Come possiamo proteggerci dai tumori intestinali

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Come possiamo proteggerci dai tumori intestinali
COSA È IMPORTANTE SAPERE
SUI TUMORI INTESTINALI
Suggerimenti per gli individui
a maggior rischio
A CURA DI:
Prof. M. Ponz de Leon, Prof. L. Roncucci, Prof. P. Benatti,
Dr.ssa C. Di Gregorio, Dr. L. Reggiani Bonetti, Dr.ssa M. Pedroni,
Dr.ssa F. Domati, Dr.ssa G. Rossi
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indice:
Considerazioni generali
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Il rischio di Cancro Colorettale
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La Sindrome di Lynch
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Poliposi Adenomatosa Familiare (FAP)
11
Poliposi Adenomatosa Familiare Attenuata (AFAP)
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Sindrome di Peutz-Jeghers (P-J)15
La Poliposi Giovanile16
La Poliposi Iplerplastica17
La Sindrome di Cowden / Bannayan
19
Le forme cliniche sospette/Familiarità
20
Lo stile di vita21
L’alimentazione22
Esempi di alimentazione equilibrata
24
I sintomi da non trascurare
25
Screening25
Considerazioni conclusive26
Recapiti dei componenti del Gruppo
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CONSIDERAZIONI GENERALI
SUI TUMORI INTESTINALI
COS’È IL COLON-RETTO (Figura 1)
Chiamato anche grosso intestino o semplicemente colon, è la porzione
terminale del canale alimentare; ha la funzione di promuovere il riassorbimento di acqua e sali e quindi di consolidare le feci dando loro la
consistenza fisiologica, prima dell’espulsione.
La maggior parte dei tumori intestinali si verifica nel colon-retto, mentre sono molto più rari nell’intestino tenue; per tale motivo quando si
usa il termine “tumore intestinale” comunemente si fa riferimento ai
tumori del colon-retto.
Figura 1. Il colon-retto e le porzioni che lo compongono.
Nel quadrato piccolo, due polipi del trasverso.
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COS’È IL POLIPO (Figura 2)
I polipi sono piccole escrescenze o protuberanze della superficie intestinale. Con qualche generalizzazione, i polipi possono essere distinti
in Iperplastici e Adenomatosi. I primi sono considerati sostanzialmente benigni, perché la loro trasformazione in un tumore maligno è rara.
Anche gli adenomi sono inizialmente benigni; tuttavia, una parte di essi
(difficilmente valutabile, vista l’estrema frequenza di tali lesioni, ma tuttavia attorno al 10% di tutti i casi) può trasformarsi in carcinoma – cioè
in un tumore maligno - in un arco di tempo variabile (talvolta molto
lungo, anche superiore ai 10 anni). Esistono anche altri tipi di polipo
intestinale (polipi serrati, polipi amartomatosi, polipi infiammatori). La
precisa definizione di questi polipi può essere di utilità per la identificazione di alcune sindromi rare.
È pertanto corretto considerare gli adenomi colorettali come delle lesioni precancerose, la cui precoce identificazione e asportazione permette
di prevenire il successivo sviluppo di cancro.
La serie di eventi che porta dall’adenoma al carcinoma è conosciuta
come “Sequenza Polipo-Cancro”. La durata di tale processo è imprevedibile e presumibilmente molto variabile da un soggetto all’altro.
Figura 2. Polipi sessili e peduncolati del colon-retto.
Il colore più scuro indica l’avvenuta cancerizzazione.
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COS’È IL CARCINOMA COLORETTALE
Il Cancro (o carcinoma) colorettale è uno dei tumori maligni più frequenti in tutto il mondo occidentale. Nella provincia di Modena (670.000
abitanti circa) vengono osservati ciascun anno circa 600-800 nuovi casi
di tumori maligni intestinali. La fascia di età più colpita è quella tra i 60
e gli 80 anni, con una lieve prevalenza nel sesso maschile.
Se la malattia è diagnosticata in tempo, l’intervento chirurgico di resezione intestinaleb ed asportazione del tumore determina la guarigione
nella gran maggioranza dei casi; le probabilità di guarigione sono ovviamente più basse se la malattia viene diagnosticata in una fase più avanzata. Negli anni più recenti, specie dopo l’introduzione dello Screening
regionale per i tumori del colon-retto basato sulla ricerca del sangue
occulto nelle feci, si è verificato un aumento delle diagnosi di cancro
colorettale in fase iniziale (Polipo cancerizzato). In molti di questi casi
è stato possibile asportare il tumore per via endoscopica, evitando così
l’intervento.
I sintomi dei tumori colorettali sono per lo più aspecifici, di intensità variabile e a comparsa spesso tardiva; risulta pertanto chiaro che non ci si
possa basare su di essi per una diagnosi precoce. Tra i sintomi il più importante resta la presenza di sangue nelle feci, un segno che deve sempre
indurre il paziente a contattare un medico. Altri sintomi possono essere
il dolore addominale, la stitichezza ostinata, l’anemia, il dimagrimento e
gli episodi ripetuti di diarrea.
Diviene pertanto estremamente importante individuare i soggetti a
maggior rischio di cancro colorettale, per consigliarli adeguatamente e
per proporre loro gli accertamenti più idonei per una diagnosi precoce,
da raggiungere – idealmente – quando la malattia è ancora allo stato di
polipo adenomatoso.
