Il finanziamento della sanità nel Disegno di legge delega
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Il finanziamento della sanità nel Disegno di legge delega
Il finanziamento della sanità nel Disegno di legge delega sul Federalismo fiscale Alessandro Petretto, Università di Firenze La sanità, ai sensi della lettera m) del 2° Comma dell’art. 117 della Costituzione, rientra tra le funzioni destinate a soddisfare diritti civili e sociali che impongono la fissazione di livelli essenziali da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale, pur tenendo conto delle “legittime” specificità locali. Per queste funzioni deve essere applicato un sistema di tutela finanziaria che assicuri alle singole Regioni risorse complessive in grado di coprire integralmente i loro Fabbisogni di spesa, misurati secondo i criteri di efficienza e appropriatezza dei LEA. Ad esempio il fabbisogno sanitario standardizzato relativo alla Regione i può essere genericamente rappresentato con la seguente espressione: FS i = f ( q1s , q 2s ,..., q ns ; c s ; Ai ) , dove q ks è il livello essenziale k, k=1,..n, cs sono i costi standard unitari stabiliti a livello centrale e da applicare ai livelli essenziali unitari, Ai sono le variabili demografiche, socio-economiche specifiche della Regione i. Nel Disegno di legge di applicazione dell’art. 119 (d’ora in poi DdL) - approvato dal Consiglio dei Ministri il 3 agosto 2007, ma senza il parere della Conferenza Unificata, a causa del mancato accordo di ANCI e UPI - il finanziamento alle Regioni di queste funzioni riceve un trattamento parallelo a quello destinato alle funzioni fondamentali dei Comuni (lettera p) del 2° Comma dell’art. 117). Anche per le spese destinate a questa funzione è prevista la definizione di un fabbisogno standard tramite “indicatori di fabbisogno finanziario associati alle funzioni effettivamente esercitate”. E’ poi introdotta, all’art. 3 del DdL, la categoria dei Tributi regionali destinati, in via preliminare, al finanziamento delle due suddette funzioni, dei quali le Regioni non possono modificare le basi imponibili, ma possono modificare le aliquote, le detrazioni e le deduzioni, nonché introdurre speciali agevolazioni, nei limiti della legge statale. L’art. 6 del DdL, specifica che, a livello aggregato e per ciascuna Regione, debba valere un vincolo di bilancio, sinteticamente così rappresentabile: Ga+ Gb = IRAP*+ADDIRPEF*+TRIBRE*+COMPIRPEF+COMPIVA+TRa+b [1] dove con Ga indichiamo le spese standardizzate rivolte al finanziamento delle funzioni di cui alla lettera m), e con Gb quelle rivolte al finanziamento delle funzioni fondamentali, lettera p), per i Comuni di “piccole” dimensioni (da precisare in sede di attuazione del DdL). Con IRAP*, ADDIRPEF*, indichiamo il gettito standardizzato - valutato ad aliquota e base imponibile uniformi - dei Tributi destinati, IRAP e addizionale all’IRPEF, e con TRIBRE* quello di altri tributi regionali, individuati a tal fine con il principio della correlazione (beneficio). Pertanto, solo con aliquote e/o basi imponibili effettive superiori agli standard, la Regione i può esercitare un’autonomia di spesa tendente a finanziare una spesa extra-standard per queste materie, in particolare per la sanità. COMPIRPEF e COMPIVA sono le compartecipazione rispettivamente all’IVA e all’IRPEF, mentre TRa+b≥0 rappresenta le quote del Fondo perequativo, di cui tratteremo a breve, specificamente destinate alle spese in oggetto. Il DdL, all’art. 8, specifica che le aliquote delle imposte e delle compartecipazioni destinate al finanziamento di (Ga+ Gb) siano determinate al “livello minimo sufficiente” ad assicurarne il pieno finanziamento “in una regione”, presumibilmente la più ricca, la Lombardia. Trattandosi di un’equazione con più incognite - le aliquote dei vari tributi e compartecipazioni di cui alla [1] dovrà essere fatta una scelta: potrebbe essere l’aliquota di COMPIVA l’incognita effettiva da determinare con il vincolo di autosufficienza della Lombardia, o COMPIRPEF o una combinazione di aliquote minime dei vari tributi. L’art. 9 stabilisce che un Fondo Perequativo, “a favore delle Regioni con minore capacità fiscale”, sia alimentato dalla fiscalità generale e da una parte, da precisare, di COMPIRPEF. La destinazione in aggregato del Fondo sarà la seguente: F = Σi [Gai+ Gbi - IRAPi*-ADDIRPEFi*-TRIBREi*-COMPIRPEFi-COMPIVAi] + Σi (TRci +TRid) [2] 1 La [2] risulta chiara se si sviluppa l’intricato art. 9 laddove specifica che la ripartizione di F sarà effettuata in modo che ogni Regione i riceverà un trasferimento TRi suddiviso in tre quote così composte: 1. Una quota che deriva dalla [1] applicata a livello regionale: TRa+b i=Gai+ Gbi –[IRAPi*+ADDIRPEFi*+TRIBREi*+COMPIRPEFi+COMPIVAi]. La parte di questa quota, TRbi, corrispondente a Gbi, deve essere integralmente distribuita, con una sorta di partita di giro, ai “piccoli comuni” presenti nel territorio di i. 2. Una quota relativa al finanziamento di Gci , cioè le spese non rivolte alle funzioni m) e p), così immaginata: a. TRci=0, per i in I, dove I è l’insieme delle Regioni definite “ricche” in quanto dotate di base imponibile