Dispensa - Dipartimento di Scienze Chimiche

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Dispensa - Dipartimento di Scienze Chimiche
Dispense di Laboratorio di Chimica Fisica, A.A. 2016-2017
Università degli studi di Padova
Dipartimento di Scienze Chimiche
Corso di Laurea Triennale in Chimica Industriale
Laboratorio di Chimica Fisica
(Anno Accademico 2016-2017)
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1.1. La voltammetria ciclica
Le voltammetrie sono effettuate utilizzando il classico sistema a tre elettrodi: elettrodo lavorante (WE),
elettrodo di riferimento (RE) e controelettrodo (CE), che viene gestito dal potenziostato. Il potenziostato
gestisce sostanzialmente due circuiti elettronici, uno potenziometrico ed uno amperometrico. Con il circuito
potenziometrico lo strumento è in grado di applicare al WE un valore prefissato di potenziale rispetto al
potenziale del RE, che è noto. È importante, quindi, che rimanga costante il potenziale del riferimento in
modo che qualsiasi variazione della differenza di potenziale misurata possa essere attribuita al potenziale
dell’elettrodo lavorante.
Figura 1: cella elettrochimica a tre elettrodi. Il sestema prevede anche l’utilizzo di un gogogliatore per
eliminare le possibile tracce di ossigeno.
Se al potenziale applicato al WE avviene un qualche processo elettrochimico, ad esempio l’ossidazione di
una specie R, si avrà un trasferimento elettronico (TE) con il passaggio di elettroni dalla soluzione al WE, in
corrispondenza del decorso del processo di ossidazione.
+
⇄
dove e rappresenta l’elettrone e, per semplicità, si sono omesse le cariche di R e di O (una delle due, come
nel nostro caso R, potrebbe essere anche non carica). Il passaggio di elettroni dalla soluzione al circuito e
viceversa viene letto attraverso il circuito amperometrico come una corrente anodica o catodica. Con la
configurazione a tre elettrodi la corrente di cella passa tra WE e CE, mentre l’elettrodo di riferimento è
inserito in un circuito ad alta impedenza, per cui il passaggio di corrente attraverso quest’elettrodo è
trascurabile. In questo modo, durante la misura il potenziale dell’elettrodo di riferimento rimane costante e
uguale praticamente al suo valore a circuito aperto.
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10
E
I
0
E
E
t (s)
0

