Introduzione

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Introduzione
 Introduzione
Una delle prime difficoltà in cui solitamente ci si imbatte nel momento in cui ci
si predispone a licenziare per la stampa un lavoro che traduca in termini apprezzabili gli esiti delle proprie ricerche è costituita dall’avvertito bisogno di dare conto
delle ragioni che auspicabilmente rendono l’uno e le altre di una certa utilità o
quantomeno di un certo interesse per la comunità scientifica cui si rivolgono.
È spesso difficile infatti – questo, in sostanza, il vero e proprio punctum dolens –
evitare di confondere ciò che può essere oggettivamente utile ed interessante da ciò
che, com’è nella logica delle cose, può più semplicemente apparire tale in ragione
delle proprie curiosità, di uomo prima ancora che di studioso.
Sulla generale opportunità – o piuttosto sulla vera e propria necessità – di compiere un passo siffatto è forse consigliabile soprassedere.
Anche perché nel nostro caso si hanno forse buone ragioni per credere che i
motivi di interesse ed utilità “oggettiva” e quelli diversamente frutto di una propensione personale possano convergere.
Se non addirittura sovrapporsi.
Essendo infatti inteso ad approfondire – attraverso lo studio di un caso particolare: quello statunitense – il senso attuale del rapporto tra libertà religiosa e diritto
giurisprudenziale, questo volume affronta, leggendone le dinamiche alla luce delle
mutazioni del contesto entro il quale si colloca ed assecondandone la rinnovata
propensione comparatistica e multilivello, un tema che è in tutta ragione considerato centrale – vero e proprio profilo qualificante – della riflessione ecclesiasticistica 1,
1
Il riconoscimento, che potrebbe di primo acchito sembrare persino scontato, merita da subito una
precisazione. Ed invero, prima ancora che in ragione della produzione scientifica esplicitamente dedicata,
che peraltro vanta al suo attivo veri e propri classici della dottrina ecclesiasticistica, segnando le tappe più
significative della sua progressione evolutiva (F. RUFFINI, La libertà religiosa. Storia dell’idea, Torino, 1911;
ID., Corso di diritto ecclesiastico italiano. La libertà religiosa come diritto pubblico subiettivo, Torino, 1924;
G. CATALANO, Il diritto di libertà religiosa, Milano, 1957; A.C. JEMOLO, I problemi pratici della libertà, Milano, 1972; P. FEDELE, La libertà religiosa, Milano, 1963; P.A. D’AVACK, Trattato di diritto ecclesiastico, I, Milano, 1978; tanto per limitarci ad alcuni esempi) ma che, sotto questo profilo, testimonia di un interesse che
va progressivamente riconfigurandosi (cfr., tra le monografie più recenti, C.B. CEFFA-L. MUSSELLI, Libertà
religiosa, obiezione di coscienza e giurisprudenza costituzionale, Torino, 2014; F. FRENI, La libertà religiosa tra
solidarietà e pluralismo Analisi e proposte sul modello di laicità «all’italiana», Napoli, 2013; V. PACILLO,
Buon costume e libertà religiosa. Contributo all’interpretazione dell’art. 19 della Costituzione italiana, Milano,
2012; A. FERRARI, La libertà religiosa in Italia. Un percorso incompiuto, Roma, 2012; M. CROCE, La libertà
religiosa nell’ordinamento costituzionale italiano, Pisa, 2012; M. MADONNA, Profili storici del diritto di libertà
religiosa nell’Italia post-unitaria, Lecce, 2012; D. DURISOTTO, Educazione e libertà religiosa del minore, Lecce, 2011; S. ANGELETTI, Libertà religiosa e Patto internazionale sui diritti civili e politici. La prassi del Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, Torino, 2008) ed estendendosi ai cultori di altri settori giuridici
(cfr., anche qui a mero titolo esemplificativo, G. LEVI, Abuso del diritto e libertà religiosa, Milano, 2014; D.
BRUNELLI (a cura di), Diritto penale della libertà religiosa, Torino, 2010; D. LOPRIENO, La libertà religiosa,
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di cui però, allo stesso tempo, non può sfuggire quel carattere intrinsecamente vago
e talora in certo modo persino equivoco, che, a maggior ragione oggi, lo vede lontano da approdi certi e definitivi 2.
Milano, 2009; G. ROLLA (a cura di), Libertà religiosa e laicità, Milano, 2009; F. TAGLIARINI (a cura di), Diritti dell’uomo e libertà religiosa, Napoli, 2008; S. CECCANTI, Una libertà comparata. Libertà religiosa, fondamentalismi e società multietniche, Bologna, 2001), l’osservazione relativa alla centralità del tema ha soprattutto precisi e rilevanti riscontri nei rinnovati tentativi di rifondazione – anche terminologica – della nostra
disciplina, gran parte dei quali (come si segnala oltre sub note 8-10 ed ancora nella successiva Prima Parte,
Capitolo Secondo sembrano muovere, pur se a vario titolo e secondo diversificate dimensioni prospettiche,
proprio dal riconoscimento del valore fondante della libertà religiosa. Valga al proposito la declinazione di
M.C. FOLLIERO, Diritto Ecclesiastico. Elementi. Principi scritti Principi non scritti Regole. Quaderno 1. I principi non scritti, Torino, 2007, che, definito (p. 13), l’ambito di riferimento del diritto ecclesiastico «nell’insieme delle norme concernenti il trattamento giuridico assicurato ai diritti individuali e collettivi di libertà
religiosa nel rispetto della laicità dello Stato e nel quadro dei principi della Costituzione», individua appunto (p. 25) nella «relazione che si instaura tra libertà (religiosa) e eguaglianza (principio di laicità) … il cuore
della disciplina e la causa prossima del carattere ereditato dal suo apparato di norme» o ancora quella di S.
DOMIANELLO, L’utilità pratica del «diritto ecclesiastico civile» come scienza, nel volume G.B. VARNIER (a cura
di), Il nuovo volto del diritto ecclesiastico italiano, Soveria Mannelli, 2004, p. 287, che definisce la «scienza
del diritto ecclesiastico» come «lo studio specialistico del sottoinsieme di “norme” (ossia, di regole vigenti e
viventi o, se si preferisce, di disposizioni e principi validamente ed efficacemente posti) che gli ordinamenti
giuridici nazionali e sovranazionali producono, attraverso i loro svariati formanti, allo scopo di regolamentare al proprio interno l’esercizio della libertà religiosa, nella molteplicità delle manifestazioni di essa: individuali e/o collettive, negative e/o positive». Assunto tuttavia in questa più pregnante e pervasiva dimensione
analitica, il tema della libertà religiosa tende progressivamente a perdere, con la sua configurazione originaria, molta della sua autosufficienza, ponendosi piuttosto, in senso più ampio, quale elemento di emersione e
convergenza (o piuttosto di riscontro) delle più significative tensioni che, nella loro interrelazione reciproca,
contribuiscono a delineare ragione e senso dell’assetto complessivo che la regolamentazione giuridica del
fatto religioso assume in un certo contesto ed in un determinato momento storico. Peraltro, per quanto possa apparire, di primo acchito, incongrua rispetto alla dichiarata preminenza, anche valoriale, della libertà
religiosa (atteso che essa può in tal modo apparire nei fatti pretermessa o piuttosto diluita da un contesto
argomentativo e ricostruttivo troppo generale) la presa d’atto di questa progressiva mutazione se, per un
verso, risulta in concreto inevitabile, sostanzia, dall’altro, una più ampia valenza costruttiva del riferimento
ad essa. Sembra invero arduo sfuggire all’impressione che ogni prospettazione analitica del tema della libertà religiosa – sia o meno ispirata a ragioni di tipo prescrittivo (l’individuazione e lo studio delle forme di una
migliore salvaguardia e promozione della stessa) – non possa che tenere conto del suo costituire, nei fatti,
variabile dipendente dalla più generale direzione assunta dalle relazioni tra istituzioni pubbliche e religioni,
per come condizionata, a sua volta, dalla riuscita riassunzione, da parte di queste ultime, di un rinnovato
ruolo pubblico, nelle sue molteplici graduazioni e sfaccettature (ivi compreso il suo carattere diffuso che
porta a leggerne la pervasività tra le pieghe, ad esempio, della c.d. “relazione economica”: cfr. M.C. FOLLIERO, Costituzione e patrimonio ecclesiastico La relazione economica, in M.C. FOLLIERO-A. VITALE, Diritto Ecclesiastico. Elementi Principi non scritti Principi scritti Regole Quaderno 2 I principi scritti, Torino, 2012, pp.
141 ss.) ed in questo senso contribuire a lumeggiarne i nessi sistemici ed il collegamento con l’andamento
complessivo di quelle relazioni. In sintesi, e con altre parole, la centralità della libertà religiosa non può venire intesa in senso esclusivo, essendo piuttosto da ricollegare al carattere complesso ed articolato del diritto
ecclesiastico, inteso sia come settore dell’ordinamento giuridico che come suo studio specialistico. Ciò che,
appunto, è quanto tentiamo di fare – pur se da un particolare angolo visuale e muovendo da uno specifico
caso di studio – in questo volume.
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Per una significativa, in gran parte ancora attuale, messa a punto delle ragioni da cui origina «l’insoddisfazione di fondo sul modo in cui il problema è stato trattato» anche dai contributi dottrinali «in particolar modo di quelli giuridici», M. TEDESCHI, I problemi attuali della libertà religiosa, in ID. (a cura di), La libertà religiosa, tomo I, Soveria Mannelli, 2002, pp. 12 ss., secondo il quale peraltro (p. 18) «se si continua a
percorrere la strada fino ad ora tracciata, la libertà religiosa resterà un mero principio teorico, sempre più
disatteso, retaggio di un grande passato ma senza nessuna possibilità di incidere sui problemi attuali», mentre (p. 30) «La speranza è che si possano reperire nuove e diverse forme di tutela della liberà religiosa, conformi ad esigenze più attuali e moderne, così come la più recente dottrina va prospettando».