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IL RISCHIO DI CANCRO COLORETTALE
Il rischio per una determinata malattia è – grossolanamente – la probabilità che ogni individuo ha di svilupparla.
Per la popolazione generale, il rischio di andare incontro ad un carcinoma colorettale – nell’arco della propria vita – è di circa il 5% (cioè 1
persona su 20).
Il rischio aumenta di 2-3 volte (10-15%) in presenza di alcuni fattori quali:
A) una alimentazione eccessiva, che porti ad un aumento
del peso corporeo
B) un’alimentazione ricca di carne e grassi animali
C) una dieta povera di fibre e di vegetali
D) una condizione di sovrappeso
E) la tendenza alla sedentarietà e quindi la scarsa attività fisica
F) malattie infiammatorie croniche del colon-retto
(Rettocolite Ulcerosa e Morbo di Crohn)
È da notare che per alcuni di questi fattori di rischio gli studi si sono
spesso rivelati in contrasto tra loro, quindi poco riproducibili.
Il rischio aumenta soprattutto se vi è una certa “familiarità” per tumori colorettali, cioè se in una famiglia si sono già verificati altri casi della malattia.
Il rischio diventa elevatissimo (50% e più) nei portatori di mutazioni
genetiche che predispongono allo sviluppo di tumori intestinali ereditari (Sindrome di Lynch, Poliposi Adenomatosa Familiare, Poliposi Attenuata, Sindrome di Peutz-Jeghers ed altre forme più rare di poliposi).
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COSA SI INTENDE PER TUMORE COLORETTALE EREDITARIO
I tumori colorettali ereditari sono delle sindromi in cui la predisposizione allo sviluppo di tumori benigni o maligni (del colon-retto e di altri
organi) si trasmette da una generazione alla successiva secondo le leggi
della genetica. Le più comuni forme di tumori colorettali ereditari sono
la Sindrome di Lynch, la Poliposi Adenomatosa Familiare, la Poliposi
Attenuata, la Sindrome di Peutz-Jeghers, la Poliposi Iperplastica, la Poliposi Giovanile e la Sindrome di Cowden/Bannayan. Per quasi tutte queste condizioni sono altamente raccomandabili accertamenti genetici,
per identificare i soggetti a rischio, e specifici protocolli di sorveglianza
al fine di permettere una diagnosi precoce ed un tempestivo intervento.
A – Sindrome di Lynch
Definizione e quadro clinico
La Sindrome di Lynch, conosciuta anche come HNPCC (Hereditary
Non-Polyposis Colorectal Cancer) è una malattia genetica che si trasmette dai genitori ai figli secondo una eredità di tipo autosomico dominante. Ciò implica che in ogni generazione il rischio teorico è che il 50%
(1 su 2) degli individui sia affetto dalla malattia, indipendentemente dal
sesso. I pazienti affetti dalla sindrome di Lynch tendono a sviluppare
tumori maligni intestinali (a partire da polipi adenomatosi) ad una età
più precoce rispetto alla popolazione generale, in molti casi anche prima dei 40 anni. Spesso questi tumori si sviluppano nel colon destro,
cioè nel tratto compreso fra il ceco e la flessura splenica (si veda la figura
1), mentre i tumori colorettali sporadici (cioè non legati alla sindrome)
sono più frequenti nel sigma e nel retto. La sindrome di Lynch si caratterizza anche per la frequente comparsa di tumori multipli (cioè due o
più tumori nello stesso soggetto), sia nel colon-retto che in altri organi.
Tra gli altri organi più colpiti vi sono l’utero (endometrio), le vie urinarie, l’ovaio, lo stomaco e, meno frequentemente, tumori di altri organi
(Intestino tenue, cervello, mammella, pancreas).
Accertamenti Biologici
Lo studio della sindrome di Lynch inizia con la ricerca, in uno dei tumori asportati, di alcune alterazioni genetiche nel frammento tumorale incluso in paraffina. Il primo parametro da valutare è la presenza di
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instabilità dei cosiddetti microsatelliti (particolari sequenze del DNA
tumorale altamente ripetute e sparse per il genoma). In presenza di una
elevata instabilità si valuterà l’espressione tissutale delle proteine codificate dai geni responsabili della malattia. La mancata espressione di una
delle proteine indicherà quale sia il gene verosimilmente coinvolto. A
questo punto al paziente affetto da tumore verrà fatto un prelievo di
sangue per la ricerca di mutazioni cosiddette “costituzionali” (o germinali). Identificata una mutazione genetica in uno dei quattro geni che
caratterizzano la sindrome (denominati hMSH2, hMLH1, hMSH6 e
hPMS2), il test genetico sarà proposto a tutti gli individui a rischio in
una determinata famiglia (parenti di primo grado di pazienti affetti da
cancro colorettale o di altri organi bersaglio). Trattamento
Se il tumore maligno si è già sviluppato, il trattamento è chirurgico, cioè
l’asportazione del tumore. Sul tipo di trattamento esistono due opzioni:
la colectomia subtotale, cioè la rimozione di tutto il colon (con anastomosi ileorettale) e la emicolectomia. In entrambi i casi è necessaria una
stretta sorveglianza endoscopica dei tratti colorettali residui.
