla diversità. La festa è anche un
momento di incontro tra le famiglie, si può imparare moltissimo in un pomeriggio di
gioco. Soprattutto riguardo a una categoria sociale esposta a un forte e radicato
pregiudizio come è quella delle persone omosessuali.
Viviamo in una società di diritti ma gli omosessuali vedono molti diritti negati,
principalmente tutti quelli negati alla sfera del diritto di famiglia. Sono sempre di più i
bambini nati all’interno di unioni omosessuali e alla luce del sole. E aumentano
esponenzialmente le persone che incontrando queste famiglie a scuola, nelle palestre,
sulle spiagge riconoscono semplicemente delle famiglie.
Una situazione che sta diventando paradossale e sempre più inaccettabile agli occhi di
tutta la società civile e non solo dei diretti interessati.
E’ finito il tempo in cui gay e lesbiche uscivano dai loro ghetti per testimoniare la loro
esistenza in un mondo a parte e poi si ritiravano in un altrove misterioso, quel sordido
“ambiente gay” dove nell’immaginario popolare fiorivano i delitti, anzi “maturavano”.
Adesso è evidente e scontato che viviamo tutti nello stesso mondo, omosessuali sono i
padri, i figli, i vicini di casa, il pediatra, le madri o il panettiere, la deputata e
l’operaio. Privare di diritti una parte della popolazione è contronatura, contro la natura
umana.
Commento ai fatti.
L'intervento di Barack Obama a favore delle nozze gay ha fatto il giro del mondo con
differenti commenti, alcuni basati su chiara utopia, altri ammantati di calcolo politico.
Comunque sia, questi commenti mi interessano poco. In tema di matrimonio, sia esso
omo- che etero- ho poco di personale da aggiungere stante comunque la difficoltà
contemporanea di definire questo istituto se non lasciando ogni considerazione di
opportunità e di declinazione personale e sociale ai diretti attori, qualora consezienti e
consapevoli.
Come genitore accogliente mi chiedo: i figli sono di chi li cresce? Una domanda lecita
per ogni famiglia accogliente.
Rispondere a questa domanda in modo oggettivo significa abbandonare stereotipi,
soggettività e pregiudizi. Cosa di per sé non facile. Se un Presidente degli USA prende
una decisione così ferma, considerato che inevitabilmente ha una risvolto politico,
significa che ha una forte parte dell'opinione pubblica che la pensa come lui.
Nel mondo sono tanti, secondo le ultime analisi, i figli che hanno due madri o due padri,
o un solo genitore. Bimbi sereni dicono gli psicologi, gli insegnanti, i pediatri che li
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analizzano e li "monitorano" fin dalla culla in numerose parti del mondo. Nati da
relazioni eterosessuali o nella coppia omosessuale stessa, tra due donne o due uomini,
complice la Scienza e le più ardite tecniche di procreazione artificiale.
Prendono il nome di nuclei omogenitoriali, per l'anagrafe italiana non esistono, la legge
li ignora, la Chiesa li condanna, le istituzioni li osteggiano. Invece sono sempre di più,
nel nostro paese il 17,7% degli omosessuali e il 20,5% delle lesbiche con più di 40 anni ha
uno o più figli, e il 49% delle coppie omosessuali dichiara di voler diventare genitore.
Il punto su cui ragionare è sicuramente basato sulla assenza programmata di un
elemento del sesso opposto tra i genitori. Ma qui non stiamo parlando di “sesso”, ma di
ruoli maschili o femminili (in una famiglia “normale” la modalità del rapporto sessuale
tra due partner non coinvolge i bambini. Per questo non è un problema di sesso ma di
polarità di ruoli genitoriali). Sappiamo che il bambino per crescere ha bisogno di queste
due polarità per poter compiere il suo processo identitario.
Obama riferisce di aver fatto un percorso su questo tema aiutato dalla moglie e dalla
considerazione che la società contemporanea più socialmente evoluta stia fortemente
cambiando. E' in corso una modificazione cruciale sia della maternità che della
paternità: si va sempre di più verso situazioni in cui i genitori si occupano a staffetta dei
figli o verso famiglie monogenitoriali (condizione subita dai figli e comunque anche in
questo caso voluta dal genitore residuale come scelta a non volersi unire famigliarmente
con un altra persona). Questo vuol dire che di volta in volta il padre e la madre
incarnano entrambi i ruoli, sono cioè le due figure insieme, gli uomini si
"maternalizzano" e le donne si “paternalizzano”. Ed è ciò che accade nelle coppie
omosessuali: se un figlio viene allevato da due uomini è inevitabile che questi sviluppino
anche una parte materna, e così accade nel caso di famiglia con due madri.
Anch'io come Obama (!?) ho condiviso le mie riflessioni con mia moglie e con la mia
ultima figlia tredicenne. La loro posizione è di maggiore cautela rispetto alla mia, ed è
determinata essenzialmente da quanto può accadere ai bambini accolti da un nucleo
omogenitoriale. Sono paure legittime alle quali legittimamente si può rispondere in vario
modo citando casi ritenuti “normali” in cui persone allevano figli non propri a causa di
eventi che determinano l'assenza dei genitori. Il nodo difficile da sciogliere è il contesto
non famigliare in cui il ragazzo/a si trova a vivere. Il contesto non può essere modificato
a proprio piacimento, se non in minima parte. Per un ragazzo/a sapere di essere allevato
da genitori omosessuali e frequentare amici che sanno di questa situazione, non è
indifferente, come non lo è in termini di derive sessuali vivere a Stoccolma piuttosto che
a Damasco, ai Parioli piuttosto che nelle borgate romane. E' in questo ambiente in cui il
ragazzo si dovrà confrontare per costruire la sua identità. Tutti assieme abbiamo
convenuto sulla necessità di avere una conoscenza più precisa della psicologia
dell'individuo omosessuale e delle dinamiche che si formano nella coppia omosex: più
che il pregiudizio individuale su noi prevaleva il pregiudizio sociale nel momento in cui
nel loro vissuto entra un minore.
Di nuovo la consapevolezza della necessità di capire un mistero, di capire una
separazione di mondi, di vite, di luoghi in cui si consumano le felicità o le infelicità
umane.
Al di là delle sfide che le famiglie omogenitoriali si trovano a dover affrontare sul piano
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dell’accettazione sociale, risulta difficile circoscrivere l’ampia e complessa realtà della
genitorialità non eterosessuale. Essa infatti si può manifestare in molti modi.
La distinzione che gli esperti sono soliti operare contempla due macro-situazioni. La
prima riguarda il caso in cui un figlio nato da una relazione eterosessuale si trova a
vivere con la madre e la sua nuova compagna o con il padre e il suo nuovo partner. La
seconda si riferisce invece alle esperienze cosiddette “per scelta”, dove il progetto di
filiazione è frutto di una decisione deliberata dalla coppia omosessuale.
