Il viaggio interminabile nell`immobilità arcaica del mondo contadino
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Il viaggio interminabile nell`immobilità arcaica del mondo contadino
SABATO 8 NOVEMBRE 2014 ggi Cultura .25 SCAFFALE/1 SCAFFALE/2 In difesa strenua delle rockstar Jugaad, l’innovativo business Provate a chiedere ai tanti jovanotti e…jovanotte che sognano di esibirsi musicalmente in pubblico se le rockstar siano morte. Almeno uno, in questo caso Valerio Piperata, romano de Roma, vi mostrerà il dito. Eh sì, per ribadire la sua strenua difesa sul dramma musicalmezosoico-moderno ha scritto un libro sul tema rispondendo agli sfigati che gettano la spugna: “Le rockstar non sono morte” (E/O Edizioni). Sentite questa sua idea non del tutto para-fantastica: l’alias Daniele Fagiolo, quand’era liceale introverso e timido che passava il suo tempo ad ascoltare la musica dei mitici gruppi rock invece di studiare, mette su un gruppo di svitati con pulsionalità underground-fracassoni. La band cialtronesca composta dal Fagiolo, Tommaso Sciarra (suo compagno di banco), il napoletano Mario Pannocchia e un criminaluncolo di borgata romana Adriano Trota, si nominerà a scanso delle loro infantili aspirazioni, “I Vecchi”. Incredibile, dopo alcune esibizioni nei più scassati locali di provincia, ottengono l’attenzione prima di un menager montato e bidonaro, poi di uno che conta nella haute nazional-discografy. Il successo è a portata di mano. Il quartetto di sbandati che a mala pena sanno suonare, pare trovare un senso nel panorama musicale ormai decadente. Pare che anche il pseudo-professionismo senza un palco possa cavalcare le onde assieme ai grandi marosi storici; ai cicloni del Rock che stanno nella storia... E la realtà si mischia all’immaginario. Vedete un po’ come finisce… «Pensa frugale, sii flessibile, genera una crescita dirompente»: tutto questo è “Jugaad Innovation”, saggio di N. Radiou, J. Prabhu e S. Ahuja, edito da Rubettino. Come afferma nella prefazione Federico Rampini, Jugaad è un vocabolo hindi, indica un’idea che serve a risolvere rapidamente un problema. Spesso è una scorciatoia, un espediente per aggirare un ostacolo; evoca l’arte di arrangiarsi. I tre autori di questo libro sono di origine indiana, ma hanno avuto brillanti carriere in Occidente ed hanno idee rivoluzionarie per sabotare la recessione mondiale in atto da diversi anni. «Molte compagnie occidentali - si legge - considerano la creazione di prodotti per i segmenti tipicamente emarginati come una missione sociale più che come un’opportunità per fare business. Per guadagnare le imprese avrebbero bisogno di costruire business model interamente nuovi, specificamente pensati per questi gruppi». Sfortunatamente, la maggior parte delle aziende è riluttante ad affrontare questo cambiamento, cioè non si è in grado di concepire una proposta convincente per i consumatori più emarginati. Per i seguaci del Jugaad, invece, i consumatori meno abbienti non sono più visti come un mercato minore, o addirittura come popolazioni da aiutare con sussidi e carità, al contrario diventano motore di sviluppo. Utopia o chimera? No, semplicemente Jugaad, un movimento terrestre che sta facendo proseliti non solo tra le nazioni emergenti. TIBERIO CRIVELLARO DANIELA DI STEFANO “Due racconti etnei”: ripubblicati in volume i reportage di Carlo Levi, apparsi nel 1958 su “La Stampa”, sulla Festa di Sant’Alfio a Trecastagni e sui braccianti a Maniace MVOCABO LAR I O M Bomba d’acqua ovvero un’esplosione di nuvole «Contadini» di Carlo Levi. SALVATORE SCALIA opo la pubblicazione e il successo del libro “Le parole sono pietre”, frutto di tre viaggi in Sicilia tra il 1951 e il 1955, Carlo Levi (19021975) tornò