Sorveglianza (Follow-up)
La sorveglianza degli individui a rischio (ed anche dei pazienti affetti
già operati, vista la frequenza di tumori multipli) si basa su alcuni accertamenti diagnostici. Negli individui portatori di mutazione in uno
dei geni che caratterizzano la sindrome si raccomanda di sottoporsi alla
prima colonscopia tra i 20 ed i 25 anni di età. L’esame dovrà esser completo, nel senso che si dovranno esplorare tutti i tratti del colon, dal ceco
al retto. L’esame andrà riproposto ad intervalli di 1-2 anni praticamente
per tutta la vita. Per le donne è consigliabile sottoporsi ad una ecografia
transvaginale ad un’età di 25-30 anni, e quindi a regolari intervalli di
tempo (2-3 anni). Per tutti i portatori di mutazioni costituzionali sono
consigliabili, a partire dai 25-30 anni, periodici esami generali del sangue (emocromo, funzionalità epatica, reagenti di fase acuta, glicemia,
azotemia) ed una ecografia addominale. A parte colon ed endometrio, le
linee guida non indicano la sorveglianza di altri organi bersaglio.
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Interventi Preventivi e Diagnosi Prenatale
Gli interventi preventivi – quali la rimozione del colon retto o dell’utero
prima che si sviluppi un tumore maligno – rappresentano una opzione che
in certi casi va discussa con il paziente. Similmente, la possibilità di una
diagnosi genetica prenatale può esser presa in considerazione e va discussa.
B – Poliposi Adenomatosa Familiare (FAP)
Definizione e quadro clinico
La FAP è definita dalla presenza di almeno 100 adenomi nel grosso intestino, solitamente alla prima colonscopia. Nella maggior parte dei casi
i polipi sono disseminati nei vari segmenti del colon-retto, ed il loro
numero è ben superiore al centinaio (fino al migliaio). Se non trattata,
la malattia porta inevitabilmente alla degenerazione di uno o più adenomi in tumori maligni (carcinomi infiltranti) solitamente nella terza
o quarta decade di vita. La FAP è una malattia genetica, autosomica
dominante nella maggior parte dei casi (quelli dovuti a mutazioni del
gene APC), quindi riconosce le stesse caratteristiche di trasmissione
(di generazione in generazione) della Sindrome di Lynch. Una piccola
frazione di tutti i casi di FAP (10% circa) è dovuta a mutazioni di un altro gene (MutYH) e riconosce un diverso meccanismo di trasmissione
genetica (autosomico recessivo). Oltre ai polipi colorettali, possono far
parte del quadro clinico una serie di “manifestazioni extracoloniche”
le più frequenti delle quali sono:
– Osteomi del cranio e della mandibola
– Caratteristiche macchie retiniche
– Denti soprannumerari ed inclusi
– Tumori desmoidi
– Polipi ghiandolari (benigni) dello stomaco
– Adenomi duodenali (potenzialmente evolutivi)
– Carcinomi duodenali
– Adenomi e carcinomi tiroidei e di altre ghiandole endocrine
– Cisti cutanee
Accertamenti Biologici
Nel sospetto clinico di una Poliposi Adenomatosa Familiare il test genetico di elezione è la ricerca di mutazioni del gene APC su DNA estratto
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da globuli bianchi del sangue. Tali mutazioni si osservano in circa l’80%
dei casi con il classico quadro clinico (più di 100 polipi colorettali).
Accertata la presenza di una mutazione di APC, il test dovrebbe essere
eseguito in tutti gli altri individui a rischio nella famiglia, ovverosia parenti di primo grado (genitori, fratelli e figli) di soggetti affetti da FAP. In
caso di negatività per mutazioni di APC, si può procedere alla ricerca di
mutazioni del gene MutYH. In presenza di mutazioni costituzionali di
APC o MutYH, un individuo ha una probabilità di sviluppare un quadro di poliposi vicina al 100%.
Trattamento
La terapia elettiva della FAP è la colectomia, cioè la rimozione del grosso
intestino. Tale intervento va di solito effettuato tra i 18 ed i 20-22 anni,
in casi particolari (polipi displastici o di grosse dimensioni) è prudente
anticipare l’intervento di qualche anno. Due sono i principali tipi di intervento chirurgico: la colectomia subtotale con anastomosi ileorettale
e la proctocolectomia totale con anastomosi ileoanale. Entrambi gli interventi presentano vantaggi e svantaggi; la scelta andrà quindi discussa
con il chirurgo soprattutto in base alle caratteristiche del paziente, alla
diffusione dei polipi e, secondo alcuni, al tipo di mutazione.
Sorveglianza
Dopo l’intervento, gli individui affetti andranno seguiti con periodici controlli del retto residuo (in caso di anastomosi ileorettale) o della
“pouch” ileale (in caso di anastomosi ileoanale), ad intervalli annuali nel
primo caso e circa triennali nel secondo. Eguale attenzione andrà posta
nella sorveglianza del tratto digestivo superiore (stomaco e duodeno)
mediante gastroscopia da eseguire ogni 1-3 anni. Fanno parte della sorveglianza degli individui affetti anche una ecografia tiroidea (ogni 1-2
anni), un’accurata visita dermatologica (1-2 anni), un’ecografia addominale ed una batteria completa di esami del sangue (annualmente).
Per gli individui portatori di mutazione e non ancora operati (‘gene carrier’) la sorveglianza sarà simile a quella dei pazienti già sottoposti ad
intervento, con l’unica ovvia differenza che andrà esplorato tutto l’intestino, con rimozione ed esame dei polipi di maggiori dimensioni.