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Se infatti può convenirsi agevolmente sull’alta carica di ambiguità che – talora
ripetendo indebite commistioni e confusioni concettuali 3– connota il ricorso al
termine «libertà» 4, anche quando assunto nella dimensione giuridica e valorizzato
nel suo alto valore costituzionale 5, è quasi intuitivo riconoscere che ciò vale a mag 3
Chiarisce in particolare la distinzione «tra liberalismo e libertà», atteso peraltro che «il liberalismo,
nella sua connotazione storica fondamentale, è la teoria e la prassi della protezione giuridica, attraverso lo
Stato costituzionale, della libertà individuale», G. SARTORI, Liberalismo, in ID., Elementi di teoria politica,
Bologna, 1995, p. 143 ss., laddove si evidenzia che «Il desiderio elementare di essere liberi ha trovato la sua
prima espressione – nell’ambito della civiltà occidentale – nella nozione greca di eleutherìa, in ciò che i romani definivano licentia (in opposizione a libertas); e quel desiderio si proietta facilmente anche in ciò che
ora chiamiamo anarchia. Ci sono voluti duemila anni per derivare “liberalismo” da libertas e “libertà”. Se
tale passaggio fosse stato ovvio o naturale, il ritardo sarebbe inspiegabile».
4
«Forse nessuna parola del lessico politico è più ambigua della parola “libertà”. Libertà può voler dire
quasi tutto e il contrario di tutto, prova ne sia che negli ultimi due secoli non c’è dottrina politica di qualche
importanza – spesso le più incompatibili tra loro, o quelle che oggi sappiamo essere tra le più liberticide –
che non si sia detta a favore della libertà», E. GALLI DELLA LOGGIA, Prefazione a J.S. MILL, La libertà, traduzione di E. Mistretta, Milano, 2010, p. 5. Come peraltro si è autorevolmente ammonito, ciò non vuol dire
(diremmo anzi che in certo modo esclude) che la determinazione del concetto sia vana: N. BOBBIO, Libertà,
in Enciclopedia del Novecento, Roma, 1978. Si veda altresì, dello stesso Autore, almeno L’età dei diritti
Eguaglianza e libertà, Torino, 1995 e M. BOVERO (a cura di), Teoria generale della politica, Torino, 1999.
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Com’è in certo modo testimoniato dalle note che immediatamente precedono, sarebbe pretenzioso
tentare di dare conto della molteplicità dei contributi – anche solo dei più significativi – al riguardo. In questa sede, ci si può limitare ad alcune referenze, tra la dottrina pubblicistica e costituzionalistica relativamente più recente e con salvezza delle ulteriori che seguiranno, utili ad una essenziale ricostruzione della progressione evolutiva di un tema e dei suoi nessi e collegamenti sistemici la cui peculiare densità contenutistica
è ampiamente testimoniata dalla diversificazione del relativo dibattito, che in effetti ne investe plurimi fronti
problematici e si avvale di più approcci ed angoli di osservazione. Tanto premesso, merita tuttavia osservare, in termini generali, e per quanto maggiormente ci interessa in questa sede, che l’innovato scenario delle
crisi immediatamente evocate nel testo e che costituiscono quadro di riferimento imprescindibile per una
aggiornato approccio al tema, sembra (ri)problematizzarne una tra le più rilevanti questioni di fondo, costituita dal controverso rapporto tra diritti di libertà (o piuttosto, come si vedrà in seguito, libertà) e diritti
sociali, ponendo altresì all’attenzione dell’interprete il tema dei c.d. nuovi diritti, del rinnovato rapporto tra
libertà, diritti e mercato e dell’impatto che, in argomento, può essere ascritto, da un lato, alla dialettica tra
corti costituzionali ed istanze giurisdizionali sovranazionali e, dall’altro, al consolidamento del principio si
sussidiarietà ed altresì – richiamo tutt’altro che casuale, in questa sede – al riequilibrio dei rapporti tra legislazione e giurisdizione. Con queste precisazioni, e nella prospettiva così delineata, ci si può quindi limitare
a segnalare i contributi di A. BARBERA, Art. 2, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione,
Bologna-Roma, 1975; A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali. Parte generale, Padova, 1990; F.
MODUGNO, I “nuovi” diritti nella giurisprudenza costituzionale, Torino, 1995; M. LUCIANI, Sui diritti sociali,
in Studi in onore di Manlio Mazziotti di Celso, Padova, II, 1995, pp. 97 ss.; P. RIDOLA, Diritti di libertà e costituzionalismo, Torino, 1997; G. LOMBARDI, Diritti di libertà e diritti sociali, Politica del diritto, n. 1/1999,
pp. 13 ss.; R. NANIA-P. RIDOLA (a cura di), I diritti costituzionali, Torino, voll. I-III, 2006; A. BALDASSARRE,
Diritti della persona e valori costituzionali, Torino, 2007; A. SPADARO, Diritti sociali di fronte alla crisi (necessità di un nuovo “modello sociale europeo”: più sobrio, solidale e sostenibile), in Rivista Aic, n. 4/2011; G.F.
FERRARI, Le libertà. Profili comparatistici, Torino, 2011; P. CARETTI, I diritti fondamentali. Libertà e diritti
sociali, Torino, 2011; M. CARTABIA, I “nuovi” diritti, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale,
http://www.statoechiese.it/images/stories/2011.2/cartabia_i_nuovi.pdf; R. NANIA (a cura di), L’evoluzione
costituzionale delle libertà e dei diritti fondamentali, Torino, 2012. Si vedano altresì, più di recente – anche
per gli ulteriori e più ampi richiami bibliografici – i contributi confluiti nel volume E. CAVASINO-G. SCALAG. VERDE (a cura di), I diritti sociali dal riconoscimento alla garanzia. Il ruolo della giurisprudenza, Napoli,
2013, ed in particolare ivi, di maggiore interesse ai nostri fini, G. RAZZANO, Lo “statuto” costituzionale dei
diritti sociali, pp. 25 ss.; D. TEGA, I diritti sociali nella dimensione multilivello tra tutele giuridiche e crisi economica, pp. 67 ss.; S. SCAGLIARINI, «L’incessante dinamica della vita moderna». I nuovi diritti sociali nella
giurisprudenza costituzionale, pp. 235 ss.; A. GUAZZAROTTI, Giurisprudenza CEDU e giurisprudenza costituzionale sui diritti sociali a confronto, pp. 379 ss.; S. ROSSI, Il mercato e i diritti sociali, pp. 473 ss.; A.
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gior ragione laddove a venire evocata sia quella sua particolare versione che si qualifica attraverso l’attributo di «religiosa» 6.
In effetti, già in termini generali ed astratti, la «libertà religiosa» ripete, amplificandola, la complessità di entrambi i riferimenti terminologici e concettuali di cui si
compone, mentre, più nel concreto si ha che, già solo ad un rapidissima scorsa,
quell’apparentemente univoco riferimento concettuale copre, nell’impatto con le
diversità culturali ed istituzionali ovvero in rapporto alle singole circostanze di
tempo e di luogo in cui di volta in volta se ne fa questione, risultati variabili e talora
diametralmente opposti 7.
È quindi – come il più generale ambito della regolamentazione giuridica e della
correlativa speculazione scientifica che la assume a carattere distintivo e di cui ripete, o piuttosto anticipa, la particolare complessità 8 – frutto mai definitivo di processi in continuo divenire 9 ed è di conseguenza suscettibile – come ricorderemo ul D’ALOIA, I diritti sociali nell’attuale momento costituzionale, pp. 563 ss.; A. MANGIA, I diritti sociali tra esigibilità e provvista finanziaria, pp. 581 ss.; D. BIFULCO, I diritti sociali in progress, pp. 603 ss. e P. CARETTI,
Considerazioni conclusive, pp. 613 ss.
6
«Il fatto è che libertà religiosa è un concetto solo apparentemente semplice, laddove invece esso nasconde notevole complessità e connessioni (…). Di modo che il concetto di libertà diventa veramente contestabile, se non si prende atto che esso, ben lungi dal riferirsi a un solo tipo di situazioni, si riferisce a tante
svariate situazioni quante sono le combinazioni possibili tra quelle variabili, richiedendo quindi modalità di
effettiva tutela differenziate in rapporto alle diverse situazioni», A. VITALE, Corso di diritto ecclesiastico. Ordinamento giuridico e interessi religiosi, Milano, 2005, p. 13.
7
Cfr. i rapporti nazionali confluiti nel volume di J. MARTINEZ TORRON-W. COLE DUHRAM, (ed. D.D.
THAYER), Religion and the Secular State: National Reports/La religion et l’Etat laique: Rapports nationaux,
Madrid, 2015.
8
Com’è ampiamente noto ai relativi cultori e si avrà ulteriormente modo di verificare di qui a poco,
quello della (ri)definizione dei contenuti della disciplina è questione ricorrente ed ampiamente dibattuta.
Valga tuttavia a dare conto della complessità evocata nel testo, da subito, quanto osservato da S. BORDONALI, L’incidenza del fatto religioso nei percorsi formativi della legge nell’ordinamento italiano, in Anuario de
Derecho Eclesiástico del Estado, XXVI, 2010, pp. 705-706. Ribadito che «formano oggetto del diritto ecclesiastico tutte le norme dell’ordinamento giuridico che si dimostrano sensibili all’elemento religioso, così da
determinare conseguenze nella loro interpretazione e applicazione», si riconosce tuttavia che la definizione
«non tiene conto di un altro aspetto: quello relativo al momento genetico della norma. In un’epoca in cui il
processo formativo della legge non segue più un percorso per così dire “deduttivo” e dall’alto – che postula
l’esistenza di una società relativamente omogenea e principi comuni sufficientemente consolidati – ma si
forma attraverso canali di aggregazione del consenso intorno a taluni temi – che fanno da base alle scelte
politiche in sede di formazione delle leggi –, occorre tenere in conto: da un lato, quale sia l’incidenza del
fattore religioso nell’istanza di una nuova norma; e, dall’altro, fino a che punto lo Stato moderno possa consentirla».
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Le attuali norme del Diritto Ecclesiastico – di questo, ovviamente, si tratta – «Sono tipiche in quanto
specchio fedele e variabile dipendente dall’atteggiamento di chiusura o, viceversa, di disponibilità che, nei
diversi stadi della storia della Repubblica, il diritto pubblico dello Stato assume nei confronti del fenomeno
religioso individuale, o di quello collettivo, o rispetto ad entrambi. Da questo punto di vista, il processo
lungo all’incirca due secoli che registra la transizione dalla ostilità di ieri alle altrettanto esplicite aperture
che le norme di oggi fanno al fatto religioso è, per l’appunto, un processo (…) anche l’oggetto che identifica
il Diritto Ecclesiastico presenta elementi di continuità nel tempo. Si sta parlando della religione, ovviamente. Essa viene presa in considerazione dal diritto sotto due distinti aspetti: il bisogno religioso e il diritto di
libertà religiosa. Il secondo dei due profili: quello del diritto, è evidentemente una forma di espansione e di
rafforzamento del primo. Sotto forma di bisogno, la religione, infatti, rappresenta una delle dimensioni in
cui l’esperienza umana si articola, si differenzia e si esprime traducendo in credenze e pratiche individuali e
collettive l’aspirazione insita nell’uomo ad una relazione con la trascendenza. L’ampliarsi, il prolungarsi e il
cristallizzarsi di queste esperienze all’interno di modelli regolativi e organizzatori codificati è il segnale che
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teriormente di qui a poco – di venire assunta e valutata secondo plurimi approcci e
chiavi di lettura diversificate, peraltro non sempre chiaramente e nettamente scindibili l’una dall’altra ed anzi risultando talora in certo modo complementari 10.
