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Process – Based Costing (PBC)
di Giovanni Gentile, Dottore commercialista in Treviso, [email protected]
Il PBC è un modello di determinazione dei costi, coerenti il più possibile con la realtà operativa, che consente
al management anche un puntuale controllo della gestione a motivo della massa di informazioni che si
possono mettere a disposizione sull’intera struttura aziendale, e perché può far emergere i cosiddetti costi
nascosti a mezzo il controllo dei consumi delle risorse impiegate. Il sistema è, in linea di massima, una
evoluzione dell’Activity-Based Costing. La sua applicazione richiede un lavoro iniziale accurato, ma i
risultati potrebbero essere straordinari, perché, con questo modello, i costi, anziché a livello di prodotto,
hanno origine a livello di sub-processo o centro di costo e, in conseguenza, è possibile misurare e migliorare
l’efficacia delle risorse e aumentare l’efficienza dei sub-processi aziendali.
Negli articoli precedenti pubblicati su questa Rivista: 1) “Cosa sono i costi” sul n° 12/2004; 2)
“I costi nella produzione industriale” sul n° 10/2006; 3) “Il quadro per il calcolo e controllo dei
costi” sul n° 2/2007; 4) “I modelli per la determinazione dei costi” sul n° 4/2007, ho descritto
metodi e sistemi tradizionali di calcolo dei costi dei prodotti, oltre ad evidenziare le crescenti
problematiche relative ai risultati della loro applicazione. Infatti, tali metodi sono basati
fondamentalmente su parametri volumetrici, cioè in funzione della quantità di prodotti ottenuti, sui
quali allocare sia i costi diretti come le materie prime, che i costi indiretti come quelli relativi, ad
esempio, al reparto o centro di costo “Amministrazione”. La peculiarità dei costi diretti è che
misurano in moneta i consumi che avvengono durante le operazioni di trasformazione delle
materie prime in prodotti. La peculiarità dei costi indiretti è il loro verificarsi al di fuori della linea
di produzione, prima, durante e dopo il tempo del processo di trasformazione, e perciò non a
motivo diretto della produzione. In pratica nei sistemi tradizionali tutti i costi diretti e indiretti
sono imputati al prodotto, perché riportati nel tempo della produzione, che è strettamente
proporzionale ai volumi prodotti.
Il progresso tecnologico, il cambiamento di molte variabili esterne, il crescere dell’economia
di scopo (numerosa varietà di prodotti personalizzati) a scapito dell’economia di scala (basata sulla
crescente numerosità di prodotti uniformi) evidenziano l’inadeguatezza dei sistemi tradizionali di
calcolo dei costi. Inoltre, si stanno verificando altri due fenomeni: a) l’aumentata diminuzione
della incidenza dei costi di manodopera nel processo produttivi al crescere dell’impiego della
tecnologia, e b) la tendenziale trasformazione dei costi variabili in costi fissi all’interno
dell’azienda.
Ne è conseguita la ricerca di nuovi modelli applicativi, più adeguati alle strutture aziendali
diventate così diverse. Ciò comporta, in pratica, la necessità di ripensare a fondo i processi
aziendali affinché sia possibile misurare con ragionevole attendibilità l’utilizzo di tutte le risorse
impiegate ed i risultati conseguiti. In termini più concreti possiamo dire che ogni azienda ha una
propria dotazione di strutture fisse, materiali e immateriali, oltre a quelle attribuibili direttamente
al processo produttivo, le quali sono anch’esse la fonte dei consumi erogati o erogabili, misurati in
moneta dai costi. Passando a nuovi modelli di calcolo, i costi possiamo classificarli in: - costi
variabili ad attribuzione diretta ai prodotti (materie prime, manodopera, lavorazioni esterne,
semilavorati acquistati, …); - costi indiretti ad attribuzione diretta (ammortamenti, leasing,
assicurazioni, …); - costi comuni (amministrazione, vendite, direzione, …), che sono quelli
cresciuti notevolmente e, in genere, relativi alle più diverse attività aziendali lontane dalla
produzione. Ma tutti i costi, direttamente e indirettamente, infine, vanno attribuiti al prodotto, il
quale, venduto sul mercato, assume valore perché soddisfa bisogni di terzi e tale valore, misurato
dalla moneta, rientra nell’azienda.