Figura 2: a) circuiti potenziometrico ed amperometrico gestiti dal potenziostato b) andamento potenziale e
corrente nel tempo
Gli elettroni ceduti al WE dalla specie R, attraverso il circuito esterno alla cella, che coinvolge il
potenziostato, devono tornare in soluzione attraverso il CE, in modo da avere un circuito chiuso che
garantisca la continuità della corrente elettrica. Ciò significa che al CE dovrà avvenire la riduzione di una
qualche specie chimica O1, che garantisca la stessa intensità di corrente realizzata dal processo che avviene al
WE. Il potenziostato pertanto impone al CE un potenziale adeguato perché avvenga tale processo e lo
modifica ogni qualvolta il processo che avviene al WE dia luogo ad una variazione della sua corrente. In
soluzione la stessa corrente viene trasportata dagli ioni dell’elettrolita di supporto, che però non vengono
coinvolti nei trasferimenti elettronici agli elettrodi, in particolare al WE, dove si evita di arrivare alla scarica
del sistema elettrolita/solvente. Il potenziostato misura costantemente la corrente che passa attraverso il
circuito, quindi anche alla superficie del WE e, contemporaneamente, misura la differenza di potenziale tra il
WE ed il RE (quest’ultimo non viene coinvolto nel passaggio di corrente, che riguarda solo WE e CE, per cui
il suo potenziale rimane costante durante tutto l’esperimento). Il responso in uscita dal potenziostato è
quindi una curva I-E, cioè corrente in funzione del potenziale del WE, dalla quale si possono ottenere
importanti informazioni cinetiche e/o termodinamiche.
La tecnica voltammetrica utilizzata nelle nostre indagini è la cosiddetta voltammetria ciclica, nella
quale viene eseguita una variazione lineare del potenziale del WE con velocità prefissata , a partire da un
potenziale iniziale
potenziale
e invertendo la scansione del potenziale in corrispondenza di un opportuno valore di
, denominato potenziale di inversione. L’andamento del potenziale in funzione del tempo è del
tipo riportato in Figura 2b e viene espresso mediante le
0 < < =
> =
+2
+
−
L’intervallo di potenziale applicato varia in funzione del solvente, dell’elettrolita e del tipo di
elettrodo di lavoro utilizzati. Il valore del potenziale iniziale
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della scansione è generalmente quello che si
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misura a circuito aperto, cioè a corrente nulla, e ciò permette di non modificare il sistema nel momento in cui
si chiude il circuito prima di iniziare la scansione voltammetrica. Se nell’intervallo tra
ed
avviene un
qualche processo elettrochimico al WE, il responso voltammetrico è del tipo riportato in Figura 2 b, che
rappresenta il caso di un TE reversibile, cioè un processo di trasferimento elettronico veloce, per cui il
processo elettrochimico è controllato dalla diffusione delle specie (R verso l’elettrodo e O che si allontana
dall’elettrodo).
Per capire il perché della forma del picco voltammetrico è importante esaminare i profili di
concentrazione che si instaurano all’elettrodo in quanto la corrente è proporzionale alla pendenza del profilo
di concentrazione rispetto allo spazio ovvero rispetto al gradiente della concentrazione stessa:
=
=
Dove i è la corrente (A), n il numero di elettroni, A è l’area dell’elettrodo (cm2), F la costante di Faraday
(mol/C), D il coefficiente di diffusione (cm2/s), C pè la concentrazione (mol/cm3) ed x è la distanza
dall’elettrodo (cm)
0.1
3
4
I / A
2
5
1
0.0
7
6
-0.25
0.00
0.25
E vs Ag/AgCl (V)
Figura 3: profili di concentrazione all’elettrodo e formazione del picco voltammetrico
All’inizio della scansione (1) la soluzione contiene solamente la specie H2Q non ossidata (perché il
potenziale della scansione è inferiore al potenziale redox di R perciò non c’è conversione ad O). Quando il
potenziale della scansione si avvicina al potenziale della coppia redox (2) la corrente cresce in modo
esponenziale poiché R viene convertito ad O con una velocità che cresce esponenzialmente con E. Si forma
perciò un gradiente di concentrazione, per entrambe le specie e si instaura un moto diffusivo da e verso
l’elettrodo. Il gradiente cresce al crescere della velocità del TE, corrispondentemente cresce la velocità di
diffusione e, quindi, la corrente. Al potenziale di picco anodico (3) Ep,a il potenziale è sufficientemente
positivo da convertire immediatamente ad O ogni molecola di R che raggiunge l’elettrodo. Da questo punto
in poi la corrente dipende solo dal trasporto di massa verso l’elettrodo, dato che il TE è diventato
velocissimo, e questo si riflette nell’asimmetria della forma del picco. Dopo l’inversione della scansione la
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corrente continua a diminuire finché non si ritorna al potenziale della coppia redox, mentre la concentrazione
di R comincia ad aumentare (5). Al potenziale redox della coppia c’è una netta conversione di O ad R che
genera una corrente catodica, da questo momento in poi la concentrazione di R all’elettrodo aumenta e
diventa superiore a quella di O fino al ritorno della situazione iniziale.
Le misure voltammetriche verranno condotte a temperatura ambiente; nella cella, munita di
gorgogliatore, ancoretta magnetica ed elettrodi, sono stati introdotti, sotto flusso di Ar, il solvente e
l’elettrolita di supporto. Dopo aver registrato alcune voltammetrie del “bianco” (o linea base), per
evidenziare il grado di pulizia dell’elettrodo e l’assenza di impurezze elettroattive, verrà poi introdotto in
cella il substrato da analizzare in concentrazione ca 2 mM e verranno registrati i voltammogrammi alle
velocità desiderate.
La resistenza della soluzione elettrolitica pone un problema non sempre trascurabile per quanto riguarda la
misura del potenziale. Infatti, se si misura il potenziale di un elettrodo lavorante, rispetto a quello di un
elettrodo di riferimento in condizioni di passaggio di corrente attraverso WE, la resistenza R della soluzione