Si tratta di tutta evidenza di un dato che trova nuova linfa nello scenario attuale
della globalizzazione e delle crisi che ad essa variamente si riconnettono: di sovranità, di legalità, della politica, del diritto. Ed ancora, per limitarsi alle più ricorrenti e
discusse, nella più prosaica – ma, con ogni probabilità, la più rilevante – crisi economico-finanziaria 11, ovvero di finanza pubblica e fiscalità generale 12.
le guide spirituali dei fedeli di un tempo sono diventate rispettate e potenti istituzioni (culti, Chiese e confessioni religiose). Quando ciò accade ecco che il bisogno religioso e la mite pretesa originaria di soddisfarlo
esternandolo in preghiere riti e cerimonie hanno già cambiato aspetto. Sono, di fatto, diventati un diritto, e
dotato per di più di una intensa carica di esigibilità. Diritto di libertà religiosa sarà il suo nome anche quando ad ammantarsi della relativa garanzia saranno istituzioni religiose di vertice. Intenzionate ad accreditarsi
come interlocutori degli Stati. Interessate a vedersi tributare riconoscimenti all’altezza degli status posseduti
e dei corposi interessi religiosi rappresentati»: M.C. FOLLIERO, Diritto ecclesiastico. Elementi. Principi non
scritti. Principi scritti. Regole. Quaderno 1. I principi non scritti, Torino, 2007, p. 11.
10
A loro volta, come si è accennato, le più nuove chiavi di lettura (anche) della libertà religiosa finiscono col (ri)problematizzare prima ancora che il metodo proprio del diritto ecclesiastico, il suo stesso oggetto.
Si vedano al riguardo le osservazioni di G.B. VARNIER, Il cambiamento delle prospettive di lettura del metodo
e dei contenuti della disciplina della libertà di religione, nel volume M. PARISI (a cura di), Per una disciplina
democratica delle libertà di pensiero e di religione: metodi e contenuti, Ripalimosani, 2014, p. 41, secondo cui
se, da una parte, è vero che «una società plurale richiede norme specifiche che giustificano l’utilità del diritto interculturale. Abbiamo una identità italiana troppo debole per imporla agli stranieri, ma anche se questa
fosse forte come in Francia non otterremmo molto», appare dall’altra meno convincente «Il passaggio successivo a questo – che per intenderci è quello che viene proposto da un gruppo di giovani studiosi (…) ora
siamo forse ad una terza fase che prevede il fatto che il diritto ecclesiastico come scienza possa ampliare il
proprio contenuto verso un insieme di temi anche lontani da quelli ecclesiasticistici. In altri termini il diritto
interculturale è un nuovo modo di declinare l’antico diritto ecclesiastico, oppure è una scienza autonoma,
vicina alla comparazione tra gli ordinamenti».
11
Anche questa crisi, beninteso, ha formidabili ricadute sul modo di intendere il diritto ed il diritto
pubblico e costituzionale in particolare: cfr. G. DI PLINIO, Nuove mappe del caos. Lo Stato e la costituzione
economica della crisi globale, in G. CERRINA FERONI-G.F. FERRARI (a cura di), Crisi economico-finanziaria e
intervento dello Stato. Modelli comparati e prospettive, Torino, 2012, pp. 65 ss., il quale, nell’accingersi a ribadire l’importanza di una «teoria giuridica per la costituzione economica», bolla come «comprensibile, ma
ingiustificabile, che, di fronte al processo attuale di crisi e cambiamento (…) si presentino spiegazioni e si
sviluppino argomentazioni marcatamente ed emotivamente antagoniste contro il caos in sé e i suoi presunti
evocatori», adducendo ad esempio «l’interpretazione della crisi sistemica come effetto di un piano, come
manovra scientemente premeditata e deliberatamente attuata da un complesso di “forze” più o meno occulte, ora ribattezzato “finanzcapitalismo”, con il fine di “massimizzare e accumulare, sotto forma di capitale e
insieme di potere, il valore estraibile sia dal maggior numero possibile di esseri umani, sia dagli ecosistemi”»
(il riferimento è a L. GALLINO, Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Torino, 2011) e quindi osserva che «non vi è atteggiamento più irrazionale di quello che pretende di resistere al cambiamento mantenendo “per decreto” la propria forma e le proprie prerogative, e imponendo regole, con la presunta forza
della legge e la autorevolezza della democrazia rappresentativa, a chi dal mutamento trae (o si suppone
tragga) vantaggio (…) Sopravvivere al caos, navigarci dentro e forse guidare quelle creature significa, per il
sostrato umano e sociale delle entità chiamate Stati, trarre dalla crisi le opportunità che essa porta con sé
piuttosto che lasciarsi travolgere, e riplasmare le proprie istituzioni per adattarsi al vento della crisi e alla
nuova dimensione dell’economia».
12
Il suo impatto ecclesiasticistico è stato segnalato da tempo: M.C. FOLLIERO, Enti religiosi e non profit
tra Welfare State e Welfare Community. La transizione, Torino, 2002. Più di recente, con più specifico riferimento ad ambiti particolari ovvero, rispettivamente, in rapporto al nuovo ruolo degli edifici di culto, alle
dinamiche della sanità pubblica ovvero all’inclusione, ivi, degli enti ecclesiastici ospedalieri, nonché al sistema di finanziamento pubblico delle confessioni, F. BOTTI, Edifici di culto e loro pertinenze, consumo del
territorio e spending review, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, n. 27/2014, http://www.statoechiese.it/
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Crisi (e correlative emergenze 13) che, mentre suggeriscono paradigmi alternativi 14, inducono a riguardare con rinnovata severità a certe forme di commistione tra
pubblico e privato-religioso 15 o, diversamente, a registrare l’implementazione delle
forme di cooperazione/collaborazione tra istituzioni pubbliche ed istituzioni religiose 16 – cogliendone l’impatto nei plurimi livelli in cui si traduce la “disarticolazione delle funzioni sovrane” 17 e la loro riconfigurazione in un senso più prossimo
al valore del principio dell’autonomia territoriale 18 – a loro volta ispirano ed ac images/stories/2014.9/bottimm_edifici_rivista.pdf e C. ELEFANTE, Le attività diverse degli enti ecclesiastici nel
sistema del Welfare sostenibile, nel volume G. ZICCARDI CAPALDO (a cura di), Globalizzazione e pluralità
delle fonti giuridiche: un duplice approccio, Napoli, 2012, pp. 505 ss.; ID., Enti ecclesiastici ospedalieri, sanità
pubblica e spending review, Torino, 2014.; ID., Il finanziamento delle confessioni religiose al tempo della crisi:
il caso dell’otto per mille, in Jura & Legal Systems, Rivista telematica del Dipartimento di Scienze Giuridiche (Scuola di Giurisprudenza) dell’Università di Salerno, n. 2/2015, http://www.unisa.it/uploads/13378/
opinioni_20_elefante.pdf.
13
Cfr. R. MAZZOLA, Libertà di culto e «sicurezza urbana» nella «Direttiva» del Ministro dell’Interno per le
manifestazioni nei centri urbani e nelle aree sensibili, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, n. 2/2009,
pp. 403 ss.; ID., Laicità e spazi urbani. Il fenomeno religioso tra governo municipale e giustizia amministrativa, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, http://www.statoechiese.it/images/stories/2010.3/mazzola_
laicitm.pdf; P. CONSORTI, Pacchetto sicurezza e fattore religioso, ivi, http://www.statoechiese.it/index.php?
option=com_content&task=view&id=431&Itemid=40.
14
Il riferimento, immediato, non può che andare a E. DIENI, Diritto & Religione vs. «nuovi» paradigmi.
Sondaggi per una teoria postclassica del diritto ecclesiastico civile, a cura di A. ALBISETTI-G. CASUSCELLI-N.
MARCHEI, Milano, 2008.
15
Esemplare, al proposito, la deliberazione della Corte dei Conti con la quale si censura l’attuale meccanismo dell’otto per mille e sulla quale si avrà modo di tornare oltre (in particolare nell’ambito della Parte
Quarta, Capitolo Primo) o ancora l’emergente tendenza normativa e giurisprudenziale che, proprio «connessa alla crisi di risorse dedicate, pare riconsiderare ampiezza e portata dell’originario principio di equiparazione, ridimensionando significativamente i tratti speciali dell’inclusione degli enti ecclesiastici ospedalieri
nel sistema della sanità pubblica», di cui si da analiticamente conto nello studio di C. ELEFANTE, Enti, cit.,
partt. pp. 117 ss.
16
Com’è noto infatti, l’originaria esigenza della non identificazione organizzativa e funzionale tra istituzioni pubbliche ed istituzioni religiose è riproblematizzata dal congiunto operare dei principi di sussidiarietà e cooperazione-collaborazione: cfr., almeno, in termini generali ed anticipando gli ulteriori richiami alle
note che seguono immediatamente, M.C. FOLLIERO, Istituzioni pubbliche e istituzioni confessionali tra collaborazione cooperazione e sussidiarietà: il ruolo dei principi, in M.C. FOLLIERO-A. VITALE, Diritto, cit., p. 219
ss. nonché, con esemplificativo riferimento ad uno specifico ambito materiale, M. TIGANO, Tra economia
dello Stato e «economia» della Chiesa. I beni culturali d’interesse religioso, Napoli, 2012; I. VECCHIO CAIRONE, Principio di bilateralità e processi di innovazione. Il caso emblematico del patrimonio culturale a valenza
religiosa, in Diritto e religioni, n. 1/2014, pp. 251 ss.; ID., I beni culturali di interesse religioso nell’ordinamento giuridico statuale. Principi e regole del diritto negoziale con i culti sul patrimonio culturale a valenza religiosa, in Le Corti salernitane, n. 1/2013, pp. 145 ss.