Le strade per diventare genitori, in caso di individui omosessuali, sono:
• Ricorrere alla donazione di sperma. Il desiderio di essere genitori a volte si
scontra con la dura realtà: l'impossibilità di riproduzione. Questa è la sorte di
molte persone single, coppie non fertili o omosessuali. La donazione di sperma
permette di porre rimedio a questa condizione e avere la possibilità di diventare
genitori grazie ad una donazione sperma anonima. Questa procedura ha sempre
maggior successo in Italia dove in questo modo, dal 1973, sono avvenute quasi
40.000 nascite. La normativa regola questa pratica con condizioni piuttosto
severe. Il donatore di sperma, per esempio, deve avere meno di 45 anni e avere
già un figlio. Questo tipo di provvedimento permette ai centri di fornire un seme
sano e di qualità.
• L'inseminazione artigianale come mezzo di riproduzione. L'inseminazione
artigianale ha molti vantaggi. E' poco costosa e vincolante, è alla portata di tutti
e richiede pochissimo materiale. Questa tecnica di riproduzione consiste
nell'introdurre una siringa contenente gli spermatozoi nell'utero della madre
durante l'ovulazione. Questo procedimento non richiede rapporti sessuali e
accontenta madri single, coppie non fertili o omosessuali.
• L'inseminazione artificiale. Questa tecnica si svolge in un ambiente medico e
permette ad una donna che desidera avere un bambino di ricevere lo sperma dal
suo partner o da un donatore anonimo.
• La maternità surrogata. Il termine madre surrogata corrisponde ad una tecnica di
riproduzione medicalmente assistita che di solito fa seguito ad un'infertilità o
all'impossibilità per una coppia di avere un figlio. La madre surrogata scelta
riceve lo sperma dal padre ricevente o un embrione già fecondato secondo i
desideri dei genitori. La maternità surrogata si complica notevolmente quando si
presta maggiore attenzione alla normativa in vigore … La maternità surrogata è
vietata in Italia ma è possibile rivolgersi ad altri paesi dove la legge è più
indulgente nei confronti delle madri surrogate.
• Avere un figlio da sole. Le donne che desiderano avere un figlio da sole sono
sempre più numerose nella società di oggi. Spesso è più di una scelta. Queste
future madri sentono il bisogno di dare alla luce un figlio a partire da una certa
età, pur senza condividere una vita di coppia. Questa decisione non deve essere
presa alla leggera e di solito è ben ponderata. Circondate dai loro familiari e dai
loro cari, queste donne fanno il grande passo in Italia o all'estero in base alla
normativa in vigore...
• L'adozione di minori a single. L'adozione è praticamente inaccessibile alle
persone single, le donne che provano ad avere un figlio tendono a rivolgersi alla
donazione di sperma, non consentita alle donne single in Italia, è invece
completamente legale in Belgio o in Spagna. Un'altra soluzione è quella di trovare
un compagno che ricoprirà questo ruolo senza farsi coinvolgere più tardi nella vita
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•
•
del bambino.
L'affido di minori a single. E' una forma praticata ed è vincolata ad alcune regole
che devono salvaguardare il minore. Può essere praticata in forme assai brevi per
neonati in attesa di adozione, oppure per minori già grandi che si avviano
all'autonomia adulta (in genere con minori dai 16 ai 17 anni).
La co-genitorialità. La co-genitorialità si definisce come la possibilità, per 2
persone, di avere un figlio insieme senza condividere una vita di coppia. Questo
metodo permette ad ognuna delle due persone di godere degli stessi diritti e delle
stesse responsabilità nei confronti del bambino. Nel caso di genitori omosessuali,
questo processo viene definito genitori dello stesso sesso. Per chi desiderasse
approfondire il tema della co-genitorialità si veda: McHale F., La sfida della
cogenitorialità, Raffaello Cortina, 2010.
Alcuni autori propongono distinzioni più sottili. Certamente tutta la materia sia per
mutamenti sociali, sia per disponibilità della scienza è fonte di terminologie nuove, non
sempre ben chiare. Ad esempio alcuni ricercatori propongono una distinzione tra
genitorialità omosessuale, omogenitorialità e nuclei omogenitoriali. Se per genitorialità
omosessuale si deve intendere qualsiasi adulto omosessuale con figli, con il termine
omogenitorialità la studiosa indica i casi in cui il genitore omosessuale, pur essendosi
dichiarato tale, non vive con i propri figli, siano essi stati concepiti all’interno di una
relazione eterosessuale o in altra forma. Solo con il concetto di nucleo omogenitoriale
Bottino fa riferimento alle situazioni di convivenza tra il genitore omosessuale e i propri
figli, insieme, ma non necessariamente, all’eventuale partner. È su quest’ultima
esperienza che il mondo della ricerca si sta concentrando con sempre maggiore
interesse. Anche qui però è doveroso effettuare una separazione, e così all’interno della
realtà dei nuclei omogenitoriali è utile considerare da un lato i nuclei ricomposti e
dall’altro quelli pianificati.
L'adozione omogenitoriale in Europa
L’ omogenitorialità apre un dibattito nel mondo. Ogni Paese, con la propria cultura, ha il
suo modo di rispondere. La legge italiana rifiuta questo diritto agli omosessuali, mentre,
in altri Paesi, la situazione è molto diversa. Un panorama della situazione in Europa…
Italia. In Italia l’adozione per i nuclei omogenitoriali appare la strada più complicata. L’adozione da parte di
coppie omosessuali fa discutere. Per il momento, resta proibita. Nonostante la Corte europea dei diritti
dell’uomo abbia sancito nel Gennaio 2008 che anche gli omosessuali hanno diritto ad adottare un bambino, la
legislazione italiana è ferma alla legge n.184 del 1983 che prevede l’adozione solo per coppie sposate da
almeno tre anni. Evidentemente in assenza del riconoscimento delle coppie di fatto e dei matrimoni
omosessuali anche l’adozione appare lontana dall’attuazione. L’unico modo per adottare sarebbe quello di
trasferirsi all’estero. L’Italia non è il solo Paese a rifiutare il diritto di adozione ad una coppia di omosessuali.
I Paesi che non vedono alcun inconveniente a questo tipo di famiglia adottiva non sono molto numerosi e
rappresentano l’eldorado per quelle coppie di omosessuali che, non potendo procreare, desiderano adottare.
Tra questi Paesi, il più popolare resta l’Olanda.
Olanda. Dal 1° aprile 2001, il matrimonio omosessuale è riconosciuto e una coppia può addirittura adottare
un bambino. Ciononostante, per le coppie italiane è inutile pensare di andare in Olanda per un matrimonio in
stile Las Vegas. Il diritto al matrimonio e all’adozione è riconosciuto alle coppie omosessuali di nazionalità
olandese o ai residenti.
Belgio. La situazione non è proprio identica in Belgio. Il matrimonio omosessuale è legale, ma non
l’omogenitorialità. Ciononostante, i single che desiderino adottare possono farlo.