tra tali elettrodi influenza il valore misurato. Ovviamente lo stesso discorso vale quando si applica un
determinato valore di potenziale all’elettrodo lavorante. Infatti, applicando tramite il potenziostato un certo
valore Eapp all’elettrodo lavorante, il valore impostato sarà costituito da due parti: una rappresenta la caduta
ohmica iR tra gli elettrodi WE e CE, mentre la parte rimanente sarà quello applicato effettivamente
all’elettrodo lavorante. Quindi il potenziale applicato sarà composto da
=
−
+
dove EWE e ERE sono rispettivamente il potenziale dell’elettrodo lavorante e quello dell’elettrodo di
riferimento. Esistono diversi accorgimenti per minimizzare la caduta ohmica iR. Innanzitutto, grazie alla
particolarità del circuito elettronico del potenziostato, l’utilizzo della configurazione a tre elettrodi rende
minimo il contributo di iR. La resistenza R dipende dalla resistività del mezzo e dalla distanza che separa gli
elettrodi, e può essere quindi ridotta lavorando con alte concentrazioni di elettrolita di supporto e
posizionando RE il più vicino possibile a WE. La corrente, invece, oltre a dipendere da vari parametri
caratteristici del processo redox in esame, è funzione della concentrazione della specie elettroattiva e
dell’area dell’elettrodo lavorante; generalmente negli esperimenti di voltammetria si usano concentrazioni
piccole (ca 1−3 mM) ed elettrodi con aree intorno a 0.05 cm2. Inoltre, molti potenziostati sono muniti di un
dispositivo che permette di “compensare” la caduta ohmica iR durante l’esperimento elettrochimico. Quindi,
durante gli esperimenti il potenziale elettrodico dovrà essere corretto mediante applicazione del feedback
positivo di cui è dotato lo strumento utilizzato, in modo da compensare la caduta ohmica tra elettrodo
lavorante ed elettrodo di riferimento, che, altrimenti, falserebbe il valore del potenziale del WE rilevato dal
potenziostato. I dati più significativi che solitamente si ricavano da curve voltammetriche di questo tipo sono
relativi ai due picchi, catodico e anodico (
picco anodico,
processo.
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, fornisce un formale
),. La semi-somma dei potenziali del picco catodico,
/
, e del
che è approssimativamente uguale al potenziale standard del
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0.1
Epa
H 2Q
-
+
Q +2e +2 H
I / A
Ipa
potenziale di inversione
0.0
Ipc
-
+
Q +2e +2 H
H2Q
Epc
-0.25
0.00
0.25
E vs Ag/AgCl (V)
.
Figura 4: voltammetria ciclica di H2Q 2 mM acquisita in tampone acetato/fosfato 0.1/0.1 M a pH=1.56, su
elettrodo di GC, velocità di scansione 0.2 V/s. determinazione del potenziale di picco anodico e catodico.
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2. Determinazione del potenziale redox della coppia 1,2-Idrochinone/1,2benzochinone
Molte reazioni redox sono processi di trasferimento elettronico accoppiate a trasferimenti protonici. Le così
dette coupled proton electron transfer (CPET) reaction sono reazioni assai comuni in natura, ad esempio
nella fotosintesi, nelle reazioni enzimatiche ed in reazioni di interesse per il campo dell’energia come nelle
celle solari, nella reazione di water splitting e nella reazione di riduzione dell’ossigeno (ORR). Le CPET
sono reazioni che possono coinvolgere trasferimenti elettronici e protonici multipli come nella ORR oppure
un unico trasferimento elettronico e protonico come nel caso della formazione del radicale tirosile importante
in molti meccanismi enzimatici.
+4
6
+6
+4
⇄2
⇄
+6
La fotosintesi è uno straordinario esempio di CPET con il trasferimento di 12 H+ e 12 e il tutto indotto da
almeno 24 fotoni, che comporta 1011 tonnellate di energia stoccata come carbonio ogni anno, pari a 1018 kJ di
energia.
Ci sono varie possibilità di accoppiare un trasferimento elettronico ad uno protonico, i casi più semplici
coinvolgono i due processi in due step distinti e consequenziali. Negli ultimi anni, soprattutto negli studi di
fotosintesi artificiale si parla della possibilità che il CPET possa avvenire in maniera concertata cioè i due
step non siano consequenziali ma avvengano nello stesso momento.
chinone
idrochinone
plastochinone
L’idrochinone è una delle molecole più studiate in assoluto dal punto di vista elettrochimico,
soprattutto in solventi acquosi. I motivi di un così grande interesse nei confronti di questa molecola risiedono
nella sua ampia presenza in natura e soprattutto in relazione alla sua reattività biologica come carrier di
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protoni ed elettroni e quindi in tutti i processi associati alla fotosintesi, alla fosforilazione ossidativa ed anche
all’attività antitumorale. Il plastochinone (PQ) è una molecola di chinone coinvolta nella catena di trasporto
degli elettroni nelle reazioni luce-dipendenti della fotosintesi secondo la reazione riportata in figura.
La reazione viene anche studiata in solventi aprotici che permettono di ricavare utili informazioni in
quanto mimano un ambiente apolare quale quello cellulare dove avvengono la maggior parte dei processi
biologici di trasferimento elettronico.
Il catecolo (H2Q) è un isomero strutturale dell’idrochinone e
rappresenta l’unità attiva di molecole note come la quercetina che rientra nella categoria dei flavonoidi,
ovvero polifenoli naturali che hanno attività antiossidante e sono presenti naturalmente nella frutta e verdura
come le cipolle, l’uva, le mele etc. e in numerose specie vegetali
catecolo
quercetina
La reazione di ossidazione di H2Q comporta lo scambio di 2e e due 2H+, tuttavia il fatto che il processo di
ossidazione segua un meccanismo di tipo concertato ovvero il contemporaneo scambio di un elettrone e di un
protone o a stadi è di fatto un nodo non ancora del tutto chiarito. Infatti molti sono i fattori che possono
influenzare questo tipo di meccanismo tra cui il tipo di sistema solvente-elettrolita di supporto, la presenza di
specie basiche o acide e la possibilità di formare legami idrogeno.