17
A. LICASTRO, Libertà religiosa e competenze amministrative decentrate, in Diritto ecclesiastico, n. 34/2010, pp. 607 ss.
18
Cfr., a titolo esemplificativo, tra i contributi più recenti, I. BOLGIANI, Regioni e fattore religioso. Analisi e prospettive normative, Milano, 2012; A. BETTETINI, Tra autonomia e sussidiarietà: contenuti e precedenti
delle convenzioni a carattere locale tra Chiesa e istituzioni pubbliche, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, maggio 2010, http://www.statoechiese.it/images/stories/2010.5/bettetini_autonomiam.pdf; P. FLORIS, Laicità e collaborazione a livello locale. Gli equilibri tra fonti centrali e periferiche nella disciplina del fenomeno
religioso, ivi, febbraio 2010, http://www.statoechiese.it/images/stories/2010.2/floris_laicit.pdf, M.C. FOLLIERO, Istituzioni, cit., partt. pp. 247 ss.; A. LOSANNO, La disciplina regionale e locale dei beni culturali di interesse religioso. La tutela partecipata e le varie forme di collaborazione, in Diritto e religioni, n. 2/2010, pp. 177
ss.; ID., Tutela e valorizzazione dei beni culturali di interesse religioso nel quadro delle forme di attuazione dei
principi di cooperazione e collaborazione, nel ricordato volume G. ZICCARDI CAPALDO (a cura di), Globalizzazione, cit., pp. 567 ss. ed i contribuiti confluiti nel volume A.G. CHIZZONITI (a cura di), Religione e auto-
Introduzione
7
compagnano, per così dire, la traduzione “in atto” di caratteri e tendenze che – soprattutto in società come la nostra, sino a non troppo tempo addietro oggettivamente poco plurale 19 – apparivano connotare ma solo “in potenza” l’esperienza religiosa e la libertà che per essa si rivendica 20.
Nel contempo, proprio l’entità ed il peso dei mutamenti socio-culturali 21 che irreversibilmente si collegano (o piuttosto ne costituiscono la causa primaria) a quelle crisi – evocando timori ed insofferenze sociali mai sopite e sollecitando, in un legislatore che ondeggia tra il passivo ed il frenetico, risposte frammentate ed avulse
dalle doverose valutazioni di impatto, anzitutto costituzionale 22 – rendono palese
l’inefficacia dei modelli in uso ed induce a ribadire risalenti censure 23, (ri)orientare
l’attenzione verso nuovi fronti investigativi 24 e settori di sofferenza parsi sinora
(colpevolmente) meno frequentati 25 ed ancora cogliere nuove contraddizioni 26 o
nomie locali. La tutela della libertà religiosa nei territori di Cremona, Lodi e Piacenza, Lecce, 2014 ovvero, ivi,
per i profili più generali, I. BOLGIANI-A. GIANFREDA, Autonomie locali e interessi religiosi, pp. 23 ss. Sia altresì consentito rinviare a G. D’ANGELO, Repubblica e confessioni religiose tra bilateralità necessaria e ruolo
pubblico. Contributo all’interpretazione dell’art. 117, comma 2, lett. c) Cost., Torino, 2012; ID., L’incerta costruzione di un «diritto ecclesiastico regionale» nelle nuove enunciazioni statutarie: spunti interpretativi, in
Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, n. 2/2011, pp. 383 ss.
19
Cfr. A. FUCCILLO (a cura di), Multireligiosità e reazione giuridica, Torino, 2008.
20
Per una recente sottolineatura, secondo una prospettazione e con argomenti per certi aspetti peculiari, dell’impatto delle nuove problematiche e del carattere (diremmo intrinsecamente) mutevole del diritto
ecclesiastico, G.B. VARNIER, Il cambiamento, cit., pp. 37 ss., laddove in particolare si evidenzia, quanto al
primo profilo, «che siamo in presenza di una serie di nuove problematiche a fronte delle quali troviamo
quale possibile soluzione un quadro di riferimento ormai datato. Ma c’è di più, perché la necessità di una
idonea regolamentazione giuridica del fenomeno religioso si scontra con contingenze di più estesa gravità
(…) Inoltre, ci sono una serie di problematiche interne alla nostra disciplina, che ci portano ad assistere ad
un repentino cambio di generazione dei docenti, perché si allontanano coloro i quali sono nati nella prima
metà del Novecento. È un fenomeno di ordine generale ma che nel nostro caso presenta un elemento addizionale, perché l’avvicendamento riguarda quegli studiosi formati sulla legislazione del 1929 letta e progressivamente interpretata alla luce dei principi costituzionali; quindi abituati a leggere il vecchio alla luce del
nuovo»; quanto poi, alla mutevolezza del diritto ecclesiastico, rileva la conclusione per cui se pure «si volesse cambiare la denominazione – non potremmo mai avere un nome da utilizzare stabilmente, perché i contenuti del diritto ecclesiastico sono in continuo cambiamento».
21
Osserva che «Noi non siamo ancora consapevoli del cambiamento epocale che la multiculturalità sta
provocando nelle nostre società, e nei nostri ordinamenti», C. CARDIA, Libertà religiosa e multiculturalismo, in
Stato, Chiese e pluralismo confessionale, http://www.statoechiese.it/images/stories/2008.5/cardia_libert.pdf.
22
Cfr. G. CASUSCELLI, Il pluralismo in materia religiosa nell’attuazione della Costituzione ad opera del legislatore repubblicano, in S. DOMIANELLO (a cura di), Diritto e religione in Italia. Rapporto nazionale sulla
salvaguardia della libertà religiosa in regime di pluralismo confessionale e culturale, Bologna, 2012, pp. 23 ss.
23
Rinvigorendo e riattualizzando soluzioni, per così dire, di riequilibrio tra diritto comune e legislazione
bilaterale da tempo caldeggiate anche se (almeno sinora) invano: G. MACRÌ-M. PARISI-V. TOZZI (a cura di),
Proposta di riflessione per l’emanazione di una legge generale sulle libertà religiose, Torino, 2010.
24
A. FUCCILLO, L’attuazione privatistica della libertà religiosa, Napoli, 2007.
25
Come quelle che emergono sul piano dei rapporti amministrativi: G. CHIZZONITI, Il rapporto fra istituzioni civili e soggetti religiosi collettivi a livello amministrativo: interventismo, sussidiarietà e rapporti con le
autonomie, nel testé ricordato volume G. MACRÌ-M. PARISI-V. TOZZI (a cura di), op. cit., pp. 104 ss., che preliminarmente evidenzia come quello dell’«esercizio delle funzioni amministrative con riferimento alle questioni religiose» costituisca «tema che, pur dominando quello che potremmo definire il “quotidiano del diritto ecclesiastico”, non sempre ha avuto da parte della dottrina la giusta attenzione».
26
G. CIMBALO, Il diritto ecclesiastico oggi: la territorializzazione dei diritti di libertà religiosa, in Stato,
Chiese e pluralismo confessionale, http://www.statoechiese.it/images/stories/2010.11/cimbalo_il_diritto.pdf.
8
Introduzione
piuttosto definire collegamenti 27, ambiti 28 e modalità ulteriori 29 di salvaguardia
nonché ad individuare – e praticare – metodologie e strumenti di approccio alla libertà religiosa – ovvero alla relazione tra laicità e pluralismo religioso – che si ritengono più consentanei alla configurazione multireligiosa e multiculturale di quelle
stesse società che ne risulta 30.
27
Particolarmente battuto, come pure vedremo, quello che valorizza, nella sua portata estensiva, il principio della non-discriminazione a motivo (tra gli altri) della religione (ci si limita per ora a richiamare, per
un primo inquadramento, M. AIMO, Le discriminazioni basate sulla religione e sulle convinzioni personali, nel
volume M. BARBERA (a cura di), Il nuovo diritto antidiscriminatorio. Il quadro comunitario e nazionale, Milano, 2007, pp. 43 ss. e, anche per le ulteriori referenze, S. COGLIEVINA, Diritto antidiscriminatorio e religione.
Uguaglianza, diversità e libertà religiosa in Italia, Francia e Regno Unito, Tricase, 2013) o ancora le relazioni
(“pericolose”: C. SALAZAR, Le “relazioni pericolose” tra libertà di espressione e libertà religiosa: riflessioni alla
luce del principio di laicità, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, gennaio 2008, http://www.statoechiese.
it/images/stories/2008.1/salazar_le_relazioni.pdf) tra libertà religiosa e libertà di espressione: cfr., a mero
titolo esemplificativo, i contributi confluiti nel volume N. FIORITA-D. LOPRIENO (a cura di), La libertà di
manifestazione del pensiero e la libertà religiosa nelle società multiculturali, Firenze, 2009, nonché, più di
recente e con specifico riferimento alla dimensione internazionale e comparata, rispettivamente S. ANGELETTI, Freedom of religion, freedom of expression and the United Nations: recognizing values and rights in the
“defamation of religion” discourse, in Stato, Chiese e pluralism confessionale, n. 29/2012, http://www.statoe
chiese.it/images/stories/2012.10/angeletti_freedomm.pdf e C. CIANITTO, L’incitamento all’odio religioso: Stati
Uniti, India, Gran Bretagna, Italia. Spunti comparativi, Torino, 2012.
28
È ad esempio il caso del rapporto tra sport e religione, laddove, come evidenzia N. FIORITA, Non solo
per gioco: la religione nell’ordinamento sportivo, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, n. 32/2015,
http://www.statoechiese.it/images/stories/2015.10/fioritam_non_solo.pdf, «Benché solo recentemente sia salito agli onori della cronaca e abbia catturato l’attenzione dei cultori delle discipline giuridiche di riferimento l’incrocio tra manifestazioni sportive di vario genere ed espressioni riconducibili all’appartenenza religiosa degli atleti vanta una storia tanto lunga quanto ricca di casi eclatanti e di polemiche». Si vedano infatti C.
DALLA VILLA, Pluralismo confessionale e pratica sportiva, in G. SORGI (a cura di), Le scienze dello sport. Il
laboratorio atriano, Roma, 2012, p. 223 ss.; V. FEDELE, Controllo, legittimazione e riconoscimento: l’islam e lo
sport, in Diritto e religioni, n. 1/2014, pp. 333 ss.; C. GAGLIARDI, Sport e religioni, ivi, n. 1/2013, pp. 217 ss.;
ID., Il simbolismo religioso nello sport: il caso Chadida, ivi, n. 1/2014, pp. 205 ss.; M.C. IVALDI, Discriminazione e propaganda religiosa nel diritto calcistico, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, n. 4/2015,
http://www.statoechiese.it/images/stories/2015.2/ivaldim_discriminazione.pdf. O ancora, quello del rapporto tra cibo e religione, per il quale si rimanda ai contributi confluiti nel volume A.G. CHIZZONITI-M. TALLACHINI (a cura di), Cibo e religione: diritto e diritti, Tricase, 2010.
