Il Venerdì di Repubblica, 07/10/2016
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07/10/2016 Pag. 110 N.1490 - 7 ottobre 2016 SECOND LIFE La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CULTURA diffusione:290015 tiratura:412180 ILLUSTRAZIONE DI ALE+ALE IL WESTERN È FINITO ? N 110 . IL VENERDÌ . 7 OTTOBRE 2016 07/10/2016 Pag. 110 N.1490 - 7 ottobre 2016 diffusione:290015 tiratura:412180 di Piero Melati Pistoleri dark, città inquietanti. Oggi l’America riscopre un genere (magari contaminandolo con la fantascienza). Ma negli anni Cinquanta un romanzo gli aveva già predetto un avvenire. Cupo no degli ingredienti segreti del «secolo americano» è nascosto in un volume di 685 pagine chiamato Warlock, scritto nel 1958 dal californiano Oakley Hall, definito dallo scrittore Thomas Pynchon «uno dei migliori romanzi sull’America di sempre». Oakley, morto a 88 anni nel 2008 e sconosciuto in Italia, ha insegnato all’università della California, dove ha avuto tra i suoi allievi Richard Ford e Michael Chabon. Noi lo ignoriamo, ma la sua lunga ombra ci segue più o meno da quando siamo nati. Siamo tutti figli del «secolo americano». E Warlock è il western di quel secolo. Ma è un western molto particolare. La sua influenza condiziona ancora oggi arte, cinema, fumetti LA COPERTINA DI e studi sull’America. Un anno WARLOCK DI OAKLEY HALL (BIG SUR, PP. 680, dopo l’uscita, nel ‘59, il romanEURO 22, TRADUZIONE zo era diventato un film: WarDI TOMMASO PINCIO, IN LIBRERIA DAL 20 lock (in italiano Ultima notte a OTTOBRE) W.) di Edward Dmytryk, con Richard Widmark, Anthony Quinn e Henry Fonda. Che tipo di film era? In un museo ideale della wildness (concetto che indica l’epoca selvaggia dei pionieri) John Wayne rappresenterebbe il West delle grandi pianure, delle guerre indiane, delle diligenze. Henry Fonda, invece, quello cittadino, dei primi insediamenti urbani. Sono le due facce della medaglia. E il lato di Henry Fonda è quello oscuro. U 7 OTTOBRE 2016 . IL VENERDÌ . 111 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato O ? NO, È IL FUTURO 07/10/2016 Pag. 110 N.1490 - 7 ottobre 2016 SECOND LIFE Michele Tetro, nella sua Guida al cinema western (Odoya) spiega: «Warlock è un film controverso, adulto, psicologicamente complesso. Non a caso è proprio in questo filone che si colloca la maggior parte dei western psicologici». Insomma, con Warlock romanzo (e poi con Warlock film) l’America del West traghetta dagli spazi immensi alle prime città. E mentre l’Est tenterà di rassomigliare all’Europa, l’altra sponda incuberà violenza. Warlock si svolge in una città immaginaria del sudovest americano, a fine Ottocento. Una delle tante città sorta dal nulla, frutto della corsa all’oro scattata nel 1850 in California. Qui un pistolero viene assoldato per imporre la legge. Ma presto, per i suoi metodi sbrigativi, verrà rifiutato dalla «gente perbene», che gli contrapporrà un altro sceriffo, anche lui ex pistolero. Il primo pistolero, nel film, è Henry Fonda.Tutto vestito di nero, a rappresentare il lato oscuro. Come vestito di nero sarà, in un’altra leggendaria saga cinematografica, quella de I magnifici sette, il protagonista Yul Brynner. E il calvo più famoso della storia del cinema sarà «nero vestito», proprio come in I magnifici sette, anche in un altro film di culto del 1973 di Michael Crichton: Il mondo dei robot. Nella storia, i turisti vanno in un villaggio ricostruito in stile western per provare adrenalina sfidando dei robot-cowboy. Solo che uno di questi «impazzisce» per un virus informatico (è Yul Brynner). E il West virtuale all’improvviso diventa reale. Quella storia del ‘73 prosegue oggi. L’americana Hbo ha appena lanciato una fiction con Anthony Hopkins e Ed Harris, Westworld, tratta dal vecchio film di Crichton, autore Jonathan Nolan (fratello del regista che riciclò il mito di Batman, in chiave di Cavaliere oscuro). Ma perché riproporre oggi un parco divertimenti western che impazzisce? Cosa rappresenta? «Una oscura odissea sull’alba della coscienza artificiale e sul futuro del peccato» si spiega. Il western rimanda sempre a qualcos’altro. È intrattenimento, ma pretende vita di metafora. Di che cosa? Ci aiuta il regista Antoine Fuqua che, manco a dirlo, ha appena portato nelle sale il remake del classicone I magnifici sette di John Stur112 . IL VENERDÌ . 