Il processo aziendale
L’azienda (art. 2555 c.c.) è una struttura (insieme coordinato di unità materiali e immateriali,
fisse e variabili) finalizzata in modo adeguato alla alimentazione dell’intero processo aziendale dall’arrivo dell’ordine del cliente fino all’incasso della relativa fattura – costituito da una serie
dinamica di sub-processi, in sequenza ed in parallelo al fine di realizzare, anche ciclicamente, gli
obiettivi dell’imprenditore (art. 2082 c.c.), cioè, creare nuovo valore. Ogni sub-processo è
costituito da una catena di attività, ciascuna delle quali formata da una successione di operazioni
con i quali ottenere un risultato, il più delle volte, specialistico.
Il ciclo generale o processo aziendale, che ha per obiettivo la creazione di nuovo valore, è
costituito da tre partizioni fondamentali: (1) acquisto di materia prima e di energia fisica e
psicofisica, che possiamo definire il ciclo passivo; (2) trasformazione della materia prima in
prodotti, a mezzo il consumo interno dell’energia acquistata, che è il ciclo produzione; (3) vendita
dei prodotti e gestione economico–finanziaria, che rappresenta il ciclo attivo. In pratica, come
accennato, si tratta di un continuum di cicli ripetitivi, in cui si rispecchiano, quasi mai in tempo
reale, i cicli finanziari, con i quali viene misurato e controllato l’equilibrio del valore (consumo e
recupero) tra le tre partizioni, dato dalla contrapposizione, inclusi debiti e crediti, tra
(1) + (2)
(3)
Ogni partizione, a sua volta, è costituita da una serie di sub-processi.
Da notare che questa ripartizione del ciclo aziendale in sub-processi, attività e operazioni è
convenzionale ed ha lo scopo di rappresentare strumentalmente ai vari livelli gli aspetti
organizzativi, tecnologici e funzionali attraverso cui si articolano tutte le lavorazioni dell’impresa,
che sono alla base dei modelli di determinazione dei costi di prodotto.
Sotto il profilo pratico, i sub-processi devono essere operativamente identificabili rispetto agli
altri, in modo che siano valutabili in moneta come risorse o centri di costo, e vengono suddivisi
tra centri o sub-processi primari, in quanto si riferiscono a operazioni e attività di trasformazione
della materia prima in prodotti finiti, e centri secondari o di supporto ai centri primari, relativi alla
allocazione dei costi comuni ai prodotti e/o agli altri centri a mezzo i cost drivers.
Facciamo, a chiarimento, due esempi numerici. Supponiamo che il costo giornaliero alla linea
di profilatura (centro primario) sia pari a € 15.000. Nel giorno j, i pannelli prodotti siano stati
3.000. Il costo delle lavorazioni da attribuire al prodotto finale è pari a € 5,00 per pannello. In
questo caso abbiamo usato un costo variabile ad attribuzione diretta (variabile perché dipendente
dal numero o volume di elementi ottenuti dello stesso prodotto). Inoltre, il costo giornaliero dell’
ammortamento del macchinario compreso nel totale di € 15.000, pari, per ipotesi, a € 2000 – costo
indiretto ad attribuzione diretta al prodotto (indiretto perché l’importo non varia al variare del
volume di produzione) - va attribuito anch’esso direttamente al singolo prodotto per € 0,67 (=
2000 : 3000).
È ovvio che il costo della giornata (€ 15.000), in genere rimane stabile fino a quando non
intervengono variazioni sulla struttura fisica e sugli operatori, e il costo dell’elemento di € 5,00
rimane tale se non varia la produttività.