Spagna. La Spagna ha raggiunto da due anni il circolo chiuso dei Paesi che non oppongono resistenza al
matrimonio né all’adozione in seno alla comunità omosessuale sul suo territorio.
Danimarca. La Danimarca ha una posizione molto chiara sulla questione. Autorizza l’unione delle coppie dello
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stesso sesso, ma queste ultime non hanno né il diritto di adottare dei figli, né quello alla procreazione
assistita. Ciononostante, la legge danese autorizza gli omosessuali ad adottare i figli del proprio compagno.
Se ragioniamo dalla parte dei bambini, come consideriamo i figli di separati che si
trovano a vivere con due padri e due madri? Si obietta “sì, è vero, ma riteniamo che la
situazione sia non ottimale per la crescita del bambino ed è tuttavia sia una condizione
nella quale il minore si trova comunque a dover subire una situazione di un evento non
previsto (la separazione coniugale possiamo ancora considerarla come un evento non
previsto? Nel Nord Italia l'incidenza delle separazioni supera il 50 percento dei
matrimoni!). Differente è la omogenitorialità dove vi è un progetto in partenza che è
“innaturale”. Anche sulla innaturalità abbiamo delle difficoltà di definizione. Nella
considerazione più frequente tutte le situazioni in cui non esiste un padre e una madre
sono per il bambino “innaturali”, compresa la morte di un genitore.
Sul piano personale guardo invece con una certa preoccupazione e critica al ricorso a
mezzi della scienza per procreare un figlio d'altri. Reputo questo processo sia criticabile
e soprattutto forzatamente egoistico. Nel mondo esistono già tanti bambini privi di
famiglia che potrebbero essere accolti da nuclei famigliari omo- o eterogenitoriali.
Perché tanto narcisismo, perché tanta necessità di outing mediatico? Il bambino per
crescere non ha bisogno dei media, ma di persone di riferimento certe.
Scrolliamoci dai pregiudizi: quanti sono ancora attualmente i bambini che alla morte dei
genitori per un incidente stradale (ad esempio) vengono accolti da due zie che li
crescono con amore e capacità genitoriale! Non solo. Cosa impedisce che due sorelle
accolgano una ragazza per crescerla magari fino alla maggiore età?
Mi piacerebbe che il dibattito attuale sulla omogenitorialità non venisse ideologicamente
ghettizzato e confluisse nel più vasto dibattito sulla possibilità individuale e sulla
necessità sociale di crescere figli altrui.
Cosa dice la letteratura. Genitori si diventa
Questa affermazione è un po' banale e retorica assieme. Tuttavia è il punto di partenza
per cercare di dare una risposta dalla parte dei bambini al problema
dell'omogenitorialità. Riporto a seguire quanto già nel 1999 Donata Nova Micucci,
Presidente dell'Anfaa, affermava (si veda il sito dell'Anfaa datato 3 marzo 1999 con il
titolo: Dare al minore una famiglia adeguata):
Tutti i bambini sono uguali. Hanno gli stessi diritti. Vanno amati, educati, istruiti. È compito degli organi
preposti risolvere i problemi dei meno fortunati. Anche quando le situazioni sono complicate.
L'adozione internazionale è nata in Italia alla fine degli anni Sessanta come concreto riconoscimento
dell’eguaglianza di tutti i bambini nel fondamentale diritto alla famiglia.
A questa idea si collegava in quegli anni un’affermazione di principio che mantiene a tutt’oggi una carica
provocatoria: non è il concepimento, non è la procreazione a stabilire una volta per tutte il rapporto
genitore-figlio, ma il vivere insieme nella reciproca e quotidiana disponibilità. Questa affermazione, già
implicita in ogni adozione nazionale, prende maggior forza e consistenza quando il vincolo di filiazione si
forma con la stessa spontanea immediatezza nonostante le profonde differenze etniche e razziali.
Il vero significato dell’adozione internazionale sta, dunque, nell’affermare, al di sopra di ogni
classificazione, il diritto alla famiglia per ogni bambino.
La famiglia che adotta un bambino aiuta a superare il mito del legame di sangue. Chi diventa il genitore di
un bimbo di nazionalità diverse può contribuire a superare in modo ancora più concreto le barriere che
tuttora separano gli uomini, dando testimonianza di solidarietà senza confini.
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Per affrontare anche oggi correttamente l’adozione internazionale è opportuno ricordare che occorre
partire dal diritto del minore a una famiglia e non considerare prioritarie, invece, le aspirazioni degli
adulti. Il reale stato di adottabilità del minore e l’impossibilità di trovare nel Paese una famiglia per lui
rappresentano presupposti irrinunciabili per l’adozione. Le condizioni spesso drammatiche in cui vive il
minore nel proprio Paese d’origine non possono far pensare che per questi bambini sia sufficiente una
famiglia qualsiasi, ma si dovrà individuare fra le famiglie disponibili quella più idonea, la famiglia adottiva
più adatta per quel bambino.
Quella dei genitori adottivi di uno straniero dovrà essere una scelta che comporta la piena accettazione di
un bambino, qualunque sia la sua origine, il suo colore, il suo volto, nella convinzione profonda che tutti i
bambini sono uguali e hanno lo stesso diritto a essere amati.
La legge di ratifica della Convenzione dell’Aja è importante perché rappresenta una positiva integrazione
della legge n. 184/’83: "Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori", di cui sostituisce il titolo
sull’adozione internazionale, che è stato formulato recependo i contenuti della convenzione. Pertanto
restano invariati i requisiti degli adottanti, gli effetti dell’adozione; il ruolo della magistratura minorile,
delle regioni e degli enti locali vengono ulteriormente precisati, cambia la funzione svolta dagli enti
autorizzati (diventa obbligatorio per gli aspiranti genitori adottivi avvalersi di loro) e viene istituita a
livello nazionale la Commissione per le adozioni internazionali.
Il presupposto fondamentale di questo scritto sta nell'affermazione “Le condizioni spesso drammatiche in cui
vive il minore nel proprio Paese d’origine non possono far pensare che per questi bambini sia sufficiente una
famiglia qualsiasi, ma si dovrà individuare fra le famiglie disponibili quella più idonea, la famiglia adottiva
più adatta per quel bambino.” Guardando dalla parte dei bambini e delle loro necessità e della idoneità non
dovrebbe sussistere alcuna remora teorica all'adozione o all'affido di un bambino ad una coppia omosessuale.
Qualora venisse salvaguardato il principio della idoneità e del vantaggio del bambino gli unici ostacoli sono
basati solo su due ordini di pregiudizi: l'omosessualità e la convinzione che chi deve stabilire l'idoneità non
operi in modo corretto. Se il primo pregiudizio è solitamente a prescindere, il secondo è determinato da una
strisciante sfiducia istituzionale.