pro-capite dei tributi, di cui alla quota indicata in 1, superiore ad una data soglia; b. TRci >0, per i non in I, secondo una perequazione verticale della “capacità fiscale” del tipo classico “canadese”: β t*(B*-Bi), 0<β≤1, dove β misura l’estensione della perequazione, t* è l’aliquota target standard, B* è la media nazionale della base imponibile pro-capite dei tributi di cui a 1 e Bi è il dato effettivo della Regione i. 3. Una quota, TRdi, commisurata in relazione inversa alla dimensione demografica. In conclusione, avremo TRi = TRa+bi+TRci+TRdi. Da cui si ha che TRi=0 per la Lombardia, mentre è TRi =TRa+bi>0, per le altre “ricche”, non piccole. Per le altre, “non ricche”, entra in gioco TRci>0 e eventualmente TRdi. Pertanto, solo una parte esigua del Fondo, la 2, per TRci, è collegata al meccanismo di perequazione fondato sul Criterio della capacità fiscale che sembrerebbe invece essere quello richiamato dall’art. 119 dl Titolo V, mentre la parte prevalente, la 1 per TRa+bi, è collegata al Criterio del fabbisogno. Questa tipologia di trasferimento, volta alla copertura della differenza tra valori standard di spesa e entrata, ha, dal punto di vista teorico, natura di: (i) unconditional block grant, cioè senza vincolo di destinazione; (ii) lump sum grant, cioè non collegato alla prestazione effettiva dei livelli essenziali, ma a quella teorica; (iii) fixed-price grant, cioè stabilito ex-ante indipendentemente dai costi effettivi sopportati per garantire i livelli essenziali. In teoria queste caratteristiche potrebbero essere desiderabili. La prima assicura alle Regione autonomia dal lato della spesa; la seconda non distorce i “prezzi relativi” delle diverse componenti della spesa regionale; la terza dovrebbe indurre le Regioni a minimizzare i costi per appropriarsi del “residuo”. Tuttavia, nel caso specifico della sanità emergono elementi critici. In primo luogo, un finanziamento legato a valori standardizzati impone un loro computo molto accurato e anche in grado di esser riaggiustato periodicamente per tenere conto delle evoluzioni demografiche e delle tecnologie sanitarie. Il rischio è che il valore standard da cui parte la procedura sia in realtà rappresentato dalla spesa storica di ciascuna regione, che incorpora le inefficienze più che i fabbisogni. In secondo luogo, il meccanismo non ha un adeguato grado di credibilità. Le Regioni per le quali il fabbisogno effettivo che incorpora anche la spesa inefficiente, FEi = ∑ cik q ik , è costantemente superiore a quello standardizzzato – FEi>FSi – sono ben presto k indotte a chiedere una copertura ex-post, adducendo che si tratta di diritti fondamentali. In terzo luogo, il carattere fixed-price si scontra con un problema di asimmetria informativa che grava sull’efficacia del meccanismo stesso. Se FEi può essere osservato ex-post dal centro, non così è per le sue due componenti base: output, qik e costi, cik. Se queste sono note a livello locale, ma non a livello centrale, per cui il centro non osserva il “tipo” e lo “sforzo” della Regione, il trasferimento può indurre, non a limitare il contenimento dei costi effettivi, ma a peggiorare la qualità-quantità dell’output per mantenere la spesa effettiva in linea con il dato standard. Ciò, alla lunga, porta ad 2 un’insoddisfazione della collettività e quindi ad una pressione per ottenere una correzione verso l’alto dello standard, pressione a cui può essere difficile resistere. Un aiuto potrebbe provenire dallo sviluppo delle forme di yardstick competition rese possibili dal decentramento finanziario, al quale la teoria attribuisce proprio il vantaggio di offrire una maggiore informazione ai cittadini sulla qualità dei propri governanti, attraverso il confronto tra la performance di livelli di governo simili. Una volta garantita una base comune di finanziamento per la spesa sanitaria, il confronto delle performance tra diverse Regioni sul piano dei servizi e anche sul piano finanziario, può offrire strumenti validi per i cittadini in merito alle scelte elettorali. Se interiorizzate dai politici, queste possono condurre ad una gestione più attenta dei servizi. Finora questi strumenti sono state poco usati nel contesto italiano; i destini elettorali dei politici locali non sono stati legati alle loro scelte nel campo sanitario e soprattutto all’accumulo dei deficit, perché l’inesistenza del vincolo di bilancio ha consentito a questi governi di scaricare finora il costo dei disavanzi sulla collettività nazionale. Una decentralizzazione dei costi, attraverso l’incremento automatico dei tributi locali per le regioni inadempienti - misura che grava sui cittadini locali - una base informativa migliore per la distribuzione dei trasferimenti ex ante, attraverso la determinazione dei LEA su base econometria, la perdita di sovranità per le Regioni inadempienti – misura che colpisce gli amministratori e i politici locali - sono disposizioni che se attuate effettivamente, cioè non eluse dalla stessa normativa nazionale, volta ad esempio a “spalmare” in un lunghissimo arco di tempo i debiti, potrebbero ricondurre la spesa sanitaria all’interno delle compatibilità nazionali. 3