29
F. FRENI, Soft law e sistema delle fonti del diritto ecclesiastico italiano, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, http://www.statoechiese.it/index.php?option=com_authors&task=view&id=198&Itemid=41.
30
È il caso del diritto interculturale, per il quale cfr. almeno S. FERLITO, L’atlante, il giurista e l’antropologo, Soveria Mannelli, 2005; M. RICCA, Dike meticcia. Rotte di diritto interculturale, Soveria Mannelli, 2008;
ID., Oltre Babele Codici per una democrazia interculturale, Bari, 2008; ID., Sul diritto interculturale. Costruire
l’esperienza giuridica oltre le identità, in Daimon, n. 8/2008, pp. 131 ss.; ID., Pantheon. Agenda della laicità
interculturale, Palermo, 2012; ID., Culture interdette: modernità, migrazioni, diritto interculturale, Torino,
2013; P. CONSORTI, Diritto e religione, Roma-Bari, 2010; ID., Conflitti, mediazione e diritto interculturale,
Pisa, 2013; A. FUCCILLO, Giustizia e religione, voll. I e II, Torino, 2011; ID. (a cura di), Esercizi di laicità interculturale e pluralismo religioso, Torino, 2014; P. STEFANÌ, Il problema giuridico della laicità dello Stato nella società multiculturale, Roma, 2013, partt. pp. 89 ss. Si veda poi, per una valutazione d’impatto sulla materia ecclesiasticistica, S. BERLINGÒ, Diritto interculturale: istruzioni per l’uso dell’ecclesiasticista-canonista, in
Daimon, n. 8/2008, pp. 43 ss., ed ancora, sul rapporto tra culture e religioni ovvero tra diritti culturali e libertà religiosa, N. COLAIANNI, Diritto pubblico delle religioni. Eguaglianza e differenze nello Stato costituzionale, Bologna, 2012, partt. pp. 21 ss. nonché, più di recente, M. D’ARIENZO, Diritti culturali e libertà religiosa (Le sfide del multiculturalismo e la libertà religiosa), in Diritto e religioni, n. 2/2014, pp. 577 ss. Merita
altresì segnalare in argomento, nell’ambito della dottrina costituzionalistica e con particolare riguardo all’interrelazione del fattore culturale con il principio costituzionale di uguaglianza, I. RUGGIU, Il giudice antropologo. Costituzione e tecniche di composizione dei conflitti multiculturali, Milano, 2013; ID., Dis-eguaglianza e
Introduzione
9
Ciò mentre il nuovo corso dei rapporti interordinamentali, per un verso rende
imprescindibile il riferimento alla dimensione internazionale 31 e sovranazionale della libertà religiosa 32 ma nel contempo impone, per l’altro, di confrontarsi con una
realtà planetaria fatta di diffuse e sistematiche persecuzioni e di più o meno potenziali “nuove guerre di religione” 33, in cui il preteso carattere universale della libertà
identità culturale: tolleranza e multiculturalismo, accessibile all’url http://www.gruppodipisa.it/wp-content/
uploads/2015/06/Ruggiu_Diseguaglianza-culturale.pdf; A. LOLLO, Dis-eguaglianza e pratiche religiose (bozza
provvisoria), http://www.gruppodipisa.it/wp-content/uploads/2015/06/Lollo-pratiche-religiose.pdf. Gli ultimi
due contributi citati sono alcune delle relazioni presentate per il Convegno annuale dell’Associazione
Gruppo di Pisa, a loro volta accessibili all’indirizzo http://www.gruppodipisa.it/?p=3439, unitamente alla
relazione di sintesi di Q. CAMERLENGO, Dis-eguaglianza, identità culturali, pratiche religiose, http://www.
gruppodipisa.it/wp-content/uploads/2015/06/Camerlengo-Relazione-di-sintesi.pdf.
31
Ma, con discreto anticipo, F. MARGIOTTA BROGLIO, La protezione internazionale della libertà religiosa
nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, Milano, 1967.
32
Anche in questo caso non ci si può che limitare al alcuni richiami meramente esemplificativi, utili a
restituirci una iniziale rappresentazione della progressione evolutiva e della varietà di approccio degli studi
in tema, naturalmente con salvezza degli ulteriori dettagliati nel corso della trattazione: G. BELGIORNO DE
STEFANO, La libertà religiosa nelle sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo, nel volume V. TOZZI (a
cura di), Nuovi studi di diritto canonico ed ecclesiastico, Salerno, 1990, pp. 529 ss.; F. MARGIOTTA BROGLIO,
Il fenomeno religioso nel sistema giuridico dell’Unione Europea, in F. MARGIOTTA BROGLIO-C. MIRABELLI-F.
ONIDA, Religioni e sistemi giuridici. Introduzione al diritto ecclesiastico comparato, Bologna, 1997, pp. 87 ss.;
S. FERRARI, Integrazione europea e prospettive di evoluzione della disciplina giuridica del fenomeno religioso,
nel volume V. TOZZI (a cura di), Integrazione europea e società multi-etnica. Nuove dimensioni della libertà
religiosa, Torino, 2000, pp. 127 ss.; S. BERLINGÒ, Alla scoperta della laicità, in Europa, in Derecho y Opinión,
n. 8/2000; M. VENTURA, La laicità dell’Unione Europea. Diritti, mercato, religione, Torino, 2001; ID., La religione tra Corte costituzionale e giurisdizioni europee, nel volume R. BOTTA (a cura di), Diritto ecclesiastico e
Corte costituzionale, Napoli, 2006; G. MACRÌ, Europa, lobbiyng e fenomeno religioso. Il ruolo dei gruppi religiosi nella nuova Europa politica, Torino, 2004; G. DALLA TORRE, Verso un diritto ecclesiastico europeo? Annotazioni preliminari sulla Costituzione UE, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, n. 2/2005, pp. 399
ss.; M. PARISI (a cura di), Le organizzazioni religiose nel processo costituente europeo, Napoli, 2005; G. CIMBALO, Verso un “Diritto Ecclesiastico” della Comunità Europea, nel volume L.S. ROSSI-G. DI FEDERICO (a
cura di), L’incidenza del diritto dell’Unione europea sullo studio delle discipline giuridiche nel cinquantesimo
della firma del Trattato di Roma, Napoli, 2008, pp. 213 ss.; M.C. FOLLIERO, Post-democrazia europea e principio di cooperazione Unione Europea-Religioni, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, settembre 2010,
http://www.statoechiese.it/images/stories/2010.9/folliero_postm.pdf; G. CASUSCELLI, Convenzione europea,
giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo e sua incidenza sul diritto ecclesiastico italiano.
Un’opportunità per la ripresa del pluralismo confessionale?, ivi, settembre 2011, http://www.statoechiese.it/
images/stories/2011.9/casuscelli_mconvenzione.pdf; J. PASQUALI CERIOLI, La tutela della libertà religiosa nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ivi, gennaio 2011, http://www.statoechiese.it/images/stories/
2011.1/pasquali_la_tutela.pdf; F. BOTTI, Le confessioni religiose e il principio di sussidiarietà nell’Unione europea: un nuovo giurisdizionalismo attraverso il mercato, ivi, gennaio 2011, http://www.statoechiese.it/images/
stories/2011.1/botti_le_confessioni.pdf; F. ALICINO, Costituzionalismo e diritto europeo delle religioni, Padova, 2011; R. MAZZOLA (a cura di), Diritto e religione in Europa. Rapporto sulla giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’uomo in materia di libertà religiosa, Bologna, 2012; A. FABBRI, Unione Europea e fenomeno religioso. Alcune valutazioni di principio, Torino, 2012; R. ASTORRI, Lo sfondamento dell’orizzonte
tradizionale: dalla prospettiva nazionale a quella globale. Stati e confessioni religiose alla prova. Religione e
confessioni nell’Unione Europea tra speranze disilluse e problemi emergenti, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 17 marzo 2014, http://www.statoechiese.it/images/stories/2014.3/astorri_lo_sfondamento.pdf; V.
TOZZI, La libertà religiosa in Italia e nella prospettiva europea, ivi, 10 novembre 2014, http://www.statoe
chiese.it/images/stories/2014.11/tozzi.m_la_libert.pdf; A. LICASTRO, Unione Europea e “status” delle confessioni
religiose. Fra tutela dei diritti umani fondamentali e salvaguardia delle identità costituzionali, Milano, 2014.
33
G. DALLA TORRE, Considerazioni sull’attuale problematica in tema di libertà religiosa, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, n. 24/2014, http://www.statoechiese.it/images/stories/2014.7/dallatorrem_
considerazioni.pdf.
10
Introduzione
religiosa mostra tutte le sue ambiguità 34, le sue difficoltà 35 ed i suoi limiti 36, a maggior ragione laddove si accompagni a prescrizioni che investono in senso più ampio
le relazioni tra i singoli stati ed il fatto religioso 37.
Sicché, oggi più di ieri risulta evidente, con la più generale vocazione strumentale del ricorso alla religione, il fatto che «gli interessi riconducibili al fenomeno religioso non sono affatto omogenei, chiamano in causa aspetti diversi dell’ordinamento, e il trattamento delle diverse specie può rispondere a logiche completamente
diverse» 38 e che di conseguenza gli spazi di libertà rivendicati in ragione dell’elemento religioso assumono un sempre più spiccato carattere di estensività, andando
ben oltre l’ambito delle attività tradizionalmente considerate – secondo l’ottica secolare – come espressive del c.d. «fine di religione o di culto» 39 e comunque risultando ben difficilmente rinchiudibili in formule, anzitutto normative, convincenti,
tali da assecondare le (quantitativamente e qualitativamente) crescenti istanze di
34
Leggiamo in questo senso – pur riconoscendone gli indubbi aspetti positivi – la più recente curvatura
assunta dalla protezione internazionale della libertà religiosa, per come (almeno apparentemente) calibratasi
sul ruolo guida di cui proprio gli Stati Uniti sembrano volersi fare carico e per la cui ampia e dettagliata analisi (che individua nell’adozione dell’International Freedom Restoration Act del 1988 un suo momento qualificante) si rimanda al recentissimo studio di P. ANNICHINO, Esportare la libertà religiosa. Il Modello Americano nell’Arena Globale, Bologna, 2015. Si veda altresì, a conferma della complessità – di ispirazione, obiettivi e forme – di tali strategie internazionali di implementazione e tutela della libertà religiosa e delle loro
implicazioni politiche, con particolare riguardo, sotto tale ultimo profilo, ad un più specifico contesto geopolitico (ovvero con riguardo ai «responses to the “Arab spring” and the conflict in Syria»), E. SHAKMAN
HURD, Religious freedom, American-style, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, n. 1/2014, pp. 231 ss.