Supponiamo ancora che il costo del mese x dell’Ufficio acquisti, che è un sub-processo o
centro di costo di supporto, sia € 27.890. Le operazioni di acquisto, conclusi nel mese, siano stati
n° 831. Il costo di ogni operazione sarebbe, perciò, di € 33,56. Gli acquisti nel mese relativi al
prodotto α sono stati 25, quelli per il prodotto β sono stati 90. I costi da attribuire ai due prodotti,
indipendentemente dalle quantità ottenute (10.000 α e 1000 β) nell’intero mese, sono € 839 ad α
ed € 3020,40 a β. In questo caso, il centro di costi comuni ripartisce i propri costi, indipendente dai
volumi di produzione, non solo ai diversi prodotti, ma anche agli altri centri di costo, come ad
esempio, all’amministrazione per l’acquisto di cancelleria, etc..
Il modello Process-Based Costing
Nella logica del modello Process-Based Costing si dice che «le attività consumano risorse e i
prodotti consumano attività». Ciò significa, in pratica, che quella del prodotto incomincia dalla
valorizzazione del sub-processo o centro di costo, cioè dalle sue risorse necessarie, a mezzo le quali,
possa raggiungere i propri specifici obiettivi, come fatturazione, vendite dei prodotti e così via, oltre
al processo di trasformazione delle materie prime. In conseguenza, la procedura per l’ applicazione
del PBC, pur semplificando al massimo la consistente problematica, si sviluppa nelle seguenti fasi:
• Individuazione dei sub-processi e relative attività operative che li costituiscono.
• Esecuzione delle mappature di tutte le attività.
• Considerato che le attività consumano quelle risorse che i prodotti assorbono, individuare ed
attribuire a ogni sub-processo le risorse di competenza per realizzare le sue specifiche
finalità.
• Per ciascun sub-processo e/o attività individuare il parametro con cui distribuire i
consumi/costi sia ai prodotti, che agli altri sub-processi.
Individuazione dei sub-processi
Un livello di sub-processi per una azienda manifatturiera, ovviamente esemplificativo, data
esistente la dotazione delle risorse relative a ciascuno di essi, potrebbe essere:
a) Sub-processo Produzione. Attività: a1) programmazione della produzione; a2), ufficio
tecnico; a3), a4) … singole fasi di lavorazioni e così via. Bisogna tenere sempre presente che nelle
aziende manifatturiere intorno a questo sub-processo ruotano tutti gli altri, diretti, indiretti e
comuni.
b) Sub-processo Acquisti. Attività: b1) ufficio acquisti; b2) ufficio controllo ricevimento; b3)
magazzino materie prime; b4) magazzino prodotti e semilavorati acquistati.
c) Sub-processo Commerciale. Attività: c1) rete di vendita; c2) marketing, c3) accettazione ed
evasione degli ordini dei clienti; c4) magazzino prodotti finiti; c5) customer service.
d) Sub-processo Ricerca e Sviluppo. Attività: …
e) Sub-processo Amministrazione. Attività: …
f) Sub-processo Direzione generale. Attività: …
g) …
Mappatura o analisi delle attività.
Con l’applicazione del PBC, oltre a determinare costi più aderenti alla realtà operativa, c’è la
possibilità di ottenere o migliorare il controllo operativo. Infatti, la ricerca e la definizione di tutte
le attività porta ad approfondire la conoscenza dell’intera impresa, da cui trarre dati e informazioni
per misurare l’efficacia della struttura e valutare l’efficienza dei processi.
Ad esempio, sulla base della “Theory of Constrains” di Eliyahu M. Goldratt (1990, North River
Press, Great Barrington Massachussets), è stato sviluppato un particolare processo industriale, il
Throughput accounting, basato sulla logistica, vale a dire sui tempi di attraversamento, per rilevare
e controllare i relativi costi nascosti.
Ma, in generale, per applicare il sistema dei Costi basati sul processo è bene eseguire la
mappatura delle attività. Già in questa fase vengono distinti i tempi delle operazioni che creano
valore dagli altri (che distruggono valore). Come si può comprendere, la mappatura dei subprocessi e delle attività è un lavoro che richiede competenze in un vasto spettro di settori, di
tecniche e di tecnologie, ma che dà una enorme quantità di informazioni, oggi facilmente
memorizzabili e gestibili con i computer, le quali consentono di ottenere recuperi inimmaginabili
di produttività ed efficienza e, soprattutto, di trasparenza in quanto emergono con evidenza anche
gli hidden cost (costi o consumi nascosti).