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Diagnosi Prenatale
La possibilità di una diagnosi genetica prenatale può esser presa in considerazione e quindi discussa con il paziente.
C – Poliposi Adenomatosa Familiare Attenuata (AFAP)
Definizione e quadro clinico
Nella sua definizione più semplice, la AFAP è caratterizzata dalla presenza, solitamente alla prima colonscopia, di un numero di adenomi
colorettali compreso fra 10 e 99. I polipi, come nella FAP, possono essere sparsi per il colon-retto o localizzati in uno o più segmenti. Se non
adeguatamente trattata la AFAP conduce spesso alla degenerazione maligna di uno o più adenomi, solitamente nella quarta o quinta decade di
vita (in certi casi ad un’età anche più avanzata). La AFAP può comparire
in forma sporadica (un solo individuo affetto) o può avere le caratteristiche di una malattia genetica, cioè con più casi in una stessa famiglia.
Nelle forme genetiche la malattia si trasmette in una parte dei casi in
modo autosomico recessivo, cioè con “salti” di generazione (se una generazione è affetta, la successiva di solito non presenta casi di AFAP,
ma questi possono verificarsi nella terza generazione, o in parenti più
lontani, e così via). Questi casi (circa il 30% del totale) sono dovuti a
mutazioni costituzionali del gene MutYH. In un 10-20% circa dei casi
la malattia è dovuta al gene APC (il gene della FAP) ed in questi casi si
trasmette in modo autosomico dominante, cioè da una generazione alla
successiva. Oltre ai polipi colorettali possono esser presenti, anche se
non con la stessa frequenza, le stesse manifestazioni extracoloniche già
descritte per la FAP.
Accertamenti Biologici
Nel sospetto clinico di Poliposi Adenomatosa Attenuata il test genetico
di elezione è la ricerca di mutazioni del gene MutYH su DNA estratto da
globuli bianchi del sangue. Mutazioni di MutYH si osservano nel 30%
dei soggetti con un tipico quadro di AFAP. Accertata la presenza di una
mutazione, è opportuno eseguire la stessa ricerca genetica nei familiari
di primo grado dei pazienti affetti, In caso di negatività per mutazioni
di MutYH, si procede con la ricerca di mutazioni di APC. È da notare
che a differenza della FAP in più del 50% delle Poliposi Attenuate non si
osserva alcuna mutazione genetica.
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Trattamento
Per il trattamento della AFAP esistono due opzioni, le quali andranno
valutate e discusse con i medici specialisti. Se il numero di polipi è inferiore a 30-40, l’approccio endoscopico può considerarsi valido, purchè
l’endoscopista riesca ad asportare – anche in più di una seduta – tutti i
polipi (i quali andranno attentamente studiati dal patologo). Nei casi
con più di 40 polipi l’approccio endoscopico è più complesso, e questo
rende consigliabile l’intervento chirurgico (solitamente la colectomia
subtotale con anastomosi ileorettale o, in certi casi, interventi meno demolitivi). In ogni caso il trattamento tenderà ad essere “personalizzato”,
tenendo conto non solo del numero e delle caratteristiche dei polipi, ma
anche della “compliance” del paziente, nel senso che vi saranno pazienti
più adatti ad una sorveglianza endoscopica ed altri più adatti ad esser trattati per via chirurgica. Il trattamento medico è ancora in fase sperimentale; tuttavia in casi ben selezionati è possibile prendere in considerazione
la terapia con farmaci “chemiopreventivi”, quali l’Aspirina ed il Celecoxib.
Sorveglianza
Nei pazienti operati di colectomia ed anastomosi ileorettale la sorveglianza sarà simile a quella suggerita ai pazienti con FAP. I pazienti trattati con rimozione endoscopica dei polipi (e quelli trattati con interventi
di resezione intestinale) andranno sorvegliati con colonscopie di solito
su base annuale, per la rimozione dei polipi di nuova formazione. In
alcuni casi, la continua formazione di nuovi polipi potrà rendere necessario l’intervento chirurgico. Per i familiari portatori di mutazioni
genetiche (eterozigoti) di MutYH il rischio di poliposi e di carcinoma
del retto è relativamente basso; la sorveglianza potrà così limitarsi ad
un primo accertamento endoscopico da eseguire tra i 30 ed i 40 anni,
e quindi da ripetere ogni 3-5 anni. Per i familiari di pazienti con mutazioni del gene APC si procede con la stessa sorveglianza descritta per i
“gene carrier” nella FAP. Infine, per i familiari dei soggetti nei quali non
sono state identificate mutazioni costituzionali non esistono linee guida
ben definite, anche se è prudente eseguire un accertamento colonscopico attorno ai 40 anni. Similmente, l’opportunità di eseguire altri accertamenti (gastroscopia) andrà discussa con i medici specialisti.
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D – Sindrome di Peutz-Jeghers (P-J)
Definizione e quadro clinico
La sindrome di Peutz-Jeghers è una rara poliposi intestinale caratterizzata
dallo sviluppo di polipi di un istotipo particolare (amartoma) nei vari
tratti del canale alimentare (specie intestino tenue e colon-retto) associati
a pigmentazioni cutanee e mucose simili a comuni nevi piani ben evidenti attorno alle labbra e nella mucosa della bocca (più raramente nelle
dita). La malattia si associa ad un elevato rischio di tumori maligni, sia
dell’apparato digerente (colon-retto, pancreas, stomaco) che di altri organi (specie mammella). Un altro problema frequente nella P-J è rappresentato dall’ostruzione intestinale (specialmente del tenue) dovuta ai polipi
di maggiori dimensioni, e che richiede quasi sempre l’intervento chirurgico in urgenza. Nella maggioranza dei casi la malattia è dovuta a mutazioni costituzionali del gene STK11/LKB1; il quadro clinico si trasmette
di generazione in generazione secondo un meccanismo di trasmissione
genetica autosomico dominante, come nel caso della S. di Lynch e della
FAP.