nell’isola nel 1958 come candidato al Senato per il Partito socialista nel collegio di Acireale. L’esito fu negativo. Divenne senatore nel 1963 a Civitavecchia come indipendente nelle liste del Pci e fu confermato nel 1968 a Velletri, in una lista unitaria Pci-Psiup. Nel 1972 si presentò nel collegio di Caltagirone ma neanche questa volta fu eletto. L’ammirazione per il pittore e lo scrittore, autore di pagine memorabili sul degrado morale e sociale della Sicilia, non si traduceva in sostegno politico. L’isola però continuò a fornirgli materiale di riflessione. Levi sapeva guardare in profondità. E forse è in questo essere rivoltati e sviscerati, nell’essere messi a nudo che scattava nei siciliani un senso di ispido pudore. Il ritorno in Sicilia ispirò due reportage per “La Stampa” di Torino, pubblicati nel giugno 1958. La campagna elettorale coincise con la festa di Sant’Alfio, tema di una delle due prose, l’altra racconta una nuova visita a Maniace, raccolte nel libretto che Angelo Scandurra, collezionista di perle letterarie, ha pubblicato per le Edizioni del Girasole con il titolo “Due racconti etnei”. L’Introduzione è di Alfio Stefano Di Mauro. Nel primo testo, in cui Levi dispiega tutta la capacità evocativa della sua scrittura, il tema della religiosità popolare è affrontata dalla prospettiva laica dell’antropologo innamorato della sua materia. In una Catania in preda a un’inquietudine sotterranea che non la lascia dormire la notte, allo scrittore, seduto sotto il monumento del Liotro, appaiono prima una e poi altre figure vestite di bianco, gli ignudi che portano ceri, pesanti come travi, e vanno a Trecastagni. Sembrano “sputati dalla notte”. Corrono e le loro cinture rosseggiano come il fuoco dell’Etna. Le creature del buio ci proiettano in una dimensione senza storia in cui fede e forza primitiva della natura coincidono. E nulla è più istintivo di un contadino che col- D Scritti D di ieri Per 18 anni è stato premier del Granducato diventato ricco perché impone una tassazione ridicola dell’1%. E non può dare lezioni a nessuno LA SICILIA MARIO GRASSO Il viaggio interminabile nell’immobilità arcaica del mondo contadino tiva la terra e regola i suoi ritmi sull’avvicendarsi delle stagioni. Levi assorbe suoni, odori, colori, ma vede quasi esclusivamente contadini, esponenti di un mondo arcaico in cui la ritualità pagana è stata assorbita da quella cristiana. E si sofferma indulgente su una folla di “berci barbari, pagani” in preda al fanatismo, mentre “la corsa continua, sempre più affannata, alienata, barbara e urlante”. La modernità si riscontra negli autocarri che trasportano i fedeli a Trecastagni, o s’insinua attraverso un miracolato che porta come ex voto un quadretto, opera del pittore di Aci Sant’Antonio Domenico Di Mauro, in cui è raffigurato un uomo in motocicletta che precipita da un viadotto. Gli elementi della modernità restano però marginali rispetto a uno scenario arcaico e primitivo. Levi tocca idealmente un’altra tappa del suo interminabile viaggio nel- iciamo la verità, a noi quest’Europa unita non piace per niente. E questo perché verso l’Italia i burocrati europei si atteggiano a maestrini che danno i compiti agli alunni svogliati. Ma ci sono ben altri motivi: 1) il nostro Paese dà all’Europa più miliardi di quel che riceve e a Bruxelles ci bacchettano pure perché dicono che non facciamo bene i compiti; 2) non solo accogliamo migliaia e migliaia di emigranti e per questo l’Europa ci dovrebbe ringraziare, ma ci rimproverano pure perché la nostra assistenza sarebbe troppo scarsa (eppure gli diamo una diaria, vestiti e sigarette: che vogliono di più a Bruxelles?); 3) la Germania, con un ministro dell’Economia che sembra un