La peculiarità della mappatura è l’elencazione delle operazioni che consumano attività. Il
consumo si svolge nel tempo, il quale, perciò, è anch’esso un consumo indiretto. Per cui, in
generale, abbiamo come addendi negativi, oltre agli sfridi dei materiali in lavorazione, da un lato il
consumo di fattori di produzione materiali e immateriali (usura e obsolescenza) e dall’altro il
dispendio o spreco di tempo.
Esempi di mappatura o MODELLI DI ANALISI DI ATTIVITA’
Del sub-processo di supporto “Amministrazione ” viene mappata una attività di fatturazione
Fatturazione ( con il computer) (tempi in secondi)
Operazione
N.V.
Applicare i prezzi sulla
bolla
Controllo a video
Correzione
Aggiungere n° fattura e data
Stampa
Movimento interno
Piegare e imbustare
Attesa
Affrancare
TOTALE TEMPI
60
No
N.V.
20
25
10
10
15
15
10
125
40
N.V. = Nuovo Valore. no N.V. = (no Nuovo Valore): non aggiunge valore.
La mappatura va fatta su una o più attività tipiche di fatturazione, i cui risultati (o la media),
espressi in tempi delle operazioni individuate e descritte, saranno applicati a tutte le fatture che
vengono emesse. Almeno per un certo tempo.
Nel caso esemplificato, il tempo totale di preparazione di una fattura è pari a 125 + 40 = 165sec.
Il tempo durante il quale non si aggiunge valore è pari al 24%.
Del sub-processo primario “Produzione” viene esemplificata la mappatura dell’attività:
Lavorazione alla linea di profilatura. (Ripreso da “Amministrazione e Finanza”, n° 14/2006, Giovanni
Gentile, Mappare i processi aziendali per valutarne la redditività).
Lavorazione alla linea di profilatura (addetti n° 2, tempi in minuti primi)
Lavorazioni dalle 8 alle 12
Operazione
Attesa
Messa a punto della profila
Attesa coil
Agganciare il coil
Messa in moto e prova
Lavorazione
Interruzione per varie e
controlli
Lavorazione
Fermata per cambio misure
Messa in moto e prova
Lavorazione
TOTALE TEMPI
N.V.
no N.V.
5
25
10
5
10
50
15
40
25
5
50
140
100
Totale tempo linea: 240’ (4 ore). Tempo uomo: 240 + 240 = 480 (8 ore). La percentuale di
tempo durante il quale non si aggiunge valore è pari al 42,66%. Il n° di operazioni sono 11 a cui
potrebbe essere applicato un coefficiente in funzione del numero di operazioni.
Da rilevare, che l’oltre 42% di tempo in cui non si aggiunge valore rappresenta l’ inefficienza
della linea. È un dato che dovrebbe richiamare l’attenzione dei dirigenti per studiare il modo, o
trovare le tecnologie, per poterlo ridurre. Se, ad esempio, venisse ridotto il tempo che spreca
valore del 20%, pari a 20 minuti, le lavorazioni si concluderebbero in 220 minuti, che in
percentuale significherebbe un aumento dell’efficienza dell’8%!, sia della linea di macchinari, che
del lavoro degli addetti. Se quella produzione, in quel posto di lavoro, si ripetesse per 30 volte in
un esercizio, si avrebbe un risparmio sulla linea di 10 ore, oltre al possibile aumento
dell’efficienza di tutto il processo produttivo (1).
Assegnazione delle risorse
La dotazione delle risorse strutturali del sub-processo o centro di costo, come materiali, operai
e/o impiegati, macchinari, servizi esterni al sub-processo, in genere, è già definita. Tuttavia, in
questa fase può essere utile analizzare la loro efficacia, cioè l’adeguamento materiale o
quantitativo delle risorse per realizzare con la massima efficienza l’obiettivo previsto che il centro
deve perseguire. (In merito vedi: Amministrazione & Finanza n. 2/2004, Giovanni Gentile, Misurare l’efficienza
e l’ efficacia dei processi aziendali).