Cosa dice la letteratura. Da l'American Psychological Association (2004).
« Innanzitutto, l'omosessualità non è un disordine psicologico. Sebbene l'esposizione al pregiudizio e alla
discriminazione basati sull'orientamento sessuale possano causare stress acuti, non c'è alcuna prova affidabile
che l'orientamento omosessuale possa di per sé compromettere le funzioni psichiche. Inoltre, la convinzione
che gay e lesbiche non possano essere genitori idonei non ha alcun fondamento empirico. Tra le donne
lesbiche e le donne eterosessuali non sono state trovate differenze marcate nel loro approccio verso
l'educazione del bambino. I singoli componenti di coppie LGBT con figli si dividono in modo equo le questioni
inerenti alle cure dei bambini e sono soddisfatti della loro relazione col partner. I risultati di alcuni studi
suggeriscono che le capacità genitoriali di madri lesbiche e padri gay potrebbero essere superiori a quelle di
gentori eterosessuali dello stesso livello. Non ci sono prove scientifiche per dimostrare che madri lesbiche e
padri gay possano essere non idonei sulla base del loro orientamento sessuale. Al contrario, i risultati di
queste ricerche suggeriscono che i genitori omosessuali sono abili tanto quanto quelli eterossessuali nel
provvedere ad un ambiente solidale e salutare per i loro bambini. »
Cosa dice la letteratura. Critiche alla posizione dell'American Psychological
Association.
Molti contro-studi sono stati fatti per dimostrare che un bambino necessita di entrambe le figure e che senza
una di essa può crescere con dei problemi, e che il bambino sarebbe in pratica orfano di padre o di madre.
Una recente ricerca condotta in Inghilterra dal Economic and Social Research Council (ESRC) ha evidenziando
che i ragazzi che vivono con entrambi i genitori sono maggiormente felici di quelli che vivono in famiglie
monoparentali. Un altro studio pubblicato negli Stati Uniti dall'ente di ricerca Child Trends ha dimostrato che
i ragazzi che hanno vissuto con entrambi i genitori, hanno statisticamente meno problemi, sia a casa che a
scuola, di quelli che hanno vissuto in famiglie di altro genere.
Un'altra critica nasce dal fatto che in Italia le coppie che richiedono l'adozione sono molto maggiori rispetto
al numero dei bambini adottabili e quindi le coppie gay andrebbero a congestionare ulteriormente un sistema
che già non può soddisfare le richieste. Un fatto che ha evidenziato un problema è quello che si è venuto a
creare in Inghilterra, paese dove già esistono famiglie omogenitoriali, dove Il ministro dell'Istruzione ha
vietato l'uso dei sostantivi “mamma” e “papà” e imposto di usare il più generico “genitori". Altro argomento
critico è quello che essere genitori non è un diritto ma invece lo è quello di avere un papà e una mamma.
Gli studi di settore sulla omogenitorialità
Ciò che per un genitore è rilevante è comprendere se abbia senso per un minore senza
famiglia essere accolto in un nucleo omogenitoriale e quali sono i punti che devono
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essere considerati nella valutazione. Essendo questo un campo ancora molto poco
studiato (e anche qui non poche sono le derive di pregiudizio) è bene cercare di
approfondire la letteratura su questo argomento nella realtà italiana per essere concreti
più che predittivi, come accade quando si prendono in considerazione realtà lontane
dalle nostre siano esse nord-europee o nord-americane.
Nonostante gli unici studi scientifici pubblicati dimostrino come la capacità genitoriale
non sia legata all’orientamento sessuale (American Psychological Association, 2004), né
che l’identità del bambino, l’emotività, la salute psichica, lo sviluppo morale e fisico, la
sua capacità interattiva con il mondo esterno siano influenzabili dal fattore sessuale
della coppia (American Civil Liberties Union, 2006). Dunque, dinanzi all’assenza di
fondamenti scientifici, i critici mettono in campo illazioni basate su pregiudizi sociali. Ad
esempio, la difesa a spada tratta del diritto ‘naturale’ detenuto dalla sola famiglia
classica, con i ruoli fissi e immutabili di ‘madre’ e del ‘padre’, tiene conto più della
forma che non del contenuto.
Rimane indubitabile che ogni bambino nasce in modo naturale, ma non è poi detto che
chi lo cresce e chi lo educa sia il genitore biologico. In effetti abbiamo anche una deriva
lessicale (che è anche ideologica): si continua a parlare di padre/madre naturale e di
figlio/a naturale, mentre si dovrebbe dire padre/madre e figlio/a biologico/a.
Parrebbero sfumature, ma nel profondo determinano differenza: una madre adottiva è
“socialmente naturale”, ma non è biologica. Un figlio adottato è “socialmente
naturale”, ma non è figlio biologico.
Scaramozza. Come partenza di approfondimento viene in aiuto un articolo di V. Scaramozza, “Crescere in
famiglie omogenitoriali: differenza non implica deficit”, pubblicato in Riv. Sessuol., vol. 33, n. 3, 2009, pg:
173-182. Un articolo che mira ad approfondire la conoscenza delle specificità che caratterizzano la realtà
sommersa delle famiglie composte dalle coppie omosessuali, focalizzando l'attenzione sulla genitorialità e
sulla crescita e lo sviluppo del bambino. L'articolo dopo una disamina dello sviluppo psicosessuale e sociale
dei figli, della funziona materna e paterna svincolata dal genere, compie un approfondimento di sintesi sugli
studi sulla materia nel tempo e giunge a conclusioni che meritano di essere riportate per esteso.
Le teorie psicologiche non possono non risentire della circostante cultura del momento storico in cui
vengono sviluppate, è di primaria importanza perciò non smettere mai di confrontarsi con le trasformazioni
in atto nel contesto socio-culturale. Accanto ad esperienze molto positive (sia dal punto di vista dei genitori
omosessuali che dei loro figli) esistono delle situazioni problematiche, come quando l’omofobia porta i
genitori a nascondere la propria omosessualità ai figli, fondando delle relazioni con i propri figli non
completamente autentiche; in altri casi la separazione dal genitore eterosessuale e la convivenza con
l’omosessualità (spesso vissuta in clandestinità) possono creare molti disagi e sofferenze la cui fonte
essenziale è lo stigma sociale. L’eventuale disfunzionalità di alcuni nuclei omogenitoriali non risulta essere
un dato costitutivo, ma piuttosto un effetto delle difficoltà nel confrontarsi con un esterno rifiutante e
discriminante, difficoltà che possono portare ad una serie di conflitti incidendo sul vissuto interno della
coppia. L’assenza di un modello di riferimento non facilita la formazione di una immagine positiva di se
stessi come genitori e come omosessuali. Per questo motivo sarebbe importante una legge per poter togliere
alla realtà discriminata il suo contenuto “minaccioso”, disincentivando implicitamente l’omofobia sociale e
l’omofobia interiorizzata. Non esistono presupposti teorici in base ai quali si possa affermare la
disfunzionalità dell’omogenitorialità. Ogni persona possiede una sua particolare e intima attitudine ad
essere genitore indipendentemente dal suo orientamento sessuale. Attualmente sia le coppie omosessuali
che le coppie eterosessuali tendono ad intraprendere percorsi guidati dal desiderio di vivere la propria vita
in base a scelte libere e consapevoli invece che in base ai dettati della tradizione.