Accertamenti Biologici
Nel sospetto clinico di sindrome di P-J il test genetico di elezione è la
ricerca di mutazioni del gene STK11, attualmente possibile solo in pochi
laboratori. Mutazioni di tale gene si osservano in più dell’80% dei casi di
P-J. Accertata la presenza di mutazione in un individuo affetto, il test andrà proposto a tutti i familiari a rischio (parenti di primo grado) anche
in assenza delle caratteristiche macchie cutanee e mucose. La negatività
al test genetico può esser dovuta alla presenza di mutazioni di difficile
determinazione, oppure alla presenza di mutazioni costituzionali di altri geni attualmente sconosciuti.
Trattamento
Non esiste un trattamento specifico della S. di Peutz-Jeghers, piuttosto andranno trattate, nel modo più adeguato possibile, le complicanze della malattia, come l’ostruzione intestinale e lo sviluppo di tumori di vari organi.
Sorveglianza
La sorveglianza nella S. di P-J è di fondamentale importanza, ma estremamente difficile a causa della varietà (ed imprevedibilità) di forme tu15
morali associate alla sindrome, per alcune delle quali non è attuabile una
efficace diagnosi precoce. Tuttavia, secondo gli esperti sull’argomento,
un possibile piano di sorveglianza prevede i seguenti accertamenti:
– Colonscopia e gastroduodenoscopia (per gli individui affetti ed i familiari a rischio, specie se portatori di mutazioni del gene STK11) iniziando dall’età di 8-10 anni, e ripetendo l’esame ogni 2-3 anni.
– Esame del piccolo intestino mediante videocapsula fin dall’età di 8-10 anni, quindi ripetendo l’esame ogni 3 anni.
– Autopalpazione del seno dall’età di 18 anni. Risonanza magnetica o Ecografia mammaria dai 25 anni; mammografia standard a partire dai 50 anni.
– Ecografia degli organi addominali a partire dai 20-25 anni,
ripetendo l’esame ogni 1-2 anni.
– Palpazione ed ecografia dei testicoli, ad intervelli regolari.
– Visita ginecologica, ecografia e strisci vaginali a partire dai 20-25 anni.
– Ecografia della tiroide a partire dai 15-20 anni.
– Non esistono piani di sorveglianza per i tumori del pancreas e del polmone.
E – La Poliposi Giovanile
Definizione e quadro clinico
La Poliposi Giovanile è una sindrome rara nella quale i soggetti affetti
sviluppano polipi di un istotipo particolare (amartomi, simili a quelli
della S. di Peutz-Jeghers). I polipi compaiono prevalentemente, ma non
esclusivamente, ad un’età giovanile, anche nella prima decade di vita. Essi
possono distribuirsi in tutti i tratti del canale alimentare, ma sono più
frequenti nel colon-retto. I pazienti con polipi giovanili sono a maggior
rischio di cancro dell’apparato digerente, specie colon-retto e stomaco,
ma anche dell’intestino tenue e del pancreas. La malattia può essere del
tutto asintomatica ed essere diagnosticata casualmente nel corso di una
colonscopia. Sintomi clinici di esordio possono essere la perdita del sangue con le feci, disturbi addominali vari (dolori di tipo colico, diarrea)
e, più raramente, una sindrome da perdita di proteine (ipoalbuminemia,
edemi). È una malattia genetica, autosomica dominante, dovuta in circa
il 50% dei casi a mutazioni costituzionali dei geni SMAD4 o BMPR1A.
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Accertamenti Biologici
Il sospetto clinico della Poliposi giovanile si basa in primo luogo sulla
definizione istopatologia dei polipi, che variano come numero da 2-3 a
varie decine. Nel sospetto clinico, l’approfondimento biologico principale è la ricerca di mutazioni dei geni SMAD4 e BMPR1A, possibile al
momento solo in pochi laboratori. Accertata la presenza di mutazioni
in un individuo affetto, il test va proposto a tutti i familiari a rischio
(parenti di primo grado).
Trattamento
Il trattamento principale consiste nella rimozione dei polipi per via endoscopica. Nei casi di poliposi diffusa, e in presenza di polipi con elevato grado di displasia (cioè vicini alla degenerazione maligna), può essere indicato l’intervento chirurgico di rimozione totale o parziale del colon-retto.
Sorveglianza
La sorveglianza ha l’obiettivo di prevenire la formazione di tumori maligni nei due organi bersaglio principali: il colon-retto e lo stomaco.
Sebbene manchino linee guida ben consolidate, viene raccomandato
di sottoporsi a regolari controlli colonoscopici (ogni 1-2 anni) dal momento della diagnosi (e quindi della rimozione dei polipi) praticamente
per tutta la vita. Gli eventuali controlli gastroscopici dipenderanno dal
grado di coinvolgimento dello stomaco e del duodeno, e dalle caratteristiche istologiche dei polipi. Non è suggerita alcuna sorveglianza per la
prevenzione dei tumori del piccolo intestino (a parte il duodeno) e del
pancreas. Per l’intestino tenue potrebbe essere utile, almeno in alcuni
casi, l’esame con videocapsula.