35
Si sofferma sulle difficoltà delle stesse istituzioni sovranazionali a perseguire un’efficace politica di tutela della libertà religiosa, R. ASTORRI, È ancora possibile una politica ecclesiastica? Tra «caso italiano» e contesto europeo e internazionale, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, n. 1/2014, pp. 261 ss.
36
«Abbiamo dunque una doppia positivizzazione del diritto di libertà religiosa. Ma bisogna guardarsi
dall’illusione dell’universale concordia sul contenuto di questo diritto. Il modo di intendere la libertà religiosa, le sue esplicazioni e l’ampiezza di esse, dipende essenzialmente dal modo di concepire il rapporto tra
politica e religione, e quindi dalle forme di Stato che condizionano l’interpretazione di quel rapporto»: A.
VITALE, Corso, cit., p. 12. La più o meno strumentale e sincera tensione verso moduli di relazioni tra Stato e
religione di matrice occidentale, da cui si è sostanzialmente estranei, produce storture ed è fonte di equivoci
affatto significativi. Per un interessante caso di studio, mi permetto di rinviare a G. D’ANGELO, Religion and
the Secular State: Sudan National Report, in J. MARTÍNEZ-TORRÓN-W. COLE DUHRAM-JR. (General Reporters)-D. D. THAYER (ed.), Religion, cit., pp. 674 ss.; ID., La questione dello Stato in Africa. Il rapporto tra lo
Stato e la religione: il caso del Sudan, in www.federalismi.it, vol. 14/2014, 9 luglio 2014; ID., I diritti religiosiculturali tra garanzie costituzionali e dinamica delle fonti: spunti di riflessione dagli incerti esiti della transizione in Sudan, in F. ALICINO-F. BOTTI (a cura di), I diritti cultural-religiosi dall’Africa all’Europa, Torino,
2012; ID., Factor religioso, procesos constituyentes, transiciones constitucionales: la experiencia de Sudán, in
Revista general de derecho publico comparado, www.iustel.com, n. 1/2009.
37
Si vedano ad esempio, con riferimento alle indicazioni della c.d. Commissione di Venezia, le valutazioni critiche di G. CIMBALO, Pluralismo confessionale e comunità religiose in Albania, Bologna, 2012, partt.
pp. 209 ss.
38
A. VITALE, Corso, cit., p. 1.
39
Rimando al riguardo a G. D’ANGELO, Enti ecclesiastici-confessionali e religiosi tra “fine di religione e di
culto” ed “attività di interesse generale”. A proposito di un rapporto in continua tensione, in M.L. TACELLI-V.
TURCHI (a cura di), Studi in onore di Piero Pellegrino, Napoli, 2009, pp. 453 ss.; nonché ID., Il pluralismo
religioso e confessionale: la difficile ricerca di un modello interpretativo soddisfacente, in Diritto e religioni, n.
1/2009, pp. 320 ss.
Introduzione
11
protezione provenienti da una società in continua trasformazione 40 e, per tale, via
aprire ai loro contributi in termini di innovatività 41.
In questa direzione, il profondo ancoraggio della libertà religiosa alla realizzazione della persona umana sostanzia e rafforza nei confronti dell’ordinamento la
pretesa del civis-fidelis ad orientare i propri comportamenti sociali in aderenza alle
prescrizioni della propria credenza di fede ed in deroga a quelle che normalmente
gli si imporrebbero in ragione del suo essere (più semplicemente?) civis, facendo
della propria fede elemento costitutivo ed irrinunciabile della propria identità 42.
Ma allo stesso tempo finisce col massimizzare una tensione altrettanto costitutiva dell’esperienza religiosa, quella tra le dimensioni, rispettivamente, individuale e
collettivo-istituzionale ovvero, in altri termini, tra quella orizzontale e quella verticale 43.
Ed ancora col fornire (involontaria?) copertura alla pretesa di Chiese e confes 40
A venire più radicalmente in questione in tal modo è quella sorta di «idiosincrasia congenita» dei giuristi «a discutere di libertà e basta …»: così, a proposito della definizione della libertà religiosa in termini di
diritto pubblico soggettivo o di diritto di libertà, M. RICCA, Pantheon., cit., p. 121, per il quale «Sbaglierebbe tuttavia chi ritenesse che queste formule siano solo il frutto di una cultura d’impronta positivista e stato
centrica, restia a concedere rilevanza giuridica e chance di effettività a quanto non sia qualificabile in termini di diritti, a ciò che non esaurisca i confini del proprio significato all’interno del discorso normativo di
matrice istituzionale. Un simile atteggiamento mentale ha due volti. Si potrebbe dire, l’uno buono, l’altro
cattivo. Il primo risponde alla preoccupazione di evitare mistificazioni pseudo-normative e si indirizza a ravvisare gli estremi della tutela giuridica soltanto nei casi in cui le prerogative individuali siano assistite
dall’apparato istituzionale e da strumenti sanzionatori volti a colpirne effettivamente le violazioni. Il secondo pare ispirato viceversa ad un diffidenza di casta che i giuristi contemporanei nutrono nei confronti di
tutto ciò che possa avere ricadute nell’ambito dell’esperienza giuridica, ma registri la propria fonte e il proprio contesto di significazione in un ambito extra-istituzionale». Ed ancora: anche le locuzioni «diritto inviolabile», «diritto costituzionale», «diritto fondamentale», lasciano «intatta la perplessità circa il bisogno di
tradurre il concetto (giuridico) di libertà in un diritto equivalente, quasi vi fosse un’ineludibile necessità logica di esemplificare la libertà individuale come qualcosa d’altro; a turno, un diritto pubblico soggettivo, un
diritto involabile, un diritto costituzionale, ecc. Insomma, cambia il contorno, ma non il nucleo dell’idea
liberal-positiva di libertà religiosa e del suo posto nell’ambito dell’esperienza giuridica. Un reale, alternativo
passo in avanti sarebbe invece quello di definire la libertà religiosa come libertà e basta, al più come una
libertà giuridica. Una prerogativa o una situazione soggettiva peculiare che l’ordinamento riconosce agli individui, distinta anche nel nome da tutti i diritti soggettivi o costituzionali».
41
Ed invero «Il “di più” assicurato dall’idea di libertà giuridica ha a che fare con la capacità del soggetto di innovare l’ordinamento e con la necessità di questo di etero-integrarsi»: M. RICCA, Pantheon, cit., p.
145, che individua «lungo questa linea di frontiera il legame profondo tra libertà religiosa e laicità interculturale. Un legame che fa dell’art. 19 un epicentro per la riformulazione del lessico della soggettività giuridica appunto in chiave interculturale».
42
G. D’ANGELO, Dignità della persona e tendenza religiosa tra pubblico e privato: verso un nuovo equilibrio?, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, n. 1/2013, pp. 183 ss.
43
Si veda, come riepilogativo delle posizioni che l’Autore ha più diffusamente espresso in altre occasioni, V. TOZZI, Cosa intendo per “disciplina democratica della libertà di pensiero e di religione”, in M. PARISI (a
cura di), Per una disciplina, cit., pp. 13, laddove si ribadisce la proposta di «una nuova lettura del “progetto
costituzionale” in materia di libertà di pensiero e religione», il cui primo obiettivo «è il superamento della
interpretazione sin qui data a quel “progetto”, fondata sulla centralità e specialità dell’articolo 7, su un’ancora non appropriata lettura del connesso articolo 8 e che residua gli articoli 19 e 20 a un rango subordinato, prevalentemente riferito alle garanzie individuali, condizionate dal ruolo speciale attribuito alle “confessioni religiose”, ove l’art. 20 è addirittura ritenuto di dubbia precettività. Una nuova lettura di questo progetto costituzionale, invece, deve muovere dall’accettazione che i diritti di libertà di pensiero (art. 21) e di
professione di fede religiosa (art. 19, con la chiosa dell’art. 20), costituiscono il cardine del “modello democratico” delle relazioni fra persone fisiche, soggetti collettivi e istituzioni repubblicane».
12
Introduzione
sioni religiose di ricondurre surrettiziamente allo stesso ordine secolare i propri valori, principi e presidi regolamentativi, imponendo alla collettività ciò che invece è
espressione di una sola parte 44.
In particolare tale ultima considerazione ci riporta all’altra faccia della medaglia
di quelle crisi cui si accennava poc’anzi, condensabile nell’attuale approdo ad un
sempre meno contestato ruolo pubblico delle religioni 45, ed ha il non secondario
effetto di svelare quella dimensione politica della libertà religiosa che, in certo modo consentanea alla sua emersione 46, estende oggi il suo senso e la sua portata.
Particolarmente quando assunta nella sua dimensione collettivo-istituzionale, la
libertà religiosa può in effetti costituire elemento ulteriore di legittimazione e rafforzamento (o, diversamente, mero pretesto o copertura retorica di una vera e propria prevaricazione che andrebbe così a realizzarsi) della propensione della religione a porsi a fondamento di un vero e proprio potere, del tutto in grado di interloquire, condizionandoli, con i detentori del potere politico. E ciò con l’ovvia conseguenza per cui, tra l’altro, qualità, consistenza e destinatari della tutela apprestata
nei confronti della libertà religiosa dipendono nei fatti proprio dalla capacità del/i
potere/i religioso/i di intercettare e porre in valore bisogni, interessi ed istanze dotate della necessaria capacità di imporsi nella dinamica della dialettica politica.
Il tema non è certo nuovo ed a ben vedere piuttosto che determinare la netta
prevalenza di un profilo sull’altro, rinsalda l’esigenza di un equilibrio, che non dimentichi la consustanzialità dell’elemento collettivo e collettivo-istituzionale per il
pieno svolgimento dell’esperienza religiosa 47, ma più correttamente si preoccupi –
44
Sulle articolate modalità attraverso le quali le religioni – almeno quelle di più tradizionale e consolidata presenza sociale ed istituzionale – assolvono a tale compito, N. COLAIANNI, Diritto, cit., partt. pp. 10 ss.
45
«Attualmente conta pochi sparuti oppositori l’idea che alla religione dove essere riconosciuto un ruolo pubblico, nel senso che deve poter incidere sui processi decisionali che tradizionalmente spettano al potere politico»: M.C. FOLLIERO-A. VITALE, Diritto, cit., p. 20.