Le ricerche condotte fino ad oggi non sono in grado di fornire certezze assolute, ma dimostrano l’esistenza
di miti e pregiudizi e mettono in discussione stereotipi come quello che l’omosessualità dei genitori
influisca negativamente sulla formazione dell’identità di genere e che possa favorire l’omosessualità dei
figli. Si può ipotizzare che i bambini siano influenzati da una molteplicità di modelli nella formazione
dell’identità sessuale. Molto ancora deve essere indagato, sia in relazione alle diverse circostanze relative
alla nascita dei figli (precedenti relazioni eterosessuali, matrimoni, lunghe relazioni, brevi relazioni,
adozione, concepimento attraverso le tecniche di riproduzione assistita), sia in relazione ai diversi tipi di
famiglie che si vengono a creare (convivenza dei partner
o non convivenza, presenza di altre figure familiari). Sarebbe importante, inoltre, studiare quanto influenzi
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il benessere delle madri lesbiche e dei loro figli il grado di accettazione dell’orientamento sessuale da parte
della famiglie d’origine, dei padri, delle persone significative (insegnanti, amici) e del mondo circostante. I
dati su questi argomenti sono ancora molto scarsi, tuttavia la ricerca esistente fornisce le basi per credere
che il conflitto e la segretezza circa l’identità gay e lesbica dei genitori non creino benessere nei figli.
È prioritario sensibilizzare il mondo esterno e gli operatori sociali su questo tema. Sempre più spesso i
genitori chiedono consulenza per se stessi o ancor più per la relazione con i figli e tra i figli, ma piuttosto
raramente si incontrano operatori preparati sull’argomento. Gli operatori della famiglia dovrebbero,
quindi, rivolgersi verso questi nuovi nuclei familiari riconsiderandone le relazioni, ruoli, i valori e il nuovo
modello culturale da loro
creare molti disagi e sofferenze la cui fonte essenziale è lo stigma sociale. L’eventuale disfunzionalità di
alcuni nuclei omogenitoriali non risulta essere un dato costitutivo, ma il suo benessere è la qualità della
genitorialità (biologica o sociale che sia).
Per ottenere una maggiore comprensione delle complesse dinamiche psicologiche implicate e per poter
rendere possibile un sostegno psicologico a queste famiglie, bisogna orientarsi sulle differenze e sulla
specificità dei percorsi delle famiglie diverse, con un approccio pluralistico e maggiormente inclusivo, che
valorizzi le differenti forme di organizzazione familiare (risultato di processi socio-culturali) e di
espressione della funzione genitoriale.
Trappolin. Non meno significative appaiono le conclusioni di Luca Trappolin in Omogenitorialità. Frontiere,
regole, routines, in F. Bimbi e R. Trifiletti (a cura di), Madri sole e nuove famiglie. Declinazioni inattese della
genitorialità, Roma, Edizioni Lavoro, pp. 305-324, 2006.
Il percorso di analisi proposto consegna alcuni spunti interessanti per riflettere sulla
costruzione di una sfera pubblica multiculturale nel nostro Paese.
L’omogenitorialità risulta infatti un fenomeno la cui discussione collettiva sollecita un
confronto acceso sulla differenza socialmente rilevante delle persone omosessuali, fattore che
non permette di interpretare l’omosessualità come un aspetto della vita privata degli individui.
In questo senso, l’identità di gay e lesbiche si qualifica come una dimensione rilevante del
pluralismo culturale delle società Occidentali, caratteristica che può sfuggire all’attenzione pubblica nel
momento in cui il dibattito sull’omosessualità si orienta verso temi più “tradizionali” come la
discriminazione e l’esclusione sociale.
Ciò che emerge con più evidenza è l’ambivalenza dei risultati di una discussione in cui
l’omogenitorialità appare soprattutto un fenomeno che oltrepassa i limiti del pluralismo “accettabile”. Da
un lato, il dibattito sottende la possibilità di includere dentro le definizioni legittime di famiglia anche
modelli di relazioni orizzontali che – coinvolgendo partner di sesso diverso o dello stesso sesso – si collocano
al di qua dei limiti del condivisibile.
Dall’altro lato, però, emerge una sfera pubblica coesa attorno ad un nucleo nascosto di “eterosessualità
obbligatoria”. Nel caso dell’omogenitorialità, il riconoscimento è negato – ma
anche non richiesto – in nome di una rappresentazione del genere che considera vincolante la
distinzione tra uomini e donne e la loro complementarietà nell’allevamento dei figli. Da questo punto di
vista, la partecipazione delle persone omosessuali all’elaborazione simbolica
del legame sociale scopre un punto particolarmente critico della pluralizzazione delle identità
di genere, con il quale inevitabilmente si scontra.
Il tema della famiglia – e più specificamente quello delle relazioni familiari verticali –
fornisce quindi il campo di battaglia per un conflitto sulle basi strutturali della società italiana
che riguarda molto da vicino alcuni temi sui quali il conflitto sembrerebbe risolto: le relazioni
tra i sessi e la divisione sessuale del lavoro.
Manzani. Stralcio da Silvia Manzani, Figli di uno stesso sesso, 2011 Fernandel, Ravenna
L’Italia, ancora una volta, emerge come un paese sostanzialmente impreparato ad accogliere un fenomeno
che anche qui è in espansione, quello delle coppie omosessuali che crescono dei figli o decidono di averne.
E' importante elencare le principali obiezioni che vengono mosse all’omogenitorialità, nonché le più
importanti sfide che emergono da questo fenomeno, confrontandole con le
risposte che provengono dalle ricerche esistenti. La conclusione alla quale si giunge è piuttosto univoca,
laddove non si intravedono “danni” di nessuna natura, né psicologica, né sessuale, né sociale, nei figli di
coppie gay o lesbiche: si tratta di figli che crescono e vengono educati senza svantaggi rispetto ai loro
coetanei, se non per il pregiudizio sociale, che rischia di esporli alle discriminazioni. Figli che, quasi
sempre, crescono con una visione meno stereotipata delle differenze di genere, ma non per questo sono
destinati a divenire a loro volta omosessuali. Figli che, se amati e seguiti, non soffrono di depressione,
hanno buonissimi livelli di autostima e vanno bene a scuola.
Questo è anche un percorso di studi irriverente, in controtendenza, che divide gli animi. Ho
cercato di mettere, oltre la necessaria oggettività indispensabile all’analisi delle fonti, anche molta
passione. Quella per la pedagogia, che trattando di bambini, di educazione, di
famiglie, non può che essere un po’ rivoluzionaria, mutevole, e guardare sempre al futuro.