F – La Poliposi Iplerplastica
Definizione e quadro clinico
La Poliposi Iperplastica è una condizione clinica caratterizzata dalla
presenza di numerosi polipi di un determinato istotipo (iperplastico,
diverso quindi dall’Adenoma e dall’Amartoma) sparsi per il colon-retto.
I criteri per la definizione della sindrome sono alquanto arbitrari e non
sono mai stati convalidati. Secondo alcuni autori per poter parlare di
Poliposi iperplastica dovrebbero esservi almeno 20 polipi, alcuni dei
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quali anche nel colon destro e con almeno 1 polipo di diametro superiore a 1 cm. A differenza dei comuni polipi iperplastici (del diametro di
pochi millimetri e prevalentemente localizzati al retto-sigma), nella Poliposi Iperplastica vi è un elevato rischio di cancro del colon, per cui la
sorveglianza endoscopica è raccomandata. Sebbene nella maggior parte
dei casi la Poliposi Iperplastica sia un evento sporadico, esistono tuttavia
le forme ereditarie, nelle quali numerosi individui di una famiglia possono presentare lo stesso o un assai simile quadro clinico.
Accertamenti Biologici
L’unico accertamento biologico di utilità è l’accurato esame istopatologico dei polipi prelevati all’endoscopia. Il patologo dovrà accertare in
primo luogo la natura dei polipi, quindi valutare l’eventuale presenza di
aree adenomatose così come la presenza ed il grado di displasia. Non
sono stati identificati geni le cui mutazioni si associano col quadro della
Poliposi Iperplastica.
Trattamento
Il trattamento della Poliposi Iperplastica è fondamentalmente endoscopico, e consiste nella rimozione di tutti i polipi, o almeno di quelli di
maggiori dimensioni (> 5 mm di diametro). Se la bonifica endoscopica
non è possibile può essere indicato l’intervento di colectomia subtotale
o di emicolectomia.
Sorveglianza
A causa dell’elevato rischio di cancro del colon dei pazienti con Poliposi
Iperplastica, che in alcuni studi arriva al 50% dei casi non trattati, la sorveglianza consiste in uno stretto monitoraggio colonoscopico dell’individuo
affetto, ad intervalli di 1-2 anni. Vista la possibile base genetica di una parte dei casi, è utile sottoporre ad accertamenti endoscopici tutti i parenti di
primo grado dei pazienti affetti che abbiano raggiunto i 25-30 anni di età.
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G – La Sindrome di Cowden / Bannayan
Definizione e quadro clinico
Per anni considerate entità nosologiche differenti, la Sindrome di Cowden
e la Sindrome di Bannayan – Riley – Ruvalcaba sono oggi ritenute un’unica condizione clinica legata a mutazioni del gene PTEN. La sindrome
è caratterizzata da varie manifestazioni cutanee e sottocutanee (angiomi, lipomi, fibromi, trichilemmomi del volto, macchie melanotiche del
pene), craniomegalia, polipi amartomatosi e ganglioneuromi del tratto
gastrointestinale. Gli individui affetti sono ad elevato rischio di cancro
della tiroide, della mammella e di vari altri organi, fra i quali il tratto
digestivo superiore ed il colon-retto. Si tratta di una malattia genetica,
autosomica dominante, legata in circa l’80% dei casi a mutazioni costituzionali del gene PTEN. Tali mutazioni vanno ricercate anche nei
parenti di primo grado del soggetto affetto.
Accertamenti Biologici
La malattia può avere un quadro sintomatologico molto sfumato, e la
diagnosi in molti casi non è agevole. Di fondamentale importanza sono
la accurata definizione istopatologia dei polipi del tratto gastroenterico,
utilizzando anche tecniche immunoistochimiche, e la ricerca di mutazioni del gene PTEN, presenti nella maggioranza degli individui affetti.
Trattamento
Non esiste un trattamento specifico della sindrome. Angiomi e lipomi in
alcune circostanze richiedono l’asportazione. Similmente, i polipi gastroduodenali e colorettali vanno rimossi ed analizzati. Il trattamento dei principali tumori maligni che possono svilupparsi è eminentemente chirurgico.
Sorveglianza
Vista la rarità della sindrome non esistono linee guida ben definite. La
sorveglianza ha come obiettivo la diagnosi precoce e, se possibile, la prevenzione dei tumori maligni. Questa si basa su una serie di accertamenti
che vanno ripetuti a regolari intervalli, fra i quali:
– Ecografia della tiroide ed eventuali biopsie di noduli sospetti
– Mammografia o Risonanza Magnetica della ghiandola mammaria con biopsia delle lesioni sospette
– Ecografia degli organi addominali
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– Gastroduodenoscopia con rimozione dei polipi
– Colonscopia con rimozione dei polipi
– In casi particolari possono essere di utilità la TAC addominale o Total Body e l’esame del piccolo intestino mediante Videocapsula
LE FORME CLINICHE SOSPETTE
Accanto alle forme di Sindrome di Lynch caratterizzate da mutazioni
geniche, esistono delle varianti cliniche più sfumate nelle quali, nonostante la marcata aggregazione di tumori in varie generazioni, e quindi
la apparente ereditarietà, manca il dato obiettivo della mutazione accertata. Tali forme cliniche sono state definite in vario modo dagli autori
(“Sospette S. di Lynch”, “Famiglie X” e così via). Molte volte il quadro
clinico è sorprendentemente simile alla sindrome di Lynch, altre volte
si differenzia per il tipo di tumore o per altre caratteristiche. È possibile che alla base di queste forme vi siano mutazioni degli stessi geni
coinvolti nella sindrome (di difficile identificazione) o di altri geni non
ancora identificati. È anche possibile che molte di queste aggregazioni di
tumori non siano dovute a fattori genetici.