46
Ricorda che «La libertà religiosa nasce dunque come un diritto all’indipendenza dai controlli statali o
derivanti dalla sfera pubblica. Questa libertà delimita un’area riservata all’individuo, che in essa e attraverso
essa circoscrive la propria sfera privata, rendendola insindacabile e preesistente a quella pubblica. Ancora,
come si è detto, essa esemplifica il modello di libertà negativa, poi estesosi ad altre forme di libertà civili, e
nasce simultaneamente all’albeggiante idea di stato laico, cioè di un’istituzione politica priva di legittimazione divina. Per questo motivo si è soliti attribuire alla libertà religiosa la qualifica di prima tra le libertà di
matrice liberale e soprattutto quella di presupposto per l’affermarsi della moderna democrazia, cioè di un
potere politico legittimato dal basso, ovvero dal popolo, anziché dall’alto, ovvero da Dio e da chi si ponesse
come interprete ufficiale della Sua volontà. Si possono forse nutrire dubbi su quanto siano valide simili affermazioni circa gli attributi fondativi della libertà religiosa, a dire il vero talora asseriti con un po’ troppa
enfasi retorica. Esse tuttavia fanno parte della tradizione che ha offerto e per alcuni versi continua a offrire
una lettura di questa libertà conforme a una rigorosa ortodossia liberale, ispirata alla scansione tendenzialmente rigida tra pubblico e privato, tra politica e coscienza, tra libertà nello stato e libertà dallo stato»: M.
RICCA, Pantheon, cit., p. 134.
47
«Ove si voglia attualizzare (…) un diritto giusto in materia di diritto e di politica ecclesiastica, permane sempre, invero, l’esigenza di ricercare il giusto punto di equilibrio tra il momento della individualità e
quello comunitario e sociale del fenomeno religioso»: R. BERTOLINO, Commento a Diritto e religione di Macrì, Parisi e Tozzi, in G. MACRÌ-M. PARISI-V. TOZZI (a cura di), Diritto, cit., p. 146, ove si precisa che «Questa esigenza impone che non si possa prendere in considerazione soltanto il singolo, con pregiudizio delle
confessioni religiose, ignorando e svuotandone la realtà storica, pregiuridica e, pure, quelle giuridicoistituzionale. È fuor di dubbio che il principio di attualità, nella società odierna caratterizzata da uno spiccato soggettivismo, porti a privilegiare la dimensione individuale del sentire religioso. Ma – lo dico da canoni-
Introduzione
13
precipuamente innanzi all’ordine secolare – di collocarlo nell’alveo del rispetto delle scelte individuali 48.
Anche per questo riguardo, tuttavia la realtà dei fatti ci pone al cospetto di un
ulteriore ordine di trasformazioni, altrettanto significative, che incidono nel profondo sull’esercizio delle tradizionali funzioni pubbliche e, soprattutto, sui rapporti
che si instaurano tra di esse e tra i soggetti che ne sono i titolari (ormai solo formalmente) esclusivi, restituendoci un assetto tra poteri dello Stato (e, più in generale, all’interno degli ordinamenti secolari) molto meno rigido e predefinito, nel quale è in particolare la giurisprudenza – in particolare quella costituzionale (la quale
ultima peraltro, come vedremo, intesa in senso ampio) 49 – ad assurgere ad un nuovo protagonismo, che la vede sempre più prossima all’esercizio di una vera e propria funzione politica 50.
Ferma restando l’ovvia varietà delle chiavi di lettura e delle impostazioni metodologiche utilizzabili all’uopo – che peraltro sostanziano, al di là delle semplici dichiarazioni di intenti, la peculiare interdisciplinarità dell’ecclesiasticista 51 – rimane
sta – essa non esaurisce la realtà di quel momento, né, appunto, corrisponde appieno alla realtà storicosociale (…). Non sono, invero, ragioni compromissorie, ma di una più autentica comprensione della realtà
del fenomeno religioso, quelle che hanno condotto i costituenti a un giusto equilibrio, di coordinazione, tra
i due momenti: gli artt. 7, 8 e 20 Cost., orientati nella direzione societaria, sono equilibrati e coordinati, così,
dagli artt. 2, 3 e 19, che privilegiano invece quella individuale».
48
Si tratta cioè «di conciliare gli interventi diretti a promuovere il godimento del diritto d’ogni essere
umano ad autodeterminarsi (cioè, le azioni tese a favorire la fisiologica espansione del diritto di ciascun individuo a costruirsi liberamente in persona) con gli interventi diretti a contrastare tutte le forme di prevaricazione dispotica in cui può degenerare ogni affermazione identitaria (cioè, le azioni mirate a contrastare la
patologica involuzione della libertà di autodeterminarsi in forme, anche indirette e mascherate, di sostanziale violenza e tirannia)»: così, riferendosi in particolare al c.d. diritto antidiscriminatorio, S. DOMIANELLO,
Conclusioni. Salutari esercizio di liberalismo nel «farsi» del diritto antidiscriminatorio in materia di religione,
in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, n. 1/2013, p. 237.
49
Su questo piano in particolare la questione ha immediato (ma come si vedrà non esclusivo) riguardo
ai rapporti tra costituzione e pluralismo democratico (e per i quali si rinvia a P. RIDOLA, Diritto comparato e
diritto costituzionale europeo, Torino, 2010). Ed in effetti si è osservato che «il pericolo di esorbitanza della
giustizia costituzionale, a danno della spontaneità dei processi democratici – esigenza inderogabile nelle
democrazie pluraliste – esiste. Le possibilità del “costruttivismo interpretativo” sono pressoché infinite. A
partire da una sola formula costituzionale (per esempio, la dignità, la libertà o l’uguaglianza degli esseri
umani), tramite deduzioni, induzioni, inferenze, analogie, si potrebbe arrivare a mettere in ordine il mondo
intero per mezzo del diritto (costituzionale). Ma i diritti politici, cioè i diritti in cui si esprime la possibilità
dei singoli e dei gruppi di partecipare ai processi politici determinandone gli esiti, presuppongono l’esistenza di uno “spazio vuoto di diritto costituzionale”, cioè uno spazio di decisioni non pregiudicato da norme
delle costituzione e dalle loro interpretazioni. Se questo spazio non esistesse, se tutto fosse occupato, i diritti
politici non avrebbero alcun senso e, con essi, nemmeno la democrazia»: G. ZAGREBELSKY-V. MARCENÒ,
Giustizia costituzionale, Bologna, 2012, p. 103.
50
Sullo “spostamento di potere”, dal parlamento ai giudici, tuttora in atto, ci si può per ora limitare a
confrontare i contributi raccolti nel volume M. CAVINO-C. TRIPODINA (a cura di), La tutela dei diritti fondamentali tra diritto politico e diritto giurisprudenziale: “casi difficili” alla prova, Milano, 2012.
51
Rilevando che «il diritto ecclesiastico è una disciplina giuridica utile», non limitandosi i suoi cultori «a
svolgere temi latamente culturali o di impegno civile» ma piuttosto dimostrando «di essere esperti delle dinamiche connesse ai conflitti religiosi nelle società multiculturali», si è osservato che «Sotto il profilo scientifico dobbiamo forse ancora perfezionare una riflessione sul metodo proprio del diritto ecclesiastico (che,
come si sa, io chiamo ormai “Diritto e religione” per sostenerne la vocazione interdisciplinare), mettendolo
a confronto non solo con le altre discipline giuridiche, ma anche con le altre scienze sociali. Specialmente la
sociologia, l’antropologia e – perché no? – la teologia. Percorrendo questa strada più complessa potremo
14
Introduzione
quindi il fatto che nell’apprestarsi a considerare il tema della libertà religiosa ed i
suoi snodi più significativi non si possa, ad oggi, non predisporsi a tenere nel debito conto dell’opera della giurisprudenza e del suo diritto, non tanto e non solo –
com’è sempre stato doveroso – per meglio focalizzare l’attenzione sui profili pratici
ovvero applicativi di un determinato assetto di interessi, per come formalizzato in
un certo articolato normativo, ma – diremmo oggi soprattutto – per registrarne la
più pregnante propensione creativa o, se si preferisce, la piena inclusione nella dinamica delle fonti 52.
Il che, riguardando la cosa da un diverso angolo visuale, equivale ad interrogarsi
sulla capacità delle religioni di adattarsi al nuovo assetto istituzionale, mettendone a
frutto l’attuale flessibilità.
Magari recuperando sul piano della giurisdizione ciò che per avventura sia negato sul piano della normazione. O viceversa.
Per quanto ora più specificamente ci interessa, tanto vale a dare conto delle ragioni che rinnovano il già sperimentato 53 interesse dell’ecclesiasticista per l’esperienza statunitense, rendendo con immediatezza il senso della esemplarità della relativa vicenda sul piano delle generale impostazione del tema del rapporto tra libertà religiosa e diritto giurisprudenziale ovvero, più ampiamente, tra libertà religiosa
e (ri)articolazione dei poteri dello Stato.
Ci si trova difatti al cospetto di un sistema istituzionale e politico 54 che, come
noto, in quanto collocabile tra i sistemi c.d. di common law riconosce larga parte al
ruolo della giurisprudenza 55 ma che soprattutto non denota quella ritrosia ad in maturare l’elasticità necessaria oggi per chi voglia fare ricerca offrendo anche ricadute sul piano sociale»: P.
CONSORTI, La libertà religiosa fra democrazia bloccata e globalizzazione, nel già citato volume M. PARISI (a
cura di), op. cit., p. 46, nonché, più diffusamente sugli aspetti accademici, ID., Perché ho scritto un libro di
Diritto Ecclesiastico e l’ho intitolato “Diritto e religione”, in G. MACRÌ-M. PARISI-V. TOZZI (a cura di), Diritto
e religione. L’evoluzione di un settore della scienza giuridica attraverso il confronto fra quattro libri, Salerno,
2012, pp. 131-139, laddove in particolare si rileva che «Com’è noto, non c’è insulto peggiore di “dare del
sociologo” ad un giurista; oppure lo studio di certi temi viene delegato all’antropologo, giacché noi dobbiamo salvaguardare la “specificità giuridica”. Credo però che sia impossibile trattare giuridicamente i temi
che ci riguardano senza chiedere aiuto all’indagine sociologico piuttosto che a quella antropologica».