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...omissis...
Un diverso modo di prendere in considerazione le famiglie omogenitoriali consiste nell’associarle – in una
sorta di gioco di paragoni – alle forme famigliari che fanno parte da più tempo dell’immaginario collettivo:
famiglie ricomposte, tradizionali, monogenitoriali, allargate. In questo senso la famiglia ricomposta si avrà
quando i figli sono nati da precedenti relazioni eterosessuali seguite da una separazione o una vedovanza e
poi da una nuova unione, questa volta omosessuale. La famiglia tradizionale sarà composta invece da figli
nati all’interno di una coppia gay o lesbica, a prescindere dal modo. Si parlerà infine di famiglia
monogenitoriale nel caso di una lesbica single che ha avuto un figlio da un uomo con cui non ha più rapporti
o che è diventata madre attraverso l’adozione o la fecondazione assistita.
Caso limite, ma non trascurabile, è quello in cui due coppie omosessuali oppure una coppia omosessuale e
una terza persona progettino di avere un bambino e di gestire la genitorialità
in modo condiviso. È lo scenario che Anne Cadoret definisce «cogenitorialità» , fenomeno che sfugge alle
rilevazioni in quanto ricopre una posizione marginale nelle scelte genitoriali
omosessuali. Si tratta, comunque, di un terreno aperto a molteplici opzioni, legate da un solo minimo
comune denominatore: l’incontro di un uomo e una donna intenzionati a procreare.
Uomo e donna che però, a differenza delle coppie eterosessuali, non vivono insieme, spesso non si conoscono
o si conoscono a malapena, e devono negoziare strada facendo i loro statuti genitoriali. Non sempre,
comunque, l’uomo o la donna coinvolti nell’inseminazione e nella gravidanza hanno intenzione di
condividere con l’altro artefice dell’incontro procreativo la futura crescita e educazione del figlio. I partner
dei due genitori biologici, inoltre, possono essere coinvolti oppure esclusi dal progetto genitoriale.
Per Anne Cadoret (A. Cadoret, Genitori come gli altri. Omosessualità e genitorialità. Feltrinelli, 2008) la
situazione più complessa all’interno del vasto campo della cogenitorialità è quella, appunto, in cui entrambi
i partner di ciascuna delle due coppie coniugali coinvolte desiderano diventare genitori. Gli elementi di
complicanza riguardano in particolare il fatto che il desiderio di diventare genitori coinvolge tre o quattro
persone: ecco quindi che la definizione dei confini e delle gerarchie del nucleo familiare diventa
indispensabile.
Se avere ed educare un figlio è ormai considerata una scelta, un modo per realizzarsi pienamente, una sorta
di diritto individuale, che le tecniche di riproduzione assistita hanno ampliato separando la procreazione
dalla sessualità, allora l’idea stessa della famiglia formata da madre, padre e figli è già superata nei fatti.
Nella realtà esistono molte situazioni diverse, tra cui le famiglie cosiddette omogenitoriali.
Anne Cadoret considera le quattro condizioni possibili all’origine dell’omogenitorialità: ossia genitori che
hanno avuto un figlio prima dell’unione omosessuale; coppie lesbiche e gay incrociate per avere un figlio;
l’adozione; la procreazione assistita, compreso l’utero in affitto. E ne studia le dinamiche basandosi anche
sulle testimonianze dei genitori.
Affronta inoltre gli aspetti giuridici concernenti le famiglie omoparentali, i rapporti che si stabiliscono tra
bambini e nonni, le difficoltà cui vanno incontro i figli via via che crescono. E nota come i ragazzi
intervistati dicano di soffrire perché sanno che i propri genitori sono discriminati: il problema non
risiederebbe quindi nella loro omosessualità, bensì nel modo in cui questa viene accolta dall’ambiente
circostante.
In generale, l’autrice ridimensiona la paura connessa al fatto che questi bambini non possano avere un
“modello” dell’altro sesso, e porta esempi convincenti di come li si possa allevare senza escludere il
carattere femminile o maschile. Senza mai scadere nel luogo comune della pacificità della famiglia
omogenitoriale, Anne Cadoret spiega che questa non è una famiglia come le altre, ma che può funzionare
altrettanto bene, in certi casi perfino meglio.
La struttura familiare, però, non dice abbastanza sulle famiglie omogenitoriali. Secondo Laura Borghi per
esempio (in C. Chiari, L. Borghi, Psicologia dell'Omosessualità, Identità, relazioni familiari e sociali, Carocci
Editore, 2009), risulta molto più utile il criterio processuale, laddove si va a studiare «il modo in cui le
persone, indipendentemente dalla forma del contenitore che le racchiude, si relazionano tra loro,
gestiscono i propri ruoli, negoziano le proprie distanze e vicinanze, fanno coesistere unione e autonomia,
assicurano protezione e accudimento reciproco».
Esperienze
In Italia le famiglie omosessuali si sono consorziate in "Famiglie arcobaleno". E'
un'associazione fondata nel 2005 per promuovere, per la prima volta in Italia, il dibattito
pubblico sull'omogenitorialità e la tutela di tali formazioni sociali. L'associazione, diffusa
in tutto il territorio nazionale, si batte affinché trovino spazio nella legislazione italiana
norme a tutela dei diritti dei figli delle coppie conviventi, offre servizi di supporto psico-
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giuridico (sia tramite una linea telefonica che con gruppi) e didattico alle famiglie ed
agli educatori scolastici e promuove attività culturali e spazi di incontro per famiglie e
bambini. L'associazione gestisce un centro nazionale di documentazione sulla
genitorialità gay e lesbica, ed ha redatto e presentato la prima proposta di legge italiana
per la tutela dei figli delle coppie omogenitoriali, ed in particolare dei diritti e doveri
del co-genitore, ovvero del genitore non biologico nel caso, ad esempio, di morte
prematura del genitore legale. Nel 2008 ha presentato una proposta di legge
sull’assunzione di responsabilità genitoriale (art. 290-bis Titolo VII del Codice Civile) per
la tutela dei figli delle coppie omogenitoriali e in particolare dei diritti e doveri del cogenitore, ad esempio in caso di morte prematura del genitore legale.