Sebbene manchino delle linee guida precise, vi è un accordo generale
nel non sottovalutare tali famiglie e nel seguirle con la stessa attenzione
attribuita alla classica Sindrome di Lynch; ciò vale in particolare per i
controlli endoscopici a cui tali pazienti (ed i familiari a rischio) dovranno sottoporsi praticamente per tutta la vita.
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LA FAMILIARITÀ PER TUMORI INTESTINALI
I tumori del colon-retto sono una delle neoplasie più frequenti in tutto
il mondo occidentale. Non è quindi raro che tali neoplasie possano presentare – anche al di fuori della Sindrome di Lynch e delle forme sospette – una certa tendenza ad aggregarsi in determinate famiglie. In questi
casi si parla di semplice “familiarità” per tumori intestinali, in assenza di
meccanismi genetici ben documentati. Dal punto di vista pratico, se in
una famiglia vi sono altri casi di tumore intestinale è bene che i familiari
a rischio (cioè i parenti di primo grado degli individui affetti) eseguano
dei periodici controlli endoscopici a partire dai 35-45 anni di età.
LO STILE DI VITA
Dieta e stile di vita sono ritenuti due fattori importanti nella patogenesi
dei tumori colorettali in genere. Le raccomandazioni ed i suggerimenti
che seguono si applicano sia ai soggetti a rischio generico di cancro colorettale (in pratica, tutti gli individui al di sopra dei 50-55 anni di età),
sia ai soggetti a maggior rischio genetico, quali i pazienti con Sindrome
di Lynch, con Poliposi Familiare Classica o Attenuata, con Sindrome
di Peutz-Jeghers e con Familiarità per tumori del grosso intestino. Una
corretta alimentazione ed uno stile di vita appropriato possono ridurre
il rischio di tumori intestinali (oltre che di altri tipi di cancro e di svariate malattie, fra cui le frequentissime patologie cardiovascolari), ma non
possono in alcun modo sostituirsi agli accertamenti preventivi (colonscopia ed altri) che sono stati discussi.
A. Peso corporeo
–Il sovrappeso rappresenta un fattore di rischio tanto per le cardiopatie quanto per molti tumori, fra cui quelli gastrointestinali. Andrà
fatto pertanto ogni tentativo per raggiungere e mantenere il peso corporeo ideale (ad esempio, in termini molto grossolani, 65-70 kg per
un uomo alto 170cm, e 50-55 kg per una donna alta 160cm).
B. Attività fisica
– Indipendentemente dal peso corporeo, lo svolgimento di una regolare attività fisica (corsa o bicicletta 2-3 volte la settimana per 30 minuti
o altro tipo di attività) è associato ad una riduzione del rischio di
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tumori del colon-retto;
– L’attività fisica contribuisce – assieme alla dieta – al raggiungimento
ed al mantenimento del peso corporeo ideale.
C. Fumo e alcool
– Il fumo rappresenta in assoluto la principale causa di tumori maligni
e va abolito in modo assoluto.
– L’alcool (in tutte le sue forme) va limitato a non più di ½ bottiglia di
vino al dì (o 1 birra o 1 unità di superalcoolico).
L’ALIMENTAZIONE
Le principali raccomandazioni possono così riassumersi:
1)Limitare il consumo di carne (specie manzo e maiale) e di grassi animali (burro, uova, formaggi grassi); privilegiare il consumo di pesce.
2)Aumentare il consumo di vegetali sia crudi che cotti; frutta e verdura,
infatti, contengono varie sostanze (vitamine A, C ed E) che possono
svolgere un ruolo cancro-inibitore; esse sono inoltre ricche di fibra
non assorbibile, la quale favorisce la motilità intestinale e potrebbe
ridurre la formazione di possibili carcinogeni e il tempo di contatto
con l’epitelio intestinale.
3)A prescindere dall’assunzione di frutta e verdura, assumere regolarmente della fibra non assorbibile, per esempio arricchendo la dieta
di 200-400 g. di pane integrale (o 10-20 g. di crusca) suddiviso nei 3
pasti principali, oppure facendo uso dei numerosi prodotti integrali
(biscotti, grissini o altro) disponibili in commercio.