7 OTTOBRE 2016 ges del 1960. A lui il West ricorda il ghetto di Pittsburgh dove è cresciuto. Ma glielo rammenta nella chiave scoperta da Sergio Leone e dallo spaghetti-western, quella che rinfrescò il genere nella sua ennesima metamorfosi, applicando la lezione del regista Akira Kurosawa. E del resto, se Per un pugno di dollari di Leone era ispirato a La sfida del samurai di Kurosawa, già lo stesso I magnifici sette fotocopiava I sette samurai del geniale giapponese. «Nei film di Leone erano tutti brutti, sporchi, sudati, cattivi. Ma anche divertenti: uomini con i denti d’oro, i cavalli al posto delle macchine scassate del mio quartiere, quelle stesse strade strette tra i palazzi dove c’è sempre qualcuno che cerca di pren- 1 derti i soldi o i vestiti» ha detto Fuqua. Aggiungendo: «Adoro quello che Leone ha fatto con Henry Fonda». Fuqua lo ricorda in C’era una volta il West, nei panni (neri) del misterioso Frank. «Henry Fon[1] LA LOCANDINA da era così oscuro, DI ULTIMA NOTTE A WARLOCK (1959). ruvido...». [2] YUL BRINNER NEL Oscuro, ruvido. FILM IL MONDO DEI ROBOT (1973). [3] KEITH E così ritorna l’uoCORRADINE (A SINISTRA mo nero. Con il vol- NELLA FOTO) NEI PANNI DI to di Henry Fonda, WILD BILL HICKOK NELLA FICTION DEADWOOD il cow boy oscuro (2004). [4] I SETTE SAMURAI DI KUROSAWA del West urbano e [5] TIM ROTH, KURT psicologico. Non ci (1954). RUSSELL E JENNIFER sono più i grandi JASON LEIGH IN THE HATEFUL EIGHT (2015) spazi ad alleggerire le cariche della cavalleria contro gli indiani o gli assalti alle diligenze. Qui, nelle prime città minerarie, che partoriranno il western di Henry Fonda, lo scenario è claustrofobia, conflitti, crudeltà. Ma anche baldoria. Stanno nascendo i nuovi insediamenti urbani e la benzina che ne pompa gli stantuffi è la violenza. Il western si accampa nei pressi della tragedia greca,portandosi dietroTrimalcione.Questo ha fatto lo scrittore Oakley Hall con il suo semimale Warlock. Per altro, dichiarando: «Quest’opera è un romanzo, e il compito della letteratura romanzesca è la ricerca della verità, non dei fatti». Oakley Hall vuol dirci che lo storico non percepisce certe cose. Meglio inventare, persino intrattenere. L’importante è cercare comunque pepite metafisiche, catturare la natura dell’uomo americano e lo spirito del tempo che lo aveva forgiato. Anche il regista americano più trendy dell’oscura modernità,QuentinTarantino, ha accettato questo gioco («la verità al di là dei fatti») sfornando nel 2012 Django Unchained (Jamie Foxx, Leo DiCaprio), omaggio al Django (Franco Nero) del 1966 di Sergio Corbucci, e nel 2015 The Hateful Eight (Samuel L. Jackson, Kurt Russell). 2 3 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CULTURA diffusione:290015 tiratura:412180 07/10/2016 Pag. 110 N.1490 - 7 ottobre 2016 diffusione:290015 tiratura:412180 WEB PHOTO Sono due western psicologici. Come Warlock di Oakley Hall. Ma chi ha davvero affondato il paletto nel cuore del «mai morto» western è stato David Milch. Esuberante sceneggiatore, autore con Steven Bochco della anticipatrice serie NYPD, con le tre stagioni della fiction western Deadwood (2004) è andato alle radici della città ottocentesca inventata da Oakley Hall. Come nasce una città, in America? Deadwood esiste tutt’oggi per davvero (Dakota del sud,contea di Lawrence). Fu