Nella stanza di Arianna, 6 anni, figlia di Federica che vive con Cecilia, sua nuova compagna, Cenerentola e il
principe volteggiano abbracciati sul muro, mentre Minni e Topolino si guardano complici. Siamo a Roma, nella
periferia che si estende verso la Via del Mare, tra case nuove e scheletri di palazzi. Federica, 34 anni,
infermiera, descrive la faticosa scoperta e poi la conquista di un amore gay, dopo una vita eterosessuale, un
matrimonio, la separazione, la messa al bando dalla famiglia e le minacce dell'ex marito. "Arianna sa che per
me Cecilia è un affetto grande, adesso dice che ha due mamme, ci vede dividere il letto matrimoniale come
prima lo dividevo con suo padre. Certo per lei l'amore resta quello tra un uomo e una donna, mi sembra
naturale che sia così... Sa anche che presto arriverà un altro bambino, Cecilia ed io andremo a Copenaghen e
Cecilia farà l'inseminazione artificiale con il seme di un donatore: saremo una famiglia a tutti gli effetti,
anche se per la legge italiana il nostro bambino sarà soltanto figlio di Cecilia, lo Stato riconosce unicamente il
padre o la madre "biologici". Io semplicemente non esisto".
Federica tocca il cuore del problema, quello che ha portato Giuseppina La Delfa, docente di francese,
trapiantata in Italia da 19 anni in un minuscolo paesino vicino ad Avellino e mamma di una bambina di 5 anni,
a fondare insieme ad altri genitori le "Famiglie Arcobaleno". "Siamo migliaia ma c'è ancora una gran paura a
mostrarsi, a dichiararsi. In "Famiglie Arcobaleno" siamo circa 500 tra adulti e bambini, quasi tutti i nostri figli
sono nati "nella coppia", con la fecondazione assistita per le donne, attraverso il seme di un donatore o di un
amico, e con le "maternità surrogate" per i maschi. La mia compagna Raphaella ed io siamo andate in Belgio,
nel centro "Azvub", volevamo che fosse lei a portare avanti la gravidanza, ma c'erano dei problemi e così è
toccato a me... La cosa assurda però è che la mia compagna per la legge italiana non può prendersi cura di
nostra figlia, se io morissi la bambina resterebbe sola pur avendo un altro genitore...". È particolare la storia
di Giuseppina, che oggi ha 46 anni, è nata in Francia da genitori emigrati dalla Sicilia, ed è poi tornata a
vivere in un minuscolo borgo campano, senza fare mistero della propria omosessualità. Anzi, dando il via ad
una vera campagna di outing durante la gravidanza. "Volevo che la gente del paese fosse preparata all'evento,
all'arrivo di una bambina figlia di due lesbiche, e l'accoglienza è stata superiore alle aspettative, L. è piena di
amici, allegra solare... No, non mi sento egoista ad averla privata del padre: io le ho dato la vita, cosa può
esserci di più bello?".
Una famiglia come le altre, si potrebbe obiettare, con un padre e una madre, ed è questa infatti la tesi di chi
ritiene che le famiglie gay siano dannose per lo sviluppo di un bambino. Ma è proprio un esperto di infanzia e
adolescenza, Gustavo Pietropolli Charmet, a chiarire perché invece si può crescere bene anche in un contesto
così atipico. "Oggi è in corso una modificazione cruciale sia della maternità che della paternità: si va sempre
di più verso situazioni in cui i genitori si occupano a staffetta dei figli o verso famiglie monogenitoriali.
Questo vuol dire - spiega Charmet - che di volta in volta il padre e la madre incarnano entrambi i ruoli, sono
cioè le due figure insieme, i maschi si "maternalizzano" e le donne acquistano autorità. Ed è ciò che accade
nelle coppie omosessuali: se un figlio viene allevato da due padri è inevitabile che questi sviluppino anche
una parte materna, e così accade nel caso di famiglia con due madri. E i bambini cresciuti in questi contesti
non manifestano alcun problema diverso dai loro coetanei". Aggiunge Margherita Bottino, sociologa, autrice di
diversi saggi sulla "omogenitorialità", tra cui il libro "La gaia famiglia": "Quando una coppia gay decide di fare
un figlio, i due padri o le due madri preparano il terreno e invece di nascondersi cercano la massima
visibilità. E la società di solito è più pronta di quanto si creda. Il vero problema è la non esistenza giuridica di
queste famiglie. I pediatri americani hanno dimostrato che nelle realtà dove il loro status è riconosciuto i
bambini sono più sereni...".
Ed è infatti un percorso di assoluta trasparenza quello intrapreso da Tommaso e Gianfranco, insegnanti
romani quarantenni, oggi padri di una piccola di tre anni e di un bimbo di 6 mesi, nati in California attraverso
due "maternità" surrogate. Una sorta di "acrobazia" procreativa, ma i due neo-padri, impegnati in un full time
di biberon e pannolini, affermano di cavarsela benissimo. "Prima di lanciarci in questa avventura - spiega
Tommaso - abbiamo cercato di capire effettivamente come vivono i bambini nati da coppie gay. Ci siamo
interrogati sull'eventualità che ai nostri figli potesse mancare una figura femminile, ma ci sono due nonne,
diverse zie, e abbiamo deciso mantenere un rapporto anche con la mamma portatrice". "Nostra figlia va al
nido pubblico - continua Gianfranco -all'inizio le maestre erano sconvolte, smarrite, poi hanno iniziato a
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fidarsi, hanno addirittura inventato una favola in cui ci sono le zebre con due mamme, e i cuccioli di leone
con due papà... Le difficoltà arriveranno, perché la campagna contro l'omogenitorialità è forte, ma adesso
siamo una famiglia, ed è questo che conta".
Quali problemi devono affrontare i nuclei omogenitoriali
Questo universo è fatto di persone che trovano sulla loro strada ostacoli materiali e
soprattutto psicologici, che si trovano a dover prendere decisioni non tutelate dal
mondo esterno e a vivere una vita molto spesso non riconosciuta dagli altri, soprattutto
quando si tratta del tema della genitorialità. Cosa vuol dire essere genitori omosessuali,
che si abbia una relazione consolidata o che si sia single?
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Riconoscimento e accettazione del desiderio di maternità/paternità
Accompagnamento nel percorso di riconoscimento del proprio desiderio di
diventare papà e mamma.
Problematiche nelle precedenti relazioni eterosessuali.
Problematiche che possono sorgere e come affrontarle quando i figli sono nati da
precedenti relazioni eterosessuali dove una madre o un padre non accetta
l'omosessualità dell'ex coniuge.
Coming out e problematiche sociali.
Nuclei famigliari come gli altri ma che spesso si negano la possibilità di vivere
serenamente la propria vita sociale e lavorativa per paura di ritorsioni, su se
stessi e specialmente sui figli, in particolare se in età scolastica.
Come dire ai figli che si è gay.
La visione degli adulti del mondo dei bambini.
Comprendere le differenze su ciò che i bambini interpretano come amore e
valutare quando e come parlare di omosessualità.
Genitorialità lesbica e genitorialità gay
Differenze di genere nell'approccio alla genitorialità.