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ALIMENTI IL CUI CONSUMO VA LIMITATO
Grassi animali
Burro, Formaggi grassi (tipo gorgonzola e taleggio), Uova, Maionese,
Mascarpone, Panna
Carne
Manzo, Maiale, Cervello, Salsiccia, Fegato, Trippa
Dolci
Creme, Panna dolce, Cioccolato, Tiramisù, Gelati, Gelatine
Altro
Salumi, Insaccati, Lardo
ALIMENTI IL CUI CONSUMO VA INCORAGGIATO
Fibra
Crusca, Pane integrale, Pasta integrale, Biscotti integrali,
Crackers integrali, Grissini integrali
Ortaggi
Pomodori, Broccoli, Carote, Peperoni, Carciofi, Cavolfiore
Frutta
Mele, Arance, Pere, Pesche, Pompelmi, Ananas
Legumi
Fagioli, Ceci, Piselli, Fave, Lenticchie
Altro
Pesce fresco, Bastoncini di pesce al forno
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ALCUNI ESEMPI DI ALIMENTAZIONE EQUILIBRATA
E AD ALTO CONTENUTO DI FIBRA
Dieta 1
Mattino
Caffelatte con fette biscottate o biscotti integrali
Mezzogiorno
Una porzione di minestra vegetale o di verdure cotte
Una porzione di pesce ai ferri o bollito, Un frutto, Un panino integrale Cena
Una porzione di insalata mista, condita con un cucchiaio di olio d’oliva
Una porzione di formaggio magro, Un frutto, Un panino integrale
Dieta 2
Mattino
Tè con biscotti o fette biscottate integrali
Mezzogiorno
Una porzione di legumi cotti (fagioli, ceci, lenticchie)
Una porzione di pollo arrosto o in umido, Un frutto,
Un panino integrale Cena
Una porzione di pasta con sugo di pomodoro
Una porzione di insalata mista o verdure cotte, Un frutto
Un panino integrale
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I SINTOMI DA NON TRASCURARE
– Sebbene l’obiettivo della prevenzione sia di giungere alla diagnosi in
una fase in cui la malattia è assolutamente asintomatica, ciò non toglie che il paziente debba sempre fare attenzione alla eventuale comparsa di sintomi attribuibili a tumori, ed in particolare del colon-retto.
– Occorrerà pertanto rivolgersi subito al medico curante se dovessero
comparire i seguenti disturbi:
1) Diarrea o stitichezza ostinate o ricorrenti, specie se resistenti alle
più comuni restrizioni alimentari o ai farmaci;
2) Presenza di sangue nelle feci, sia rosso vivo che rosso scuro;
3) Perdita di sangue con le urine o dalle vie genitali;
4) Dolori addominali continui o ricorrenti, specie se associati a perdita di peso;
5) Presenza di nausea e vomito ricorrenti, specie se associati a perdita di peso;
6) Stanchezza marcata, anche senza sforzi apparenti;
7) Perdita dell’appetito;
8) Alterazioni persistenti degli esami del sangue (ad esempio, anemia, aumento dei reagenti di fase acuta, riduzione del ferro).
SCREENING
Dal 2005 è attivo in Emilia-Romagna (ed in quasi tutto il Nord Italia)
lo screening di popolazione per la prevenzione e la diagnosi precoce dei
tumori intestinali. Tutti gli individui tra i 50 ed i 70 anni sono contattati
per lettera ed invitati ad eseguire la ricerca del sangue occulto nelle feci,
indice spesso della presenza di un tumore benigno o maligno dell’intestino. I soggetti che risultano positivi al sangue occulto sono invitati a
sottoporsi, entro un paio di mesi, ad una colonscopia. L’adesione al programma di screening è stata molto alta ed i risultati (rimozione dei polipi, diagnosi di cancro in fase molto precoce) cominciano già a vedersi.
L’auspicio è che l’adesione allo screening divenga ancora maggiore, in
modo tale da poter mantenere sotto sorveglianza una parte rilevante
della popolazione a rischio.
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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
–I suggerimenti e le informazioni raccolte in queste pagine hanno il
significato di rendere noto al paziente e ai familiari a rischio ciò che
vi è da sapere sulla diagnosi precoce e sulla prevenzione dei tumori
colorettali, specie su base ereditaria o familiare.
–È importante mantenere i contatti con i pazienti a maggior rischio genetico di tumori intestinali. In mancanza di ulteriori comunicazioni,
La invitiamo a ricontattarci dopo circa 1 anno dal presente colloquio,
ed a riferirci, successivamente, tutte le notizie cliniche che possono
essere di utilità per un migliore inquadramento della malattia ed una
ancor più appropriata sorveglianza.
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Recapiti dei componenti del Gruppo di Studio
Prof. Maurizio Ponz de Leon (consulenza clinica), Tel. 0594222269
e-mail: [email protected]
Prof. Luca Roncucci (consulenza clinica), Tel. 0594224052/5454
e-mail: [email protected]
Prof. Piero Benatti (consulenza clinica), Tel. 0594225895
e-mail: [email protected]
Dr.ssa Monica Pedroni (diagnostica molecolare), Tel. 0594223860/3861
e-mail: [email protected]
Dr.ssa Carmela di Gregorio (diagnostica istopatologica),Tel. 0594222086
e-mail: [email protected]
Dr. Luca Reggiani Bonetti (diagnostica istopatologica), Tel. 0594223217
e-mail: [email protected]
Dr.ssa Federica Domati (consulenza clinica), Tel. 0594224207
e-mail: [email protected]
Dr.ssa Giuseppina Rossi (segreteria), Tel. 0594224715
e-mail: [email protected]
Gruppo di Studio sui Tumori Colorettali dell’Università di Modena e
Reggio Emilia e dell’Azienda Policlinico
Medicina 1
Dipartimento di Medicina Diagnostica, Clinica e di Sanità Pubblica,
Via del Pozzo 71, 41100 Modena
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Stampato dall’Ufficio Attività Grafiche
dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia
Marzo 2013
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