Parametri
Il parametro, in termini molto semplici, è una costante arbitraria da cui dipende l’andamento di
una funzione, che, nel nostro caso, è l’allocazione dei costi, generati dalle attività dei sub-processi,
ai prodotti. Nei modelli tradizionali di calcolo dei costi i parametri sono principalmente quelli
volumetrici: ore di lavoro degli operai, ore macchina, valore delle materie prime e così via, che ho
trattato in dettaglio su questa Rivista nei numeri 2 e 4 del 2007. Nei modelli PBC, invece, oltre ai
parametri volumetrici, vengono usati i più svariati parametri, legati al genere e tipo di obiettivi che
il centro di costo deve raggiungere.
Esempio per il confronto tra due modelli di calcolo dei costi
Per riassumere in modo efficace quanto riportato in questo lavoro ed evidenziare i vantaggi
dell’applicazione delle procedure del PBC, è utile farlo a mezzo esempi, con tutte le ovvie
limitazioni che qualsiasi esemplificazione comporta.
Si supponga che una certa azienda produca gli articoli A e B. Che la loro produzione richieda
per l’articolo A 10 lanci in produzione, essendo composto da 10 elementi diversi, per l’altro
articolo B 2 lanci, perché è costituito da due soli elementi. In un dato periodo vengono fabbricati
20 A e 55 B, per cui i lanci in produzione per le due commesse saranno: 10 per A e 2 per B. In
totale n° 22. Si supponga ancora che il centro “Programmazione della produzione”, qualche giorno
prima del dato periodo relativo alla produzione, abbia sostenuto un costo complessivo - personale,
attrezzatura, macchine elettroniche, etc. - di € 5.000 per predisporre i documenti, effettuare i
controlli e preparare tutto il necessario (date e ore, prelievi di materiali, posti di lavoro, etc.) per
lanciare gli ordini delle lavorazioni dei due prodotti.
Modello tradizionale di determinazione dei costi.
Viene rilevato, inoltre, che la produzione di 20 A richieda 100 ore di lavoro alle linee di
produzione e quella di 55 B, 90 ore, perché la lavorazione dei due componenti richiede molto più
tempo a causa della loro complessità. Impiegando modelli tradizionali, in questo caso il full
costing, il costo di € 5.000 del centro indiretto “Programmazione della produzione” viene
ricaricato sui centri diretti in base alle ore produttive per ciascun prodotto: 5.000 : (100 + 90) = €
26,316 per ogni ora di produzione, ignorando quanto lavoro, in realtà, sia stato consumato nel
centro. In conseguenza sul prodotto A (o sulla relativa commessa) verranno allocati 26,316 x 100
= 2.631,6 euro e su B 26,316 x 90 = 2.368,44 euro.
Modello dei costi basati sul processo.
Se, invece, utilizziamo il modello PBC, per prima cosa andremo a calcolare il costo di ciascun
lancio in produzione, detto cost driver: 5.000 : 12 = 416,67 €. Successivamente andremo a
imputare al prodotto A: 416,67 x 10 = 4.166,7 euro e al prodotto B: 416,67 x 2 = 833,34 euro.