I problemi di contesto e di pregiudizio
Rispetto alla mia giovinezza è come se fossero passati secoli. Oggi assistiamo a coming
out autorevoli, quando allora non se ne parlava o si sparlava per sentito dire. Oggi con
chi va a letto la gente interessa solo ai cultori del gossip omo- o etero- che siano. Oggi
ciò che interessa, o che dovrebbe interessare, è se la coppia è formata da persone
perbene, oneste con se stesse e con gli altri. Sentiamo ormai la fatuità dei discorsi gretti
ed ignoranti, come se per essere donne o uomini fosse indispensabile sapere con chi si
va a letto. Sarà anche la stanchezza di una stagione politica di sovraesposizione
erotomane in cui si è cancellata la dignità sommersi da stantii comportamenti di eteroerotismo prezzolato o compiacente, per poi nascondere quanto una persona fosse ladro,
truffatore, evasore, xenofobo, razzista, ecc.
Ci riesce difficile dunque uscire dagli stereotipi sessuali machisti spesso sovrastando
questi come pregiudizi prima ancora di aver fatto una analisi obiettiva della persona. In
questo ponendoci nella condizione di fare differenze di valore tra un erotomane
eterosessuale e un erotomane omosessuale, quasi che il primo fosse morale e il secondo
patologico, senza considerare che entrambi sono fatto della stessa materia putrida ed
egocentrica. Ma tutto questo ha rilievo solo nello sfondo sociale.
Un bambino per nascere necessita di un ovocita da fecondare, uno spermatozoo
fecondante ed un utero accogliente, contenitivo e nutritivo. Nel tempo e con la scienza,
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queste tre indispensabili variabili sono state sostituite, surrogate,trovate altrove e,
spesso in luoghi corporei “altri” dai futuri genitori. Gli ovociti, per donne che non ne
producono più o per coppie di uomini, si trovano nelle apposite banche ; gli spermatozoi
per coppie di donne o per uomini infertili, nelle banche del seme.
L’utero, oggi può anche essere in affitto. Molti giovani donne, dietro largo compenso ,
mettono a disposizione il loro utero, ospitando ovociti e spermatozoi precedentemente
scelti.
Da persona che si occupa di coppie, famiglia , sessualità, genitorialità, mi pongo
un’infinità di domande, alle quali non sempre riesco a rispondere:
• Disgiungendo organi, liquidi corporei, vita intrauterina dalla futura madre, si
possono poi creare delle problematiche al nascituro?
• Questi figli che verranno, sicuramente infinitamente desiderati ed amati,
rappresentano un trofeo narcisistico ed un sigillo alla neo coppia o verranno
vissuti come tutti gli altri?
• Quanti figli di coppie e famiglie normo-costituite, con un papà con il pene ed una
mamma con i seni, vengono poi maltrattati, poco amati, non ascoltati ecc…
• Esistono regole per garantire, se non la felicità, almeno la serenità dei bambini?
Conclusioni
Queste conclusioni non possono che essere personali. Ciascuno potrà trarre le sue. Spero
nella consapevolezza di un mistero, di un vivere, di un amare che non può essere
rigettato per il solo fatto di essere diverso dal nostro. A leggere alcuni scritti di noti
omosex che fanno outing mi pare addirittura di percepire una eterofobia d'accatto, più
per dare scandalo che per far comprendere sensibilità e capacità di un sentimento
interiore delicatamente differente.
Scrollarsi di dosso pregiudizi di varia natura e soprattutto di natura sessuale è difficile.
Non solo. Oggi, contrariamente dal passato, non è tanto la negazione a priori della
naturalità dello stato omosessuale, come possibile variante biologica, a determinare
ostilità (sebbene, come sappiamo, la pressione, scientificamente immotivata, di quanti
ancora pensano che l'omosessualità sia una malattia non è affatto piccola), quanto
invece il passaggio da fatto privato tra adulti a imposizione di genitorialità ad un
bambino ignaro della condizione di genere dei due nuovi genitori.
Un bambino che non ha famiglia ha già tanti problemi, perché dargliene degli altri? La
domanda parrebbe di buon senso. Questi bambini abbandonati cercano la normalità,
cercano disperatamente di essere come gli altri che hanno famiglia “normale” (intesa
come stereotipo prevalente).
Dal mio punto di vista (che può essere opinabile) delle pratiche biologiche attuate da
coppie omo- o etero-sessuali per avere un figlio (inseminazione con donatore conosciuto,
inseminazione con donatore sconosciuto, maternità surrogata, adozione) posso accettare
solo l'adozione o anche l'affido (fatti salvi in quest'ultimo caso i diritti della famiglia
biologica d'origine). La ragione è semplice: in tutti gli altri casi è l'egoismo a prevalere
rispetto all'altruismo: si vuole avere un bambino come una merce di diritto e non come
atto di accoglienza, per avere narcisiticamente in casa un bambino e non per dare una
casa ad un bambino. Sono disposto anche ad accettare la quota di ambiguità che
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ciascuno di noi pone nella parola altruismo, ma la considero un passaggio umano di
dimensione etica che agisce caso per caso, situazione per situazione, nell'esercizio di un
dialogo interiore che pone i problemi e non le soluzioni.
Se mi avete letto sino a questo punto potreste chiedermi: ma allora sei favorevole o
contrario alla omogenitorialità? Rispondo che sono favorevole alla sola condizione che
vengano rispettati i diritti dei bambini. Come? Nell'esercizio di buone prassi,
nell'esercizio del caso per caso, dell'abbinamento ottimale, nel monitoraggio continuo,
nell'espressione primaria della priorità delle esigenze dei bambini a crescere in una
società socialmente giusta e rispettosa dei sentimenti e della capacità umane, omo- o
etero che siano. Ma così metti troppi paletti, così rendi difficile l'omogenitorialità! Si, la
rendo difficile perché accogliere è difficile soprattutto per la responsabilità che si
assume.
Accogliere non è parola facile da declinare, non ammette molte eccezioni (pensate a
quante eccezioni siamo disposti a creare per un accogliere nella nostra casa un vecchio
parente solo). Nell'accoglienza non sei tu che scegli, è lei che sceglie te. Frase retorica a
cui non conferisco alcuna sacralità o immanenza, ma solo proposizione di essenza laica,
civilmente sociale. Ma anche di coerenza. Se accolgo i sentimenti dei bambini
(stereotipo accettato), perché non posso accogliere e considerare i sentimenti di due
persone adulte diverse da me? Non escludo quindi a priori l'omogenitorialità, ma come
quella etero deve sottostare al diritto del minore abbandonato. Il come è nell'esercizio
della nostra umana limitatezza.
Bibliografia
Per uno sguardo generale e per una bibliografia mirata si veda
•
http://it.wikipedia.org/wiki/Omogenitorialit%C3%A0
•
Testo della Proposta di legge n.1206:
http://parlamento.openpolis.it/atto/documento/id/3039
•
Disegno di legge n.2263 sulla Riforma del Diritto di famiglia:
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?
tipodoc=Ddlpres&leg=16&id=00514827&part=doc_dc&parse=no
http://labussolaimpazzita.blogspot.it/2011/10/vademecumsullomogenitorialita.html
•
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