⇄



⇄
⇄
⇄
+
+
+
La reazione complessiva risulta:
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+
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⇄
+ 2
+ 2
La variazione del pH della soluzione comporta la modifica della concentrazione delle specie
coinvolte nella reazione e come risultato si ha lo spostamento del potenziale redox. L’equazione di Nernst
che regola il potenziale elettrodico della semireazione al variare del pH può essere espressa come:
=
Dove
−
[
0.0592
2
]
[ ]
− 0.0592
, chiamato potenziale formale, include le correzioni al potenziale standard dovute ai coefficiente di
attività:
=
+
Dall’equazione vista sopra segue che all’aumentare del pH della soluzione si ha la diminuzione del
potenziale redox della coppia Q/H2Q. In voltammetria ciclica, il potenziale viene fatto variare in maniera
lineare in una finestra di potenziale tale da coinvolgere il processo redox. Nella scansione di andata H2Q
viene ossidato a Q; al potenziale di inversione si instaura il processo inverso e quindi il Q precedentemente
prodotto all’elettrodo viene riconvertito in H2Q. L’equazione che descrive l’andamento della corrente per un
processo reversibile è data dall’equazione:
∗
=
( )
Questa equazione può essere risolta numericamente ed al potenziale di picco assume il valore:
∗
= 0.4463
Dove
è il numero di elettroni,
diffusione,
è la costante di faraday, è l’area dell’elettrodo,
è la velocità di scansione,
è la temperatura mentre
ed
è il coefficiente di
assumono il loro solito valore. Il
punto intermedio tra il picco catodico ed il picco anodico (E1/2) evidenzia un valore di potenziale in cui le
concentrazioni di specie ossidata e ridotta in prossimità dell’elettrodo si equivalgono e quindi risulta unitario
il rapporto [
]/[ ]. Risulta quindi (nell’ipotesi che i coeffcienti di diffusione delle due specie siano
uguali, aspetto che non è necessario approfondir ein questa sede) che:
/
Dove
=
+ ln[
+
]
è il coefficiente stechiometrico di H+ nella reazione redox. Nell’ipotesi, fondata che i coefficienti di
attività di O e R siano confrontabili, la relazione precedente si riduce ad una dipendenza del potenziale
dal logaritmo della concentrazione di H+.
/
=
+
ln[
]
Questa stessa relazione può essere espressa come:
/
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=
+ 2.303
log[
]
/
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E quindi in termini di pH come
/
=
− 2.303
Quest’ultima relazione mette in luce come ci sia una dipendenza lineare tra il pH ed
/
, parametri
facilmente determinabili per via sperimentale, il primo ad esempio attraverso misure potenziometriche con
un pHmetro il secondo attraverso misure di voltammetria ciclica. La cosa interessante da notare è che nelle
assunzioni fatte in precedenza, l’intercetta della retta così descritta è proprio il potenziale standard della
coppia H2Q/Q. Lo scopo dell’esperienza è quindi la determinazione del potenziale standard della coppia
H2Q/Q attraverso misure di voltammetria ciclica al variare del pH. Le misure elettrochimiche vengono
effettuate in soluzione tampone acetato/fosfato ed il pH viene variato per piccole aggiunte successive di una
soluzione di NaOH 1M. La variazione del pH viene valutata attraverso l’utilizzo di un pH-metro. Ad ogni
valore di pH viene registrata una voltammetria ciclica. L’effetto che si dovrà ottenere sovrapponendo tutti i
voltammogrammi è quello di una serie di voltammetrie cicliche shiftate in funzione del pH della soluzione,
come quello riportato in Figura 5.
I dati più significativi che solitamente si ricavano da curve voltammetriche di questo tipo sono
relativi ai due picchi, catodico e anodico. I potenziali di picco
rappresentano il valore di potenziale in cui
la corrente catodica o anodica assume il massimo valore. La determinazione di tali valori può essere fatta dal
software stesso di gestione del potenziostato oppure per via grafica con un qualsiasi programma di calcolo.
La semi-somma dei potenziali del picco catodico, Epc, e del picco anodico, Epa, fornisce il potenziale
/
=
(
+
2
)
Figura 5: voltammetria ciclica di H2Q 2 mM acquisita in tampone acetato/fosfato 0.1/0.1 M al variare del pH, su
elettrodo di GC, velocità di scansione 0.2 V/s
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I valori di
/
devono essere determinati per ogni valore di pH della soluzione in modo da ottenere
almeno 9 punti. I valori di
/
così ottenuti vengono posti in grafico contro i rispettivi valori di pH in
maniera da ottenere un grafico tipo quello riportato in Figura 6. I punti sperimentali, se correttamente
acquisiti, possono essere interpolati da una funzione lineare con pendenza negativa del tipo:
=
−
Si noti che la retta interpolante ha esattamente la forma dell’equazione 75 e quindi i parametri
e
ottenuti
permettono di ottenere importanti parametri di sistema come il numero di elettroni scambiati e il potenziale
standard della coppia H2Q/Q. In particolare l’intercetta rappresenta appunto il
della coppia H2Q/Q
nell’ipotesi che il contributo dei coefficienti di attività sia trascurabili, mentre dalla pendenza posso ottenere
il numero di elettroni sapendo che, a 25°C, il numero di elettroni scambiati con una pendenza teorica di 59.2
mV è 2. Lo studente dovrà procedere nell’esperienza tenendo in considerazione gli errori sperimentali
introdotti nella preparazione delle soluzioni e nelle operazioni di aggiunte standard di base per la correzzione
del pH verso valori sempre crescenti. L’errore sul potenziale letto dai voltammogrammi venga considerato
come  1 mV nonostante lo strumento possa erogare più cifre significative. Per quanto riguarda il pH,
l’errore associato ai valori di pH letti sarà quello strumentale pare a  0.01 pH. I valori di
ed
dovranno
essere riportati con l’opportuna incertezza determinata in base ai parametri di fitting ed in base alla
propagazione dell’errore.
+
Figura 6: andamento di
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/
al variare del pH per la coppia H2Q/Q.
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2.1. Procedura sperimentale
Gli studenti in laboratorio avranno a disposizione per ogni work station la seguente strumentazione:

Potenziostato Autolab connesso a PC gestito dal sofware GPES

Staffa ed agitatore magnetico

Cella elettrochimica con chiusura ad aggancio, gorgogliatore (per eliminare l’ossigeno dalla
soluzione mediante flusso di Ar), ancoretta magnetica

Elettrodo di riferimento Ag/AgCl/Clsat, controelettrodo di Pt, elettrodo di lavoro GC disk.

Matraccio da 50 mL, matraccio 10 mL, pippetta da 25 mL, pippetta tarata 1 mL.

Coccetti per pesata, portafiltri, pinze in plastica, pinze in acciaio

Becker per raccolta reflui e lavaggi, salviettine morbide per pulizia elettrodi

pHmetro digitale

reagenti catecolo, NaOH, H3PO4, CH3COOH, acqua bidistillata

termometro.
Lo studente dovrà preparare due soluzioni:
1. soluzione tampone acetato/fosfato in un matraccio da 50 mL. La soluzione risultante dovrà essere 0.1
M in acetato ed 0.1 M in acido fosforico. Le concentrazioni sono tali da evitare possibili effetti di
modificazioni della forza ionica.
2. Soluzione di NaOH 1 M
Prima di indagare il comportamento voltammetrico del sistema redox si deve verificare che la soluzione
elettrolitica 1 sia priva di impurezze che possono interferire con il processo redox di interesse. A tale fine, si
versano ca 25 ml della soluzione elettrolitica nella cella elettrochimica, poi si introducono i tre elettrodi,
l’ancoretta magnetica e il gorgogliatore. Si apre il rubinetto del gas inerte (Ar) e si regola un leggero flusso
dentro la soluzione, girando opportunamente il rubinetto del gorgogliatore. Si lascia deossigenare la
soluzione per alcuni minuti, poi si gira il rubinetto del gorgogliatore in modo da mandare il gas sopra la
soluzione. A questo punto si collegano gli elettrodi al potenziostato e si effettuano le misure di voltammetria
ciclica; i cavi del potenziostato da collegare agli elettrodi hanno le etichette WE, CE e RE che,
rispettivamente, indicano l’elettrodo lavorante, il controelettrodo e l’elettrodo di riferimento. Poiché il
potenziostato è uno strumento con alta tensione di uscita (fino a 100 V in corrente continua) si deve fare
molta attenzione quando si effettuano tali collegamenti. Si deve mettere l’interruttore cell on/off del
potenziostato sulla posizione off prima di procedere a collegare (o scollegare) gli elettrodi. Inoltre non si
devono mai toccare le parti in metallo degli elettrodi o dei cavi di collegamento dello strumento.
Una volta lanciato il programma GPES si imposta il programma di potenziale necessario per fare un
esperimento di voltammetria ciclica; si applica quindi una scansione lineare di potenziale che parte da 0.0 V
in senso anodico, inverte la direzione prima a 0.6 V e poi a -0.3 V per ritornare a 0.0 V con una velocità di
scansione v = 0.2 V/s, e si registra un voltammogramma. Se la soluzione non contiene impurezze
elettroattive il voltammogramma ottenuto non conterrà segnali dovuti a processi faradici, ma avrà soltanto
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una corrente capacitiva dovuta al doppio strato elettrico. Dopo aver fatto alcuni cicli di scansione in
quest’intervallo si memorizza un voltammogramma rappresentativo (linea base). Soddisfatti della purezza
della soluzione elettrolitica, si introduce in cella l’1,2-idrochinone attraverso il coccetto di vetro dove
l’analita verrà pesato accuratamente in modo da ottenere una soluzione ca 2 mM. Si degassa bene la
soluzione con Ar, si collegano gli elettrodi e si effettuano le misure. Prima di cominciare la serie, si deve
applicare la compensazione mediante positive feedback per eliminare l’effetto della resistenza della
soluzione elettrolitica sui dati. Si controlli la correzione della caduta ohmica posizionando in on il comando
comp. IR e dando invio. Si aumenterà il valore di compensazione fino ache il sistema non andrà in
oscillazione. A questo punto si effettua la misura voluta nella finestra di potenziale
= 0;
= 0.6V, si
registra e si salva il voltammogramma. Registrato il voltammogramma si controlla se il picchi voltammetrici
sono sufficientemente reversibili elettrochimicamente, in caso negativo si deve effettuare una pulizia
dell’elettrodo. Si registrano 3 voltammetrie per verificare la riproducibilità del risultato. In caso affermativo
si procede ad aggiungere base e a leggere il pH. Dopo l’aggiunta di base con la pippetta tarata si controllerà
il valore di pH della soluzione che dovrà essere annotato con cura e quindi si procederà ad acquisire la
voltammetria del composto. Poiché i potenziali di riduzione si sposteranno a seguito dell’effetto del pH, la
finestra di potenziale dovrà essere aggiustata in maniera da raccogliere tutto il ciclo voltammetrico. Le
aggiunte di base per avere dei punti equamente distribuiti dovranno essere dell’ordine di : 0.8 mL, 1.4 mL,
0.6 mL, 0.8 mL, 0.8 mL, 0.8 mL, 0.8 mL, 0.8 mL, 0.6 mL. Tuttavia si può pensare di procedere con aggiunte
costanti di 0.8 mL e ottenere ugualmente punti adatti all’elaborazione successiva.
2.2. Elaborazione dei dati
Si raccolgono in tabella i dati ipc, Epc, Epa e ΔEp in funzione del pH della soluzione per l. I parametri
elettrochimici possono essere determinati o con il puntatore del software GPES oppure è il programma stesso
con opportuna supervisione dell’operatore che permette di avere un feedback di tali valori. Si esaminano i
dati per verificare se effettivamente il sistema indagato è stato compensato bene o se ci siano problemi di
fouling dell’elettrodo in tutto l’intervallo di pH usato. A tale scopo, si riportano in grafico la separazione dei
picchi, Ep, in funzione del pH. Il grafico dovrebbe mostrare valori di Ep pressoché costanti. Se il sistema è
quindi reversibile posso utilizzare i dati sperimentali per determinare i parametri termodinamici richiesti.
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3. Determinazione del GAP HOMO-LUMO in sistemi donatori-accettori
Celle solari organiche
Una cella fotovoltaica è costituita fondamentalmente da due tipologie di elementi e cioè da due materiali