52
«Il momento giurisprudenziale ha così assunto un’importanza tale da competere con quello legislativo, piuttosto che integrarlo, finendo – in forza dei tempi, delle occasioni e delle dinamiche in cui esercita il
suo potere – sempre più con l’anticipare il legislatore nell’attività di riconoscimento delle esigenze di tutela
dei casi difficili. Questo ha fatto sì che in molte circostanze la legge sia stata descritta dai giudici – o comunque percepita – non già come fonte di produzione del diritto, ma piuttosto come fonte sulla produzione del diritto, limitata cioè a conferire validità alle decisioni normative dei giudici»: M. CAVINO-C. TRIPODINA, Premessa, in ID. (a cura di), La tutela, cit., p. 7.
53
F. ONIDA, Uguaglianza e libertà religiosa nel separatismo statunitense, Milano, 1970; ID., Separatismo e
libertà religiosa negli Stati Uniti. Dagli anni sessanta agli anni ottanta, Milano, 1984; M. TEDESCHI, Alle radici del separatismo americano, in Diritto ecclesiastico, 1984.
54
In tema e con particolare riferimento al diritto costituzionale, è opportuno richiamare almeno G. MARAINI, La Costituzione degli Stati Uniti d’America, ora pubblicato a cura di E. CAPOZZI, Soveria Mannelli,
2003; G.P. LUCIFREDI, Appunti di diritto costituzionale comparato. Il sistema statunitense, Milano, 1997; G.
BOGNETTI, Lo spirito del costituzionalismo americano, voll. I e II, Torino, rispettivamente 1998 e 2000. Risulta altresì utile per un efficace sguardo d’insieme sulla struttura e le peculiarità dell’ordinamento costituzionale statunitense, più di recente, la lettura di L. STROPPIANA, Stati Uniti, Bologna, 2013.
55
Anche in questo caso, ci si confronta con una letteratura di particolare estensione, consistenza ed impatto, di cui non è certo possibile dare conto compiutamente in questa sede. Ai nostri fini ci si può peraltro
Introduzione
15
cludere le Corti 56 – ovvero, in particolare, la Corte Suprema federale 57, cui in effetti questo volume svolge il suo sguardo prevalente 58 – nel circuito della decisione
politica che diversamente caratterizza l’Europa occidentale o altri sistemi pur essi
parimenti di common law 59.
Come meglio si vedrà in seguito, se, per certi profili, il modello statunitense di
giustizia costituzionale sembrerebbe aver perso qualcosa della sua specificità 60, at limitare a richiamare, particolarmente in ottica comparatistica e con salvezza degli ulteriori richiami che seguiranno, R. SACCO, Introduzione al diritto comparato, Torino, 1992; U. MATTEI, Common Law. Il diritto
anglo-americano, nel Trattato di diritto comparato, diretto da R. Sacco, Torino, 1992; A. PIZZORUSSO, Sistemi
giuridici comparati, Milano, 1996; G. MORBIDELLI-L. PEGORARO-A. REPOSO-M. VOLPI (a cura di), Diritto
costituzionale italiano e comparato, Bologna, 2007; P. CARROZZA-A. DI GIOVINE-G.F. FERRARI, Diritto costituzionale comparato, Roma-Bari, 2008.
56
Sul sistema giudiziario statunitense, è specifico il volume di R.A. KAGAN, La giustizia americana, Bologna, 2009.
57
Collocata al vertice del sistema giudiziario federale, la Corte Suprema degli Stati Uniti assomma su di
sé funzioni di garanzia nei rapporti tra gli Stati, di ultima istanza rispetto alle decisioni delle corti statali –
relativamente però a questioni di rilievo federale – e di salvaguardia dell’uniforme svolgimento del c.d. judicial review – ovverosia del controllo di costituzionalità – che peraltro non le è esclusivo, conseguendo piuttosto gli effetti conformanti dalla regola dello stare decisis e dalla effettiva autorevolezza dell’organo. Si può
quindi dire, banalizzando di molto, che la Corte Suprema sia affidataria, in concreto, di compiti grosso modo riconducibili tanto alla nostra Corte Costituzionale che alla nostra Corte di Cassazione.
58
Tale delimitazione del campo d’indagine – con l’opzione metodologica che vi è sottesa – che trova
certo una ragione di immediata evidenza e portata generale nella peculiare collocazione istituzionale della
Corte Suprema federale, di cui si è appena detto, e nell’ampiezza del suo ruolo, anche politico, che ne consegue, risulta suffragata, in concreto, dal decisivo compito, di ricomposizione e garanzia unitaria, che la
stessa Corte è chiamata a rivestire – ed effettivamente riveste, pur nel carattere non sempre convincente, dei
risultati cui perviene – con specifico riguardo alle Religion Clauses del Primo Emendamento. Ciò però, come d’altra parte non si mancherà di verificare nel corso della trattazione, ferma restando l’importanza della
interazione dialettica tra la Corte Suprema federale e le corti inferiori, tanto federali che statali, cui vanno
aggiunti gli ostacoli che si frappongono all'idea, non proprio fondata, di una generalizzata ed incondizionata vincolatività per gli stati membri delle determinazioni della Costituzione federale ovvero della stessa Corte, in tema di libertà religiosa e, più in generale, per riguardo all’atteggiamento dello Stato nei confronti della religione. Tanto precisato, merita chiarire che le decisioni che ci interessano saranno indicate unicamente
citandone gli estremi ufficiali, senza precisarne ulteriormente la collocazione materiale. Allo stesso modo si
procederà per le decisioni della giurisprudenza sovranazionale e degli altri paesi, in primis l’Italia, sempre
che, beninteso, non risulti necessario o opportuno operare diversamente. Tale scelta è evidentemente del
tutto in linea con i criteri redazionali ormai comunemente in uso e trova fondamento pressoché intuitivo
nella facilità con la quale, ad oggi, è possibile accedere a tali documenti.
59
Valga confrontare – in aggiunta ai contributi ricordati alle note che precedono, in parte qua, ed agli
ulteriori di cui in seguito – alcuni degli studi specificamente dedicati al sistema giudiziario statunitense e,
in particolare, alle peculiarità del suo judicial review, che in effetti si connota per la sua origine spiccatamente politica (così il noto caso Marbury v. Madison, del 1803, sul quale cfr. almeno, secondo sensibilità
ed impostazioni diversificate, G. BUTTÀ, John Marshall. “Judicial Review” e Stato federale, Milano, 1998; B.
BARBISAN, Nascita di un mito, Bologna, 2008): M. EINAUDI, Le origini dottrinali e storiche del controllo giudiziario sulla costituzionalità delle leggi negli Stati Uniti, Torino, 1931; M. CAPPELLETTI, Il controllo giudiziario di costituzionalità delle leggi nel diritto comparato, Milano, 1972; A. PIZZORUSSO, I sistemi di giustizia
costituzionale: dai modelli alla prassi, in Quaderni costituzionali, 1982; G. LOMBARDI (a cura di), Costituzione e giustizia costituzionale nel diritto comparato, Rimini, 1985; P. BIANCHI, La giustizia costituzionale
negli Stati Uniti, in J. LUTHER-R. ROMBOLI-R. TARCHI (a cura di), Esperienze di giustizia costituzionale, I,
Torino, 2000; F.F. SEGADO, La giustizia costituzionale nel XXI secolo. Il progressivo avvicinamento dei sistemi americano ed europeo-kelseniano, Bologna, 2003; L. MEZZETTI (a cura di), Sistemi e modelli di giustizia costituzionale, Padova, 2009; A.A. NEGRONI, Il modello e le origini della giustizia costituzionale degli
Stati Uniti, Roma, 2013.
60
Ma, come rileva U. MATTEI, Il modello di Common Law, volume della collana A. PROCIDA MIRABELLI
16
Introduzione
teso in particolare il progressivo convergere dei sistemi di controllo, rispettivamente, diffuso ed accentrato 61, ciò non toglie che, per altri profili – di particolare interesse ai nostri fini – esso finisca con l’assumere un valore per certi aspetti paradigmatico.
Si tratta quindi, in buona sostanza, di un caso di studio che, di là del suo interesse intrinseco, riveste una naturale valenza comparatistica e che ripete tale valenza – più o meno strettamente intesa – in rapporto agli interessi dell’ecclesiasticista.
Che quindi può aspettarsi di trarne lumi per la migliore comprensione nonché,
prospetticamente, per un migliore approccio alle questioni della libertà religiosa
che lo riguardano più da vicino.
In questo senso, alla certezza che l’oggetto dell’indagine sia del tutto funzionale
allo scopo si affianca la speranza che, quanto al volume che ne tematizza i primi esiti, possa dirsi ciò che Sherlock Holmes ebbe a dire – direttamente all’interessato,
dopo averne testato, a suo modo, le capacità deduttive – del suo amico e collega
John Watson e cioè che questi, pur non essendo di per sé fonte di luce, aveva il
pregio – tutt’altro che marginale – di esserne efficace conduttore 62.
DI LAURO (a cura di), Sistemi giuridici comparati, Torino, 2014, partt. pp. 93 ss. (e, con specifico riferimento
all’impatto della giurisprudenza, pp. 189 ss.), in questa prima parte di millennio è il diritto statunitense nel
suo complesso, così come quello anglosassone, ad aver conosciuto un rapido cambiamento.
61
Per la conseguente, articolata critica alla distinzione, valga il riferimento allo studio di L. PEGORARO,
Giustizia costituzionale comparata. Dai modelli ai sistemi, Torino, 2015. Per quanto più direttamente rileva
ai nostri fini è di un certo interesse l’osservazione, che ai fini dell’Autore riveste un rilievo preliminare, per
cui il modello statunitense è tutt’altro che puro e quindi idoneo a definire un modello generale di controllo
diffuso.
62
A.C. DOYLE, The Hound of the Baskervilles, originariamente pubblicato a puntate, tra il 1901 ed il
1902, sullo Strand Magazine. Facciamo qui riferimento, tra le innumerevoli edizioni in lingua italiana, a
quelle pubblicate nelle traduzioni, rispettivamente, di O. Del Buono (Milano, 1987) e di C. Ciccotti (Milano, 2015), entrambe con il ben noto titolo (la cui correttezza è peraltro molto discussa tra gli specialisti ed i
cultori del genere) Il mastino dei Baskerville. Ci piace però ricordare – nel suo rendere al meglio il senso
ironico con il quale il dialogo è richiamato in questa sede – l’adattamento televisivo andato in onda per la
prima volta nel 1988 quale episodio della serie prodotta dalla Granada Television, con Jeremy Brett e Edward Hardwicke, nei panni rispettivamente di Sherlock Holmes e John Watson.