uno dei principali teatri della corsa all’oro delle Black Hills. E davvero, come nella fiction, ospitò Wild Bill Hickok, ex pistolero e cacciatore di bisonti, che ne divenne sceriffo, e Calamity Jane. Questi i fatti. Ma per cercare la verità, Milch fotografa questa Warlock delle origini senza freni. Qui, in inverno, sotto tre metri di neve, nel cimitero il becchino doveva scavare le fosse con la dinamite, a causa dell’indurimento del terreno. E i cinesi (costruttori delle ferrovie americane) mischiavano il profumo degli involtini primavera e del riso alla cantonese con l’odore dell’oppio. I carcatori d’oro erano stati tranvieri, brigadieri e braccianti in Europa e, per la prima volta, si trovavano di fronte un grizzly alto il triplo di un uomo. Da poco era stata inventata la Colt lunga canna a sei colpi, di cui tutti si assicurarono i servigi. E bande di vigilanti impiccavano ogni desperado almeno un paio di volte, la seconda solo per farsi un selfie. Lo storico del West Jacques Chastenet ha scritto: «Quelle città si somigliavano tutte. File di tende, capanne di tronchi, viali fangosi, tanti saloon dove il whisky pagato con polvere d’oro scorreva a fiumi, sale da ballo, bische, corse di cavalli, boxe, predicatori, bestemmie e spari: la mattina in mezzo al fango si trovavano cadaveri con il cranio fracassato da un colpo di Bowie-knife, il coltello catalano». Erano i bei vecchi tempi delle guerre indiane. In Warlock di Oakley Hall c’è chi li rimpiange. Ma ormai era iniziata un’altra storia. Nel 1803 venne avvistato l’ultimo bisonte nella periferia di Buffalo. Nel 1820 gli animali erano quasi estinti a est del fiume Mississippi. Poi il massacro venne ultimato nel resto del Paese. Tra il 1870 e il 1880 vennero sterminati cinque milioni e mezzo di capi. E, prima di loro, era toccato ai nativi. Il 29 dicembre del 1890, alla notizia dell’assassinio di Toro Seduto, la tribù Lakota di Big Foot fuggì verso la riserva di Pine Ridge. Venne circondata dalla cavalleria sulla riva di un torrente. Caddero in trecento. Fu l’ultimo scontro tra nativi ed esercito. E i bisonti? Quell’anno ne erano sopravvissuti meno di cento. HALL FRUGÒ NEI MITI Bisonti? IndiaFONDATIVI ni? Quelle erano DELLA NAZIONE: vecchie storie. Il BENE E MALE presente diceva ERANO ORMAI CONFUSI che l’America era decisa ad assorbire i 37 milioni di persone che, dal 1840 al 1920, l’avevano scelta come patria. Ora gli Stati Uniti stavano accelerando l’investimento in infrastrutture, fino a raggiungere quasi il 20 per cento del Pil tra la fine del XIX secolo e la Prima guerra mondiale, doppiando il tasso di crescita britannico e diventando la prima economia del mondo. E sapete qual era stato l’inizio? Quando, nel 1869, la rete ferroviaria della Union Pacific si congiunse con l’altra della Central Pacific. In pieno West. Risultato? Si andava da New York a San Francisco in sette giorni. Altro che bufali e nativi americani. La guerra civile (1861-1865) era alle spalle, le guerre indiane tramontate nel 1890, la conquista del West era diventata un’epopea. Nel 1886 venne inaugurata la Statua della libertà. Nel 1910 il presidente Roosvelt, commemorando il «pittore della frontiera», Frederic Remington, aveva pronunciato l’epitaffio a un’epoca: «Gli indiani sono civilizzati, i cowboy stanno scomparendo, le mandrie sono ammansite». Ma tre presidenti in carica, prima di lui, erano stati assassinati (poi toccherà a JFK). Così Oakley Hall, quasi 50 anni dopo quel discorso, frugò dentro i miti fondativi della Nazione. Vi scovò città costruite scambiando oro con violenza, dove bene e male erano confusi. Raccontò i pistoleri. Erano vestiti di nero, ruvidi, oscuri. Come tutto il West. E come il nuovo western. Piero Melati 7 OTTOBRE 2016 . IL VENERDÌ . 113 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 4 5