conduttori, di cui uno semitrasparente, che fungono da elettrodi ai quali convogliare i portatori di carica e da
un materiale semiconduttore in grado di assorbire fotoni nel visibile o nello spettro solare accessibile. In
particolare, i semiconduttori molecolari o polimerici di natura organica sono sistemi estremamente
importanti per lo sviluppo di dispositivi optoelettronici come i led organici, transistor, limitatori ottici,
sensori elettrocromici e appunto celle fotovoltaiche. In particolare i cromofori sono responsabili
dell’efficienza nella cattura dei fotoni nello spettro solare e quindi nell’iniettare elettroni al supporto
semiconduttore che è tipicamente TiO2.
A differenza dei cristalli inorganici in cui gli elettroni di valenza sono delocalizzati in un’unica
banda di valenza e/o conduzione, nei semiconduttori organici e quindi nelle molecole organiche coniugate gli
orbitali molecolari sono localizzati sugli atomi di carbonio. In particolare, gli orbitali di legame π definiscono
un livello energetico denominato HOMO (orbitale molecolare occupato a più alta energia), analogo al limite
superiore della banda di valenza dei semiconduttori inorganici. Gli orbitali molecolari π* di antilegame,
invece, individuano un livello energetico denominato LUMO (orbitale molecolare non occupato a più bassa
energia), analogo al limite inferiore della banda di conduzione dei semiconduttori inorganici. Tali livelli
energetici sono separati da un gap Eg di energia proibita per il singolo elettrone. Il valore di Eg dipende
dall’estensione dei legami π, ossia dal grado di sovrapposizione degli orbitali pz non ibridizzati: maggiore e
tale sovrapposizione, minore sarà Eg e, quindi, maggiore sarà la capacità di conduzione della molecola
organica. Dal punto di vista della ricerca, l’interesse in questi materiali sta nello sviluppo di molecole con
opportuno gap HOMO-LUMO (Eg) solitamente piccolo e con orbitali molecolari HOMO e LUMO di
energia modulabile. E ben noto, per esempio, che molecole organiche contenenti doppi legami coniugati
sono in grado di assorbire fotoni e che quanto più è esteso il sistema coniugato e quanto più è estesa la
delocalizzazione elettronica, tanto più il gap HOMO-LUMO diminuisce fino ad essere compatibile con
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l’assorbimento di fotoni nel visibile. Tipicamente materiali costituiti da idrocarburi policiclici condensati –
come il pentacene – coloranti organici – come le ftalocianine – o polimeri coniugati – come il poliacetilene,
il polifenilenevinilene, il politiofene – contengono sistemi coniugati piuttosto estesi in grado di soddisfare le
condizioni di assorbimento di fotoni desiderate.
Figura 7: orbitali HOMO e LUMO in molecole organiche policolnuigate
Tuttavia è importante evidenziare che nei materiali organici di questo tipo l’assorbimento di fotoni
genera stati eccitati (eccitoni) attraverso il trasferimento di elettroni dall’HOMO al LUMO, ma questo
fenomeno non porta necessariamente alla formazione di portatori di carica come nel caso dei materiali
semiconduttori inorganici quale il silicio. Perché un eccitone si dissoci, esso deve giungere in prossimità di
una giunzione con un altro materiale con caratteristiche elettroniche diverse, in grado di estrarre l’elettrone
dalla molecola eccitata creando una coppia buca/elettrone. La generazione di una fotocorrente è quindi
efficace quando il LUMO della molecola donatore è più elevato della molecola accettore, mentre nel caso di
trasferimenti di vacanze elettroniche è l’HOMO della molecola donatrice che deve avere ad una energia
maggiore rispetto a quella eccettrice (Figura 8a). Quindi la grandezza del gap ed il valore energetico dei
livelli di HOMO e LUMO sono caratteristiche fondamentali che determinano le prestazioni di un dispositivo
fotovoltaico. Un semplice dispositivo in grado di realizzare questa situazione è rappresentato da una cella
organica bistrato e formata da due strati costituiti da un materiale donatore di elettroni (D) e da un materiale
accettore di elettroni (A) posti tra un anodo semitrasparente e un catodo metallico (Figura 8b).
All’interfaccia tra i due strati organici esistono forze elettrostatiche che derivano dalle differenze di affinità
elettronica e di potenziale di ionizzazione.
a
b
Figura 8: schema di funzionamento delle celle bistrato: effetto del campo elettrico sugli HOMO e sui
LUMO; b) schema di una cella bistrato.
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Il limite nel visibile della luce solare è di circa 700 nm corrispondente a circa 1.77 eV, tuttavia il
visibile è solo una parte dello spettro solare e sarebbe auspicabile che l’assorbimento di fotoni avvenisse
anche nelle regioni del vicino infrarosso e dell’infrarosso stesso in maniera da avere la massima efficienza di
raccolta del flusso di fotoni. Quindi la ricerca odierna è rivolta a sintetizzare materiali con piccoli gap
energetici ma che assorbano nella più ampia fascia dello spettro disponibile. Per modificare il gap energetico
si può aumentare l’energia dell’HOMO oppure diminuire l’energia del LUMO. Un approccio per effettuare
questo è sintetizzare dei composti partendo da precursori molecolari di tipo donatore e accettore con
opportuni valori per HOMO e LUMO in maniera che il composto risultante rispecchi le caratteristiche
desiderate e da qui modulare i valori di gap energetico modificando la natura dei gruppi funzionali . Tuttavia
non è a priori prevedibile se il composto risultante possieda esattamente orbitali di HOMO e LUMO di
energia desiderata.
L’utilizzo di tecniche elettrochimiche ed in particolar modo della voltammetria ciclica è ormai
estremamente diffuso in ambiti di ricerca in quanto è un metodo che permette di stimare l’energia degli
orbitali HOMO e LUMO e quindi del gap energetico in maniera estremamente semplice. Nei semiconduttori