Modelli di calcolo dei costi
Full Costing
PBC
Differenze
Prodotto A
2.631,60
4.166,70
1.535,1 + 58,33%
Prodotto B
2.368,44
833,34
1.535.1
- 58,33%
Per completezza, aggiungiamo anche l’esempio dell’ufficio acquisti riportato sopra, in cui era
supposto che l’articolo α venisse prodotto in 10.000 esemplari e l’articolo β in 1000 esemplari e
che la porzione di costo mensile dell’ufficio, consumato per α e β, sia pari a 839 + 3024,40 = €
3.863,40. Per il Full Costing, essendo i tempi di lavorazione dei due articoli quasi uguali, il
parametro scelto può essere la quantità di articoli prodotti: 3.863,40 : 11.000 = € 0,351
Modelli di calcolo dei costi
α
(10.000 x 0,351) =
β
(1000 x 0,351) =
Full Costing
3.510
351
PBC
839
3.024,4
Differenze
- 2.661
+ 2.673,4
Come è facile rendersi conto, con l’impiego di sistemi tradizionali, nei due esempi, abbiamo
una imputazione di costi che non corrisponde all’effettivo consumo avvenuto all’interno dei subprocessi, in quanto sono stati scelti parametri volumetrici, per allocare costi che non dipendono
dalla produzione.
Con il sistema PBC, invece, viene preso in considerazione quello che viene impiegato e
consumato all’interno del sub-processo interessato, affinché realizzi il proprio obiettivo o servizio,
trasformando lo specifico consumo in costo driver, il quale poi verrà imputato al prodotto.
Oggi, il modello di calcolo dei costi di produzione deve essere il più aderente possibile ai
processi aziendali per evitare distorsioni nei risultati e arbitrarietà varie. Infatti, le differenze sopra
riportate evidenziano errori che potrebbero portare a scelte sbagliate e a strategie non poggiate su
presupposti reali e, dunque, pericolose per il futuro dell’azienda.
Infine da rilevare, che in prima approssimazione, si può obiettare che l’analisi delle attività
(mappatura) non sia veramente necessaria, perché è facile, per chi conosca l’azienda, individuare i
sub-processi o centri di costo con le relative attività e raggrupparli nelle tre classi di costi di cui
abbiamo parlato. Per esperienza, però, posso dire che, la mappatura di tutte le attività, o almeno di
quelle più importanti, sia necessaria per aumentare la sicurezza nella scelta dei parametri più
idonei, relativi ai centri indiretti e, in particolare, a quelli comuni, e per avere disponibili i dati
necessari per giudicare: a) se la struttura materiale sia efficace, cioè adeguata alle necessità del
processo aziendale, e b) se l’efficienza del processo produttivo sia al massimo, ma, soprattutto,
per scoprire i costi nascosti, che, ad esempio, nella logistica interna sono difficili da individuare.
Conclusione
Nessuna strategia può essere profittevolmente ideata e perseguita se non si conosce la
potenzialità delle risorse dei sub-processi e delle attività, e se non si elaborano con realistica
accortezza i costi dei prodotti da vendere, tenendo presente che il costo, checché ne dicano i
monetaristi, non è un dato oggettivo, ma una attualizzazione in real time di esperienze passate e
aspettative future, interpretabili soggettivamente, e perciò può essere considerato come un indice
complesso.
Questo anche perché nell’economia aziendale coesistono due livelli economici: il livello del
valore e il livello finanziario. Il primo, creazione di nuovo valore, è l’obiettivo del “capitale
intellettuale”: immaginazione/previsione, competenza, creatività …, tutti valori intangibili e non
misurabili in moneta; il secondo, invece, è la misura esplicita dei risultati e, perciò, solo uno
strumento di controllo della gestione durante la realizzazione degli obiettivi elaborati nel primo
livello.
Il Prof. Mazza, in “Problemi di assiologia aziendale”, ha scritto: «L’economia di una azienda,
pur se misurata con figure di tipo quantitativo, si realizza invero anche con grandezze di per sé
non direttamente misurabili, che hanno tuttavia un contenuto di valore». Il fatto che il costo sia
una misura del consumo dei valori per ricreare nuovo valore, maggiore di quello consumato,
richiede lo sviluppo di un processo in cui la capacità di analisi dei fatti e di elaborazione di
strategie abbia una valenza creativa e innovativa fondamentale.
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(1) – In genere si fa distinzione tra produttività ed efficienza. La prima è un rapporto fra due quantità; la seconda tra due
valori, costituiti da più input per ottenere un previsto output in un processo produttivo ovvero ottenere un maggiore
output con gli stessi input o lo stesso output con minori input.