cerbero, anche perché poverino è in una sedia a rotelle, vuole il rigido rispet- l’immobilità della società contadina, cominciato con “Cristo si è fermato a Eboli”. Ma a Trecastagni diventa anacronistico in quanto il suo sguardo esclude operai, artigiani, borghesi, una società in crescita e in fermento. Il suo intento diventa esplicito se dai paesi etnei si passa alla Ducea di Maniace: si compie un salto a ritroso di secoli, tornando a forme di miseria primordiali. “I po- veri in Paradiso” è il racconto di un ritorno tra i contadini che vivono in miserabili tuguri senza acqua né luce elettrica, con pavimento in terra battuta. Qui ogni dignità umana è calpestata. Intere famiglie vivono ammassate in una stanza. Vengono da Tortorici e il sogno di tutti è il possesso della terra in cui hanno affondato le radici. In quella miseria c’è chi rimpiange Mussolini. “Nella Domenico Di Mauro, ex voto IL SUO LUSSEMBURGO È LA CASA DEGLI EVASORI Juncker non può guidare l’Unione europea TONY ZERMO to dei vincoli di bilancio, ma quando le serve è la prima a sforare il 3% ed è la prima ad aggirare l’embargo contro la Russia (per il caso Ucraina) con una serie di triangolazioni; 4) non si capisce perché quattro giorni al mese gli uffici europei vengono trasferiti da Bruxelles nella città francese di Strasburgo dove ha sede il parlamento europeo al costo di oltre 200 milioni l’anno; 5) ancora nessuno Stato ha avuto il coraggio di quantificare quanto ci costa l’Unione europea e quanto guadagnano i burocrati per paura di mettersi sotto scopa. Una volta tanto Renzi (che tra parentesi ci pare avviato verso elezioni a febbraio) ha avuto ragione quando ha parlato dei burocrati di Bruxelles che non debbono permettersi di farci lezione. Al che ha risposto il nuovo presidente della commissione europea, Jean Claude Juncker, dicendo che lui non guida «una banda di burocrati». Stavolta però è cascato male perché qualcuno, ma non Renzi, gli ha ricordato di aver guidato il piccolo Granducato del Lussemburgo per 18 anni facendolo diventare la casa, anzi la cassaforte dei grandi evasori di sua buia catapecchia, impenetrabile a ogni parola, sognava, feroce e desolato, l’impossibile impero”. Il racconto ha una chiusa ironica. Al ritorno ad Acireale, lo scrittore riferisce la discussione animata di un gruppetto di nottambuli. Uno si lamenta della sua vita miserabile e della stanza diroccata, in cui piove e in cui vivono in dieci, per cui ha chiesto al sindaco un semaforo per regolare il traffico. Un altro lo conforta assicurandogli che è fortunato perché i ricchi andranno all’Inferno e i poveri in Paradiso. “Ci vado di sicuro. Ma con i dolori reumatici”. La pubblicazione di “Due racconti etnei” è una piccola storia a sé di memorie e affetti privati. Di Mauro, diciannovenne, era stato a Maniace al seguito di Levi. A condurlo, in un viaggio avventuroso in Vespa, era stato il suo professore di filosofia Francesco Maricchiolo, maestro rigoroso di generazioni di comunisti catanesi. Da qui la richiesta nella natìa Aci Bonaccorsi di presentare alla Camera del Lavoro il candidato al Senato. Fu esperienza cruciale come racconta nell’affettuosa rievocazione dell’introduzione. Rimase per sempre devoto all’artista che ebbe modo di frequentare quando si trasferì a insegnare a Roma. I due racconti gli furono inviati da Levi in ricordo di quella serata etnea e da allora li ha custoditi gelosamente. Realizzando il libretto ha sciolto un voto, mentre Scandurra, poeta editore, ha reso indirettamente omaggio al padre, che di Sant’Alfio era devoto e non aveva mai mancato una festa, da quando era tornato dalla prigionia in mani tedesche in Polonia. mezzo mondo da Apple ad Amazon all’italiana Finmeccanica. Scrive