organici l’HOMO rappresenta l’energia richiesta per estrarre un elettrone da una molecola e quindi l’energia
di ionizzazione (IP), che è un processo di ossidazione mentre il LUMO è l’energia necessaria per iniettare un
elettrone in una molecola e quindi l’affinità elettronica (Ea), che rappresenta un processo di riduzione.
Figura 9: reazione di ossidazione e riduzione dal punto di vista degli orbitali molecolari HOMO e LUMO
Questo metodo rappresenta un’alternativa ai metodi di spettroscopia fotoelettronica. Le misure di
voltammetria ciclica sono effettuate in soluzione, tuttavia la determinazione di IP ed Ea e quindi dell’energia
degli orbitali HOMO-LUMO richiede che i potenziali siano riferiti rispetto al vuoto. A questo scopo Bredas
et al hanno proposto una relazione empirica basata sul confronto dettagliato tra i calcoli dell’Hamiltoniano
efficace per gli elettroni di valenza e le misure elettrochimiche sperimentali.[1]
Dove ′
ed ′
=−
= −( ′
=−
= −( ′
+ 4.456)
+ 4.456)
sono i potenziali di onset per il processo di riduzione ed ossidazione rispetto all’elettrodo
ad idrogeno che nella scala energetica di Fermi corrisponde ad un valore approssimato a 4.456 eV. Benché
queste relazioni siano ormai univocamente riconosciute, esiste sempre un grado elevato di approssimazione
1
J. L. Bre´das, R. Silbey, D. S. Boudreaux, and R. R. Chance, J. Am. Chem. Soc. 105, 6555 ~1983!.
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riguardante appunto la conversione dei potenziali elettrodici registrati in soluzione e l’energia degli orbitali
riferita al vuoto.
Tabella 1: scala elettrochimica e conversione nella scala energetica di Fermi
Fermi
Fc+/Fc (V)
SCE (V)
Ag/AgCl (V)
H+/H2 (V)
Fc+/Fc
5.088
0.000
0.391
0.435
0.632
SCE
4.697
0.391
0.000
0.044
0.241
Ag/AgCl
4.653
0.435
0.044
0.000
0.197
H+/H2
4.456
0.632
0.241
0.197
0.000
Generalmente le misure elettrochimiche vengono condotte in solventi organici dove non può essere utilizzato
l’elettrodo ad idrogeno e quindi vengono utilizzati degli standard interni per convertire i potenziali misurati
nella scala di Fermi. Il parametro elettrochimico utilizzato per determinare l’energia del gap HOMO-LUMO
sono i potenziali di onset ovvero il potenziale al quale si ha una netta variazione della corrente faradica
rispetto a quella di background. Altri parametri come il potenziale di E1/2 e il Ep sono più problematici da
usare in quanto i picchi voltammetrici non sono sempre reversibili e quindi non è semplice determinare E1/2
mentre Ep per processi irreversibili e quasi reversibili varia al variare della velocità di scansione e quindi ci
potrebbero essere delle incongruenze nella determinazione del Eg. Inoltre per processi irreversibili cioè per
processi di trasferimento elettronico lenti pesa l’effetto della sovratensione. Inoltre il caricamento del
substrato provoca una riorganizzazione conformazionale e una modifica dei livelli energetici che possono di
fatto essere ingannevoli, quindi l’utilizzo del potenziale di onset sembra essere il metodo più credibile in
quanto solo al potenziale di onset ho l’iniezione di carica o di vacanze elettroniche nel polimero neutro o
nella molecola allo stato fondamentale. Il potenziale di onset viene valutato tracciando le tangenti alla linea
di base e alla parte del picco dove la corrente cresce. Si assume come potenziale di onset quel potenziale in
cui le due tangenti si intersecano.
L’energia di gap Eg può venire in alternativa determinata con altre tecniche tipo la spettroscopia di
assorbimento e da misure di fotoluminescenza. Tuttavia, si riscontra in moti casi che le misure di E g
determinate per via elettrochimica e quelle ad esempio determinate da spettri di assorbimento nell’UV-vis
attraverso la determinazione della banda E00 sono discordanti tra di loro. In generale due valori in accordo
non dovrebbero discordare di una differenza superiore ai 0.3 eV. Si deve notare che la determinazione di E g
per via elettrochimica porta alla formazione di specie cariche, cosa che non succede nei metodi
spettroscopici dove ho solo transizioni ottiche mentre la formazione di cariche richiederebbe processi di
assorbimento a più alta energia con inevitabile annesso di una sottostima dell’energia di gap.
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20
potenziale di onset
HOMO
LUMO
I / A
0
-20
-3
-2
-1
0
1
E vs Ag/AgI
Figura 10: determinazione del potenziale di onset attraverso il metodo delle due tangenti
Lo scopo dell’esperienza sarà quindi la determinazione dell’energia degli orbitali HOMO e LUMO e la
determinazione del Eg da misure di voltammetria ciclica. Per fare questo verranno indagati dei cromofori
che si comportano da ottimi sistemi elettron-donatori come le cianine o trifenilammine e dei composto
bifenilici coniugati con ponti polienici o tetratiofulvaleni che si comportano da ottimi elettron-accettori. Le
misure verranno effettuate in CH3CN e tetrabutilammoniotetrafluoroborato come elettrolita di supporto. Lo
studente dovrà registrare la voltammetria del comportamento anodico e catodico del composto in esame a
diverse velocità di scansione. Una volta terminate le misure si dovrà aggiungere una puntina di spatola di
ferrocene che dovrà servire da standard interno e quindi registrare la voltammetria del ferrocene per
determinarne il E1/2 nelle specifiche condizioni di reazione. In fase di elaborazione si dovrà quindi effettuare
la determinazione dei potenziali di onset, valori che verranno mediati rispetto alle diverse velocità di
scansione. Ottenuti i due valori di onset rispetto al ferrocene convertire i valori rispetto all’elettrodo ad
idrogeno e quindi nella scala energetica di Fermi attraverso le equazione 80 e 81. Così facendo si troverà
l’energia degli orbitali di HOMO e LUMO e quindi per differenza il Eg.
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3.1. Procedura sperimentale
Gli studenti in laboratorio avranno a disposizione per ogni work station la seguente strumentazione:

Potenziostato Autolab connesso a PC gestito dal sofware GPES

Staffa ed agitatore magnetico

Cella elettrochimica a cinque colli, gorgogliatore (per eliminare l’ossigeno dalla soluzione mediante
flusso di Ar), ancoretta magnetica

Elettrodo di quasi-riferimento: filo di Pt; controelettrodo di Pt, elettrodo di lavoro di carbonio
vetroso.

Matraccio da 50 mL, matraccio 10 mL, pippetta da 25 mL.

Coccetti per pesata, portafiltri, pinze in acciaio

Becker per raccolta reflui e lavaggi, salviettine morbide per pulizia elettrodi

reagenti (a disposizione in laboratorio)
Lo studente dovrà preparare una soluzione di CH3CN + 0.1 M tetrabutilammonioperclorato (TBAP) in un
matraccio da 50 mL. Questa soluzione elettrolitica dovrà servire per effettuare le misure di voltammetria
ciclica. Prima di indagare il comportamento voltammetrico del sistema redox si deve verificare che la
soluzione elettrolitica sia priva di impurezze che possono interferire con il processo redox di interesse. A
tale fine, si versano ca 25 ml della soluzione elettrolitica nella cella elettrochimica, poi si introducono i tre
elettrodi, l’ancoretta magnetica e il gorgogliatore. Si apre il rubinetto del gas inerte (Ar) e si regola un
leggero flusso dentro la soluzione, girando opportunamente il rubinetto del gorgogliatore. Si lascia
deossigenare la soluzione per alcuni minuti, poi si gira il rubinetto del gorgogliatore in modo da mandare il
gas sopra la soluzione. A questo punto si collegano gli elettrodi al potenziostato e si effettuano le misure di
voltammetria ciclica; i cavi del potenziostato da collegare agli elettrodi hanno le etichette WE, CE e RE che,
rispettivamente, indicano l’elettrodo lavorante, il controelettrodo e l’elettrodo di riferimento. Una volta
lanciato il programma GPES si imposta il programma di potenziale necessario per fare un esperimento di
voltammetria ciclica; si applica quindi una scansione lineare di potenziale che parte da 0.0 V in senso
catodico, inverte la direzione prima a -2.5 V e poi a 1.5 V per ritornare a 0.0 V con una velocità di scansione
v = 0.2 V/s, e si registra un voltammogramma. Se la soluzione non contiene impurezze elettroattive il
voltammogramma ottenuto non conterrà segnali dovuti a processi faradici, ma avrà soltanto una corrente
capacitiva dovuta al doppio strato elettrico. Dopo aver fatto alcuni cicli di scansione in quest’intervallo si
memorizza un voltammogramma rappresentativo (linea base). Soddisfatti della purezza della soluzione
elettrolitica, si intruduce in cella il primo analita scelto attraverso il coccetto di vetro dove l’analita verrà
pesato accuratamente in modo da ottenere una soluzione ca 1 mM. Si degassa bene la soluzione con Ar, si
collegano gli elettrodi e si effettuano le misure. Prima di cominciare la serie, si deve applicare la
compensazione mediante positive feedback per eliminare l’effetto della resistenza della soluzione elettrolitica
sui dati. Si controlli la correzione della caduta ohmica posizionando in on il comando comp. IR e dando
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invio. Si aumenterà il valore di compensazione fino a che il sistema non andrà in oscillazione. Inizialmente si
= 0 in senso catodico verso
farà una misura esplorativa da
= −2.5 V e quindi a zero in maniera da
individuare bene il primo picco di riduzione. Individuato il picco si procede ad effettuare una serie di
voltammetrie a diverse velocità di scansione, nell’ordine 0.05, 0.1 e 0.2 V/s. La stessa cosa deve essere
ripetuta in ossidazione, si porcederà quindi ad effettuare una misura esplorativa da
verso
= 1.5 V e quindi a
= 0 in senso anodico
= 0. Individuato il picco in ossidazione si procede a raccogliere delle misure
a diverse velocità di scansione 0.05, 0.1 e 0.2 V/s. A questo punto si introduce una punta di spatola di
ferrocene e si effettua la determinazione della voltammetria ciclica sul ferrocene che viene ossidato in
maniera reversibile a ferricinio. Tutte le voltammetrie vanno registrate accuratamente per la successiva
elaborazione. Terminata la misura si lava bene la cella e gli elettrodi con solo acetone di grado
spettofotometrico sotto cappa.
3.2. Elaborazione dei dati
Si raccolgono in tabella i dati, Eonset, catodico ed anodico ad ogni velocità di scansione esplorata. I dati
mediati dovranno permettere la deteminazione di EHOMO, ELUMO e di Eg. Determinate il potenziale di E1/2
del ferrocene che viene utilizzato come standard interno..
B
0.02
Composto
Ferrocene
0.01
I / A
0.00
-0.01
-0.02
-0.03
-2
-1
0
1
2
E
Figura 11: composto cromoforo indagato e sovrapposizione del comportamento redox del ferrocene.
Nel caso particolare sopra indicato devo ottenere due valori di potenziale di onset con il metodo delle due
tangenti ed il potenziale di E1/2 del ferrocene secondo la formula:
/
=
(
+
2
)
I dati così ottenuti saranno:
/
=
(0.592 + 0.678)
= 0.635
2
= 0.829
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= −1.694
Chiaramente tutti i potenziali ottenuti sono riferiti al sistema di riferimento utilizzato, sia esso Ag/AgCl, il
calomelano, l’elettrodo ad idrogeno o un qualsiasi pseudoriferimento. La conversione dei potenziali
elettrochimici nella scala energetica di Fermi deve essere effettuata utilizzando la scala di conversione
riportate in tabella, che è tuttavia valida per misure effettuate in acqua. Le misure in laboratorio vengono
effettuate in solvente organico e pone quindi il problema della conversione dei potenziali intersolvenziali.
Questo vuol dire che non è possibile effettuare la conversione diretta dei potenziali come riportato in Tabella
1 ma ci si deve riferire inizialmente al potenziale dello standard interno. Da consolidati dati di laboratorio è
noto che in soluzione di CH3CN/TBAClO4 il Ferrocene assume un E1/2 = 0.391 V vs SCE. Utilizzando uno
standard interno non è importante sapere quale sia l’elettrodo di riferimento utilizzato. Ciò che dovremo fare
sarà trasformare i potenziali di onset prima nella scala del SCE e quindi in quella dell’idrogeno per poter
quindi utilizzare le formule viste in precedenza.
Esempio:
/
(
)=
(
/
)−
(
) = 0.635 − 0.391 = 0.244
Questo vuol dire che per riportare tutti i potenziali di onset nella scala SCE dovrò sottrarre 0.244
(
)=
(
(
)=
(
) = 0.829 − 0.244 = 0.585
) = −1.694 − 0.244 = −1.938
Ora posso utilizzare la Tabella 1 di conversione dei potenziali e riferire i potenziali di onset all’elettrodo ad
idrogeno:
(
(
/
/
)=
)=
(
) + 0.2412 = 0.585 + 0.241 = 0.826
(
) + 0.2412 = −1.938 + 0.241 = −1.697
Dal punto di vista grafico l’effetto è quello riportato in figura
Ora l’energia dei livelli può essere determinata con le note relazioni:
=−
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= −(
+ 4.456)
= −(0.826 + 4.456)
= −5.282
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= −(
=−
+ 4.456)
= −(−1.697 + 4.456)
= −2.759
E quindi il Eg sarà

=
−
= −2.759 − (−5.282) = 2.523
Applicare quindi le relazioni opportune per ricavare, dal valore del gap energetico, la lunghezza d’onda della
radiazione che il composto può assorbire come descritto dalle equazioni seguenti
Trasformazione E (eV)  (nm)
=
ℎ

E [J] = 6.6260810-34 [J s]  2.9979210-8 [m s-1]/ 10-9 [m] = (1.9864510-16 /  ) [J]
E [eV] = E [J] /1.6021910-19 = 1239.83 / 
Verificare se esiste corrispondenza tra il valore di  ricavato ed il colore del composto.
I dati di ciascun gruppo dovranno essere condivisi con gli altri gruppi per la costruzione del diagramma
energetico finale.
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HOMO-LUMO energy level E (eV)
-1
-2
-3
-4
-5
-6
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
composti
Figura 12: livelli energetici HOMO-LUMO di alcuni dei composti indagati.
Nella presente esperienza la relazione consiste semplicemente nel descrive e riportare i voltammogrammi
ottenuti con la determinazione dei potenzoiali di onset; descrivere la procedura di determinazione
dell’energia degli orbitali di HOMO e di LUMO ed il gap energetico. Si dovrà inoltre descrivere il
diagramma energetico finale soprattutto come effetto dell’estensione della coniugazione  ed indicando quali
coppie D/A possono di fatto costituire un’utile eterogiunzione.
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