Gian Micalessin su «Il Giornale» che «la legislazione introdotta da Juncker ha consentito a 340 multinazionali di spostare nel Granducato i profitti realizzati in Europa o negli Stati Uniti usufruendo di tassi di imposizione fiscale ridicoli inferiori persino all’1% sui profitti trasferiti in Lussemburgo». Questo ha consentito agli abitanti del Granducato una ricchezza molto più grande che in qualunque altro Stato europeo, ma ha fatto anche capire quanto ipocrita sia il nuovo presidente della commissione europea, che a questo punto dovrebbe essere rispedito al più presto nel suo piccolo Lussemburgo invece di fargli governare l’Unione europea. TROMBA D’ARIA. Il primo significante della locuzione tromba d’aria rinvia a uno strumento musicale, la tromba, appunto, suscitando l’attesa di un suono. Ma ecco la spiegazione nel secondo significante, l’aria cioè la consistenza della trombra. Ci soccorre la scienza meteorologica spiegando che si tratta di un vortice d’aria che si forma dal mescolarsi di aria calda e umida con strati di aria fredda fino a formare una l’imagine di una sesquipedale proboscide che si protende verso il basso. Dunque la spiegazione scientifica (qui molto approssimativamente) anche per ricordare una antica superstizione popolare, specialmente nelle regioni marinare, secondo cui si possono esorcizzare le conseguenze catastrofiche della tromba d’aria denominata (in siciliano) cuda di drau (coda di drago). La testimonianza di questa superstizione viene tramandata di padre in figlio e con riservatezza. Troviamo testimonianze in due libri di narrativa di due scriittori siciliani, Vicenzo Consolo (La ferita dell’aprile) e Rigo Mossara (Le vestali di Samarcanda). Quest’ultimo ha ambientato il “taglio” della Tromba d’aria in una frazione marinara di Acireale.. Ne riportiamo la formula “Smarra smatassa e sduvaca, ti tagghiu, ti sbiddu, ti spaccu la panza. Smarra smatassa ti sbiddu ti apru ti tagghiu n t’u zzuccu, ti sciunnu ti strammo, ti svinu ti smannu. Ti tagghiu sta cuda maligna di drau a nomu di Diuca mi l’urdinau. Ti strammilujocu ti sfazzu u stuppagghiu, aduvaca la naca a sciuchiti u fili sbulazzaluntanu”. BOMBA D’ACQUA. Una locuzione come neologismo “Bomba d’acqua”, infatti, è solo da pochi anni che la troviamo nelle cronache. L’origine della locuzione propria del vocabolario inglese Cloudburst che potremmo tradurre con “Esplosione di nuvole” è ben resa dalla endiadi dell’italiano “bomba d’acqua”, appunto, il significato da dare al fenomeno meteorologico dell’aria calda quando in flusso ascendente, specialmente dal mare, incontrando l’aria fredda, mano a mano che tende verso l’alto, determina il formarsi della pioggia. Pioggia che diventa bomba d’acqua quando il condensarsi in dismisura in una nube provoca rovesci altrettanto sproporzionati, che vengono scaricati su un territorio circoscritto fino a raggiungere un rovescio di 200 e più millimetri d’acqua nel volgere di qualche ora. La meteorologia individua la frequenza del fenomeno specialmente nei territori montuosi dove i raggi del sole sulle pendici determinano il facile verificarsi di effetto serra. METEO. I tentativi di previsione delle condizioni atmosferiche si sono sempre più evoluti fino a raggiungere la dignità di costituire scienza. Purtroppo non sempre tale da poter essere definita esatta. Infatti c’è sempre un margine di imprevedibilità nelle previsioni meteo. Un margine che s’affida alla cautela di chi informato di un “Allerta meteo” avrà il buon senso di adeguarvisi. Meteo dunque come scienza delle variazioni dei fenomeni atmosferici, utile a rendere informati specialmente in materia di forti temporali (nubifragi) e delle rispettive non sempre prevedibili pericolosità.